PENSIERI SULL'AMORE DI DIO (s.Teresa d'Avila)

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Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:47

Frasi e pensieri di S. Teresa d' Avila

 
 
Frasi e pensieri
 
 
L'orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente intrattenimento, da solo a solo, con Colui da cui sappiamo d'essere amati. (S. Teresa d'Avila)
 
... la porta per cui mi vennero tante grazie fu soltanto l'orazione. Se Dio vuole entrare in un'anima per prendervi le sue delizie e ricolmarla di beni, non ha altra via che questa, perché Egli la vuole sola, pura e desiderosa di riceverlo. (S. Teresa d'Avila)
 
Certo bisogna imparare a pregare. E a pregare si impara pregando, come si impara a camminare camminando. (S. Teresa d'Avila)
 
...nel cominciare il cammino dell'orazione si deve prendere una risoluzione ferma e decisa di non fermarsi mai, né mai abbandonarla. Avvenga quel che vuole avvenire, succeda quel che vuole succede-re, mormori chi vuole mormorare, si fatichi quanto bisogna faticare, ma piuttosto di morire a mezza strada, scoraggiati per i molti ostacoli che si presentano, si tenda sempre alla méta, ne vada il mondo intero. (S. Teresa d'Avila)
 
Pensate di trovarvi innanzi a Gesù Cristo, conversate con Lui e cercate di innamorarvi di Lui, tenendolo sempre presente. (S. Teresa d'Avila)
 
La continua conversazione con Cristo aumenta l'amore e la fiducia. (S. Teresa d'Avila)
 
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:53
Pensieri sull'amore di Dio
PROLOGO
1. Osservando le misericordie di nostro Signore verso le anime da lui condotte in questi monasteri della Regola primitiva di nostra Signora del Monte Carmelo, che egli si compiacque di far istituire, ho visto che ad alcune in particolare concede molte grazie. Solo le anime che sentono il bisogno di trovare qualcuno che spieghi loro ciò che passa fra l’anima e Dio potranno capire quanto si soffra nel non averne l’intelligibilità. A me il Signore, da qualche anno a questa parte, ha fatto provare una grande consolazione tutte le volte che odo o leggo alcune parole del Cantico dei Cantici di Salomone, al punto che – senza intendere chiaramente il significato del latino tradotto in volgare – mi sento raccogliere e commuovere l’anima più che dalla lettura di libri assai devoti che comprendo pienamente. Ciò mi avviene quasi sempre, mentre prima, neanche se cercavano di chiarirmi il senso di quelle parole in volgare riuscivo a capirne di più…
2. Da quasi due anni, poco più o poco meno, mi sembra che il Signore mi faccia arrivare a cogliere qualcosa del senso di certe parole rispondenti al mio scopo; credo, pertanto, che serviranno di consolazione alle consorelle che nostro Signore conduce per questo cammino e anche a me stessa. Spesso il Signore mi ha fatto intendere una quantità di significati che desideravo non dimenticare mai; ciò nonostante, non osavo mettere nulla per iscritto.
3. Ora, seguendo il consiglio di persone a cui devo obbedienza, scriverò qualcosa di ciò che il Signore mi rivela circa il significato racchiuso nelle parole di cui la mia anima gode tanto, e ciò ai fini del cammino dell’orazione per il quale, come ho detto, egli conduce le consorelle di questi monasteri, che sono figlie mie. Se lo scritto sarà tale da meritare che lo leggiate, accettate questo povero piccolo dono da parte di chi vi augura, come a se stessa, tutti i doni dello Spirito santo, nel cui nome io lo comincio. Piaccia alla divina Maestà che vi riesca…
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:54
CAPITOLO 1
Tratta della venerazione con cui devono esser lette le sacre Scritture e della difficoltà che hanno le donne d’intenderle, in particolare il «Cantico dei Cantici».
Mi baci il Signore con il bacio della sua bocca, perché le tue mammelle sono migliori del vino, eccetera (Ct 1,1).
1. Ha colpito molto la mia attenzione il fatto che qui – a quanto è dato capire – sembra che l’anima stia parlando con una persona e chieda la pace ad un’altra, perché dice: Mi baci con il bacio della sua bocca; poi, rivolgendosi a colui con il quale sembra intrattenersi, aggiunge: Le tue mammelle sono migliori. Non capisco come ciò sia, e godo molto di non capirlo. Infatti, figlie mie, non c’è dubbio che l’anima non deve ammirare tanto – né la inducono a farlo, né le ispirano rispetto per il suo Dio – le cose che qui sembra di poter intendere con il nostro povero intelletto, quanto quelle che in nessun modo si riesce a comprendere. Pertanto, vi raccomando caldamente, se leggerete un libro, ascolterete un sermone o penserete ai misteri della nostra santa fede, di non stancarvi né di sforzare la mente a sottilizzare su ciò che non potete intendere con facilità; molte cose non sono alla portata delle donne e neanche a quella degli uomini.
2. Quando il Signore vuol darcene l’intelligenza, lo fa senza che vi sia alcuno sforzo da parte nostra. Dico questo per noi donne e per quegli uomini che non hanno il compito di sostenere la verità con l’aiuto della loro dottrina; quelli invece che il Signore incarica di illustrarcela, è evidente che devono applicarsi ad approfondirla e che da ciò traggono un grande vantaggio. Noi pertanto dobbiamo accettare con semplicità ciò di cui il Signore ci fa dono e non affaticarci a cercare quello che non ci dà, ma piuttosto rallegrarci di pensare d’avere un Dio e un Signore così grande, che una sua sola parola racchiude in sé mille misteri di cui non comprendiamo neppure il principio. Se il testo fosse in latino, ebraico o greco, non vi sarebbe motivo di meraviglia, ma si tratta di un testo in volgare; eppure quante cose vi sono nei Salmi del glorioso re Davide che, pur tradotte nella nostra lingua, ci restano così oscure come in latino! Pertanto, guardatevi sempre dal logorarvi la mente e sfinirvi dietro a queste cose: alle donne non è necessario più di quanto comporti la loro intelligenza. Anche solo con questo, Dio le favorirà della sua grazia. Quando Sua Maestà vorrà farcele comprendere, ne penetreremo il senso senza alcuna attenzione o fatica da parte nostra. Quanto al resto, umiliamoci e – come ho detto – rallegriamoci di avere un Dio così grande che le sue parole, anche dette nella nostra lingua, ci riescono incomprensibili.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:54
3. Vi sembrerà forse che certe cose del Cantico dei Cantici si sarebbero potute dire in altro modo. Non me ne meraviglierei, considerata la nostra grossolanità; ho anche sentito dire da alcune persone che evitavano di ascoltarle. Oh, Dio mio, quanto è grande la nostra miseria! Ci accade come a quegli animali velenosi che trasformano in veleno tutto ciò che mangiano: da così grandi grazie come son quelle che qui il Signore ci concede nel farci conoscere quel che prova un’anima che lo ama, mentre egli ci incoraggia a trattenerci in colloquio e a gioire con lui, non sappiamo trarre altro che paure e dare alle sue parole significati che riflettono la debolezza del nostro amore per il Signore.
4. Oh, quanto ci serviamo male, Signor mio, di tutti i benefici che ci avete concesso! Vostra Maestà cerca ogni sorta di mezzi e di espedienti, per dimostrarci l’amore che ci porta; e noi, sprovvisti come siamo dell’esperienza di amarvi, ne facciamo così poco conto che, proprio per questa mancanza d’esercizio, i nostri pensieri se ne vanno dove sono soliti andare, non preoccupandoci di approfondire i grandi misteri racchiusi in un linguaggio di cui si serve lo Spirito santo. Che cosa poteva egli fare di più per accenderci di amore verso di lui e indurci a pensare che non senza una profonda ragione fu mosso a parlare così?
5. Ricordo di aver ascoltato una predica bellissima tenuta da un religioso, il cui argomento principale erano le gioie che la sposa trova nel suo rapporto con Dio. E siccome trattava d’amore – né poteva essere altrimenti, perché era la predica del mandato – ci furono tante risa e le sue parole furono così mal interpretate, che io ne rimasi meravigliata. È evidente che tutto dipende da quel che ho detto: ci esercitiamo così male nell’amore di Dio che ci sembra impossibile un tale rapporto dell’anima con lui. Ma io conosco alcune persone che, allo stesso modo in cui queste altre non traevano dalla predica alcun vantaggio – certamente perché non la capivano e senza dubbio pensavano che il religioso dicesse cose di testa sua –, ne hanno ricavato così grandi vantaggi, così grandi gioie, così gran sicurezza da ogni timore, che assai spesso sentono di dover rendere particolari lodi a nostro Signore per aver egli lasciato un salutare rimedio alle anime che lo amano per davvero, capiscono e vedono che Dio può abbassarsi fino a quel punto. E, se prima la loro esperienza non era sufficiente per bandire la loro paura quando il Signore le favoriva di grandi grazie, ora con quelle parole si sentono più tranquille.
6. So di una persona che ha trascorso vari anni con molti timori, senza che nulla potesse rassicurarla, finché piacque al Signore che udisse alcuni passi del Cantico dei Cantici, dai quali comprese che la sua anima era sulla buona strada. Si rese conto infatti – ripeto – di come sia possibile che l’anima innamorata del suo Sposo provi, nel suo rapporto con lui, tutte quelle ebbrezze, quei deliqui, quelle morti, quelle angosce, gioie, consolazioni, dopo aver lasciato, per amor suo, tutti i piaceri del mondo ed essersi totalmente rimessa e abbandonata fra le sue mani, non solo a parole – come accade ad alcuni – ma con assoluta sincerità, confermata dai fatti. Oh, che eccellente retributore è Dio, figlie mie! Avete un Signore e uno Sposo al quale non sfugge nulla, che tutto vede e intende. Anche se si tratta di cose assai piccole, non tralasciate pertanto, sorelle mie, di fare per amor suo tutto quello che potrete; egli non guarderà se non all’amore con cui lo avrete fatto.
7. Concludo, dunque, con questo consiglio: che mai, imbattendovi in cose della sacra Scrittura o dei misteri della nostra fede che non capite, vi soffermiate in esse più di quanto vi ho detto, né mai vi meravigliate, quasi fossero esagerate, delle parole d’amore che Dio rivolge all’anima. L’amore che egli ha nutrito e nutre ancora per noi è quanto mi sorprende di più e mi fa perdere il senno, nonostante quello che siamo. Poiché esiste un tale amore, mi rendo perfettamente conto che non c’è esagerazione nelle parole con cui Dio manifesta quello che ha dimostrato ancor più intensamente con le opere. Giunte a questo punto, vi prego, per amor mio, che vi soffermiate un po’ a pensare all’amore che il Signore ci ha dimostrato e a quanto ha fatto per noi, riconoscendo chiaramente come un amore così potente e forte da averlo indotto a soffrire tanto non si sia potuto manifestare se non con parole sorprendenti.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:55
8. Tornando ora a quello che avevo cominciato a dire, in queste parole devono racchiudersi grandi cose e profondi misteri. Sono certamente di tale valore che alcuni teologi, da me pregati di spiegarmi che cosa abbia voluto dire lo Spirito santo e quale fosse il vero significato di quelle sue parole, mi hanno risposto che gli studiosi ne hanno tentato molte interpretazioni e, ciò malgrado, ancora non sono riusciti a dar loro il senso che realmente hanno. Stando così le cose, vi sembrerà che sia molto superba, poiché voglio darvene qualche spiegazione; ma, per poco umile che io sia, non ho la pretesa di darvene il senso esatto. Mio unico intento è questo: siccome godo di quel che il Signore mi fa capire, quando ascolto qualche passo del Cantico dei Cantici, così credo di procurare anche a voi la stessa gioia nel manifestarvelo. Se, poi, la mia spiegazione non risponde al senso che le parole hanno, io le interpreto così, e credo che, non allontanandosi dall’insegnamento della Chiesa e dei santi (per questo, prima che voi vediate il mio scritto, esso sarà esaminato attentamente da teologi, competenti in materia), il Signore ce ne dia il permesso, come, quando pensiamo alla sua passione, ci consente di immaginare maggiori particolari – circa le pene e i tormenti che in essa egli ebbe a soffrire – di quelli descritti dagli evangelisti. E, non lasciandoci guidare dalla curiosità, come ho detto all’inizio, ma solo accettando quel che Sua Maestà ci fa intendere, sono sicura che non gli rincresce la consolazione e il diletto che noi cerchiamo nelle sue parole e nelle sue opere, allo stesso modo in cui si allieterebbe e si compiacerebbe un re se, amando un pastorello che gli andasse a genio, lo vedesse contemplare il broccato delle sue vesti chiedendosi che cosa sia e come sia stato fatto. Molto meno a noi donne dovrà essere impedito di godere delle ricchezze del Signore. Discuterle e insegnarle, convinte d’indovinarne il senso, senza consultare i teologi, questo, sì, ci è proibito. Pertanto, non pretendo scrivere qui qualcosa di esatto (il Signore lo sa bene), ma, come questo pastorello di cui ho parlato, è per me una consolazione offrire a voi, quali figlie mie, le mie meditazioni, siano pur insieme a molte sciocchezze. Incomincio, dunque, con l’aiuto di questo divino mio Re e con il permesso del mio confessore. Piaccia al Signore che, come mi ha concesso di riuscire in altre cose che vi ho detto (forse è stata Sua Maestà stessa a dirle per mezzo mio, essendo scritti indirizzati a voi), io riesca anche ora a farlo. Del resto, se non dovesse essere così, ritengo ugualmente come bene impiegato il tempo speso nello scrivere e nell’occupare la mia mente in una materia talmente divina che non ero neppure degna d’udirne parlare.
9. Nel testo citato all’inizio mi sembra che la sposa si rivolga a una terza persona, che è poi la stessa di cui parla. Con ciò fa capire che in Cristo ci sono due nature, una divina e un’altra umana. Su questo argomento non mi soffermo, perché il mio proposito è parlare soltanto di ciò che mi sembra possa riuscire utile a noi che pratichiamo l’orazione, anche se tutto giova a incoraggiare e a destare l’ammirazione di un’anima che ama ardentemente il Signore. Sua Maestà sa bene che, pur se a volte io abbia udito la spiegazione di alcune di queste parole o se me l’abbiano data dietro mia richiesta, il che è accaduto di rado, con la mia cattiva memoria non ricordo più nulla. Pertanto non potrò dire se non quello che il Signore m’insegnerà e che avrà relazione con il mio argomento. E di queste parole: Mi baci col bacio di sua bocca, che danno inizio al Cantico non ricordo d’avere udito mai alcuna spiegazione.
Mi baci con il bacio della sua bocca.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:55
10. Oh, che parole queste, mio Signore e mio Dio, per essere dette da un verme al suo Creatore! Siate benedetto, Signore, che ci istruite in tanti modi! Ma chi oserà, mio Re, dirle, se voi non glielo permetterete? Sono parole che riempiono di stupore, pertanto stupirà il fatto che osi porle sulla bocca di qualcuno. Si dirà che sono un’ignorante, che tali parole non vogliono dire questo, che esse hanno molti significati, che è evidente che non possiamo rivolgerle a Dio, pertanto sarebbe bene che la gente semplice non le leggesse. Ammetto pure che abbiano molti significati, ma l’anima accesa da un amore che la fa uscire di senno, non ne accetta altri e non vuol dire se non queste parole, visto che il Signore non gliene toglie la possibilità. Dio mio! Ma che cosa ci fa meravigliare? La realtà non è forse più strabiliante? Non ci accostiamo forse al santissimo Sacramento? Io pensavo appunto se la sposa non chiedesse qui questa grazia che Gesù Cristo ci ha concesso dopo. Ho pensato anche se ella chiedesse quell’intima unione che consiste nel farsi Dio uomo, quell’amicizia che egli strinse con il genere umano, perché è evidente che il bacio è segno di pace e di grande amicizia fra due persone. Il Signore ci aiuti a capire quante specie di pace vi siano!
11. Prima di andare avanti voglio dire una cosa che, a mio parere, è degna di nota anche se sarebbe meglio dirla in altro luogo, ma lo faccio ora per non dimenticarla. Sono convinta che ci sono molte persone che si accostano al santissimo Sacramento (e Dio voglia che m’inganni!) con gravi peccati mortali. Se esse udissero un’anima, morta d’amore per il suo Dio, servirsi di queste parole, ne resterebbero sbigottite e la considererebbero una grande temerità. Per lo meno sono sicura ch’esse non le diranno mai. Tali parole, infatti, e altre simili che si trovano nel Cantico, sono dettate dall’amore, e poiché esse ne sono prive, potranno ben leggere il Cantico ogni giorno, ma non se ne serviranno mai e non oseranno neanche pronunziarle a fior di labbra. Veramente ispira timore persino l’udirle, tanta è la maestà che hanno in sé. Voi, mio Signore, l’avete ben grande nel santissimo Sacramento, senonché, siccome la fede di tali persone non è viva, ma è morta, vedendovi così umile sotto le specie del pane, e non udendovi parlare loro, perché esse non meritano di ascoltarvi, osano comportarsi come fanno.

