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SCRITTI PATRISTICI PER LA LITURGIA FESTIVA (anno A)

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2017 10:21
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05/04/2011 08:51
 
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La Chiesa ha sapientemente disposto un itinerario che durante l'anno aiuta i credenti a concentrare la loro attenzione su un particolare tema che aiuti la crescita della fede.

I testi scritti dai Padri della Chiesa possono fornire un contributo notevole per aiutarci a seguire ancora meglio le tematiche che vengono man mano proposte durante l'anno liturgico in concomitanza delle domeniche e delle maggiori ricorrenze.
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05/04/2011 08:55
 
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I DOMENICA DI AVVENTO ANNO A

Letture: Isaia 2,1-5
Romani 13,11-14
Matteo 24,37-44

1. L`incertezza della fine è stimolo alla vigilanza.

Quando verrà l`anticristo, i malvagi e coloro che disperano della salvezza si abbandoneranno ancor piú ai loro turpi piaceri. Allora vi saranno orge, canti e danze sfrenate, ubriachezza. Ecco perché cita quell`esempio che si adatta ottimamente alla situazione: quando Noè costruiva l`arca, gli uomini non credevano al diluvio, benché l`arca esposta alla vista di tutti preannunciasse le sventure che dovevano accadere, tutti, nonostante ciò, si davano ai piaceri, come se nulla di terribile dovesse succedere. Allo stesso modo, all`apparire dell`anticristo, seguirà la fine coi suoi castighi e tormenti intollerabili. Eppure gli uomini, in preda all`ebrezza della loro malvagità, non saranno affatto intimoriti da quello che accadrà. Ecco perché anche Paolo afferma che, come una donna incinta è colta all`improvviso dalle doglie del parto, allo stesso modo si verificheranno quei terribili e irrimediabili mali...
"Riflettete bene: Se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte il ladro debba venire, veglierebbe certamente e non lascerebbe spogliare la sua casa. Quindi voi state preparati, perché il Figlio dell`uomo verrà in quell`ora che meno pensate" (Mt 24,43-44). Non rivela quel giorno perché siano vigilanti e sempre pronti, e dichiara che in quell`ora che meno pensano allora egli verrà, perché siano sempre preparati alla battaglia e costantemente dediti alla virtù. Le sue parole in definitiva vogliono dire questo: se gli uomini conoscessero il momento della loro morte, si preparerebbero con grande impegno e con ogni cura per quell`ora.
Ma allo scopo di non limitare il loro fervore a quel giorno, non rivela né il giorno del giudizio universale, né il giorno del giudizio particolare volendo che essi siano costantemente in attesa e sempre fervorosi: ecco il motivo per cui lascia nell`incertezza la fine di ciascun uomo... Mi pare inoltre che intenda scuotere e confondere i pigri, che non hanno per la loro anima tutto quell`impegno che manifestano invece per le loro ricchezze quelli che temono l`assalto dei ladri. Costoro, quando suppongono la visita dei ladri, stanno in guardia per impedire che sia sottratto alcunché della casa. Voi al contrario - sembra dire Cristo - benché sappiate che il vostro Signore verrà sicuramente, non vigilate né state pronti per evitare di essere portati via da questo mondo impreparati. Quel giorno, pertanto, verrà a rovina di coloro che dormono. Se infatti il padrone sapesse il momento del furto, lo impedirebbe; cosí anche voi, se foste pronti, evitereste di essere colti di sorpresa.

(Giovanni Crisostomo, In Matth. 77, 2 s.)


2. Esser pronti all`incontro con il Signore

"Tieniti pronto all`incontro col Signore, o Israele, poiché egli viene" (Am 4,12).
E anche voi, fratelli, tenetevi pronti, perché "il Figlio dell`uomo verrà nell`ora che non pensate" (Lc 12,40).
Nulla è piú certo che egli verrà, ma nulla piú incerto di quando egli verrà. Infatti, è cosí poco in nostro potere conoscere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta (cf.At 1,7) che non è dato neppure agli angeli che lo assistono conoscere il giorno né l`ora (cf.Mt 24,36). Anche il nostro ultimo giorno verrà, è certissimo; ma quando, dove o come sopraggiungerà, questo è molto incerto; noi sappiamo soltanto, come è stato detto prima di noi: per i vecchi, esso è alla porta, mentre per i giovani è in agguato. E almeno vegliassero su sé stessi coloro che vedono la morte pronta ad entrare anzi, che la vedono già entrare. Che non è forse già parzialmente entrata quando alcune parti del corpo sono già morte? E tuttavia in molti semimorti è dato vedere ancora viva la brama del mondo; le membra diventano fredde, e l`avarizia l`arde: la vita finisce, ma l`ambizione si prolunga. Visto che a noi pure, cui forse l`età o la salute sembrano promettere piú lungo spazio, quanto meno la morte si profila all`orizzonte, tanto piú allora, se noi siamo saggi, ci deve apparire piccola cosa. Affinché non accada che quel giorno ci sorprenda all`improvviso incauti e non preparati come un ladro nella notte (cf.1Ts 5,2). Poiché esso sta in agguato, tanto piú va temuto quanto meno lo si può vedere o ci se ne può guardare. Per cui l`unica sicurezza è quella di non esser mai sicuri; giacché il timore, non tenendo all`erta, fa stare sempre pronti, finché la sicurezza prenda il posto del timore e non il timore quello della sicurezza...
Com`è bello, fratelli, e quale beatitudine, non solo rimanere sicuri di fronte alla morte, ma altresí trionfare con gloria per la testimonianza della coscienza; ...aprire con gioia al Giudice che viene e che bussa alla porta. Allora invero si vedranno, ahimè, gli uomini come me tremare per la paura; chiedere una dilazione, e non ottenerla; voler comprare con lacrime di penitenza dell`olio per la coscienza e non averne il tempo; voler evitare quei vizi spettrali e non poterlo; volersi nascondere nel corpo davanti alla collera che tuona, ed essere costretti a uscirne. Esalerà, "esalerà il suo spirito", e il peccatore "ritornerà alla terra" donde venne: "In quel giorno svaniranno tutti i loro disegni" (Sal 145,4). So che è della condizione umana essere turbati al momento decisivo della partenza; quando anche i perfetti non vogliono essere spogliati, ma rivestire il loro vestito di gloria sull`altro, e coloro che non si sentono colpevoli, poiché non per questo si trovano giustificati, sono costretti a temere un giudizio di cui ignorano il contenuto. Ma che la mia anima sia turbata a motivo della sua condizione, o per mancanza di santità, o per timore del giudizio, dice il giusto: Tu, o Signore, ricordati della tua misericordia, invia la tua misericordia e la tua verità, e libera la mia anima dai lioncelli, e io che prima ero turbato, poi in pace mi corico e subito mi addormento (cf.Sal 41,7)...
Pertanto "tieniti pronto", o vero "Israele, per l`incontro col Signore", affinché non solo quando viene e bussa tu gli apra, ma quando ancora è lontano tu gli vada incontro allegramente e col cuore pieno di gioia, e avendo fiducia per il giorno del giudizio, tu preghi con tutta l`anima che venga il suo regno. Se dunque in quel momento vuoi essere trovato pronto, "prima del giudizio preparati la giustizia" (Sir 18,19) secondo il consiglio del Saggio; sii pronto a compiere ogni opera buona e non meno pronto a sopportare aualsiasi male...
Tu dunque "vieni incontro a me" (Sal 58,5-6), che ti vengo incontro; poiché io non posso elevarmi alla tua altezza, se tu chinandoti "all`opera delle tue mani non mi porgi la destra" (Gb 14,15). "Vienimi incontro e vedi se c`è via di menzogna in me" (Sal 58,6; 138,24); e se trovi in me una "via di menzogna" che io ignoro, "allontanala" e avendo misericordia di me, con la tua legge guidami sulla via eterna (cf.Sal 138,24) cioè Cristo, che è la via per la quale si va e l`eternità alla quale si perviene, la via immacolata, la beata dimora.

