Benedetto XVI si dimette il 28 febbraio

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ulisseitaca
lunedì 11 febbraio 2013 13:15
 11/02/2013 12:12 VATICANO 
E' stato lo stesso ad annunciarlo: ", sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino".

Città del Vaticano (AsiaNews) - Benedetto XVI ha deciso che si dimetterà il prossimo 28 febbraio.

E' stato lo stesso Papa ad annunciarlo personalmente, in latino, durante il concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto.

Questo l'annuncio di Benedetto XVI:

"Carissimi fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell'animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l'elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l'amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell'eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio".

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ulisseitaca
lunedì 11 febbraio 2013 13:25
ma non è una sorpresa inaspettata




"Il dovere di dimettersi":
così disse a Seewald nel
Il passaggio del libro intervista "Luce del mondo" (2010) di Peter Seewald in cui si prefigura la scelta del Papa di ritirarsi.

“Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, psicologicamente e mentalmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto ed in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi”.

ulisseitaca
lunedì 11 febbraio 2013 13:28
IL PONTIFICATO DI PAPA BENEDETTO
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8 anni nel segno della fedeImmagine pagina
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“Io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana.”. Con queste parole, il 24 aprile 2005, iniziava il suo ministero petrino Benedetto XVI. E nella Messa di inizio pontificato spiegava che “il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui”. Era stato eletto al soglio pontificio il 19 aprile 2005 all’età di 78 anni, divenendo il settimo Papa tedesco nella storia della Chiesa.

In occasione della sua prima udienza generale in piazza San Pietro, il 27 aprile, illustrava le ragioni della scelta del suo nome pontificale: “Ho voluto chiamarmi Benedetto XVI per riallacciarmi idealmente al venerato pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un periodo travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Fu coraggioso e autentico profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell'armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace è innanzitutto dono di Dio, dono purtroppo fragile e prezioso da invocare, tutelare e costruire giorno dopo giorno con l'apporto di tutti”.

Il 7 maggio 2005, nella basilica di San Giovanni in Laterano, durante la Messa di insediamento sulla cattedra del vescovo di Roma. Benedetto XVI riprese il concetto di "debole servitore di Dio": «Colui che è il titolare del ministero petrino deve avere la consapevolezza di essere un uomo fragile e debole - come sono fragili e deboli le sue proprie forze - costantemente bisognoso di purificazione e di conversione».

Nei quasi otto anni di ministero Benedetto XVI ha messo al centro la fede. Un “primato” che aveva già indicato nell’Eucaristia Pro Eligendo Romano Pontifice, quando da decano del collegio cardinalizio, l’allora cardinale Joseph Ratiznger affermava: “Adulta non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità”.
Benedetto XVI ha scritto ha scritto e promulgato tre lettere encicliche (Deus caritas est, Spe Salvi e Caritas in veritate). Inoltre, ha pubblicato quattro esortazioni apostoliche post-sinodali: la “Sacramentum Caritatis” dedicata all’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa (22 febbraio 2007); la “Verbum Domini” sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa (30 settembre 2010); “Africae munus” sulla Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace (19 novembre 2011); “Ecclesia in Medio Oriente” sulla Chiesa in Medio Oriente, comunione e testimonianza (14 settembre 2012).

Ha pubblicato tre libri personali sulla figura storica di Gesù Cristo: Gesù di Nazaret (2007), Gesù di Nazaret. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione (2011) e L'infanzia di Gesù (2012).

Oltre a numerose visite apostoliche in Italia Benedetto XVI ha compiuto viaggi apostolici in 21 paesi di tutti i continenti: è stato tre volte in Germania (il suo primo viaggio apostolico oltre confine è stato per la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia), poi in Polonia, terra di Giovanni Paolo II, in Spagna (tre viaggi, uno per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù), in Turchia, in Austria, in Francia, in Repubblica Ceca, a Malta, in Portogallo, a Cipro, nel Regno Unito, in Croazia e a San Marino. Sette i viaggi apostolici intercontinentali: in Brasile, negli Stati Uniti d'America, in Messico, a Cuba, in Australia, in Africa (Camerun, Angola e Benin), nel Libano, e in Terra Santa (Giordania e Israele).