12. Certo queste parole, prese alla lettera, sarebbero veramente tali da spaventare se chi le dice fosse pienamente padrone di sé, ma a colui che il vostro amore ha tratto fuori di sé, voi, Signore, perdonate che dica questo e anche altro, benché sia una temerità. Io dico, mio Signore, che se il bacio significa pace e amicizia, perché le anime non dovrebbero chiedervi di accordarle loro? Quale preghiera migliore possiamo rivolgervi se non quella che vi faccio ora, mio Signore, di darmi questa pace con il bacio della vostra bocca? Questa, figlie mie, è una richiesta straordinaria, come vi mostrerò in seguito.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:56
CAPITOLO 2
Parla delle nove specie di falsa pace che il mondo, la carne e il demonio offrono all’anima. Chiarisce la santità dello stato religioso, che conduce alla vera pace, desiderata dalla sposa nel «Cantico dei Cantici».
1. Dio vi liberi dalle varie specie di pace di cui gode la gente del mondo! E non ve le faccia mai provare, perché sono causa di una guerra continua. Quando chi è dedito al mondo, pur essendo invischiato in peccati gravi, vive molto tranquillo, così privo di ogni turbamento nei suoi vizi, che nulla gli rimorde la coscienza, questa pace, come certo avrete letto, è segno che egli e il demonio sono amici. E finché tali esseri vivono, il demonio non vorrà muovere loro guerra perché, perversi come sono, per evitare questa guerra e non per amor di Dio tornerebbero alquanto al suo servizio. Ma, pur tornandovi, coloro che si comportano così non vi durano a lungo. Subito, appena il demonio se ne accorge, dà loro di nuovo quanti piaceri vogliono e li riconquista alla sua amicizia, fino a che non li abbia condotti dove farà loro intendere quanto era falsa quella pace. È gente di cui è inutile parlare; se la vedano loro! Io spero nel Signore che un così gran male non abbia mai a verificarsi fra voi. Tuttavia, il demonio potrebbe darci un’altra pace: quella che si accompagna a piccoli difetti. Sempre, insomma, figlie mie, finché viviamo, non dobbiamo cessare di temere.
2. Quando una religiosa comincia a rilassarsi riguardo a certe cose che in se stesse sembrano poco gravi, e dura a lungo in questo stato senza che le rimorda la coscienza, è cattiva pace la sua e il demonio potrebbe servirsene per trascinarla in un’infinità di mali. Può trattarsi, per esempio, di un’infrazione alle Costituzioni, che in sé non è peccato, o di una certa negligenza nell’adempiere gli ordini della priora, sia pure senza malizia; ma, siccome ella fa le veci di Dio, bisogna sempre – per questo siamo venute qui – procedere nel rispetto della sua volontà; un’infinità di piccole cose possono capitare, insomma, che in sé non sembrano peccato e che tuttavia costituiscono mancanze. Eppure, quante ne commettiamo per la nostra grande miseria! Non lo nego. Ciò che dico è soltanto che, quando si commettono, bisogna dolersene e riconoscere di aver sbagliato; altrimenti – ripeto – il demonio potrebbe rallegrarsene e, a poco a poco, rendere l’anima insensibile a queste piccole mancanze. Quando sarà giunto a tale risultato vi assicuro, figlie mie, che non avrà ottenuto poco, e temo che andrà molto più avanti. Pertanto, per amore di Dio, state sempre attente: la vita impone una guerra continua perché fra tanti nemici non è possibile starcene con le mani in mano. Dobbiamo essere sempre vigilanti e vedere come ci comportiamo, sia interiormente, sia esteriormente.
3. Anche se il Signore nell’orazione vi favorisce di grazie e vi concede i doni di cui parlerò in seguito, vi dico che, uscite da essa, non vi mancheranno mille piccoli inciampi, mille piccole occasioni di ricadute: trasgredire per negligenza un ordine, non compiere bene un altro, cadere in turbamenti interiori e tentazioni. Non dico che ciò debba avvenire sempre o molto di frequente. Incorrervi è una somma grazia del Signore, perché così l’anima progredisce. Non è possibile essere angeli quaggiù: non è la nostra natura. Per questo motivo non mi turbo quando vedo un’anima assalita da gravi tentazioni; se infatti vive nell’amore e nel timore di nostro Signore ne uscirà con molto profitto, io lo so. Quando invece ne vedo una che è sempre tranquilla, senza alcuna lotta (come alcune in cui mi è accaduto di imbattermi), anche se costato che non offende il Signore, sto sempre in apprensione; non riesco mai a rassicurarmi e continuo a metterla alla prova e a tentarla io stessa, se posso, giacché non lo fa il demonio, affinché si renda conto di quello che è. In verità, ne ho trovate poche, ma è possibile che questo stato si riscontri in anime elevate dal Signore ad un’alta contemplazione.
4. Diverse sono le vie per cui opera il Signore. Queste anime godono di un’abituale interiore letizia, anche se sono convinta che non si rendono conto del loro stato, e ciò mi è chiaro dal fatto che a volte hanno le loro piccole lotte, benché avvenga di rado. Da parte mia, non porto invidia a tali anime, perché, dopo un attento esame, vedo che in fatto di perfezione progrediscono molto più quelle che – pur con un’orazione ridotta – sperimentano la guerra di cui ho parlato, a quanto possiamo capirne. Lasciamo da parte le anime che, dopo aver sostenuto per molti anni questa guerra, sono ormai molto progredite e assai mortificate: essendo già morte al mondo, nostro Signore concede loro abitualmente la pace, ma non in modo tale che esse non si accorgano delle mancanze che commettono e non ne provino una grande pena.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:57
5. Voi vedete, quindi, figlie mie, che il Signore conduce le anime per diverse vie, ma dovrete sempre avere motivi di paura – ripeto – quando non proverete alcun dolore per una mancanza da voi commessa. Quanto al peccato, sia pure veniale, è chiaro che il rimorso debba penetrarvi fin nell’intimo dell’anima, come – grazie a Dio – credo e vedo che lo sentite ora. Notate una cosa e ricordatevene per amor mio. Quando una persona è viva, per poco che la pungano con uno spillo o una piccola spina, sia pure piccolissima, forse che non lo sente? Se, dunque, l’anima non è morta, ma ha un vivo amore di Dio, non è una grande grazia – la sua – di renderla sensibile a qualsiasi piccola mancanza che commetta contro la propria professione e i propri doveri? Oh, quando Sua Maestà concede all’anima questo zelo, è come se preparasse nel suo intimo, un letto di rose e fiori ov’è impossibile che, sia pur tardi, tralasci di venire a farle festa! Dio mio, cosa facciamo noi religiose nei nostri monasteri? Perché abbiamo lasciato il mondo? Perché siamo venute qui? In cosa possiamo adoperarci meglio che nel preparare nelle anime nostre una dimora al nostro Sposo e giungere in tempo a potergli chiedere un bacio della sua bocca? Ben fortunata l’anima che gli rivolgerà questa domanda, che all’arrivo del Signore non si farà trovare con la lampada spenta e che, stanca di chiamare, non se ne debba tornare via! Oh, com’è sublime il nostro stato, figlie mie! Nessuno può impedirci infatti di rivolgere questa domanda al nostro Sposo, perché lo abbiamo scelto come tale nel giorno della nostra professione. L’impedimento non può venire che da noi.
6. Le anime scrupolose mi comprendano bene! Io non parlo di una mancanza commessa solo qualche volta, e neppure di parecchie mancanze, perché non si possono percepire tutte né provarne sempre dolore. Mi rivolgo alle persone che le commettono molto spesso, senza darvi importanza, giudicandole cose da nulla; che non ne sentono rimorso e che non cercano di emendarsi. Vi ripeto che questa è una pace pericolosa e che dovete guardarvene. Che sarà dunque delle anime che la possiedono in pieno rilassamento circa l’osservanza della loro Regola? Dio voglia che non ve ne sia nessuna! Il demonio, certamente, deve fare di tutto per procurargliela, e Dio lo permette a causa dei nostri peccati. Ma non c’è motivo di soffermarsi su tale argomento; vi bastino queste poche parole. Passiamo ora all’amicizia e alla pace che il Signore comincia a mostrarci nell’orazione; ne dirò quello di cui Sua Maestà mi vorrà far comprendere.
7. Ripensandoci, però, mi sembra opportuno che prima vi parli un po’ della pace offertaci dal mondo e dalla nostra stessa sensualità giacché, se anche ciò si trova scritto in molti libri meglio di quanto non saprò dirne io, può darsi che, povere come siete, non abbiate i mezzi per comprarveli né ci sia alcuno che ve li dia in elemosina, mentre questo mio scritto rimarrà nella nostra casa e vi troverete tutto riunito. Circa la pace offerta dal mondo, potreste restare ingannate in molti modi. Parlerò di alcuni, dai quali vi sarà facile dedurre gli altri.
8. Ad esempio, mediante le ricchezze, perché alcune persone che possiedono quello di cui hanno bisogno e molti denari nello scrigno, guardandosi dal commettere peccati gravi, credono di aver fatto tutto. Godono dei loro averi, fanno di quando in quando un’elemosina, senza pensare che quei beni non sono di loro proprietà. Il Signore li ha loro concessi semplicemente come a suoi amministratori, perché li distribuissero ai poveri: gli dovranno rendere conto del tempo che tengono il denaro loro avanzato nello scrigno, interrompendone e ritardandone l’elargizione ai poveri, i quali forse, in quel momento, stanno nel bisogno. Questo non vi riguarda se non per supplicare il Signore di illuminare tali persone affinché non restino in tale stolto inganno né accada loro quello che accadde al ricco avaro. Ringraziate piuttosto Sua Maestà che vi ha volute povere, ritenendo tale condizione come una sua particolare grazia.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:58
9. Oh, che gran sollievo, figlie mie, essere libere da questi pesi, anche per aver pace quaggiù! Quanto poi alla tranquillità che ne deriva per affrontare il nostro ultimo giorno di vita, è tale da non potersi immaginare. I ricchi sono gli schiavi e voi le padrone: lo vedrete da quanto segue. Chi è più tranquillo, un gentiluomo che si vede servire a tavola tutto il cibo di cui deve nutrirsi, e al quale vengono portati tutti gli indumenti di cui deve rivestirsi, o il suo amministratore che è obbligato a rendergli conto anche di un solo maravedì? Il primo spende senza misura, perché i denari sono suoi; il povero amministratore è quello che ne soffre il peso, e quanto maggiori sono i beni di fortuna, tanto più deve stare attento quando viene il momento di presentare i conti; specialmente se riguardano molti anni ed egli è un po’ sbadato. Il passivo è talvolta considerevole. Non so come possa aver pace. Figlie mie, non andate oltre senza ringraziare molto nostro Signore, e proseguite nel vostro attuale tenore di vita che è quello di non possedere mai nulla in particolare. Qui, senza alcuna preoccupazione, ci nutriamo del cibo che il Signore ci manda. E poiché Sua Maestà, come ha cura di non farci mancare nulla, così fa in modo che la quantità non sia tale da crearci la preoccupazione di darne agli altri, non dobbiamo render conto di quel che ci avanza.