(Guerric d`Igny, III serm. 1-2)
[Modificato da Coordin. 12/01/2017 10:21]
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05/04/2011 08:56
 
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II DOMENICA DI AVVENTO ANNO A

Letture: Isaia 11,1-10
Romani 15,4-9
Matteo 3,1-12


1. La figura del Battista

In quei giorni venne Giovanni a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: "Pentitevi, perché il regno dei cieli è vicino", ecc. In Giovanni bisogna esaminare il luogo, la predicazione, il vestito, il cibo, e ciò per ricordarci che la verità dei fatti non è compromessa, se la ragione di una intelligenza interiore soggiace al compimento dei fatti. Avrebbe potuto esserci, per lui che predicava, un luogo piú opportuno, un vestito piú comodo e un cibo piú appropriato, ma sotto i fatti c`è un esempio nel quale l`atto compiuto è di per sé una preparazione. Giunge infatti nel deserto della Giudea, regione deserta quanto alla presenza di Dio, non del popolo, e vuota quanto all`abitazione dello Spirito Santo, non degli uomini, di modo che il luogo della predicazione attestava l`abbandono di coloro ai quali la predicazione era stata indirizzata. Siccome il regno dei cieli è vicino, egli lancia anche un invito a pentirsi, grazie al quale si torna indietro dall`errore, ci si distoglie dalla colpa e ci si impegna a rinunziare ai vizi dopo averne arrossito, perché egli voleva che la deserta Giudea si ricordasse che doveva ricevere colui nel quale si trova il regno dei cieli, per non essere piú vuota in futuro, a condizione di essersi purificata dai vizi di un tempo mediante la confessione del pentimento. La veste intessuta anche con peli di cammello sta a indicare la fisionomia esotica di questa predicazione profetica: è con spoglie di bestie impure, alle quali siamo pareggiati, che si veste il predicatore di Cristo; e tutto ciò che in noi era stato in precedenza o inutile o sordido è reso santo dall`abito di profeta. Il circondarsi di una cintura è una disposizione efficace per ogni opera buona, nel senso che abbiamo la nostra volontà cinta per ogni forma di servizio a Cristo. Per cibo inoltre egli sceglie delle locuste che fuggono davanti all`uomo e che volano via ogni volta che ci sentono arrivare: siamo noi, quando ci allontaniamo da ogni parola dei profeti e da ogni rapporto con essi lasciandoci analogamente portar via dai salti dei nostri colpi. Con una volontà errante, con opere inefficaci, con parole lamentose, con una dimora da stranieri, noi siamo ora quel che costituisce il nutrimento dei santi e l`appagamento dei profeti, essendo scelti nello stesso tempo del miele selvatico per fornire proveniente da noi, il cibo piú dolce, estratto non dagli alveari della Legge, ma dai nostri tronchi di alberi silvestri.
Predicando dunque in quest`abito, Giovanni chiama i Farisei e i Sadducei che vengono al battesimo "razza di vipere": li esorta a produrre un "frutto degno di penitenza" e a non gloriarsi di "avere Abramo per Padre", perché Dio, da pietre, è capace di suscitare figli ad Abramo. Non è richiesta infatti la discendenza carnale, ma l`eredità della fede. Pertanto il prestigio della discendenza consiste nel carattere esemplare delle azioni e la gloria della razza è conservata dall`imitazione della fede. Il diavolo è senza fede, Abramo ha la fede; l`uno infatti ha dimostrato la sua cattiva fede al tempo della disobbedienza dell`uomo, l`altro invece è stato giudicato mediante la fede. Si acquisiscono dunque i costumi e il genere di vita dell`uno o dell`altro grazie all`affinità di una parentela che fa sí che quanti hanno la fede sono discendenza di Abramo per la fede, e quanti non l`hanno sono mutati in progenie del diavolo per l`incredulità, giacché i Farisei sono chiamati razza di vipere e il gloriarsi di avere un padre santo è loro vietato, giacché da pietre e rocce sorgono figli ad Abramo ed essi sono invitati a produrre frutti degni di penitenza, di modo che coloro che avevano avuto prima per padre il diavolo ridiventino figli d`Abramo per la fede con quelli che sorgeranno dalle pietre. La scure posta alla radice degli alberi testimonia il diritto della potenza che agisce in Cristo, perché essa indica che, abbattendo e bruciando gli alberi sterili, si prepara la rovina dell`inutile incredulità in vista della conflagrazione del giudizio. E col pretesto che l`opera della legge era ormai inutile per la salvezza e che egli si era presentato come messaggero a coloro che dovevano essere battezzati in vista del pentimento il dovere dei profeti, infatti, consisteva nel distogliere dai peccati, mentre era proprio di Cristo salvare i credenti,Giovanni dice che egli battezza in vista del pentimento, ma che verrà uno piú forte, i cui sandali egli non è degno di incaricarsi di portare, lasciando agli apostoli la gloria di portare ovunque la predicazione, poiché ad essi era riservato di annunciare coi loro bei piedi la pace di Dio. Fa dunque allusione all`ora della nostra salvezza e del nostro giudizio, quando dice a proposito del Signore: "Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco" - poiché a quanti sono battezzati in Spirito Santo resta di essere consumati dal fuoco del giudizio - "e avendo in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile". L`opera del ventilabro consiste nel separare ciò che è fecondo da ciò che non lo è. Messo nella mano del Signore, indica il verdetto della sua potenza che calcina col fuoco del giudizio il grano che deve essere riposto nei granai e sono i frutti giunti a maturità dei credenti e, d`altra parte, la pula, vacuità degli uomini inutili e sterili.

(Ilario di Poitiers, In Matth. 2, 2-4)



2. La preghiera deve essere unita alle opere

E ancora, coloro che pregano non si presentino a Dio con preghiere spoglie, non accompagnate da frutti. E` inefficace la preghiera a Dio, se è sterile. Come ogni albero che non dà alcun frutto è tagliato e gettato nel fuoco (cf. Mt 3,10), cosí pure una preghiera che non ha frutto non può propiziarsi Iddio, non essendo feconda di opere. Appunto la divina Scrittura dice: "Buona è la preghiera unita al digiuno e all`elemosina" (Tb 12,8).
Ecco, colui che nel giorno del giudizio renderà a ciascuno il premio per le sue opere ed elemosine, oggi ascolta benigno colui che viene alla preghiera con le opere.

(Cipriano di Cartagine, De orat. dom. 32)


3. La tolleranza nella Chiesa

Abbi oltremodo per certo e non dubitare in alcun modo, che il campo di Dio è la Chiesa cattolica, e nel suo recinto sono contenuti, sino alla fine del mondo, la paglia assieme al grano, cioè si mischiano, nella comunione dei sacramenti, buoni e cattivi; e in ogni ufficio, sia di chierici, come di monaci o di laici, ci sono, insieme, buoni e cattivi. Né sono da abbandonare i buoni per il fatto che ci sono i cattivi, ma in considerazione dei buoni, devono essere tollerati i cattivi nella misura richiesta dalla fede e dalla carità, cioè, se nella Chiesa non spargono semi di eresia, o con esiziale imitazione non portano i fratelli a qualche malvagia impresa. Neppure è possibile che chi nella Chiesa cattolica crede con rettitudine e vive bene si macchi mai del peccato di altri, se egli non o,rfre a colui che pecca né consenso, né favore. Ed è ben utile che i cattivi siano tollerati, all`interno della Chiesa, dai buoni, se con essi si agisce cosí, vivendo bene e ammonendo bene, affinché vedendo e sentendo le cose che sono buone, essi guardino le proprie opere malvagie, e giudicando sé stessi da Dio per le proprie opere malvagie si ravvedano; e cosí, prevenuti dal dono della grazia, arrossiscano delle loro iniquità, e per la misericordia di Dio si convertano ad una vita buona. Ora poi, per la diversità delle opere, nella Chiesa, in quanto cattolica, i buoni devono essere separati dai cattivi, affinché con coloro con i quali comunicano i divini sacramenti non abbiano in comune le cattive opere, per le quali questi sono biasimevoli. Alla fine del mondo, per certo, i buoni dovranno essere separati dai cattivi anche nel corpo, quando verrà Cristo col "ventilabro in mano e pulirà la sua aia e ammasserà il suo grano nel granaio, e brucerà la paglia col fuoco inestinguibile" (Mt 3,12), allorché con giusto giudizio separerà i giusti dagli ingiusti, i buoni dai cattivi, i retti dai perversi; e metterà i buoni alla destra, i cattivi alla sinistra, e pronunciata dalla sua bocca di giudice giusto ed eterno l`immutabile sentenza, i cattivi tutti "andranno al fuoco eterno, i giusti poi alla vita eterna" (Mt 25,46); i cattivi bruceranno sempre col diavolo, i giusti invece regneranno senza fine con Cristo.

