EBREI CHE CREDONO IN GESU'

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00lunedì 12 agosto 2013 23:50
Siamo abituati a pensare agli ebrei come un popolo lontano dalla nostra esperienza di fede cristiana, pur avendo essi ricevuto le promesse profetiche di quanto per noi è diventato realtà.
Ma vi sono ebrei che hanno scoperto la messianicità di Gesù e la sua divinità.


Conduce don Francesco Zampini, con la partecipazione di mons. Giovanni D'Ercole - Nell'Anno della Fede, un reportage sugli ebrei che credono in Gesù. Come all'inizio della Chiesa, oggi il fiorire delle comunità messianiche: Gesù è accolto quale Messia mandato dal Padre.




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00martedì 13 agosto 2013 00:01
La testimonianza di Rabbi Asher Levy

Asher Levy, ex rabbino ebreo, racconta la sua conversione al cristianesimo
(anche se non è diventato cattolico, la sua testimonianza è significativa perchè ci mostra come il messaggio del Vangelo possa trovare anche negli ebrei una degna accoglienza.

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Sono stato un Rabbino Ebreo per 35 anni. Nato in Yugoslavia, fui allevato in una famiglia Ebrea molto ortodossa. Mi fu insegnato a dire delle preghiere cerimoniose e a indossare i filatteri come è prescritto per ogni pio Ebreo (Deut. 6:8; 11:18). All'età di 15 anni andai alla scuola teologica per Rabbini dove studiai l'Antico Testamento e i commentari Talmudici, e sei anni più tardi fui ordinato Rabbino in Romania. In seguito servii come Rabbino in Belgio, in Inghilterra e in California.

Esteriormente io ero felice e avevo successo nel mio ministerio ma nel mio cuore io ero irrequieto e insoddisfatto perché soffrivo molto come risultato del vuoto della vita in generale. Sei anni fa io incontrai un Ebreo con cui discussi questa questione. Io non sapevo che lui era un credente in Gesù Cristo. Il suo consiglio fu: "Leggi Isaia 53". Io allora lessi questo ben conosciuto capitolo che concerne Gesù di Nazareth, che dice che Egli fu trafitto per le nostre trasgressioni, stroncato a motivo delle nostre iniquità. Io mi sentii spinto più in là, a esaminare le Scritture Ebraiche e trovai queste parole scritte dallo stesso profeta: "Poiché un fanciullo ci è nato, un figliuolo ci è stato dato, e l'imperio riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace, per dare incremento all'impero e una pace senza fine al trono di Davide e al suo regno, per stabilirlo fermamente e sostenerlo mediante il diritto e la giustizia, da ora in perpetuo: questo farà lo zelo dell'Eterno degli eserciti" (Is. 9:5-6). Io lessi anche: "Or ascoltate, o casa di Davide! È egli poca cosa per voi lo stancar gli uomini, che volete stancare anche l'Iddio mio? Perciò il Signore stesso vi darà un segno: Ecco, la giovane concepirà, partorirà un figliuolo, e gli porrà nome Emmanuele" (Is. 7:13,14). "Emmanuele" significa "Dio con noi".

Questo mi dimostrò che Gesù era ed è il Messia nel Quale furono adempiute tutte le profezie. Nel frattempo avevo trovato una chiara descrizione del Messia in un piccolo libro che per la prima volta ebbi il privilegio di prendere nelle mie mani, il Nuovo Testamento. Cominciai a leggerlo come un qualsiasi altro libro, dall'inizio: "Il libro della generazione di Gesù Cristo, il figlio di Davide, figlio di Abrahamo..." e trovai con mia sorpresa che io stavo leggendo un libro Ebraico che parlava di un Ebreo. Leggendolo attentamente arrivai alla conclusione che Gesù Cristo era un Ebreo della razza di Abrahamo e di Davide; che egli era nato da una vergine Ebrea nella città Ebraica di Bethlehem; da una tribù Ebraica, la tribù di Giuda.

Poiché Egli conosceva la Legge e i Profeti io Lo seguii nei suoi viaggi attraverso la Terra Santa, ascoltai i suoi bei detti e il suo meraviglioso insegnamento, osservai e ammirai la sua compassione e le sue guarigioni. Il libro diventò il mio cibo spirituale. La sua promessa di perdono dei peccati e della vita eterna a coloro che credono in Lui, mi attirò fino a che ebbi fiducia in Lui come il mio Messia e lo ricevetti come mio personale Salvatore.

