IL BIG BANG E LA CREAZIONE

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Credente
00venerdì 21 dicembre 2012 00:02

Gen 1,3 Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu.
4 Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre
5 e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.

Quella "LUCE" che la Genesi riferisce essere stata suscitata da Dio e che inizia a scandire il "primo giorno", non è, sempre secondo la Genesi, la luce del sole, che sarebbe stato creato al "quarto giorno".
E' quindi evidente che il tempo biblico del primo giorno non è formato dalle 24 ore solari che scandiscono i nostri giorni terrestri.

Ma cosa è dunque quella LUCE ?
Molti se lo sono chiesti e le risposte sono state diverse nel corso dei secoli.
La domanda che ci poniamo, in considerazione della scoperta del cosiddetto BIG BANG, è se quella LUCE non sia proprio la grande esplosione di energia iniziale da cui è partito ogni cosa e che tutto sia stato racchiuso come in un seme in quel nucleo di inaudita potenza da cui si è venuto sviluppando tutto l'esistente, per volere e potere di un Grande Artefice.
La Rivelazione non poteva spiegare ai lettori dei millenni che ci hanno preceduto, i concetti e le scoperte che la scienza va accumulando, e che non sarebbero stati compresi; quindi per semplificare al massimo, potrebbe aver usato quel termine, la cui comprensione poteva avvicinarsi ad una realtà che si sarebbe compresa meglio solo in seguito.
E' singolare il fatto che il primo giorno inizi con la creazione di quella LUCE. Gli studiosi ci dicono che prima del BIG BANG non esistevano nè lo spazio, nè il tempo.

Credente
00venerdì 21 dicembre 2012 00:05


Domandiamoci:
Big bang e creazione quanto ne sappiamo?

sinceramente non capisco perchè molti si rifiutano di prendere in considerazione il big bang come atto della creazione.
Gli scienziati sono stati costretti a descrivere quel momento come una "singolarità" cioè un evento unico in cui spazio tempo e gravità hanno valore infinito.

L'atteggiamento negazionista della possibilità che esista un Creatore,  ha veramente un fondamento logico oppure è più un atteggiamento mentale di chi prende in considerazioni tutte le ipotesi tranne questa?
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Prima del 1927 il rasoio di Occam tendenzialmente escludeva Dio poichè si pensava che l'universo fosse infinito e che esistesse da sempre, quindi la frase ''Dio che esiste da sempre ha creato l'universo che esiste da sempre'' poteva essere semplificata in ''L'universo esiste da sempre'' senza alcun bisogno di un Dio creatore.
Nel 1927 un gesuita belga; Georges Lemaitre, formula la teoria che poi diverrà nota come teoria del big bang.
Oggi riteniamo (in accordo con quanto sosteneva padre Lemaitre) che l'universo non sia eterno, ma che abbia un inizio nel tempo e nello spazio, pertanto,da un punto di vista razionale, l'esistenza di un Dio creatore è perfettamente plausibile.

<<L'argomento che Dio non è necessario per spiegare il Big Bang è risibile, perchè Dio è una motivazione che ha lo stesso valore argomentativo che hanno le ipotesi di Hawkins, cioè nullo!>>

Concordo, oggigiorno credere nel multiverso richiede lo stesso tipo di approccio fideistico che richiede il credere in un Dio creatore.
Per inciso, l'ipotesi di Hawking (a detta di Roger Penrose, cosmologo di fama internazionale ed ex collega di Hawking http://www.youtube.com/watch?v=Dg_95wZZF… e della quasi totalità della comunità scientifica internazionale.) non ha alcuna validità scientifica.

<<L'atteggiamento negazionista della possibilità di Dio ha veramente un fondamento logico oppure è più un atteggiamento mentale di chi prende in considerazioni tutte le ipotesi tranne questa?>>
Non ce l'ha, è un atteggiamento di tipo fideistico, nessuno scienziato nega l'esistenza di un ordine intrinseco all'interno del cosmo, ovviamente altro è stabilire se questo ordine abbia origine personale o impersonale.
l'unico atteggiamento veramente razionale sarebbe una sospensione del giudizio (agnosticismo)

Credente
00venerdì 21 dicembre 2012 00:30

L'universo sarebbe nato in uno stato molto denso e caldo, in una specie di "esplosione" che prenderà il nome di "Big Bang". Il termine è un po' fuorviante, in quanto farebbe pensare a qualcosa che esplode, mentre prima dell'esplosione non c'era niente: né spazio, né tempo, né materia.... Tutto, quindi, ebbe inizio in quel momento e da allora l'Universo ha continuato ad espandersi continuamente. L'idea che l'Universo abbia avuto un inizio, che sia in evoluzione e possa dunque avere una fine, è relativamente recente, infatti emerse solo negli anni '20 grazie a Friedmann ed al suo modello dell'Universo inflazionario. Da che cosa abbia avuto origine il Big Bang non è stato ancora chiarito con certezza, infatti sono state avanzate molte ipotesi di cui la più valida è quella di Friedmann che considera l'Universo ,all'inizio del tempo cioè nell'istante zero, concentrato in un volume più piccolo di un atomo, con una densità pressoché infinita e a una temperatura di miliardi e miliardi di gradi. Non sappiamo come fosse fatto questo nucleo primordiale di energia, né perché si sia formato, ma istantaneamente questo "uovo cosmico" si è squarciato con una esplosione immane, durante la quale le forze fondamentali (di gravità, elettromagnetica ecc.) si sarebbero comportate in modo completamente diverso rispetto a oggi : si sarebbe verificata una violentissima espansione che nel giro di circa un miliardesimo di secondo avrebbe fatto aumentare il volume dell'Universo di miliardi e miliardi di volte.

Dopo questa fase, la "sfera di fuoco" si sarebbe continuata a raffreddare, rallentando la sua espansione. Nei primissimi istanti l'energia ha cominciato a condensarsi prima in particelle elementari (quark ed elettroni) poi in particelle maggiori (protoni e neutroni) fino a che i primi tre minuti, cioè quando la temperatura è scesa a circa 10 alla nona K ,si sono formati i primi nuclei atomici di idrogeno litio ed elio. Solo quando dopo 300.000 anni la temperatura scese a circa 3000 K, gli elettroni furono catturati dai nuclei e si formò un gas neutro formato da idrogeno e in piccola parte da elio, che poi darà vita alle nebulose, le galassie, le stelle ecc.

L'effettiva scoperta di quest'esplosione avvenne nel 1964 da parte di due ingegneri americani che per caso osservarono l'esistenza di una radiazione di fondo, rilevabile con i radiotelescopi in ogni direzione dello spazio; tale radiazione residua è come l'eco del Big Bang.