(Fulgenzio di Ruspe, De fide ad Petrum, 86)
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05/04/2011 08:56
 
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III DOMENICA DI AVVENTO

Letture: Isaia 35,1-6a.8a.10
Giacomo 5,7-10
Matteo 11,2-11

1. I discepoli di Giovanni

E` evidente ormai a tutti che i discepoli del precursore avevano un certo risentimento nei confronti di Gesù, e che avevano sempre manifestato gelosia nei suoi confronti. Questo loro atteggiamento era già apparso evidente da quanto avevano detto al loro maestro: Colui che era con te di là dal Giordano, cui tu hai reso testimonianza, eccolo che battezza e tutti accorrono a lui (cf.Gv 3,26). In un`altra circostanza vi fu anzi una disputa tra i discepoli di Giovanni e i Giudei a proposito della purificazione, ed i primi si ayvicinarono a Gesù chiedendogli: Perché noi e i Giudei digiuniamo spesso e i tuoi discepoli non digiunano affatto? (cf.Mt 9,14).
Essi infatti non sapevano ancora chi era il Cristo e ritenevano che Gesù fosse un semplice uomo, mentre stimavano moltissimo Giovanni e lo consideravano più che un uomo: pertanto sopportavano amaramente che la fama di Gesù crescesse a discapito di quella del loro maestro, secondo le parole che Giovanni stesso aveva pronunziate. E questa gelosia impediva loro di accostarsi e di credere in Gesù: l`invidia era come un muro che sbarrava loro la via per arrivare al Salvatore. Finché Giovanni era con loro, li esortava e li ammoniva spesso, ma con scarso successo. Quando infine Giovanni si rende conto, in prigione, che la sua morte è vicina, allora compie un supremo sforzo per convincere i suoi discepoli ad abbandonare ogni invidia verso Gesù e a riconoscere in lui il Salvatore. Teme di lasciar loro qualche motivo per una falsa idea e che essi per sempre restino separati da Cristo. In realtà, lo scopo profondo di tutta la sua predicazione, sin dall`inizio, era stato quello di condurre tutti i suoi discepoli al Salvatore. Ma siccome essi non si persuadevano, compie ora che la sua morte è imminente quest`ultimo, più efficace tentativo. Se avesse detto ai suoi discepoli di andare da Gesù perchè‚ era più grande di lui, l`attaccamento che essi avevano per il loro maestro li avrebbe indotti a non obbedire a un tale ordine. Avrebbero considerato il suo invito come una conseguenza della sua umiltà, il che li avrebbe spinti, anziché ad abbandonarlo, a raddoppiare il loro affetto per lui. E neppure avrebbe ottenuto qualcosa di più se avesse taciuto. Che risolve di fare allora? Non gli resta altro che attendere ch`essi personalmente costatino i miracoli che Gesù va compiendo e tornino a riferirglieli. Allora non li esorta e non li invia tutti da Gesù: sceglie i due che ritiene più disposti a credere, in modo che le loro domande non dimostrino prevenzione e sospetto e comprendano, da ciò che vedranno, quale differenza vi è tra lui e il Cristo. Andate - dice ai due discepoli - e chiedete a Gesù: "Sei tu dunque colui che ha da venire, oppure dobbiamo aspettarne un altro?" (Mt 11,3). Cristo, che capisce subito il vero motivo per cui Giovanni gli ha mandato questa ambasciata, non risponde direttamente alla domanda dei due: - Si, sono io, - benchè‚ sarebbe stato logico che facesse così. Egli sa che una simile diretta dichiarazione li avrebbe feriti nella stima che avevano per Giovanni, e preferisce perciò lasciare che i due discepoli riconoscano chi egli è dagli stessi miracoli che compie sotto i loro occhi. Il Vangelo narra infatti che, dopo l`arrivo dei discepoli di Giovanni, Gesù guarì molti malati. Quale altra conseguenza avrebbero potuto trarre i messi di Giovanni da questa sua indiretta risposta alla loro domanda? Il Salvatore si comporta così perché sa benissimo che la testimonianza delle opere è ben più attendibile e meno sospetta di quella delle parole. Insomma, Gesù Cristo, essendo Dio, e ben conoscendo i motivi per cui Giovanni gli aveva invitato i suoi discepoli, guarisce ciechi, zoppi, e altri infermi, non per dimostrare a Giovanni la sua reale natura - perchè‚ avrebbe dovuto manifestarlo a Giovanni che già credeva e gli obbediva? - ma soltanto per ammaestrare i seguaci del precursore che ancora nutrivano dubbi. Per questo, avendo sanato rnolti infermi, disse loro: "Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete; i ciechi recuperano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, ai poveri si annunzia la buona novella. E beato è colui che non troverà in me occasione di scandalo" (Mt 11,4-6). Con queste parole mostra chiaramente di conoscere i loro segreti pensieri.

(Giovanni Crisostomo, In Matth. 36, 1-2)


2. Elogio del Precursore

Ma ascoltiamo quello che [Gesù] dice di Giovanni, dopo che i discepoli di questo si sono allontanati: "Cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento?" (Mt 11,7). Così dicendo certamente intendeva negare, non affermare. La canna, infatti, alla brezza più lieve si piega in un`altra parte. E cosa s`intende per canna se non un animo carnale, che appena è sfiorato dalla lode o dal biasimo subito si piega da questa o da quella parte? Se infatti dalla bocca degli uomini soffia il vento della lode, si rallegra, si riempie di orgoglio e tutto si strugge in tenerezza. Ma se da dove veniva il vento della lode soffia il vento del biasimo, subito s`inclina dall`altra parte accendendosi d`ira. Giovanni però non era una canna agitata dal vento, poiché‚ non si lasciava blandire dal favore né il biasimo lo irritava, da qualunque parte venisse. La prosperità non lo rendeva orgoglioso e le avversità non potevano prostrarlo. Pertanto, Giovanni non era una canna agitata dal vento, dal momento che nessuna vicissitudine umana riusciva a smuoverlo dalla sua fermezza. Impariamo perciò, fratelli carissimi, a non essere come una canna agitata dal vento, rafforziamo l`animo nostro in mezzo ai soffi delle lingue, e rimanga inflessibile lo stato della mente. Nessun biasimo ci spinga all`ira, nessun favore ci inclini a una sterile debolezza. La prosperità non ci faccia insuperbire, le avversità non ci turbino, di modo che, radicati in una solida fede, non ci lasciamo smuovere dalla mutevolezza delle cose transitorie.
Così continua ad esprimersi [Gesù] riguardo a Giovanni: "Ma che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito di morbide vesti? Ecco, quelli che portano morbide vesti abitano nei palazzi dei re" (Mt 11,8). Infatti descrivono Giovanni vestito con peli di cammello intrecciati. E cos`è questo: "Ecco, quelli che portano morbide vesti abitano nei palazzi dei re", se non un dire apertamente che quanti rifuggono dal soffrire amarezze per amore di Dio e sono dediti soltanto alle cose esteriori, militano non per il regno celeste, ma per quello terreno? Nessuno dunque creda che nel lusso e nella preoccupazione delle vesti non ci sia alcun peccato, poiché se non ci fosse colpa, il Signore non avrebbe affatto lodato Giovanni per l`asprezza delle sue vesti...
E già Salomone aveva detto: "Le parole dei savi sono come pungoli, e come chiodi piantati profondamente" (Qo 12,11). A chiodi e a pungoli sono paragonate le parole dei sapienti, perché esse non sanno accarezzare le colpe dei peccatori, ma bensì le pungono.
"Ma chi siete andati a vedere nel deserto? Un profeta? Sì, vi dico; e più che un profeta" (Mt 11,9). E` infatti compito del profeta predire le cose future, non indicarle. Giovanni è più che un profeta, perché indicò, mostrandolo, colui del quale nel suo ufficio di precursore aveva profetato. Ma poichè‚ [Giovanni] non è una canna agitata dal vento, poiché non è vestito di morbide vesti, poiché‚ il nome di profeta non basta a dire il suo merito, ascoltiamo dunque in che modo possa essere degnamente chiamato. Continua [il Vangelo]: "Egli è colui del quale sta scritto: Ecco io ti mando innanzi il mio angelo, perché prepari la tua via dinanzi a te" (Ml 3,1). Ciò che in greco viene espresso col termine angelo, tradotto, significa messaggero. Giustamente, dunque, viene chiamato angelo colui che è mandato ad annunziare il sommo Giudice: affinchè‚ dimostri nel nome la dignità dell`azione che compie. Il nome è certamente alto, ma la vita non gli è inferiore.

