Giov. 21,15-17 " Pasci le mie pecorelline"

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00domenica 1 settembre 2013 16:49

Gv 21,15-17

15 Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci i miei agnelli".

16 Gli disse di nuovo: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci le mie pecorelle".

17 Gli disse per la terza volta: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene". Gli rispose Gesù: "Pasci le mie pecorelle.

Credente
00domenica 1 settembre 2013 16:50

Normalmente le traduzioni riportano in questo brano dei termini uguali anche quando nell’originale greco, il Vangelo riporta termini differenti. Vediamo quali sono questi termini e come andrebbero tradotti con dei termini italiani più vicini all’originale.

Traduzione letterale di Gv 21,15-17

15 Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: "Simone di Giovanni, mi ami (AGAPAO) tu più di costoro?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene(FILEO)". Gli disse: "Pasci (BOSCHE) i miei agnellini (ARNION)".

16 Gli disse di nuovo: "Simone di Giovanni, mi ami (AGAPAO)?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene(FILEO) ". Gli disse: "Custodisci (POIMANO) le mie pecore(PROBATA) (in alcuni codici importanti però troviamo "giovani pecore") ".

17 Gli disse per la terza volta: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene(FILEO)?". Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: mi vuoi bene?, e gli disse: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene (FILEO)". Gli rispose Gesù: "Pasci (BOSCHE) le mie pecore (PROBATA).

Credente
00domenica 1 settembre 2013 16:53
Quello che segue è il commento evangelico desunto dal sito laparola.net  AL TESTO DI GIOVANNI 21,15-17
 

Alla triplice domanda di Gesù, ed alla triplice risposta di Pietro, corrisponde una triplice descrizione di quelli che vengono nuovamente affidati alle cure dell'apostolo, ma con parole diverse, le quali però sempre dicono che essi sono la proprietà esclusiva del Signore. In Giovanni 21:15 <JavaScrtpt:popup('Giovanni 21:15');> Gesù li chiama "agnelli; pecore" in Giovanni 21:16-17 <JavaScrtpt:popup('Giovanni 21:16-17');>. Vien dunque fatta una distinzione fra "gli agnelli", e "le pecore". Però in tre MSS, "l'Alessandrino, il Vaticano e quello di Efrem", trovasi al ver. 16 "piccole o giovani pecore". Questo fa una certa differenza nel senso e mostra una bella gradazione nelle, parole di Gesù: egli pensa prima ai teneri agnelli, poi alle pecore giovani, quindi alle adulte, abbracciando così tutta la greggia. Essendo le prove esterne ugualmente divise preferiamo quest'ultima lezione, come quella che ci presenta in modo più completo e commovente la sollecitudine colla quale il Signore veglia sopra tutto il popolo suo, così su quelli che sono bambini in Cristo, come su quelli che hanno pure allora fatto professione dell'Evangelo, e su quelli che già "hanno testimoniato la buona confessione, ed ora portano" la gravezza del dì e l'arsura. Giovanni stesso sembra confermare questa triplice distinzione, facendone una consimile fra i cristiani ai quali scrive, e che divide in figlioletti, padri e giovani 1Giovanni 2:12-13 );>. Il Signore chiama sé stesso Giovanni 10:14 <JavaScrtpt:popup('Giovanni 10:14');>, il "buon pastore"; Paolo lo chiama "il gran pastor delle pecore" Ebrei 13:20 e Pietro il "Sommo Pastore" 1Pietro 5:4 ;>; epperciò il mandato che egli qui affida a Pietro è quello di pastore delegato, il quale però ha da compiere i medesimi suoi doveri. Questi doveri il Signore li descrive mediante i due verbi e i quali indicano due parti distinte dell'ufficio di pastore, ma due parti che hanno ciascuna la sua grande importanza. significa "nutrire", provvedere il cibo o la pastura che occorrono al sostentamento giornaliero della greggia; è più generico, ed include pure il guidare, il proteggere, il governare la greggia. Si è chiesto perché il Signore, dopo aver parlato Giovanni 21:15 );> di cibare la greggia, ed inGiovanni 21:16 );> di governarla, torni Giovanni 21:17 );> al primo suo ordine di cibarla. V'ha in ciò un senso profondo e che tutti quelli che sono chiamati al ministero non dovrebbero dimenticare mai, ed è che, per quanto sia piacevole alla vanità di un uomo il governare la Chiesa che gli è affidata, egli non deve mai perdere di vista che il nutrire la greggia di Dio con pasture sempre fresche ed acque sempre vive, è il suo compito più nobile e più difficile. Tornando a col quale aveva cominciato, il Signore insegna alla sua Chiesa tutta, che per quanto sia in essa rigorosa ed osservata la disciplina, savia e prudente l'organizzazione ecclesiastica, il provvedere alle pecore il cibo spirituale che conviene a ciascuna è la cosa essenziale, della quale niente altro può tenere il posto. Pietro ci sembra ricordare quest'ordine del Signore nella sua prima epistola 1Giovanni 5:2-3 passo che condanna esplicitamente le pretese di quelli che si fondano su queste parole di Gesù, per reclamare, quali sedicenti successori di Pietro, un dominio assoluto sulla Chiesa universale. Prima di passar oltre, fermiamoci ancora sulle parole: "Pietro s'attristò ch'egli gli avesse detto fino a tre volte: M'ami tu?" La ragione di questo dolore di Pietro non è solamente il fatto che il Signore avevagli ripetuto tre volte la medesima domanda; bensì che alla terza volta, pure avendo il Signore adottato la sua espressione di ciononostante ripete ancora la domanda, quasiché ponesse in dubbio, non la sincerità della risposta, ma la perseveranza di Pietro nell'amar il suo Signore. L'apostolo non s'inganna egli sul proprio stato? Quel dolore era voluto da Gesù per il bene di Pietro, e sortì l'effetto voluto dal Signore. Se mai fossero ancora rimasti nel cuore di Pietro alcuni resti di fiducia in sé, quest'ultima prova li spazzò via per sempre. Senza paragonarsi ad altri, senza far temerarie promesse riguardo al futuro, Pietro fa appello alla onniscienza di Gesù, supplicandolo di leggere nell'intimo del cuor suo, e di vedervi la realtà del suo pentimento, la sincerità del suo amore: "Signore, tu sai ogni cosa; tu sai ch'io t'amo".

