COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

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00giovedì 24 ottobre 2013 13:20
I. Della quiete arida o della notte dei sensi.

1420. Abbiamo detto che per la contemplazione si richiede grande
purita` di cuore. Ora anche le anime progredite vanno ancor soggette a
molte imperfezioni e sentono rinascere in se`, in forma attenuata, i
sette vizi capitali, n. 1264. A purificarle e prepararle a piu`
alto grado di contemplazione, Dio manda loro varie prove, che si
dicono passive perche` e` Dio stesso che le causa e l'anima non ha che
da pazientemente accettarle.

Nessuno descrisse queste prove meglio di S. Giovanni della Croce nella
Notte oscura; le chiama notte perche` l'azione divina, legando fino a
un certo punto le facolta` sensibili per asoggettarle alla mente e
impedendo alla mente di ragionare, questa viene a trovarsi in una
specie di notte: per un verso non puo` piu` discorrere come prima e per
l'altro la luce della contemplazione che riceve e` cosi` debole e cosi`
penosa che si crede immersa in una notte oscura. Il Santo distingue
due notti: la prima e` destinata specialmente a staccarci da tutto il
sensibile e si chiama notte dei sensi; la seconda ci distacca dalle
consolazioni spirituali e da ogni amor proprio.

1421. Qui non parliamo che della prima notte:

"Dio, dice S. Giovanni della Croce 1421-1, pone l'anima in questa
notte sensitiva, a fine di purificare il senso della parte inferiore,
e addattarlo, assoggettarlo e unirlo allo spirito, oscurandolo e
facendolo cessare dai discorsi".

E` uno stato spirituale complesso, uno strano misto di tenebre e di
luce, di aridita` e di intenso amor di Dio allo stato latente, di
impotenza reale e di confusa energia, che e` difficile analizzare senza
cadere in apparenti contraddizioni. Bisogna leggere lo stesso
S. Giovanni della Croce, servendosi del filo conduttore che cercheremo
di dare. A questo fine esporremo:
* 1^ gli elementi costitutivi di questa notte spirituale;
* 2^ le prove accessorie che l'accompagnano;
* 3^ i vantaggi.
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00giovedì 24 ottobre 2013 13:21
1^ GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DI QUESTA PROVA.

1422. A) Il primo e piu` essenziale e` la contemplazione infusa, che
Dio comincia a comunicare all'anima ma in modo segreto ed oscuro, di
cui l'anima non ha coscienza e che cagiona dolorosa e affannosa
impressione. "E`, dice il Santo 1422-1, un principio di oscura ed
arida contemplazione per il senso, la quale resta nascosta e segreta a
quello stesso che la possiede. Ordinariamente insieme con questa
aridita` e vuoto del senso da` pure all'anima inclinazione e voglia di
starsene da sola e in quiete senza poter pensare a cosa alcuna
particolare ne` averne voglia".

A far capire questo stato, il Santo usa piu` avanti 1422-2 un
paragone che e` bene aver fin d'ora sotto gli occhio: "Quando si getta
un pezzo di legno umido nel fuoco, la prima cosa che il fuoco fa e` di
cominciare a seccarlo, facendogli gemere l'interno umore. Poi lo rende
nero, oscuro, brutto e di cattivo odore, e seccandolo a poco a poco,
l'accende,... e finalmente lo trasforma in fiamma brillante come lo
stesso fuoco... divenuto caldo, riscalda; luminoso, illumina". Qualche
cosa di simile avviene quando l'anima, piena ancora d'imperfezioni, e`
gettata nel fuoco divino della contemplazione; questa, prima di
trasformar l'anima, la purifica da ogni sozzura, la rende nera e
oscura ai propri occhi, tanto che le pare d'essere peggiore di prima;
prima infatti ignorava le sue miserie e la contemplazione gliele fa
cosi` chiaramente vedere che, scoprendo ora quello che ignorava, le
sembra che la sua indegnita` debba eccitar l'orrore di Dio, sebbene ne`
in se` ne` dinanzi a Dio ella sia piu` cattiva di prima 1422-3.

1423. B) Questa contemplazione latente produce nell'anima una grande
aridita`, non solo nelle facolta` sensibili che restano prive di
consolazione, ma anche nelle facolta` superiori che non possono piu`
meditare in modo discorsivo come prima. Dolorosa condizione; abituati
alla luce, si trovano ora immersi nell'oscurita`; essi, che prima
facevano ottima meditazione discorsiva traendo dal cuore numerosi
affetti, hanno ora perduto questa facilita` e l'orazione riesce loro
penosissima.

Lo stesso avviene per la pratica delle virtu`: gli sforzi che prima
giocondamente facevano per diventar virtuosi, costano ora e
spaventano.

1424. E` pero` cosa importante distinguere quest'aridita` purificatrice
dall'aridita` causata dalla negligenza e dalla tiepidezza. Per questa
distinzione S. Giovanni della Croce indica tre segni.

1) Non si sente maggior gusto nelle creature che in Dio; se ne sente
anzi meno, mentre che i tiepidi, che non hanno gusto per le cose
divine, ne hanno invece per i terreni diletti. Puo` tuttavia accadere,
aggiunge il Santo, che questo generale disgusto provenga da
indisposizione o tristezza naturale; onde e` necessario che a questo
primo segno s'aggiunga il secondo.

2) Si ha abitualmente il pensiero di Dio, ma accompagnato da ansieta`,
da affanno, da disagio, perche` si teme di non servirlo abbastanza
bene, di andare anzi indietro per ragione della mancanza di gusto
nelle cose divine; nella tiepidezza invece non si ha nessuna interna
premura per le cose divine; parimenti quando l'aridita` proviene da
debolezza fisica, non si ha che disgusto naturale e non v'e` cenno di
quel desiderio di servire Dio che e` segno distintivo dell'aridita`
purificatrice e che la contemplazione oscura mette nell'anima.

3) Infine si e` nell'incapacita` di meditare in modo discorsivo, tanto
che, a tentarlo, non si riesce a nulla. "La ragione e` che Dio comincia
allora a comunicarsi, non piu` per via dei sensi, come faceva prima per
mezzo del discorso che richiama ed ordina le cognizioni, ma per via
del puro spirito in cui non v'e` discorso successivo e ove Dio si
comunica con atto di semplice contemplazione" 1424-1. Osserva pero`
che questa incapacita` non sempre avviene e che si puo` talora ritornare
alla meditazione ordinaria.

Notiamo pure che questa impotenza non si fa ordinariamente sentire che
nelle cose spirituali, potendo poi uno attivamente occuparsi dei
propri studi e dei propri affari.

1425. C) Si associa a questa aridita` un doloroso e persistente
bisogno di piu` intima unione con Dio. "A principio ordinariamente
questo amor non si sente ma l'aridita` e il vuoto di che discorriamo; e
allora, in cambio di questo amore che si viene poi accendendo, cio` che
muove l'anima in mezzo a quelle aridita` e vuoti delle potenze e`
un'ordinaria premura e sollecitudine di Dio con pena e timore di non
bene servirlo... Tal sollecitudine e premura e` posta nell'anima da
quella segreta contemplazione, la quale, quando abbia poi col tempo
purgato in parte il senso, vale a dire la parte sensitiva delle forze
e delle affezioni naturali per mezzo delle aridita` a cui la riduce, fa
che l'amor di Dio incominci a infiammare lo spirito. Prima di
quest'ora l'anima e` come un malato sottoposto a cura; e in questa
notte oscura tutto e` patimento e arida purgazione
dell'appetito" 1425-1.

L'anima e` dunque orientata verso Dio e non cerca piu` le creature, ma e`
orientazione ancor vaga e confusa, e` come la nostalgia di Dio assente;
vuole unirsi a lui e possederlo. Se non sperimento` ancora la quiete
soave, e` attrazione confusa, segreto bisogno, disagio indefinibile, ma
se gia` gusto` l'unione mistica, e` franco desiderio di tornare a questa
unione 1425-2.
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2^ LE PROVE CHE ACCOMPAGNANO QUESTA PRIMA NOTTE.

1426. Gli autori spirituali ne fanno generalmente una esposizione
terribile, perche` descrivono cio` che avvenne nell'anima dei Santi, i
quali, essendo chiamati ad alta contemplazione, dovettero portare
pesantissime croci. Ma altri, chiamati a grado meno alto, sono pure
meno provati; cosa buona a sapersi, per tranquillare certe anime
timide che dalla paura della croce potrebbero essere impedite
dall'entrare in questa via. Bisogna poi ricordarsi che Dio proporziona
le grazie alla grandezza delle prove.

A) Oltre la persistente aridita` di cui abbiamo parlato, l'anima soffre
pure terribili tentazioni: 1) contro la fede: non sentendo nulla, le
pare di non creder nulla; 2) contro la speranza: priva di
consolazioni, si crede abbandonata, tentata com'e` di noia e di
scoraggiamento; 3) contro la castita`: si palesa allora "l'angelo di
Satana, che e` spirito di fornicazione, per flagellarla nei sensi con
forti e abbominevoli tentazioni e tribolarla nello spirito con sozzi
pensieri e vivissime rappresentazioni nella fantasia pena talora piu`
dolorosa della morte" 1426-1; 4) contro la pazienza: in tante noie
si e` inclinati a mormorare di se` e degli altri; pensieri di bestemmia
si presentano alla fantasia in modo cosi` vivo che pare che la lingua
ne pronunzi le parole; 5) contro la pace dell'anima: assediati da
mille scrupoli e perplessita`, s'arruffano talmente nelle idee che non
possono ne` seguire un consiglio ne` cedere ad un ragionamento; e` questa
una delle pene piu` vive.

1427. B) E` provata pure da parte degli uomini: 1) qualche volta dai
miscredenti che la abbeverano di ogni sorta di persecuzioni: "Et omnes
qui pie volunt vivere in Christo Jesu, persecutionem
patientur" 1427-1; 2) ma anche da parte dei superiori e degli
amici, che, non comprendendo questo stato, sono male impressionati da
quei cattivi successi e da quelle persistenti aridita`; 3) qualche
volta perfino da parte del direttore, che ora confonde questo stato
con la tiepidezza, ora e` impotente a consolare cosiffatte angustie.

C) Mali esterni vengono talora ad accrescere questi interni patimenti:
1) si e` colti da strane malattie che lasciano i medici confusi; 2) non
si riesce piu` come prima nelle cose o per l'impotenza in cui uno si
trova o perche` si e` immersi nelle interne pene; uno si sente come
inebetito, tanto che se ne accorgono anche gli altri; 3) si incorrono
talora perdite temporali cha lasciano in malsicura condizione. Insomma
si direbbe che il cielo e la terra siano congiurati contro queste
povere anime.

In molti casi tali prove possono esere naturali o appartenere al
numero di quelle che Dio manda alle anime fervorose a fine di
perfezionarle. Ma, in altri, sono veramente prove mistiche; e si
riconoscono alla subitaneita`, all'acerbita`, e ai buoni effetti che
cagionano nell'anima.
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00giovedì 24 ottobre 2013 13:21
3^ VANTAGGI DI QUESTA PURIFICAZIONE.

E` gia` vantaggio immenso l'essere introdotti nella contemplazione
passiva, anche se oscura e dolorosa. Ma ve ne sono altri che
S. Giovanni della Croce chiama accessori.

1428. 1^ La conoscenza sperimentale di se` e delle proprie miserie:
"Questa notte... fa capire all'anima che da se` non fa nulla e non puo`
far nulla; ond'ella piu` non si stima e non trova in se` soddisfazione.
Or questa poca soddisfazione di se` e lo sconforto che sente di non ben
servir Dio vengono da Dio stimati piu` di tutte le opere e gusti che
prima essa godeva... Ne nasce pure un modo piu` rispettoso e piu`
circospetto di trattar con Dio, modo sempre richiesto quando si ha da
trattar coll'Altissimo; il che l'anima non faceva nella prosperita` del
suo gusto e della sua consolazione. Il goduto favore rendeva
l'appetito un poco troppo audace verso Dio e meno rispettoso di quanto
doveva" 1428-1. Onde la virtu` della religione vi guadagna.

1429. 2^ La conoscenza di Dio diviene piu` pura e piu` vera e l'amore
piu` libero dal sensibile diletto. L'anima non cerca piu` le
consolazioni e vuole unicamente piacere a Dio: "Non piu` presunzione ne`
compiacenza di se` come nel tempo della prosperita`, ma piuttosto
diffidenza e paura di se`, non avendo di se` soddisfazione alcuna; nel
che sta il timora di Dio che conserva ed accresce le
virtu`" 1429-1.

1430. 3^ Onde uno si libera dai vizi capitali di forma raffinata
(cf. n. 1263).

a) Si pratica l'umilta` non solo rispetto a Dio, ma anche rispetto al
prossimo: "L'anima infatti, vedendosi arida e miserabile, neppure con
un primo moto concepisce l'idea di essere piu` perfetta degli altri...
li riconosce anzi migliori di se`. Nasce quindi in lei l'amore del
prossimo: e` ora piena di stima per tutti; non piu` come prima quando
vedeva se` con molto fervore e gli altri no. Conosce ora bene la
propria miseria e la tiene talmente dinanzi agli occhi che non ha piu`
ne` tempo ne` voglia di fissarli nell'altrui" 1430-1.

b) Si pratica pure la sobrieta` spirituale: non potendo piu` pascersi di
consolazioni sensibili, l'anima a poco a poco si distacca da quelle
come da tutti i beni creati, per non attendere piu` che ai beni eterni;
onde ha principio la pace spirituale, perche` le consolazioni e gli
attacchi alle creature ne turbavano il cuore. E in tal pace si coltiva
la fortezza, la pazienza, la longanimita`, perseverando in esercizi che
non hanno ne` consolazioni ne` allettative.

c) Quanto ai vizi spirituali, come l'invidia, la collera, l'accidia,
l'anima se ne libera e acquista le virtu` opposte: divenuta, per
effetto delle aridita` e delle tentazioni, docile ed umile, si irrita
meno facilmente contro il prossimo e contro se stessa.; all'invidia
succede la carita`, perche` l'umilta` le fa ammirare le doti altrui; e
quanto piu` scorge i proprii difetti, tanto piu` sente la necessita` di
lavorare e di sforzarsi a correggersene.

1431. 4^ Dio poi mescola a queste aridita` alcune consolazioni
spirituali; quando l'anima meno vi pensa, le comunica vivissimi lumi
intellettuali e purissimo amore; favori di molto superiori a quelli
fin allora provati e piu` santificativi, benche` sul principio cosi` non
sembri all'anima perche` quest'influsso rimane segreto.

Riepilogando diremo che queste aridita` fanno camminar l'anima con
purita` nell'amor di Dio; non opera piu` per amor di consolazioni e
vuole piacere unicamente a Dio. Non piu` presunzione ne` vana
compiacenza come nel tempo del fervore sensibile; non piu` moti
affannosi, ne` slanci naturali troppo vivi; comincia a regnare nel
cuore la pace spirituale 1431-1.

Conclusione: Condotta da tenere in questa prova.

1432. Il direttore delle anime che passano per questa prova deve
mostrarsi pieno di bonta` e di premura per loro; illuminarle e
consolarle, dicendo francamente che si tratta di una prova
purificatrice, onde usciranno migliori, piu` pure, piu` umili, piu` sode
nella virtu`, piu` accette a Dio.

a) La disposizione principale che deve inculcare e` il santo abbandono:
bisogna baciare la mano che ci colpisce, riconoscendo che abbiamo ben
meritato queste prove; unirsi a Gesu` nella sua agonia e umilmente
ripeterne la preghiera: "Padre, se e` possibile, passi da me questo
calice! pero` non come voglio io ma come vuoi tu: Pater mi, si
possibile est, transeat a me calix iste; verumtamen non sicut ego
volo, sed sicut tu" 1432-1.

b) Bisogna pure, non ostante l'aridita`, perseverar nell'orazione,
uniti con nostro Signore che, nonostante l'agonia, continuava a
pregare: "factus in agonia^ prolixius orabat" 1432-2. Convien
rammentare le parole di S. Teresa 1432-3: "Per quanti difetti
venga a commettere chi si e` dato all'orazione, badi bene di non
lasciarla, perche` e` il mezzo con cui puo` riuscire a correggersi, cio`
che senza di lei gli sara` assai piu` difficile. Non lo tenti il
demonio, come tento` me, di lasciarla per umilta`"; e noi potremmo
aggiungere sotto pretesto d'inutilita`.

1433. c) Ma non si deve tornare alla meditazione discorsiva,
riconosciuta che sia la propria impotenza a farla; bisogna lasciar
l'anima in riposo, anche se paia che non si faccia nulla,
contentandosi di un affettuoso e tranquillo sguardo su Dio.