(Gregorio Magno, Hom. 6, 2-5)
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05/04/2011 08:57
 
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IV DOMENICA DI AVVENTO
Letture: Isaia 7,10-14
Romani 1,1-7
Matteo 1,18-24



1. La nuova Eva

Di fatto, Maria dette i natali senza il concorso di un uomo. Cosí come all`origine, Eva è nata da Adamo senza che vi sia stato incontro carnale, del pari è successo per Giuseppe e Maria, la Vergine sua sposa. Eva mise al mondo l`assassino Caino, Maria il Vivificatore. Quella mise al mondo colui che sparse il sangue di suo fratello (cf.Gen 4,1-16), questa colui il cui sangue fu sparso dai suoi fratelli. Quella vide colui che tremava e fuggiva a causa della maledizione della terra (cf.Gen 4,10-14); questa colui che, avendo assunto su di sé la maledizione, la inchiodò alla croce (cf.Col 2,14). Il concepimento della Vergine ci insegna che colui che, senza legame di carne, ha messo al mondo Adamo facendolo uscire dalla terra vergine, ha anche formato senza legame di carne il secondo Adamo nel seno della Vergine. Il primo Adamo era ritornato nel seno di sua madre da questo secondo Adamo, che non vi ritornò, colui che era sepolto nel seno di sua madre, ne fu tratto.
Maria cercava di convincere Giuseppe che il suo concepimento era opera della Spirito, ma egli non le credette, perché era cosa insolita. Al vedere in lei, nonostante la sua gravidanza, un atteggiamento sereno, "egli, nella sua giustizia, non voleva denunciarla pubblicamente" (Mt 1,19); ma non per questo fu maggiormente disponibile ad accettarla, come marito, visto che pensava che si fosse unita ad un altro. Decise perciò «nella sua giustizia», di non prenderla, ma anche di non calunniarla. Cosí "un angelo gli apparve e gli disse: Giuseppe, figlio di David" (Mt 1,20). Cosa meravigliosa che lo chiami, anche lui, «figlio di David»!, ricordandogli il primo dei suoi antenati, David, al quale Dio aveva promesso che "dai frutti delle sue viscere" (Sal 132,11), avrebbe suscitato il Messia secondo la carne. "Non temere di prendere Maria come tua sposa, perché ciò che è in lei è opera dello Spirito Santo" (Mt 1,20). E se tu dubiti del concepimento senza legami carnali della Vergine, ascolta le parole di Isaia: "Ecco, la vergine concepirà" (Is 7,14). E quelle di Daniele: "La pietra si staccò senza l`aiuto delle mani" (Dn 2,34). Non si tratta di quest`altra parola: "Guardate la montagna e i pozzi" (Is 51,1). Qui, in effetti, si tratta dell`uomo e della donna; là, invece, è detto: «Senza l`aiuto delle mani». Cosí come, per Eva, Adamo aveva ricoperto il ruolo di padre e di madre, del pari Maria per Nostro Signore.

(Efrem, Diatessaron, 2, 2 s.)


2. La cooperazione della natura umana alla redenzione

Per questo motivo il Verbo di Dio, incorporeo ed incorruttibile ed immateriale, si calò nella nostra dimensione, benché mai neppure prima ne sia stato lontano, dal momento che, unito com`è al Padre suo, non ha lasciato alcuna parte della creazione vuota di sé e riempie ogni cosa.
Il Verbo di Dio si degna cosí di venire e di manifestarsi a noi, in virtù della sua filantropia nei nostri confronti. Vedendo che gli esseri ragionevoli si perdono e che la corruzione della morte regna su di loro; vedendo che la minaccia formulata da Dio contro la trasgressione trova efficace realizzazione attraverso questa corruzione e che sarebbe assurdo che questa legge venisse violata prima ancora d`esser compiuta; vedendo come fosse disdicevole che le opere di cui egli era l`autore fossero distrutte; vedendo la soverchiante cattiveria degli uomini accrescersi pian piano ai danni di loro stessi e divenire intollerabile; vedendo che tutti gli uomini si rendevano schiavi della morte, il Signore ebbe pietà della nostra stirpe e si fece misericordioso nei rispetti della nostra debolezza. Volle rimediare alla nostra corruzione e non sopportò che la morte la spuntasse su di noi, amnché la sua creatura non perisse e l`opera compiuta dal Padre suo, nel creare gli uomini, non si dimostrasse inutile. Assunse dunque un corpo, ed un corpo che non è diverso dal nostro. Egli, infatti, non ha voluto semplicemente «trovarsi in un corpo», come non ha voluto unicamente «mostrarsi»: in quest`ultimo caso, altrimenti, avrebbe potuto realizzare questa teofania in un essere piú potente d`un uomo. Il Signore assume, invece, un corpo come il nostro, né si accontenta semplicemente di rivestirsene, ma vuole farlo nascendo da una vergine senza colpa né macchia, che non conosceva uomo, prendendo cosí un corpo puro e del tutto incontaminato da qualsiasi unione carnale. Benché onnipotente e demiurgo dell`universo, all`interno di questa vergine egli si edifica il proprio corpo come un tempio e, manifestandosi e dimorando in esso, se ne serve come d`uno strumento. Dal nostro genere, pertanto, il Signore acquista una natura analoga alla nostra e, allo stesso modo come tutti noi siamo condannati alla corruzione ed alla morte, non diversamente anch`egli, per il beneficio di tutti, consegna il proprio corpo alla morte, presentandolo al Padre; e tutto questo egli conduce a termine per filantropia.
In tal modo, dal momento che tutti muoiono in lui (cf.Rm 6,8), la legge della corruzione, diretta contro gli uomini, sarà infranta. Essa, infatti, dopo aver esercitato tutto il suo potere sul corpo del Signore, da quell`istante non sarà piú in grado di infierire sugli uomini, essendo ormai costoro simili a lui.
Il Verbo di Dio, pertanto, ripristina nell`incorruttibilità quegli uomini che erano divenuti nuovamente preda della corruzione. Appropriandosi d`un corpo, egli dona loro una nuova vita e li riscatta dalla morte. In virtù della grazia della risurrezione, il Signore fa sparire la morte lontano dagli uomini, come un fuscello di paglia distrutto nel fuoco.
Il Verbo, dunque, costatava che la corruzione degli uomini non poteva assolutamente esser cancellata, se non attraverso la morte. D`altronde, essendo immortale e figlio del Padre, non era possibile che il Verbo potesse morire. Pertanto egli si riveste di un corpo suscettibile di morire affinché, partecipando del Verbo che sta al di sopra di tutto, questo corpo sia in grado di morire per tutti e, d`altronde, grazie al Verbo che ha preso dimora in lui, rimanga incorruttibile e faccia ormai cessare in tutti, in virtù della risurrezione, la corruzione. Cosí, come nel sacrificio d`una vittima innocente, egli offre alla morte questo corpo, dopo essersene spontaneamente rivestito, e, tosto, fa sparire la morte in tutti i suoi simili, attraverso l`offerta d`una vittima somigliante a loro.
E` giusto che il Verbo di Dio, superiore com`è a tutti, offrendo il suo tempio e lo strumento del suo corpo come prezzo del riscatto per tutti, paghi, con la sua morte, il nostro debito. Cosí, unito a tutti gli uomini attraverso un corpo simile al loro, il Figlio incorruttibile di Dio può a giusta ragione rivestire tutti gli uomini d`incorruttibilità, promettendo altresí loro la risurrezione. La corruzione stessa della morte, perciò, non ha piú alcun potere contro gli uomini, grazie al Verbo che dimora fra questi, in un corpo simile al loro.
Allorché un re illustre fa il suo ingresso in una grande città e prende dimora in una delle sue case, questa città si sente oltremodo onorata, né nemici né briganti, ormai, marceranno piú contro di essa per devastarla e vien fatta oggetto d`ogni attenzione per il fatto che il re risiede in una sola delle sue case. Cosí avviene anche al riguardo del re dell`universo: da quando egli è venuto nella nostra terra ed ha abitato un corpo simile al nostro, ogni iniziativa dei nemici contro gli uomini ha avuto termine e la corruzione della morte, che per lungo tempo aveva imperversato contro di essi, è scomparsa. Il genere umano sarebbe completamente perito, se il Figlio di Dio, signore dell`universo e salvatore, non fosse disceso a porre termine alla morte.

