COSA E' LA PREGHIERA E COME PREGARE

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Credente
00giovedì 15 dicembre 2016 15:10
PER IMPARARE A PREGARE


Il segreto per imparare a pregare veramente e riempirci di Dio
Cos’è la preghiera?

«La preghiera è lo spazio in cui Dio accade in noi nella misura in cui concediamo spazio al suo compiersi», scrive don Paolo Scquizzato nel suo libro “Ancor meglio tacendo” (Effata’ editrice). Ma come possiamo fare spazio al Signore?

PREGARE IN SILENZIO

La nostra vita quotidiana è piena di mille occupazioni, impegni, scadenze, appuntamenti, ogni faccenda ci sembra inderogabile. Trovare un momento per pregare con calma, senza fretta, senza essere distratti dai pensieri che occupano la nostra mente e dal cellulare che squilla in continuazione sembra spesso impossibile. Eppure il segreto, sottolinea l’autore, è nascosto lì.

“Per imparare a pregare, occorre rientrare in se stessi, creare spazi di silenzio nella nostra giornata, essenziali quali il mangiare, il bere, il respirare. Vivere sempre «fuori di sé» ci fa morire spiritualmente, perché di fatto si trascura ciò che è essenziale. Come il non respirare, il non mangiare, il non riposare conducono inesorabilmente alla morte. Vivere il silenzio significa tacitare il proprio mondo interiore, significa smettere di far parlare le immagini, i pensieri, le parole, comprese «le preghiere»”.


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LA PREGHIERA NON È UN ATTO INTELLETTUALE

Spesso si può cadere nell’errore di credere la preghiera un atto intellettuale, una questione di conoscenza, eppure è un incontro, un’esperienza…
“Solo l’esperienza riesce a cogliere la totalità e Dio è l’Uno (…) Dio è questione di esperienza”.

PERCHÉ… “ANCOR MEGLIO TACENDO”?

Secondo l’autore quando si riesce a silenziare il mondo dei pensieri, delle immagini e delle parole che ci invade la testa e ci distrae dal rapporto con Dio, è possibile svuotarci e divenire capaci di accogliere. Per questo il silenzio è fondamentale perché ci offre lo spazio per riceverLo:

«(…) si tratta di un atteggiamento da acquisire, che potremmo definire capacità. La preghiera è infatti un divenire capaci. Ma stiamo attenti, non nel senso d’essere capaci «di fare» qualcosa (mentalità ancora utilitaristica), ma semplicemente di accogliere. Un contenitore è capace perché vuoto, e in questo modo in grado di riceve un contenuto; esso non deve fare e produrre nulla. Così la preghiera rende semplicemente capaci, non di fare ma di accogliere il tutto».

Quando la nostra vita diviene un fare e trafficare frenetico, corriamo il rischio di ridurre noi stessi a ciò che siamo stati in grado di produrre, dimentichiamo l’essenza profonda che ci caratterizza in quanto uomini e che è molto più grande di ciò che siamo riusciti a realizzare. Fermarci è utile per incontrare Dio, quella “parte migliore che non ci sarà tolta”.

«Quanto abbiamo bisogno di un momento ozioso nella nostra giornata, un momento in cui ci è dato di entrare in contatto con la nostra vera sorgente interiore, per sperimentare alla fine che a renderci veri, ossia donne e uomini autentici, non è un giorno di traffici, di corse, di produttività e d’incontri, ma piuttosto l’entrare in contatto con la Verità che ci abita. Non sarà mai il mondo esterno a dirci chi siamo veramente».


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PREGARE È RICONOSCERSI MENDICANTI

Il mendicante è colui che chiede l’elemosina, è un povero che per vivere domanda e implora e accetta tutto, sta con le mani spalancate. Pregare è essere mendicanti “poveri nell’essere”, sottolinea l’autore, “per accogliere e raccogliere” lo Spirito Santo che il Signore ci dona: “(…) il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!” (Luca, 11, 13).

«Comprendiamo meglio quindi che ciò che conta veramente nella nostra vita, non sarà la quantità di preghiere che diremo – «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli» (Mt 7,21) – ma la qualità di vita che scaturirà dalle nostre più profonde radici, imbevute dell’energia attinta dalla preghiera. (…)Questo vuol dire che l’uomo vivrà come prega. E gli uomini di preghiera li si riconoscerà dalla qualità delle loro azioni.».

SOLO DIO TRASFORMA LA NOSTRA ACQUA IN VINO

«Ciascuno di noi è povertà in attesa di compimento» scrive l’autore, ed è attraverso la preghiera e l’azione dello Spirito Santo che la nostra povertà si trasforma in pienezza, abbondanza e gioia.

«La preghiera è l’aprirsi all’azione dello Spirito, che ci trasforma da carbone in diamante, e questo perché ci facciamo lentamente capaci di lasciarci attraversare dalla luce, capacità appunto del diamante, negata al carbone. Ognuno potrà così accettare serenamente il proprio materiale di costruzione di partenza, per quanto simile al carbone possa essere. Dio trasforma. Come mutò l’acqua in vino a Cana, potrà trasformare anche la torba in diamante».

 


La preghiera, afferma lo scrittore, è un atto ri-creativo, non un ripetersi vuoto di formule e nemmeno esclusivamente un domandare per ricevere ma una “continua creazione di noi stessi” perché…

«Non siamo esseri «finiti», creati una volta per sempre. Ogni giorno, ogni nostro istante è per noi un momento di ascesa verso il nostro definitivo compimento, la pienezza d’uomo cui dobbiamo tendere. La vita è un venire continuamente alla luce di noi stessi, una vera e propria trasfigurazione. Ebbene, la preghiera è ciò che contribuisce a questa nostra ascesa: è attingere alla luce presente in noi che illumina l’intero nostro essere compiendo la nostra maturità di uomini e donne (…), arrivando a configurarci a Cristo stesso, la Luce (…)».

Le riflessioni di don Paolo Scquizzato, ancor più utili e preziose per il tempo di preparazione al Natale che stiamo vivendo, ci aiutano a comprende il senso profondo del pregare e l’importanza di quel silenzio che ci svuota per aprirci a Dio e farci riempire del Suo amore.