Credente
00domenica 1 settembre 2013 16:53

Il commento protestante sopra riportato (tratto dal commentario al NT dal sito "laparola.net"), commenta bene i compiti affidati a Pietro dicendo: <epperciò il mandato che egli qui affida a Pietro è quello di pastore delegato, il quale però ha da compiere i medesimi suoi doveri>. Inoltre osserva molto opportunamente che a Pietro vengono affidate le cure di agnelli, pecorelle giovani e pecore madri.

Il commentatore protestante non vuole però vedere che tale compito non può essere vanificato dal venir meno di Pietro. Egli dice infatti: <passo che condanna esplicitamente le pretese di quelli che si fondano su queste parole di Gesù, per reclamare, quali sedicenti successori di Pietro, un dominio assoluto sulla Chiesa universale.>

Si afferma da una parte il potere affidato a Pietro di guidare ogni ordine e grado di persone (che in pratica è il fondamento su cui si basa il potere giurisdizionale sulla Chiesa da parte di un'unica persona) e si nega poi che altri possano e debbano prendere su di se le stesse incombenze di servizio pastorale, come se queste ultime siano un dominio dispotico.

Un metodo contradditorio di esegesi che di fatto ha prodotto una infinità di improvvisati capi, ognuno con il proprio modo di applicare il Vangelo, ritenendosi ispirato e autorizzato a dirigere il proprio gregge, senza curarsi dell’intero gregge che Cristo ha voluto affidare ad un'unica persona avente le sue stesse funzioni di pastore universale.

Mentre lo stesso Vangelo mostra che il desiderio di Gesù era che l’amministratore posto a capo della sua casa, vi fosse fino al suo ritorno. (cf Luca 12,41 ss) .

Credente
00domenica 1 settembre 2013 16:54

Molto significative sono le differenziazioni dei verbi e dei termini usati in questo brano di cui viene riportata una traduzione da cui si distinguono sfumature che non appaiono nella traduzione corrente.

A) Per quanto riguarda la domanda di Gesù a Pietro troviamo questa sequenza:

  1. MI AMI ? 2) MI AMI ? 3) MI VUOI BENE?

B) Per quanto riguarda la risposta di Pietro troviamo sempre lo stesso termine che indica un generico e non molto impegnativo"TI VOGLIO BENE".