Io voglio confermare il fatto che il mio cuore non mi condanna a motivo della mia nuova fede, perché sento che sono ancora un Ebreo e sarò sempre un Ebreo. Io non ho rinunciato alla nostra eredità di figli di Abrahamo, di Isacco e di Giacobbe. Come Paolo anch'io posso dire dopo la mia accettazione di Cristo come mio Salvatore: "Sono essi Ebrei? Lo sono anch'io. Sono essi Israeliti? Lo sono anch'io. Sono essi progenie d'Abramo? Lo sono anch'io" (2 Corinzi 11:22). Io ripeto così con orgoglio la parola di Romani 1:16: "Poiché io non mi vergogno dell'Evangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza d'ogni credente; del Giudeo prima e poi del Greco".

Il brillante esempio dell'apostolo Paolo mi influenzò molto e mi diede il coraggio di accettare il Signore Gesù come mio personale Salvatore. Paolo prima era stato uno zelante persecutore di Cristo ma poi diventò il suo seguace più fedele. Egli era un discepolo di quel grande dottore della Legge, Raban Gamaliel, ai cui piedi lui stette seduto. Si ritiene che Raban Gamaliel diventò un seguace di Cristo prima di Paolo. La Bibbia ci dice che alcuni volevano uccidere Pietro e gli altri apostoli perché essi stavano predicando Cristo con coraggio. Allora si alzò in piedi uno nel consiglio, un Fariseo, di nome Gamaliele, un dottore della Legge, onorato da tutto il popolo, e comandò di mettere fuori gli apostoli per un po' di tempo e disse loro: "Uomini Israeliti, badate bene, circa questi uomini, a quel che state per fare. ... E adesso io vi dico: Non vi occupate di questi uomini, e lasciateli stare; perché, se questo disegno o quest'opera è dagli uomini, sarà distrutta; ma se è da Dio, voi non li potrete distruggere, se non volete trovarvi a combattere anche contro Dio" (Atti 5:34,35,38,39).

Sono duemila anni da quando l'umile Galileo, Gesù, traversò le colline e le vallate della Palestina, e Lui è ancora il Padrone del mondo. Il suo Vangelo è ancora predicato, e il nome di Cristo come il Messia d'Israele viene ancora proclamato. E il Suo messaggio viene ancora ripetuto dappertutto: "Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna" (Giovanni 3:16).

Ascolta, Israele!
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00martedì 13 agosto 2013 00:03

REPORTAGE

Gli ebrei che credono in Gesù

di Elisa Pinna | luglio-agosto 2008

Gerusalemme. Ebrei in preghiera al Muro occidentale.

 

Ogni venerdì sera, Ruben Pinkas  festeggia, nel suo piccolo appartamento  a  Golders Green nel Nord di Londra,  l'ora del Kiddush, la preghiera di consacrazione che avvia il giorno del riposo. «Shabbath  Shalom», augura alla moglie, mentre  tira fuori del pane da una busta del supermercato e lo spezza  per sé e per lei. I gesti sono quelli di una famiglia tradizionale ebrea; ma per loro c'è qualcosa di più; il kiddush non è solo la consacrazione del settimo giorno e dei prodotti della terra.  Il pane e il vino, ai loro occhi, hanno acquistato un significato nuovo: non disse infatti  Yeshua, «io sono la vera vite, io sono il pane della terra»? 

Pinkas  è ebreo  ma crede che Yeshua, così  lui chiama Gesù, sia  il messia atteso dal suo popolo, il salvatore annunciato dalle profezie dell'Antico Testamento. Fa parte di una galassia sconosciuta al grande pubblico, quella degli ebrei messianici, un movimento dalle mille sfaccettature che è riemerso con prepotenza, negli ultimi decenni, dalle profondità della storia. Gli ebrei messianici si richiamano ai primi  discepoli ebrei  di Gesù, di Ye shua.  Non vogliono essere confusi con gli ebrei convertiti al cristianesimo, che pure esistono e sono una realtà piccola ma molto significativa, quasi l'espressione fisica dell'unità tra due fedi. Gli ebrei messianici leggono invece  i Vangeli in una chiave tutta  interna alla cultura giudaica e  ritengono il cristianesimo una sorta di eresia posticcia e paganizzante degli insegnamenti del Messia, annunciato dallaTorah.

