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XXIX DOMENICA

Letture: Isaia 53,2a.3a.10-11
Ebrei 4,14-16
Marco 10,35-45

1. Gesú risponde alla madre di Giacomo e Giovanni

Considerate che cosa chiede per i figli e con i figli. E` certo una madre cui bisogna perdonare - anche se la sua premura l`ha resa piuttosto smoderata - l`eccesso della richiesta. E poi una madre anziana d`anni, d`intenti religiosi, priva d`ogni conforto, la quale, proprio quando avrebbe dovuto essere validamente sorretta dall`aiuto dei figli, accettò la loro lontananza e antepose al suo piacere il vantaggio dei figli, che seguivano Cristo; questi, infatti, chiamati dal Signore, alla prima parola, come leggiamo in Matteo (Mt 4,22), lasciato il padre e le reti, lo seguirono.
Costei, dunque, spinta dall`amore materno, prega il Salvatore, dicendo: "Ordina che questi miei due figli stiano nel tuo regno uno alla tua destra e l`altro alla tua sinistra" (Mt 20,21). Anche se è un errore, è un errore di affetto materno; una madre non sa aspettare; c`è un po` d`interesse nella preghiera, ma è un interesse comprensibile, poiché essa non è avida di danaro ma di favore; e non è una domanda spregevole quella di una madre, che non chiede per sé, ma per i figli. Pensate alla madre, si tratta d`una madre...
Considerate anche la donna, cioè il sesso piú debole, che il Signore ancora non aveva rafforzato con la sua passione. Considerate, dico, l`erede di quella prima Eva, debole per una ingenita cupidigia incontrollata, che il Signore non aveva ancora redenta col suo sangue, non aveva ancora lavata dal desiderio smodato d`onore. Sbagliava per una specie di errore ereditario.
Che c`è di strano che una madre, per amor dei figli - il che fa la cosa piú tollerabile, che se fosse a proprio vantaggio -, faccia una questione di preminenza, quando gli stessi apostoli ne facevano oggetto d`una loro disputa? (cf. Lc 22,24).
Non giudicò, dunque, il medico che una madre, priva di tutto, e una mente ancora inferma dovessero essere colpite da biasimo, solo per una richiesta un po` orgogliosa.
Perciò il Signore - che voleva far onore alla pietà materna -non rispose alla donna, ma ai figli, dicendo: "Potete bere il calice, che io sto per bere?" E quando essi risposero: "Lo possiamo, Gesú disse loro: Il mio calice lo berrete; ma lo star seduti alla mia destra o alla mia sinistra non è cosa mia darlo, ma toccherà a coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio" (Mt 20,22-25).
Quanto è paziente e clemente il Signore; che alta sapienza e benevola carità! Volendo, infatti, far vedere che non avevan chiesto una cosetta da niente, ma una cosa tale che non l`avrebbero potuta ottenere, fece ricorso alla prerogativa della benevolenza del Padre; e non temé una derogazione al suo diritto, al diritto di "colui che non credette di fare un torto dichiarandosi uguale a Dio" (Fil 2,6). Amando però i suoi discepoli - "li amò sino alla fine" (Gv 13,1) - non volle dar loro l`impressione che negasse loro quanto chiedevano. Santo e buono il Signore, che preferisce dissimulare il suo diritto, piuttosto che detrarre qualche cosa alla sua benevolenza: "La carità", infatti, "è paziente è benigna, non vuol sopraffare, non si gonfia, non reclama diritti" (1Cor 13,4 ).
Perché finalmente vi rendiate conto che l`espressione "non è cosa mia darlo" vuole suggerire indulgenza piú che mancanza di autorità, osservate che, in Marco (Mc 10,40), dove non si parla della madre, non si fa alcuna menzione del Padre, ma è detto soltanto: "Non è cosa mia darlo a voi, ma a coloro per i quali è stato preparato". In Matteo, invece, dove è la madre che prega, vien detto: "Per i quali è stato preparato dal Padre mio" (Mt 20,23); e l`aggiunta "Padre mio" è fatta perché l`amore materno richiedeva una maggiore indulgenza.
Ammettiamo che fosse stato possibile per degli uomini ottenere ciò che si chiedeva, che cosa significa quel: "Non è cosa mia darvi di star seduti alla mia destra o alla mia sinistra" (Mt 20,23)? Che vuol dire cosa "mia"? Piú sopra disse: «Il mio calice lo berrete», poi dice: «Non è cosa "mia"». Il "mio" unito a calice, ci fa luce per capire che cosa vuol dire qui cosa "mia".
Pregato da una donna, come uomo, di far sedere i suoi figli alla sua destra e alla sua sinistra; dal momento ch`ella s`era rivolta a lui, come a un uomo, anche il Signore, solo come uomo, accennando alla sua passione, risponde: "Potete bere il calice, che io berrò?"
Perciò, poiché parlava secondo la carne della passione del suo corpo, volle dimostrare che ci lasciava un esempio di una passione da soffrire nella carne. "Non è cosa mia" va inteso come l`altra espressione: "La mia dottrina non è mia" (Gv 7,16), non è mia secondo la carne, perché le cose divine non sono oggetto del parlare della carne.
Rivelò tuttavia subito la sua indulgenza verso i suoi amati discepoli, chiedendo: «Ma il mio calice lo berrete?». Cosí, non potendo dar loro ciò che chiedevano, fece un`altra proposta, per poter dir loro un sí, prima di un no; perché capissero ch`era mancata piú a loro l`equità nella richiesta fatta, che non la generosità nella risposta del Signore.
"Il mio calice, sí, lo berrete", cioè affronterete la passione della mia carne, perché potete imitare ciò che deriva in me dalla natura umana; vi ho dato la vittoria della passione, l`eredità della croce; "ma non è cosa mia il darvi di star seduti alla mia destra o alla mia sinistra". Non dice semplicemente: "Non è cosa mia dare", ma "darvi", cioè dare a voi. E questo dovrebbe significare che non si tratta di mancanza di potere in lui, ma di merito nelle creature.
Si può anche intendere cosí: "Non è cosa mia", di me che venni a insegnar l`umiltà, di me che venni non per essere servito, ma per servire; di me, che seguo la giustizia, non favoritismi.
Poi appellandosi al Padre aggiunse: "Per i quali è stato preparato", per dire che il Padre non guarda le raccomandazioni, ma i meriti, perché Dio non fa preferenze di persone (cf. At 10,34). Perciò l`Apostolo dice: "Coloro che sapeva lui e che predestinò" (Rm 8,29); prima li conobbe e poi li predestinò, vide i meriti e predestinò il premio...
A ragione, dunque, è ripresa la donna che chiese delle cose impossibili, e domandò che fossero ridotte a speciale privilegio quelle cose che il Signore voleva dare non solo a due apostoli, ma a tutti i suoi discepoli, e non a titolo di una particolare raccomandazione, ma per sua volontaria generosità, come sta scritto: "Voi dodici siederete sopra troni, per giudicare le dodici tribú d`Israele" (Mt 19,28).