Sembra quasi che Gesù chiedesse nelle prime due domande a Pietro se lo amasse con un amore esclusivo e puro e poi, vista la sua risposta circospetta e non tanto esposta, adatta l’ultima domanda alla risposta timorosa di Pietro il quale era consapevole dei suoi limiti, vista l’esperienza del triplice rinnegamento.

C) Per quanto riguarda i soggetti affidati alla cura di Pietro troviamo (secondo i codici sopra menzionati):

1) AGNELLINI 2) PECORELLE 3) PECORE

Per agnellini e pecorelle Gesù usa un diminutivo che fa pensare alla tenerezza che egli ha per i soggetti più deboli del Suo gregge.

Vi è inoltre da sottolineare che secondo questa triplice gradazione di maturità del gregge, a Pietro compete la cura di tutto il gregge di Cristo e non solo di una parte di esso.

D) Per quanto riguarda i verbi usati da Gesù per indicare l’azione pastorale di Pietro, troviamo:

  1. Pasci (o anche: nutri, provvedi il cibo), 2) Custodisci (proteggi, sorveglia, amministra),3) Pasci

I compiti di Pietro pertanto si inquadrano meglio alla luce dei verbi usati .

Non è possibile ridurre questo brano solo ad una riabilitazione del rinnegamento di Pietro. Certamente può essere ANCHE questo. Ma gli altri apostoli che pure lo hanno abbandonato, non lo hanno di fatto rinnegato anch’essi? Anzi Pietro si è arrischiato a recarsi fin dentro le mura del palazzo dove Gesù stava per subire la condanna, mentre gli altri apostoli sono spariti tutti: e allora solo Pietro avrebbe dovuto essere riabilitato?

La realtà è che con il triplice mandato espresso a Pietro, fatto nei termini che sono stati esposti sopra, Gesù intende delegare a Pietro la sua funzione di sommo pastore, in modo che la Chiesa, al momento della sua dipartita, continui ad essere provvista di ogni necessaria funzione affinchè al gregge non manchi mai la guida né chi sia preposto a dargli il cibo a suo tempo.

Credente
00domenica 1 settembre 2013 16:55

DISCORSO 146

di S.Agostino

DALLE PAROLE DEL VANGELO DI GIOVANNI (21, 15-17):
" SIMONE DI GIOVANNI, MI AMI TU? "

 

L'ufficio del pastore e delle pecore. La nostra eredità, Dio stesso.

1. Dalla lettura odierna la Carità vostra ha notato che cosa sia stato detto a Pietro dal Signore col domandargli: Mi ami? A lui quello rispondeva: Signore, tu sai che ti amo.Questo una seconda, questo una terza volta; ed alle singole frasi di quello che dava la risposta, il Signore diceva: Pasci i miei agnelli. Cristo, che pasceva anche Pietro, raccomandava a Pietro di pascere i suoi agnelli. Pietro infatti che prova poteva dare al Signore soprattutto ora che aveva immortale il corpo ed era sul punto di salire al cielo? Quasi a dirgli: Mi ami? Dimostra in questo che mi ami: Pasci le mie pecore (Gv 21, 15-17.)Perciò, fratelli, ascoltate con docilità che siete le pecore di Cristo, perché anche noi ascoltiamo con timore: Pasci le mie pecore.Se noi guidiamo al pascolo e abbiamo timore per le pecore, le pecore stesse come devono temere per sé? Perciò a noi deve spettare la cura, a voi l'obbedienza; a noi la vigilanza pastorale, a voi l'umiltà del gregge. Quantunque anche noi, che ci troviamo a parlare da un luogo più alto sotto i vostri occhi, ci troviamo, con il timore, sotto i vostri piedi, dopo che sappiamo che rischio comporti rendere ragione di questa sede quasi eccelsa. Quindi, carissimi, germogli cattolici, membra di Cristo, considerate quale eredità vi sia promessa. Non tale qual è sulla terra da non poter essere posseduta dai figli se non dopo la morte dei loro genitori. Nessuno infatti sulla terra possiede l'eredità del padre se questi non è morto. Noi, vivendo il nostro Padre, avremo ciò che donerà, perché il Padre nostro non potrà morire. Aggiungo di più, dico di più, e dico il vero: egli stesso, il Padre, sarà la nostra eredità.

Prescrive ai neo-battezzati di guardarsi dai cattivi Cristiani e dagli scismatici.