Giacomo Gambassi

avvenire
ulisseitaca
lunedì 11 febbraio 2013 13:32
Storico, inatteso e umile ​Papa Benedetto XVI lascerà il Pontificato il 28 febbraio. Lo ha annunciato lui stesso, in latino, durante il concistoro di questa mattina per la canonizzazione dei martiri di Otranto.

Il Papa ha indicato il 28 febbraio per il termine del Pontificato e chiesto che si indica un conclave per l'elezione del successore. Il Papa ha aggiunto di essere consapevole della gravità della sua scelta, di averlo deciso in piena libertà. Il Papa ha spiegato di sentire il peso dell'incarico di Pontefice, di aver a lungo meditato su questa decisione e di averla presa per il bene della Chiesa. Nella sua allocuzione, il Papa ha compiuto un atto di umiltà. "Chiedo perdono per tutti i miei difetti", ha affermato.

"Nel mondo di oggi,soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell'animo": lo ha detto il Papa in uno dei passaggi chiave.
"Carissimi Fratelli - ha detto ancora Benedetto XVI - vi ringrazio di vero cuore per tutto l'amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinchè assista con la sua bontà materna i Padri cardinali nell'eleggere il nuovo Sommo Pontefice".
La notizia ha colto di sorpresa tutto il mondo. Anche padre Lombardi, intervenuto in una conferenza stampa, ha spiegato che "il Papa ha deciso di dare il suo annuncio in occasione del concistoro ordinario pubblico per alcune cause di canonizzazione, erano presenti tutti i cardinali che sono a Roma e molti di loro sono rimasti sorpresi dall'annuncio del Papa, quindi Benedetto XVI ha scelto questa occasione significativa nella quale parte del collegio cardinalizio era riunito".

Dove andrà Benedetto XVI quando lascerà il pontificato? "Quando inizia la sede vacante - ha detto padre Lombardi - il Papa si trasferisce prima a Castel Gandolfo e successivamente, quando sono finiti i lavori, dove c'era la sede del monastero delle suore di clausura sul Colle Vaticano".

LE REAZIONI IN PIAZZA SAN PIETRO
"State scherzando?". "Dite sul serio?". In piazza San Pietro prevale l'incredulità di fronte alla notizia della rinuncia del Papa. Una coppia di pellegrini inglesi ha detto: "Siamo molto scioccati. Siamo inglesi e cattolici e crediamo che il Papa stesse portando la Chiesa sulla strada giusta. È un giorno molto triste". Un pellegrino maltese ha infine detto che "si tratta di una brutta notizia per Malta perché il Papa è molto legato alla nostra isola".

avvenire
Credente
lunedì 11 febbraio 2013 14:19
A me personalmente dispiace molto questa notizia, anche se sono certo che il Signore saprà assistere la sua Chiesa in ogni evenienza.
Questo Papa ha saputo unire le cose del passato e quelle del presente tenendo la barca di Pietro anche in mezzo ai marosi del mondo, con l'aiuto provvidenziale del Signore.
Preghiamo che vi sia un nuovo Papa, in grado di portare avanti tutti gli impegni che lo attendono per un servizio degno del Signore
ulisseitaca
lunedì 11 febbraio 2013 14:28
AMEN
ladymira
lunedì 11 febbraio 2013 16:00
Preghiamo che vi sia un nuovo Papa, in grado di portare avanti tutti gli impegni che lo attendono per un servizio degno del Signore. Preghiamo per il nuovo papa e il per conclave, che vengano assistiti da nostro signore, mi spiace tanto per questa notizia , ma se non se la sente più, non succedeva da 7 secoli, da molto tempo quindi.






ulisseitaca
lunedì 11 febbraio 2013 20:25
Un uomo mai stato così grande
Poche battute di un'agenzia e tutto diventa, di colpo, infinitamente piccolo: gli schiamazzi della politica-cabaret, il dito medio di un allenatore, Sanremo e lo spread. Tutto ciò per cui il mondo si dimena cercando spazio da invadere e occupare è divenuto, in un attimo, impercettibile, al cospetto di un uomo che mai è stato così grande. L’amore autentico, infatti, quando arde nel cuore, brucia tutto quello che ne è sprovvisto.