(Atanasio, De incarnat. Verbi, 8 s.)
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05/04/2011 08:58
 
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IL NATALE E IL PERIODO NATALIZIO

Il più antico cenno della festa del Natale, celebrata a Roma nel giorno 25 dicembre, la riporta il calendario di Filocalos dell`anno 354, ma l`analisi interna del documento dimostra che la festa veniva celebrata già prima dell`anno 336. Fu scelto il giorno 25 dicembre visto che in quel giorno si celebrava una festa pagana in onore del «Sole Invincibile». I cristiani hanno sostituito le cerimonie pagane con la solennità della nascita di Cristo, il Sole di Giustizia. Già nel secolo IV troviamo la nuova festa in Africa, ad Antiochia, a Costantinopoli e in Egitto, ma solamente nel VI/VII secolo sarà ammessa in Palestina.
Secondo una tradizione romana del secolo VI, ogni sacerdote può celebrare nel giorno di Natale tre Messe. L`origine di questo costume è abbastanza semplice. La prima e l`unica Messa veniva celebrata solennemente dal papa nel secolo IV alla solita ora nella basilica di San Pietro (attualmente la Messa «nel giorno»). Nel secolo V, si comincia a celebrare la Messa notturna nella basilica di Santa Maria Maggiore. Il papa Sisto III (+ 446), dopo la proclamazione del dogma della Maternità di Maria ha ampliato e abbellito la basilica erigendo in essa la cappella che imitava la grotta della Natività di Betlemme. In questa cappella, la notte di Natale, il papa celebrava la Messa solenne (attualmente la «Messa della Notte»). Verso la metà del secolo VI, inizia l`usanza di celebrare la terza Messa da parte del papa. Vicino al palazzo dei governanti bizantini (Colle Palatino) si trovava la chiesa in cui si conservavano le reliquie di santa Anastasia martire, venerata particolarmente a Costantinopoli, la cui memoria cadeva proprio il 25 dicembre. Per rispetto al potere secolare, i papi - fermandosi per strada dal Laterano alla basilica di San Pietro - celebravano qui la Messa in onore della santa (attualmente la «Messa dell`Aurora»). I libri liturgici romani contenevano i formulari di queste tre Messe papali e perciò tutta la Chiesa prese l`usanza di celebrare l`Eucaristia tre volte in questo giorno.
Prendendo spunto dalla festa di Natale, sono sorte diverse consuetudini come ad esempio il presepio. L`uso dell`albero di Natale viene consolidato dalle popolazioni germaniche nel secolo XIX. In Polonia, i commensali della cena della Vigilia si dividono il pane azzimo in segno di pace e di unione.
La festa del Natale ha la sua ottava, viene celebrata cioè per tutta la settimana. Già i più vecchi calendari collegano le commemorazioni di alcuni santi con la solennità del Natale e il Medioevo vede in essi una schiera illustre che accompagna il Bambino Gesù. Ecco questi santi nella liturgia romana: il Protomartire Stefano, san Giovanni Evangelista e i Bambini Innocenti uccisi a Betlemme. Il periodo del Natale va oltre l`ottava, fino alla domenica dopo l`Epifania, che viene celebrata come festa del Battesimo del Signore.
Nel giorno di Natale, la Chiesa commemora tutto ciò che è avvenuto a Betlemme, ma non si limita al lato esteriore degli avvenimenti. Contempla il mistero del Figlio di Dio, che «nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero», per «noi uomini e per la nostra salvezza» discese dal cielo. Dio, che in modo meraviglioso ha creato l`uomo, in modo ancora più meraviglioso inizia l`opera della sua salvezza. Cristo diventa l`uomo simile a noi in tutto eccetto il peccato. Si giunge ad un «meraviglioso scambio»: Cristo accolse la nostra natura umana, debole e limitata, per farci partecipare alla sua natura divina.
Che cos`è la venuta di Cristo per l`uomo? L`uomo ha visto Dio in forma visibile, Cristo ha portato agli uomini la nuova vita, li ripristina nella dignità di figli di Dio, introduce l`uomo mortale nella vita eterna, libera l`umanità dalla vecchia schiavitù del peccato e le dona la libertà.
Il Natale, così concepito, si collega inseparabilmente con il mistero della Morte e della Risurrezione di Cristo. Benché allora per molti cristiani il Natale è un gioioso ricordo della venuta di Cristo che porta la pace e la fraternità, la Chiesa vede questa festa in stretta relazione con la sua futura morte; Gesù deposto nella mangiatoia viene chiamato nelle preghiere il Redentore. Celebrare il Natale significa esprimere nella vita la nuova realtà dell`uomo, rendersi simile al Figlio di Dio, aprirsi all`azione della grazia, cercare le cose di lassù, crescere nell`amore fraterno. Lodiamo Dio perché in questi ultimi tempi ha parlato a noi per mezzo del Figlio, assumendo la fatica della nuova vita.

Esaudisci, Signore, questa famiglia a te devota
e adunata in seno a quesa chiesa nella odierna
festività del tuo Natale per cantare le tue lodi.
Dona ai prigionieri la liberazione,
la vista ai ciechi,
la remissione ai peccatori,
poiché è per offrire loro la salvezza
che tu sei venuto.
Riguarda dal tuo santo Cielo, o Salvatore del mondo,
il tuo popolo e donagli la tua luce,
il loro animo si rivolge a te in devota fiducia.

(Missale Gothicum, ed. L.C. Mohlberg, Roma 1961, n. 12)


1. La venuta di Dio tra gli uomini

Cristo nasce, cantate gloria, Cristo scende dal cielo, andategli incontro; Cristo è in terra, alzatevi. Cantate al Signore da tutta la terra (Sal 95,1). E per riassumere queste due cose in una sola: Gioiscano i cieli, esulti la terra (ibid. 11), poiché colui che è del cielo è ora in terra. Cristo si è fatto carne, tremate e gioite; tremate per il peccato; gioite per la speranza. Cristo nasce dalla Vergine; donne, abbiate cura della verginità perché possiate essere madri di Cristo. Chi non adora colui che è il principio? Chi non loda e non glorifica colui che è la fine?
Di nuovo si dissipano le tenebre, di nuovo viene creata la luce, di nuovo l`Egitto è tormentato dalle tenebre (cf. Es 10,21), di nuovo Israele è illuminato per mezzo della colonna (cf. Es 13,21). Il popolo che è nelle tenebre dell`ignoranza veda la grande luce della conoscenza (cf. Is 9,1). Le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove (2Cor 5,17). La lettera cede, lo spirito vince, le ombre passano, entra la verità. Melchisedech si ricapitola: chi era senza madre, è generato senza padre; prima senza madre e poi senza padre. Le leggi della natura sono rovesciate... Applaudite, popoli tutti (Sal 46,1), poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità (con la croce infatti viene innalzato) ed è chiamato Consigliere ammirabile, cioè del Padre, l`Angelo (Is 9,5). Gridi Giovanni: Preparate la via del Signore (Mt 3,3). Anch`io proclamerò la forza e la potenza di questo giorno; colui che non è stato generato dalla carne si incarna; il Verbo prende consistenza; l`invisibile diventa visibile; l`intangibile si può toccare; colui che è senza tempo comincia ad esistere nel tempo; il Figlio di Dio diventa Figlio dell`uomo, Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! (Eb 13,8)...
La festa che noi oggi celebriamo è la venuta di Dio tra gli uomini, perché noi possiamo accedere a Dio o (per meglio dire) ritornare a Dio, affinché, abbandonato l`uomo vecchio, ci rivestiamo del nuovo; e come siamo morti nel vecchio Adamo, così viviamo in Cristo; infatti con Cristo nasciamo, siamo messi in croce, veniamo sepolti e risorgiamo...
Perciò celebriamola in modo divino e non come si suol fare nelle feste pubbliche; non con spirito mondano ma oltremondano; celebriamo non ciò che è nostro, ma di lui che è nostro o, per meglio dire, di lui che è il Signore; celebriamo non ciò che arreca infermità, ma ciò che cura; non ciò che riguarda la creazione, ma la rigenerazione.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio 38, 1 s. 4)