2. Vivete come si conviene, soprattutto voi, i biancovestiti di Cristo, novelli battezzati, appena rigenerati, così come vi ho ammonito in precedenza, ed ora ripeto e dichiaro la mia preoccupazione, perché la presente lettura dal Vangelo ha dato posto in me ad un timore più grande; badate a voi stessi, non imitate i cattivi CristianiNon dite: Lo farò perché molti credenti lo fanno. Questo non è un disporsi a giustificare l'anima, ma un procurarsi compagni per l'inferno. Crescete in questa aia del Signore; in essa troverete i buoni, di cui anche voi potete essere contenti se anche da parte vostra sarete stati buoni. Non siete infatti il nostro guadagno? Eretici e scismatici si sono formati delle proprietà dai furti perpetrati al Signore ed hanno voluto pascere con i greggi di Cristo, ma i loro contro Cisto. Apertamente hanno imposto in nome di lui proprio alle loro refurtive, come per difendere le loro prede per mezzo del nome di colui che è potente. Che fa Cristo quando si convertono dei tali che fuori della Chiesa hanno ricevuto il nome del suo Battesimo? Scaccia l'usurpatore, non cambia il nome ed entra in possesso della casa; infatti vi ha trovato il proprio nome. Che bisogno c'è che cambi il nome dato che è il suo? Badano forse a ciò che disse il Signore a Pietro: Pasci i miei agnelli,pasci le mie pecore (Gv 21, 17.)O che gli ha detto: Pasci i tuoi agnelli, o: Pasci le tue pecore? Ma, una volta esclusi, che ha detto alla Chiesa nel Cantico dei Cantici? Rivolgendosi alla sposa, lo sposo dice: Se non avrai riconosciuto te stessa, o bellissima tra le donne, esci tu (Ct 1, 7.)Quasi a dire: Non sono io a farti uscire,esci tu, se non avrai riconosciuto te stessa, o bellissima tra le donne, se non avrai riconosciuto te nello specchio della divina Scrittura, se, o bellissima donna, non avrai fatto attenzione allo specchio che non t'inganna con falso splendore; se non avrai riconosciuto che cosa di te è stato detto: Su tutta la terra la tua gloria (Sal 46, 12.); che di te è stato detto: Ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra (Sal 2, 8.)ed altre innumerevoli testimonianze che raccomandano la Chiesa cattolicaIn conseguenza, se non avrai riconosciuto, non hai parte, non puoi fare di te l'erede. Perciò: Esci tu sulle orme dei greggi, non nella società del gregge: e pasci i tuoi capretti (Ct 1, 7.), non come è stato detto a Pietro: Le mie pecore. A Pietro fu detto: Le mie pecore; agli scismatici è detto: I tuoi capretti. Qui le pecore, là i caprettiqui le mie, là i tuoiRipensate alla destra e alla sinistra del nostro giudice; richiamate alla memoria dove staranno i capretti e dove le pecore (Mt 25, 33.), e vi si mostrerà evidente dov'è la destra, dove la sinistra, la candida e la scura, la luminosa e la tenebrosa, la bella e la deforme, quella che riceverà il regno e quella che incorrerà nella pena eterna.Amen!

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00domenica 1 settembre 2013 16:56

DISCORSO 253

NEI GIORNI DI PASQUA

Pietro compensa le tre negazioni con una triplice protesta d'amore.

1. Abbiamo oggi terminato il Vangelo dell'apostolo San Giovanni (o, come si dice,secondo Giovanni) per quel che riguarda i racconti sul Signore che appare ai discepoli dopo la resurrezione. In una occasione apostrofò l'apostolo Pietro, colui che era stato presuntuoso e poi l'aveva rinnegato. Parlandogli, ritornato in vita dopo aver debellato la morte, gli disse: Simone di Giovanni (tale era il nome originario di Pietro) mi ami? (Gv 21, 15.) Pietro gli rispose come aveva in cuore. Ma se Pietro gli rispondeva secondo che aveva in cuore, che bisogno aveva il Signore di rivolgergli delle domande, dal momento che egli leggeva nei cuori? Tanto è vero che lo stesso Pietro rimase sorpreso e con una certa ambascia udiva quelle domande fatte da uno che sapeva essere al corrente di tutto. Gli fu chiesto una prima volta: Mi ami?, e la risposta fu: Tu lo sai, Signore; io ti amo. E di nuovo: Mi ami? Signore, tu sai tutto: io ti amo. E una terza volta: Mi ami? Pietro si rattristò (Gv 21, 17.). Perché ti rattristi, o Pietro, se per tre volte devi confermare l'amore? Hai dimenticato le tre volte che avesti timore? Lascia che il Signore ti interroghi! Chi ti interroga è un medico e, se ti interroga, è per guarirti. Non t'infastidire! Attendi. Si compia il numero delle dichiarazioni di amore, perché si cancelli il numero delle negazioni (Cf. Mt 26, 69 ss.).