10. L’essenziale, figlie mie, è contentarci di poco: non dobbiamo voler tanto come coloro che hanno uno stretto conto da rendere, quale appunto è la condizione di ogni ricco, anche se non spetta a lui farlo in questo mondo, ma ai suoi amministratori. E che conto rigoroso! Se egli ne fosse consapevole non consumerebbe i suoi pasti con tanto piacere né si prodigherebbe a spendere i suoi beni in cose inopportune e frivole. Da parte vostra, figlie mie, fate sempre attenzione a contentarvi di quanto vi è di più povero sia nei vestiti, sia nei cibi, altrimenti resterete deluse, perché Dio non vi provvederebbe di nulla e vi sentireste insoddisfatte. Cercate di servire sempre Sua Maestà in modo da non mangiare il pane dei poveri senza averlo guadagnato, anche se il vostro servizio è certo insufficiente a meritarvi la pace e la tranquillità che il Signore vi concede, esonerandovi dal rendere conto delle ricchezze. So bene che ne siete convinte, ma è necessario che di tanto in tanto ne ringraziate molto Sua Maestà.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:58
11. Della pace che dà il mondo quanto a onori, non ho motivo di dirvi nulla, perché i poveri non sono mai onorati. Ma c’è una cosa in cui può nuocervi molto, se non state attente: nelle lodi. Una volta che il mondo cominci a lodarvi, non la finisce più, per poi umiliarvi maggiormente. La forma più frequente di elogi è dire che siete sante, con parole così esagerate che sembrano suggerite dal demonio. E a volte dev’essere proprio così perché, se lo dicessero in vostra assenza, passi, ma alla vostra presenza, che risultato può venirne tranne quello di un danno, se non state molto attente?
12. Vi prego, per amore di Dio, di non accogliere mai in pace queste parole, perché a poco a poco vi potrebbero nuocere, inducendovi a credere che rispondano a verità e a pensare che ormai tutto è fatto e che avete lavorato molto. Non lasciate mai passare tali espressioni di lode senza muovere guerra a voi stesse nel vostro intimo; è cosa facile, se ne avrete preso l’abitudine. Ricordatevi in che stato il mondo ha ridotto Cristo nostro Signore, dopo averlo tanto esaltato il giorno delle Palme. Considerate la stima che si riponeva in san Giovanni Battista, al punto da volerlo ritenere per il Messia, e come poi e per qual motivo fu decapitato.
13. Il mondo non esalta mai se non per umiliare quando coloro che vengono esaltati sono figli di Dio. Di ciò ho una grande esperienza e se prima ero solita affliggermi molto nel costatare l’accecamento che era causa di queste lodi, ora me ne rido, come se udissi parlare un pazzo. Ricordatevi dei vostri peccati e, posto che in qualche cosa vi dicano la verità, rendetevi conto che non si tratta di un vostro merito: è che siete obbligate a servire di più Dio. Coltivate il timore nella vostra anima, affinché non riposi tranquilla in quel bacio di falsa pace che dà il mondo. Credetemi, è la pace di Giuda. Anche se alcuni non vi lodano in cattiva fede, il demonio vi tiene d’occhio, e se non vi difendete, riuscirà a portarsi via il suo bottino. Convincetevi che qui è necessario stare con la spada della riflessione in mano; anche se vi sembra che dalle lodi non possa venirvi alcun danno, siate sempre diffidenti. Ricordatevi di quanti, esaltati dal mondo, ora sono caduti in basso. Non c’è nessuna sicurezza finché siamo in questa vita; pertanto, per amor di Dio, sorelle, opponetevi sempre a tali lodi con una guerra interiore: ne avrete un gran guadagno in umiltà e il demonio, che vi sta spiando, resterà umiliato, e così pure il mondo.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:58
14. Della pace e del danno che può arrecarci la nostra stessa carne, ci sarebbe molto da dire. Vi farò notare alcuni punti dai quali, come ho detto, potrete dedurre gli altri. La nostra carne, lo sapete, ama molto le comodità e dovremmo riuscire a capire quanto sia pericoloso trovar pace fra di esse. Io vi penso spesso e non riesco a spiegarmi come possa esserci tranquillità e tanta pace nelle persone che vivono tra le comodità. Forse che il corpo sacratissimo di colui che è il nostro modello e la nostra luce meritava d’essere trattato meno bene dei nostri? Cosa aveva fatto per dover soffrire tanti tormenti? E di quei santi che sappiamo ormai essere certamente in cielo, abbiamo forse letto che abbiano avuto una vita comoda? Da dove viene questa tranquillità che noi troviamo in essa? Chi ci ha detto che questa via è buona? Come può accadere che alcune persone passino tranquillamente i loro giorni mangiando e dormendo bene e procurandosi tutti i divertimenti e i piaceri possibili? Io, costatandolo, ne resto sbalordita. Si direbbe che non debba esserci un altro mondo, o che quel modo di vivere rappresenti il minor pericolo ai fini di un’altra vita.
15. Oh, se sapeste, figlie mie, il gran male che qui si nasconde! Il corpo ingrassa, mal’anima dimagrisce e, se potessimo vederla, ci sembrerebbe già vicina a spirare. In molti libri troverete la descrizione del gran male in cui s’incorre beandosi della pace di questo stato. Se almeno tali persone comprendessero di far male, vi sarebbe qualche speranza di emendamento, ma temo che ciò non passi loro neanche per la mente. Del resto, essendo una consuetudine tanto diffusa, non me ne stupisco più. Ma vi assicuro che, quantunque la loro carne trovi pace in questo benessere, se vogliono salvarsi devono farsi la guerra da ogni parte. Sarebbe meglio che si rendessero conto della situazione e praticassero poco per volta quella penitenza che un giorno sarà loro imposta in una volta sola. Ho detto questo, figlie mie, perché ringraziate molto il Signore per avervi concesso di stare in un luogo dove, anche se la vostra carne volesse trovare questo genere di pace, non potrebbe averla. Potrebbe però nuocervi di nascosto, sotto pretesto di malattia, e a questo riguardo dovete stare bene in guardia. Un giorno vi farà male l’osservanza della disciplina, e di lì a otto giorni forse non più. Un’altra volta vi farà male non usare il lino, ma se tale necessità riguarda pochi giorni, non dovrete usarlo di continuo. Un’altra volta vi farà male il pesce, ma se lo stomaco vi si abitua, non ne soffre più. Vi sembrerà di essere tanto deboli [da non poter fare a meno di mangiare la carne, ma per rimettervi da questa debolezza, basterà rompere il digiuno per qualche giorno]. Di tutto questo e di molte altre cose ancora ho fatto esperienza e so che non ci si rende conto del danno che apporta far ricorso a queste dispense senza averne una stretta necessità. Quello che raccomando è di non riposare sulle dispense, ma provare di tanto in tanto le proprie forze, perché so quanto sia mendace la nostra carne e quanto sia necessario conoscerla. Il Signore nella sua bontà c’illumini in tutto! Gran cosa è comportarsi con saggezza e fidarsi non di se stessi, ma dei superiori.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:59
16. Tornando all’argomento già iniziato, poiché la sposa indica la pace che invoca dicendo: Mi baci col bacio della sua bocca, è chiaro che il Signore ha anche altri mezzi per dare la pace e testimoniare la sua amicizia. Voglio segnalarvene ora alcuni, affinché vediate quanto sia sublime questa richiesta e quale sia la differenza tra i diversi generi di pace. Oh, com’è profonda, gran Dio e Signor nostro, la vostra saggezza! La sposa avrebbe ben potuto dire: Ch’egli mi baci, e mi sembra che avrebbe esaurito la sua domanda con meno parole. Perché aggiunge: col bacio della sua bocca? Si può essere certi, però, che non c’è nessuna parola superflua. Il perché non lo so, tuttavia vi dirò qualcosa a questo riguardo. Poco importa, ripeto, che non giunga a darne una spiegazione esatta, se possiamo trarne profitto. Il nostro Re, come vediamo ogni giorno, si fa portatore di pace e di amicizia alle anime in molti modi, sia nell’orazione, sia fuori di essa, mentre noi stabiliamo con lui una amicizia a fior di pelle, come si dice. Considerate invece, figlie mie, che cosa sia essenziale per poter rivolgere al Signore la stessa richiesta della sposa, quando egli vi attirerà a sé. Se egli non lo fa, non perdetevi d’animo perché, qualunque sia l’amicizia che abbiate con Dio, se non è per colpa vostra, sarete sempre molto ricche. Ma è davvero assai increscioso e penoso che per nostra colpa non arriviamo a questa amicizia così sublime e che ci contentiamo di poco.
17. Oh, Signore! Come non ricordarci che il premio è immenso ed eterno; che, una volta giunte a così grande amicizia, il Signore ce lo dà fin da quaggiù e che molti, i quali potrebbero raggiungere la vetta, restano ai piedi del monte? Ve l’ho già detto varie volte in altri brevi scritti che vi ho lasciato. Ma torno ora a ripetervi la mia preghiera di nutrire sempre pensieri generosi, così otterrete dal Signore la grazia che lo siano anche le vostre opere. Credetemi, ciò è molto importante. Ci sono certe persone infatti che hanno già ottenuto l’amicizia del Signore per aver confessato bene i loro peccati ed essersene pentiti, ma non passano due giorni che vi ricadono nuovamente. Certamente non è questa l’amicizia richiesta dalla sposa. Figlie mie, cercate di non andare dal confessore a ripetergli sempre la stessa mancanza.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 15:59
18. È vero che non possiamo essere esenti da difetti, ma almeno facciamo in modo che ci sia un mutamento in essi, onde evitare che mettano radici, perché allora sarebbe ben più difficile estirparli e potrebbero anche farne nascere molti altri. Se infatti piantiamo un’erba o un alberello e li innaffiamo ogni giorno, essi crescono tanto che poi, per sradicarli, occorrono vanghe e zappe. Così mi pare che avvenga quando commettiamo ogni giorno la stessa mancanza, per piccola che essa sia, senza cura di emendarcene, mentre se la commettiamo un giorno o dieci e poi la sradichiamo, la cosa è facile. Dovete chiedere questa grazia al Signore nell’orazione, perché con le sole nostre forze possiamo ben poco; siamo piuttosto capaci di aggiungere mancanze che di evitarle. Badate che in quel terribile giudizio che avrà luogo nell’ora della morte non ci sembrerà cosa di poca importanza, specialmente a noi che il Giudice ha scelto in questa vita come spose.
19. Oh, grande dignità, tale da stimolarci a far di tutto per contentare questo nostro Re e Signore! Ma come pagano male la sua amicizia quelle persone che così presto tornano ad essere sue mortali nemiche! È davvero grande la misericordia di Dio: quale amico potremmo trovare altrettanto paziente? Se ciò avvenisse anche una volta sola fra due amici, non lo dimenticherebbero mai più, né riuscirebbero ad avere la stessa intima amicizia di prima. Quante volte, invece, manchiamo a quella di nostro Signore in questo modo e da quanti anni egli continua ad aspettarci! Siate voi benedetto, mio Signore e mio Dio, che ci sopportate con tanta pietà da sembrare che dimentichiate la vostra grandezza per non castigare come si merita un così grave tradimento! Tale stato mi sembra assai pericoloso perché, pur essendo la misericordia di Dio quella che costatiamo, vediamo pure molte volte morire queste persone nelle loro ricadute, senza confessione. Ci liberi Sua Maestà, per quello che egli è, figlie mie, dal vivere in uno stato così pericoloso!
20. Vi è un’altra specie di amicizia, superiore a questa, che è quella delle persone che si guardano dall’offendere il Signore mortalmente: coloro che sono arrivati ad avere una tale precauzione, visto come va il mondo, hanno fatto già molto. Tuttavia queste persone, come credo, anche se si guardano dal commettere peccati mortali, non evitano di cadervi di quando in quando, perché non si preoccupano affatto dei peccati veniali, pur commettendone molti ogni giorno; pertanto sono vicinissime ai peccati mortali. Dicono – e ne ho sentite molte –: «Fate caso di questo? Ma per questo c’è l’acqua benedetta e gli altri rimedi che tiene in serbo la Chiesa, nostra madre». Tutto ciò è, certo, da deplorare profondamente. Per amor di Dio, fate molta attenzione a non lasciarvi andare a commettere un peccato veniale, per leggero che sia, con il pensiero che esiste questo mezzo per porvi rimedio: perché non è giusto che il bene ci serva di occasione per fare il male. Ricordarvi, una volta commesso il peccato, di tale rimedio e farvi subito ricorso, questo sì.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:00
