Domenica delle Palme (24/03/2013)

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ulisseitaca
00venerdì 22 marzo 2013 15:03
Domenica delle Palme (24/03/2013)
Vangelo: Is 52, 13 - 53, 12; Eb 12, 1b-3; Gv 11, 55 - 12, 11   
Lettura del libro del Profeta Isaia. 52, 13 - 53, 12

E' in questa domenica che si celebra e si commemora, liturgicamente, la passione di Gesù. Infatti la prossima domenica celebreremo la Pasqua, la risurrezione del crocifisso e non avrebbe senso se prima non ci siamo fermati a contemplare e a struggerci sulla sua fine e sul significato della scelta lucida e, per Lui prevedibilissima, della sua morte. Perciò la liturgia ha proposto la scelta di questi testi che teologicamente sono i più drammatici ed insieme i più nitidi sulla preparazione e sul significato della croce di Gesù sul Golgota.

Il brano di Isaia, il Secondo Isaia, è un urlo esterrefatto di dolore che vuole insegnarci i parametri di verità su cui scorrono gli avvenimenti del mondo e l'umanità in cerca di significati. E' scritto al ritorno da Babilonia, dopo il secolo VI a.C., dopo l'esperienza della deportazione. Isaia vuole inaugurare una visione nuova sul Messia, non più trionfante, guerriero e potente, ma pastore, maestro, sofferente, re mansueto su un asino. Gesù valorizza queste immagini, anche se nel suo tempo non verranno sufficientemente maturate, poiché sconvolgono i parametri della grandezza di Dio e della sua potenza. Perciò restano sospese a interpretazioni misteriose gli stessi testi di Isaia, di Ezechiele, di Zaccaria ma anche quelli di Geremia a cui Gesù fa spesso riferimento.

Così il testo di Isaia, stupefacente per il VT, viene interpretato come immagine della tragedia del popolo vinto e distrutto, deportato e abbandonato. Resta, tuttavia misteriosa questa sostituzione del peccatore e dei violenti, questo prendersi sulle spalle i peccati degli altri per portare la pace. Il Servo sofferente, in faccia al mondo, ha accettato il disonore di una maledizione.

I vv 52,13-15: E' Dio stesso che parla e che anticipa l'esperienza del Servo e la gloria finale.

I vv 53,1-6 identificano il "noi" di un popolo che fatica a comprendere il senso della sofferenza del Servo.

I vv 53,7-11b. Espressioni di un "solista" annunciano la morte del Servo e la sua glorificazione inattesa.

I vv 53,11c-12 Ritorna l'intervento di Dio che garantisce la esaltazione del Servo.

Quello che si svolge è impensabile poiché la potenza di Dio (il suo braccio), qui, si manifesta nella umiliazione. Ma, nella esperienza e nella storia umana, tutto questo non è evidente. Eppure, si dice, il mondo nuovo nasce da chi spezza il cerchio dell'odio e del male con l'amore, lasciando che su di sé si scarichi la violenza. E lo sconcerto aumenta poiché la vittima non si lamenta, ma vive questo dramma nel silenzio. Radice e terra arida si rifanno alla dinastia di Davide ormai detronizzata e dimenticata.

La conclusione sarà la risurrezione, la vita piena, raccontato per come si può raccontare nel Primo Testamento che non ha ancora maturato, in questo tempo, il significato della risurrezione dai morti.

Ci ritroviamo così davanti all'agnello, che accetta volontariamente di essere portato ovunque, mite e paziente.

Un agnello, mattino e sera, viene ucciso nel tempio, ad espiazione, e Giovanni Battista intravede in Gesù "l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo" (Gv1,29). Giovanni Battista, probabilmente, pensa agli agnelli del tempio, all'agnello pasquale, al servo di JHVH e, forse, anche all'agnello offerto da Abramo a Dio, inviato perché fosse sacrificato al posto di Isacco (Gen 22).

Lettera agli Ebrei. 12, 1b-3

La "Lettera agli ebrei" vuole aiutare ad approfondire la fede in Gesù sviluppando, in modo particolarmente ricco, la teologia precedente del Primo Testamento per far intravedere la pienezza di Gesù e il significato drammatico della sua morte. La prima parte, dottrinale (1,5-10,18), precede quella esortativa (10,19-13,21) da cui è stato tratto questo breve testo. I credenti, a cui l'autore si rivolge, hanno nostalgia del tempo dei Patriarchi e timore ad affrontare la fede in Gesù che risulta drammatica, disorientante e persino pericolosa poiché suscita diffidenze attorno e persecuzioni.

L'immagine cara all'autore di questa lettera, e facile da comprendere, è quella sportiva della corsa negli stadi.

Già presente in altri contesti (1Corinzi 9:24-26; Filippesi 3:12-14) di Paolo, si adatta a significare lo sforzo e la concentrazione nel dover affrontare la fede che è una conquista, ma anche una rivoluzione della propria esistenza. Il vivere la fede, come Gesù ci ha proposto, cambia lo stile e rigenera una comunità credente.
"Deporre ogni peso, correre con perseveranza, tenere gli occhi fissi alla meta senza distrarsi": sono atteggiamenti propri di chi corre per ottenere una corona ed un riconoscimento di gloria, sapendo che tutta la corsa è orientata verso Cristo, origine di quella fede che in Lui viene condotta a compimento.

L'autore ricorda che, per affrontare questo nuovo cammino, bisogna utilizzare e sviluppare una intelligenza tattica, la stessa che usa lo sportivo: si libera di ogni peso, addirittura di vestiti che intralciano poiché decide un risultato e questo diventa orientamento, consapevolezza e criterio di tutte le proprie scelte.