Quando un pittore fa il ritratto d'una persona, non deve costei
muovere continuamente il capo, altrimenti l'artista non riuscirebbe a
finire il lavoro; cosi`, quando Dio vuol dipingere il suo ritratto
nell'anima nostra e sospende l'attivita` delle nostre potenze, noi non
dobbiamo far altro che starcene in pace e con questa pace s'accende in
noi e arde ognor piu` lo spirito d'amore 1433-1. Questo stato di
riposo non e` disoccupazione ma occupazione di diverso genere che
esclude la pigrizia e il torpore; onde bisogna scacciar le
distrazioni. E se, per riuscirvi, occorresse tornare alle
considerazioni, si faccia pur liberamente appena sia possibile senza
violenti sforzi.

1434. d) Le virtu` poi e` chiaro che bisogna continuare a coltivarle,
massime quelle che corrispondono a tale stato: l'umilta`, la rinunzia,
la pazienza, la carita` verso il prossimo, l'amor di Dio nella dolce
conformita` alla santa sua volonta`, la confidente preghiera: tutto
sotto forma di santo abbandono nelle mani di Dio. Chi animosamente
cosi` si regoli, trovera` in questo stato una vera miniera d'oro che
potra` sfruttare a maggior bene dell'anima.

e) La durata della prova varia secondo i disegni di Dio, il grado
d'unione a cui destina l'anima e il maggiore o minor numero di
imperfezioni che restano da purificare: gli autori spirituali dicono
che puo` andare da due a quindici anni 1434-1. Ma vi sono
intervalli di tregua, in cui l'anima respira, gode di Dio e riprende
forza per nuove lotte. Dunque pazienza, fiducia e santo abbandono:
ecco in breve quello che il direttore dovra` consigliare a queste anime
tribolate.
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II. Della quiete soave.

1435. Per questo stato e pei seguenti ci gioveremo principalmente
delle opere di S. Teresa, che queste orazioni descrisse con sicurezza,
rilievo ed esattezza incomparabili. A questa orazione da` vari nomi:
quarta mansione del Castello od orazione dei gusti divini, perche` e` la
prima in cui si avverte la presenza di Dio per via di un certo gusto
spirituale; nella Vita (c. XIV) la chiama orazione di quiete e la
simboleggia nel secondo modo di irrigazione 1435-1. Altri la
denominano orazione di silenzio, appunto perche` l'anima cessa di
discorrere.

Questa orazione ha come tre fasi distinte:
* 1^ il raccoglimento passivo che la prepara;
* 2^ la quiete propriamente detta;
* 3^ il sonno delle potenze che la perfeziona e prepara
l'unione piena delle facolta`.

1^ IL RACCOGLIMENTO PASSIVO.

1436. A) Natura. Questo raccoglimento e` detto passivo per
distingerlo dal raccoglimento attivo che si acquista coi nostri sforzi
aiutati dalla grazia (n. 1317); il raccoglimento passivo infatti
non si ottiene "per opera dell'intelletto, procurando di considerar
Dio dentro di noi, ne` per mezzo dell'immaginazione, rappresendandocelo
in noi" 1436-1, ma coll'azione diretta della grazia divina sulle
nostre facolta`. Per questo S. Teresa lo dice la prima orazione
soprannaturale che abbia sperimentata: "L'orazione di cui parlo e` un
raccoglimento interiore che si sente nell'anima, onde pare che abbia
dentro di se` dei sensi interni come ha di fuori gli esterni. Pare che
voglia, ritirandosi in se stessa, appartarsi dai tumulti esteriori; e
sentendoseli alcuna volta venir dentro, le vien voglia di chiudere gli
occhi e non vedere, ne` udire, ne` intendere se non quello in che allora
si occupa, che e` di poter trattar con Dio da sola a solo. Qui non si
perde alcun senso o potenza, poiche` tutto rimane intiero ma per
occuparsi in Dio" 1436-2.

Altrove lo spiega con un grazioso paragone: le nostre facolta`, uscite
dal castello per andarsene con estranei, riconoscendosi poi in colpa,
si riavvicinarono al castello senza pero` rientrarvi. Il gran Re, che
abita nel centro del Castello, si degna nella sua grande misericordia
di richiamarle a se`: "A guisa di buon pastore, con un fischio tanto
soave che quasi esse stesse non l'intendono, fa che conoscano la sua
voce e che non vadano tanto perdute ma tornino alla loro mansione.
Questo fischio del pastore ha su loro tanta forza che, abbandonando le
cose esteriori in cui stavano distratte, rientrano nel castello. Parmi
di non aver mai spiegato questo pensiero cosi` bene come
ora" 1436-3. S. Francesco di Sales 1436-4 porta un altro
paragone non meno espressivo: "Come chi ponesse un pezzo di calamita
in mezzo a molti aghi, vedrebbe subito tutte queste punte volgersi
verso la diletta calamita e venire ad attaccarsele, cosi` quando Nostro
Signore ci fa sentire in mezzo all'anima la deliziosissima sua
presenza, tutte le nostre facolta` la` volgono la punta per unirsi a
quell'incomparabile dolcezza".

Si puo` quindi definire questo raccoglimento passivo: una dolce e
affettuosa immersione dell'intelletto e della volonta` in Dio, prodotta
da una grazia speciale dello Spirito Santo.

1437. B) Condotta da tenere. Questo favore e` ordinariamente il
preludio dell'orazione di quiete, ma potrebbe anche essere solo cosa
passeggiera, come avviene in certe occasioni in cui si e` piu`
fervorosi, per esempio nel giorno della vestizione, dei voti,
dell'ordinazione. Onde due conclusioni pratiche:

a) Se Dio ci da` questo raccoglimento, impediamo soavemente
all'intelletto di discorrere, senza pero` fare sforzi per sospenderlo.

"Senza violenza o strepito, procuri l'anima di troncare il discorso
dell'intelletto ma non di sospendere ne` l'intelletto ne` il pensiero;
solo e` bene che si ricordi che sta dinanzi a Dio e chi e` questo Dio.
Se il medesimo Dio che sente in se`, lo sospendera`, tanto meglio; ma
non si curi di intendere che cosa sia questo, perche` e` dono fatto alla
volonta`. Lasci che ella se lo goda senza industria alcuna salvo alcune
amorose parole" 1437-1.

b) Ma se Dio non ci parla al cuore, dice S. Teresa, "se conosciamo che
questo Re non ci ha sentiti ne` ci guarda, badiamo di non star li` come
balordi" 1437-2. Perche` quando l'anima si sforza d'incatenare il
pensiero, cade in maggiore aridita` di prima, e la stessa violenza che
si fa per non pensare a nulla, le rende piu` inquieta la fantasia. E
poi noi non dobbiamo pensare che alla gloria di Dio e non a
consolazioni e a gusti nostri. Quando Dio vuole che l'intelletto cessi
di operare, l'occupa altrimenti e l'istruisce meglio che non farebbe
la nostra attivita`. Ma, fuori di questo caso, le nostre facolta` sono
fatte per operare.

2^ LA QUIETE PROPRIAMENTE DETTA.

Esponiamone la natura, l'origine e i progressi, le varie forme, e la
condotta da tenere.

1438. A) Natura. In quest'orazione, la parte superiore dell'anima,
intelletto e volonta`, e` afferrata da Dio che le fa gustare riposo
soavissimo e vivissimo gaudio della sua presenza; ma la ragione o
potere di ragionare, la memoria e la fantasia restano libere e sono
talora fonte di distrazioni.

a) Ecco come S. Teresa spiega il carattere soprannaturale di
quest'orazione e il modo onde la volonta` e` afferrata da
Dio 1438-1: "Questa e` gia` cosa soprannaturale che noi non ci
possiamo procurare per quante diligenze facciamo. Perche` e` un mettersi
dell'anima in pace o, per dir meglio, un mettervela il Signore con la
sua presenza, come fece col giusto Simeone. Allora tutte le potenze si
quietano e l'anima intende, in una maniera molto diversa dal modo
d'intendere dei sensi esterni, che gia` si trova presso Dio e che con
un altro poco arrivera` a trasformarsi in lui per union d'amore. Questo
non e` perche` lo veda con gli occhi del corpo ne` con quelli
dell'anima... Ma si vede nel regno (o almeno accanto al Re che glie lo
ha da dare) e pare che stia con tanta riverenza che ne` anco ardisca di
chiedere".

"La volonta` sola e` qui la prigioniera, e se alcuna pena puo` sentire
stando cosi`, e` il vedere che ha da tornare ad aver liberta`... Niuna
cosa da` loro pena ne` pare che abbia a dargliela. In somma per tutto il
tempo che dura, tutte le facolta`, per la soddisfazione e il diletto
che sentono dentro, stanno cosi` immerse ed assorte che non vedono
altro da bramare e direbbero volentieri con S. Pietro: "Signore,
facciamo qui tre tende".

Essendo prigioniera la sola volonta`, le altre due potenze possono
divagare, onde la Santa aggiunge 1438-2: "La volonta` non faccia
caso di loro, ma stiasi nel suo godimento e nella sua quiete. Perche`
se vorra` raccoglierle, si smarriranno tutte e tre insieme".
Specialmente l'immaginazione va talora in giro e ci stanca col suo
chiasso assordante: una vera ba`ttola da mulino: "lasciamo andare
questa ba`ttola da mulino e attendiamo a macinare la nostra farina, non
lasciando di operare con la volonta` e coll'intelletto" 1438-3.

1439. b) Il gaudio spirituale prodotto nella quiete e` molto diverso
da quello che si gusta nell'orazione attiva. Il che viene da S. Teresa
spiegato paragonando i gusti divini causati dalla contemplazione coi
contenti o consolazioni dell'orazione attiva. C'e` tra loro una doppia
differenza proveniente dall'origine e dagli effetti.

1) I gusti divini provengono direttamente dall'azione di Dio, mentre i
contenti provengono dalla nostra attivita` aiutata dalla grazia.

A farlo capire si serve della similitudine di due vasche, delle quali
l'una e` alimentata da un acquedotto che, prendendo l'acqua da lontano,
fa che l'acqua vi entri rumorosamente; e` l'immagine delle consolazioni
che si gustano nell'orazione attiva; e l'altra e` alimentata da una
sorgente che zampilla dallo stesso suo fondo e si riempie senza
strepito alcuno: immagine della contemplazione e cui l'acqua della
consolazione "scorre con grandissima pace e quiete e soavita` dal piu`
intimo dell'anima" 1439-1.

2) Quindi i gaudii della contemplazione sono di molto superiori a
quelli dell'orazione attiva: "Appena quell'acqua celestiale principia
a uscire dalla sua vena... pare che il nostro interno si vada tutto
ampliando e dilatando. Si producono allora beni spirituali che non si
possono esprimere; e neppur l'anima sa intendere che cosa sia quello
che le vien dato in quel momento. Sente una singolare fragranza. Per
servirmi d'un paragone, e` come se in quel fondo interiore stesse un
braciere ove si gettassero odoriferi profumi" 1439-2. Ma la Santa
aggiunge che e` paragone molto imperfetto. Nella Vita 1439-3
afferma che queste delizie somigliano a quelle del cielo e che l'anima
perde il desiderio delle cose della terra: "perche` vede chiaramente
che neppure un istante di quella felicita` puo` aversi quaggiu` e che non
vi sono ne` ricchezze, ne` signorie, ne` onori, ne` diletti, che possano
darle, neppure per un attimo, questo vero contento e un cosi` pieno
appagamento".

La causa principale di questa gioia e` la sentita presenza di Dio:

"Vuole Dio per sua munificenza che quest'anima conosca che le sta
tanto vicino che non ha piu` bisogno d'inviargli messageri. Puo`
parlargli lei stessa e senza alzare la voce, perche` le sta tanto
dappresso che con un solo muover di labbro la intende" 1439-4. E`
vero, aggiunge, che Dio e` sempre con noi, ma qui si tratta d'una
presenza speciale: "Vuole questo Imperatore e Signor nostro che
intendiamo qui che egli ci intende e quali sono gli effetti della sua
presenza e che vuole cominciare a operare nell'anima particolari
meraviglie con quella tanta soddisfazione interna ed esterna che le
da`" 1439-5.

1440. c) Questa dilatazione dell'anima induce ottime disposizioni
virtuose e specialmente: il timore di offendere Dio, che prende il
posto del timore dell'inferno, l'amore della penitenza e delle croci,
l'umilta` e il disprezzo dei mondani diletti:

1) "Non si sente piu` stringere dal timore dell'inferno, perche`,
sebbene le resti maggior timore d'offendere Dio, il timore servile qui
si perde e rimane il filiale con gran confidenza d'averlo un giorno o
possedere. [sic] 2) Invece di temere come prima di rovinarsi la sanita`
facendo penitenza, le pare ora che tutto potra` in Dio, e per farla ha
desideri maggiori di quelli finallora avuti. Prima temeva le croci,
ora le teme di meno perche` la fede e` piu` viva; sa infatti che, se le
abbraccia per amor di Dio, la divina Maesta` le dara` la grazia di
sopportarle pazientemente. Anzi alcune volte le desidera, perche` le
rimane una gran volonta` di far qualche cosa per lui. 3) Conoscendo
meglio la grandezza di Dio, si tiene ora per piu` meschina. 4) Avendo
gustato le delizie di Dio, vede che sono spazzatura quelle del mondo,
e se ne va a poco a poco allontanando ed e` piu` padrona di se` per
farlo. Resta finalmente migliorata in tutte le virtu` e andra` sempre
crescendo se non che sia un'anima in grande altezza di contemplazione
e di virtu`, tutto si perde" 1440-1.

1441. Definizione. Da questa descrizione si puo` dunque conchiudere
che la quiete e` un'orazione soprannaturale, non intieramente passiva,
che avviene nella parte superiore dell'anima e le fa sentire e gustare
Dio presente in lei.

E` orazione soprannaturale, vale a dire infusa, e in cio` ci stacchiamo
da alcuni Carmelitani che, considerandola come orazione di
transizione, pensano che possa essere acquisita come l'orazione di
semplicita`. Ma diciamo con loro che non e` intieramente passiva, perche`
solo la volonta` (coll'intelletto) e` prigioniera, mentre la ragione e
l'immaginazione restano libere di divagare. Quanto ai gusti divini e
alla virtu` che ne sono gli effetti, li abbiamo altrove
sufficientemente spiegati n. 1439.

1442. B) Origine e progresso della quiete. a) La quiete e`
ordinariamente concessa alle anime che si sono gia` per notevole spazio
di tempo esercitate nella meditazione e che passarono per la notte dei
sensi. Talora pero` precede quest'ultima, specialmente nei giovinetti e
nelle anime innocenti che non hanno bisogno di speciale purificazione.

b) A principio non e` concessa che di tanto in tanto, in modo assai
debole ed inconscio; dura poco, per esempio, dice S. Teresa, lo spazio
di un'Ave Maria 1442-1. Poi diventa piu` frequente continuando di
piu`, fino a una mezz'ora. Ma, non venendo sempre repentinamente ne`
scomparendo tutto d'un tratto, puo`, coll'alba e col crepuscolo,
giungere sino a un'ora o anche piu`. Anzi, quando e` operosa
(n. 1445) e accompagnata da ebbrezza spirituale, puo` durare uno o
due giorni senza per altro impedire di attendere alle occupazioni
ordinarie.

c) La quiete saporosa puo` alternarsi colla quiete arida, finche` non
sia compiuta la purificazione dell'anima.

d) Viene poi il tempo in cui la quiete diviene abituale e allora
ordinariamente vi si entra appena uno si mette in preghiera; anzi
alcune volte coglie l'anima all'improvviso persino nelle occupazioni
piu` volgari. Tende pure a farsi sempre piu` forte e piu` consapevole, e,
se l'anima corrisponde alla grazia, finisce nell'unione piena e
nell'estasi. Che se e` infedele, l'anima puo` decadere e tornare
all'orazione discorsiva o anche perdere la grazia.

1443. C) Forme o varieta` della quiete. Se ne distingono tre
principali: la quiete silenziosa, la orante, la operosa 1443-1.

a) Nella quiete silenziosa l'anima contempla Dio in un silenzio pieno
d'amore, perche` l'ammirazione soffoca, a cosi` dire, ogni parola; la
volonta`, immersa in Dio, infiammata d'amore, deliziosamente riposa in
lui in calma, tranquilla, saporosa unione.

L'anima, come madre che divora cogli occhi il suo bambino, contempla
ed ama Dio. "Sta, dice S. Teresa 1443-2, come un bambino ancor
lattante, quando sta in seno alla madre e la madre, senza che egli
poppi, gli stilla per affetto il latte in bocca". Cosi` qui la volonta`
beve all'amore senza sforzo della mente.

1444. b) Talora l'anima, non potendo piu` contener l'amore, si sfoga
in ardente preghiera: e` la quiete orante: ora si effonde in dolci
colloqui; ora s'abbandona ad impeti di tenerezza e invita tutte le
creature a lodar Dio: "dice mille sante stranezze, mirando sempre a
piacere a Colui che la tiene cosi`" 1444-1.