21. È importantissimo avere sempre la coscienza così pura che niente c’impedisca di chiedere a nostro Signore la perfetta amicizia invocata dalla sposa, ben diversa da quella di cui ho parlato, assai sospetta per molte ragioni. Quest’ultima cerca la propria soddisfazione e conduce a una grande tiepidezza, né in essa si sa bene se quello che si fa è peccato veniale o mortale. Dio vi liberi da questa amicizia, perché, sembrando a coloro che la praticano di non commettere i gravi peccati in cui vedono cadere gli altri, si sentono rassicurati, mentre giudicano questi altri assai perversi: cosa molto contraria alla perfetta umiltà. Può darsi invece che gli altri siano assai migliori perché piangono i loro peccati, se ne pentono profondamente e forse con un proposito più fermo del loro, tanto da condurli a non offendere più Dio, né in poco né in molto. Essi, al contrario, credendosi esenti da quei peccati, si danno tranquillamente alle proprie soddisfazioni e, per la maggior parte, reciteranno male le loro preghiere vocali, perché non guardano in ciò tanto per il sottile.
22. Vi è un altro genere di amicizia e di pace che nostro Signore concede a certe persone le quali sono fermamente decise a non voler offenderlo in nulla. Anche se non si allontanano totalmente dalle occasioni pericolose, hanno i loro momenti di orazione e il Signore le favorisce di sentimenti e di lacrime di devozione. Vorrebbero però condurre una vita virtuosa e ben regolata, senza rinunciare ai piaceri di questo mondo, sembrando loro che ciò sia conveniente per vivere quaggiù con tranquillità. Ma questa nostra vita è esposta a continui cambiamenti e sarà già molto se perseverano nella virtù perché, non rinunciando ai piaceri e alle soddisfazioni del mondo, presto si rilasseranno di nuovo nelle vie del Signore, essendoci potenti nemici pronti a vietarci di perdurare in esse. Non è neanche questa, figlie mie, l’amicizia che chiede la sposa, né quella che voi stesse dovete desiderare. Tenetevi sempre lontane da qualunque occasione cattiva, per piccola che sia, se volete che la vostra anima progredisca, e aspirate a vivere in sicurezza.
23. Non so perché vi dico questo, se non per mostrarvi quanto sia pericoloso non allontanarsi risolutamente da tutte le cose del mondo: facendolo, ci risparmieremmo molte colpe e molte sofferenze. Sono tante le vie attraverso le quali nostro Signore comincia a fare amicizia con le anime, che non si finirebbe più – mi sembra – di enumerare quelle che ho conosciuto io, che sono donna. Quante non ne avranno allora da dire i confessori e le persone che trattano più particolarmente con le anime? E pensare che alcune di esse mi sconcertano davvero, perché non sembra che manchi loro nulla per essere amiche di Dio! Vi parlerò particolarmente di una persona con la quale poco tempo fa ho avuto stretti rapporti. Ella amava comunicarsi assai spesso e non diceva mai male di nessuno; provava tenerezza nell’orazione e viveva in continua solitudine, perché stava sola in casa sua. Assai dolce di carattere, nulla di quanto le si dicesse poteva muoverla all’ira, né a dire una parola cattiva, il che era segno di grande perfezione. Non si era mai sposata, né aveva più l’età di poterlo fare, ed aveva sofferto grandi contrasti conservando la pace. Tutto questo mi sembrava rivelare un’anima molto avanzata e di grande orazione: pertanto, all’inizio la stimavo molto perché, non vedendo in lei nulla che offendesse Dio, ero convinta che si guardasse dal fargli alcun torto.
24. Dopo averla conosciuta, cominciai ad accorgermi che stava in pace se non la toccavano nell’interesse; ma, giunti a questo punto, la sua coscienza non era più tanto delicata: era, invece, assai grossolana. Mi resi conto che, pur sopportando pazientemente tutto quello che le dicevano in tal senso, era attaccatissima alla stima di sé, giacché per colpa sua non avrebbe voluto perdere neppure una piccolissima parte del proprio onore o della propria stima, tanto era imbevuta di questo miserabile sentimento. Inoltre aveva un desiderio così grande di sapere e conoscere ogni cosa, che mi meravigliai di come potesse vivere sola anche per un’ora; infine, era assai amante delle sue comodità. Tutto questo lo indorava così bene da non vedervi alcun peccato. Anzi, stando alle ragioni che addiceva di alcune cose, sembrava che peccassi io dandone un giudizio diverso. In altre azioni il peccato era assai evidente, benché forse non se ne rendesse conto. Ne rimanevo sconcertata, mentre quasi tutti la stimavano una santa. Visto che delle persecuzioni di cui ella parlava doveva avere qualche colpa, non provai invidia per il suo modo di vivere e per la sua santità. Tanto lei quanto le altre due anime, di cui ora mi ricordo, che conducevano lo stesso genere di vita, sante in apparenza, dopo averle conosciute, mi hanno ispirato più timore di quanti peccatori abbia visto, e mi hanno indotto a supplicare il Signore di illuminarci.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:00
25. Ringraziatelo, figlie mie, di avervi condotto in un monastero dove il demonio, per molto che faccia, non può ingannarvi come inganna coloro che vivono in casa propria. Vi sono anime alle quali sembra non manchi nulla per volare in cielo, tanto credono di seguire in tutto la perfezione, ma nessuno le conosce. Invece nei monasteri non ho mai visto crearsi illusioni, perché non si deve fare quel che si vuole, ma quello che viene imposto. Nel mondo, pur volendo sinceramente comprendersi bene nel desiderio di contentare il Signore, non è possibile riuscirvi perché, infine, quello che si fa, si fa per volontà propria, e se anche a volte la si contrasta, non si pratica la mortificazione come nei monasteri. Lasciamo da parte alcune persone che nostro Signore ha illuminato da molti anni. Queste cercano un direttore spirituale che possa capirle e al quale possano obbedire, perché la grande umiltà implica scarsa fiducia in sé, per quanto possa trattarsi anche di persone assai dotte.
26. Vi sono altri che hanno lasciato tutto per il Signore: non hanno casa né beni, non cercano la comodità, anzi sono penitenti, non godono delle cose del mondo, perché il Signore ha fatto veder loro chiaramente quanto siano miserabili, ma hanno molto vivo il senso dell’onore. Non vorrebbero far nulla che non fosse ben accetto così agli uomini come a Dio; gran discrezione, quindi, e prudenza! Ma sono due cose, queste, che mal possono conciliarsi, e il guaio è che quasi sempre, senza che essi ne vedano l’imperfezione, il partito del mondo ha la meglio su quello di Dio. Tali anime, per la maggior parte, si dolgono di qualsiasi cosa si dica contro di loro. Anziché abbracciare la croce, la portano addosso trascinandola, e così essa le ferisce, le stanca e le riduce a pezzi, perché solo se è amata, la croce è dolce da portare. Non si può dubitarne.
27. No, neppure questa è l’amicizia che chiede la sposa. Perciò, figlie mie, poiché avete fatto i primi passi di cui ho parlato qui al principio, state bene attente a non tralasciare di fare gli altri, né a tardare. Tutto quello da cui non vi liberate è per voi causa di stanchezza. Avete rinunciato al più, cioè al mondo, alle sue comodità, alle sue gioie e alle sue ricchezze: tutti beni che, anche se falsi, in fondo piacciono, e di che temete? Badate, voi non vi rendete conto che per liberarvi da una pena che vi può dare una parola vi caricate di mille preoccupazioni e obbligazioni. Sono tante quelle che si assumono quando si vuole contentare la gente del mondo che non potrei dirle senza dilungarmi troppo, e neanche riuscirei a farlo.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:01
28. Vi sono altre anime – e con questo finisco, perché da qui, se le studiate attentamente, capirete molte vie attraverso le quali esse cominciano a far progressi, ma si arrestano nel cammino – alle quali se ormai neanche importa molto di ciò che si dice, né dell’onore, non sono però esercitate nella mortificazione e nella rinunzia alla propria volontà: pertanto sembra che siano sempre schiave della paura. Disposte a soffrire, credono con questo d’aver fatto tutto, ma di fronte a gravi interessi in cui è in gioco l’onore di Dio, si rifà vivo l’attaccamento al loro onore, senza ch’esse se ne accorgano: non sembra loro di temere il mondo, ma Dio. Scoprono pericoli in quel che può accadere vedendo trasformarsi un’opera virtuosa in una serie di guai, quasi che glieli indichi il demonio; se occorre, profetizzano mille anni prima i mali futuri.
29. Queste anime non sono certamente di quelle che faranno ciò che fece san Pietro, buttandosi in mare, né quello che hanno fatto molti altri santi. Vogliono, sì, condurre anime al Signore, ma standosene tranquille, senza esporsi a pericoli, né la fede influisce molto nelle loro determinazioni. Ho notato una cosa: che vediamo ben poche persone nel mondo, fatta eccezione dei religiosi, confidare in Dio per quanto riguarda il loro mantenimento. Io non ne conosco che due. Nella vita religiosa si sa che il necessario non verrà a mancare, anche se chi entra in religione sinceramente, solo per amore di Dio, credo che a questo non pensi neppure. Ma quanti vi saranno, figlie mie, che non lascerebbero ciò che possiedono se non avessero tale sicurezza! Siccome altrove, quando vi ho dato alcuni consigli, ho parlato a lungo di queste anime pusillanimi, vi ho mostrato il danno che in tal modo si procurano e il grande giovamento che proviene dal nutrire grandi desideri, non potendosi compiere opere grandi, non aggiungo ora più nulla, anche se non mi stancherei mai di parlarne. Le anime che il Signore eleva a uno stato così eccelso lo servano in conformità di esso e non si rincantuccino in limiti angusti. Se, nella condizione monastica, specialmente le donne, non possono aiutare il prossimo, bisogna che la loro orazione sia rafforzata da una grande volontà e da vivi desideri di salvezza delle anime. E può darsi che il Signore conceda loro in vita o in morte di giovare agli altri, come avviene ora del santo fra Diego, che era un fratello converso e non faceva altro che servire. Ora, dopo tanti anni dalla sua morte, il Signore ne ridesta la memoria perché ci sia d’esempio. Rendiamone lode a Sua Maestà.
30 Figlie mie, se il Signore vi ha condotte a questo stato, poco vi manca per ottenere l’amicizia e la pace richieste dalla sposa. Non cessate di implorarla con lacrime continue e vivi desideri. Fate quel che potete da parte vostra affinché ve la conceda. Sapete bene infatti che non è ancora questa la pace e l’amicizia richiesta dalla sposa, anche se il Signore concede una grazia grande nel far pervenire un’anima a tale stato, perché a quest’amicizia si arriva dopo una lunga pratica di orazione, penitenza, umiltà e molte altre virtù. Sia sempre resa lode al Signore dal quale ci viene ogni bene! Amen.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:01
CAPITOLO 3