L’amore rende giustizia alla verità e smaschera la menzogna, con la forza dirompente che oggi si è abbattuta sul mondo esplodendo fulminea da poche, semplici, parole: "Per il bene della chiesa". Oggi un uomo ha consegnato se stesso per amore dell’umanità. Oggi i nostri occhi hanno contemplato il Getsemani e il Golgota nel bel mezzo del Vaticano, e il Signore offrirsi di nuovo per ogni uomo di questa perduta generazione. Oggi Pietro, il dolce Cristo in terra, ci ha presi per mano, uno ad uno, e, pur lasciandoci sgomenti, ci ha detto la parola più forte, la più profondamente umana perché limpidamente divina: la parola della Croce, stoltezza e scandalo per l’orgoglio mondano, sapienza potente per l’umiltà di chi cerca e spera la salvezza.

Nelle sue dimissioni, infatti, sono registrate le dimissioni da padre e da madre, da figli e da figlie, da uomini e da donne, da persone uniche e irripetibili, di tutti coloro che la menzogna del demonio sta inghiottendo senza pietà in ogni angolo del mondo. Le nostre dimissioni dinanzi alle urgenti responsabilità dell’amore, quelle che nascondiamo e, orgogliosamente, non riusciamo a rassegnare, sono tutte li, sulla soglia del paradiso. Le ha consegnate il nostro Papa, nelle sue «dimissioni vicarie», con le quali di nuovo Cristo ha bussato oggi alla porta del Padre per consegnargli i limiti della forze umane, e, con essi, le debolezze, le cadute, il groviglio di dolore e morte di questa generazione, perché tutti possano essere di nuovo «assunti» alla dignità e alla santità per le quali sono stati creati. Amore per la chiesa, infatti, significa amore per ogni uomo, l’unico autentico, gratuito, disinteressato. Amore per il bene di ciascuno, senza distinzione. E non vi è che un bene, assoluto, definitivo, eterno: Cristo. È Lui il bene della Chiesa, per il quale il Papa si è dimesso. Altro non sappiamo, altro non ci interessa. Per Cristo, e perché Egli possa essere annunziato e così giungere ad ogni uomo, Benedetto XVI ha deciso di lasciare il pontificato.

"Che cos'è un uomo perché te ne curi, un figlio dell’uomo perché te ne dia pensiero?" recita il salmo 8. Che poi soggiunge: "eppure lo hai fatto poco meno degli angeli, di onore e di gloria lo hai coronato, tutto hai messo sotto ai suoi piedi". Che cos'è un Papa? Che cosa siamo ciascuno di noi, che cerchiamo disperatamente di divenire i papi delle nostre famiglie, dei nostri uffici, dei nostri bar? Nulla, siamo "nulla più il peccato" diceva Santa Teresa d'Avila. E nessuno, neanche un Papa, sfugge a questa verità.

"Eppure" Benedetto XVI, proprio oggi è apparso, nella sua esile figura e nelle poche parole pronunciate, coronato di gloria e di onore; tutto, finanche il pontificato, vediamo oggi messo sotto i suoi piedi. È caduto sotto il peso della Croce, come Gesù, e ci ha dischiuso il cammino della libertà. Un uomo, infatti, è tanto più grande quanto più accoglie con amore la propria piccolezza e la consegna a Cristo. Oggi il Papa lo ha fatto, per amore nostro, spingendoci a guardare più in alto di lui, e di ciascuno di noi. Lo abbiamo riscoperto oggi contemplando il grave e difficile passo compiuto da Benedetto XVI, e non ci è sembrato mai così chiaro: nulla è più originalmente cristiano che «lasciare» tutto a Dio nella certezza che Lui fa bene ogni cosa; ora lo sappiamo, la potenza dell’amore si manifesta pienamente nella debolezza, soprattutto in quella di chi, umilmente, rassegna le dimissioni consegnando se stesso, la Chiesa e ogni uomo, all’unico Maestro, il Buon Pastore che ha dato la sua vita per le sue pecore.