2. Natale

Poiché oggi, per grazia di Dio, diremo tre Messe, non possiamo dilungarci nel commento del Vangelo. Ma il Natale del Redentore ci obbliga a dire qualche cosa, sia pur brevemente. Che cosa vuol dire questo censimento del mondo alla nascita del Signore, se non che sta nascendo nella carne colui che avrebbe iscritto i suoi eletti nell`eternità? Al contrario il Profeta dice dei reprobi: Siano cancellati dal libro della vita e non siano annoverati tra i giusti (Sal 68,29). E giustamente il Signore nasce a Betlemme: poiché Betlemme vuol dire casa del pane. Egli è infatti colui che dice: Io sono il pane vivo che viene dal cielo (Gv 6,41). Il luogo dunque dove nasce il Signore, già prima ch`egli nascesse fu chiamato casa del pane, perché doveva manifestarvisi nella carne colui che avrebbe saziato gli eletti di cibo spirituale. Ed egli nacque non in casa sua, ma per la via, per far capire ch`egli, assumendo la natura umana, nasceva in una veste che non era la sua. Non era sua, s`intende, perché, essendo Dio, la sua propria natura è la divina. La natura umana gli apparteneva, perché Dio è padrone di tutto, e perciò sta scritto: Venne a casa sua (Gv 1,11). Nella sua natura divina ci stava, prima dei tempi, nella nostra ci venne in un`epoca della nostra storia. Perciò, se colui che è eterno, si fa nostro compagno nel tempo, possiamo dire che viene in un campo che gli è estraneo. E poiché il Profeta dice: Ogni uomo è fieno (Is 40,6), il Signore, fattosi uomo, cambiò il nostro fieno in grano, poiché egli dice di se stesso: Se il chicco di frumento non cade in terra e muore, rimane solo (Gv 12,24). Perciò anche, appena nato, è messo nella mangiatoia, perché nutrisse tutti i fedeli, rappresentati dagli animali, col frumento della sua carne. E che cosa vuol dire l`apparizione dell`angelo ai pastori che vegliavano e la luce che li avvolse, se non che coloro i quali guardano con amore il gregge dei fedeli hanno, più degli altri, il privilegio di vedere le cose celesti? Mentre essi piamente vegliano il gregge, la grazia divina più largamente splende su di loro.
L`angelo annunzia che è nato il Re e cori di angeli gli fanno eco e cantano: Gloria nei cieli a Dio e pace in terra agli uomini di buona volontà. Prima che il nostro Redentore nascesse nella carne, non c`era armonia tra noi e gli angeli, ci separava dalla loro luce e purezza la macchia della nostra colpa originale, ci allontanavano da loro le nostre colpe quotidiane. Poiché, per il peccato, eravamo estranei a Dio, gli angeli, cittadini di Dio, ci ritenevano estranei alla loro società. Ma quando riconoscemmo il nostro Re, gli angeli ci riconobbero per loro concittadini. Poiché il Re ha preso in sé la terra della nostra carne, gli angeli non disprezzano più la nostra debolezza. Gli angeli tornano a far pace con noi, non guardano più i motivi della discordia e accolgono come soci coloro che avevano già disprezzati come abietti. Perciò Lot (Gen 19,1) e Giosuè (Gs 5,15) adorano gli angeli e non sono respinti. Giovanni però, nell`Apocalisse, si prostrò in adorazione dinanzi a un angelo e questi lo respinse dicendo: Non lo fare, sono un servo, come te e i tuoi fratelli (Ap 22,9). E che cosa vuol dire che gli angeli prima della venuta del Redentore si lasciano adorare, ma dopo la sua venuta non lo permettono più, se non che hanno paura di mettersi al di sopra della nostra natura, dopo che l`hanno vista portata dal Signore al di sopra di loro? E non osano più deprezzare come inferma quella natura che vedono nel Re del cielo. Né disdegnano d`aver come socio l`uomo essi che adorano un uomo Dio. Guardiamo allora, fratelli, che non ci sporchi una qualche immondizia, poiché nell`eterna prescienza siamo cittadini di Dio e uguali ai suoi angeli. Riportiamo nei costumi la nostra dignità, nessuna lussuria ci macchi, nessun pensiero turpe ci accusi, la malizia non morda la nostra mente la ruggine dell`invidia non ci roda, non ci gonfi l`orgoglio, non ci dilanii la concupiscenza dei piaceri terreni, non c`infiammi l`ira. Gli uomini sono stati chiamati dèi. Difendi, dunque, o uomo, l`onore di Dio, poiché per te s`è fatto uomo quel Dio, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

(Gregorio Magno, Hom., 1, 8)


3. Osservazioni sulla nascita del Signore

Celebrando la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, vediamo, fratelli, il senso del brano evangelico che or ora abbiamo letto. Il santo evangelista dice che Augusto ordinò di fare il censimento in tutto il mondo e che per questo Giuseppe, da Nazareth in Galilea, si recò a Betlemme in Giudea, città di David, per registrarsi. Ci fu per dodici anni, quando apparve nella carne il Figlio di Dio, tanta pace che tutti, secondo l`oracolo d`Isaia, mutavano le loro spade in aratri e le lance in falci. Il Figlio di Dio, autore della pace, nasce in tempo di pace, per insegnare ai suoi discepoli l`amore della pace. Infatti come Cesare Augusto mandò Cirino a riscuotere il censo, così Dio, vero Augusto, mandò i suoi predicatori nel mondo a riscuotere il censo della fede. Diamo allora, fratelli, il censo della fede e delle buone azioni. Non resti nessuno a casa, usciamo tutti dalla Galilea, cioè dalla volubilità del mondo, e andiamo nella Giudea della retta fede, per meritare di essere Betlemme, la casa del pane di colui che dice: Io sono il pane vivo venuto dal cielo.
Il Vangelo narra che la beata sempre vergine Maria, dato alla luce Cristo, lo avvolse in panni e lo adagiò nella mangiatoia. Giustamente nasce in una via, colui ch`era venuto a mostrarci la via. Volle essere posto in una piccola mangiatoia, colui ch`era venuto a preparar per noi l`ampiezza del regno dei cieli. Non in panni di seta e dorati, ma poveri, volle essere avvolto, colui ch`era venuto a restituirci la veste dell`immortalità. Permise di essere costretto in una culla, colui che si era affrettato a scioglierci mani e piedi, perché facessimo opere buone. Che dobbiamo dire, fratelli? Diciamo col salmista: Che cosa darò in cambio al Signore per tutto ciò che mi ha dato? Egli trovò un calice per retribuzione, noi diamo ciò che possiamo: elemosine, vigilie, lagrime, pace. Perdoniamo a chi ha peccato contro di noi, perché Dio perdoni i nostri peccati.
I pastori, che alla nascita del Figlio di Dio vegliano sul gregge e vedono gli angeli, sono i santi predicatori, che quanto più s`impegnano a custodire le anime, tanto più spesso meritano il sollievo del colloquio angelico. Ma all`apparizione dell`angelo i pastori si turbano, perché è proprio della natura umana temere alla vista degli angeli ed è proprio dei buoni angeli portar consolazione a quelli che temono. Perciò l`angelo dice subito ai pastori: Non temete; e aggiunge: Ecco, vi do una grande gioia, per voi e per tutto il popolo. Dice giusto: Per tutto il popolo, perché da tutto il popolo ci fu gente che si volse alla fede.
Mentre un solo angelo parlava ai pastori, subito una moltitudine di angeli si manifestò e disse: Gloria a Dio nell`alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. E questo c`insegna che quando anche un solo fratello parla, insegna o fa un`opera buona, una moltitudine di fedeli dovrebbe prorompere nella lode di Dio e muoversi all`imitazione del bene che vede. All`apparire poi del Figlio di Dio nella carne si canta gloria a Dio e si augura pace sulla terra agli uomini di buona volontà. Siamo, dunque, anche noi, fratelli, uomini di buona volontà, perché possiamo vivere in pace.
Per essere liberati da codesta persecuzione e dalla dannazione eterna, in questo giorno della nascita del Figlio di Dio, corregga ciascuno ciò che trova da riprendere in se stesso: chi è stato adultero, s`impegni alla castità; chi avaro, prometta generosità; chi ubriacone, sobrietà; chi superbo, umiltà; chi denigratore, carità. Prometta e mantenga la promessa, secondo il verso del Salmo: Promettete e mantenete le promesse fatte al Signore vostro Dio. Promettiamo lealmente, ci darà lui la forza di mantenere. Sarebbe molto ingiusto, fratelli, che oggi qualcuno non desse niente al Signore. Facciamo doni ai re e agli amici, e non daremo nulla al Creatore che viene da noi? Ed egli chiede soprattutto noi stessi. Offriamogli, dunque, noi stessi, perché liberati, per sua misericordia, dalle pene eterne, possiamo godere per sempre nella felicità del regno celeste.