Tratta della vera pace che Dio concede all’anima, della sua unione con essa e degli esempi di carità eroica di alcuni servi di Dio.
Mi baci col bacio della sua bocca (Ct 1,1).
1.Oh, santa sposa! Veniamo ora a ciò che voi chiedete, cioè a quella santa pace che induce l’anima a correre il rischio di mettersi in guerra con tutti i seguaci del mondo, pur rimanendo essa tranquilla e pienamente sicura. Oh, che grande felicità sarà ottenere questa grazia! Essa, infatti, consiste in una così stretta unione con la volontà di Dio che non vi è divisione fra lui e l’anima, sicché la loro volontà è una sola, non a parole né a desideri soltanto, ma di fatto. Allora l’anima, accorgendosi che in una determinata cosa serve meglio il suo Sposo, sospinta dal suo grande amore per lui e dal desiderio di piacergli, non ascolta né le ragioni che le oppone l’intelletto né i timori che le suscita, ma lascia fare alla fede, così da non guardare al suo profitto né al suo riposo, convinta che in questo stia tutto il suo vantaggio.
2. Vi sembrerà forse, figlie mie, che ciò non rappresenti una buona norma, essendo sempre lodevole fare le cose con discrezione. Ma dovete considerare una circostanza particolare, cioè se riconoscete che il Signore (dico, per quel che vi è possibile, perché con certezza non si può saperlo) ha esaudito la vostra richiesta di baciarvi col bacio della sua bocca, se lo riconoscete dagli effetti, non dovete fermarvi più in nulla. Anzi, dovete dimenticare voi stesse per piacere a questo vostro così dolce Sposo. Sua Maestà si fa sentire con molte manifestazioni dalle anime che godono di questa grazia. Una è quella di disprezzare tutte le cose della terra, stimarle tanto poco quanto valgono, non desiderare alcun bene della terra, convinte ormai della loro vanità, gioire con coloro che amano il Signore, avere a noia la vita, apprezzare le ricchezze per quello che valgono e avere altri atteggiamenti simili a questi, insegnati da colui che conduce le anime a questo stato.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:02
3. Una volta giunta qui, l’anima non ha nulla da temere, tranne di rendersi indegna che Dio si serva di lei inviandole tribolazioni e occasioni, anche penosissime, con le quali possa prodigarsi per la sua gloria. Qui, come ho detto, operano l’amore e la fede, e l’anima non vuole valersi di quel che le insegna l’intelletto, perché questa unione che vige tra lo Sposo e la sposa le ha insegnato ben altro a cui l’intelletto non può arrivare, ragion per cui non se ne serve affatto. Facciamo un paragone, perché comprendiate meglio questa realtà. C’è uno schiavo in terra di mori, che ha un padre povero e un grande amico. Se questi non lo riscatta, per lui è finita. Ma per poterlo riscattare, non basta quel che l’amico possiede: bisogna che lui stesso vada a servire al posto dello schiavo. Il grande amore che ha per lui esige che preferisca la libertà dell’amico alla sua; ma ecco che subentra la prudenza con una quantità di obiezioni. La discrezione gli dice che è più obbligato a sé e che può darsi che egli sia meno forte dell’altro, che gli facciano abbandonare la fede, che non è bene esporsi a questo pericolo, e molte altre cose del genere.
4. Oh, potente amor di Dio! Come nulla appare impossibile a chi ama! Oh, felice l’anima che è giunta ad ottenere questa pace dal suo Dio. È una pace che sovrasta tutte le sofferenze e i pericoli del mondo, che non teme nessuno, pur di servire uno Sposo e Signore così buono, mentre il potente e l’amico, di cui abbiamo parlato, temono e a ragione. Avete già letto, figlie mie, di un santo, il quale né per la salvezza di un figlio né di un amico, ma solo perché doveva certo aver avuto la felice ventura di ricevere da Dio questa pace, per compiacere Sua Maestà e imitare in qualche cosa il molto che egli fece per noi, se ne andò in terra di mori a sostituirsi al figlio di una vedova che era ricorsa a lui nel suo dolore. Avete anche letto come gli andò bene e con quali vantaggi abbia fatto ritorno in patria.
5. Sono portata a credere che il suo intelletto non doveva cessare di presentargli varie altre obiezioni, oltre quelle che ho dette, perché era vescovo e avrebbe dovuto abbandonare il suo gregge, e chissà che non abbia avuto i suoi timori! Guardate cosa mi viene ora in mente: giunge a proposito per coloro che sono di natura pusillanimi e poco coraggiosi, cioè in maggioranza le donne; anche se di fatto la loro anima sia realmente pervenuta a questo stato, la loro debole natura ha paura. Bisogna stare in guardia, perché questa debolezza naturale potrebbe farci perdere una gran corona. Perciò, quando vi sentirete colpite da attacchi di pusillanimità, ricorrete alla fede e all’umiltà e non tralasciate d’impegnarvi a fondo, animate dalla certezza che a Dio tutto è possibile: per questo poté dare a molte sante fanciulle la forza di sopportare tanti tormenti non appena si decisero ad affrontarli per lui.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:02
6. Con questa determinazione Sua Maestà vuole essere reso padrone del nostro libero arbitrio, perché non ha bisogno in nessun modo dei nostri sforzi. Anzi si compiace di far sì che le sue opere risplendano nelle creature più deboli, perché in esse può meglio dispiegare la sua potenza e soddisfare il suo desiderio di accordarci le sue grazie. A tal fine, vi riusciranno utili le virtù che Dio vi ha concesso per agire risolutamente lasciando da parte le ragioni dell’intelletto, la vostra debolezza, ed evitare che essa aumenti col fermarsi a pensare: «Ci riuscirò o no?», «Forse a causa dei miei peccati non merito di ricevere quella forza che ha concesso ad altri». Non è ora il momento di pensare ai vostri peccati; lasciateli da parte, perché – ripeto – non è il caso d’indugiare in tale riflessione. Un’umiltà fuori luogo è del tutto inopportuna.
7. Quando vi si volesse conferire qualcosa di molto onorifico, o quando il demonio vi istighi a concedervi una vita comoda o altre cose del genere, allora, sì, dovete temere che per i vostri peccati non possiate comportarvi con rettitudine; ma quando dobbiate affrontare qualcosa che implichi sofferenza per nostro Signore o per il prossimo, non abbiate paura dei vostri peccati. Voi potreste compiere una di tali opere con tanta carità che per essa tutti i vostri peccati vi sarebbero perdonati: questo teme il demonio e per questo allora ve li richiama alla mente. E tenete per certo che il Signore non abbandona mai coloro che lo amano, quando essi solo per lui si espongono a rischi. Badino bene, però, se per caso non siano guidati da altre mire di interesse personale, perché io parlo solo di coloro che aspirano a contentare il Signore con la maggior perfezione possibile.
8. Proprio ai nostri giorni ho conosciuto una persona – e voi l’avete vista perché è venuta a farmi visita – alla quale il Signore aveva ispirato così grande carità che gli fu causa di molte lacrime non poter andare a sostituirsi a uno schiavo. Ne parlò anche con me: era religioso degli scalzi di fra Pietro d’Alcántara. Infine, dopo molte insistenze, ottenne il desiderato permesso dal suo generale. Era già a quattro leghe da Algeri, dove si recava per soddisfare il suo santo desiderio, allorché il Signore lo chiamò a sé. E si può esser certi che avrà avuto un gran premio. Eppure, quante persone prudenti gli dicevano che commetteva una follia! Ci sembra così, infatti, quando non amiamo molto il Signore. Ma quale maggiore follia è finire il sogno di questa vita con tanta saggezza? Oh, piaccia a Dio che meritiamo non solo di entrare in cielo ma di essere del numero di coloro che sono andati tanto avanti nel suo amore!
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:02
9. So benissimo che, per compiere tali opere, è necessario un grande aiuto da parte sua; perciò vi consiglio, figlie mie, di chiedere sempre con la sposa questa pace così deliziosa, che domina in modo tale tutte le piccole paure del mondo, da debellarle in tutta calma e tranquillità. Non è evidente che quando Dio concede a un’anima una grazia così grande di unirsi a lui in un’amicizia tanto intima, debba lasciarla straordinariamente ricca dei suoi beni? Certamente. Infatti, sono doni, questi, che non possono dipendere da noi. Quello che possiamo fare è chiedere e desiderare che ci conceda tale grazia, e sempre con il suo aiuto. Quanto al resto, quale capacità può mai avere chi è un verme come noi, che il peccato ha reso così impauriti e miserabili, da farci concepire tutte le virtù alla stessa stregua della nostra misera natura umana? Qual è dunque il rimedio, figlie mie? Unirci alla richiesta della sposa. Se una contadinello sposasse il re e ne avesse figli, non sarebbero essi forse di sangue reale? Ebbene, se nostro Signore accorda a una persona una grazia così grande di unirsi indissolubilmente a lei, quali desideri, quali effetti, quali figli di opere eroiche non ne nasceranno, purché ella non vi ponga ostacolo?
10. Per questo torno a dirvi che, se il Signore vi favorisce della possibilità di compiere per lui atti come quelli di cui parliamo, non fate caso d’essere state peccatrici. Qui è necessario che la fede abbia ragione della nostra miseria. Non spaventatevi se al momento di prendere la vostra decisione e anche dopo sentirete timore e debolezza; non datevi importanza se non per trarne motivo di maggior incitamento. Lasciate che la carne faccia il suo ufficio. Rammentatevi di quel che dice il buon Gesù nell’orazione dell’orto degli ulivi: La carne è debole e ricordatevi di quel suo straordinario e doloroso sudore. Se, dunque, Sua Maestà dice che quella carne divina e senza peccato è debole, come vogliamo che la nostra sia così forte da non sentire timore per le persecuzioni e le sofferenze che le possono sopravvenire? Ma, una volta che si trovi in mezzo ad esse, sarà come sottomessa allo spirito. Quando la volontà è unita a quella di Dio, la carne non si lamenta.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:03
11. Mi viene in mente ora, qui, come il nostro buon Gesù mostra la debolezza della sua umanità prima delle sue tribolazioni, e poi, nell’infuriare di esse, rivela così grande forza che, lungi dal lamentarsi, neppure nell’espressione del volto mostra alcun segno da cui possa apparire la sua debolezza nella sofferenza. Quando si reca nell’Orto degli ulivi dice: La mia anima è triste fino alla morte e quando è sulla croce, dove già sta soffrendo la morte, non si lascia sfuggire un lamento. Se, durante l’orazione dell’Orto degli ulivi andò a svegliare i suoi apostoli, quanto a maggior ragione si sarebbe dovuto lamentare con sua Madre e nostra Signora, quando ella stava ai piedi della croce e non addormentata, ma soffrendo nella sua santissima anima le torture di una dura morte! Ci è sempre di maggior sollievo lamentarci con chi sappiamo partecipe delle nostre sofferenze e da cui ci sentiamo più amati.
12. Non lamentiamoci dunque dei nostri timori né ci scoraggi vedere la debolezza della nostra natura e dei nostri sforzi. Piuttosto cerchiamo di rafforzarci nell’umiltà e di renderci ben conto di quanto siano limitate le nostre possibilità e del fatto che, senza l’aiuto di Dio, non siamo nulla. Bisogna confidare nella sua misericordia, diffidare completamente delle nostre forze ed essere convinti che tutta la nostra debolezza deriva dal far assegnamento su di esse. Non senza una profonda ragione nostro Signore ha voluto manifestare debolezza. È chiaro che non la sentiva, essendo egli la stessa forza; ma l’ha fatto per nostra consolazione, per mostrarci quanto sia opportuno passare dai desideri alle opere e indurci a considerare che, quando un’anima comincia a mortificarsi, tutto le riesce gravoso. Se si accinge a lasciare le proprie comodità, che pena! Se a trascurare l’onore, che tormento! Se deve sopportare una parola ostile, che cosa intollerabile! Insomma, è assalita da ogni parte da tristezze mortali. Ma, appena si deciderà di morire al mondo, si vedrà libera da queste pene; anzi, non nutrirà più alcun timore di lamentarsi, una volta conseguita la pace richiesta dalla sposa.
13. Certo, sono convinta che se ci accostassimo una sola volta al santissimo Sacramento con grande fede e amore, questa volta basterebbe per farci ricche. Tanto più, poi, se ciò avvenisse molte volte! Ma sembra che noi ci avviciniamo al Signore solo per cerimonia e per questo ne ricaviamo così poco frutto. Oh, mondo miserabile, che tieni bendati gli occhi di coloro che vivono in te, affinché non vedano i tesori con cui potrebbero guadagnare ricchezze eterne!
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:03
14. Oh, Signore del cielo e della terra! È possibile che anche stando in questa vita mortale si possa godere di voi con una intimità così straordinaria? E che lo Spirito santo lo dica tanto apertamente con queste parole del Cantico che noi non vogliamo ancora capire? Oh, di quali doni favorite le anime in questo Cantico! Quali premure, quali tenerezze! Una sola di tali parole dovrebbe bastare a farci struggere d’amore per voi. Siate benedetto, Signore, giacché non verranno mai da voi le nostre perdite! Per quante vie, con quanti mezzi e in quanti modi ci dimostrate il vostro amore! Con tribolazioni, con una così dura morte, con tormenti, soffrendo ogni giorno ingiurie e perdonandole. E non solo con questo, ma con quelle parole che voi rivolgete nel Cantico all’anima alla quale insegnate a ripeterle a voi. Sono parole che feriscono così profondamente chi vi ama, che non so come si possano sopportare se voi non intervenite con il vostro aiuto a renderle tollerabili a chi le sente, non come meritano di essere sentite, ma come lo comporta la nostra debole natura.
15. Allora, Signore mio, non vi chiedo altro in questa vita se non che mi baciate colo bacio della vostra bocca. E fatelo in modo che, anche se volessi staccarmi da questa amicizia e da questa unione, la mia volontà, Signore della mia vita, sia sempre costretta a non allontanarsi dalla vostra e che nulla mi impedisca, mio Dio e mia gloria, di poter dire, in tutta verità: Migliori e più deliziose del vino sono le tue mammelle.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:04
CAPITOLO 4