Credente
00martedì 11 luglio 2017 18:45

Non riesci a sentire Dio mentre preghi?
Le potenti testimonianze di chi ci è passato ti daranno la forza per superare questo problema

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato un post chiedendo di incoraggiare e dare consigli a una persona che stava attraversando questa esperienza spirituale. Come avrete notato, la risposta è stata travolgente! Ci sono stati più di 200 commenti! È una gioia aver visto tanta partecipazione, grazie! Abbiamo ricevuto tantissimi messaggi e abbiamo dovuto fare un grande lavoro di selezione. Erano tutti molto profondi ed edificante, confessiamo che la decisione è stata difficile!

Questo è il testo che abbiamo ricevuto:

Da un paio di mesi vado davanti a Dio e il mio cuore tace. Non mi vengono le parole e il mio cuore non può raccogliere le forze per dire una preghiera. Posso recitare il Padre Nostro, o un Ave Maria, ma non riesco a pregare, mi capisci? So che probabilmente non si capisce, perché è la prima volta che mi succede. Io stesso non avrei capito questa situazione qualche anno fa, quando la preghiera mi sembrava fosse l’esperienza umana per eccellenza e ogni parola saliva al cospetto di Dio come il fumo prodotto dalle offerte di Abele. Non avevo mai sperimentato prima, con questa forza, il fatto che la preghiera è veramente un dono che riceviamo e non una conquista personale. Cosa ho fatto per perderlo improvvisamente? Rivedendo il mio modo di vivere negli ultimi anni non sono in grado di identificare un momento o un atto grave che abbiano avuto questo effetto negativo. Ma è davvero negativo questo periodo della mia vita spirituale? Senza dubbio questo periodo mi fa soffrire profondamente. Ma non potrebbe non essere una crisi che Dio permette per trasformare il mio rapporto con lui? È un atto di amore divino strappare la grazia della preghiera per insegnarci una lezione? O è semplicemente, come ripete il mondo, che sto crescendo e che la fantasia spirituale lascia il posto al realismo tragico della ragione? Qualcuno mi aiuti, per favore.

Queste sono le 10 risposte che abbiamo selezionato. Grazie mille a chiunque abbia partecipato, che Dio vi benedica!


1. Se Lui ha sofferto la solitudine per te, ora tu puoi soffrirla per Lui

Che cosa temi? Non avere paura. Dio si è fatto piccolo ed è lì, con te, mentre preghi. Non dimenticarlo mai. Forse non lo “senti” in questo momento, ma Dio è lì. Non dimenticare mai che Dio è infinitamente buono e amorevole e che è il diretto interessato nel tuo rapporto con Lui. Non penso sia “normale” il provare aridità nella preghiera, ma è possibile che Dio lo permetta anche alla persone più santa. La stessa Madre Teresa ha attraversato questa sofferenza per molti anni.

Un po’ comprendo ciò che si prova nel pregare continuamente e non avere quel “non so”, quell’esperienza di “sublime”, in cui sembra di unirsi a Dio in un abbraccio. Tuttavia dobbiamo imparare a dare alla nostra sofferenza un significato spirituale. Potrebbe essere che Dio stia permettendo questa dolorosa sensazione di abbandono, in modo da provare un po’ di quella solitudine che Lui ha sofferto sulla croce?

È curioso, ma a volte ci dimentichiamo che Cristo, essendo Dio, ha sperimentato l’abbandono dei suoi amici nel momento in cui aveva maggiormente bisogno della loro vicinanza. Se Lui ha sofferto la solitudine per te, guardalo come un atto di amore, il fatto che ora è possibile soffrire per Lui. Certo, è poco piacevole, però Dio potrebbe dire lo stesso di noi! Ancora di più, potrebbe dire che siamo noi ad essere assenti. “Dove è Esteban? Continuo a cercarlo, ma viene a visitarmi solo per un breve periodo di tempo, per poi addirittura distrarsi mentre è con me”.

A volte abbiamo bisogno che Dio si manifesti, e non è un male. Già lo ha detto il Signore stesso: “Ebbene, io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto” (Luca 11: 9-10). Chiedi con insistenza, ma non imbrogliare te stesso se continui a sperimentare questa aridità nella preghiera. Vivilo come un tempo in cui Dio vuole mettere alla prova la tua pazienza. Ti assicuro, quando meno te lo aspetti potrai fonderti nuovamente nell’abbraccio di Dio attraverso la preghiera, e addirittura la tua fede crescerà oltre l’immaginabile.

Esteban Trujillo


2. Anche se sei triste, sei in grado di riconoscere che esiste un Dio e che tu desideri ardentemente di avere una relazione con Lui

Molte volte facciamo fatica a comprendere una cosa estremamente semplice: la nostra vita è piena di cambiamenti. Forse prima era più facile avere un profondo dialogo con Dio attraverso un’intensa attività quotidiana di preghiera. Forse ora potremmo aver bisogno di un diverso tipo di preghiera, perché qualcosa in noi è cambiato. Quando accettiamo il cambiamento capiamo meglio sia noi stessi che il nostro ambiente. E in cosa consiste questo cambiamento?

Può significare molte cose: che abbiamo perso la speranza per un determinato progetto, che per qualche ragione siamo caduti nella routine (non necessariamente significa che tutta la nostra vita lo sia, può esserlo anche solo uno dei molti aspetti della nostra vita quotidiana), che la gente intorno a noi sia finita con l’infettare anche noi con i loro pensieri, che esperienze e atteggiamenti – per vari motivi – sono mutati in qualcos’altro (alcuni ora hanno un altro modo di vedere il mondo, altri non ci sono più vicini come una volta), che siamo semplicemente più maturi, etc. Le possibilità sono infinite! Dio continua a essere lì, pronto ad ascoltarci.

Non penso che sia un periodo “negativo”, ma piuttosto uno positivo, perché anche quando sei triste sei in grado di riconoscere che c’è un Dio e che desideri ardentemente avere un relazione con Lui. A volte è necessario lasciare che “sentiamo” un po’ più Dio, se per molto tempo siamo stati abituati a “capirlo”. Non so se mi spiego. Ci sono cose che abbiamo ben chiare in mente: che la grazia di Dio non si esaurisce, o che la preghiera è un dialogo tra Dio e l’uomo, e così via. Potrebbe essere un tempo per capire di meno ed essere più toccati nel cuore. E se riesci a scoprire cosa sia cambiato, penso che sarà l’inizio di un nuovo periodo nel tuo rapporto con Dio.