Gesù stesso ci ha dato l'esempio poiché l'obiettivo di pienezza, che voleva raggiungere nella volontà del Padre, e quindi nella conclusione della gioia e gloria, gli ha fatto scegliere la croce e il suo disonore, di conseguenza. Noi siamo abituati alla croce e non capiamo più il significato di distruzione e di infamia che ha nel I° secolo questo supplizio, quando Gesù è giudicato ed ucciso con il più assurdo dei supplizi romani. Egli è abbandonato ai margini del disonore e della abiezione, assolutamente indegno di qualunque considerazione e dignità.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni. 11, 55 - 12, 11

Il Nel Vangelo di Giovanni l'atmosfera dell'ultima Pasqua di Gesù è già cupa e tragica all'inizio della settimana precedente. Siamo a sei giorni, prima della Pasqua, e la data è particolarmente importante poiché esiste l'obbligo di celebrare puri la Pasqua. E poiché la purità può essere persa se ci sono stati contatti con pagani o si è toccato un morto o la carogna di un animale, bisogna purificarsi per almeno sette giorni. Così si anticipa la venuta a Gerusalemme e ci si può preparare a celebrare in tranquillità la Pasqua (altrimenti la legge obbliga di aspettare il mese dopo).

La molta gente, in giro, commenta fatti e fa previsioni. Si occupa anche di Gesù e scommette che non oserà avvicinarsi a Gerusalemme per la festa poiché il cerchio delle autorità religiose si stringe sempre di più ed si sente feroce la determinazione di distruggerlo. Il racconto sui temi della morte e della vita, cominciato nel cap. 11 nel Vangelo di Giovanni con la risurrezione di Lazzaro, continua qui con l'unzione da parte di Maria, sorella di Lazzaro.

"Sei giorni prima di Pasqua" fa identificare per Giovanni un calendario in cui Gesù, ucciso il giorno prima di Pasqua, risuscita il giorno dopo (l'ottavo giorno). Giovanni ripropone qui "il richiamo alla settimana della nuova creazione" come all'inizio del suo Vangelo. Là si accennava ad una settimana culminante, nel settimo giorno, con le nozze di Cana: il canto della gloria e della manifestazione di Dio tra i suoi. Qui una settimana di sofferenza si conclude nell'ottavo giorno, oltre il tempo, con la vittoria definitiva sul peccato e sulla morte.

Ormai la presenza di Gesù è troppo ingombrante poiché si è fatto sempre più preciso e sempre più esigente.

Egli chiede una religiosità non fatta di formalismi ma di misericordia, di responsabilità, di attenzione ai piccoli ed ai poveri. Gesù vuole una comunità di persone secondo il desiderio di Dio. Il contesto ebraico in cui Gesù entra in occasione delle feste, in particolare, è, invece, sempre più formale, sempre più lontano dalla Parola del Signore

Gesù, giunto a Betania, è invitato ad una cena di ringraziamento per la vita restituita a Lazzaro. Maria apre, con un gesto di amore profondo e gratuito, un vasetto preziosissimo di profumo, stupefacente per il suo prezzo, per il profumo che spande, per il clima che si ricostruisce surreale.

E se l'unzione della testa è abitudine comune (ma bastano poche gocce), l'unzione dei piedi è sconosciuta. E invece proprio sui piedi è versato tutto il contenuto ( e discepoli, uomini di lavoro ed esperti di soldi, valutano il costo esorbitate, corrispondente alla paga di un anno di un operaio). Tutto si svolge in silenzio, con gesti precisi; i piedi sono asciugati con i propri capelli, gesto in pubblico assolutamente disdicevole. Una rispettabile signora giudea non si sarebbe mai presentata in pubblico con i capelli sciolti. La scena è sconcertante, seguita dagli occhi di tutti. Giuda esplode in una critica dura per quello spreco. rivendicando il primato della elemosina.

"I poveri saranno sempre con voi". E' scritto anche nel libro del Deuteronomio (15,11) per ricordare l'impegno di ogni comunità all'attenzione e all'impegno verso i poveri. Gesù, con discrezione, ridimensiona il disagio e la scorretta obiezione di Giuda. Nella nuova Comunità cristiana il problema non sarà tanto l'attenzione ai poveri con l'elemosina ma l'accoglienza dei poveri per sviluppare con loro una fraternità, in cui ciascuno accoglie quelli che può e sa portare.

La domenica delle Palme inizia un progetto di discussioni, gesti, cammini, segni che via via Gesù sviluppa: egli sa di offrire a ciascuno segnali e progetti di vita.

Gesù, che pure sa di non essere sufficientemente capito, moltiplica, comunque, come per un testamento, i messaggi che poi la Comunità cristiana dovrà decifrare con l'aiuto delle Spirito Santo.

Noi siamo invitati a pregare, a riflettere insieme, a sostenerci ed a capire. E' il compito di una Comunità cristiana che vive nel mondo e deve cogliere attese e incoraggiare energie senza avvilire e senza deludere. Il centro è sempre la misericordia di Dio e i nuovi criteri di vita nella Pasqua.

Perciò ci facciamo solidali con il nuovo Papa, e attendiamo che ci faccia da maestro.

Preghiamo che finisca la guerra in molti paesi.

Ci impegniamo ad impostare seriamente valori e criteri di vita.

Quando ci vengono proposte scelte politiche, valutiamo non, prima di tutto, i nostri interessi ma il bene di tutti.
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