Parla dell’orazione di quiete e di unione nonché della dolcezza e dei diletti che procurano allo spirito, in paragone dei quali sono un nulla i piaceri della terra.
Migliori del vino sono le tue mammelle, che spirano fragranza di deliziosi profumi (Ct 1,1-2).

1. Oh, che profondi segreti, figlie mie, si racchiudono in queste parole! Nostro Signore ci conceda di goderne, perché è molto difficile tradurli in espressioni verbali. Quando Sua Maestà vuole, nella sua misericordia, esaudire questa richiesta della sposa, l’amicizia che comincia ad intessere con l’anima è tale che potrà essere percepita, ripeto, solo da chi ne faccia esperienza. Ne ho già scritto molto in due libri che, se il Signore vorrà, vedrete dopo la mia morte. Ne ho parlato in maniera particolareggiata ed estesa, perché so che ne avrete bisogno. Pertanto qui non farò che darne un cenno. Non so, però, se vi riuscirò con le stesse parole con cui là il Signore si è degnato spiegarsi.
2. Si sente nel profondo dell’anima una così grande soavità, che ben si riconosce la vicinanza in essa di nostro Signore. Non si tratta solo di un sentimento di devozione che in quel momento fa versare abbondanti lacrime, le quali sono un grato sfogo, o per la passione del Signore, o per i nostri peccati, anche se in questa orazione di cui parlo, che chiamo di quiete per il riposo che procura a tutte le potenze, sembra che l’anima sia in possesso di ciò che desidera. Vero è che talvolta la cosa può accadere diversamente, specialmente quando l’anima non è immersa profondamente in questa soavità. Ma, nel nostro caso, sembra che quella pace rinvigorisca tutto l’uomo interiore ed esteriore, come se gli iniettassero nelle midolla un’unzione soavissima, una specie di straordinaria fragranza; oppure è come se si entrasse d’improvviso in un luogo pieno di profumo, non di una sola specie, ma di molte, senza sapere che profumo sia né da dove venga, ma tale da rimanerne impregnati interamente.
3. Succede lo stesso, sembra, di questo amore soavissimo del nostro Dio: entra nell’anima con estrema dolcezza, la diletta e l’appaga, senza che essa riesca a capire come né da dove le venga quel bene.Non vorrebbe perderlo, pertanto non vorrebbe muoversi né parlare e neanche guardare, per non farselo sfuggire. Ecco quel che dice qui la sposa al mio proposito, che le mammelle dello Sposo sprigionano maggior fragranza degli unguenti più profumati. Siccome nei libri di cui ho fatto cenno ho indicato quanto deve fare l’anima in questo caso per trarne profitto, e qui non intendo se non darvi un’idea dell’argomento che sto trattando, non voglio dilungarmi oltre. Mi limito a dire soltanto che in questa amicizia (che già il Signore manifesta all’anima, mostrandole di volere tale intimità così esclusiva che non ci sia tra loro la minima separazione) le vengono comunicate grandi verità, perché quella luce che la abbaglia tanto da non farle comprendere ciò che in essa avviene, le fa però vedere la vanità del mondo. L’anima non scorge il buon Maestro che la istruisce, anche se si rende conto che è lì, con lei; ma resta così bene a conoscenza di cose essenziali, con tali grandi effetti e con tanta forza nella pratica delle virtù, che non si riconosce più né vorrebbe dire né fare altro che lodare il Signore. E, quando sperimenta questo godimento, è talmente estasiata e assorta che non sembra più in sé, ma in una specie di ebbrezza divina. Non sa quello che vuole né quello che dice né quello che chiede. Insomma, non sa nulla di sé, ma non è così fuori di sé da non capire qualcosa di ciò che avviene.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:04
4. Se, però, questo ricchissimo Sposo vuole arricchire l’anima e inondarla di maggiori delizie, l’attira tanto a sé che, simile a una persona cui l’eccesso del piacere e della gioia fa perdere i sensi, le sembra di essere tenute fra quelle braccia divine, appoggiata a quel sacro costato e a quelle divine mammelle. Non sa far altro che godere, nutrita da quel latte celeste con cui il suo Sposo la va alimentando e rafforzando per metterla in condizione di ricevere doni più grandi e acquistare ogni giorno più meriti. Quando l’anima si ridesta da quel sonno e da quella ebbrezza celestiale, resta come stupefatta, stordita e, in preda a un santo delirio, mi sembra che possa dire: Migliori del vino sono le tue mammelle. Mentre, infatti, era in quell’ebbrezza, credeva di non poteva salire più in alto; ma, dopo essersi vista in un grado più elevato, e del tutto compenetrata di quella incommensurabile grandezza di Dio, nutrita in quel modo, ricorre a un delicato paragone e pertanto dice: Migliori del vino sono le tue mammelle. Come accade ad un bambino che non sa come cresce, né come succhia il latte, al quale spesso, senza che egli succhi né si muova per farlo, si sprizza il latte in bocca, così avviene qui, dove l’anima non sa assolutamente nulla di sé, né agisce né comprende come né da dove le sia venuto un tanto bene (e nemmeno può immaginarlo così grande). Sa che è il più grande di cui si possa godere in questa vita, anche di fronte a tutti i diletti e i piaceri del mondo uniti insieme. Si sente cresciuta e migliorata senza sapere quando lo abbia meritato; resa partecipe di grandi verità senza vedere il Maestro che gliele insegna; fortificata nelle virtù, oggetto di premure da parte di chi sa e può farlo così bene. Non sa a cosa paragonare tutto questo, se non alla tenerezza della madre che adora il figlio e lo tira su con amorose cure.
5. Questo paragone è assai appropriato; l’anima è qui così in alto e così impossibilitata a servirsi dell’intelletto da somigliare press’a poco a un bambino che riceve il latte e lo gusta, ma non ha ancora l’intelligenza per capire come gli venga quel bene. Ciò nonostante, nell’assopimento passato, prodotto dall’ebbrezza, l’anima non è così inattiva da non capire e da non fare qualcosa, perché si rende conto d’essere vicina a Dio. perciò, con ragione dice: Migliori del vino sono le tue mammelle.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:05
6. È grande, mio Sposo, questa grazia; gustoso il vostro convito, squisito il vino che mi date, una sola goccia del quale mi fa dimenticare tutto il creato, uscire dalle creature e da me stessa, e così respingere i piaceri e i diletti che finora la mia sensibilità ricercava. Questo dono è grande e io non lo meritavo. Ma quando Sua Maestà concede all’anima un dono ancora più grande, avvicinandola maggiormente a sé, essa a ragione dice: Migliori del vino sono le tue mammelle. La grazia precedente era grande, ma, Dio mio, questa è assai più grande, perché io vi ho minor parte; pertanto è migliore sotto ogni aspetto. Immensi sono la gioia e il diletto dell’anima, quando essa perviene a questo stato.
7. Oh, figlie mie! Nostro Signore vi conceda di comprendere o, per meglio dire, di gustare (perché in altro modo non si può comprendere) quale sia la gioia dell’anima ivi pervenuta. Coloro che sono dediti alle cose del mondo se l’aggiustino come vogliono con i loro domini, le loro ricchezze, i loro piaceri, i loro onori e i loro banchetti. Quand’anche potessero godere di tutto ciò senza le angustie che vi si accompagnano (il che è impossibile), non arriverebbero in mille anni al godimento che in un solo attimo prova un’anima condotta dal Signore a questo stato. San Paolo dice che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura. E io aggiungo che sono inadeguate né valgono una sola ora di questo appagamento, questa gioia, queste delizie che Dio dona qui all’anima. Non si può fare un paragone, a mio giudizio, tra le miserie del mondo e questo dono così squisito di nostro Signore – che nessuno può meritare – cioè questa unione così intima, questo amore così ineffabile e fatto gustare. Bella trovata, davvero, paragonare le sofferenze del mondo a tutto ciò! Se le nostre sofferenze, infatti, non sono sopportate per amor di Dio, non valgono nulla; se lo sono, Sua Maestà le proporziona alle nostre forze in modo tale che il temerle tanto è effetto della nostra pusillanimità e miseria.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:05
8. Oh, cristiani! Oh, figlie mie! Svegliamoci ormai, per amore del Signore, da questo sonno, e pensiamo che egli non aspetta sempre l’altra vita per darci il premio del nostro amore; la ricompensa ha inizio già da questa vita. Oh Gesù mio! Come si può riuscire a spiegare quanto sia vantaggioso gettarci fra le braccia di nostro Signore e stabilire questo accordo con Sua Maestà: ch’io guardi il mio Amato e il mio Amato me!, e ch’egli vegli sulle mie cose ed io sulle sue. Non amiamoci tanto da perdere di vista il nostro vero bene. Ancora una volta, mio Dio, vi ripeto e vi supplico, per il sangue di vostro Figlio, di farmi questa grazia: che egli mi baci col bacio della sua bocca. Senza di voi, che cosa sono io, Signore? Se non sono unita a voi che cosa valgo? Se mi allontano, sia pur poco, dalla Maestà Vostra, dove vado a finire?
9. Oh, Signor mio, mia Misericordia e mio Bene! Quale più grande tesoro posso io desiderare in questa vita se non d’esservi così strettamente unita, che non ci sia alcuna separazione tra voi e me? Che cosa non si può intraprendere per voi, avendovi così vicino? E per quale motivo gli altri mi dovranno essere riconoscenti, Signore? Merito solo gravi rimproveri per il poco che vi servo. Vi supplico, quindi, con ferma determinazione come sant’Agostino, «di darmi quello che mi comandate e di comandarmi quello che vorrete». Con il vostro aiuto e con la vostra protezione non vi volgerò più le spalle.
10. Già io vedo, mio Sposo, che voi siete per me; non lo posso negare. Per me siete venuto al mondo, per me avete sopportato così grandi tribolazioni, per me avete sofferto tanti colpi di frusta, per me siete rimasto nel santissimo Sacramento, e ora mi riempite di così immensi doni! Allora, santa sposa, come non ripetere ciò che voi dite: che posso fare per il mio Sposo?
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:06
11. Davvero, sorelle mie, io non so come andare avanti. In che modo sarò per voi, mio Dio? Cosa può fare per voi chi si è ingegnata con così misera abilità a sciupare le grazie che le avete fatto? Cosa si potrà sperare dai suoi servigi? E anche ammesso che con il vostro aiuto possa far qualcosa, considerate cosa sia ciò che può fare un vermiciattolo. Che bisogno può averne un Dio così potente? Oh, amore! Io vorrei ripetere di continuo questa parola, perché solo l’amore può darci l’ardire di ripetere con la sposa: Io sono per il mio Diletto! Solo l’amore ci autorizza a pensare che questo vero Amante, mio Sposo e mio Bene, abbia bisogno di noi.
12. E poiché l’amore ce lo consente, ritorniamo, figlie mie, a dire: Il mio Diletto è per me e io per lui. Voi per me, Signore? Ma se voi venite a me, come posso dubitare di non poter fare molto per la vostra gloria? D’ora innanzi infatti, Signore, voglio dimenticare me stessa per pensare solo a ciò in cui posso servirvi e non avere altra volontà che la vostra. Ma la mia volontà non è forte; solo voi, mio Dio, potete tutto. comunque, quello che è nelle mie possibilità, cioè prendere la ferma determinazione di compiere quanto ho detto, lo faccio fin da questo momento.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:06
CAPITOLO 5