Sofía Salazar


3. L’ubbidienza è la chiave di tutto

Sai? Non succede solo a te. Anche a me è successo. In un primo momento ho pensato che il mondo mi stesse consumando, che mi stesse rendendo spazzatura. Per giorni ho supplicato Dio, mi sono inginocchiato, gli ho chiesto di farmi vedere la luce perché le tenebre erano fitte e gli ho chiesto di non abbandonarmi a causa della mia sordità spirituale. E sai cosa? La sua risposta è stata semplice: “L’obbedienza è la chiave tutto“. Dio vuole la nostra obbedienza e questo è ciò che spesso manca. Noi crediamo che i nostri sacrifici possano compensare gli errori che facciamo, ma questo è sbagliato. Lui è lì al nostro fianco anche se non lo sentiamo. Lui ci parla ma, siccome siamo sordi e immersi nel rumore del mondo, non ascoltiamo il suo grido, che ci dice: “Eccomi qui, ti amo e ti benedico”.

4. Sei in un altro livello di preghiera, in cui il Signore ti chiede di far tacere le labbra, di aprire il tuo cuore e di ascoltarlo

Non credo che tu abbia perso la capacità di pregare, anzi, penso che tu sia in un altro livello di preghiera. Il Signore ti chiede soltanto di far tacere le labbra, di aprire il tuo cuore e di ascoltarlo. È un tempo di “adorazione” dinanzi al Santissimo, dove sei con lui in una comunione di amore unica, personale e amorevole. È così che il Signore vuole che noi ci troviamo alla Sua presenza. Rivolgiti allo Spirito Santo e concentrati sull’adorazione, contemplalo, lasciati andare alla Sua dolcezza, dagli la tua vita, il tuo cuore… “senza parole”, e alla fine ti renderai conto che, al termine di questo meraviglioso tempo passato esclusivamente con Lui, non potrai immaginare quanto tempo tu abbia trascorso nel silenzio dell’amore.

Alice Rendón


5. La chiave è riconoscere la nostra miseria e abbandonarsi alla Misericordia infinita di Dio

È meraviglioso che Dio Nostro Signore ti abbia permesso di avere la “grazia” di sentire la Sua presenza in ogni preghiera; è una benedizione che non sempre, e non tutti, possiamo ottenere. Io non sono la persona giusta per guidare alcuno, dato che anche io sono in una lotta costante per fare ammenda di tante continue mancanze. È meraviglioso sentire un grande amore tanto grande per colui in cui tutti crediamo e che ha dato la sua vita per la nostra salvezza. E so bene che “perderlo” (apparentemente) è un grande dolore. Ricordate prima di tutto, come ha detto il nostro amato San Francesco di Sales, di “non perdere la pace”. Qualunque cosa accada, non perdere la pace. Metti la tua fiducia nella misericordia infinita del Signore, affidagli la tua miseria e dì: “Signore, io non posso, ma tu sì”. Dio spesso ci permette di attraversare il deserto delle prove e dell’amarezza, ma forse Cristo non ha avuto sofferenze, tra cui le tentazioni nel deserto? Forse Cristo non ha sentito la paura, il dolore e l’angoscia? Certo, ma lui ha messo la sua fiducia piena e completa nel Padre, senza riguardo. No, non è facile, ma almeno prova a farlo in Cristo, con l’aiuto della nostra Madre Santissima – la Mediatrice di tutte le grazie – e dì come San Pietro, con umiltà: “Signore, tu sai che ti amo”.

Il merito non è nell’essere santi da noi stessi, mai potremmo esserlo! Piuttosto il nostro merito è di riconoscere la nostra miseria e abbandonarci alla Misericordia infinita di Dio. Questo non è un qualcosa di negativo per la tua spiritualità, purché non rinneghi Gesù ma, al contrario, ti innamori ancora di più di Lui. Ricorda che il diavolo cerca di disturbarti e renderti infelice ma, restando saldo in Dio, ricordati che non si muove foglia che Dio non voglia. Ricordati che non è merito nostro amare Dio, perché Egli ci ha amati per primi. Abbandonati quindi a Lui, e chiedi la forza per diventare vincitore nel Suo nome. Non dimenticare i sacramenti della Riconciliazione e della Santa Comunione. E abbi fiducia, confida in Dio, e ricordati: Dio non ci invia alcuna prova senza darci prima gli strumenti per uscirne vittoriosi. Coraggio! E se ti può aiutare, ricordati che non sono io che parla, ma è lo Spirito Santo.

Maryaff Ichthus


6. Ammira Dio nel silenzio

La prima cosa che posso fare è congratularmi perché la tua preoccupazione per questa situazione dimostra un forte impegno a voler fare la volontà di Dio e a essere unito con Lui in stretta comunicazione, al punto di sentirti allarmato in questa fase del tuo cammino di fede. A questo proposito devo dirti che non si tratta di un periodo negativo della tua vita, e non è successo solo a te. Molti, nella cammino personale verso la Croce, ci sono passati. Posso citare un esempio di santità del nostro tempo, Madre Teresa di Calcutta. Dalle sue lettere possiamo conoscere la profonda crisi spirituale che ha attraversato, quanto ha sofferto nel provare il silenzio di Dio (che conosce il senso di abbandono). Similmente al nostro Signore sulla Croce, quando esclamò: “Mio Dio, perché mi hai abbandonato?” Ma né Nostro Signore né Madre Teresa (o uno qualsiasi dei molti santi nella storia della nostra Chiesa che hanno sperimentato l’aridità spirituale) sono finiti col fare un passo indietro. Al contrario, sono rimasti fermi e questo è l’esempio migliore per noi.

Non si tratta di cercare in Dio un modo di fare riconducibile ai nostri e pensare: “Se non lo sento, se è andato via, è perché ho fatto qualcosa di sbagliato”. Anche se il silenzio è certamente adatto ad intraprendere un auto valutazione, in questa fase della tua vita consiste in un invito ad ammirare Dio nella sua misteriosa grandezza, frutto del silenzio contemplativo. Allora sarà il silenzio a permetterti di riscoprire ciò che è sempre stato ovvio: che in mezzo alla sofferenza e al dubbio Gesù è la risposta, che sulla fede non si deve ragionare.