S. Teresa faceva allora poesie a descrivere il suo amore e il suo
tormento. E Dio risponde qualche volta a questi slanci d'amore con
affettuose carezze che producono una specie di ebbrezza spirituale,
"la quale, secondo S. Francesco di Sales, ci aliena non dai sensi
spirituali ma da quelli corporali, non ci inebetisce ne` ci abbrutisce
ma ci rende creature angeliche... e ci divinizza... e ci fa uscire
fuori di noi per innalzarci sopra di noi" 1444-2.

1445. c) Vi sono casi in cui la quiete diviene operosa. Quando, dice
S. Teresa 1445-1, la quiete e` profonda e di lunga durata, essendo
incatenata la sola volonta`, le altre facolta` rimangono libere di
occuparsi nel servizio di Dio, e lo fanno con molto maggiore
operosita`; allora, pur attendendo ad opere esterne, l'anima non cessa
d'amare ardentemente Dio; si ha quindi l'unione di Marta e di Maria,
dell'azione e della contemplazione.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:22
3^ IL SONNO DELLE POTENZE.

1446. Questa terza fase della quiete e` forma piu` alta e prepara
l'unione piena delle facolta` interne.

S. Teresa la descrive nel capo XVII^ della Vita 1446-1: "Vi e`
un'altra maniera di unione... Accade spesso in questa maniera di
unione che intendo dire (e in particolare a me) che Dio s'impossessa
della volonta` ed anche, io credo, dell'intelletto, perche` non discorre
ma sta occupato in goder Dio, come chi sta guardando fissamente e
tante cose gli si presentano da vedere che non sa dove fissar lo
sguardo e non puo` render conto di nessuna. La memoria pero` rimane
libera e dev'essere insieme colla immaginazione. Vedendosi sola, e`
cosa da stupire la guerra che fa questa potenza e come procura di
turbare ogni cosa. Questo a me reca grande affanno e l'abborisco e
spesso prego il Signore che me la tolga... Pare una di quelle farfalle
notturne, importune e inquiete; cosi` va ella da un capo all'altro. Mi
pare che il paragone calzi egregiamente, perche`, quantunque non abbia
forza di fare alcun male, tuttavia importuna e infastidisce quelli che
la vedono"... Quanto ai mezzi di trionfare di tali scorribande, ne
indica uno solo: "non far piu` caso della memoria o fantasia che si
faccia d'un pazzo, lasciandola con la sua pazzia, perche` Dio solo glie
la puo` levare". -- Come si vede, si tratta di un'orazione di quiete in
cui l'intelletto stesso e` afferrato da Dio, ma dove la fantasia e la
memoria continuano a divagare. E` preparazione all'unione piena.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:22
CONDOTTA DA TENERE NELL'ORAZIONE DI QUIETE.

1447. La disposizione generale da coltivare in questo stato e` quella
di umile abbandono nelle mani di Dio in tutte le fasi di questa
orazione dagli inizi sino al suo compimento.

a) Onde non bisogna fare sforzi per mettersi da se` in questo stato,
cercando di sospendere le facolta` e perfino il respiro: sarebbe fatica
sprecata, perche` Dio solo puo` darci la contemplazione.

b) Appena si sente l'azione divina, bisogna adattarvisi piu`
perfettamente che sia possibile, cessando di ragionare e docilmente
seguendo il moto della grazia:

1) Se siamo chiamati all'affettuoso silenzio, guardiamo e amiamo senza
dir nulla, o tutt'al piu` diciamo di tanto in tanto qualche tenera
parola per ravvivare la fiamma dell'amore, ma senza sforzi violenti
che potrebbero spegnerla.

2) Se siamo inclinati a fare atti, se gli affetti sgorgano
spontaneamente, preghiamo adagio adagio, senza strepito di parole, ma
con gran desiderio d'essere esauditi. "Alcune pagliuzze poste con
umilta`... saranno qui piu` opportune e serviranno meglio ad accendere
il fuoco che non molte legna insieme di ragionamenti molto dotti a
parer nostro, e che potrebbero in un attimo spegnere quella
scintilla" 1447-1. Bisogna soprattutto, aggiunge S. Francesco di
Sales 1447-2, evitare gli slanci violenti e indiscreti che
spossano il cuore e i nervi, e quelle riflessioni sopra se stessi con
cui uno si affanna a sapere se la tranquillita` di cui gode e` veramente
tranquilla.

3) Se la mente e` l'immaginazione divagano, non occorre inquietarsi ne`
inseguirle; la volonta` "rimanga a godersi il favore che le e` concesso
come un'ape sapiente in fondo all'alveolo. Se in cambio di entrare
nell'alveare, le api si corressero tutte in cerca le une delle altre,
come si potrebbe fare il miele?"
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:23
sez. II. Orazione di unione piena.

1448. Quest'orazione che corrisponde alla quinta mansione, viene
detta unione semplice o unione piena delle facolta` interne, perche`
l'anima e` unita a Dio non solo con la volonta` ma anche con tutte le
facolta` interne, onde e` piu` perfetta dell'orazione di quiete. Ne
descriveremo:
* 1^ la natura,
* 2^ gli effetti.

I. Natura dell'orazione d'unione.

1449. 1^ I caratteri essenziali sono due: la sospenzione di tutte le
potenze, e la certezza assoluta che Dio e` presente nell'anima.

"Tornando dunque, dice S. Teresa 1449-1, al segno che dico essere
il vero (per conoscere le opere di Dio, cioe` il credere che Dio puo`
fare assai piu` di quello che possiamo pensar noi), voi vedete che Dio
ha reso quest'anima quasi stordita per meglio imprimere in lei la sua
sapienza; non vede, ne` ode, ne` sente, in tutto quel tempo che dura
questo favore, tempo sempre breve, che a lei pare anche piu` breve di
quello che veramente e`". In altre parole non solo la volonta`, ma
l'intelletto, l'immaginazione e la memoria sono sospese nel loro
esercizio. La Santa continua: "Tanto ferma sede pone Dio nell'interno
di quell'anima che, quando torna in se`, le e` impossibile di dubitare
d'essere stata in Dio e Dio in lei 1449-2. Le rimane questa
verita` cosi` profondamente impressa, che quand'anche passassero molti
anni senza che Dio tornasse a farle tal grazia, non se la puo`
dimenticare ne` dubitare di essere stata in Dio".

1450. 2^ Da questi due caratteri derivano altri tre:

a) L'assenza di distrazioni, perche` l'anima e` interamente assorta in
Dio.

b) L'assenza di stanchezza, perche` il lavoro proprio e` ridotto a ben
poca cosa; basta infatti abbandonarsi al beneplacito di Dio; la manna
celeste cade nell'anima, che non ha che da gustarla. Onde
quest'orazione, per lunga che sia, non nuoce alla sanita` 1450-1.

c) Copia di straordinaria letizia. "Qui non c'e` da sentire, dice
S. Teresa 1450-2, ma da godere, senza che si intenda quello che
si gode. Si intende che si gode un bene che contiene in se` tutti i
beni, ma non si comprende questo bene. Tutti i sensi si occupano in
questo gaudio per modo che nessun di loro rimane disoccupato da poter
attendere ad altro ne` all'interno ne` all'esterno". Ed aggiunge che un
sol momento di queste pure delizie basta a compensare di tutte le pene
di quaggiu`.

E` dunque orazione che si distingue dalla quiete, la quale non afferra
se non la volonta` e dove, in fin dei conti, si rimane talora incerti
se l'anima sia stata unita a Dio.

Onde si puo` definirla: una intimissima unione dell'anima con Dio,
accompagnata dalla sospensione di tutte le interne facolta` e dalla
certezza della presenza di Dio.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:23
II. Effetti dell'orazione di unione.

1451. 1^ L'effetto principale e` una mirabile trasformazione
dell'anima che, secondo S. Teresa, puo` paragonarsi alla metamorfosi
del baco di seta.

Queste bacherozzoli si nutrono di foglia di gelso, filano la seta e ne
formano il bozzolo, ove si rinchiudono e muoiono; dal bozzolo poi esce
a suo tempo una graziosa farfallina bianca. Cosi` l'anima, dopo essersi
nutrita di letture, di preghiere e di sacramenti, si costruisce la sua
casetta, tesse il suo bozzolo con la rinunzia, muore a se stessa e
diventa una graziosa farfalletta bianca 1451-1. Immagine della
mirabile trasformazione che coll'orazione di unione si opera
nell'anima. L'anima, che prima aveva paura della croce, si sente ora
piena di generosita` e pronta a fare per Dio i piu` penosi sacrifici.

E qui S. Teresa, venendo al particolare, descrive lo zelo ardente, che
stimola l'anima a glorificar Dio, a farlo conoscere ed amare da tutte
le creature; il distacco dalle creature, che giunge sino al desiderio
di uscir da questo mondo, ove Dio e` tanto offeso; la perfetta
sottomissione alla volonta` di Dio, onde non si fa alla grazia maggior
resistenza di quello che la molle cera faccia all'impressione di un
sigillo; una grande carita` verso il prossimo, che si palesa colle
opere e ci fa godere delle lodi date ad altrui 1451-2.

1452. 2^ Quest'unione e` il preludio di un'altra molto piu` perfetta:
e` come il primo abboccamento col futuro sposo; a cui tiene presto
dietro, se si corrisponde alla grazia, lo sposalizio spirituale e poi
il mistico matrimonio. Ma non bisogna cessare, dice la Santa, di
progredire nella via del distacco e dell'amore. Ogni sosta avrebbe per
effetto il rilassamento e il regresso 1452-1.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:23
sez. III. L'unione estatica (fidanzamento spirituale) 1453-1.

Quest'unione si presenta sotto due forme: la forma soave e
la forma dolorosa.

I. L'unione estatica soave.

1453. La parola estasi non include necessariamente il fenomeno della
levitazione, di cui parleremo nel capitolo seguente, ma solo la
sospensione dei sensi esterni, che e` la caratteristica di
quest'unione. E` quindi unione piu` perfetta delle due precedenti,
perche`, oltre gli elementi loro propri, comprende pure la sospensione
dei sensi esterni. Ne descriveremo:
* 1^ la natura;
* 2^ le fasi o i gradi;
* 3^ gli effetti.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:24
1^ NATURA DELL'UNIONE ESTATICA.

1454. Due elementi costituiscono quest'unione: l'assorbimento
dell'anima in Dio e la sospensione dei sensi; l'essere l'anima
intieramente assorta in Dio e` la ragione per cui i sensi esterni
paiono come inchiodati su lui o sull'oggetto che manifesta.

A) L'assorbimento in Dio nasce da due principali cagioni,
dall'ammirazione e dall'amore, come spiega molto bene S. Francesco di
Sales 1454-1:

a) "L'ammirazione nasce in noi dall'imbatterci in qualche nuova verita`
che ancora non conoscevamo ne` ci aspettavamo di conoscere; e se alla
nuova verita` in cui ci imbattiamo si associa bellezza e bonta`,
l'ammirazione che ne nasce e` grandemente deliziosa... Quando dunque
piace alla divina bonta` di dare al nostro intelletto qualche speciale
illustrazione onde viene a contemplare i misteri divini con
straordinaria e altissima contemplazione, allora, scorgendo in quelli
maggior bellezza che non pensasse, entra in ammirazione. Ora
l'ammirazione di cose gradite fa che la mente fortemente s'attacchi e
aderisca alla cosa ammirata, cosi` per l'eccellenza della bellezza che
vi discopre come per la novita` di tale eccellenza, non potendosi
l'intelletto saziare abbastanza di vedere cio` che non aveva mai visto
e che e` cosi` dilettevole a vedersi".

b) All'ammirazione s'aggiunge l'amore. "Ora questo rapimento d'amore
avviene nella volonta` in questo modo: Dio la tocca colle soavi sue
attrattive, e allora come l'ago tocco dalla calamita, dimentico, a
cosi` dire, della sua insensibilita`, si muove e si volge verso il polo,
cosi` la volonta`, tocca dal celeste amore, si slancia e corre verso
Dio, lasciando tutte le terrene inclinazioni ed entrando in un
rapimento non di conoscenza ma di gaudio, non di ammirazione ma di
affetto, non di scienza ma di esperienza, non di vista ma di gusto e
assaporamento".

1455. c) Del resto l'ammirazione cresce coll'amore e l'amore
coll'ammirazione:

"L'intelletto entra talvolta in ammirazione vedendo il sacro diletto
che la volonta` prova nella sua estasi, come la volonta` riceve spesso
diletto scorgendo l'intelletto in ammirazione, per guisa che queste
due facolta` si comunicano a vicenda i loro rapimenti, perche` il
guardar la bellezza ce la fa amare e l'amarla ce la fa guardare".

Non e` meraviglia che un'anima, tutta abbandonata all'ammirazione e
all'amore di Dio, sia, a cosi` dire, fuor di se` e rapita e slanciata
verso di lui. Se chi si lascia trascinare dalla passione dell'amore
umano, giunge ad abbandonar tutto per darsi all'oggetto amato, dovra`
far meraviglia che l'amore divino, impresso nell'anima da Dio stesso,
ci assorba cosi` da farci dimenticar tutto per non vedere e non amare
che lui?

1456. B) La sospensione dei sensi e` il risultato dell'assorbimento
in Dio; si fa progressivamente e non giunge in tutti allo stesso
grado.

a) Quanto ai sensi esterni: 1) si ha dapprima l'insensibilita` piu` o
meno spiccata e il rallentamento della vita fisica, della
respirazione, e quindi la diminuzione del calore vitale: "Pare, dice
S. Teresa 1456-1, che l'anima non animi piu` il corpo, onde il
corpo si sente mancare molto sensibilmente il calore naturale e si va
raffreddando, benche` con grandissima soavita` e diletto".

2) Si ha poi una certa immobilita`, onde il corpo conserva
l'atteggiamento in cui venne colto e lo sguardo rimane fisso sopra un
oggetto invisibile.

3) Questo stato, che naturalmente dovrebbe indebolire il corpo, gli da`
invece novelle forze 1456-2. E` vero che, risvegliandosi, si sente
una certa stanchezza, ma presto la vigoria fisica riprende piu` forte.

4) La sospensione dei sensi e` alcune volte intiera, altre volte invece
e` incompleta e permette di dettare le rivelazioni che si ricevono,
come si vede nella vita di S. Caterina da Siena.

b) I sensi esterni sono sospesi anche piu` perfettamente che
nell'unione mistica di cui abbiamo gia` parlato.

1457. c) Si fa questione se la liberta` sia essa pure sospesa. Si
risponde comunemente, con S. Tommaso, Suarez, S. Teresa, Alvarez de
Paz, che la liberta` rimane, onde l'anima puo` meritare anche
nell'estasi; l'anima infatti liberamente riceve i favori spirituali
che le sono allora concessi.

d) Quanto alla durata, l'estasi varia molto: l'estasi completa non
dura generalmente che alcuni istanti, talora una mezz'ora; ma, essendo
preceduta e seguita da momenti in cui e` incompleta, puo` durare anche
piu` giorni, chi tenga conto di tutte le alternative per cui passa.

e) Si esce dall'estasi col risveglio spontaneo o provocato: 1) nel
primo caso si prova una certa angoscia, come se si tornasse da un
altro mondo, e l'anima non riprende che a poco a poco la sua azione
sul corpo. 2) Nel secondo caso, il risveglio e` provocato dall'ordine o
richiamo di un superiore: se e` orale, e` sempre obbedito; ma se e`
mentale, non sempre.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:24
2^ LE TRE FASI DELL'UNIONE ESTATICA.

1458. Ci sono tre fasi principali nell'estasi: l'estasi semplice, il
ratto e il volo dello spirito.

a) L'estasi semplice e` una specie di deliquio che avviene dolcemente,
cagionando all'anima una ferita dolorosa e deliziosa nello stesso
tempo: lo Sposo le fa sentire la sua presenza ma per un po' di tempo
soltanto, mentre lei ne vorrebbe godere continuamente, onde soffre di
tal privazione. Questo godimento pero` e` piu` saporoso che nella quiete.

Ascoltiamo cio` che dice S. Teresa 1458-1. "L'anima sente di
essere dolcissimamente ferita ma non riesce a spiegarsi ne` come ne` da
chi; conosce pero` bene che e` cosa preziosa, cosi` che non vorrebbe
guarir mai di tale ferita. Si lamenta, non potendo far altro, collo
Sposo con parole di amore anche esteriormente; perche` conosce che e`
presente ma non vuole manifestarsi in modo da lasciarsi godere. E` pena
vivissima quantunque soave e piena di dolcezza... e le da` piu` diletto
che la saporosa sospensione dell'orazione di quiete, che pur non porta
seco alcuna pena".

Vi sono gia` in questa fase locuzioni soprannaturali e rivelazioni, di
cui diremo appresso.

