Nel giorno della “Festa del Ringraziamento”

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ulisseitaca
giovedì 14 marzo 2013 15:37
Nel giorno della “Festa del Ringraziamento”,
Salvatore Martinez commenta l’elezione di Papa Francesco.
“Un Papa «carismatico, bello e buono», contro ogni previsione, oltre ogni previsione”


C’è grande gioia nel mio cuore e nel cuore di tutto il Rinnovamento per l’elezione di Papa Francesco! Le preghiere di Benedetto XVI e dei cristiani sparsi in ogni angolo del mondo, qui in Italia il nostro progetto Muro di fuoco a sostegno della Chiesa, incessante “catena di preghiera” per questo tempo di transizione, sono state ascoltate: lo Spirito Santo e i cardinali in Conclave hanno scelto contro ogni previsione, oltre ogni previsione! Un Papa “carismatico” che, nella linea dei suoi immediati predecessori, ha subito attratto, stupito e convinto, che ha svelato il volto del Vicario di Cristo all’insegna dell’essenzialità evangelica e comunicato al mondo “un’esegesi vivente” della bellezza di essere cristiani. Un Papa “tov”, per dirla nell’ebraico del Libro della Genesi del racconto della Creazione dell’Universo, cioè a dire “bello e buono” insieme.

Se il Beato Giovanni Paolo II veniva “da un Paese lontano”, il neo eletto Papa Francesco dice di essere stato “preso quasi alla fine del mondo”. Ed in questa idea dei “confini della terra” che mi pare di cogliere la grande portata di rinnovamento spirituale che il nuovo Pontificato porta con sé. L’America Latina, il “continente della speranza” e delle grandi contraddizioni sociali irrisolte, dà al mondo il nuovo Papa. Da queste giovani terre cristiane, evangelizzate dal fervore dei cattolici europei, verrà ora la nuova evangelizzazione del mondo, in special modo della nostra Europa, stanca, delusa, portatrice di speranze tristi. Da un Continente giovane, dunque, l’immagine di una nuova “giovinezza spirituale” per la Chiesa tutta, contro ogni previsione di “gioventù anagrafica” che tutti attendevano, segno che è la fede che rende giovani, vivi, vitali e che rinnovava e stupisce il mondo.

I gesti iniziali di Papa Bergoglio sono stati eloquenti, profetici, consolanti. In primis la scelta del nome del più grande “riformatore spirituale” della Chiesa cattolica, Francesco d’Assisi, “eletto” da Dio in un’epoca di profonde contraddizioni come la nostra per la ricostruzione spirituale della Chiesa. Ridare alla fede il suo primato spirituale contro ogni mondanizzazione o modernizzazione: è questa sicuramente la grande sfida per il cattolicesimo del Terzo Millennio e il nuovo Pontefice ne fa “carisma” portante della missione che lo attende. Del resto ogni riforma strutturale, che da più parti si invoca, potrà avere forma e sostanza solo se frutto del rinnovamento interiore del cuore della Chiesa. Il Papa imponendosi il nome di “Francesco” traccia il profilo missionario del suo ministero petrino, all’insegna di una semplicità evangelica, di una popolarità di tratto, di un’attenzione verso i poveri, di una fratellanza universale che da subito si sono imposte alla considerazione del mondo intero che lo osservava nella sua prima uscita pubblica.

In secondo luogo, è meravigliosa, e assolutamente inconsueta nella memoria collettiva, l’immagine di un Papa che “si fa preghiera” inchinandosi dinanzi alla Comunità e chiedendo che si preghi “su di lui”. Un gesto che mi ha profondamente commosso. Per dare un’anima religiosa a questo nostro mondo, per ridare vigore spirituale alla Chiesa, occorre rieducare i credenti alla preghiera e alla preghiera comunitaria: gli uni con gli altri, gli uni per gli altri. Una lezione, questa, che ci fa rimontare alla vita delle prime comunità cristiane, agli insegnamenti di San Paolo sulla preghiera; una lezione che ci ricorda il legame inscindibile che esiste tra “preghiera ed evangelizzazione”. Più sarà capace di “rimanere in preghiera”, più la Chiesa sarà profetica, vigilante, innamorata del suo Signore, audace, incidente.

In terzo luogo, si deve considerare che un gesuita – il Preposito generale della Congregazione è chiamato, volgarmente, “papa nero” – non si era mai “vestito di bianco”. Infatti, se è già assai rara l’elezione di vescovi tra i membri della Compagnia di Gesù di Sant’Ignazio di Loyola, un gesuita non era mai salito sul soglio pontificio. Ora è noto che i gesuiti hanno una visione “orizzontale” della Chiesa molto accentuata. I gesuiti, considerati la famiglia religiosa tra le più dotte, hanno sempre avuto uno sguardo attento ai cambiamenti della storia umana, animati da uno spirito di libertà e di ricerca del bene profondi, sempre attenti ad ascoltare le esigenze del popolo di Dio. La storia personale del nuovo Pontefice avvalora tutto questo: la sua popolarità in Argentina è proprio nell’essere stato difensore della fede tra la gente, soprattutto povero in spirito tra i più poveri. E che nel segno del “poverello di Assisi” voglia ora proseguire il suo cammino con i fedeli della Chiesa di Roma e del mondo intero, ci pare un messaggio di straordinaria bellezza.