Coraggio! Questo non è il momento di essere triste, ma per ammirare Dio nel silenzio. Madre Teresa diceva: “Il frutto del silenzio è la preghiera”. Approfitta di questa fase per ammirare il mistero dell’Eucaristia e soprattutto per lasciare che Lui ti affascini e ti attiri di più a Lui.

Benedizioni.

Fabiola Andreina


7. Non avere paura e non essere triste. Molti dei grandi santi e dottori della Chiesa ci sono passati

Caro amico! Prima di tutto, grazie per la fiducia e la sincerità mostrata nei miei confronti. Coraggio! Non avere paura e non essere triste. Molti dei grandi santi e dottori della Chiesa sono passati in quello che abbiamo vissuto sia io che te. Cioè che Dio ci abbandona, che tace, che è assente o semplicemente che non vuole rispondere. E la domanda che ci si pone è: perché Dio mi tratta in questo modo? Ho fatto qualcosa per meritare questo?

Ti dico la verità, non ho la risposta alla tua domanda (che in alcuni casi mi sono posto anche io). Mentirei se dicessi il contrario. Però ti racconto un po’ di quello che so. Grandi personaggi sono passati attraverso la stessa “prova” che stai attraversando. San Pietro, San Paolo, San Giacomo Apostolo, anche Sant’Ignazio di Loyola, Santa Teresa d’Avila, Santa Faustina Kowalska e mille ancora. Forse San Giovanni della Croce può dire esattamente ciò che si prova, quando dice nel suo poema “La notte oscura dell’anima”: ‘Dove ti sei nascosto, oh Amato, lasciandomi nel dolore? Sei fuggito come il cervo dopo essere stato ferito; sono venuto per chiamarti, ma tu sei andato via’ (ti consiglio di leggerlo a fondo e di meditarlo). Sai, il profeta Geremia si chiedeva la stessa cosa che ti chiedi tu: non sarà Dio soltanto un miraggio? (Geremia 15:15-18) Un prodotto della mente? La risposta a questa domanda è: no! Dio non è un prodotto della nostra immaginazione o delle nostre necessità. Santa Teresa d’Avila, grande riformatrice, che aveva passato più di 14 anni di aridità spirituale, sentì in modo incontrovertibile che Dio, quel Dio a cui aveva dedicato la sua vita, l’aveva abbandonata. Ma non è stato così, Dio fu con lei in quei 14 anni, ogni giorno con lei, in silenzio. L’amore di Dio si manifesta anche in silenzio, ma solo pochi possono realmente accoglierlo, molti altri non capiscono questo principio.

Attualmente stai attraversando un deserto. Nell’Antico Testamento il deserto ha un significato forte e bello, significa purificazione. L’hai detto tu: la preghiera è un dono, come la fede. Fidarsi di lui, credere in lui e, soprattutto, credere a Lui, è difficile e richiede un sacco di amore. Per raggiungere questo è necessario pregare molto. Come ha detto padre Ignacio Larrañaga (esperto nella preghiera e fondatore dei Circoli di preghiera e di vita), “per questo dialogo non è necessario che si incontrino le parole (siano mentali o verbali), ma solo le coscienze. Sappiate che il buio non lo nasconde, né le distanze lo separano”. Lui è là. Dio è un Dio personale, è interessato a te come una creatura unica e irripetibile, sa quello che stai passando in questo momento e ti ama così tanto che si adatterà, come dice Padre Larrañaga, al tuo entusiasmo o alla tua aridità. Cristo stesso sentì la solitudine e l’aridità, quando disse: “Padre, perché mi hai abbandonato?” (Matteo 27:46). Riesci a crederci? Lo stesso Padre che abbandona il suo Figlio. Ma Dio era lì, in silenzio, pronto a riceverlo a braccia aperte. E così, mentre sulla terra il silenzio di Dio regnò per la morte del suo Figlio diletto, Dio (lo stesso che era in silenzio) ha aperto il cielo per ricevere Cristo, suo amato figlio. Si tratta di un paradosso, ma la nostra fede non ne è forse piena? Una Vergine dà alla luce un figlio, colui che è morto – umiliato nella croce – resuscita glorificato, il Dio che tace parla nel silenzio. Fidati! Dio non ti ha abbandonato nella preghiera. Abbi fede in Lui.

 

8. Cogli l’occasione per ascoltare in silenzio, per conoscere te stesso e per avvicinare il tuo cuore a Gesù

Non ti preoccupare e non impantanarti a pensare a ciò che hai fatto di sbagliato e che ha messo Dio nella condizione di toglierti il dono della preghiera. E non pensare che questo sia un momento negativo nella tua vita spirituale, perché non lo è. Dio non tenta né castiga, tutto quello che posso dire è: fidati di Lui. Quello che stai vivendo è un tempo di deserto spirituale, ma questo non significa che Dio non c’è, o che non ascolta. A volte ti senti solo, ma non è così: questi momenti sono necessari nella nostra vita perché la preghiera diventa un routine e ci chiudiamo nella soddisfazione di sentirci ascoltati, amati, e di ricevere immediatamente le risposte. I momenti di deserto ci permettono di esplorare noi stessi e di avere una intimità con Dio, cuore a cuore. Gesù stesso è stato per 40 giorni nel deserto, digiunò e fu tentato, ma è sempre rimasto forte e ha confidato nella volontà del Padre (che per altro già conosceva): alla fine ha trionfato. Posso solo dirti: ascolta in silenzio, scopri te stesso e porta il tuo cuore più vicino a Gesù, prenditi del tempo per stare solo con Lui. Fidati, non importa quanto tempo ci vorrà; nella misura in cui apri il cuore, la mente e tutto il tuo essere, vedrai che lo Spirito Santo ti rinnoverà e ristorerà l’anima. Dio ti benedica! E ricorda: “Io posso ogni cosa in Cristo che mi fortifica”.

Al Mac


9. La lezione che Dio vuole insegnarti è quella dell’amore

Prima di tutto ti invito a mantenere la calma. Nella vita spirituale la tua esperienza è normale, non ti preoccupare, sono passato anche io per quella “mancanza di piacere nella preghiera” e ti capisco. Non perdere la pace nel pensare a quale peccato hai commesso per meritare tale “punizione”. Potrebbe sembrarti insolita come situazione, ma non è necessario disperarsi o essere inquieti.