Continua a parlare dell’orazione di unione e delle ricchezze che in essa l’anima acquista per la mediazione dello Spirito santo, e della sua ferma determinazione a soffrire qualunque travaglio per l’Amato.
Mi assisi all’ombra di colui che avevo desiderato, e dolce è il suo frutto al mio palato (Ct 2,3).

1. Ora interroghiamo la sposa e, per saperci regolare, cerchiamo di conoscere da quest’anima santa, congiunta a quella bocca divina e nutrita da quelle celesti mammelle, cosa dobbiamo fare, come dobbiamo comportarci, cosa dobbiamo dire se mai il Signore ci elevi a una grazia così grande. Quello che ci risponde è: Mi assisi all’ombra di colui che avevo desiderato, e dolce è il suo frutto al mio palato. Il Re m’introdusse nella cella del vino e ordinò in me la carità. Dice: Mi assisi all’ombra di colui che avevo desiderato.
2. Dio mio, come è immersa quest’anima nello stesso sole, e quanto ne è incendiata! Dice che si è seduta all’ombra di colui che aveva desiderato. Poi, non trovando nulla di meglio a cui paragonarlo se non a un melo, aggiunge: il suo frutto è dolce al mio palato. Oh, anime di orazione, gustate queste parole! Sotto quanti aspetti possiamo considerare il nostro Dio! Quanti cibi diversi possiamo trovare in lui! È una manna che prende tutti i gusti da noi desiderati. Che ombra celestiale è mai questa! E come poter esprimere ciò che il Signore fa intendere all’anima? Ricordo le parole che l’angelo disse alla santissima Vergine, nostra Signore: La potenza dell’Altissimo ti coprirà della sua ombra. Come deve sentirsi protetta un’anima, quando il Signore la innalza a questa altezza! Ben a ragione può sedersi e ritenersi sicura.
3. Osservate ora questo fatto che accade assai spesso, anzi, quasi sempre (se non si tratta di una persona alla quale nostro Signore vuole rivolgere uno speciale appello, come fece con san Paolo che elevò subito all’apice della contemplazione, apparendogli e parlandogli in modo tale che egli si trovò di colpo elevato a una sublime altezza): ordinariamente Dio accorda questi doni eccelsi e concede favori così grandi ad anime che hanno molto lavorato al suo servizio, desiderato il suo amore e procurato di rendersi in tutto gradite a Sua Maestà. Dopo essersi stancate lunghi anni nella meditazione e nella ricerca dello Sposo, ormai disgustatissime delle cose del mondo, riposano nella verità e non cercano altrove il loro conforto, la loro pace, la loro tranquillità, avendo capito dove possono realmente trovarli: si pongono sotto la protezione del Signore e non vogliono più nulla. Come fanno bene a confidare in Sua Maestà, perché vedranno compiersi appieno i loro desideri! E quanto è fortunata l’anima che merita di stare sotto quest’ombra, anche per i vantaggi che si possono vedere esteriormente! Quanto poi a quelli che solo l’anima può percepire, è ben altra cosa, come io stessa ho rilevato molte volte.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:07
4. Infatti, sembra all’anima, mentre è nelle delizie di cui si è parlato, di essere tutta immersa e protetta dall’ombra e da una specie di nube della Divinità, da cui le vengono tali grazie e una così deliziosa rugiada da non avvertire più – è ben naturale – la stanchezza causatale dalle cose del mondo. In quel momento l’anima sente un tale riposo che l’infastidisce anche dover respirare; le potenze sono così quiete e tranquille che la volontà non vorrebbe ammettere un solo pensiero, anche se buono; e, in effetti, non ne ammette alcuno per via di ricerche o di sforzi. Non ha bisogno di muovere la mano né di alzarsi – intendo dire di far uso della riflessione – per alcun motivo, perché il Signore le offre tagliato, preparato e anche assimilato il frutto del melo, che essa paragona al suo amato, per cui dice che dolce è il suo frutto al suo palato. Qui, infatti, si tratta solo di gustare, senza alcun lavoro delle potenze. In quest’ombra della Divinità (è ben detto ombra, perché quaggiù non possiamo vederla chiaramente, ma solo attraverso una nube) sta quel sole risplendente il quale, per mezzo dell’amore, fa conoscere che Sua Maestà è così vicino da non potersi dire con parole; è proprio impossibile. Sono certa che chi ne ha fatto esperienza capirà quanto sia giusto attribuire questo senso alle parole pronunciate qui dalla sposa.
5. A me sembra che lo Spirito santo debba essere il mediatore fra l’anima e Dio e che sia lui a muoverla con tali ardenti desideri da farla ardere di quel fuoco sovrano che le è tanto vicino. Oh, quali misericordie, Signore, usate qui con l’anima! Siate sempre benedetto e lodato per essere un così fedele amante! Oh Dio mio e creatore mio! È mai possibile che vi sia qualcuno che non vi ami? Oh, me infelice, che per tanto tempo non vi ho amato! Perché non ho meritato di conoscervi? Come abbassa i suoi rami questo divino melo, affinché qualche volta l’anima ne colga i frutti, considerando le grandezze di Dio e il gran numero di misericordie che le ha usato, e veda e goda del frutto che nostro Signore Gesù Cristo ricavò dalla sua passione, innaffiando quest’albero con il suo sangue prezioso, spinto dal suo meraviglioso amore! Prima d’ora, l’anima diceva di gustare l’alimento delle sue divine mammelle: la nutriva così lo Sposo perché ancora principiante in queste grazie. Ma, ora che è cresciuta, egli la rende gradatamente capace di favori più grandi. La alimenta con mele, vuole che man mano capisca quanto è obbligata a servirlo e a patire per lui. Né tutto questo basta ancora ad accontentarlo. Cosa straordinaria e degna di grande ammirazione! Dal momento in cui il Signore vede che un’anima è tutta sua, senza alcun interesse né motivi personali, ma unicamente perché egli è il suo Dio e per l’amore che nutre per lui, si comunica ad essa incessantemente per tante vie e in tanti modi, come si addice a colui che è la stessa Sapienza.
6. Dopo aver dato il primo pegno di pace, sembrava che lo Sposo non avesse altro da offrire. Eppure, la grazia di cui ora si è parlato è molto più elevata. Ne ho parlato con poca precisione quasi solo accennando ad essa. La troverete esposta, però, con molta chiarezza nel libro di cui vi ho parlato, se al Signore piacerà che venga alla luce. Vi è forse qualche altra cosa da dover desiderare, dopo quanto ora si è detto? Oh, mio Dio, che inezie sono i nostri desideri in confronto alle vostre grandezze! Resteremmo nella nostra miseria se proporzionaste i vostri doni alle nostre richieste! Ma, passiamo ora a considerare quanto la sposa aggiunge.
Coordin.
00sabato 3 agosto 2013 16:07
CAPITOLO 6