Pinkas, uno studioso che partecipa a Londra al primo incontro pubblico tra ebrei ortodossi ed ebrei messianici della diaspora,   ricorda che il cristianesimo delle origini, nato tra i gentili di Antiochia, era ancora considerato una setta ebraica, e sottoposto dai romani al pagamento delle «tasse per gli ebrei». Solo nel tempo esso si è staccato dall'ebraismo fino a tagliare tutti i ponti, nel 325, con il concilio di Nicea che proibì l'osservanza dello Shabbath e dei riti ebraici.  Molti ritengono che l'ebraismo messianico, ancora presente ai tempi di Paolo, sia scomparso nel IV secolo, dopo la svolta di Nicea, anche se, afferma Pinkas,  ci sono tracce di persecuzioni contro gli ebrei messianici da parte della Chiesa cattolica nel dodicesimo e tredicesimo secolo. Nel diciannovesimo secolo, a Londra, in Russia, in Ungheria, avvengono isolati tentativi di creare comunità di ebrei messianici attorno a sinagoghe locali che però si spengono con i loro leader. Ancora per  la maggior parte del ventesimo secolo, gli ebrei che riconoscono Gesù come il loro Messia finiscono per convertirsi al cristianesimo, sopratutto a quello protestante e sionista che vede, nella nascita di uno Stato ebraico, una condizione per il ritorno di Dio sulla terra. È solo a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, dopo la Guerra dei sei giorni del 1967, che il giudaismo messianico riparte come movimento distinto e indipendente da qualsiasi connotazione cristiana.

Le prime sinagoghe messianiche vengono costruite negli Stati Uniti, a Filadelfia, e Wa shington. Le diverse comunità si raccordano nell'Unione delle Congregazioni messianiche ebraiche. Nella propria carta base l'Unione definisce l'ebraismo messianico come «un movimento di congregazioni e gruppi fedeli a Yeshua il Messia che assumono la responsabilità, nell'ambito dell'Antica Alleanza, di una vita ebraica e di una identità radicata nella Torah, espressa nella tradizione, e rinnovata e applicata nel contesto della Nuova Alleanza».

Come molti altri movimenti religiosi comparsi sulla scena alla fine del Novecento, anche gli ebrei messianici hanno registrato una crescita straordinaria. Le cifre variano a seconda delle fonti e manca, in realtà, un registro ufficiale di tutte le organizzazioni ebraiche che riconoscono Yeshua come Messia. Qualcuno parla di 350 mila ebrei messianici, altri di 500 mila, in tutto il mondo; 15 mila in Israele, dove si contano circa 80 comunità, per lo più sulle colline della Galilea                  

L'ebraismo messianico non ha un «papa», ed è molto variegato per quanto riguarda la teologia e la liturgia. I tratti comuni sono la fede in Yeshua, come il Messia, e un grande rispetto per i comandamenti, sebbene l'osservanza della Torah differisca da congregazione a congregazione. La croce nei loro culti non compare mai: evoca un passato troppo vicino e doloroso. «Nella memoria - spiega Pinkas - ci sono le persecuzioni che abbiamo sofferto ad opera della Chiesa; la croce è simbolo di uccisioni, di sofferenze. Ha un significato troppo forte per la nostra sensibilità».

Ogni comunità ha un proprio modo di esprimersi. A Gerusalemme vi sono ad esempio ebrei che si riuniscono ogni sabato in una chiesa anglicana e pregano e cantano in uno stile molto simile a quello dei carismatici nord-americani, tra sventolii di bandiere con la stella di David e Alleluja ritmati con le braccia levate. Altri riproducono invece, in modo stretto, l'atmosfera della sinagoga, come nella comunità di Netiviah nel quartiere di Rehavia. Ci sono poi anche i messianici millenaristi, come i fedeli della comunità guidata da Gershon Nehel, che gestisce un villaggio turistico nel nord della Galilea e che vivono come se la fine dei tempi fosse già cominciata.

I diversi gruppi messianici rappresentano tuttavia per gli ebrei tradizionalisti un unico pericolo, senza sfumature o distinguo: il giudaismo classico vede in loro solo dei traditori e dei nemici pronti a colpire alla schiena in casa o in sinagoga: dei missionari camuffati da «fratelli» che cercano di convertire il popolo eletto al cristianesimo. Più l'ebraismo messianico si diffonde, più si rafforzano i sentimenti di ostilità e odio tra i tradizionalisti.

La riunione di Londra, dove, tra centinaia di messianici e rabbini abbiamo incontrato anche Pinkas, ne è una testimonianza. «Gli ebrei hanno eletto la sinagoga come un muro di protezione da altre assimilazioni, o possibili interpretazioni diverse della Legge. Non si può stare a cavallo di quel muro. L'ebreo che riconosce Gesù come un messia faccia un passo in più, vada dall'altra parte del muro e abbandoni il giudaismo», tuona il rabbino statunitense Shmuley Boteach, dal palco della Friends Meeting House di Euston Road. L'atmosfera è carica di tensione: le parti si rimproverano a gran voce di aver tradito il Dio di Abramo e Mosè, di non averlo capito. L'incontro non fuga le diffidenze reciproche e le strette di mano finali non avvicinano le posizioni. Se in Europa e in Nord America, le due comunità religiose finiscono per ignorarsi a vicenda, diverso il discorso diviene per i gruppi messianici che, sempre più numerosi, scelgono di vivere in Israele. «Quando in Europa, gli ebrei dicevano "noi crediamo in Gesù", era un biglietto d'ingresso; quando in Israele noi diciamo "credo in Gesù" è un biglietto d'uscita dallo Stato ebraico», sintetizza Michael Brown, esponente di spicco del messianesimo nordamericano.