Riflettiamo un po’. Dio è un Padre amorevole, qualcuno che ti ama e che cerca di fare il tuo bene. Non è quindi coerente credere che Dio che è tutto amore ti abbia “privato della preghiera per mostrarti chissà quale lezione”. Ma dimmi, caro: all’infuori dell’amore, quale lezione ti potrebbe insegnare Dio? Dio ha molti modi di comunicare. Non è che Dio non voglia più parlare con te solo perché “non senti il piacere e la facilità di pregare come prima”. Ora ti invita ad ascoltarlo in un altro modo. Giustamente hai detto che la preghiera è un dono di Dio, che non è una conquista personale. Lui prende sempre l’iniziativa. La migliore prova di ciò è che a causa del peccato dell’uomo, Dio Padre ha mandato Gesù come Salvatore del genere umano. Nella vita spirituale, la fase che stai attraversando si può descrivere come “aridità o siccità spirituale”, che è una mancanza di piacere o di devozione nel pregare. Teresa d’Avila (la mia santa preferita) ha detto: “La preghiera non è altro che che un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui dal quale sappiamo di essere amati”. Pertanto ogni amicizia è un rapporto tra due persone. La preghiera è un dialogo, non un monologo. Dirà la Beata Madre Teresa di Calcutta: “Quando noi parliamo Lui ci ascolta, quando noi taciamo ascoltiamo Lui”.

Ti invito ad abbandonarti con umiltà e silenzio al silenzio di Dio e a scoprire ciò che vuole dirti. L’amicizia come espressione di amore richiede maturità, non possiamo rimanere al livello dei “piaceri” (o sentimenti), perché l’amore consiste nel darsi all’altro, nel sacrificarsi per il bene della persona amata. E se non ti senti “buono” quando preghi, ricordati che tutto è dono di Dio. La sensazione di devozione è un dono di Dio (dono della misericordia), ma non è che se non lo senti la tua preghiera non ha alcun significato o valore; in realtà è più prezioso perché è un tentativo di mostrare il tuo amore verso Dio. Santa Teresa ha detto: “Nella preghiera non dovremmo cercare le consolazioni di Dio, ma il Dio delle consolazioni”, perché “l’amore non è il più grande piacere, ma è la più grande determinazione”. Coraggio, non temere! Dio si aspetta che tu lo segua in questo nuovo percorso di più sacrificio, sì, ma anche di più intimità e di maggiore maturità spirituale. Spero che i miei consigli ti siano stati utili. Dio ti benedica.

Rick Aguilar


10. Dio non cambia mai

Il deserto è il luogo di incontro con Dio per eccellenza. Ciò che senti è ciò in cui i grandi profeti e i santi sono passati. Il fatto che non “senti” nulla nella preghiera o non “ascolti” la voce di Dio non significa affatto che egli non agisca nel tuo cuore. C’è un momento nella vita di ogni discepolo di Cristo in cui sembra di aver perso il primo amore. Ma Dio non cambia mai. Il suo Santo Spirito continua ad agire. Chiedi allo Spirito Santo di ispirare le tue preghiere (anche Dio ascolta il nostro silenzio). Il semplice fatto di entrare nella presenza di Dio è già una piacevole offerta a Dio. Quando non sentiamo è quando cominciamo a credere, e questo aumenterà la tua fede. Così come Maria, guarda anche tu nel tuo cuore tutte quelle volte in cui hai sentiva la presenza di Dio nella tua vita e affida a Lui la tua aridità, e quei ricordi ti daranno forza.

Corina Castañeda





Credente
00mercoledì 2 agosto 2017 18:52

Come andare oltre il semplice “pregherò per te”






     





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di Brenton Cordeiro


Le persone ci chiedono spesso di pregare per loro, soprattutto se stanno affrontando delle sfide personali, a casa o al lavoro, o se combattono contro una malattia. La pratica comune è promettere di pregare per la persona specifica, rimandando la cosa a qualche momento del futuro (e, siamo onesti, non sempre poi lo facciamo). Una cosa che possiamo fare, invece, quando una persona ci propone di pregare per lei è chiederle prontamente: “Andrebbe bene se pregassi per te subito?”








Molte persone esitano a pregare con qualcuno spontaneamente per paura di sembrare sciocche. Quanto preghiamo per quella persona? Dovremmo mettere le nostre mani su di lei mentre preghiamo? Come sapremo cosa dire nella nostra preghiera? Fortunatamente non ci sono regole stabilite su come dovremmo pregare con qualcun altro. La chiave per pregare con qualcuno è confidare nello Spirito Santo e capire che è Dio, non noi, a compiere qualsiasi modifica nella persona con cui stiamo pregando.


Quando cogliamo l’attimo e preghiamo per qualcuno non appena ce lo chiede succede qualcosa, perché in quel momento la persona è più disposta a cooperare con la grazia dello Spirito Santo.


Cosa fare con le nostre mani?


Quello che faccio in genere è guardare la persona che mi ha chiesto di pregare per lei e chiederle se posso metterle le mani sulle spalle. Una parte di ciascuno di noi apprezza il contatto fisico.


Pregare con tutto il nostro essere – corpo e spirito – dà tutto il potere possibile alle nostre richieste di preghiera (CCC, n. 2702). Pregando subito con qualcuno e stabilendo qualche tipo di contatto fisico dimostriamo in modo tangibile il nostro amore per lui. La risposta di Dio a un cuore aperto che Lo sta chiamando trova il suo complemento nella nostra espressione umana d’amore. La persona per cui stiamo pregando sa in quel momento che Dio e noi la supportiamo. Capire questo può fare meraviglie nella vita sia spirituale che fisica di chiunque.


Cosa diciamo?


Prima di iniziare a pregare, è una buona idea fermarsi per un attimo e chiedere allo Spirito Santo di donarci le parole da pronunciare in quel dato contesto. Continuo ad essere stupito dalle parole che escono dalle mie labbra quando mi permetto di essere guidato dallo Spirito Santo, anche se la mia preghiera è fatta solo di qualche parola. Aiuta anche valutare rapidamente, nel miglior modo possibile, a che punto del suo cammino di fede si trova la persona. Questo aiuterà a determinare quanto possiamo pregare per lei prima che inizi a sentirsi a disagio (pregando in modo breve e semplice non si sbaglia mai).