La teoria del Big Bang va di pari passo con quella dell'americano E. Hubble il quale constatò che la luce che ci giunge dalle galassie lontane si sposta verso la parte rossa dello spettro, cioè verso le basse frequenze, l'effetto è tanto più marcato quanto è maggiore la distanza degli oggetti in questione. Questo fenomeno è già conosciuto per il suono, si tratta dell'effetto Doppler, infatti quando un oggetto sonoro si allontana ,noi percepiamo una variazione di tonalità del suono emesso, dato che la frequenza dell'onda sonora diminuisce. Anche la luce è un'onda e quindi si comporterà allo stesso modo. Per Hubble si tratta di una teoria inconfutabile, la luce delle galassie scala verso le basse frequenze, perché le galassie fuggono da noi; e questo accade tanto più sono distanti , dunque l'Universo è in espansione.

Questa espansione dell'Universo altro non è che un effetto del Big Bang, un residuo di quella immensa esplosione.

Credente
00venerdì 4 gennaio 2013 14:12
Cosa pensava s.Agostino quando leggeva il libro della Genesi, riguardo alla creazione della "LUCE" e alla creazione del "GIORNO"

dal libro primo della "Genesi alla lettera"
(Agostino si interroga sulla natura della LUCE, quella creata in origine quando Dio disse: "sia la luce")

Vi sia la luce

9. 15. La frase che disse Dio: Vi sia la luce! E la luce fu fatta 30, fu dunque pronunciata in un giorno determinato o prima di qualunque giorno? Se infatti Dio la pronunciò mediante il suo Verbo coeterno, certamente la pronunciò fuori del tempo; se invece la pronunciò nel tempo, non la pronunciò mediante il suo Verbo coeterno ma per mezzo di qualche creatura temporale. La luce quindi non sarà la prima creatura, poiché ce n'era già un'altra mediante la quale sarebbe stato detto nel tempo: Vi sia la luce! Si comprende inoltre che ciò di cui è detto: Nel principio Dio creò il cielo e la terra 31, fu creato prima di qualsiasi giorno, di modo che con il termine "cielo" s'intende la creatura spirituale già fatta e formata e che è, per così dire, il cielo di questo cielo che occupa il grado più alto tra i corpi. In realtà solo nel secondo giorno fu fatto il firmamento che Dio chiamò di nuovo "cielo". Col termine invece di "terra invisibile e caotica" e di "abisso tenebroso" fu denotata la sostanza materiale ancora imperfetta, con cui sarebbero stati fatti gli esseri temporali, dei quali la prima sarebbe stata la luce.


dal libro quinto della "Genesi alla lettera"

Dall'ordine della narrazione si comprende la simultaneità della creazione.

3. 5. ... l'autore sacro non disse - come avrebbe potuto dire - Questo è il libro della creazione del cielo e della terra, quando Dio fece il cielo e la terra. In questo caso, sotto i termini "cielo" e "terra" avremmo inteso anche tutto ciò che è nel cielo e sulla terra, come suole esprimersi la sacra Scrittura, poiché molto spesso con i termini "cielo" e "terra" indica l'universo, aggiungendo talora la parola "mare", tal altra aggiungendo addirittura la frase: e tutto ciò che contengono 5. In tal modo, qualunque di queste espressioni avesse usato, avremmo compreso anche il giorno, tanto quello creato al principio, quanto questo prodotto dalla presenza del sole. La Scrittura non si è espressa tuttavia così, ma ha menzionato il giorno solo nella proposizione incidentale, dicendo: Quando fu fatto il giorno.

La Scrittura inoltre non dice neppure: "Questo è il libro della creazione del giorno, del cielo e della terra", come se le diverse creazioni fossero riferite secondo un ordine successivo. Essa non si è neppure espressa così: "Questo è il libro della creazione del cielo e della terra quando fu fatto il giorno, il cielo e la terra; quando Dio fece il cielo e la terra ed ogni specie di piante selvatiche". Infine non si espresse neppure così: "Questo è il libro della creazione del cielo e della terra. Dio fece il giorno, il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche". Tali infatti erano le espressioni che sarebbero state richieste dal linguaggio abituale della Scrittura; essa invece dice: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra; quando fu creato il giorno Dio creò il cielo e la terra e ogni sorta di piante selvatiche, quasi per fare intendere che Dio creò il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche quando fu creato il giorno.

La creazione dei vegetali prima del sole prova la settenaria ripetizione dell'unico giorno.

3. 6. Il racconto precedente indica d'altra parte un giorno creato originariamente e lo considera come "un" giorno, dopo il quale annovera un secondo giorno, in cui fu fatto il firmamento, e poi un terzo, in cui furono distinte le nature specifiche della terra e del mare e la terra produsse alberi ed erbe. Vuole forse ciò essere la conferma di quanto ci siamo sforzati di dimostrare nel precedente libro, che cioè Dio creò tutte le cose nello stesso tempo?

In effetti il testo del racconto precedente aveva ricordato come tutte le cose furono create o compiute secondo l'ordine successivo dei sei giorni; ora invece tutte le cose son fatte rientrare in un sol giorno sotto il nome di "cielo e terra", con l'aggiunta anche delle specie vegetali. Certamente, secondo quanto ho detto sopra, se il lettore intendesse "giorno" nel senso ordinario, sarebbe poi indotto a correggere il proprio pensiero, se ricordasse che Dio ordinò alla terra di produrre la piante selvatiche prima che esistesse il nostro giorno solare.

In tal modo, senza bisogno di addurre la testimonianza d'un altro libro della sacra Scrittura, la quale dice che Dio creò ogni cosa simultaneamente 6, la prossima affermazione della pagina seguente ci richiama alla mente questa verità, dicendo: Quando fu fatto il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche. Di conseguenza dobbiamo capire non solo che quel "giorno" fu ripetuto sette volte affinché fossero fatti sette giorni ma altresì che, quando sentiamo [dalla Scrittura] che tutte le cose furono fatte simultaneamente quando fu fatto il "giorno", dobbiamo comprendere anche, se ne siamo capaci, che la ripetizione del "giorno" per sei o sette volte avvenne senza intervalli più o meno prolungati o spazi di tempo. Se invece uno non ne fosse capace, lasci esaminare questi argomenti da chi ne è capace; continui però a proseguire con la Scrittura che non lo abbandona nella sua debolezza [spirituale], ma con amore materno l'accompagna con passi più lenti, poiché essa parla in modo da schernire i superbi con la sua sublimità, da atterrire con la sua profondità gli studiosi che riflettono, da saziare gli spiriti grandi con la sua verità e nutrire i piccoli con la sua affabilità.

Perché è detto che le verzure furono create prima che germogliassero.

4. 7. Che cosa vuol dire allora la frase che segue? Poiché il testo continua così: Quando fu fatto il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima che fosse sulla terra e ogni specie di piante coltivate prima che germogliasse 7. Che cosa vuol dire ciò? Non si dovrà forse indagare dove Dio creò quelle piante prima che fossero sulla terra e prima che germogliassero? Chi non sarebbe più incline a credere che Dio le creò quando germogliarono e non prima, se questo passo della sacra Scrittura non gli insegnasse che Dio le creò prima che germogliassero? Per conseguenza se uno, che crede con sentimento religioso, non riuscisse a scoprire dove siano state create, dovrebbe tuttavia credere che furono create prima che germogliassero, poiché non si può credere senza un sentimento religioso di fede.
...
Piano universale e ordine della creazione.