Dice come i vantaggi di questa unione d’amore superino tutti i desideri della sposa. Parla della sospensione delle potenze e di come alcune anime in poco tempo arrivino a questa orazione così elevata.
Il Re m’introdusse nella cella del vino e ordinò in me la carità (Ct 2,4).

1. Mentre la sposa sta ormai riposando all’ombra così ardentemente e giustamente desiderata, cosa le resta cui aspirare se non di godere sempre di quel bene? Ma se ad un’anima giunta a questo stato sembra che non ci sia più nulla da desiderare, al nostro divino Re resta ancora molto da donare. Egli, anzi, non vorrebbe fare altro che elargire i suoi doni, se trovasse anime disposte. Ve l’ho già detto molte volte, figlie mie, e vorrei che non ve ne dimenticaste mai: il Signore non si accontenta di commisurare i suoi doni ai nostri modesti desideri. L’ho sperimentato io stessa: quando un’anima comincia a chiedere qualcosa al Signore, intende solo chiedergli quanto crede di poter sopportare. Ma il Signore le concede di meritare e di soffrire alquanto per lui. Poi Sua Maestà, volendola premiare del poco che l’anima ha deciso di fare per lui, accresce le sue forze e le invia tante prove, persecuzioni e malattie, che la povera anima non sa più cosa fare.
2. Proprio a me è accaduto tutto questo quando ero molto giovane e dicevo qualche volta: Oh, Signore, io non vorrei tanto! Ma Sua Maestà mi dava così gran forza e pazienza che ancora oggi mi meraviglio di aver potuto sopportare tutto quello che soffrivo. Ora non cambierei quelle sofferenze per tutto l’oro del mondo. La sposa dice: Il Re m’introdusse. Come soddisfa questo nome: Re potente, che non ha alcuno sopra di sé e il cui regno non avrà mai fine! All’anima che si trova in questo stato certamente non manca la fede per capire molto della grandezza di questo Re, giacché arrivare a conoscere come egli è, riesce impossibile in questa vita mortale.
3. Dice che l’introdusse nella cella del vino e ordinò in lei la carità. Queste parole mi fanno pensare a quanto sublime sia la grandezza di questa grazia. Infatti, si può bere di più o di meno, passare da un vino buono ad un altro migliore, inebriare e ubriacare molto o poco una persona. Così è delle grazie del Signore, il quale a uno dà poco vino di devozione, a un altro di più, a un terzo aumenta la misura in modo tale da cominciare a trarlo fuori di sé, dalla sua sensualità e da tutte le cose della terra. Ad alcuni concede grande fervore nel suo servizio, ad altri impeti, ad altri una così ardente carità verso il prossimo che, trasportati da essa, non sentono più le dure tribolazioni che qui devono sopportare. Ora, quel che dice la sposa indica molte cose unite insieme. La introduce nella cella, affinché vi si possa arricchire senza limite. Sembra che il Re non voglia tralasciare di darle nulla, ma farle bere quanto vuole, così che s’inebri pienamente, assaporando tutti questi vini racchiusi nella sua cantina. Goda pure di tali gioie; ammiri le sue grandezze; non tema di perdere la vita nel bere tanto da superare il limite che comporta la debolezza naturale; muoia in questo paradiso di delizie! Beata morte quella che fa vivere così! Ed è proprio quel che avviene, perché sono talmente grandi le meraviglie che l’anima conosce, senza sapere come riesca a comprenderle, che resta fuori di sé, cosa che le viene rivelato con le parole: Ordinò in me la carità.
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