Più che essere una preghiera, le nostre parole possono essere anche una fonte di conforto e di forza per la persona per la quale stiamo pregando. Un ottimo modo per pregare con qualcuno è trarre ispirazione da un punto di empatia. Ad esempio, se una persona ha appena perso qualcuno di caro, mettetevi nei suoi panni. Cerca sicuramente conforto. Cerca forza emotiva e/o mentale per affronta il suo dolore. Sta cercando di trovare un senso a tutte le emozioni che prova. Parlate delle varie dimensioni della situazione e pregate per ciascuna di quelle necessità in modo chiaro e semplice, chiedendo al Signore di portare la Sua presenza in ogni area.


Ad esempio: “Signore, prego per Joe mentre affronta la morte di suo padre. Donagli la forza di cui ha bisogno per portare il peso della sua tristezza e del suo dolore. Ti ringrazio, o Dio, per il dono che suo padre è stato nella sua vita. Aiuta Joe a volgersi a Te in questo momento. Signore, ti preghiamo di riempire il cuore di Joe con la Tua pace e la Tua presenza, di modo che il suo cuore, ora pieno di dolore, possa essere invece pieno di Te”.


Anche se qualcuno malato vi chiede di pregare per lui è facile essere empatici con lui. Dalla malattia derivano la debolezza fisica, la frustrazione, l’impazienza, il desiderio di guarigione…


Cosa pensiamo?


Quando preghiamo con qualcuno, la base della nostra preghiera dovrebbe essere l’umiltà e dovremmo elevare la mente e il cuore a Dio (CCC, n. 2559). Quello che succede alla fine quando preghiamo con qualcuno riguarda Dio e la persona stessa. Non è il momento in cui siamo noi a dover brillare cercando di pronunciare belle parole che attirino l’attenzione su di noi piuttosto che su Dio.Bisognerebbe concentrarsi su Dio, sul Suo potere e sul Suo amore, e sulla guarigione emotiva/fisica che Gli stiamo chiedendo di mettere in atto. Gesù ci ha chiesto di rivolgerci al Padre in Suo nome, ed è quello che dovremmo fare: chiedere al Padre di aiutare la persona che è in difficoltà nel nome di Gesù.


Per riuscire a pregare con qualcuno in modo spontaneo ed essendo a nostro agio dobbiamo preparare continuamente il nostro cuore (e approntare uno scudo contro i tanti rifiuti che potremo ricevere di fronte alle nostre offerte di preghiera). Se vogliamo sviluppare questa disciplina è fondamentale mantenere una vita di preghiera regolare. Se pregare con qualcuno è un’attività guidata dallo Spirito Santo, dobbiamo lavorarci per essere in grado di crescere nella fiducia e nella competenza. Il nostro cuore dev’essere sintonizzato su Dio, di modo che pregando con qualcuno possiamo essere guidati da Lui e non dalla nostra saggezza.


Qualche altro suggerimento…


* Siate rispettosi e sensibili. Se qualcuno vi chiede di pregare per lui ma poi non vuole che preghiate in modo spontaneo va bene. Non prendetela sul personale (e poi ricordatevi di pregare comunque per quella persona!).
* Non vi preoccupate se la persona con cui state pregando ha una reazione tiepida alla vostra preghiera, o se sembra non accadere nulla. Qualcosa succede sempre, anche se non ci sono segni immediati o percepibili.
* Rilassatevi. Non state compiendo meraviglie, siete solo uno strumento nelle mani di Dio.
* Non esagerate. Qualsiasi cosa rasenti la teatralità o il sensazionalismo non serve.
* Non dimenticate di condividere quello che lo Spirito Santo vi sta dicendo. A volte può accadere che mentre stiamo pregando Dio ci ispiri a condividere un messaggio o un versetto della Bibbia in particolare con la persona con cui stiamo pregando.
* Chiedete sempre alla persona come si sente dopo che avete pregato con lei.
* Pregare con qualcuno per la guarigione non sostituisce i sacramenti. Se qualcuno ha una malattia grave ed è in pericolo di morte, chiamate un sacerdote perché gli amministri subito il sacramento dell’Unzione dei Malati.

Pregare regolarmente per gli altri ci aiuta ad affinare il nostro approccio nel chiedere alle persone se possiamo pregare spontaneamente per loro. Impariamo anche come cooperare con le intuizioni dello Spirito Santo nel guidare la sessione di preghiera. Nel corso del tempo, anche una persona che sembra del tutto negata da questo punto di vista riuscirà ad agire bene.

Visto che siamo tutti fratelli e sorelle in Cristo, possiamo pregare gli uni per gli altri senza doverlo fare necessariamente subito, o mettendo le mani sulla persona che abbiamo davanti. Il fatto che una persona acconsenta a che si preghi per lei è molto importante, perché è la decisione di aprire la porta a Dio. Fidatevi di me, Dio può fare molto anche con una porta appena socchiusa! E allora provateci! La prossima volta che qualcuno vi chiede di pregare per lui, chiedetegli se potete farlo subito… e poi lasciate agire Dio!





Credente
00martedì 19 settembre 2017 18:42
perchè Dio non ascolta la mia preghiera



Perchè Dio non ascolta la mia preghiera




Dio non ascolta?


Dio non ascolta! Questa è l’affermazione di chi non è stato esaudito nelle preghiere. Quante volte ci capita di dirlo o di pensarlo. In quest’affermazione c’è un grave errore; Dio ascolta, sempre e comunque.


Dio non ascolta tutte le nostre preghiere? Siamo sicuri? Dio ascolta tutte le nostre preghiere, è solo il risultato di esse che spesso è diverso da quello che ci aspettiamo. Dio è un Padre che ci ama, e un Padre fa il nostro bene. Quando si pensa che Dio non ascolta le nostre preghiere è perchè forse non Lo riteniamo Padre ma solo un Dio.


Dio è sempre con noi, conosce i nostri limiti, i nostri bisogni e la nostra preghiera, ancor prima di pronunciarla.


Andiamo ad analizzare più profondamente…..