(Anonimo sec. IX, Hom., 2, 1-4)


4. Egli si è fatto uomo per farci diventare Dio

Qui, infatti, colui che tu ora disprezzi, una volta esisteva, ed era superiore a te: colui che ora è uomo, era privo di composizione.
Ciò che egli era, rimase, ciò che non aveva, lo assunse.
Al principio era senza causa.
Quale causa, infatti, di Dio si potrebbe apportare? Ma anche dopo, nacque da una causa certa.
Era quella, di fare acquistare la salvezza a te, insolente e ostinato, che disprezzi, perciò, la divinità, poiché egli ricevette la tua ignoranza, unito alla carne con una intenzione frapposta, e questo uomo Dio, resosi inferiore, dopo che crebbe insieme con Dio, superando la parte più nobile, divenne uno, affinché io stesso tanto diventi anche Dio, quanto egli uomo.
Egli invero nacque, ma anche era stato generato: da una donna, invero, ma anche vergine. Quello fu un modo umano, questo divino. Qui fu privo di Padre, lì di madre.
L`uno e l`altro di questi due fatti è proprio della divinità.
Fu portato proprio nel seno materno, e fu riconosciuto veramente dal Profeta (cf. Lc 1,41) e mentre ancora esisteva nel seno [materno] esultava davanti al Verbo, a causa del quale era stato procreato.
Fu avvolto con pannolini, e tornato vivo rigettò le fasce della sepoltura.
Fu adagiato, è vero, nella mangiatoia, ma poi fu celebrato dagli angeli (cf. Lc 2,7) ed indicato dalla stella e adorato dai Magi (cf. Mt 2,2).
Perché ti meravigli di quello che è visto cogli occhi, mentre non osservi quello che è percepito con la mente e col cuore?
Fu spinto a fuggire in Egitto; ma volse in fuga l`andare errando degli Egiziani.
Non aveva né aspetto, né decoro umano (cf. Is 53,2) presso i Giudei: ma secondo David era bello di volto al di sopra dei figli degli uomini (cf. Sal 44,3) e anche sul monte, a guisa di folgore, risplende e diventa più luminoso del sole (cf. Mt 17,2), adombrando, in tal modo, lo splendore futuro.
Fu battezzato (cf. Mt 3,16), è vero, come uomo: ma assunse su di sé i peccati come Dio; non perché avesse bisogno di purificazione, ma affinché dalle acque stesse arrecasse la santità.
Fu tentato come uomo: conseguì la vittoria come Dio; ci comanda, invero, di aver fiducia in lui come in colui che ha vinto il mondo.
Soffrì la fame (cf. Mt 4,1-2): ma sfamò molte migliaia di persone (cf. Mt 14,21) ed egli stesso si è reso pane che dà la vita e il Cielo (cf. Gv 5,41). Patì la sete (cf. Gv 19,28) ma esclamò: Se qualcuno ha sete, venga a me e beva (Gv 7,37): ed anche promise di fare scaturire, per quelli che hanno fede, fonti di acqua viva.
Provò la fatica (cf. Gv 4,6): ma diventa riposo di quelli che sono affaticati ed oppressi (cf. Mt 11,28).
Fu sfinito dal sonno (cf. Mt 8,24): ma leggero cammina sul mare, rimprovera i venti e salva Pietro che già era sommerso [dalle acque] (cf. Mt 14,25).
Paga le imposte, ma dal pesce (cf. Mt 17,23): ma è il Re degli esattori [di tasse]. E` chiamato Samaritano e posseduto dal demonio (cf. Gv 8,48): ma a colui che scendendo da Gerusalemme (cf. Lc 10,5) era incappato nei ladroni, porta la salvezza, ed è riconosciuto dai demoni (cf. Mc 1,24; Lc 4,34), e scaccia i demoni, e spinge a precipitare in mare legioni di spiriti (cf. Mc 5,7) e vede il principe dei demoni, quasi come una folgore, precipitare dal cielo (cf. Lc 8,18).
E` assalito con pietre, ma non è preso (cf. Gv 8,59).
Prega, ma esaudisce gli altri che pregano. Piange, ma asciuga le lacrime; domanda dove è stato sepolto Lazzaro: era infatti uomo; ma risuscita dalla morte alla vita Lazzaro: era infatti Dio.
E` venduto, e, invero, a poco prezzo, cioè a trenta sicli d`argento (cf. Mt 26,15), ma nel frattempo redimeva il mondo a grande prezzo, cioè col suo sangue (cf. 1Pt 1,19; 1Cor 6,20). E` condotto alla morte come una pecora (cf. Is 53,7); ma egli pasce Israele, ed ora anche l`intero mondo.
Come un agnello è muto (cf. Sal 77,71), ma egli è lo stesso Verbo, annunziato nel deserto dalla voce di colui che gridava (cf. Gv 1,23). Fu affranto e ferito dall`angoscia (cf. Is 53,4-5), ma respinge ogni malattia e angoscia (cf. Mt 9,35).
E` tolto sul legno e vi è appeso, ma restituì noi alla vita, col legno, e dona la salvezza anche al ladrone (pendente dal legno), ed oscura tutto ciò che si scorge.
E` abbeverato con aceto e nutrito di fiele (cf. Lc 23,33; Mt 27,34): ma chi?
Colui, cioè, che cambiò l`acqua in vino (Gv 2,7), e assaporò quel gusto amarognolo, egli che era la stessa dolcezza ed ogni desiderio (cf. Ct 5,16).
Affida la sua anima: ma conserva la facoltà di riprenderla di nuovo (cf. Gv 10,18), ma il velo si scinde (e le potenze superiori si manifestano); ma le pietre si spezzano, ma i morti risorgono (cf. Mt 27,51).
Egli muore, ma ridà la vita, e sconfigge la morte, con la sua morte.
E` onorato con la sepoltura, ma risorge [dalla tomba].
Discende agli Inferi, ma accompagna le anime in alto, e sale al cielo, e verrà a giudicare i vivi e i morti e ad esaminare tali suoi discorsi.
Ché se quelle... ti apportarono l`occasione dell`errore, queste scuoteranno il tuo errore.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio, 29, 19-20)


5. Simile a noi nella morte, perché simile a noi nella nascita

La condizione del nascere rende, certo, necessaria la morte. Conveniva, infatti, che colui che, una volta sola, aveva stabilito di essere partecipe dell`umanità, avesse tutte le proprietà della natura.
Dal momento che la natura umana fu partecipata con duplice fine, se fosse stato solo con uno (di essi) e non avesse conseguito l`altro, l`intenzione sarebbe rimasta imperfetta, come chi non avesse raggiunto l`altra proprietà della nostra natura umana.
Forse, invece, qualcuno, avendo appreso il mistero con cura ed esattezza, con maggior consenso avrebbe detto che la morte non sarebbe venuta per il fatto che egli era nato, ma, al contrario, la causa della morte era stata l`aver egli accettato la condizione di nascere.
Egli, eterno, non andò incontro ad una generazione pertanto corporea, poiché aveva bisogno della vita, ma ci richiamò dalla morte alla vita.
Poiché, dunque, occorreva che avvenisse la risurrezione di tutta la nostra natura dai morti; come porgendo la mano a colui che giaceva (privo di vita), e per questo guardando il nostro cadavere, si avvicinò tanto alla morte, quanto ne aveva preso la mortalità, e aveva dato alla natura l`inizio della risurrezione col suo corpo, affinché con la sua virtù e potenza risuscitasse insieme l`uomo nella sua interezza.
Poiché, infatti, la sua carne non diversamente che dalla nostra natura proveniva, la quale aveva ricevuto Dio, e, senza dubbio, a causa della risurrezione fu risuscitata insieme con la divinità come nel nostro corpo l`operato procede dai mezzi dei sensi di uno, unito alla parte per l`intero consenso, così anche se ci fosse qualche essere vivente in tutta la natura, la risurrezione di una parte passa all`intero universo, e a causa della continuità e salvezza della natura tutto concorre in parte.
Che cosa, infatti, impariamo di lontano dalla probabilità e verosimiglianza, nel mistero, se qualcuno sta diritto, si china, e colui che cade, oppure che giace per rialzarlo?