5. 14. Comunque, tra gli esseri che, da informi che erano, furono formati e dei quali la Scrittura dice più chiaramente che furono creati o fatti o prodotti, fu creato per primo il "giorno". Era infatti conveniente che tra le creature avesse il primato la natura che fosse capace di conoscere le creature mediante il Creatore e non il Creatore mediante le creature. In secondo luogo fu creato il firmamento, con cui comincia il mondo materiale, in terzo luogo la natura del mare e della terra, e nella terra - per così dire - potenzialmente la natura delle erbe e degli alberi. Così infatti la terra, conforme alla parola di Dio, produsse le piante prima che fossero germogliate, ricevendo tutti gli impulsi dello sviluppo potenziale degli esseri ch'essa avrebbe dovuto manifestare nel corso del tempo secondo i loro caratteri specifici.

In seguito, dopo la creazione di questo - diciamo così - domicilio degli esseri, il quarto giorno furono creati i luminari e le stelle affinché la parte superiore del mondo fosse corredata per prima degli esseri visibili che si muovono all'interno del mondo. Il quinto giorno fu creata la natura delle acque, poiché essa è unita al cielo e all'atmosfera e, per ordine di Dio, produsse i propri abitanti, vale a dire tutte le specie di animali natanti e volanti; li produsse in potenzialità con i ritmi del loro sviluppo che avrebbero dovuto essere manifestati attraverso convenienti spazi di tempo.

Il sesto giorno furono creati similmente gli animali terrestri, ultimi elementi - diciamo così - tratti fuori dall'ultimo elemento del mondo, ma anch'essi in potenza, i cui ritmi di sviluppo li avrebbe mostrati in seguito il tempo in modo visibile.

dal libro sesto della " Genesi alla lettera"

la duplice creazione dell'uomo.

5. 8. Ma non si può neppure dire che il maschio fu creato il sesto giorno e la femmina, al contrario, nel corso dei giorni posteriori, poiché è detto in modo assai chiaro che lo stesso sesto giorno [Dio] li fece maschio e femmina e li benedisse 9, con tutto il resto che [la Scrittura] dice di entrambi e a entrambi. La creazione primordiale di tutti e due fu dunque diversa da quella posteriore: nella primordiale essi furono creati per mezzo del Verbo di Dio in potenza, insita - per così dire - come un germe nel mondo allorché Dio creò simultaneamente tutte le cose dopo le quali si riposò il settimo giorno; con quelle creature sarebbero state fatte poi tutte le cose, ciascuna al proprio tempo nel corso dei secoli; nella creazione posteriore invece essi sono creati secondo l'attività creatrice [di Dio] che svolge la sua opera attraverso il corso del tempo senza alcuna interruzione e in base alla quale era stabilito che in seguito, al tempo opportuno, fosse creato Adamo col fango della terra e sua moglie dal fianco del marito.

Bisogna comprendere bene la creazione primordiale o causale.

6. 9. In quanto alla suddetta distinzione delle opere di Dio, alcune appartengono ai "giorni" invisibili in cui Dio creò tutte le cose in un solo istante, e altre ai giorni che noi conosciamo e nei quali egli produce ogni giorno tutte le cose che si sviluppano nel tempo e derivano da quelle, che si potrebbero chiamare involucri primordiali.

Spiegando così le cose, credo di non aver detto nulla di errato né d'illogico, interpretando le parole della Scrittura che mi hanno indotto a fare quella distinzione. Ma poiché è un po' difficile comprendere questi argomenti che sono al di sopra della portata dei lettori piuttosto tardi d'ingegno, devo preoccuparmi che non si pensi che io pensi o affermi qualcosa che so bene né di pensare né di affermare. Sebbene nelle mie precedenti spiegazioni io abbia premunito - per quanto possibile - il lettore, credo tuttavia che ci saranno parecchi i quali da queste spiegazioni non siano stati istruiti con sufficiente chiarezza e immaginano che nella creazione primordiale, in cui tutti gli esseri furono creati simultaneamente, l'uomo esistesse già dotato d'una certa forma di vita con cui potesse capire, credere e comprendere la frase rivoltagli da Dio allorché disse: Ecco, vi ho dato ogni specie di piante erbacee aventi in se stesse il seme 10. Chi dunque immagina ciò, sappia che io non ho né pensato né affermato una simile cosa.

L'uomo fu creato dapprima nelle sue cause.

6. 10. D'altronde se dirò che nella creazione primordiale, in cui Dio creò tutti gli esseri simultaneamente, l'uomo non era non solo come quando è giunto all'età matura ma neppure come quando è bambino, né solo come un bambino ma neppure com'è un embrione nel ventre materno - e non solo non era un embrione, ma neppure un germe visibile d'uomo - se dirò così, uno potrà credere che l'uomo non esisteva affatto. Questo eventuale individuo torni dunque alla Scrittura e vi troverà che l'uomo fu fatto ad immagine di Dio il sesto giorno e fu fatto maschio e femmina 11. Cerchi parimenti quando fu fatta la donna e troverà che fu fatta all'infuori di quei sei "giorni", poiché fu fatta quando Dio con la terra formò "ancora" le bestie del campo e gli uccelli del cielo, non già quando le acque produssero gli uccelli e la terra produsse esseri viventi, tra cui c'erano anche le bestie. Allora, nella creazione primordiale l'uomo fu fatto maschio e femmina; dunque, sia allora che dopo, non allora e non dopo o, al contrario, dopo e non allora; e neppure erano esseri diversi poi, ma erano gli stessi identici, in un modo però allora e in un altro modo poi. Mi si chiederà: "In che modo poi?". Risponderò: "Visibilmente, nella forma della struttura umana che noi conosciamo, pur non generato da genitori ma l'uomo formato dal fango e la donna formata dalla sua costola". Mi si chiederà ancora come furono fatti nella creazione primordiale e io risponderò: "Invisibilmente, potenzialmente, nelle loro cause, come sono fatti gli esseri destinati a esser fatti ma non ancora fatti".

Le cause costitutive dell'uomo sono anteriori a tutti i germi visibili.

6. 11. Forse però quel tale non mi capirà poiché gli vengono sottratte tutte le nozioni delle cose che gli sono familiari, inclusa la materialità dei semi. L'uomo infatti non era già qualcosa di simile quando fu creato nella creazione primordiale dei sei "giorni". I semi presentano - è vero - una certa rassomiglianza con ciò, di cui qui trattiamo, per i princìpi in essi racchiusi e destinati a svilupparsi, e tuttavia le cause di cui qui parlo esistono prima di tutti i semi visibili. Quel tale però non comprende. Che dovrei fare dunque, se non dargli un consiglio salutare - per quanto mi è possibile - di credere cioè alla Scrittura di Dio, che l'uomo fu creato non solo allorché Dio, dopo aver creato il "giorno", fece il cielo e la terra; di lui in un altro passo la Scrittura dice: Chi vive per sempre ha creato ogni cosa simultaneamente 12 ma [fu creato] anche allorché Dio, creando le cose non più simultaneamente, ma ciascuna al proprio tempo, formò l'uomo con il fango della terra e la donna con un osso di lui. La Scrittura infatti non ci consente né d'interpretarla nel senso che [l'uomo e la donna] furono creati in questo modo al sesto giorno né tuttavia nel senso che non furono creati al sesto giorno.