di Antonello Iapicca

lanuovabq
ulisseitaca
lunedì 11 febbraio 2013 20:40
La libertà di un uomo afferrato da Cristo

Con questo gesto, tanto imponente quanto imprevisto, il Papa ci testimonia una tale pienezza nel rapporto con Cristo da sorprenderci per una mossa di libertà senza precedenti, che privilegia innanzitutto il bene della Chiesa. Così mostra a tutti di essere totalmente affidato al disegno misterioso di un Altro.

Chi non desidererebbe una simile libertà?

Il gesto del Papa è un richiamo potente a rinunciare a ogni sicurezza umana, confidando esclusivamente nella forza dello Spirito Santo, come se Benedetto XVI ci dicesse con le parole di san Paolo: “Sono persuaso che colui che ha iniziato in voi questa opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” (Fil 1,6).

Attraverso l’annuncio del Papa, il Signore ci domanda di trapassare ogni apparenza, attraversando tutto l’entusiasmo umano con cui avevamo salutato l’elezione di Benedetto XVI e con cui lo abbiamo seguito in questi otto anni, grati per ogni sua parola.

Desiderando di vivere la stessa esperienza di immedesimazione con Cristo che ha dettato al Papa questo atto storico per la vita della Chiesa e del mondo, accogliamo anche noi con libertà e pieni di stupore questo estremo gesto di paternità, compiuto per amore dei suoi figli, affidando la sua persona alla Madonna affinché continui a esserci padre dando la vita per l’opera di un Altro, cioè per l’edificazione della Chiesa di Dio.
Con tutti i fratelli, insieme a Benedetto XVI, domandiamo allo Spirito di Cristo di assistere la Chiesa nella scelta di un padre che possa guidarla in un momento storico così delicato e decisivo».
di Julian Carron

lanuovabq
ulisseitaca
martedì 12 febbraio 2013 10:20

“Una scelta d’amore, coraggioso gesto di libertas in veritate”
Dichiarazione del presidente Martinez sulle dimissioni del Papa Benedetto XVI

Benedetto XVI - Clicca per ingrandire...

La notizia delle dimissioni del Pontefice Benedetto XVI ha suscitato in me e nel RnS tutto stupore, dolore e commozione. Il Papa della Caritas in veritate si congeda così dal mondo intero all'insegna della libertas in veritate, con un coraggioso quanto sorprendente (non si dica "inaspettato", dal momento che più volte il Pontefice ne aveva ipotizzato la possibilità) gesto di libertà nella verità. La sua non è una fuga dalla responsabilità di un Pontificato terribilmente esigente quanto ad efficienza richiesta, piuttosto l'umile, coscienziosa, veritiera espressione di una responsabilità che non potendo più essere onorata nella pienezza del servizio richiesto e non potendo essere delegata ad alcun altro Vescovo o Cardinale, può solo essere rimessa nelle mani del Collegio cardinalizio, perché sia lo Spirito Santo ad indicare chi dovrà governare la Chiesa. Il Papa è il solo Vicario di Cristo e a nessuno è concesso di vicariarlo! Certo la decisione di Benedetto XVI pone alla Chiesa, che di tradizioni plurisecolari vive, la "sfida" di scegliere il Successore di Pietro non post mortem e d'intendere ora, in modo adeguato "cosa lo Spirito le chiede" di compiere. Benedetto XVI, chiamato alla guida della Chiesa dopo il Pontificato "magno" del Beato Giovanni Paolo II, si era autodefinito "umile operaio nella vigna del Signore", offrendoci in modo inequivocabile la nozione di Papato come "servizio" e non come "potere". E il servizio richiede non solo la piena donazione di sé, ma energie, forze, dinamismo che Pontificati precedenti a quello del Beato Giovanni XXIII non avevano prima mai conosciuto, registrando una progressiva accelerazione, impressionante con l'inizio del terzo millennio. Dunque la necessità di essere "operativi" sui molteplici e complessi scenari della globalizzazione, la cura pastorale della Curia Romana, l'effettiva vicinanza alle Chiese e ai fedeli di ogni angolo della terra, hanno portato Benedetto XVI, in retta coscienza non a lasciare la Chiesa, ma a lasciarla nelle mani di un nuovo Pontefice. Immaginiamo quanta sofferenza e quanta umiliazione abbiano accompagnato la decisione assunta dal Successore di Pietro. Prenderne atto, seppure con dispiacere, significa intanto ringraziare il Signore per il dono di questi otto anni di Pontificato, grazie ai quali la Chiesa ha ritrovato una nuova, lucida passione per la fede in Gesù e per tutte le sue coerenti applicazioni. Ci stringiamo al Papa con grande affetto filiale e riconoscente, memori dei grandi doni che ha voluto elargire alla "famiglia del Rinnovamento", in ultimo, proprio nei giorni scorsi, il dono della Fondazione Vaticana "Centro Internazionale Famiglia di Nazareth" a noi affidata per la diffusione del Magistero della Chiesa nel mondo, in special modo in Terra Santa. Da questo momento il Rinnovamento nello Spirito indice un tempo speciale di preghiera di intercessione, denominato "Muro di Fuoco", che vedrà coinvolte tutte le Diocesi d'Italia, a sostegno del Papa e della Chiesa tutta. Non è tempo di dietrologie: il Papa ci invita a guardare avanti. Lui ha aperto per noi la porta della fede con una forza testimoniale rara. L'ha varcata per primo e ora chiede a noi di proseguire il cammino. La nostra cattolicità è cum Petro. Oggi, più che mai, siamo debitori alla Chiesa di amore e di comunione. E non vogliamo perdere la gioia della speranza, seppure oggi tribolata, come Benedetto XVI ci ha chiesto di fare sin da quando si è presentato al mondo il giorno della sua elezione.