A Pietro, amante di Cristo, si chiede d'offrirsi per il gregge di Cristo.

2. Ogni volta (e dicendo ogni volta mi riferisco alla triplice domanda) il Signore Gesù affida i propri agnelli a colui che gli rispondeva assicurandogli amore. Gli diceva:Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore (Gv 21, 15-17.)È come se gli dicesse: Qual vantaggio pensi di recare a me col fatto di amarmi? Mostra piuttosto l'amore riversandolo sulle mie pecore. Qual beneficio infatti potresti recare a me col tuo amore se sono stato io a donarti di amarmi? Ma hai dove mostrare, dove esercitare il tuo amore per me: Pasci i miei agnelliCome poi si sarebbero dovuti pascere gli agnelli del Signore, con quale amore si sarebbero dovute pascere le pecore comprate a un prezzo così alto lo indicò con quel che segue. Difatti, dopo che Pietro con la sua triplice risposta ebbe raggiunto il numero legalmente completo, dopo che s'era dichiarato amante del Signore e da lui gli era stata affidata la cura delle sue pecore, gli si fece udire l'annunzio del martirio che l'attendeva (Cf. Gv 21, 19).Con questo volle sottolineare il Signore che coloro ai quali egli affida le sue pecore le debbono amare in maniera tale da essere pronti a morire per esse. Così diceva Giovanni nella sua lettera: Come Cristo ha dato la sua vita per noi, così noi dobbiamo dare la nostra per i fratelli (1 Gv 3, 16.).

Pietro rincuorato dalla passione di Cristo lo seguirà fino alla morte.

3. Quando Pietro aveva detto al Signore: Son pronto a dare la vita per te (Gv 13, 37.),la sua risposta si basava su una superba presunzione. Non aveva ricevuto la forza che l'avrebbe reso capace di mantenere la promessa. Adesso viene riempito d'amore per cui sarà in grado di mantenerla. Gli dice pertanto il Signore: Mi ami? EPietro: Ti amo (Gv 21, 17.)Tale impegno infatti non lo si attua se non si possiede la carità. Ma cosa ti era successo, o Pietro? Quando rinnegasti, di che cosa avesti paura? Tutta la tua paura era di morire. Quello che vedesti morto ecco che ora vive e ti parla. Non temere più la morte: è stata vinta in colui che temevi morisse. Egli fu sospeso alla croce, confitto con chiodi, rese lo spirito, fu trafitto dalla lancia, giacque nel sepolcro. Tutto questo ti spaventò quando lo rinnegasti: avesti paura di dover soffrire tutte queste cose, e, temendo la morte, rinnegasti la Vita.Capisci almeno ora! Quando avesti paura della morte ti incolse la morte. Pietro infatti con la sua negazione si diede la morte ma, piangendo, tornò in vita (Cf. Mt 26, 75). E dopo ciò perché gli disse: Seguimi (Gv 21, 19.)? Ormai era maturo e Gesù lo sapeva. Voi infatti, se ben ricordate o, meglio, coloro che l'hanno letto si ricordano certamente e coloro che l'hanno letto ma non lo ricordano vogliano richiamarlo alla mente e chi non lo ha letto lo apprenda, che Pietro aveva detto: Ti seguirò dovunque andrai (Mt 8, 19; Lc 9, 57)e il Signore gli aveva replicato: Al presente non sei in grado di seguirmi, mi seguirai più tardi (Gv 13, 36.)Gli disse quindi: Al presente non sei in grado; tu prometti ma io conosco le tue forze; vedo il desiderio del tuo cuore ma, come a persona malata, debbo dirti la verità: Al presente non sei in grado di seguirmi. Questa sentenza del medico non suonava però disperazione, tant'è vero che aggiunse: Mi seguirai più tardi. Diverrai sano e mi seguirai. Adesso vede quel che passa nel cuore di lui e vede qual dono d'amore sia stato dato alla sua anima. Perciò gli dice: Seguimi. Io che con certezza ti avevo detto: Adesso non puoi, io stesso ti dico: Seguimi ora.