N.d.r.
Si potrebbe argomentare che se s.Agostino avesse avuto a disposizione le prove scientifiche che abbiamo oggi, e in particolare sull'evento primordiale del cosiddetto BIG BANG, avrebbe potuto facilmente accostare a tale evento le cose che egli andava scoprendo nel libro della Genesi, di cui abbiamo fornito un estratto.
Per il testo completo si può consultare il sito Augustinus.it

Credente
00venerdì 31 ottobre 2014 13:44

Nel 1927 fu un astronomo gesuita, padre Georges Lemaître, il primo a formulare tale ipotesi, allora chiamata dell’atomo primigenio. Chi lo attaccò, la Chiesa? Nient’affatto. Furono alcuni scienziati laici
big bang- Il grande risalto avuto dalle parole di papa Francesco il quale, intervenendo alla Pontificia Accademia delle Scienze nella Casina Pio IV ai Giardini Vaticani, ha dichiarato che il Big Bang «non contraddice l’intervento creatore divino, ma lo esige», lascia intendere che si sia trattato dell’ennesima “apertura” del pontefice argentino. In realtà così non è – né può essere – dato che nel 1927 fu un astronomo gesuita, padre Georges Lemaître (1894–1966), il primo a formulare tale ipotesi, allora chiamata dell’atomo primigenio. E la Chiesa che fece? Perseguitò forse padre Lemaître come (non) fece, anche se molti ancora lo pensano, con Galileo? Nient’affatto. Infatti non solo l’ipotesi del gesuita venne progressivamente accolta – «Tutto sembra indicare che l’universo materiale ha preso, da tempi finiti, un potente inizio» disse nel novembre 1951 papa Pio XII (1876-1958) -, ma pochi anni dopo, nel 1939, venne eletto membro della Pontificia Accademia delle Scienze, della quale, dal marzo 1960, fu anche presidente sino alla morte.

Furono invece illustri scienziati – ricorda lo studioso Enzo Pennetta – ad attaccare Lemaître, dal fisico Arthur Eddington (1882-1944), che definì «ripugnante» l’idea che l’Universo avesse avuto un inizio a nientemeno che Albert Einstein (1879-1955), che rigettò la teoria del Big Bang apostrofandola come «abominevole» e vedendo in essa uno sfacciato tentativo di proporre in fisica il racconto della Genesi; la stessa Margherita Hack (1922-2013) non pare fosse convinta del Big Bang: «Io penso che l’universo sia infinito nel tempo e nello spazio, cioè sia sempre esistito e sempre esisterà», ha scritto in un suo libro. E’ vero che Lemaître non diede riscontri sperimentali della sua ipotesi – anche se ve ne sono un paio: la scoperta, da parte di Robert W.Wilson e Arno Penzias, della radiazione cosmica di fondo, e la rilevazione, ufficializzata allo Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics nel marzo 2013, degli effetti diretti delle onde gravitazionali sulla radiazione cosmica di fondo – ma certamente il suo contributo scientifico è stato assai rilevante.

Non è dunque un caso che l’Agenzia Spaziale Europea abbia deciso di dedicare proprio al sacerdote cattolico il quinto esemplare della navetta automatica Europea ATV – acronimo che sta per Automated Transfer Vehicle – lanciato nel luglio di quest’anno e denominato, per l’appunto, Georges Lemaître. E si è trattato solo dell’ultimo omaggio ad un grande studioso le cui intuizioni subito attirarono pesantissime critiche, più che per motivi strettamente scientifici, per il fatto che l’idea di un universo che comincia ad esistere sembrò a tanti qualcosa di apologetico e quindi di finalizzato alla dimostrazione del Creatore. Cosa che in realtà l’astronomo gesuita – la cui straordinaria opera, purtroppo, è ancora sconosciuta ai più – non cercò mai di fare, limitandosi invece a seguire insieme scienza e fede, nella convinzione che i due percorsi, anche se molti sostengono il contrario, vadano nella stessa direzione: «Ero interessato alla verità dal punto di vista della Salvezza così come alla verità dal punto di vista della certezza scientifica. V’erano due strade per giungere alla verità. Decisi di percorrerle entrambe».

di Giuliano Guzzo
Credente
00mercoledì 27 gennaio 2016 23:25

Georges Lemaitre,
l’inizio dell’Universo e il “Dio nascosto”

Big Bang 
 
di Paolo Di Sia*
*docente di Matematica presso l’Università di Verona

 
Georges Edouard Lemaître, fisico e astronomo belga, ordinato sacerdote nel 1923, è stato il primo a comprendere che lo spostamento verso il rosso della luce delle stelle forniva la prova dell’espansione dell’universo. Nel 1927 egli pubblicò l’ipotesi del cosiddetto “atomo primigenio”, oggi nota come teoria del Big Bang, del “grande scoppio” iniziale da cui sarebbe nato l’intero universo.

L’ipotesi era basata sulla teoria della relatività generale di Einstein. Lemaître sostenne l’idea dell’espansione illimitata dell’universo, idea accettata oltre trent’anni dopo la sua morte, avvenuta il 20 Giugno 1966 a Lovanio, e attualmente in fase di discussione in relazione ai continui sviluppi dei vari modelli di universo e al multiverso. Lemaître non voleva mescolare l’approccio scientifico con quello teologico, per non generare confusione. Disse:“Esistono due vie per arrivare alla verità. Ho deciso di seguire entrambe …. la scienza non ha cambiato la mia fede nella religione e la religione non ha mai contrastato le conclusioni ottenute dai metodi scientifici” (vedasi anche “New York Times Magazine”, 19-02-1933, 18).

Nel passato si pensava che l’universo fosse esistito da sempre, in modo immutabile; questa visione era pertanto in disaccordo con una possibile sua origine, fatto attestato anche dalle principali religioni. Lemaître, che era anche un acuto matematico e scienziato, basò la sua idea non solamente sul suo credo religioso, ma anche in relazione alle evidenze sperimentali di Edwin Hubble, che aveva scoperto che l’universo si espande. Combinando i dati sperimentali in suo possesso con la matematica della teoria della relatività generale einsteiniana, Lemaître studiò la storia cosmica andando indietro nel tempo, evidenziando che più si andava indietro e più piccolo doveva essere l’universo, e arrivando a pensare ad un singolo “punto iniziale”. Si tratta dell’attuale teoria del “Big Bang”, anche se Lemaître originariamente utilizzò il nome “atomo primordiale”. Uno dei problemi/equivoci principali riguardanti il Big Bang è il fatto che all’inizio l’universo fosse considerato compresso in un solo punto. La delicatezza della questione è legata anche alle particolari caratteristiche dell’infinito dal punto di vista matematico.