rns-italia
Credente
martedì 12 febbraio 2013 13:29
Raccolgo rilancio questo bell'articolo di V.Messori

L'offerta della sofferenza e della preghiera: una risposta a tre domande

 

Titolo di et-et.it

di Vittorio Messori

Ci sarà tutto il tempo per analisi, bilanci, previsioni. Oggi, ancora sconcertati, cercheremo solo di dare una possibile risposta a tre domande che ci sono subito sorte.

Innanzitutto: perché, un simile annuncio, proprio in questo giorno di febbraio? Poi:  perché in una riunione di cardinali annunciata come di routine? Infine: perché il luogo scelto per il ritiro da papa emerito?

Riflettendoci, dopo la sorpresa quasi brutale tanto è stata imprevista (e per tutti, nella Gerarchia stessa), mi pare si possano azzardare delle possibili spiegazioni.

L’11 febbraio, ricorrenza della prima apparizione della Vergine a Lourdes, è stata dichiarata dall’<<amato e venerato predecessore>>, come sempre lo ha chiamato, Giornata mondiale del malato. Ha detto Ratzinger, nel latino della breve e sconvolgente dichiarazione: <<Sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino>>. 

Terenzio, e poi Seneca, Cicerone e tanti altri avevano ricordato mestamente:senectus ipsa est morbus, la vecchiaia stessa è una malattia. Dunque, è infermo comunque chi, come lui, il prossimo 16 aprile compirà 86 anni. Ha aggiunto, infatti:  <<Il vigore del corpo e dell’animo negli ultimi mesi in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato>>. Quale giorno più adeguato, dunque, per prendere atto davanti al mondo della propria infirmitas di vegliardo di quello dedicato alla Madonna di Lourdes, protettrice dei malati? In fondo, anche in questo vi è un segno di solidarietà fraterna per tutti coloro che, per morbi o per anni, non possono più contare sulle proprie forze.