Fino a qualche mese fa, i mes sianici erano trat  tati in Israele da «estranei», emarginati, oggetto di minacce verbali, per la loro presunta attività missionaria cristiana. Il 21 marzo 2008, gruppi di oltranzisti ortodossi ebraici sono passati all'azione. Sfruttando crudelmente l'atmosfera del Purim (il carnevale ebraico) qualcuno ha lasciato all'ingresso dell'abitazione della famiglia Ortiz, ebrei messianici statunitensi rientrati nel villaggio-colonia di Ariel in Cisgiordania, quello che sembrava essere un normale pacco-dono contenente dolciumi. Quando però il quindicenne Amiel l'ha aperto, è stato investito da una fortissima esplosione che gli ha provocato gravi ferite in tutto il corpo. Appena due mesi dopo, il 20 maggio, nella cittadina di Or Yehuda, presso Tel Aviv, il vicesindaco Yehuda Uzi Aharon, un ebreo ortodosso sefardita, alla testa di un gruppo di allievi di un collegio rabbinico locale ha dato alle fiamme nella pubblica piazza testi del vecchio e del nuovo testamento razziati nelle case di famiglie messianiche. Le immagini delle ceneri fumanti hanno provocato indignazione in parte dell'opinione pubblica israeliana e qualcuno ha rievocato i roghi di libri compiuti dai nazisti e le parole profetiche del poeta ottocentesco tedesco (ed ebreo) Heinrich Heine secondo cui «quando si arriva a bruciare libri, poi si bruciano anche esseri umani».

Tuttavia, di fronte a quest'episodio, il governo israeliano si è celato dietro al silenzio. 

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00lunedì 22 febbraio 2021 14:30
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00lunedì 22 febbraio 2021 14:44
Ebrei ortodossi contro ebrei messianici
Una lotta tra due fortissime comunità da sempre in contrasto


L’ultimo episodio di una lunga serie è di qualche giorno fa. Compass Direct News, un sito protestante americano segnala che un gruppo di ebrei ultra ortodossi “hard liners” in Israele prende di mira ebrei cristiani, noti come “ebrei messianici”. E questa volta hanno come bersaglio una coppia che, sostengono, sta manipolando minori per farli diventare cristiani. Compass sostiene che il gruppo di Yad L'Achim questa settimana ha collocato volantini intorno alla casa di Serge e Naama Kogen, 37 e 42 rispettivamente, due “ebrei messianici”, a Mevasseret Zion, una comunità suburbana che si trova appena a ovest di Gerusalemme.


"In questi giorni qualcuno ha pubblicato un annuncio a piena pagina su un giornale locale dando l’ indirizzo della coppia e dicendo ai residenti che i due fanno parte di un gruppo missionario che ha preso come obiettivo la comunità," sostiene l’organizzazione americana. "I Kogens sono israeliani e quindi non fanno parte di nessun gruppo missionario. L'annuncio ha invitato il pubblico a una protesta pianificata contro la coppia Kogens e in effetti circa 20 dei sostenitori del gruppo hanno dimostrato fuori dalla casa della coppia. "La protesta è stata fatta dopo che Yad L'Achim ha perso un procedimento giudiziario contro il Kogens e il loro capo congregazione, Asher Intrater."

Il gruppo li aveva accusati di "proselitismo" verso i minori. Durante la protesta, una ragazza di 16 anni, il presunto bersaglio degli sforzi "missionari" della coppia, ha detto che tutte le accuse di Yad L'Achim sono false. Donna Lubofsky,questo il nome della ragazza, sostiene di non essersi mai convertita al cristianesimo. Voleva parlare durante la protesta per dare la sua versione dei fatti, ma gli organizzatori non l’hanno permesso, ha detto. "Sono tutti bugiardi, bugiardi tutti! Chiedete loro, perché non mi hanno lasciato parlare?" Donna ha detto a Compass alla protesta. "Non mi lasciano parlare perché quello che stanno dicendo è falso. Essi [i Kogens] non hanno mai cercato di farmi convertire. Sono solo buona gente."