L’intero universo è assai grande; i dati attuali mostrano che sarebbe circa 20 volte più grande dell’universo osservabile, e si tratta di una stima per difetto, poiché potrebbe essere addirittura infinito. Se si rimpicciolisce una quantità infinita di spazio a piccolissime proporzioni, abbiamo ancora una quantità infinita di spazio. Lo spazio non ha bisogno di posto in cui espandere, poichè può espandere “in se stesso”, trovando “tanto posto” a disposizione. Questo è vero anche nel caso in cui lo spazio non avesse dimensioni infinite, se si ragiona con la differenziabilità infinita della metrica dello spazio-tempo. L’universo originario era caldissimo e densissimo, con lo spazio-tempo molto curvato ovunque, con una rapidissima espansione dello spazio all’interno dell’universo come caratteristica principale. Quindi più che una grande esplosione (Big Bang) si è trattato di una “dilatazione in ogni direzione”, un “allargamento dello spazio”. Circa la “singolarità” del Big Bang, il “punto iniziale all’istante iniziale”, più che di singolarità, si dovrebbe parlare di “parte (iniziale) della dilatazione in ogni direzione”.

Attualmente la situazione è molto più articolata e complessa; la relatività generale di Einstein non è in grado di spiegare e prevedere cosa è successo all’inizio, quando l’universo era piccolissimo, essendo non possibile evitare i fenomeni quantistici presenti a tale scala. C’è chi risponde che il tempo è nato con l’universo, quindi prima non esisteva; ogni momento dell’universo esiste dopo l’inizio. Ciò porta indietro il problema, ossia al perchè l’universo ha avuto inizio in uno stato così compresso, perchè ha seguito leggi che sembrano arbitrarie, che cosa c’era prima. Per
Lemaître questo potrebbe essere il momento in cui Dio entra in gioco per spiegare quello che la scienza non riesce a spiegare. Gli attuali dati sperimentali non escludono la possibilità che potrebbe esserci un tempo prima dell’inizio, prima del Big Bang, terminato quando l’universo è collassato diventando assai compresso e caldissimo, ma questo comunque non ci aiuta ad oggi a farci un’idea chiara e definitiva su come sia andata di fatto e su cosa davvero sia il tempo.

La singolarità resta ad oggi inspiegata, anche inserita nella dinamica “compressione pre-Big Bang, Big Bang, dilatazione post-Big Bang”. L’universo potrebbe essere eterno, senza inizio; in questo caso, Lemaître avrebbe dovuto rivedere il significato delle parole “in principio”. Nel 1958 egli precisò: “ ….. personalmente ritengo che l’ipotesi iniziale dell’universo rimanga interamente al di fuori di ogni questione metafisica o religiosa. Essa permette al materialista anche di negare ogni essere trascendente ….. E si accorda anche ai versetti di Isaia quando parlano del Dio nascosto”, nascosto anche all’inizio della creazione”.

Nella scienza spesso accade che le risposte ad una domanda terminino e conducano ad altre domande, più raffinate e profonde. A tal proposito, prima di morire Lemaître ebbe a dire: “L’espansione dell’universo è provata soprattutto dalla costante espansione delle capacità umane”.


Credente
00lunedì 30 gennaio 2017 23:38

La creazione, il Big bang
e quel fastidio per la singolarità iniziale

big-bangL’origine assoluta dell’universo, di tutta la materia, dell’energia, dello spazio fisico e del tempo nella singolarità del Big Bang, contraddice l’assunto naturalistico di un universo sempre esistito.

Uno dopo l’altro, i modelli progettati per evitare la scomoda singolarità cosmologica iniziale -dalla teoria dello stato stazionario alla teoria dell’universo oscillante, fino ai modelli delle fluttuazioni quantistiche- sono stati archiviati e, lo stesso Stephen Hawking, grande attore in questo campo, ha ammesso che un certo numero di tentativi per evitare il Big Bang è stato probabilmente motivato dalla sensazione che un inizio del tempo «sa troppo di intervento divino» (S. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, Rizzoli 2015, p.9).

In questo articolo passeremo velocemente in rassegna la storia della scienza cosmologica degli ultimi cento anni, elencando i tentativi di eliminare l’ipotesi di un’origine metafisica della realtà. Questo perché l’implicita contingenza di un inizio assoluto ex nihilo punta decisamente ad una causa trascendente dell’universo, al di là dello spazio e del tempo. Lo sapevano bene i critici del filosofo tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz, che postulò l’esistenza di un essere metafisicamente necessario che portava in sé la ragione sufficiente per la propria esistenza e la ragione sufficiente per l’esistenza di ogni altra cosa al mondo. La replica dello scettico Bertrand Russell fu tuttavia molto succinta: «L’universo è proprio lì, e questo è tutto».

Nel 1917 Albert Einstein rilevò che la sua teoria della relatività generale non permetteva un modello statico dell’universo, a meno di introdurre un certo “fattore di correzione” al fine di controbilanciare l’effetto gravitazionale della materia. Da questo modello, Alexander Friedman e Georges Lemaitre formularono nel 1920 una soluzione che prevedeva un universo in espansione. L’importanza monumentale di tale modello fu chiaramente nella storicizzazione dell’universo, che smise di essere trattato come un’entità statica esistente da sempre. Nel 1929 la scoperta di Edwin Hubble del red-shift negli spettri ottici della luce proveniente dalle galassie lontane confermò il modello Friedman-Lemaitre, rivelando l’espansione metrica dell’universo che, se invertita, aumenta progressivamente la curvatura dello spazio-tempo fino ad arrivare ad un confine dello spazio-tempo stesso. Questo comporta quel che affermano i cosmologi Barrow e Tipler: «in questa singolarità, lo spazio e il tempo sono entrati nell’esistenza, letteralmente nulla esisteva prima della singolarità, quindi, se l’universo ha origine in tale singolarità, avremo veramente una creazione ex nihilo» (J. Barrow & F. Tipler, The Anthropic Cosmological Principle, Clarendon Press 1986, p.442).

Russell dunque sbagliava, l’universo non è “solo lì”, piuttosto è venuto in essere. Esso non è necessariamente esistente, come dichiarava David Hume, poiché è contingente nella sua esistenza. Sir Arthur Eddington si sentì costretto a concludere: «L’inizio dell’universo sembra presentare difficoltà insormontabili se non siamo d’accordo a guardare ad esso come un atto francamente soprannaturale» (A. Eddington, The Expanding Universe, Macmillan, 1933, p.124)

Dal 1948 sono iniziati i primi tentativi per evitare questa fastidiosa conclusione, teorizzando il primo concorrente del Modello standard, cioè la teoria dello Stato stazionario. Essa postula che l’universo mantenga le stesse proprietà nello spazio e nel tempo e non abbia né inizio né fine, un tentativo di ripristinare il “comodo” un universo eterno. La scoperta di sempre più radiogalassie a distanze sempre maggiori ha però minato tale teoria, dimostrando che l’universo ha avuto una storia evolutiva. La confutazione decisiva è però arrivata da due scoperte che, oltre dal red-shift, hanno costituito la prova più importante per la teoria del Big Bang: la nucleosintesi cosmologica degli elementi leggeri e la radiazione cosmica di fondo.