Possiamo individuare un altro elemento di novità nell’insistenza con la quale Papa Francesco si è ripetutamente definito “Vescovo di Roma che presiede alla carità”, con evidente rimando ad un altro Ignazio, il grande santo di Antiochia del II secolo. La Chiesa è attesa su questo fronte e sfidata dallo spirito del mondo che ha contraffatto il significato dell’amore, come già indicava Papa Benedetto XVI nella sua prima enciclica “Deus Caritas Est”. Il vero volto dell’amore di Dio, Gesù di Nazareth, è oscurato e sfigurato dal male, dallo spirito dell’errore e dal rifiuto della verità del Cristo. Papa Francesco è subito, come dire, “sceso dal trono” chiedendo ai fedeli di Roma di “camminare insieme”, con evidente rifiuto del clericalismo e dell’istituzionalismo che spesso si rimproverano alla gerarchia. Osservando l’umiltà con la quale si è presentato, ho subito ripensato alla celebre definizione di Sant’Agostino: “Nel momento in cui mi dà timore l’essere per voi, mi consola il fatto di essere con voi. Per voi, infatti, sono vescovo, con voi sono cristiano”. Mi pare, pertanto, che si possano dedurre, incrociando anche gli scritti del card. Jorge Mario Bergoglio, due ambiti distintivi d’impegno del nuovo Pontefice: la ripresa del concetto di “popolo di Dio”, caro al Concilio Vaticano II e spesso disatteso nella vita delle comunità ecclesiali, e la ridefinizione dei concetti di “sinodalità e collegialità” nella Chiesa, a fronte delle molteplici e complesse sfide che il nuovo Papato sarà chiamato ad affrontare sulla scena di un mondo globalizzato e desacralizzato.

Ancora, mi pare si debba considerare la prosecuzione ideale con il predecessore Benedetto XVI. La Provvidenza riannoda in un vincolo di continuità questi due uomini, che otto anni or sono si trovarono in Conclave ad essere i candidati preferiti dai cardinali. La scelta cadde sul Joseph Ratzinger, ma già allora si percepiva che nel card. Bergoglio la Chiesa avrebbe trovato analoghi afflati di novità. Benedetto XVI si è “dimesso” da Papa dinanzi alla sua “impossibilità” a continuare, indicandoci il bisogno di una “conversione radicale”, che parta dal cuore dell’uomo e giunga al cuore delle istituzioni, inclusa quella ecclesiale. Un passaggio decisivo per dare corso alla “nuova evangelizzazione”, così attesa e necessaria nel nostro tempo. Papa Francesco si pone idealmente e fattualmente in continuità con questa visione, con questa urgenza; sarà capace di attuare i gesti forti di rinnovamento auspicati da Papa Ratzinger e al contempo di proseguire il suo altissimo Magistero già in questo speciale Anno della Fede.

In ultimo, vorrei significare la nostra gratitudine al Signore per l’attenzione ai Movimenti ecclesiali e alle Nuove Comunità che Papa Francesco non mancherà di assicurare, in ragione dell’accompagnamento pastorale fin qui testimoniato. La sua sensibilità spirituale e carismatica saranno di grande impulso per l’impegno missionario dei “laici associati”, per una nuova presenza dei cattolici nel mondo, nelle istituzioni, nelle frontiere della carità. Il Rinnovamento nello Spirito ha ricevuto, tra gli ultimi gesti di Benedetto XVI, il dono di una Fondazione Vaticana denominata “Centro Internazionale Famiglia di Nazareth” per la diffusione del Magistero della Famiglia, a partire dalla Terra Santa. Un impegno che poniamo ora sotto la guida di Papa Francesco. Ci conforta sapere che Egli è stato Membro del Pontificio Consiglio per la Famiglia e che alle “piccole chiese domestiche” abbia sempre assegnato un ruolo strategico per l’avvenire della fede. Il RnS accompagnerà con gioia il nuovo Papa, continuando ad elevare al Cielo ferventi preghiere, e assicurando al Successore di Pietro la filiale obbedienza dovuta ad un padre.


Salvatore Martinez è presidente del Rinnovamento nello Spirito. È Consultore del Pontificio Consiglio per i Laici, del Pontificio Consiglio per la Famiglia, del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. È neo presidente della Fondazione Vaticana “Centro Internazionale Famiglia di Nazareth”.
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