(Ambrogio, De fide, 5, 56s., 60-65, 77-84)



2. L`ora di Gesú: la Passione

"E` giunta l`ora che sia glorificato il Figlio dell`uomo" (Gv 12,23). Dice Gesú: ormai è vicino il tempo in cui sarò glorificato davanti a tutti. Qui Gesú usa il titolo di «Figlio dell`uomo» poiché prima di caricarsi della croce accetta interamente il destino dell`uomo, Egli che dopo la sua Risurrezione e Ascensione è adorato da tutte le creature per il fatto che è unito al Verbo di Dio. Dopo aver annunciato la sua mirabile glorificazione, che sembrava inconciliabile con la sua imminente passione, aggiunge: "In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). Non temete dunque per la mia morte. Il chicco di grano è solo prima di cadere nel profondo, ma una volta caduto e morto germoglia gloriosamente e produce duplice frutto, stende davanti a tutti le sue ricchezze e mostra agli occhi lo splendore della sua bellezza. Sappiate che cosí avverrà anche di me. Adesso sono solo e senza gloria, sconosciuto in mezzo a tutti gli altri uomini. Ma dopo la mia morte di croce, risusciterò nella gloria. Allora produrrò molti frutti e tutti mi riconosceranno. E non solo i Giudei, ma anche gli uomini di tutta la terra mi chiameranno loro Signore, e perfino le potenze dello spirito mi glorificheranno.
Dopo queste parole Gesú esorta i suoi discepoli ad imitarlo: "Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna" (Gv 12,25). Dunque non solo non dovete scandalizzarvi per la mia passione, né dubitare delle mie parole che confermeranno i fatti, ma anche voi dovete essere pronti a sopportare le stesse sofferenze per produrre gli stessi frutti. Infatti, secondo Gesú, chi si preoccupa della propria vita su questa terra e non vuole esser messo alla prova, la perderà nel mondo che verrà; mentre chi la odia in questo mondo accettando le sofferenze che si presentano, raccoglie per sé molti frutti... Dice poi molto semplicemente: "Se uno mi vuol servire mi segua" (Gv 12,26). Se qualcuno vuol essere mio servo, dimostri con i propri atti che vuol seguirmi. Ma qualcuno potrebbe dire: «Che cosa otterranno coloro che soffriranno insieme con te?». Risponde Gesú: "Dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (Gv 12,26). Chi parteciperà alle mie sofferenze, parteciperà anche alla mia gloria; sarà con me in eterno nella vita futura e parteciperà al mio trionfo nel regno dei cieli. Ecco come il Padre mio onorerà quelli che mi avranno servito fedelmente.