1459. b) Il ratto s'impossessa dell'anima con impetuosita` e
violenza, onde non vi si puo` resistere. E` come se un'aquila gagliarda
ti rapisse sulle sue ali senza saper dove si vada. Non ostante il
diletto che si prova, la umana debolezza risente le prime volte un
brivido di terrore. "Ma e` terrore misto a grandissimo amore, che di
nuovo si concepisce per colui che cosi` grande lo mostra a un verme che
altro non e` che putridume" 1459-1. Nel ratto avviene lo
sposalizio spirituale: delicato pensiero da parte di Dio, perche`, se
l'anima conservasse l'uso dei sensi, morrebbe forse al vedersi cosi`
vicina a questa grande Maesta` 1459-2. Passato il ratto, la
volonta` rimane coma ebbra, ne` puo` piu` occuparsi che di Dio; nauseata
delle cose terrene, sente insaziabile desiderio di far penitenza,
tanto che si lamenta quando non ha da patire 1459-3.

1460. c) Succede al ratto il volo dello spirito, che e` cosi`
impetuoso da parere che lo spirito si separi dal corpo senza che gli
si possa resistere.

"Pare all'anima, dice S. Teresa 1460-1, di essere trasportata
tutta intiera in altra regione molto diversa da quella in cui viviamo,
ove le si mostra una luce novella con altre cose cosi` diverse da
quelle di quaggiu`, che non sarebbe mai riuscita a immaginarsele,
quand'anche vi avesse impiegata tutta la vita. Talora le sono in un
istante insegnate tante cose insieme, che, dove si fosse
coll'immaginazione e coll'intelletto affaticata i lunghi anni a
metterle insieme, non sarebbe mai riuscita a raccapezzarne la
millesima parte".
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:24
3^ PRINCIPALI EFFETTI DELL'UNIONE ESTATICA.

1461. A) L'effetto che compendia tutti gli altri e` una grande
santita` di vita che giunge sino all'eroismo, cosi` che, se manca
questa, l'estasi e` sospetta.

Tal e` l'osservazione di S. Francesco di Sales 1461-1: "Quando
dunque si vede una persona che nell'orazione ha dei ratti... ma non ha
poi estasi nella vita, vale a dire non ha vita santa e unita a Dio,
col rinnegamento delle mondane cupidigie e colla mortificazione dei
desideri e delle inclinazioni naturali, colla interna dolcezza,
semplicita`, umilta`, soprattutto poi con una continua carita`, credi
pure, o Teotimo, che tutti questi ratti sono grandemente sospetti e
pericolosi; sono ratti da fare stupire gli uomini ma non da
santificarli".

1462. B) Le principali virtu` causate dall'unione estatica sono:
1) Un perfetto distacco dalle creature: Dio fa, a cosi` dire, salir
l'anima in cima ad una fortezza, donde scopre chiaramente il nulla di
queste basse cose. Onde l'anima non vuol piu` avere volonta` propria e
rinunzierebbe anzi volentieri, se fosse possibile, al libero arbitrio.
2) Un immenso dolore dei peccati commessi: il suo cruccio non e` il
timore dell'inferno ma quello d'offendere Dio. 3) Una frequente e
affettuosa vista della santa umanita` di Nostro Signore e della
SS. Vergine. E che ottima compagnia quella di Gesu` e di Maria! Le
visioni immaginative e intellettuali, che diventano allora piu`
numerose, danno l'ultima mano al distacco dell'anima e la sprofondano
vie piu` nell'umilta`. 4) Infine una mirabile pazienza onde
valorosamente sopportare le nuove prove passive che il Signore le
manda, il che si appella purificazione di amore.

Accesa di desiderio di veder Dio, l'anima si sente come trafitta da un
dardo di fuoco ed esce in alte grida al vedersi separata da Colui che
e` da lei unicamente amato. Principia un vero martirio, martirio
dell'anima e martirio del corpo, accompagnato da ardente desiderio di
morire per non esser piu` separata dal Diletto, martirio interrotto
talora da inebrianti delizie; cosa che intenderemo meglio quando
avremo studiato la seconda notte di S. Giovanni della Croce, la notte
dello spirito.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:25
II. La notte dello spirito.

1463. La prima notte purifica l'anima a fine di prepararla ai gaudii
della quiete, dell'unione e dell'estasi; ma, prima delle delizie ancor
piu` pure e piu` durevoli del matrimonio spirituale, e` necessaria una
purificazione piu` profonda e piu` radicale, che ordinariamente avviene
durante l'unione estatica. Ne esporremo:
* 1^ il perche`;
* 2^ le dure prove;
* 3^ i lieti effetti.

1^ IL PERCHE` DELLA NOTTE DELLO SPIRITO.

1464. Per unirsi a Dio in quel modo cosi` intimo e durevole che
avviene nell'unione trasformativa o matrimonio spirituale, e`
necessario mondarsi dalle ultime imperfezioni che restano nell'anima.
Imperfezioni che, come dice S. Giovanni della Croce 1464-1, sono
di due specie: abituali le une, attuali le altre.

A) Le prime consistono in due cose: a) in affetti e in abiti
imperfetti, che sono come radici rimaste nello spirito la` dove la
purificazione del senso non pote` penetrare, per esempio certe amicizie
un po' troppo vive, che bisogna quindi sradicare; b) una certa
fiacchezza spirituale, hebetudo mentis, onde l'anima facilmente si
distrae e si versa al di fuori: difetti incompatibili coll'unione
perfetta.

B) Le imperfezioni attuali sono anch'esse di due specie: a) un certo
orgoglio e una vana compiacenza di se`, provenienti dalla copia delle
consolazioni spirituali che si ricevono; sentimenti che portano spesso
all'illusione e fanno scambiar per vere false visioni e false
profezie; b) un'eccessiva arditezza con Dio, onde si perde quel
rispettoso timore che e` tutela di tutte le virtu`.

Onde e` necessario purificare e riformare nello stesso tempo queste
tendenze; al quale intento Dio manda le prove della seconda notte.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:25
2^ PROVE DELLA NOTTE DELLO SPIRITO.

1465. A purificare e riformar l'anima, Dio lascia l'intelletto nelle
tenebre, la volonta` nell'aridita`, la memoria senza ricordi e gli
affetti immersi nel dolore e nell'angoscia. Dio, dice S. Giovanni
della Croce 1465-1, opera questa purificazione col lume della
contemplazione infusa, lume vivo in se` ma oscuro e doloroso per
l'anima, a cagione delle sue ignoranze e della sua impurita`.

A) Patimenti dell'intelletto. a) Il lume della contemplazione, vivo e
puro com'e`, offende l'occhio del nostro intelletto che e` cosi` debole
ed impuro da non poterlo sopportare; a quella guisa che l'occhio
infermo e` offeso dalla viva e chiara luce, cosi` l'anima ancora
infermiccia e` torturata e come intorpidita dalla luce divina, tanto
che la morte le parrebbe liberazione.

b) Dolore fatto piu` intenso dall'incontro del divino e dell'umano
nella stessa anima: il divino, vale a dire la contemplazione
purificatrice, la invade per rinnovarla, perfezionarla, divinizzarla;
l'umano, vale a dire l'anima coi suoi difetti, ha l'impressione come
di un annientamento e di una morte spirituale per cui deve passare
onde giungere alla risurrezione.

c) A cosiffatto dolore s'aggiunge la vista profonda della propria
poverta` e miseria; immersa la parte sensitiva nell'aridita` e la parte
intellettiva nella tenebra, l'anima e` nello stato angoscioso di chi si
trovasse sospeso in aria senza appoggio; vede anzi talora l'inferno
spalancato a inghiottirla per sempre. E` certo un parlar figurato ma
che dipinge bene l'effetto di quella luce che mostra da un lato la
grandezza e la santita` di Dio, e dall'altro il nulla e le miserie
dell'uomo.

1466. B) I patimenti della volonta` sono anch'essi ineffabili.
a) L'anima si vede priva di ogni gaudio, persuasa che sara` sempre
cosi`; neppure il confessore riesce a consolarla.

b) A sorreggerla nella prova, Dio le manda intervalli di sollievo in
cui gode di pace soave nell'amore e nella familiarita` di Dio. Ma dopo
tali momenti la dolorosa vicenda riprende e l'anima s'immagina di non
essere piu` amata da Dio, di essere da lui giustamente abbandonata: e`
il supplizio dell'abbandono spirituale.

c) In questo stato e` impossibile pregare; pregando, prova tanta
aridita` che le pare di non essere piu` ascoltata da Dio. Vi sono casi
in cui non puo` nemmeno piu` occuparsi dei suoi affari temporali, perche`
la memoria piu` non le serve: e` il legamento delle potenze che si
estende alle azioni naturali.

Insomma e` una specie d'inferno per il dolore che si prova e di
purgatorio per la purificazione che ne e` il frutto.
Coordin.
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3^ SANTI EFFETTI DELLA PURIFICAZIONE DELLO SPIRITO.

1467. A) Tali effetti sono da S. Giovanni della Croce 1467-1
compendiati cosi`:

"Questa fortunata notte offusca l'intelletto, ma non lo fa che per
illuminarlo in tutte le cose; e se l'umilia e lo rende miserabile, non
e` se non per esaltarlo e affrancarlo; e se l'impoverisce e lo vuota
d'ogni affezione naturale, e` per farlo capace di divinamente godere
della dolcezza di tutte le cose dell'alto e del basso". A spiegar
questi effetti, il Santo usa il paragone di un pezzo di umido legno
che venga gettato in un braciere, paragone che abbiamo gia` spiegato al
n. 1422.

1468. B) Li riduce quindi a quattro punti principali: a) Un ardente
amor di Dio: fin dal principio di questa notte l'anima aveva nella
parte superiore un tal amore, ma senza averne coscienza; Dio poi glie
la da`, e allora e` pronta a osar tutto e a tutto fare per piacere a
lui.

b) Un vivissimo lume: questo lume non le mostrava a principio che le
sue miserie, ond'era doloroso; ma, tolte con la compunzione coteste
imperfezioni, le mostra le ricchezze che l'anima verra` acquistando,
onde riesce consolantissimo.

c) Un gran sentimento di sicurezza: perche` questo lume la preserva
dall'orgoglio, che e` il grande ostacolo all'eterna salute, facendole
vedere che e` Dio stesso che la guida e che i patimenti da lui
inviatile le sono piu` utili dei godimenti; e mettendole infine nella
volonta` la ferma risoluzione di non far nulla che possa offenderlo e
di nulla trascurare di cio` che ne promuova la gloria.

d) Una mirabile forza per salire i dieci gradi d'amor di Dio
amorosamente descritti da S. Giovanni della Croce 1468-1 e che
bisogna diligentemente meditare, chi voglia farsi un'idea delle
mirabili ascensioni che conducono all'unione trasformativa.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:25
sez. IV. L'unione trasformativa o matrimonio spirituale.

1469. Dopo tante purificazioni, l'anima giunge finalmente a
quell'unione calma e durevole che e` detta unione trasformativa e che
pare l'ultimo termine dell'unione mistica e preparazione immediata
alla visione beatifica.

Ne esporremo:
* 1^ la natura;
* 2^ gli effetti.

I. Natura dell'unione trasformativa.

Rileviamone:
* 1^ i principali caratteri;
* 2^ la descrizione che ne fa S. Teresa.

1470. 1^ I principali caratteri sono: l'intimita`, la serenita`,
l'indissolubilita`.

A) L'intimita`. Perche` piu` intima delle altre, quest'unione si appella
matrimonio spirituale; tra sposi non v'e` segreto: e` fusione di due
vite in una sola. E tale e` l'unione che corre tra l'anima e Dio;
S. Teresa la spiega con un paragone 1470-1: "E` come l'acqua del
cielo che cade nell'acqua d'un fiume... e che con lei talmente si
confonde da non poterle piu` dividere ne` distinguere quale sia l'acqua
piovana e quella del fiume".

B) La serenita`. In questo stato non piu` estasi ne` ratti o almeno molto
rari; quelli erano svenimenti e deliqui, che sono ormai quasi
intieramente scomparsi, per far posto a quello stato dell'anima dolce
e calmo in cui vivono gli sposi sicuri ormai del loro mutuo amore.

C) L'indissolubilita`. Le altre unioni erano passeggiere, questa invece
diventa di natura sua permanente come e` del matrimonio cristiano.

1471. Ma tale indissolubilita` trae seco l'impeccabilita`? Su questo
argomento S. Giovanni della Croce e S. Teresa sono di opposto parere.
Il primo pensa che l'anima sia allora confermata in
grazia 1471-1: "Io son d'avviso che non si ha mai questo stato
senza che l'anima vi sia confermata in grazia... Sono lasciate da
parte e dimenticate tutte le tentazioni, i turbamenti, le pene, le
sollecitudini e tutti i pensieri". S. Teresa parla
altrimenti 1471-2: "Pare che io voglia dire che, quando l'anima
giunge ad aver da Dio questa grazia, sia sicura di salvarsi e di non
piu` cadere. Non dico questo; e dovunque parlassi in maniera da parere
che l'anima stia in sicurezza, s'ha da intendere finche` la divina
Maesta` la terra` cosi` di sua mano ed ella non l'offendera`. Io almeno so
di certo che quella tal persona, quantunque si vegga in questo stato e
vi duri da anni, non per questo si tiene per sicura". Il linguaggio di
S. Teresa ci pare piu` conforme a quello della Teologia, la quale
insegna che la grazia della perseveranza finale non puo` meritarsi; per
essere sicuri della propria salvezza, occorrerebbe una rivelazione
speciale, che riguardasse non solo lo stato presente di grazia ma
anche la perseveranza in tale stato sino alla morte 1471-3.

1472. 2^ La descrizione di S. Teresa contiene due apparizioni: una
di Nostro Signore e l'altra della SS. Trinita`.

A) Gesu` stesso introduce l'anima nell'ultima mansione con duplice
visione: una immaginaria e l'altra intellettuale.

a) In una visione immaginaria, che avvenne dopo la comunione, Gesu`
apparve alla Santa 1472-1 "con forma di grande splendore e
bellezza e maesta`, come dopo risuscitato".

"E le disse ch'era ormai tempo che ella prendesse le cose di lui per
sue, e che egli si darebbe pensiero di quelle di lei"... "Quindi
innanzi tu ti darai pensiero del mio onore, non solo perche` sono tuo
Creatore, tuo Re e tuo Dio, ma anche perche` tu sei mia vera sposa.
L'onor mio e` onor tuo e l'onor tuo e` onor mio" 1472-2.

b) Viene quindi la visione intellettuale: "Quello che allora Dio
comunica all'anima in un istante e` cosi` grande arcano e grazia tanto
sublime ed e` si` forte e soave il diletto che ella sente, che io non so
a che paragonarlo. Diro` soltanto che in quell'istante il Signore si
degna manifestarle la beatitudine del cielo in maniera piu` sublime di
qualsivoglia visione o godimento spirituale. Non si puo` esprimere
quanto intimamente l'anima, o piuttosto lo spirito dell'anima,
diventi, per quello che si puo` conoscere, una cosa sola con
Dio" 1472-3.

1473. B) Visione della SS. Trinita`. Introdotta l'anima in questa
settima mansione, le tre persone della SS. Trinita` in una visione
intellettuale le si mostrano con una certa rappresentazione della
verita` e in mezzo a una fiamma che, a guisa di fulgidissima nube,
viene diretta al suo spirito. Le tre divine Persone si mostrano
distinte; e l'anima, con una mirabile cognizione che le viene
comunicata, intende con assoluta certezza che tutte e tre queste
Persone non sono che una sola sostanza, una sola potenza, una sola
scienza, un solo Dio.

"Cosi`, quello che noi teniamo per fede, l'anima ivi l'intende, si puo`
dire, per vista, benche` non sia vista di occhi corporali, non essendo
questa una visione immaginativa. Qui le si comunicano tutte e tre le
divine Persone e le parlano e le svelano il senso di quel passo del
Vangelo in cui disse Nostro Signore che verra` col Padre e collo
Spirito Santo ad abitare coll'anima che l'ama e che ne osserva i
comandamenti. O mio Dio! quanto e` diverso udir queste parole e
crederle dall'intendere in questa maniera quanto son
vere! 1473-1. Ogni di` piu` si stupisce quest'anima, perche` le pare
che queste tre divine Persone non si siano da lei piu` partite e
chiaramente vede, nel modo ch'io dissi, che stanno nell'interno
dell'anima; giu` giu` nell'interno, in una cosa molto profonda, che non
sa dir come sia perche` non e` letterata, sente in se` questa divina
compagnia" 1473-2.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:26
II. Effetti dell'unione trasformativa.

