IX domenica dopo Pentecoste Rito ambrosiano (Anno C) (21/07/2013)

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ulisseitaca
00sabato 20 luglio 2013 18:04
Vangelo: 1Sam 16, 1-13; 2Tm 2, 8-13; Mt 22, 41-46. Clicca per vedere le Letture (Vangelo: Mt 22, 41-46)
Samuele 16, 1-13

"Il Signore si è già scelto un uomo secondo il suo cuore e gli comanderà di essere capo del suo popolo, perché tu non hai osservato quanto ti aveva comandato il Signore". Questa è la parola di Samuele a Saul che aveva disobbedito a Dio. E' tempo di cercare un nuovo re e il racconto porta alla ricerca di chi è stato scelto, ma che nessuno conosce, neppure Samuele stesso, il sommo sacerdote che lo doveva consacrare. Samuele, però, è legato al passato, angosciato sul rifiuto che Dio ha dato a Saul e il Signore apre al futuro che va scoperto passo passo. Dio ordina a Samuele di partire ed egli obbedisce. L'ordine di partire viene pronunciato sempre quando Dio decide di creare qualcosa di nuovo nella storia del suo popolo (Abramo, Mosé, Giona, i profeti...). Samuele deve andare a Betlemme, deve cercare un uomo di cui sa solo il nome, e deve cercare tra i figli il predestinato. Nella gente si crea un clima di paura che viene però diradato dalla consapevolezza e dall'autorevolezza di Samuele: "Quando furono entrati, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l'ho scartato, perché non conta quel che vede l'uomo: infatti l'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore» (16,6-7). Samuele passa in rassegna i 7 figli e nessuno è scelto. La ricerca sembrerebbe conclusa anche perché sono stati esclusi tutti e 7 (la totalità), eppure il Signore incoraggia a cercare ancora. Non bisogna fermarsi all'apparenza poiché il Signore guarda il cuore. E il prescelto è un ragazzo, troppo giovane per essere re, troppo bello per essere un guerriero, troppo poco adatto poiché è un pastorello. Ma Dio ha scelto. E i criteri di Dio sfalsano continuamente le nostre attese e garanzie: la primogenitura (Giacobbe ed Esaù), il livello di istruzione (gli apostoli non sono istruiti), la capacità dialettica (Mosé: " non so parlare"), l'età (Geremia: "sono giovane" ) ecc: tutti elementi che avrebbero deviato le scelte umane. Anche Gesù creerà infinite perplessità: da Nazareth, povero, senza potere, disarmato, in balia dei potenti non si difende, condannato e ucciso.

Eppure è Lui la speranza del mondo.

2 Timoteo 2, 8-13

La seconda lettera a Timoteo è scritta da Paolo, pare, in una situazione di prigionia diversa da quella universalmente conosciuta a Roma (anni 61-63). Là era a domicilio coatto, qui sembra in condizioni disumane: anzi, probabilmente, sente vicina la morte. Ha subito già un primo processo, "ma nessuno mi fu accanto" (4,16), anzi non solo lo hanno abbandonato ma gli si sono rivolti contro (4,19-15). Timoteo cerca disperatamente coraggio e fiducia in Paolo poiché la sua comunità si sta frantumando.

Timoteo ha iniziato il suo cammino di discepolo molto presto, generoso e benvoluto. Diventa, ancor giovane, responsabile della piccola comunità cristiana di Efeso, ma sta verificando uno sfilacciamento tra cristiani poiché le iniziali persecuzioni, la mentalità corrente, la fatica a mantenersi fedeli a Cristo rallentano e fanno diradare la partecipazione. L'Apostolo cerca di sostenere chi è provato e incoraggia Timoteo stesso a "soffrire con me per il Vangelo"(v.8).

Gesù è passato attraverso le stesse sofferenze ed incomprensioni prima di entrare nella gloria del Padre. Perciò "ricordati di Gesù Cristo". "Bisogna percorrere la stessa strada: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo" (vv11-12). "

Ogni discepolo, a somiglianza di Gesù, dei fratelli e delle sorelle credenti, può essere in difficoltà quando si impegna nella propria comunità o nella realtà quotidiana. Egli incontra critiche, incomprensioni e spesso persecuzioni. Eppure deve mantenere serenità e fiducia poiché "la Parola di Dio non è incatenata", ma ha una sua vitalità e forza da risultare creativa come sempre, capace di portare lo Spirito, presente nella vita come pienezza e novità.