(Teodoro di Mopsuestia, Evang. Iohan.)


3. Ama l`umiltà e avrai gloria!

Se ti ricordi che Cristo dice che si perde la mercede innanzi a Dio, quando uno va cercando onore presso gli uomini e fa il bene per essere visto dagli uomini, metti tanta accortezza a non essere onorato dagli uomini, quanta ne mettono gli altri per averne gloria. "Hanno ricevuto la loro mercede" (Mt 6,2), dice il Signore. Perciò non ti far danno da te stesso, andando dietro alla gloria degli uomini. Dio è un grande osservatore; cerca di aver gloria presso Dio, Dio distribuisce splendide ricompense. Hai forse raggiunto una gran rinomanza, ti stimano, ti onorano, ti cercano? Cerca di diportarti come un suddito "Non come chi esercita un potere sugli altri" (1Pt 5,3) e non seguir l`esempio dei principi mondani. Il Signore ha comandato che, chi vuol essere il primo, deve essere servo di tutti (cf.Mc 10,44). In una sola parola: pratica l`umiltà, come conviene a chi la ama. Amala e avrai gloria. Questo è il cammino verso la vera gloria, che si ha tra gli angeli, innanzi a Dio. Cristo ti dichiarerà suo discepolo innanzi agli angeli (cf.Lc 12,8) e ti darà gloria, se imiterai la sua umiltà; egli, infatti, disse: "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete pace per le vostre anime" (Mt 11,29).

(Basilio di Cesarea, Hom. de humilit., 7)


4. L`amore infinito di Dio

Non è dunque giusto che Dio ci respinga e ci castighi quando, offrendosi egli stesso a noi in tutto, noi lo respingiamo? Evidentemente sí. Se tu vuoi ornarti - egli dice - prendi il mio ornamento; se vuoi armarti, prendi le mie armi; se desideri vestirti, ecco la mia veste; se vuoi nutrirti, ecco la mia mensa; se intendi camminare, percorri la mia via; se desideri ereditare, ecco la mia eredità; se vuoi entrare in patria, entra nella città di cui io sono l`architetto e il costruttore; se pensi di costruirti una casa, edificala nei miei territori: io di certo, per quello che do, non ti chiedo pagamento. Anzi, per il fatto stesso che vuoi usare ciò che è mio, per questo io ti voglio ricompensare. Che cosa può essere paragonato a simile generosità? Ecco cosa dice il Signore: Io padre, io fratello, io sposo, io casa, io alimento, io vestito, io radice, io fondamento: io sono tutto ciò, se tu vuoi; di nulla tu mancherai. Io ti servirò anche, perché sono venuto "per servire, non per essere servito" (Mt 20,28). Io sarò anche amico, e membro, e capo, e fratello, e sorella, e madre, tutto io sarò; solo, comportati familiarmente con me. Io sono stato povero per te, mendico per te, sulla croce per te, nel sepolcro per te; in cielo io supplico il Padre per te; in terra sono venuto ambasciatore per te da parte del Padre. Tutto tu sei per me: fratello, coerede, amico, membro. Che cosa vuoi di piú? Perché respingi chi ti ama cosí?

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 76, 5)