1474. Unione cosi` intima e cosi` profonda non puo` che produrre
mirabili effetti di santificazione; effetti che si compendiano in una
sola parola: l'anima e` talmente trasformata in Dio che, dimentica di
se`, non si da` piu` pensiero che di Dio e della sua gloria. Quindi:

1^ Un santo abbandono nelle mani di Dio, tanto che l'anima e`
sommamente indifferente a tutto cio` che non e` Dio; nell'unione
estatica desiderava la morte per unirsi al suo Diletto, ora e`
indifferente alla vita o alla morte, purche` Dio sia glorificato: "Ogni
suo pensiero e` di piacergli sempre piu`, di trovare occasioni e mezzi
per dimostrargli l'amore che gli porta. Qui tende tutta la sua
orazione; a cio` serve questo matrimonio spirituale: che nascano sempre
opere, opere" 1474-1.

1475. 2^ Un grande desiderio di patire, ma senza inquietudine, in
perfetta conformita` con la volonta` di Dio:

"S'egli vuole che patiscano, bene; se no, non se ne affliggono piu`
come solevar [sic]. Hanno parimenti queste anime un grande godimento
interno quando sono perseguitate, con assai maggior pace di quello che
s'e` detto, e senza alcun risentimento contro coloro che fanno loro del
male e glie ne vorrebbero fare. Anzi li amano di particolare
affetto" 1475-1.

1476. 3^ Assenza di desideri e di pene interiori. "I desideri di
queste anime non sono piu` di carezze o di consolazioni... Hanno un
costante desiderio di starsene solitarie od occuparsi di cose che
siano di giovamento al prossimo. Non patiscono aridita` ne` pene
interiori, ma stanno sempre teneramente occupate di Nostro Signore e
non vorrebbero mai far altro che lodarlo" 1476-1.

1477. 4^ Assenza di ratti. "Arrivando qui l'anima, se le tolgono
tutti i ratti (s'intende quanto al perdere i sensi), fuorche` alcuna
volta, ne` soggiace piu` a quelle estasi e a quei voli dello spirito di
cui ho parlato, se non molto di rado ne` quasi mai in pubblico, cosa
prima molto ordinaria" 1477-1. Pace dunque e serenita` perfetta:
"In questo tempio di Dio, in questa mansione sua, solo Lui e l'anima
dolcemente si godono l'un l'altro in altissimo silenzio" 1477-2.

1478. 5^ Uno zelo ardente, ma circospetto, per la santificazione
delle anime. Non basta restare in questo dolce riposo, bisogna
operare, darsi all'azione, soffrire, farsi lo schiavo di Dio e del
prossimo, lavorare a progredir nelle virtu`, massime nell'umilta`,
perche` il non andare avanti e` un tornare indietro. Fare nello stesso
tempo l'ufficio di Maria e di Marta: qui sta la perfezione. Si puo` far
del bene alle anime senza uscir dal chiostro; e senza pensare a
giovare a tutto il mondo, si puo` far del bene a quelli con cui si
vive:

"E l'opera sara` tanto maggiore perche` siete loro piu` obbligate.
Pensate che sia poco giadagno se colla profonda umilta`, collo spirito
di mortificazione e di sacrifizio, colla tenera carita` per le sorelle,
coll'amore grande a Nostro Signore, le infiammerete tutte di questo
fuoco celeste e con le altre virtu` le verrete sempre piu` stimolando?
Farete molto e renderete assai grato servizio a Nostro
Signore." 1478-1.

Ma soprattutto bisogna fare queste cose per amore: "Il Signore non
guarda tanto alla grandezza delle opere quanto all'amore con cui si
fanno" 1478-2.

1479. Terminando, la Santa invita le suore ad entrare in queste
mansioni, se piace al padrone del Castello di introdurvele, ma a non
volerne sforzare l'ingresso.

"Vi avverto di non usar veruna violenza in caso di qualche resistenza,
perche` lo infastidireste per guisa che ve ne chiuderebbe l'entrata per
sempre. Egli e` molto amico dell'umilta`: riputandovi indegne di pur
entrare nelle terze mansioni, ne guadagnerete piu` presto la volonta` di
introdurvi nelle quinte; e fin di li` lo potete servire, col recarvi di
frequente ad esse, in tal maniera da meritare di essere da lui ammesse
nella stessa mansione riservata" 1479-1.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:26
SINTESI DEL SECONDO CAPITOLO.

1480. Percorse le quattro grandi fasi della contemplazione con
l'alterna loro vicenda di prove dolorose e di inebrianti dolcezze, mi
pare che ne esca sufficientemente confermata la nozione di
contemplazione infusa da noi data: "la progressiva presa di possesso
che Dio fa dell'anima col libero suo consenso.

1^ Dio s'impossessa gradatamente dell'intiera anima contemplativa:
prima della volonta` nella quiete; poi di tutte le facolta` interne
nell'unione piena; delle facolta` interne e dei sensi esterni
nell'estasi; e finalmente dell'anima intiera, non piu` di passata ma in
modo permanente, nel matrimonio spirituale.

Ora, Dio s'impossessa dell'anima per inondarla di luce e di amore e
comunicarle le sue perfezioni. a) Questa luce a principio e` debole e
dolorosa finche` l'anima non e` sufficientemente purificata; ma poi
diviene piu` forte e consolante, sebbene per la debolezza di nostra
mente rimanga sempre mista di oscurita`. Fa viva impressione perche`
proviene da Dio e perche` da` all'anima conoscenza sperimentale della
grandezza, della bonta`, della bellezza infinita di Dio, e della
piccolezza, del nulla, delle miserie della creatura. b) L'amore
largito all'anima contemplativa e` ardente, generoso, avido di
sacrifici; l'anima, obliando se stessa, vuole immolarsi per il suo
Diletto.

1481. 2^ L'anima acconsente liberamente a questo divino possesso e
si da` liberamente e giocondamente a Dio coll'umilita` piu` profonda,
coll'amore della croce per Dio e per Gesu`, col santo abbandono. A
questo modo si viene ognor piu` purificando delle sue imperfezioni, si
unisce a Dio e si trasforma in lui, onde si avvera quanto piu`
pienamente e` possibile l'ardente brama di Nostro Signore: "Ut et ipsi
in nobis unum sint" 1481-1.

Tale la vera mistica, che vuol essere ben distinta dal falso
misticismo o dal quietismo.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:26
APPENDICE: IL FALSO MISTICISMO O QUIETISMO.

1482. Accanto ai veri mistici, di cui abbiamo ora esposta la
dottrina, ci furono falsi mistici, che, sotto nomi diversi,
pervertirono il concetto di stato passivo e caddero in errori
dottrinali moralmente assai perniciosi: tali furono i Montanisti e i
Begardi 1482-1. Ma l'errore piu` famigerato fu il Quietismo, che
si presente sotto triplice forma:
* 1^ il quietismo grossolano di Molinas;
* 2^ il quietismo mitigato e spiritualizzato di Fe'nelon;
* 3^ le tendenze semiquietiste.

1^ IL QUIETISMO DI MOLINOS 1483-1.

1483. Michele Molinos, nato nella Spagna nel 1640, passo` la maggior
parte della vita a Roma, ove dissemino` i suoi errori con due opere che
ebbero molto esito: La Guida spirituale e L'Orazione di quiete.

L'errore fondamentale di Molinos sta nell'affermare che la perfezione
consiste nell'intiera passivita` dell'anima, in un atto continuo di
contemplazione e di amore che, fatto che sia, dispensa da ogni altro
atto e perfino dal resistere alle tentazioni; il suo motto e`: lasciamo
fare a Dio.

1484. Perche` si colgano meglio tutte le particolarita` di
quest'errore, contrapporremo su due distinte colonne la dottrina
cattolica e le aberrazioni di Molinos.
Dottrina cattolica. Errori di Molinos.
1) Vi e` uno stato passivo in cui Dio opera in noi colla grazia
operante; ma normalmente non ci si arriva se non dopo aver lungamente
praticato le virtu` e la meditazione. Non vi e` che una via, la via
interna o la via della contemplazione passiva, che ognuno puo`
procurarsi da se` colla grazia comune; onde bisogna entrar subito nella
via passiva e annientar cosi` le proprie passioni.
2) L'atto della contemplazione non dura che poco tempo, sebbene lo
stato che nell'anima ne risulta possa anche durare alcuni giorni.
L'atto della contemplazione puo` durare intieri anni e anche tutta la
vita, perfino nel sonno, senza essere rinnovato.
3) La contemplazione contiene in modo eminente gli atti di tutte le
cristiane virtu`, ma non ci dispensa dal fare, fuori del tempo della
contemplazione, atti espliciti di queste virtu`. La contemplazione,
essendo perpetua, dispensa da tutti gli atti espliciti delle virtu`,
che servono solo per gl'incipienti, per esempio, gli atti di fede, di
speranza, di religione, di mortificazione, la confessione, ecc.
4) L'oggetto principale della contemplazione e` Dio stesso, ma Gesu` ne
e` l'oggetto secondario, e fuori dell'atto contemplativo non si e`
dispensati dal pensare a Gesu` Cristo, mediatore necessario, ne`
dall'andare a Dio per mezzo di lui. E` imperfezione pensare a Gesu`
Cristo e ai suoi misteri; e` necessario e sufficiente inabissarsi
nell'essenza divina: chi si serve di immagini o di idee non adora Dio
in ispirito e verita`.
5) Il santo abbandono e` perfettissima virtu`, ma non deve arrivare sino
all'indifferenza riguardo alla salute eterna; che anzi bisogna
desiderarla, sperarla e chiederla. Nello stato di contemplazione
bisogna essere indifferenti a tutto, anche alla propria santificazione
e salvezza, e perdere la speranza, onde l'amore sia disinteressato.
6) Puo` avvenire nelle prove interiori che l'immaginazione e la
sensibilita` siano profondamente turbate mentre l'apice dell'anima gode
pace profonda; ma la volonta` e` sempre obbligata a resistere alle
tentazioni. Non bisogna darsi pensiero di resistere alle tentazioni;
le piu` oscene immaginazioni e gli atti che ne conseguono non sono
riprovevoli, perche` opera del demonio. Sono prove passive che i Santi
stessi esperimentarono e che bisogna guardarsi bene dal dire in
confessione. Si giunge cosi` alla purita` perfetta e all'intima unione
con Dio 1484-1.

L'esposizione che abbiamo fatto della vera dottrina cattolica ci
dispensa dal confutare questi errori. Ma dalla storia del quietismo si
puo` trarre la conclusione che, quando si vuole giungere troppo presto
alla contemplazione e ingerirvisi da se` senza aver prima mortificate
le passioni e praticate le cristiane virtu`, si cade tanto piu` bassi
quanto piu` alti si pretendeva salire: Chi vuol far da angelo finisce
con diventar bestia.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:27
2^ IL QUIETISMO MITIGATO DI FE'NELON 1485-1.

1485. Il quietismo di Molinos fu ripreso, sotto forma temperata e
spoglio delle conseguenze immorali che l'autore ne aveva tratte, dalla
Signora Guyon, che, rimasta vedova in giovane eta`, si diede con ardore
a una pieta` sentimentale e fantastica da lei detta la via dell'amor
puro. Guadagno` presto alle sue idee il barnabita P. Lacombe e poi,
fino a un certo punto, lo stesso Fe'nelon, che, nella Spiegazione delle
massime dei santi sulla vita interiore, 1697, espose un quietismo
mitigato, in cui si studiava di illustrare la dottrina del puro amore,
"carita` pura e senza mescolanza alcuna di motivo del proprio
interesse".

Tutti gli errori contenuti in questo libro si possono, a giudizio di
Bossuet, ridurre alle quattro seguenti proposizioni: 1) "Si da` in
questa vita uno stato abituale di puro amore, in cui piu` non entra il
desiderio della salute eterna. 2) Nell'ultime prove della vita
interiore puo` un'anima essere persuasa, con persuasione invincibile e
riflessa, di essere giustamente riprovata da Dio, e in questa
persuasione fare a Dio il sacrificio assoluto dell'eterna sua
felicita`. 3) Nello stato del puro amore l'anima e` indifferente alla
propria perfezione e alla pratica delle virtu`. 4) Le anime
contemplative perdono, in certi stati, la visione distinta, sensibile
e riflessa di Gesu` Cristo" 1485-2...

1486. E` certo un quietismo assai meno pericoloso di quello di
Molinos; ma le quattro proposizioni sono false e potrebbero condurre a
funeste conseguenze.

1) E` falso che ci sia sulla terra uno stato abituale di puro amore che
escluda la speranza; perche`, come giustamente dice il 5^ articolo
d'Issy 1486-1, "ogni cristiano, in ogni stato, benche` non a ogni
momento, e` obbligato a volere, a desiderare, a esplicitamente chiedere
l'eterna salute, come cosa che Dio vuole lui e vuole che vogliamo noi
per la sua gloria". -- Di vero c'e` che, nei perfetti, il desiderio
della beatitudine e` spesso regolato dalla carita` e che ci sono momenti
in cui non pensano esplicitamente all'eterna salute.

2) La seconda proposizione e` pure falsa. Vi furono, e` vero, Santi che
nella parte inferiore dell'anima ebbero impressione vivissima di
essere giustamente riprovati; ma non era persuasione riflessa della
parte superiore; e se alcuni fecero il sacrifizio condizionato
dell'eterna salute, non era pero` un sacrificio assoluto.

3) Non e` neppure esatto il dire che l'anima, nello stato di puro
amore, sia indifferente alla propria perfezione e alla pratica delle
virtu`; abbiamo invece visto che S. Teresa non cessa di raccomandare,
anche nei piu` alti stati di perfezione, lo studio di progredire e di
praticare le virtu` fondamentali.

4) In fine e` falso che negli stati perfetti si perda la vista distinta
di Gesu` Cristo. Nell'unione trasformativa, come s'e` visto al
n. 1472, S. Teresa aveva visioni della santa umanita` di Gesu`
Cristo; di vero c'e` che, in certi momenti passeggieri, non si pensa
esplicitamente a lui.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:28
3^ TENDENZE SEMIQUIETISTE 1487-1.

1487. In certi libri di pieta`, per altro ottimi, s'incontrano talora
tendenze piu` o meno quietiste, che, se fossero prese a norma di
direzione per le anime ordinarie, condurrebbero ad abusi.

L'errore principale insinuato in cotesti libri sta nell'inculcare, si
direbbe, a tutte le anime, anche alle poco progredite, disposizioni di
passivita` che non convengono veramente che alla via unitiva. Si vuol
giungere troppo presto a semplificar la vita spirituale, dimenticando
che per la maggior parte delle anime questa semplificazione non puo`
vantaggiosamente farsi se non dopo esser passate per la meditazione
discorsiva, per gli esami particolari di coscienza e per la pratica
delle virtu` morali. Siamo agli eccessi di una cosa in se` buona: si
vuole portare le anime alla perfezione molto alla svelta, sopprimendo
le tappe intermedie, e suggerendo fin da principio i mezzi che
riescono bene alle anime piu` progredite.

1488. a) Quindi, sotto pretesto di fomentare l'amor disinteressato,
non si da alla speranza cristiana il posto che le spetta; si suppone
che il desiderio dell'eterna felicita` non sia che cosa accessoria e la
gloria di Dio sia tutto. Ora, chi ben guardi, la gloria di Dio e
l'eterna felicita` sono due cose intimamente connesse; perche` la
conoscenza e l'amore di Dio sono la via a procurarne la gloria e
questa conoscenza e quest'amore costituiscono nello stesso tempo la
nostra felicita`. Onde, anziche` separarli bisogna unirli questi due
elementi, e mostrare come si conciliano e si compiono a vicenda, pur
notando che, chi li consideri separatamente, e` la gloria di Dio quella
che prevale.

b) Cosi` pure si insiste troppo sul lato passivo della pieta`: lasciare
che Dio operi in noi, che ci porti in braccio, senza aggiungere che
Dio questo ordinariamente non fa se non dopo che ci siamo lungamente
esercitati nella pieta` attiva.

c) Venendo poi ai mezzi di santificazione, si propongono quasi
esclusivamente quelli che convengono alla via unitiva: si critica, per
esempio, la meditazione metodica e scompartita, come la chiamano; le
risoluzioni particolari che, dicono, spezzano l'unita` della vita
spirituale; i minuti esami di coscienza, sostituendovi una semplice
occhiata. Ma si dimentica che gl'incipienti non arrivano
ordinariamente all'orazione di semplicita` se non per la via della
meditazione metodica; che per loro le risoluzioni generali di amar Dio
con tutto il cuore debbono essere specificate; e che per conoscere i
propri difetti e correggerli e` necessario scendere al particolare:
sono gia` abbastanza portati a contentarsi d'uno sguardo superficiale
sopra se` stessi, il quale passioni e difetti lascera` come prima.