Ma perché (è la seconda domanda) dare l’annuncio, ex abrupto, proprio in un  concistoro di cardinali per decidere la glorificazione dei martiri di Otranto, massacrati dalla furia dei turchi musulmani? Non crediamo che vi sia qui un qualche richiamo alla violenza di un certo islamismo, attuale ora come nel XV secolo della strage in Puglia. Crediamo, piuttosto, che in questi mesi Benedetto XVI abbia meditato sul primo e solo caso di abdicazione formale di un pontefice nella storia della Chiesa, quello del 13 dicembre 1294, da parte di Celestino V. Vi erano stati, nei “secoli bui“ dell’Alto Medio Evo alcuni casi di rinuncia papale, ma in circostanze oscure e sotto la pressione di minacce e di violenze. Ma solo Pietro da Morrone, l’eremita strappato a forza alla sua cella ed elevato al soglio pontificio, abdicò liberamente ed  ufficialmente, adducendo anch’egli soprattutto l’età più che ottuagenaria e la debolezza che ne conseguiva. Prima di compiere l’inedito passo, aveva consultato discretamente i maggiori canonisti che gli confermarono che la rinuncia era possibile,  ma andava fatta “davanti ad alcuni cardinali“. E’ proprio quanto ha deciso di fare Benedetto XVI, che non aveva che quel precedente cui rifarsi: precedente del resto, spiritualmente sicuro, in quanto il buon Pietro fu dichiarato santo dalla Chiesa e non meritava davvero l’accusa di “viltade“ lanciatagli contro dal ghibellino Dante per sue ragioni politiche. Insomma, in mancanza di altre regole, papa Ratzinger, sempre rispettoso della Tradizione, si è rifatto a quelle stabilite otto secoli fa dal  confratello di cui voleva condividere il destino. Probabilmente, non è casuale anche il fatto che l’imprevisto annuncio sia stato letto solo in latino, quasi per richiamarsi anche in questo a quel precedente lontano.

Ma, per venire alla terza domanda, per quale ragione, dopo un breve soggiorno a Castelgandolfo (deserto, e dunque disponibile, durante la sede vacante) il già Benedetto XVI si ritirerà in quello che è stato un  monastero di clausura, all’interno delle Mura Vaticane? Questo, almeno, il programma annunciato dal portavoce, padre Lombardi. Non sappiamo se quella sistemazione sarà definitiva ma, in ogni caso, neppure questa è una scelta casuale. Dicono le ultime parole dell’annuncio di ieri: <<Anche in futuro vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio>>. Negli anni di pontificato ha ripetuto spesso: <<Il cuore della Chiesa non è dove si progetta, si amministra, si governa, ma è dove si prega>>.

Dunque, il suo servizio alla Catholica non solo continua ma, nella prospettiva di fede, diventa ancor più rilevante: se non ha scelto un eremo lontano -magari nella sua Baviera o in quella Montecassino cui aveva pensato papa Wojtyla come estremo rifugio- è forse per testimoniare, anche con la vicinanza fisica alla tomba di Pietro, quanto voglia restare accanto a quella Chiesa cui vuole donarsi sino all’ultimo. Né è casuale, ovviamente, l’aver privilegiato mura impregnate di preghiera come quelle di un monastero di clausura. Comunque, se la sistemazione in Vaticano sarà stabile, la discrezione proverbiale di Joseph Ratzinger assicura che non vi sarà alcuna interferenza col governo del successore. Siamo del tutto certi che rifiuterà pure il ruolo di un “consigliere“ carico di anni ma anche di esperienza e di sapienza, pure se ci dovessero essere richieste esplicite del nuovo papa regnante. Nella sua prospettiva di fede, il solo vero “consigliere“ del pontefice è quello Spirito Santo che, sotto le volte della Sistina, ha puntato su di lui il dito.

Ed è proprio in questa prospettiva religiosa che vi è, forse, risposta a un altro interrogativo: non era più “cristiano“ seguire l’esempio del beato Wojtyla, cioè la  resistenza eroica sino alla fine, piuttosto che quello del pur santo Celestino V? Grazie a Dio, molte sono le storie personali, molti i temperamenti, i destini, i carismi, i modi per interpretare e vivere il vangelo. Grande, checché ne pensi chi non la conosce dall’interno, grande è la libertà cattolica. Molte volte, l’allora cardinale mi ripeté, nei colloqui che avemmo negli anni, che chi si preoccupa troppo della situazione difficile della Chiesa (e quando mai non lo è stata?) mostra di non avere capito che essa è di Cristo, è il corpo stesso di Cristo. A Lui, dunque, tocca dirigerla e, se necessario, salvarla. <<Noi>> mi diceva <<siamo soltanto, parola di Vangelo, dei servi, per giunta inutili. Non prendiamoci troppo sul serio, siamo unicamente strumenti e, in più, spesso inefficaci. Non arrovelliamoci, dunque, per le sorti della Chiesa: facciamo fino in fondo il nostro dovere, al resto deve pensare Lui>>.