Ma questo è un fenonemo che sta diventando sempre più frequente. Qualche settimana fa una comunità ebrea messianica era sotto attacco nella cittadina israeliana di Arad, nel sud del Paese, da parte di gruppi di ultra-ortodossi, che come di consueto la accusavano di condurre attività missionaria, e addirittura vorrebbero che lasciasse Israele. Ad Arad vivono circa 30 famiglie di un gruppo di ebrei messianici, vale a dire ebrei convertiti al protestantesimo che credono che Gesù sia il Messia atteso da Israele.


Sono guidate da un pastore, Yakim Figueras, che sostiene che la sua congregazione non vuole forzare nessuno a credere in Gesù (Yeshua in ebraico); ma “chiunque creda davvero in Yeshua, secondo la Nuova alleanza crede che questa sia la risposta per ciascuno”. Secondo fonti evangeliche, le dimostrazioni contro la comunità messianica sono legate alle preoccupazioni degli ultra-ortodossi che vedono che un numero crescente di israeliani nella regione di Arad (che conta circa 25mila abitanti) riconoscono in Gesù il Messia. Nel 2008 la Suprema corte di Israele ha stabilito che gli ebrei messianici hanno gli stessi diritti degli altri ebrei, per quanto riguarda la cittadinanza automatica in Israele. Il problema era stato posto da 12 persone a cui era stata negata la cittadinanza perché riconoscevano in Gesù il Messia. Ad alcuni di loro era stata negata la cittadinanza perché “responsabili di attività missionaria”.

Le confessioni protestanti, o perlomeno molte di loro, vedono gli ebrei messianici come parte del “Corpo di Cristo”, un termine usato per definire in maniera inclusiva i credenti in una Chiesa. I gruppi ultraortodossi seguono in genere nelle loro manifestazioni un modello prestabilito: si presentano con megafoni davanti alle abitazioni degli ebrei messianici. Gridano slogan come: “vattene da Arad e da Israele, stato ebraico”. Una delle vittime delle proteste ha detto di non essere contraria alle tradizioni ebraiche: “Credo nella Torah, nei profeti e anche nelle Nuova alleanza”. Un altro ha espresso preoccupazione: “In Europa gridavano: ‘Ebrei, fuori’. Qui gridano: ‘Messianici fuori’, e ci accusano di voler battezzare la gente”.

L’ebraismo messianico è un movimento nato negli anni ’60. Mescola teologia evangelica con rituali e terminologia ebraiche. L’ebraismo messianico afferma che Gesù non è solamente un uomo, ma il Messia ebraico, e il Figlio di Dio; di conseguenza la salvezza è possibile solo tramite l’accoglienza di Gesù come redentore. Alcuni membri del movimento sono etnicamente ebrei; alcuni di loro addirittura sostengono che l’ebraismo messianico è una setta dell’ebraismo in generale; affermazione che è negata con altrettanta convinzione dalle organizzazioni e dai movimenti ebraici, che controbattono che l’ebraismo messianico è una setta cristiana.

La Corte suprema di Israele ha deciso che la “Legge del ritorno” dovrebbe trattare gli ebrei che si convertono all’ebraismo messianico nello stesso modo in cui tratta gli ebrei che si convertono al cristianesimo. Dal 2003 al 2007 il movimento è cresciuto: siamo passati dal 203 “case di preghiera” negli Stati Uniti a 438; 100 sono in Israele, e molte di più nel mondo. In Israele solamente il movimento ha un seguito che arriva fino a quindicimila adepti, secondo alcune stime. L’ebraismo mainstream vede i messianici come una minaccia. L’ala canadese del B’nai Brith ha definito le attività messianiche come antisemite: “Una delle correnti più allarmanti dell’attività antisemita in Canada nel 1998 era il crescente numero di incidenti che coinvolgevano le organizzazioni messianiche che si definivano ‘sinagoghe”. Queste organizzazioni sono nei fatti dei gruppi di proselitismo cristiano che hanno come bersaglio gli ebrei, per convertirli. Si autodefiniscono fraudolentemente come ebrei, e queste cosiddette sinagoghe sono chiese cristiane mascherate”.


Ma la Messianic Israel Alliance, fondata nel 1999, che conta centinaia di gruppi e ministri, rappresenta, secondo i suoi osservatori, una realtà in evoluzione nel processo di pensiero e nella visione religiosa e filosofica tesa a un’espressione più fervorosa dell’identità ebraica.
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00lunedì 22 febbraio 2021 15:05
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00lunedì 22 febbraio 2021 15:31
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00domenica 18 aprile 2021 19:43


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00domenica 15 agosto 2021 18:20
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