Insomma si dimentica troppo che, prima di arrivare all'unione con Dio
e allo stato passivo, ci sono tappe parecchie da percorrere.
_________________________________________________________________
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:28
1386-1 S. Tommaso, IIa. IIae, q. 180-182; S. Bonaventura, De
triplici via^; Itinerarium mentis ad Deum; E. Susone, Le livre de la
Sagesse; Le livre de la ve'rite'; B. G. Ruysbroeck, L'Ornamento delle
Nozze spirituali (Carabba, Lanciano); Gerson, La montagne de la
contemplation; La the'ologie mystique spe'culative et pratique; Dionigi
Certosino, De fonte lucis et semitis vitae; De contemplatione; Lodovico
Blosio, Institutio spiritualis; D. A. Baker, Sancta Sophia; S. Teresa,
Autobiografia; Cammino della perfezione; Il Castello Interiore;
S. G. della Croce, La Salita del Monte Carmelo; La Notte oscura; La
fiamma d'amor viva; S. Fr. di Sales, Teotimo, l. VI-VII; Alvarez de
Paz, De vita` spirituali, t. III, l. V; M. Godinez, Praxis theologiae
mysticae; P. Lallemant, Doctrine spirituelle, Principio VII;
Scaramelli, Direttorio mistico; Ribet, La mystique divine; P. de
Maumigny, Pratique de l'oraison mentale, t. II; P. Poulain, Delle
grazie d'orazione; D. V. Lehodey, Le vie dell'orazione, P. IIIa.;
A. Sandreau, I gradi della Vita spirituale, t. II; L'e'tat mystique;
A. Maynard, Tr. de la vie inte'rieure, t. II; P. Lamballe, La
contemplation; Mgr Farges, Les phe'nome`nes mystiques; F. D. Joret, La
contemplation mystique d'apre`s saint Thomas; R. Garrigou-Lagrange,
Perfect, chre't. et contemplation.

1386-2 Sum. theol., IIa. IIae, q. 180, a. 3, ad. 1; a. 7, ad 1:
"Contemplatio pertinet ad ipsum simplicem intuitum veritatis...
principium habet in affectu, in quantam videlicet aliquis ex caritate
ad Dei contemplationem incitatur; et quia finis respondet principio,
inde est quod etiam terminus et finis vitae contemplativae habet esse in
affectu, dum scilicet aliquis in visione rei amatae delectatur, et ipsa
delectatio rei visae amplius excitat amorem".

1386-3 Teotimo o Trattato dell'amor di Dio, l. VI, c. 3.

1387-1 Le relazioni che della sua coscienza S. Teresa fece ai
suoi direttori spirituali sono varie: questa al Padre Rodrigo Alvarez
e` la piu` importante; nell'edizione spagnuola del P. Silverio e` detta
Relacion Primera ma nella versione italiana del P. Federico di
S. Antonio e` segnata Relazione IV e si trova nel t. II, Parte II, p.
205, ove mancano pero` i cinque ultimi numeri (N. D. T.).

1387-2 Autobiografia, c. XVIII, n. 9.

1387-3 La Salita del Monte Carmelo, l. I, c. 13, n. 1.

1387-4 La Fiamma d'amor viva, stanza III, v. 3, n. 42-43 (in
certe edizioni sez. 8-9).

1387-5 L'e'tat mystique, 2a. ed. 1921, p. 19-20. -- La stessa cosa
dichiara il P. Janvier (Quaresimale 1923, Ritiro, 2a. istruzione): "La
contemplazione infusa e` grazia eminente e speciale, a cui non si
giunge coi propri sforzi, ma che Dio da` a chi gli piace, quando gli
piace, e quanto gli piace". (Marietti, Torino).

1389-1 Meynard, Traite' de la Vie Inte'rieure etc. t. II, n. 159,
p. 224-227.

1389-2 L'institution spirit., c. XII, t. II, delle Opere, p.
101-103, ed. 1913.

1390-1 Sum. theol., IIa. IIae, q. 175, a. 3, ad. 1.

1390-2 Suarez, in Iam, c. 30, n. 18; "Non sunt tam facile
hujusmodi dispensationes afferendae aut extendendae. De Beatissima^ autem
Virginie pie credi potest, et quidem si alicui hoc privilegium
concessum est, illi maxime datum est".

1391-1 L. de Blois, L'Institution spirituelle, c. XII, sez. 2, p.
89-90.

1392-1 S. Teresa, Relazione al P. Rodrigo: vedi qui sopra la
nota prima, a p. 850; Cammino della perfezione, c. XXXI.

1392-2 S. Teresa, Relazione al P. Rodrigo.

1394-1 Sermo in Cant., LXXIV, 5-6.

1395-1 Joannes a S. Thoma, in Iam IIae, q. 68-70 disp. 18, n.
11-12; Joret, Vie spirituelle, sett. 1920, p. 455-456.

1397-1 Notte, l. II, c. 17.

1398-1 The'ol. mystique, c. I, sez. 3, trad. Darboy.

1398-2 Comment. de div. nomin., c. XIII, lez. 3.

1398-3 S. Tommaso, I Sent., dist. 8, q. I, a. 1 ad. 4.

1399-1 Serm. in Cantic., I, n. 11-12.

1401-1 Anche il P. Poulain, (Delle Grazie d'orazione, c. V), pur
dando questa presenza di Dio sentita come elemento fondamentale della
contemplazione, aggiunge che nei gradi inferiori (nella quiete) Dio
non fa sentir la sua presenza che in modo assai oscuro.

1402-1 S. Giovanni della Croce, La Fiamma d'amor viva, stanza
III, v. 5 e 6.

1403-1 S. Giovanni della Croce, La Fiamma ecc; stanza III, v. 3,
n. 31.

1403-2 La Fiamma, ecc, stanza III, v. 1, n. 3.

1403-3 Vita, XII, n. 5.

1404-1 Joan., XVII, 26.

1404-2 Il Teotimo, l. VI, c. 4.

1404-3 Ibid., c. 3.

1407-1 Cammino della perfezione, c. XVI, n. 8.

1408-1 Concetti sull'Amor di Dio, c. VI.

1409-1 IIa. IIae, q. 180, a. 2.

1409-2 La Salita del Monte Carmelo, l. II, c. XIII (certe
edizioni c. XV).

1409-3 Castello interiore, quarta mansione, c. II, n. 9; c. III,
n. 3.

1410-1 La Salita, l. I, c. XI, n. 3.

1411-1 "Onde dicono all'anima: "Via, lasciate queste pratiche,
non sono che oziosita` e perdita di tempo! Operate, meditate, fate atti
interiori... tutto il resto non e` che illusione ed inganno... I
maestri di spirito che operano cosi` non capiscono dunque nulla ne` del
raccoglimento ne` della solitudine spirituale dell'anima e delle sue
proprieta`. In questa solitudine Dio rassoda nell'anima queste preziose
unzioni, ed essi invece sovrappongono o frappongono altri unguenti di
piu` basso esercizio spirituale, che e` il fare che l'anima operi". (La
Fiamma, stanza III, v. 3, n. 40 e 42). Anche S. Teresa si lamenta di
quei direttori che fanno lavorare le potenze anche di domenica (Vita,
c. XIII).

1413-1 La Salita del Monte Carmelo, l. II, c. XI (in certe
edizioni XIII).

1413-2 Le spiegazioni di ognuno di questi tre segni si trovano al
c. XII (in certe edizioni XIII) della Salita.

1415-1 La Salita, l. II, c. XII, n. 6 (in certe edizioni c. XIV).

1416-1 La Salita, l. II, c. XIII (in certe edizioni c. XV).

1417-1 Congresso Carmelitano di Madrid, tema VI.

1418-1 Cf. La Me`re Suzanne-Marie de Riants de Villerey; Ami du
Clerge', 2 Agosto 1923, p. 488.

1418-2 S. J. Ribet, Mystique divine, t. I, c. X, enumera le
principali classificazioni. Alvarez de Paz ne conta 15: l'intuizione
della verita`, il concentramento interno delle forze dell'anima, il
silenzio, il riposo, l'unione, l'audizione della parola di Dio, il
sonno spirituale, l'estasi, il rapimento, l'apparizione corporale,
l'apparizione immaginaria, la visione intellettuale, l'oscurita`
divina, la manifestazione di Dio, la visione intuitiva di Dio. --
Schram ha una nomenclatura piu` completa e piu` confusa. --
Il P. Scaramelli distingue dodici gradi: raccoglimento, silenzio
spirituale, quiete, ebrieta` d'amore, sonno spirituale, ansie e sete di
amore, tocchi divini, unione mistica semplice, estasi, rapimento,
unione stabile e perfetta. (Osserva pero` lo Scaramelli che i quattro
ultimi gradi non sono altro che ampliamento dell'ottavo grado:
"L'unione semplice di amore, di cui ci accingiamo a trattare, e gli
altri gradi di orazione infusa di cui parleremo nel residuo del
presente Trattato, altro in sostanza non sono che l'unione mistica e
trasformativa che abbiamo dichiarata nei capitoli precedenti.
Differiscono pero` tra loro questi gradi di orazione, in quanto alla
maggior perfezione e in quanto al modo diverso con cui tali gradi
uniscono e trasformano l'anima in Dio". Direttorio mistico, Trattato
terzo, cap. XVII -- N. D. T.). Il P. Filippo della SS. Trinita` ne
conta sei: il raccoglimento, la quiete, l'unione ordinaria, l'impulso
divino, il rapimento, il matrimonio spirituale.

1421-1 Notte, l. I, c. X, n. 7.

1422-1 Notte, l. I, c. IX, n. 5.

1422-2 Notte, l. II, c. X, n. 1.

1422-3 Ecco un paragone atto a far capir la cosa: quando si
esamina ad occhio nudo un bicchiere d'acqua, non ci si vede nulla che
dia fastidio; ma se si guarda armati d'un potente microscopio, si
resta inorriditi alla vista dei mostriciattoli che vi si scoprono. Ora
la contemplazione e` come un microscopio che ci aiuta a conoscere
meglio i nostri difetti.

1424-1 Notte, l. I, c. IX, n. 6.

1425-1 Notte, l. I, c. X, n. 6.

1425-2 Dom Lehodey, Le vie dell'orazione (Marietti, Torino).

1426-1 Notte, l. I, c. XIII, n. 1, (in certe edizioni c. XIV).

1427-1 II Tim., III, 12.

1428-1 Notte, l. I, c. XI, n. 2, 3 (alias c. XII).

1429-1 Notte, l. I, c. XII, n. 10 (alias c. XIII).

1430-1 Notte, l. I, c. XI, n. 6 (alias c. XII).

1431-1 Notte, l. II, c. XII, n. 11, 12 (alias c. XIII).

1432-1 Matth., XXVI, 39.

1432-2 Luc., XXII, 43.

1432-3 Autobiografia, c. VIII, n. 5.

1433-1 Notte, l. I, c. X, n. 4

1434-1 Il Card. Bona (Via compendii ad Deum, c. 10, n. 6) dice
che S. Francesco d'Assisi passo` due anni in queste prove purificative;
S. Teresa diciotto; S. Chiara da Montefalco quindici; S. Caterina da
Bologna cinque; S. M. Maddalena de' Pazzi, prima cinque anni, poi
altri sedici; il V. Baldassarre Alvarez, sedici. -- Queste cifre
comprendono certo la durata delle due notti, che sono generalmente
separate da notevole intervallo di dolci consolazioni.

1435-1 Santa Teresa, nella sua Autobiografia o Vita scritta da
lei stessa in 40 capitoli, apre al capitolo 11 una parentesi, per
esporre con una graziosa similitudine quattro modi di orazione.
Assomiglia l'anima di chi si da` all'orazione a un giardino in cui il
padrone, Dio, schiantate le male erbe, ve ne pianto` delle buone,
lasciando al giardiniere, che e` l'anima, l'incarico di irrigarle,
perche` quelle tenere pianticelle crescano in bellissimi e odorosi
fiori, fra i quali poi possa il divino padrone deliziarsi. Ora, dice
la Santa, il giardiniere puo` irrigare il giardino in quattro diversi
modi: 1^ cavando l'acqua da un pozzo con un sechiello a forza di
braccia; 2^ maneggiando una macchina, poniamo la noria o la tromba;
3^ derivando acqua da una sorgente o da un fiume e conducendola nei
solchi o nelle aiuole del giardino; 4^ colla benefica pioggia del
cielo. Nel corso poi dei dieci seguenti capitoli applica la
similitudine di questi quattro modi di irrigazione, spiegando con
sapiente dottrina pratica i quattro modi di orazione che sono le
quattro mistiche acque; prima acqua: l'orazione mentale ordinaria;
seconda acqua: l'orazione di quiete; terza acqua: l'orazione di
unione; quarta acqua: l'estasi (N. d. T.).

1436-1 S. Teresa, Castello, Mansione quarta, c. III, n. 3 (vers.
del P. Federico, T. II, pag. 265).

1436-2 Relaz. al P. Rodrigo Alvarez, (versione del P. Federico,
T. II, Parte seconda, Relazione IV, pag. 205).

1436-3 Castello, Mansione quarta, c. III, n. 2, 3 (versione del
P. Federico, T. II, Parte Prima, p. 265).

1436-4 Teotimo, l. VI, c. 7 (Libreria Salesiana, Torino-Roma).

1437-1 Castello, Mans. quarta, c. III, n. 7 (versione del
P. Federico, T. II, p. 267).

1437-2 Castello, Mans. quarta, c. III, n. 5 (versione del
P. Federico, T. II, p. 266).

1438-1 Cammino della perfezione, c. XXXI, n. 2. (versione del
P. Federico, t. II, p. 218). -- La Santa non parla che della volonta`,
perche`, come regina delle facolta`, e` quella che per la prima e piu`
fortemente viene afferrata, essendo la contemplazione atto di amore
piu` che di conoscenza; ma non operando la volonta` se non illuminata
dall'intelletto, anche questo e` in qualche modo sotto il governo di
Dio.

1438-2 Vita, c. XIV, n. 3 (versione del P. Federico, T. II, Parte
1, p. 42).

1438-3 Castello, Mansione quarta, c. I, n. 13 (vers. ital., T.
II, Parte 1, p. 262).

1439-1 Castello, Mansione quarta, c. II, n. 2-5 (versione ital.,
p. 263).

1439-2 Castello, Mansione quarta, c. II, n. 6 (versione ital. p.
264).

1439-3 Vita, c. XIV, n. 4; (versione ital., T. II, Parte I, p.
42-43).

1439-4 Vita, c. XIV, n. 5.

1439-5 Vita, c. XIV, n. 6.

1440-1 Castello, Mansione quarta, c. III, n. 9 (versione
italiana, p. 267).

1442-1 S. Giov. della Croce fa osservare (Salita, l. II, c. XIV)
che il tempo corre cosi` rapido quando si gode della contemplazione,
che uno talora s'inganna sulla sua durata: cio` che pare non esser
durato che due o tre minuti puo` molto bene aver continuato di piu`.

1443-1 Cassiano aveva gia` notato queste varieta`, (Conf. X, c.
24).

1443-2 Cammino della perfezione, c. XXXI, n. 9; (versione
italiana, T. II, Parte I, p. 220).

1444-1 Vita, c. XVI, n. 4; (versione ital. T. II, Parte I, p.
49-50).

1444-2 Teotimo o Trattato dell'Amor di Dio, l. VI, c. VI
(versione del Prof. Fabre, Libreria Salesiana, Torino-Roma).

1445-1 Cammino della perfezione, c. XXXI, n. 4 e 5; (versione
italiana, T. II, Parte I, p. 219).

1446-1 Vita, c. XVII, n. 5, 6, 7; (Vers. ital. pag. 52-53).

1447-1 S. Teresa, Vita, c. XV, n. 7; (vers. ital. del
P. Federico, pag. 46).

1447-2 Teotimo, l. VI, c. 10, (Libreria Salesiana, Torino-Roma).

1449-1 Castello, Mansione quinta, c. I, n. 9; (versione italiana,
p. 271). Cfr. Vita, c. XVIII.

1449-2 Ne da` la ragione, Castello, c. I, n. 5 (versione italiana,
p. 270): "Se veramente e` unione di Dio, non puo` il demonio entrare ne`
fare alcun danno, perche` sta il Signore tanto unito e congiunto
coll'essenza stessa dell'anima, che il demonio non ardira` neppure di
avvicinarsi".

1450-1 Vita, c. XVIII, n. 11; (edizione italiana, p. 56).
"Quest'orazione, per lunga che sia, non fa danno, almeno a me non lo
fece mai. Per inferma ch'io fossi, quando Dio mi faceva questa grazia
non ricordo che mi ci sentissi mai male; anzi rimanevo dopo con gran
miglioramento".

1450-2 Vita, c. XVIII, n. 1; (versione italiana, pagg. 53-54).

1451-1 Castello, Mansione quinta, c. II, n. 2; (versione
italiana, p. 272).

1451-2 Ibid., c. II et III; (versione italiana, pagg. 273-278).

1452-1 Ibid., c. IV; (versione italiana, pagg. 278-280).