I motivi possono essere tanti del perchè Dio sembri non ascoltare la nostra preghiera:



  1. Preghiamo con superficialità

  2. Preghiamo solo con le labbra

  3. Preghiamo ma abbiamo dubbi sul fatto che Dio ci ascolti e ci esaudisca

  4. I tempi di Dio non sono i nostri

  5. Dio ci mette alla prova, vuol vedere quanta fede abbiamo in Lui

  6. Preghiera senza umiltà

  7. Non è ciò che Dio desidera


Preghiamo con superficialità


La preghiera è un appuntamento con Dio. Dobbiamo quindi preparare il cuore, la mente e il corpo per poterlo incontrare in noi. A volte mi capita di vedere persone che pregano con superficialità, pregano e parlano, interrompono la preghiera per cose futili ecc ecc.


Preghiamo solo con le labbra…senza cuore


Quante volte preghiamo solo pronunciando formule ma la nostra mente e il nostro cuore, non condividono ciò che stiamo leggendo. Non prestiamo attenzione  alle parole.


Preghiamo senza fede


Una preghiera senza fede è come una pianta sterile, non produce frutti. Dio non ascolta, o sembra non ascoltare perchè desidera da noi completa fiducia. Dobbiamo credere che Lui può! Dobbiamo credere che Dio non ha limiti e realizza cose impossibili. Se già in partenza non crediamo in Dio perchè allora preghiamo? Le preghiere non sono formule magiche!


Tempo e senza tempo


Per Dio non esiste il tempo, per noi si. Quante volte facciamo una novena e pretendiamo che al decimo giorno, Dio esaudisca la nostra preghiera. Non è così che funziona. Dio raccoglie la nostra orazione e la utilizza al tempo opportuno. Raccogliamo forse le ciliegie a gennaio? No! Ma abbiamo piantato le piante di ciliegi, al tempo opportuno raccoglieremo….E’ questa la dinamica della preghiera. Noi chiediamo, Dio sa come e quando. Fidiamoci di Dio.


Dio ci mette alla prova, vuol vedere quanta fede abbiamo in Lui


Fidiamoci di Dio. Preghiamolo con fede, preghiamolo con amore. Supplichiamolo, crediamo in Lui. Uniamo alla nostra preghiera dei sacrifici come garanzia della nostra fiducia in Lui. Dio ci ama, Dio vuole che noi siamo felici ma anche liberi.


Preghiera senza umiltà


Preghiamo senza umiltà, come se ciò che chiediamo dobbiamo per forza averlo. Non è più quindi una preghiera ma una pretensione. Pretendiamo che Dio esaudisca la nostra preghiera e se non lo fa, diciamo senza mezzi termini: Dio non esiste! Dio non ascolta. Dio non è un Dio giusto.


In realtà Dio non ci deve niente, siamo noi ad essere in debito con Lui. Dio ci ha dato non solo la vita terrena ma anche quella eterna se un giorno lo meriteremo. Dio ci ha già dimostrato il suo grande amore per noi donando suo Figlio per la nostra salvezza. Poniamoci quindi con umiltà dinanzi a Dio e chiediamo con cuore contrito ed umiliato.


La volontà di Dio


Questo fa male, ci distrugge…scoprire che quella preghiera che stiamo recitando non verrà esaudita perchè non è volontà di Dio…. Sappiate cari amici che se non è volontà di Dio, ci darà la santa rassegnazione perchè Dio desidera il nostro bene. Ma sono sicuro al 100 per 100 che le nostre preghiere saranno esaudite se fatte con il cuore. Affidiamoci a Dio senza riserve, mettiamoci nelle sue mani come figli obbedienti e mai ribelli, e Lui ci darà 100 volte di più di quanto abbiamo chiesto.




Credente
00sabato 18 novembre 2017 11:54

L'esempio di Santa Monica, madre del grande Sant'Agostino

Prima che Sant’Agostino diventasse un santo era nei guai.

E, come accade spesso, sua madre lo sapeva.

E allora Monica ha fatto ciò che era necessario. Gli ha parlato, lo ha consigliato e lo ha implorato di cambiare. Sei sulla via sbagliata, Agostino. Cambia i tuoi modi. E quando non lo ha fatto, lei ha pianto e pregato.

Come Agostino ricordava nelle sue memorie spirituali, le Confessioni, sua madre gli raccontò un sogno che aveva fatto. Piangendo amaramente, ormai priva di speranza, si era ritrovata in piedi su un regolo di legno con un “giovane splendente che camminava verso di lei”. Il giovane sorrideva, in netto contrasto con il dolore lacerante e visibile di Monica. Il ragazzo chiese perché soffrisse, e lei gli raccontò del figlio perduto. A quel punto, lui la consolò indicando il punto in cui lei era in piedi dicendo: “Dov’è lei [Monica], c’è anche lui [Agostino]”.

Si pensa che il regolo corrispondesse all’ortodossia della fede cattolica (come rivelata attraverso i Vangeli, l’Antico Testamento, le Lettere, la liturgia, la traduzione e gli insegnamenti), e un giorno, venne rassicurata Monica, Agostino avrebbe trovato la sua strada verso l’ortodossia. Ma non ancora. E allora Monica avrebbe continuato a soffrire.

Dopo poco tempo, Monica si avvicinò a un vescovo che una volta era perduto nelle eresie a cui ora aderiva Agostino, sperando che potesse parlare al figlio. Ricorda Agostino:

Mia madre chiese al vescovo se poteva essere tanto gentile da parlarmi, da confutare i miei errori, disilludermi dalle mie convinzioni dannose e insegnarmi quelle positive, perché era abituato a farlo ogni volta che trovava qualcuno in grado di trarne profitto. Tuttavia rifiutò, e molto saggiamente, come compresi in seguito. Replicò che non ero ancora in grado di ricevere insegnamenti; ero gonfiato dalla novità della mia eresia e avevo tormentato moltissime persone inesperte con piccole pignolerie, come lei gli disse. “Lascialo stare”, la avvertì lui. “Prega semplicemente il Signore per lui. Scoprirà da sé leggendo quanto siano sbagliate le sue convinzioni, e quanto siano profondamente irriverenti.

Monica continuò a soffrire, e nella sua disperazione implorava ancor di più. Il vescovo rispose: “Ora vai, ma tieni conto di questo: è inconcepibile che un figlio di lacrime come le tue muoia”.

