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La vera coscienza

«La coscienza non è una fonte autonoma ed esclusiva per decidere ciò che è buono e ciò che è cattivo; invece, in essa è inscritto profondamente un principio di obbedienza nei riguardi della norma oggettiva, che fonda e condiziona la corrispondenza delle sue decisioni con i comandi e i divieti che sono alla base del comportamento umano».

E nell’enciclica Veritatis splendor [LE 5521] ho aggiunto: «L’autorità della Chiesa, che si pronuncia sulle questioni morali, non intacca in nessun modo la libertà di coscienza dei cristiani.. . anche perché il Magistero non porta alla coscienza cristiana verità ad essa estranee, bensì manifesta le verità che dovrebbe già possedere sviluppandole a partire dall’atto originario della fede.

La Chiesa si pone solo e sempre al servizio della coscienza, aiutandola a non essere portata qua e là da qualsiasi vento di dottrina secondo l’inganno degli uomini, a non sviarsi dalla verità circa il bene dell’uomo, ma, specialmente nelle questioni più difficili, a raggiungere con sicurezza la verità e a rimanere in essa».

Un atto aberrante dalla norma o dalla legge oggettiva è, dunque, moralmente riprovevole e come tale deve essere considerato: se è vero che l’uomo deve agire in conformità con il giudizio della propria coscienza, è altrettanto vero che il giudizio della coscienza non può pretendere di stabilire la legge; può soltanto riconoscerla e farla propria".

(Giovanni Paolo II Discorso al Tribunale della Sacra Rota 10 febbraio 1995)