1453-1 Fidanzamento, sponsali, sposalizio, sono sinonimi nel
linguaggio dei Trattatisti di Mistica: sposalizio si oppone a
matrimonio o nozze spirituali. S. Teresa nel Castello interiore,
mansione settima, capo II, n. 2, scrive: "E` si grande la differenza
che passa tra sposalizio e matrimonio spirituale quanto quella che
passa tra sposi e quelli che non si possono piu` separare". Vedi pure
lo Scaramelli, Direttorio mistico, Trattato terzo, capo XII, n. 211.
Poiche` nel Vocabolario italiano sposalizio e` anche sinonimo di
matrimonio, si badi, parlando di mistica, a non confondere i due
termini e, ove occorra, si usi piuttosto fidanzamento. (N. d. T.)

1454-1 Teotimo, l. VII, c. IV-VI, (versione del Prof. Fabre,
Libreria Salesiana, Torino-Roma).

1456-1 Vita, c. XX, n. 3; (versione italiana, p. 61).

1456-2 Vita, c. XVIII e XX.

1458-1 Castello, Mansione sesta, c. II, n. 2; (versione italiana,
p. 284).

1459-1 Vita, c. XX, n. 7; (versione italiana, p. 62).

1459-2 Castello, Mansione sesta, c. IV, n. 2; (versione italiana,
p. 289).

1459-3 Ibid., c. IV, n. 15; (versione italiana, p. 292).

1460-1 Ibid., c. V, n. 7; (versione italiana, p. 294).

1461-1 Teotimo, l. VII, c. VII, (Libreria Salesiana,
Torino-Roma).

1464-1 Notte oscura, libro II ossia Notte dello spirito, c. II,
n. 1.

1465-1 Notte, l. II, c. V.

1467-1 Notte, l. II, c. IX, n. 1.

1468-1 Notte, l. II, c. XIX-XXII.

1470-1 Castello, Mansione settima, c. II, n. 4; (versione
italiana, p. 315).

1471-1 Cantico spirituale, stanza XXII, n. 3.

1471-2 Castello, Mansione settima, c. II, n. 9; (versione
italiana, p. 316).

1471-3 Talora il matrimonio spirituale vien celebrato con
ceremonie speciali, come scambi d'anelli, cantici angelici, ecc.; ad
esempio di S. Teresa, lasciamo da parte tutti gli accessori.

1472-1 Castello, Mansione settima, c. II, n. 1; (versione
italiana, p. 314).

1472-2 Relaz. XXV, t. II, dell'edizione critica spagnuola, p. 63.

1472-3 Castello, Mansione settima, c. I, n. 6; (versione
italiana, p. 313).

1473-1 Si notino queste espressioni che indicano bene la
differenza immensa che passa tra il semplice atto di fede e la
conoscenza o persuasione data dalla contemplazione.

1473-2 Castello, Mansione settima, c. I, n. 6; (versione
italiana, p. 313).

1474-1 Castello, Mansione settima, p. 308; (versione italiana, p.
321).

1475-1 Ibid., c. III, n. 4 e 5; (versione italiana, p. 317).

1476-1 Ibid., c. III, n. 8; (versione italiana, p. 318).

1477-1 Ibid., c. III, n. 12; (versione italiana, p. 319).

1477-2 Ibid., c. III, n. 11; (versione italiana, p. 319).

1478-1 Ibid., c. IV, n. 14; (versione italiana, p. 323).

1478-2 Ibid., c. IV, n. 15; (versione italiana, p. 323).

1479-1 Castello, Chiusa, n. 2; (versione italiana, p. 323-324).

1481-1 Joan., XVII, 21.

1482-1 P. Pourrat, La spiritualite' chre'tienne, t. I, pp. 97-99,
104-107; t. II, pp. 320-321, 327-328.

1483-1 P. Dudon, Le Quie'tiste espagnol Michel Molinos, Paris,
1921.

1484-1 Chi voglia conoscere fin dove arrivava Molinos, legga le
proposizioni estratte dai suoi libri o dalle sue dichiarazioni e
condannate da Innocenzo XI (Decreto del 28 Agosto e Constit. Caelestis
Pastor del 19 nov. 1687), in Denzinger, Enchiridion, n. 1221-1288.

1485-1 Fe'nelon, Maximes des Saints; nuova ed. di A. Che'rel, 1911;
Gosselin, OEvres de Fe'nelon, t. IV; L.Crousle', Bossuet et Fe'nelon,
1894; Huvelin, Bossuet, Fe'nelon, le quie'tisme; A. Largent, Fe'nelon,
(Diz. di Teol., t. V, col. 2138-2169).

1485-2 Vedi nell'Enchiridion del Denzinger, 1327-1349, le
proposizioni di Fe'nelon condannate da Innocenzo XII.

1486-1 Questi articoli furono redatti nel Seminario d'Issy come
risultato delle Conferenze tenute tra Bossuet, Noailles, vescovo di
Cha^lons, Fe'nelon e Tronson, 1694-1695.

1487-1 P. Jose', Etudes relig., 20 dic. 1897, p. 804; Mgr
A. Farges, Phe'n. mystiques, p. 174-184.
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Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:29
PARTE SECONDA
Le Tre Vie

LIBRO III
La via unitiva
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CAPITOLO III.

Fenomeni mistici straordinari.

1489. Descrivendo la contemplazione, lasciammo da parte i fenomeni
straordinari che spesso, a partire dall'unione estatica,
l'accompagnano: visioni, rilevazioni, ecc. E poiche` il demonio
scimmiotta le opere divine, avvengono talora nei mistici veri e nei
falsi anche fenomeni diabolici. Parleremo quindi prima dei fenomeni
divini e poi dei fenomeni diabolici.

ARTICOLO I. FENOMENI MISTICI STRAORDINARI DIVINI 1490-1.

Doppia e` la specie dei fenomeni di questo genere: quelli di ordine
intellettuale e quelle di ordine psicofisiologico.

sez. I. Fenomeni divini intellettuali.

Questi fenomeni si riducono a due principali: le rivelazioni
private e le grazie gratisdate.

I. Rivelazioni private.

Ne esporremo:
* 1^ la natura;
* 2^ le regole per distinguere le revelazioni vere dalle false.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:30
1^ NATURA DELLE RIVELAZIONI PRIVATE.

1490. A) Differenza tra le rivelazioni private e le pubbliche. La
rivelazione divina in generale e` la manifestazione soprannaturale
fatta da Dio di una verita` nascosta. Quando questa manifestazione si
fa per il bene di tutta la Chiesa si ha la rivelazione pubblica;
quando si fa per l'utilita` particolare di coloro che ne son favoriti,
si ha la rivelazione privata. Di questa sola parliamo.

Ci furono sempre, in tutti i tempi, rivelazioni private, come se ne ha
esempi nella Scrittura e nei processi di canonizzazione. Tali
rivelazioni non entrano nell'oggetto della fede cattolica, che
abbraccia unicamente il deposito contenuto nella Scrittura e nella
Tradizione, affidato all'interpretazione della Chiesa. Non vincoliamo
quindi la fede di tutti i fedeli; e quando la Chiesa le approva, non
ci obbliga a crederle, ma solo permette, come dice Benedetto XIV, che
siano pubblicate ad istruzione ed edificazione dei fedeli; onde
l'assenso che vi si deve prestare non e` atto di fede cattolica, ma
atto di fede umana fondato sull'essere queste rivelazioni probabili e
pienamente credibili 1490-2. -- Le rivelazioni private non si
possono pubblicare senza l'approvazione dell'autorita`
ecclesiastica 1490-3.

Parecchi teologi pero` opinano che le persone a cui sono fatte coteste
rivelazioni, e quelle a cui Dio fa annunziare questi voleri, possono
farne materia di atto di vera fede, purche` abbiano prove certe della
loro autenticita`.

1491. B) Come avvengono le rivelazioni. Avvengono in tre modi
diversi: con visioni, con locuzioni soprannaturali, con
tocchi divini.

a) Le visioni sono percezioni soprannaturali di oggetti naturalmente
invisibili all'uomo. Non sono rivelazioni se non quando svelano verita`
nascoste. Sono di tre specie: sensibili, immaginarie o
puramente intellettuali.

1) Le visioni sensibili o corporali od oculari, che si dicono anche
apparizioni, sono quelle in cui i sensi percepiscono una cosa reale
naturalmente invisibile all'uomo. Non e` necessario che la cosa
percepita sia un corpo in carne ed ossa, basta che sua una forma
sensibile o luminosa.

Cosi` e` cosa comunemente ammessa con S. Tommaso che Nostro Signore,
dopo l'Ascensione, non apparve personalmente se non rarissime volte;
onde le sue apparizioni sono ordinariamente in una forma sensibile che
non e` il suo vero corpo. Quando appare nell'Eucaristia, dice
S. Tommaso, la cosa si spiega in due modi: o con un'impressione
miracolosa sull'organo visivo (come avviene, per esempio, quando
contemporaneamente a uno appare in un modo e a un altro in un altro);
oppure con la formazione nell'aria circostante di una forma sensibile
e reale ma diversa dal corpo di Nostro Signore; perche`, aggiunge, il
corpo del Salvatore non puo` essere visto nella propria forma che in un
luogo solo: "Corpus Christi non potest in propria specie videri nisi
in uno loco, in quo definitive continetur" 1491-1.

Cio` che si dice di Nostro Signore vale pure per la SS. Vergine;
quindi, quando apparve a Lourdes, il suo corpo stava in cielo e nel
luogo dell'apparizione c'era soltanto una forma sensibile che la
rappresentava. Il che spiega come ora appaia in una forma e ora in
un'altra.

1492. 2) Le visioni immaginarie o immaginative sono quelle prodotte
da Dio o dagli angeli nell'immaginazione sia nella veglia sia nel
sonno. Cosi` un Angelo appare parecchie volte a S. Giuseppe durante il
sonno, e S. Teresa racconta parecchie visioni immaginative
dell'umanita` di Nostro Signore avute da lei nello stato di
veglia 1492-1; tali visioni sono spesso accompagnate da una
visione intellettuale che ne spiega il significato 1492-2. Avviene
alcune volte che si percorrono in visione terre lontane e allora si
tratta per lo piu` di visioni immaginative.

1493. 3) Le visioni intellettuali sono quelle in cui la mente
percepisce una verita` spirituale senza forme sensibili: tale fu la
visione della SS. Trinita` avuta da S. Teresa e da noi riferita al
n. 1473. Queste visioni si fanno o per mezzo di idee gia` acquisite
ma da Dio coordinate o modificate, oppure con specie infuse, che
meglio delle idee acquisite rappresentano le cose divine. A volte sono
oscure e non manifestano che la presenza dell'oggetto 1493-1; a
volte invece sono chiare ma non durano che un momento: sono come
intuizioni che lasciano impressione profonda 1493-2.

Vi sono visioni che riuniscono due o tre caratteri nello stesso tempo.
Cosi` la visione di S. Paolo sulla via di Damasco fu insieme sensibile
nel contemplare la sfolgorante luce celeste, immaginativa nel vedersi
rappresentata nell'immaginazione la fisionomia di Anania, e
intellettuale nell'intendere il volere di Dio sul conto suo.

1494. b) Le locuzioni o parole soprannaturali sono manifestazioni
del pensiero divino intese dai sensi esterni o dagli interni o
direttamente dall'intelletto. Si dicono auricolari, quando sono
vibrazioni miracolosamente formate che risuonano agli orecchi;
immaginarie, quando sono percepite dall'immaginazione; intellettuali,
quando si rivolgono direttamente all'intelletto 1494-1.

1495. c) I tocchi divini sono deliziosi sentimenti spirituali
impressi nella volonta` da una specie di contatto divino e accompagnati
da viva luce intellettuale.

Ve ne sono di due sorte: i tocchi divini ordinarii, e i tocchi divini
sostanziali, i quali, pur avvenendo nella volonta`, sono cosi` profondi
che pare si producano nella sostanza stessa dell'anima; onde quelle
espressioni dei mistici che dichiarano di aver provato un contatto di
sostanza a sostanza. Questi tocchi avvengono veramente nella parte piu`
intima della volonta` e dell'intelletto, la` dove queste facolta` si
inseriscono nella sostanza stessa dell'anima; ma e` la facolta`, non la
sostanza, quella che, secondo la dottrina di S. Tommaso, percepisce le
dette impressioni 1495-1. Quest'intima parte della volonta` e` pur
detta dai mistici cima della mente o cima della volonta` o anche fondo
dell'anima.

1496. C) Come contenersi rispetto a queste grazie straordinarie. I
grandi mistici sono unanimi nell'insegnare che non si deve ne`
desiderare ne` chiedere questi favori straordinari. Non sono infatti
mezzi necessari per giungere all'unione divina; anzi, attese le nostre
cattive inclinazioni, sono alcune volte piuttosto ostacolo all'unione
divina. Il che viene ben dimostrato specialmente da S. Giovanni della
Croce, il quale afferma che il desiderio di rivelazioni lede la purita`
della fede, alimenta una pericolosa curiosita` che e` poi fonte di
illusioni, ingombra la mente di vani fantasmi, indica spesso difetto
d'umilta` e di sottomissione a Nostro Signore, che colle pubbliche
rivelazioni ci provvide tutto cio` che e` necessario a guidarci al
cielo.

Alza quindi la voce contro quegli imprudenti direttori che fomentano
nelle anime da loro dirette il desiderio delle visioni. "Danno loro
mano -- egli dice -- perche` fissino in qualche modo gli occhi sopra di
esse; il che e` cagione che non camminino nel puro e perfetto spirito
di fede. Non le edificano ne` le fortificano piu` nella fede e si
prestano a lunghe conversazioni su tali materie, facendo con cio`
capire che ne traggono essi qualche profitto e ne fanno gran caso; e
le anime quindi fanno altrettanto; rimanendosene in quelle apprensioni
e non edificate sulla fede e vuote e nude e staccate da tali cose...
Onde nascono per lo meno molte imperfezioni, perche` l'anima non resta
piu` tanto umile, pensando che quelle visioni siano pur qualche cosa e
che ella abbia pur qualche bene e che Dio faccia caso di lei, e se ne
va contenta e anche un po' sodisfatta di se`; cio` che e` contro
l'umilta`... Questi confessori, vedendo che le dette anime ricevono
tali cose da Dio, le pregano di chiedere a Dio che dica o riveli
queste o quelle cose riguardanti loro od altri; e le povere anime lo
fanno, pensando che sia lecito il volerlo sapere per quella via... E
la verita` e` che Dio non gradisce ne` vuole tal cosa" 1496-1.

E veramente le visioni sono soggette a molte illusioni, onde e`
necessario dare delle regole per discernere le vere dalle false.
Coordin.
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2^ REGOLE PER BEN DISCERNERE LE RIVELAZIONI.

1497. A ben discernere le vere rivelazioni e scorgere l'elemento
umano che vi si puo` insinuare, occorrono regole che riguardano la
persona che riceve rivelazioni, la materia a cui si
riferiscono, gli effetti che producono, i segni che le
accompagnano.

A) Regole riguardanti la persona favorita di rivelazioni.

1498. Dio puo` certamente far rivelazioni a chi vuole, anche a
peccatori, ma abitualmente non le fa che a persone non solo fervorose
ma elevate gia` allo stato mistico. Del resto, anche per interpretare
le vere rivelazioni e` necessario conoscere le buone qualita` e i
difetti delle persone che si credono favorite di rivelazioni. Fa
quindi d'uopo studiarne le qualita` naturali e soprannaturali.

a) Qualita` naturali: 1) Quanto al temperamento: sono persone ben
equilibrate o affette da psiconevrosi o da isterismo? E` chiaro infatti
che, in quest'ultimo caso, c'e` motivo di tener per sospette le pretese
rivelazioni, essendo cotesti temperamenti soggetti ad allucinazioni.

2) Sotto l'aspetto intellettuale: si tratta di persona di buon senso,
di retto giudizio, oppure di fantasia esaltata, associata a eccessiva
sensibilita`? Di persona istruita o ignorante? E da chi venne istruita?
Le facolta` mentali non sono forse indebolite da malattia o da lunghi
digiuni?

3) Sotto l'aspetto morale: e` persona intieramente sincera o suole
amplificar le cose e qualche volta anche inventarle? E` indole calma o
appassionata?

La risposta a questi quesiti non provera` certamente se vi fu o non vi
fu rivelazione, ma aiutera` molto a giudicare del valore delle
affermazioni dei veggenti.

1499. b) Rispetto alle qualita` soprannaturali, si esaminera` se la
persona: 1) e` dotata di virtu` soda e lungamente provata o soltanto di
fervore piu` o meno sensibile; 2) se ha sincera e profonda umilta` o se
cerca invece di mettersi in mostra e dire a tutti le sue grazie
spirituali; l'umilta` e` la pietra di paragone della santita`, ov'ella
manchi e` pessimo segno; 3) se si apre delle sue rivelazioni col
direttore anziche` con altri, e se ne segue docilmente i consigli;
4) se e` gia` passata per le prove passive e pei primi gradi di
contemplazione; e soprattutto se ha le estasi della vita, ossia se
pratica le virtu` in grado eroico; Dio infatti ordinariamente riserva
le visioni alle anime perfette.