Certamente bisogna riprenderla con amore, bisogna pregare lo Spirito per chi soffre, bisogna incoraggiare e restare vicino a chi lotta.

Matteo 22, 41-46.

Matteo sta sviluppando le grandi polemiche che la presenza di Gesù a Gerusalemme provoca: egli non è più uno sconosciuto, molti lo seguono, di lui molto si parla, raccontando fatti strepitosi di liberazione, di guarigioni, di interpretazioni della Scrittura, inconsuete rispetto alla tradizione, di comportamenti che esprimono spiegazione empie della giustizia e della misericordia di Dio. Ultimamente, poi, Gesù è stato acclamato universalmente dalla folla, che lo ha accompagnato in festa al tempio, con le palme in mano come per un trionfo e gridando: "Osanna al figlio di Davide" (21,9). E Gesù non ha zittito nessuno.

Anzi è Gesù stesso che anticipa la domanda: "Di chi è figlio il Cristo?" Gli rispondono: "Di Davide". Allora, a questo punto, Gesù si comporta come un rabbi che mette a confronto la stessa Scrittura. Il Salmo 110, universalmente riconosciuto di Davide e riferito al Messia, fa scoprire che Davide, mentre celebra l'intronizzazione del Messia da parte di Dio, lo dice superiore a sé. Chiamandolo Signore. Ci si trova allora di fronte ad una realtà che non è solo umana, legata alla generazione, ad un figlio che sarebbe stato proseguimento del padre Davide: re, guerriero, capo di Israele. E' molto più grande di Davide, elevato ad una grandezza inimmaginabile da Dio stesso. In tal caso, coloro che sono stati interrogati restano sconcertati e non vogliono o non tentano neppure di parlare.

Difatti Gesù sta ponendo il suo mistero che è al di sopra di ogni comprensione.

Svelerà qualche traccia di ricerca al sommo sacerdote Caifa', qualche giorno dopo, svelando la sua identità. Si sente chiedere: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». e Gesù risponde: «Tu l'hai detto, anzi vi dico: d'ora innanzi, vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo» (26, 63-64). La rivelazione sottolinea drammaticamente la differenza tra il dirsi Messia e l'identificarsi con il "Figlio dell'uomo" a cui fa riferimento il profeta Daniele, richiamando il potere e la potenza di chi siede alla destra di Dio (Daniele 7,13-14).

La condanna renderà ancora più imperscrutabile la risposta di Gesù e agli occhi di tutti cancellerà qualunque ipotesi di condivisione. Il Messia non può concludere con l'infamia e la crocifissione. Eppure la Comunità cristiana deve passare attraverso questa contraddizione terribile e fare riferimento al "servo sofferente" di Isaia (cap 53) per riprendere tracce di comprensione e di ricerca.

Questo problema a noi sembra lontano, eppure ci pone in termini di chiarezza l'interrogativo: "Chi è Gesù per me? Qual è il mio rapporto con lui? Quali sono le mie attese, quale la mia vocazione di credente nel mondo? Quali progetti mi pongo come credente?" E a questi interrogativi segue, in corrispondenza, anche una immagine di Chiesa a cui faccio riferimento, visto che Gesù ne è il centro.

Quale Chiesa cerco? Una comunità vittoriosa, capace di potenza e di forza, inattaccabile? Oppure mi sforzo di costituire una comunità accogliente, capace di misericordia e cosciente dei propri limiti, libera e in ricerca? Chiesa padrona o Chiesa serva? A seconda di come si risolvono questi interrogativi sul volto della Chiesa, il volto di Gesù offre messaggi e offre salvezza.

Ma Papa Francesco alcuni suggerimenti li sta declinando con forza e con coerenza di vita: misericordia. servizio, perdono, accoglienza. Non dimentichiamo la sedia vuota al concerto in Vaticano.
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