C’è anche, forse soprattutto, questa umiltà, nella decisione di passare la mano: lo strumento sta per esaurirsi, il Padrone della messe (come ama chiamarlo, con termine evangelico) ha bisogno di nuovi operai, che vengano dunque, purché consapevoli essi pure di essere solo dei sottoposti. Quanto ai vecchi ormai estenuati, diano il lavoro  più prezioso: l’offerta della sofferenza e l’impegno più efficace. Quello della preghiera inesausta, attendendo la chiamata alla Casa definitiva. 

ulisseitaca
martedì 12 febbraio 2013 13:42
il Padrone della messe (come ama chiamarlo, con termine evangelico) ha bisogno di nuovi operai, che vengano dunque, purché consapevoli essi pure di essere solo dei sottoposti.

e allora preghiamop il padrone della messe perchè mandi nuovi operai nella sua vigna
ladymira
martedì 12 febbraio 2013 15:31
Sarà stata una decisione lunga e sofferta,non accadeva da 7 secoli ha dello storico e dell'epico
ulisseitaca
mercoledì 13 febbraio 2013 20:27
LA RINUNCIA DI BENEDETTO XVI: UN PASSO INDIETRO? NO, UN PASSO AVANTI
Nel cuore di ciascuno di noi almeno per un attimo c'è stata delusione, ma i criteri di giudizio solo umani devono lasciare il posto a quelli di ordine trascendente
di Tommaso Scandroglio