1500. Notiamo bene che l'avere una persona le dette qualita` non
prova che abbia avuto la visione o la rivelazione, ma solo ne rende
piu` credibile l'affermazione; come il non averle non prova che la
visione o la rivelazione non ci sia stata, ma la rende poco probabile.

Inoltre queste informazioni faranno piu` facilmente scoprire le
menzogne o le illusione dei pretesi veggenti. Ci sono infatti di
quelli che, per superbia o per acquistar credito, simulano
volontariamente estasi e visioni 1500-1. Altri poi, in maggior
numero, illusi dalla viva fantasia, prendono per visioni o locuzioni
interiori le proprie idee 1500-2.
Coordin.
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B) Regole riguardanti la materia delle rivelazioni.

1501. A questa specialmente bisogna badare, perche` ogni rivelazione
contraria alla fede o ai buoni costumi dev'essere inesorabilmente
rigettata, come unanimemente insegnano i Dottori appoggiati alle
parole di S. Paolo: "Quand'anche noi o un angelo dal cielo vi
annunziasse un vangelo contro quello che annunziammo a voi, sia
anatema" 1501-1. Dio infatti non puo` contraddirsi, ne` rivelar cose
contrarie a cio` che c'insegna per mezzo della Chiesa. Onde un certo
numero di regole che qui richiamiamo.

a) Bisogna considerar come falsa ogni rivelazione privata opposta a
una verita` di fede; quali sono, ad esempio, le pretese rivelazioni
spiritiche che negano molti dei nostri dommi, specialmente l'eternita`
delle pene dell'inferno. Lo stesso e` a dire se si oppongono
all'unanime insegnamento dei Padri e dei Teologi, che e` una delle
forme del mistero ordinario della Chiesa.

Se si tratta di opinione controversa fra i teologi, bisogna tener per
sospetta ogni rivelazione che pretendesse darne la soluzione; se
troncasse, per esempio, le controversie tra tomisti e molinisti;
perche` non suole Dio intervenire in cosiffatte questioni.

1502. b) Si deve pure rigettare ogni visione contraria alle leggi
morale e della decenza: come per esempio, apparizioni di forme umane
nude, un linguaggio triviale o immodesto, descrizioni minute o
particolareggiate di vizi vergognosi: cose tutte che offendono il
pudore 1502-1. Dio, che non fa rivelazioni se non a vantaggio
delle anime, non puo`, com'e` chiaro, essere autore di quelle che sono
tali da indurre al vizio.

Per questo stesso principio sono sospette le apparizioni che mancano
di decoro e di riserbo, e a piu` forte ragione tutte quelle ove appare
il ridicolo; quest'ultimo segno e` indizio di contraffazione umana o
diabolica, quali furono le manifestazioni del cimitero di San
Medardo 1502-2.

c) Neppure possono ammettersi come provenienti da Dio richieste
impossibili ad eseguire tenendo conto delle leggi di Provvidenza e dei
miracoli che Dio suol fare; Dio infatti non chiede
l'impossibile 1502-3.

C) Regole riguardanti gli effetti prodotti dalle rivelazioni.

1503. Come si giudica l'albero dai frutti, cosi` si puo` giudicar
delle rivelazioni dagli effetti che producono nell'anima.

a) Stando a S. Ignazio e a S. Teresa, la visione divina cagiona a
principio un sentimento di stupore e di paura, a cui presto succede un
profondo e durevole sentimento di pace, di gaudio e di sicurezza.
Nelle visioni diaboliche avviene il contrario; se a principio sono
causa di gaudio, succede presto turbamento, tristezza, scoraggiamento:
arti diaboliche onde il demonio fa cadere le anime.

1504. b) Le vere rivelazioni rassodano l'anima nelle virtu`
dell'umilta`, dell'obbedienza, della pazienza e della conformita` al
volere di Dio; le false generano orgoglio, presunzione, disubbidienza.

Ascoltiamo S. Teresa: 1504-1 "E` grazia che porta seco grandissima
confusione ed umilta`. Se fosse dal demonio, sarebbe tutto il
contrario. E chiaramente intendendosi che e` cosa data da Dio, perche`
nessuna industria basterebbe a dar tali sentimenti, e` impossibile che
chi l'ha pensi che sia bene suo, ma dono della mano di Dio... Dio
viene con tali grandi vantaggi e interiori effetti, che l'anima non
potrebbe recare cosi` grande giovamento all'anima; ne` essa sentirebbe
pace cosi` profondo, desideri cosi` costanti di piacere a Dio, e cosi`
grande disprezzo di tutto cio` che non la porta a lui".

1505. c) Si presenta qui la questione se si possano chiedere segni a
conferma di rivelazioni private. 1) Se la cosa e` importante, si puo`,
ma umilmente e condizionatamente, perche` Dio non e` obbligato a far
miracoli per provare la verita` di queste visioni. 2) Se gli si
chiedono, e` bene lasciarne la scelta a lui. Il buon parroco di Lourdes
aveva fatto chiedere alla Madonna di far fiorire in pieno inverno un
rosaio selvatico, miracolo che non fu concesso; ma la Vergine
Immacolata fece invece zampillare una miracolosa fonte, che doveva
guarire i corpi e le anime. 3) Bene accertato che sia il chiesto
miracolo e la sua relazione coll'apparizione, si ha una prova seria da
potervi prestar fede.

D) Regole per discernere il vero dal falso nelle rivelazioni private.

1506. Una rivelazione puo` esser vera nella sostanza e contenere
errori negli accessori. Dio non moltiplica i miracolo senza necessita`
e non corregge i pregiudizi o gli errori che possono trovarsi nella
mente dei veggenti, avendo egli di mira il loro bene spirituale e non
la loro formazione intellettuale. Cosa che intenderemo meglio
analizzando le principali cause di errori che occorrono in talune
rivelazioni private.

a) La prima causa e` la mescolanza dell'attivita` umana coll'azione
soprannaturale di Dio, massime se si tratti di fantasie e menti
vivacissime.

1) Si trovano quindi nelle rivelazioni private gli errori correnti
sulle scienze fisiche o storiche. S. Francesco Romana afferma d'aver
visto un cielo di cristallo tra il cielo delle stelle e l'empireo, e
attribuisce l'azzurro colore del firmamento al cielo delle stelle.
Maria d'Agreda credette di sapere per rivelazione che, nel momento
dell'Incarnazione, gli undici cieli Tolomaici si spalancarono per
riverenza al Verbo che discendeva ad incarnarsi nel seno di
Maria 1506-1.

2) Vi si riscontrano pure le idee e talora i pregiudizi o i sistemi
dei direttori spirituali dei veggenti. Sulla fede de' suoi direttori,
S. Coletta credette di vedere che S. Anna s'era maritata tre volte e
veniva a visitarla colla numerosa sua famiglia 1506-2. Qualche
volta le sante domenicane e francescane parlano, nelle visioni,
conforme al sistema particolare del loro Ordine 1506-3.

3) Errori storici s'insinuano pure qualche volta nelle rivelazioni.
Non suole Dio rivelare le esatte particolarita` della vita di Nostro
Signore o della SS. Vergine quando siano di scarso vantaggio alla
pieta`; ora parecchie veggenti, confondendo le pie loro meditazioni
colle rivelazioni, danno particolarita`, cifre, date, che contraddicono
a documenti storici o ad altre rivelazioni. Cosi`, nei vari racconti
della Passione, molte minute particolarita` narrate nelle visioni sono
tra loro contradittorie (per esempio il numero dei colpi ricevuti da
Gesu` nella flagellazione), oppure opposte ai migliori
storici 1506-4.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:30
1507. b) Una rivelazione divina puo` essere male interpretata.

Per esempio, avendo S. Giovanna d'Arco chiesto alle sue voci se
verrebbe bruciata, queste le risposero di rimettersene a Nostro
Signore, che l'aiuterebbe, cosicche` sarebbe liberata con grande
vittoria; ora ella pensava che cotesta vittoria fosse la sua
liberazione dalla prigione, e fu invece il martirio e l'ingresso in
paradiso. -- S. Norberto aveva dichiarato di sapere per rivelazione,
in modo certissimo, che l'anticristo verrebbe nel corso della presente
generazione (secolo XII^); e, messo alle strette da S. Bernardo, disse
che almeno non morrebbe prima di aver vista una persecuzione generale
nella Chiesa 1507-1. -- S. Vincenzo Ferreri annunziava come
prossimo il giudizio finale e pareva confermar la predizione con
miracoli 1507-2.

1508. c) Una rivelazione puo` essere inconsapevolmente alterata dal
veggente stesso nel momento in cui cerca di spiegarla, o, piu` spesso
ancora, dai suoi segretari.

S. Brigida confessa lei stessa che ritoccava qualche volta le sue
rivelazioni per spiegarle meglio 1508-1, spiegazioni che non
sempre vanno esenti da errori. Si ammette oggi che i segretari che
scrissero le rivelazioni di Maria d'Agreda, di Caterina Emmerich e di
Maria Lataste, le ritoccarono e non si sa fino a qual
segno 1508-2.

Per tutte queste ragioni, non c'e` prudenza che basti nell'esame delle
rivelazioni private.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:31
CONCLUSIONE : CONDOTTA DA TENERE RISPETTO ALLE RIVELAZIONI PRIVATE.

1509. a) Ottima cosa per noi imitare il savio riserbo della Chiesa e
dei Santi. Ora la Chiesa non ammette rivelazioni se non quando siano
bene e debitamente accertate e anche allora non le impone alla
credenza dei fedeli. Anzi, quando si tratti d'istituire una festa o di
qualche esterna fondazione, aspetta lunghi anni prima di dare il suo
giudizio, non risolvendosi se non dopo aver maturamente esaminata la
cosa in se` e in relazione col Domma e colla Liturgia.

Cosi` la Beata Giuliana di Liegi, scelta da Dio per far istituire la
festa del Corpus Domini, non ne comunico` il disegno ai teologi se non
ventidue anni dopo le prime visioni; e solo sedici anni appresso, il
Vescovo di Liegi ne istitui` la festa nella sua diocesi; e finalmente,
tracorsi sei anni dalla morte della Beata, il Papa Urbano IV la
istitui` per tutta la Chiesa (1264). Parimenti la festa del Sacro Cuore
non fu approvata che molto tempo dopo le rivelazioni fatte a
S. Margherita Maria e per motivi indipendenti da quelle rivelazioni.

E` lezione da cui imparare.

1510. b) Non si dara` quindi giudizio certo rispetto a una
rivelazione privata se non quando si avranno prove convincenti, prove
che furono molto bene compendiate da Benedetto XIV nel libro sulle
Canonizzazioni. Ordinariamente non si stia a una prova sola ma se ne
esigano parecchie, osservando pure se le prove sono cumulative e
convergenti e se si porgono vicendevolmente conferma; quanto piu` le
prove sono numerose tanto piu` si e` sicuri.

1511. c) Un direttore, che riceva confidenze in fatto di rivelazioni
e visioni, badi bene a non mostrarne ammirazione, perche` potrebbe con
cio` animare i veggenti a tenerle subito per vere e forse a
insuperbirne. Dica invece che c'e` qualche cosa di meglio delle
rivelazioni ed e` la pratica delle virtu`; che e` facile illudersi su
questo punto; che bisogna diffidare, e a principio piuttosto
rigettarle che accoglierle.

Tale la regola indicata dai Santi. Ecco cio` che scrive
S. Teresa 1511-1: "Si tratti di persone inferme o di sane, vi e`
sempre da temere in queste cose, finche` non si sia bene conosciuto lo
spirito. E dico che a principio e` sempre meglio allontanarle; perche`
se vengono da Dio, cio` serve maggiormente per andare avanti e crescono
anzi quando sono provate. La cosa e` cosi`; ma si badi a non importunar
troppo l'anima e inquietarla, perche` veramente lei non puo` far di
piu`". S. Giovanni della Croce e` ancora piu` energico; dopo aver
indicato i sei principali inconvenienti che ne verrebbero dal far
buona accoglienza a queste visioni, aggiunge: "Gode assai il demonio
quando un'anima e` facile ad ammettere rivelazioni e la vede ad esse
inclinata; perche` ha allora molta occasione e modo di insinuare errori
e derogare in cio` che gli e` possibile alla fede; perche`, come dissi,
grande indelicatezza rispetto alla fede entra nell'anima che le cerca
e talora anche forti tentazioni e sconvenienze" 1511-2.

1512. d) Il direttore pero` deve trattare con dolcezza le persone che
credono di avere rivelazioni; perche` cosi` porta` guadagnarsene la
confidenza e aver modo di piu` efficacemente conoscere le particolarita`
necessarie a dare, dopo matura riflessione, un sicuro giudizio. Se
sono illuse, avra` maggior autorita` per illuminarle e ricondurle alla
verita`.

Tal e` il consiglio di S. Giovanni della Croce, che e` pur cosi` severo
in fatto di visioni: "Si badi pero` che, se abbiamo tanto severamente
inculcato la necessita` di rigettare cosiffatte cose (visioni,
rivelazioni, locuzioni) e detto che i confessori non ne introducano
discorso con le anime, non intendiamo con cio` che ne debbano mostrare
tale disgusto e disprezzo, da dar loro occasione di avvilirsi e non
dir piu` nulla; dal che verrebbero gravi inconvenienti" 1512-1.

1513. e) Se si tratta di qualche istituzione o fondazione esterna,
il direttore badi bene di non assecondarle prima di avere
diligentemente pesate le ragioni pro e contro al lume della
soprannaturale prudenza.

Tal fu la condotta tenuta dai Santi. S. Teresa, che ebbe tante
rivelazioni, non volle mai che i suoi direttori le prendessero ad
unica norma delle loro risoluzioni. Cosi`, quando Nostro Signore le
disse per rivelazione di fondare il monastero riformato di Avila,
sottopose umilmente questo disegno al direttore e, mostrandosene egli
incerto, prese consiglio da S. Pietro d'Alcantara, da S. Francesco
Borgia e da S. Luigi Bertrando 1513-1.

Pei veggenti poi l'unica regola da tenere e` di palesare le rivelazioni
a un savio direttore e seguirne umilmente e intieramente i consigli: e`
il mezzo migliore per non smarrirsi.
Coordin.
00giovedì 24 ottobre 2013 13:31
II. Le grazie gratisdate 1514-1.

1514. Le rivelazioni di cui abbiamo parlato sono concesse
specialmente per bene proprio di chi le riceve, le grazie gratisdate
invece specialmente per bene altrui. Sono infatti doni gratuiti,
straordinari e passeggieri, conferiti direttamente a vantaggio altrui,
benche` indirettamente possano pure servire alla propria
santificazione. S. Paolo ne parla col nome di carismi; e nell'Epistola
ai Corinti ne enumera nove, tutti provenienti dallo stesso Spirito:

1515. 1) La parola della sapienza, sermo sapientiae, che ci aiuta a
trarre dalle verita` della fede, considerate come principi, conclusioni
che arricchiscono il domma.

2) La parola della scienza, sermo scientiae, che ci fa trar partito
dalle scienze umane per la spiegazione delle verita` della fede.

3) Il dono della fede, che non e` la virtu` di questo nome, ma una
certezza speciale, capace di operar prodigi.

4) Il dono delle guarigioni, gratia sanitatum, che e` il potere di
risanar gli infermi.

5) Il dono dei miracoli, o il potere di far miracoli a conferma della
divina rivelazione.

6) Il dono della profezia, o il dono d'insegnare e predicare il nome
di Dio e confermare, occorrendo, l'insegnamento o la predicazione con
soprannaturali profezie.

7) Il discernimento degli spiriti, o il dono infuso di leggere nel
segreto dei cuori e discernere il buono dal cattivo spirito.

8) Il dono delle lingue, detto anche con termine greco glossolalia,
che in S. Paolo e` il dono di pregare con santo entusiasmo in ignota
lingua straniera; secondo i teologi invece e` il dono soprannaturale di
parlar varie lingue.

9) Il dono dell'interprtazione, o il potere soprannaturale
d'interpretare i discorsi di colui che aveva il dono delle lingue, il
quale, pur soprannaturalmente parlandole, non sempre le
capiva 1515-1.

Secondo la giustissima osservazione di S. Paolo e di S. Tommaso, tutti
questi carismi sono di molto inferiori alla carita` e alla grazia
santificante.

sez. II. Fenomeni psicofisiologici.

1516. Si da` questo nome a fenomeni che operano nello stesso tempo
sull'anima e sul corpo e che si collegano piu` o meno coll'estasi di
cui abbiamo parlato al n. 1454. I principali di questi fenomeni
sono:
* 1^ la levitazione;
* 2^ le irradiazioni;
* 3^ gli effluvi odorosi;
* 4^ l'astinenza;
* 5^ le stimate.
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