Alla fine Agostino cambiò. Non solo divenne cristiano, vescovo, Padre della Chiesa e santo, ma tornò anche dalla madre.

L’aspetto straordinario di questa storia non è semplicemente la conversione di Agostino, ma le preghiere che lo hanno convertito. Nei suoi momenti più profondi e oscuri, come Agostino ammetteva senza problemi, non sono state le sue preghiere a portarlo a Dio. Lui neanche pregava. Sono state le preghiere di sua madre.

er paura di dare per scontato il potere delle nostre preghiere e la risposta di Dio nella vita altrui (o nella nostra), dovremmo prenderci un momento per considerare la devozione incrollabile di Santa Monica e la saggezza del vescovo a “pregare semplicemente per lui”. Dio cerca ardentemente la sua pecora smarrita, cerca la moneta perduta, aprendo le braccia alle figlie e ai figli prodighi. Ma è anche mosso dalle nostre preghiere. A volte chi è perduto non lo sa, ma qualcuno che lo ama sì. Le preghiere per chi è perduto spesso non vengono riconosciute, ma sono sempre indispensabili. E chissà, forse le preghiere più grandi della nostra vita non sono state neanche pronunciate da noi. Sono state offerte da qualcun altro.

Forse è quello di cui si ha bisogno per iniziare a cercare la via verso casa.


Credente
00giovedì 14 dicembre 2017 22:41

Conosci il santo abbandono per i momenti difficili?



 




Dio mio, perché mi succede questo? Perché lo permetti?


Ricevo ogni giorno messaggi di persone che mi dicono: “Non funziona niente. Prego, digiuno, ma non vedo una soluzione ai miei problemi”.


Le comprendo. Mi è successa la stessa cosa. La vita in genere non è come speriamo che sia. Tante difficoltà, e non si sa come andare avanti. Tutto costa. Ho imparato che nonostante questo la vita in genere è un’avventura meravigliosa. Ho quattro figli, una bella moglie e molti problemi da risolvere.


Cosa fare in questi momenti difficili? Quello che ha senso: CONFIDARE.


Bisogna confidare totalmente in Dio, nostro Padre. Se Egli permette una prova ci sarà un motivo. In genere lo comprendo alla fine, quando vado avanti. E allora sorrido e dico: “Ah… Era per questo”.


Sappiamo che Dio è nostro Padre. Un padre come Lui, che è Amore, fa tutto per il nostro bene.


E allora cosa devo temere?


Adoro la lettera che San Tommaso Moro scrisse alla figlia prima di essere giustiziato, nella quale esprimeva la certezza che Dio non lo avrebbe mai abbandonato:


Anche se sono convinto, mia cara Margherita, che la malvagità della mia vita passata sia tale che meriterei che Dio mi abbandonasse del tutto, neanche per un momento smetterò di confidare nella sua immensa bontà”.

Ho imparato che quando attraversiamo dei momenti difficili è per la nostra crescita spirituale, per rafforzare la nostra fede debole e imparare il santo abbandono.

Dobbiamo fare la nostra parte, non arrenderci, perseverare nella preghiera, anelare alla presenza di Dio, custodire lo stato di grazia come un tesoro e continuare a camminare. Dare agli altri l’esempio con la nostra vita. Santificarci.

Amate la santa volontà di Dio che è perfetta. Non temete di abbandonarvi nelle sue mani amorevoli.

Vivo da 12 anni quesa meravigliosa esperienza spirituale e non smette mai di sorprendermi. Quando percorro una strada inospitale o qualcosa mi schiaccia e non trovo soluzioni ai miei problemi faccio quello che posso, e poi ricorro a Gesù nel tabernacolo dicendo:

“Gesù, te lo offro. Ho fatto quello che potevo. Ora è un problema tuo. Non posso fare altro”.

Incredibilmente, il giorno dopo appaiono varie soluzioni a cui non avevo mai pensato. Ricordo una volta in cui sono andato a trovarlo nel tabernacolo solo per dirgli: “Sei il massimo”.

Facile? Non lo è. Confidare ci costa. Abbiamo solo un piede su questa terra, l’altro è in cielo. Ma vale la pena. Credetemi. Vi cambia la vita.

Tutto ciò che si fa per amore di Dio vale lo sforzo.

Dio vi benedica!


Credente
00sabato 18 maggio 2019 19:09

Potrebbe essere difficile da recitare, ma può calmare il vostro cuore


Spesso quando cerchiamo di addormentarci siamo irrequieti e ansiosi e pensiamo alle tante responsabilità che abbiamo. Tutto ciò può rendere difficile il fatto di abbandonarsi al sonno, riducendo la quantità di tempo che il nostro corpo ha per recuperare ogni notte.

 


Una preghiera che può aiutarvi a riporre la vostra fiducia in Dio è quella di Gesù Cristo sulla croce.


Molti, nel corso dei secoli, hanno recitato prima di andare a letto la preghiera di Gesù: “Signore, nelle tue mani affido il mio spirito”.


È una preghiera potente, che può essere difficile da recitare perché è quella pronunciata da Gesù prima di morire sulla croce. Recitandola si sta eseguendo un atto di completa rassegnazione, donando a Dio tutto il proprio essere – le proprie preoccupazioni e le ansie, ma anche la propria anima.


Allo stesso tempo, quando viene recitata con fede può promuovere sentimenti di pace e serenità, perché ci ricorda che è Dio a controllare tutto, non noi. Non possiamo cambiare le circostanze in cui viviamo se non attraverso la grazia di Dio. Questo può aiutare ad alleviare i fardelli della nostra vita, facendoci rendere conto del fatto che non siamo soli. Dio, infatti, è al nostro fianco.


San Giovanni XXIII aveva una preghiera simile che recitava ogni sera. Come Papa, aveva molti pensieri ed era alla guida della Chiesa intera. Pensate al peso delle sue responsabilità!





Anziché preoccuparsi tutta la notte, però, diceva semplicemente a Dio: “È la tua Chiesa, Dio. Io vado a letto!”


Dovremmo avere lo stesso atteggiamento e mettere la nostra vita nelle mani di Dio, dicendo insieme a Gesù: “Signore, nelle tue mani affido il mio spirito”.



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