Ogni parola del Papa, lo sappiamo bene, deve essere letta con attenzione, perché colui che parla e scrive è il Vicario di Cristo sulla Terra. Ma a maggior ragione quando lo scritto riguarda "una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa" quale quella presa da Benedetto XVI poche ore fa. Ogni riga e parola assume quindi un significato non solo giuridico, oppure programmatico o meramente biografico, bensì anche di ordine soprannaturale.
Leggiamo un passaggio dell'annuncio del Papa: "Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando". [...] Il Pontefice ha scelto questa seconda strada.
Da una parte quindi la sofferenza, sia fisica che soprattutto morale e spirituale. Quest'ultima non è difficile intuire che è nata nel cuore di Benedetto XVI dal constatare che la barca di Pietro è sempre più piena d'acqua anche perché molti suoi occupanti provocano nello scafo continue falle. Una sofferenza sopportata e vivificata dalla preghiera e offerta come strumento di santificazione per tutta la Chiesa.
Dall'altra le opere e le parole, cioè la vita attiva, l'evangelizzazione, la concretezza dei progetti pastorali, i discorsi, le lettere, le encicliche e molto altro che la sofferenza impedisce di portare a termine. Da una parte una candela che si consuma nel dare luce sino alla fine, dall'altra la scelta pragmatica non di arrendersi agli anni che passano ma di passare il testimone per il bene maggiore della Chiesa.
Dobbiamo essere sinceri: nel cuore di ciascuno di noi almeno per un attimo c'è stata delusione, mista a costernazione, come se ci fossimo sentiti traditi da una scelta che a pelle sentiamo di minor pregio (come non pensare agli apostoli increduli e scandalizzati di sapere il loro Maestro morto in croce?). "Rinuncia" è infatti il termine che più hanno in bocca i commentatori, una parola che sa di sconfitta. Il Papa ha gettato la spugna ed ha vinto il mondo, ci viene quasi da dire. Meglio ha fatto Giovanni Paolo II che ha lottato sino alla fine ed è rimasto al suo posto – quel posto a cui è stato chiamato da Dio - fino alla morte.
Ma quando si tratta del Vicario di Cristo e quando, come in questo caso, si tratta del teologo Joseph Aloisius Ratzinger, i criteri di giudizio solo umani devono lasciare il posto a quelli di ordine trascendente, evitando di cedere a facili riduzionismi. Qui non abbiamo l'amministratore delegato di Eni che ha lasciato il posto per motivi di salute. Qui stiamo parlando del successore di Pietro che deve condurre gli uomini verso la salvezza. È dal Cielo che occorre guardare tutta questa vicenda.
Allora dato che lo stesso Pontefice ha sottolineato il fatto che la sua decisione non assomiglia ad un'agevole scorciatoia ma esito di reiterati esami di coscienza fatti al cospetto di Dio ("dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio") dobbiamo nutrire la certezza che la sua decisione è quella che Dio stesso gli ha indicato. Il criterio che Benedetto XVI ha seguito è l'unico valido da seguire non solo per decisioni di questo calibro ma per qualsiasi decisione di qualsiasi Papa: il maggior bene della Chiesa.
Il martirio, il consumarsi sino allo stremo è via obbligatoria solo se Dio lo chiede perché in quella circostanza e per quella persona è la via più efficace per contribuire al bene della Chiesa. Ma parimenti il passaggio di testimone. Cosa serve ora alla Chiesa? La testimonianza della sofferenza o le opere compiute da chi non è ancora intaccato in modo sensibile nella propria vigoria fisica e interiore? Chi meglio del Papa può rispondere a questo interrogativo? E Benedetto XVI ha dato la risposta che Dio gli ha ispirato nel cuore. Allora in questa prospettiva la scelta del Papa è stata la via indicata dalla Provvidenza, non un passo indietro ma un passo avanti nel misterioso cammino dell'economia della salvezza.
Un pontificato vissuto come la Via Crucis di Gesù, se vogliamo, è più facile da interpretare, più alla nostra portata da decifrare, perché richiama immediatamente un atto eroico, una identificazione confortante e quasi plastica con il Crocefisso. La via dell'umile nascondimento – "un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore" si definì il Papa appena eletto – del riconoscimento che oggi la barca di Pietro ha bisogno di vigorosi rematori comporta per noi un maggior sforzo per quel muscolo spirituale che è la fede, proprio quella virtù teologale che il Papa ci ha chiesto di meditare e approfondire quest'anno.
In questo senso la decisione del Sommo Pontefice ci obbliga a privilegiare la prospettiva teologica – e Ratinger è teologo - ed in particolare quella escatologica orientata alla salvezza eterna, prospettiva più ardua da assumere. In quest'angolo di visuale ultramondano forse si nasconde anche l'indicazione che dobbiamo assegnare valore più che alla persona di Joseph Ratzinger al munus, all'ufficio di Pontefice che non muore mai perché passa da uomo a uomo, al di là delle contingenze, delle sofferenze e degli acciacchi. E dunque per paradosso la rinuncia di Benedetto XVI fa risplendere ancor di più l'importanza del ruolo di Pontefice, più che mettere l'accento sull'uomo che lo Spirito Santo ha scelto perché temporaneamente assuma questo altissimo incarico. Un ufficio che richiama quella frase della Bibbia piena di mistero: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedec».
La scelta di Benedetto XVI allora rimanda in modo trascendente alla perennità del ministero petrino, ministero che rimarrà fino alla fine dei tempi perché Cristo è eternamente vivo e dunque altrettanto vivo deve essere l'ufficio di Vicario. Ma nello stesso tempo la decisione del Papa ci fa riflettere sulla caducità dell'essere umano, lui sì stretto d'assedio da infiniti limiti.

Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 11-02-2013
Pubblicato su BastaBugie n. 284
ladymira
giovedì 14 febbraio 2013 13:22
Grande uomo, avrà avuto i suoi buoni motivi, per dimettersi, preghiamo e non mi stancherò di ripeterlo,per il nuovo papa, Benedetto XVI sei un grande , ti voglio bene , che Dio ti benedica, qualunque scelta e strada farai nella vita.
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