Un secondo importante tentativo fu quello di negare l’omogeneità e l’isotropia dell’universo teorizzato dal modello Standard, proponendo un modello oscillante: continue ed infinite espansioni e contrazioni dell’universo, evitando così un inizio assoluto. Un’ipotesi altamente speculativa e guardata con diffidenza, ma anch’essa motivata da chiare motivazioni metafisiche come ha riconosciuto il divulgatore John Gribbin«Il problema più grande con la teoria del Big Bang è filosofico, forse anche teologico. Ma il modo migliore per evitare tale difficoltà è fornito da un modello in cui l’universo si espande da una singolarità, crolla di nuovo, e ripete il ciclo in modo indeterminato» (J. Gribbin, “Oscillating Universe Bounces Back”Nature 1976, p.15). Tale modello fu comunque abbandonato poiché incapace di giustificarsi e smentire che la densità media della massa dell’universo è insufficiente a generare un’attrazione gravitazionale tale da arrestare e invertire l’espansione. Venne definitivamente oscurato nel 1970 con la formulazione dei Teoremi di singolarità da parte di Penrose e Hawking, secondo i quali una singolarità cosmologica iniziale era inevitabile, anche per universi non omogenei e non isotropi. Stephen Hawking ha dichiarato che questi teoremi «hanno portato all’abbandono dei tentativi di sostenere che c’è stata una fase di contrazione-espansione. Invece, quasi tutti ora ritengono che l’universo, e il tempo stesso, ha avuto un inizio nel Big bang» (S. Hawking & R. Penrose, The Nature of Space and Time, Princeton University Press, 1996, p.266).

Dal 1973 sono sorte diverse teorie cosmogoniche che si possono definire modelli di fluttuazioni quantistiche, nei quali si ipotizza che possono esistere fenomeni o eventi (come il Big bang) che sorgono dal nulla, senza causa apparente. Il nostro universo sarebbe in espansione, ma è soltanto uno di un numero indefinito di mini-universi e l’inizio del nostro universo non rappresenta un inizio assoluto. Dalle ceneri di essi, caduti per incoerenze interne, è nata la teoria dell’inflazione eterna, in particolare quella proposta dal cosmologo russo Andrei Linde. Ogni universo darebbe luogo, tramite l’inflazione, ad un altro universo e così via, all’infinito. Anche Linde si è tuttavia dimostrato turbato dalla prospettiva di un inizio assoluto: «L’aspetto più difficile di questo problema», ha scritto, «non è l’esistenza di una singolarità in sé, ma la questione di ciò che c’era prima della singolarità. Questo problema sta al confine tra fisica e metafisica» (A. Linde, Inflationary Universe, Reports on Progress in Physics 1984. p.976). Così il russo, per evitare singolarità e quel che viene prima, ha proposto che l’inflazione caotica non solo è infinita, ma senza inizio e ogni universo sarebbe il prodotto dell’inflazione di un altro. Nel 1994, tuttavia, Arvind Borde e Alexander Vilenkin hanno dimostrato che un universo eternamente inflazionato verso il futuro non può essere geodeticamente completo nel passato, così che dev’essere esistita una singolarità iniziale. Linde ha concordato con riluttanza a tale conclusione.

Gli ultimi modelli che hanno tentato la sfida al modello Standard sono quelli relativi alla gravità quantistica, in particolare quelli di Vilenkin e Hartle-Hawking che eliminano entrambi la singolarità iniziale “arrotondando” lo spazio-tempo prima del tempo di Planck, in modo che anche se il passato è finito, non c’è un punto di inizio. Hawking ha motivato teologicamente la sua ipotesi: «L’idea che spazio e tempo possono formare una superficie chiusa senza bordo, ha profonde implicazioni per il ruolo di Dio negli affari dell’universo. Finché l’universo ha avuto un inizio, si potrebbe ipotizzare che aveva un creatore. Ma se l’universo è davvero completamente autonomo, senza confini, allora non avrebbe dovuto né iniziare, né finire. Che posto c’è per un creatore?» (S. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, Rizzoli 2015, p.140,141). La tesi di Hawking tuttavia si scontra con l’indimostrabilità e l’inevitabile teorizzazione di un “tempo immaginario”, un’astrazione o, meglio, un trucco usato per risolvere i problemi della meccanica quantistica. Lui stesso ha riconosciuto: «Solo se potessimo immaginare l’universo in termini di tempo immaginario non ci sarebbe alcuna singolarità […]. Quando si va indietro al tempo reale in cui viviamo, però, apparirà ancora quel che chiamiamo singolarità» (S. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, Rizzoli 2015, p.138). Ha comunque dichiarato esplicitamente che lui stesso interpreta il modello Hartle-Hawking come non realistico ed «è solo un modello matematico, non ha senso chiedersi se corrisponde alla realtà» (S. Hawking, The Objections of an Unashamed Positivist, Cambridge University Press 1997, p. 169).

Il fallimento di tutte le teorie cosmogoniche alternative al modello Standard è una conferma di esso. Anzi, si può tranquillamente dire che nessun altro modello cosmogonico è stato così verificato nelle sue previsioni. Questo, ovviamente, non prova che sia corretto, ma tuttavia si tratta della migliore spiegazione che abbiamo e quindi merita la nostra accettazione provvisoria. Curiosa la riflessione del premio Nobel Arno Penzias, secondo cui «i dati migliori che abbiamo (riguardo al Big Bang) sono esattamente ciò che io avrei previsto se non avessi avuto nulla da consultare tranne i cinque libri di Mosé, i Salmi e la Bibbia nel suo insieme» (citato in M. Browne, “Clues to the universe’s origine expected”, New York Times, 12/03/78). Il punto vero, comunque, è la necessità della singolarità iniziale la quale, secondo le parole del fisico Paul Davies«è quanto di più prossimo a una entità sovrannaturale che la scienza ha saputo scoprire» (P. Davies, Dio e la nuova fisica, Mondadori 1994, p.84).


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00sabato 21 luglio 2018 22:47

Mons. Lemaître, padre del Big Bang:
cambiò la mente di Albert Einstein

Anche Google ha celebrato l’anniversario di nascita di mons. Georges Lemaître (17 luglio), padre del Big Bang e colui che ha aperto l’era contemporanea della cosmologia.

Sacerdote e fisico di origine belghe, non solo rappresenta uno dei più grandi rivoluzionari scientifici della storia, non solo è un esempio universale della compatibilità tra scienza e fede ma è stato anche colui che, con molta umiltà, corresse il suo amico e collega Albert Einstein. Tre furono i principali contatti pubblici tra Lemaitre ed Einstein, nei quali il gesuita belga convertì il padre della relatività alla teoria della nascita e della continua espansione dell’universo.