Il discepolo che non sarebbe mai morto.

4. Qui nasce un problema che non dobbiamo sorvolare. Il Signore aveva appena detto a Pietro: Seguimi, quando questi si voltò e vide il discepolo che Gesù amava, cioè lo stesso Giovanni, che ha scritto il Vangelo. Rivolto al Signore, gli disse:Signore, e di costui? So che tu lo ami; allora? Io ti seguirò e lui no? Il Signore rispose:Già, io voglio che lui rimanga finché io non tornerò; tu seguimiL'evangelista stesso che ci ha tramandato [l'episodio], proprio colui del quale il Signore aveva detto: Già, io voglio che lui rimanga finché non tornerò, seguitando la narrazione aggiunge nella pagina evangelica delle parole sue proprie e riferisce che, a causa di quanto detto dal Signore, si divulgò tra i fratelli una diceria, secondo la quale quel discepolo non sarebbe mai morto. Per eliminare questa persuasione aggiunse: Ma non disse che egli non sarebbe mai morto ma soltanto: Già, io voglio che lui rimanga finché non tornerò; tu seguimi (Gv 21, 19-23.). Lo stesso Giovanni quindi con le sue parole di predicazione s'incaricò di eliminare la convinzione di certuni che ritenevano che egli non sarebbe mai morto, e, perché non si pensasse cosi, precisò: Il Signore non disse questo ma quest'altro. Il motivo poi per cui il Signore disse tali parole Giovanni non l'ha esposto ma l'ha lasciato alle nostre ricerche, affinché bussiamo in attesa che ci venga aperto.

Il testo di Gv 21, 22 suscettibile di due interpretazioni.

5. Per quanto il Signore si degna donarmi, per quello che può essere la mia opinione (quella dei più intelligenti sarà senz'altro migliore), penso che il problema in esame si può risolvere in due modi, riferendo cioè le parole del Signore o al martirio di Pietro o al Vangelo di Giovanni. Riferendolo al martirio, quel Seguimi vorrebbe dire: soffri per me, soffri come ho sofferto io. Difatti, come Cristo fu crocifisso così fu crocifisso Pietro: sentì le trafitture dei chiodi, sentì vari tormenti. Giovanni, al contrario, niente di tutto questo. Per cui le parole: Già, io voglio che lui rimangasignificherebbero: Egli si addormenterà senza dover subire piaghe o tormenti, attendendo la mia venuta. Tu seguimi sarebbe lo stesso che soffri come me; come io ho sparso il sangue per te così tu spargilo per me. Questa è una delle maniere secondo cui si possono interpretare le parole: Già, io voglio che lui rimanga finché non tornerò, tu seguimi (Gv 21, 22.). Non voglio che lui passi per i tormenti, passaci invece tu. Riferita invece al Vangelo di Giovanni, io intenderei la frase in questo modo. È vero che anche Pietro ed altri scrissero sul Signore, ma il loro racconto si occupa prevalentemente della sua umiliazione (Cf. Fil 2, 8.)In effetti Cristo Signore è Dio e uomo. Che cos'è un uomo? Anima e carne. E allora Cristo cos'è? Verbo, anima e carne. Ma cos'è quest'anima?, poiché anche i bruti hanno l'anima. Verbo, ragione, anima e carne: ecco cos'è Cristo nella sua interezza. Orbene, di questa divinità di Cristo nelle lettere di Pietro c'è qualcosa (Cf. 1 Pt 5.), ma nel Vangelo di Giovanni c'è moltissimo (Cf. Gv 1.). Fu lui che disse: In principio era il Verbo. Si innalzò oltre le nubi e oltre le stelle, si innalzò oltre gli angeli e tutti gli esseri creati, e raggiunse il Verbo per opera del quale tutte le cose sono state fatte. In principio era il Verbo. Egli era in principio presso Dio. Tutte le cose sono state fatte per opera dilui (Gv 1, 1-3.). Chi potrebbe penetrarlo con lo sguardo o riuscire a pensarlo? chi potrebbe comprenderlo adeguatamente e degnamente pronunziarlo? La perfetta comprensione la si avrà quando verrà Cristo. Giàio voglio che lui rimanga finché io non tornerò. Vi ho spiegato come meglio ho potuto; una spiegazione più esatta ve l'infonderà lui stesso nei vostri cuori.

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