Nato nel 1894 a Charleroi, la precocità per la scienza per il giovane Lemaitre fu parallela alla vocazione religiosa, tanto che all’età di 9 anni decise di diventare sacerdote. Seguì comunque il consiglio dei genitori e si formò nei collegi dei gesuiti. Nel 1922 pubblicò una tesi sulla fisica di Einstein che lo portò all’Università di Cambridge in qualità di ricercatore in astronomia. Quasi in parallelo venne ordinato sacerdote, nel settembre 1923, all’età di 29 anni. Iniziò a collaborare con il celebre astrofisico Arthur Eddingtone, nel 1927, Lemaître anticipò (sugli Annales de la société scientifique de Bruxelles) quella che oggi conosciuta come legge di Hubble, che riguarda la velocità con cui le galassie si separano (recessione delle nebulose).

Arriviamo al primo incontro tra Lemaitre ed Einstein. E’ il 1927 e tutti i più importanti fisici si incontrano alla famosa conferenza di Solvay a Bruxelles. I due si parlarono a lungo ma il fisico tedesco, pur confermando la correttezza delle equazioni di Lemaitre sulla relatività generale, si pronunciò scetticamente sull’idea di un universo in espansione, dicendogli: «I tuoi calcoli sono corretti, ma la tua comprensione della fisica è abominevole». Era troppo affezionato ad un modello di universo eterno e statico. Il gesuita incassò la critica, fino al 1929 quando Hubble pubblicò un’opera che presentava maggiore evidenza dell’espansione dell’universo, contraddicendo la teoria allora comunemente accettata. Nel 1931 il gesuita belga rispose alle obiezioni in un documento su Nature: «L’inizio del mondo», concluse, «è avvenuto poco prima dell’inizio dello spazio e del tempo». Fu la prima formulazione esplicita della teoria dell'”atomo primordiale”, che trovò sempre più conferme e venne accettata dalla maggior parte degli scienziati. Alcuni rimasero contrari: i sovietici, in particolare, considerarono questa “cosmologia relativistica” una teologia camuffata, troppo alleata della religione una riedizione della «vecchia teoria clericale dell’universo che si muove in una sola direzione (dall’inizio alla fine)». Anche l’astronomo inglese Fred Hoyle manifestò contrarietà e definì in modo dispregiativo, “Big Bang”, la teoria del sacerdote belga.

Lemaitre divenne una celebrità e durante una delle sue tante conferenze, in California, andò ad ascoltarlo l’amico Einstein. Siamo nel 1932 a Pasadena, è il secondo incontro tra i due. Passeggiarono per ore, chiacchierando di fisica e dell’ascesa di Adolf Hitler. Einstein ammise per la prima volta l’espansione dell’Universo, non digerendo ancora l’ipotesi dell’atomo primitivo, sospettando che il prete belga non fosse scientificamente obiettivo. Il fisico tedesco infatti giudicò questa ipotesi «ispirata dal dogma cristianodella creazione e ingiustificata sul piano della fisica». Al punto di dire, all’amico e collega, la famosa frase: «Questa faccenda somiglia troppo alla Genesi, si vede bene che siete un prete».

Il terzo ed ultimo incontro tra Einstein e Lemaitre avvenne l’anno successivo, il 1933. Terminata l’esposizione di Lemaitre all’Osservatorio del monte Wilson in California, Einstein si alzò e, applaudendo, disse: «Questa è la più bella e soddisfacentespiegazione della creazione che abbia mai sentito». In realtà vi saranno altri contatti tra i due scienziati, legati però a drammatici fatti storici: con l’ascesa del nazismo, Einstein rinuncia alla cittadinanza tedesca e Lemaitre, per aiutarlo, organizza a Bruxelles una serie di conferenze scientifiche animate dal padre della relatività. A sua volta, Einstein ricambierà stima umana e scientifica, sostenendo la candidatura del sacerdote belga all’importante premio Franqui, conferito effettivamente a Lemaître nel 1934 (F. Agnoli, Filosofia, religione e politica in Albert Eintein, ESD 2015, p. 35).

Lemaitre ottenne diversi incarichi presso la Pontificia Accademia delle Scienze, divenendo consulente personale di Papa Pio XII (che espresse “simpatia” per l’idea dell’Universo dinamico e del Big Bang il 22/11/1951) e fu presidente della stessa nel 1960. Morì nel 1966, all’età di 71 anni, due anni dopo la notizia della scoperta della radiazione cosmica di fondo, l’ultima decisiva prova della correttezza della sua teoria astronomica. «Il credente», scrisse, «ha forse il vantaggio di sapere che l’enigma ha una soluzione, che la scrittura soggiacente è, tutto considerato, l’opera di un essere intelligente, che il problema della natura può essere risolto e che la sua difficoltà è senza dubbio proporzionata alla capacità presente o futura dell’umanità. Tutto ciò non gli darà forse delle nuove risorse nella sua ricerca, ma contribuirà a mantenerlo in un sano ottimismo, senza il quale non si può conservare a lungo un forte impegno» (citato in O. Godart & M. Heller, Les relations entre la science et la foi chez Georges Lemaitre, Pontificiae Academiae Scentiarum Commentarium, vol. III, n. 21, p.21).


Credente
00lunedì 29 ottobre 2018 21:26

Stephen Hawking. Grande scienziato, mediocre filosofo.



 
di Santiago Ramos*
*docente di Filosofia presso il Boston College.

da Commonweal Magazine, 24/04/18

 

«L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante», afferma Blaise Pascal. «Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di chi lo uccide, dal momento che egli sa di morire e il vantaggio che l’universo ha su di lui; l’universo non sa nulla».

Insegnavo la filosofia di Pascal in università una settimana prima della morte di Stephen Hawking. Quando ho saputo della sua scomparsa, la prima cosa che mi è venuta in mente è stato questo passaggio dei Pensieri. Ci sono stati probabilmente dei momenti nella vita di Hawking che si sentì fisicamente schiacciato dall’universo. Ma la malattia che ha paralizzato il suo corpo non lo ha tenuto lontano dalla consapevolezza descritta da Pascal. Hawking sapeva bene quanto era schiacciato dall’universo: ne conosceva le forze, i contorni e gli ambienti estremi e, con la sua intelligenza, poteva risalire alle sue origini, al Big Bang.

Quello che mi sono sempre chiesto di Hawking è se pensasse che ci fossero dei limiti a ciò che l’intelligenza umana può comprendere. Siamo cablati in modo che ci siano alcune cose che semplicemente non possiamo sapere o addirittura chiedere? Confesso di essere prevenuto nei suoi confronti: nei suoi scritti, Hawking ha respinto la filosofia come disciplina, e nel mio orgoglio di insegnante di filosofia l’ho liquidato come incapace di immaginare le ultime, trascendenti domande sull’universo, inclusa la domanda metafisica del “Perché?”, su ciò che spiega l’esistenza dell’universo. Più importante per me del fatto che Hawking credesse in Dio (non lo fece) era se pensava che le domande metafisiche fossero legittime. Ho giustificato il mio pregiudizio notando che Sir Martin Rees, l’astronomo reale e amico del fisico inglese, ha detto: «Hawking ha letto pochissima filosofia e ancor meno teologia, quindi non penso che dovremmo attribuire alcun peso alle sue opinioni su questo argomento». Eppure, le affermazioni e gli scritti di Hawking rivelano che il suo atteggiamento nei confronti delle domande metafisiche si è evoluto nel tempo. Vale la pena dare un’occhiata più da vicino.

Negli ultimi anni della sua vita, Hawking ha fatto affermazioni che a prima vista potrebbero sembrare chiaramente anti-filosofichee anti-metafisiche. «Chiedere cosa è successo prima del Big Bang non ha senso. Sarebbe come chiedere cosa si trova a sud del Polo Sud», ha affermato in una conferenza in Vaticano nel 2016, riecheggiando una conclusione che aveva espresso altre volte. C’è un senso importante in cui Hawking ha ragione. Secondo la teoria della relatività generale, sulla quale Hawking ha costruito il suo lavoro sull’origine dell’universo, non c’è nulla come il “tempo” prima del Big Bang: il tempo è stato creato insieme al Big Bang. La domanda su ciò che viene prima non ha senso dal punto di vista di un fisico.

All’inizio della sua carriera, Hawking aveva un modo più sottile di affrontare la differenza tra le domande poste dalla fisica e le risposte e le domande metafisiche. In un famoso passaggio di A Brief History of Time – il libro del 1988 che ha dato fama internazionale ad Hawking come divulgatore di fisica teorica- il fisico racconta una conferenza del 1981, sempre in Vaticano, dove consegnò un documento a Papa Giovanni Paolo II. «Alla fine della conferenza ai partecipanti è stato concesso un incontro con il papa», ricorda Hawking. «Ci ha detto che andava bene studiare l’evoluzione dell’universo dopo il Big Bang, ma non dovremmo indagare sul Big Bang stesso perché quello era il momento della Creazione e quindi l’opera di Dio». Il ricordo di Hawking è contestato, ma quello che probabilmente intendeva dire Giovanni Paolo è che la questione dell’origine dell’universo, che il Papa identificò con il Big Bang, è propriamente una domanda metafisica, non scientifica. Le scienze fisiche spiegano i processi naturali e la composizione della materia; la metafisica chiede una spiegazione del perché la natura e l’universo esistono. Questa è più o meno la posizione dei pensatori canonici nelle tre fedi monoteiste, come Averroè, Maimonide e Tommaso d’Aquino. Le cosiddette argomentazioni cosmologiche per l’esistenza di Dio, che sono state sviluppate da ciascuna delle religioni abramitiche, si basano tutte sull’idea che la spiegazione ultima dell’universo deve trovarsi al di fuori dell’universo stesso, in un Essere necessario o Motore Primo o Causa Prima. Cioè, Dio.

In A Brief History of Time, Hawking afferma che queste idee metafisiche potrebbero essere rese discutibili dalla sua “No-Boundary Proposal” sull’origine dell’universo (la teoria venne perfezionata nei decenni successivi: Hawking avrebbe lavorato su una versione aggiornata della teoria settimane prima di morire.) La tesi affronta alcuni problemi relativi alla relazione tra spazio e tempo all’interno del Big Bang, che Hawking classifica come una singolarità, una posizione di densità infinita e forza gravitazionale, di cui un buco nero è l’esempio principale. Hawking vide delle implicazioni metafisiche da questa teoria. «Si potrebbe dire: “La condizione al contorno dell’universo è che non ha confini. L’universo è completamente autonomo e non influenzato da nulla al di fuori di se stesso. Non è né creato né distrutto. Sarebbe solo essere».

Le opinioni di Hawking sulla metafisica e sulla filosofia sembravano essersi irrigidite quando pubblicò il suo ultimo libro, per un pubblico popolare: The Grand Design (2010), scritto insieme a Leonard Mlodinow. Hawking e Mlodinow pongono tre domande fondamentali: perché c’è qualcosa piuttosto che niente? Perché esistiamo? Perché questo insieme di leggi e non qualche altro? Affermano che «è possibile rispondere a queste domande puramente nell’ambito della scienza, senza invocare alcun essere divino». Non è solo che i filosofi mancano di alfabetizzazione scientifica, ma che la scienza ha superato il bisogno di filosofia. Basandosi sulla proposta dell'”universo senza confini”, Hawking e Mlodinow sostengono che la necessità di un divino Creatorescompare una volta superata l’idea che l’universo abbia un “inizio”. Prendono in considerazione la teoria di Richard Feynman sul perché, a livello quantico, una particella di luce a volte agisce come un’onda: una particella non ha una storia unica mentre viaggia attraverso lo spazio, ma in qualche modo prende ogni possibile percorso tra due punti. Hawking e Mlodinow applicano questa teoria ad altri lavori teorici sulla singolarità quantistica, che divenne il Big Bang: «l’universo apparve spontaneamente, iniziando in ogni modo possibile»; era, infatti, un “multiverso”. Perché, allora, vediamo solo un universo? Perché possiamo vedere solo il particolare universo che ha reso possibile la vita intelligente. Dall’interno di quell’universo, guardiamo indietro e «creiamo la storia attraverso la nostra osservazione, piuttosto che è la storia che ci crea».

Ma c’è ancora la fastidiosa domanda su dove sia venuta questa unità primitiva chiamata “Big Bang”. Hawking e Mlodinow hanno una risposta: gravità. In determinate condizioni, la gravità può “creare materia”. «Poiché esiste una legge come la gravità, l’universo può e si creerà dal nulla», affermano gli autori. Ma questo sembra implicare che la “gravità” esista in qualche modo prima dell’universo, che si trovi a sud del Polo Sud, per così dire. Non esisterebbe “prima” dell’universo, nell’ordine del tempo (perché il tempo inizia con il Big Bang), ma in qualche modo come una realtà che lo precede. Se questo è il caso, allora, come scrive Edward Feser nel suo libro Five Proofs of the Existence of God (Ignatius Press), la legge di gravità «non è nulla; quindi, una spiegazione dell’esistenza dell’universo che faccia riferimento a tale legge è ovviamente una non spiegazione, contrariamente a quanto suggeriscono Hawking e Mlodinow». La gravità non ci libera dalla metafisica.

Anche se Hawking non credeva nella metafisica, le sue speculazioni teoriche raggiunsero una sorta di trascendenza. Perché comprendere l’universo nella sua interezza, o anche solo aspirare a comprenderlo in tale modo, è una modalità per trascendere i propri limiti. La fisica teorica moderna può parlare un linguaggio diverso dalla metafisica classica, ma l’impulso dietro l’indagine è simile. Nonostante la sua schiacciante disabilità fisica, Hawking è stato in grado di perseguire questo impulso più della maggior parte di noi. Ha esemplificato entrambi i lati della metafora di Pascal: era tra i più fragili delle “canne pensanti” e tra i più premurosi. Un riconoscimento all’universo di cui faceva parte.

FOnte UCCR


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