(Gregorio di Nissa, Oratio catech., 32, passim)


6. Il mistero di Gesù fanciullo

Il Signore nostro Dio è un solo Dio. Non può variare, non può cambiare, come dice David: Tu sei sempre uguale e i tuoi anni non vengono mai meno. Dunque questo Dio nostro eterno, fuori del tempo, immutabile, s`è fatto nella nostra natura mutabile e temporale, per aprire alle cose mutabili una via alla sua eternità e stabilità, e questa via è proprio la mutabilità ch`egli ha preso per noi, in modo che in un solo e medesimo Salvatore noi troviamo la via per cui salire, la via cui giungere e la verità da possedere, poiché egli disse: Io sono la via, la verità e la vita.
Perciò il nostro grande Signore, rimanendo nella sua natura, nacque bambino secondo la carne, crebbe in determinati tempi e si sviluppò secondo la carne, perché noi piccoli nello spirito, o quasi niente, nascessimo spiritualmente e crescessimo secondo la successione e il progresso delle età spirituali. Così il suo progresso corporale è il nostro progresso spirituale; e tutte le cose, ch`egli ha fatto in diverse età (coloro che sono avanti nella perfezione lo capiscono), si realizzano in noi attraverso i singoli gradi del progresso. La sua nascita corporale, dunque, sia il modello della nostra nascita spirituale, cioè della santa conversione; la persecuzione, ch`egli subì da parte di Erode, è un simbolo delle tentazioni che subiamo dal diavolo al principio della nostra conversione; la sua crescita a Nazareth rappresenti il nostro progresso nella virtù.

(Aelredo di Rievaulx, De Iesu duodec., 2)


7. Il mistero di povertà del Natale

Oh, se potessi vedere quella mangiatoia in cui giacque il Signore! Ora, noi cristiani, come per tributo d`onore, abbiamo tolto quella di fango e collocato una d`argento: ma per me è più preziosa quella che è stata portata via. L`argento e l`oro si addicono al mondo pagano: alla fede cristiana si addice la mangiatoia fatta di fango. Colui che è nato in questa mangiatoia disprezza l`oro e l`argento. Non disapprovo coloro che lo fecero per rendergli onore (né in verità coloro che fecero vasi d`oro per il tempio): mi meraviglio invece che il Signore, creatore del mondo, nasca non in mezzo all`oro e all`argento, ma nel fango.

(Girolamo, Homilia de Nativitate Domini, 31-40)


8. Betlemme ha riaperto l`Eden

Betlemme ha riaperto l`Eden, vedremo come. Abbiamo trovato le delizie in un luogo nascosto, nella grotta riprenderemo i beni del Paradiso. Là, è apparsa la radice da nessuno innaffiata da cui è fiorito il perdono. Là, si è rinvenuto il pozzo da nessuno scavato, dove un tempo David ebbe desiderio di bere. Là, una vergine, con il suo parto, ha subito estinto la sete di Adamo e la sete di David. Affrettiamoci dunque verso quel luogo dove è nato, piccolo bambino, il Dio che è prima dei secoli.
Il padre della madre è, per sua libera scelta, divenuto suo figlio; il salvatore dei neonati è un neonato egli stesso, coricato in una mangiatoia. Sua madre lo contempla e gli dice: «Dimmi, figlio mio, come sei stato seminato in me, come sei stato formato? Io ti vedo, o carne mia, con stupore, poiché il mio seno è pieno di latte e non ho avuto uno sposo; ti vedo avvolto in panni, ed ecco che il sigillo della mia verginità è sempre intatto: sei tu infatti che l`hai custodito quando ti sei degnato di venire al mondo, bambino mio, Dio [che sei] prima dei secoli».

(Romano il Melode, Carmen X, Proimion, 1, 2)
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DOMENICA DOPO NATALE: SANTA FAMIGLIA

Letture: Siracide 3,3-7.14-17a
Colossesi 3,12-21
Matteo 2,13-15.19-23

1. Erode e i Magi

Dopo aver adorato il Signore e soddisfatto la loro devozione, i Magi, secondo l`avviso ricevuto in sogno, tornano indietro per una strada diversa da quella presa all`andata Infatti, poichè ormai credevano nel Cristo, era necessario che non camminassero più per le vie della loro vecchia vita, ma che, entrati in una strada nuova, si astenessero dagli errori che avevano lasciato. E inoltre, perchè‚ fossero rese vane le insidie di Erode che, con finzione, preparava un empio stratagemma contro il Bambino Gesù. Così, essendo andato a monte il piano in cui sperava, la collera del re s`infiamma vieppiù di furore. E ricordandosi del tempo che avevano indicato i Magi, egli sfoga la sua rabbia e la sua crudeltà su tutti i bambini di Betlemme e, in un massacro generale, fa trucidare tutti i neonati della città, facendoli così passare alla gloria eterna; e pensa che, dal momento che nessun pargolo è scampato alla morte in quel luogo, anche Cristo è stato ucciso. Ma egli, che riservava per un altro tempo l`effusione del suo sangue per la redenzione del mondo, aveva raggiunto l`Egitto, trasportatovi dalle cure dei genitori; ritornava così nell`antica culla del popolo ebreo, e vi esercitava il comando del verace Giuseppe usando di un potere e di una lungimiranza maggiori, poichè egli veniva a liberare i cuori degli Egiziani da quella fame più terribile di ogni carestia, di cui soffrivano per assenza di verità, lui che veniva dal cielo come pane di vita (cf.Gv 6,51) e cibo dell`anima. E in tal modo quel paese non sarebbe stato estraneo alla preparazione del mistero dell`unica vittima, in cui, con l`immolazione dell`agnello, erano stati prefigurati per la prima volta il segno salutare della croce e la Pasqua del Signore.

(Leone Magno, Sermo 33, 4)


2. L`insegnamento della fuga in Egitto

Noi dobbiamo aspettarci sin dai primi giorni della nostra vita tentazioni e pericoli. Considerate, infatti, che subito, sin dalla culla, è accaduto ciò a Gesù. Era appena nato, che già il furore del tiranno si scatenò contro di lui e lo costrinse a trasferirsi per cercare scampo in un luogo d`esilio, e sua madre, così pura e innocente, fu costretta con lui a fuggire in un paese di stranieri. Questo comportamento di Dio vi mostra che, quando avete l`onore di essere impegnati in qualche ministero o servizio spirituale e vi vedete circondati da infiniti pericoli e costretti a sopportare crudeli sventure, non dovete turbarvi, né dovete dire a voi stessi: Per quale ragione sono così maltrattato, io che mi aspettavo una corona, elogi, la gloria, brillanti ricompense, avendo compiuto la volontà di Dio? Questo esempio vi spinga, dunque, a sopportare fermamente le disgrazie e vi faccia conoscere che, di solito, è questa la sorte degli uomini spirituali: avere, cioè, come inseparabili compagne, le prove e le tribolazioni. Osservate appunto quanto capitò non soltanto alla madre di Gesù, ma anche ai Magi. Costoro si ritirano segretamente come dei fuggiaschi, e la Vergine, che non era solita uscire dalla sua casa, è costretta a fare un cammino quanto mai lungo e faticoso, a causa di quella straordinaria e sorprendente nascita spirituale.
Ammirate ancora il meraviglioso avvenimento! La Palestina perseguita Gesù Cristo e l`Egitto lo accoglie e lo salva dai suoi persecutori. Questo mostra all`evidenza che Dio non ha soltanto tracciato i tipi e le figure dell`avvenire nei figli del patriarca, ma anche in Gesù stesso...
L`angelo, dunque, apparve non a Maria, ma a Giuseppe e gli disse: «Levati, prendi il bambino e sua madre». Non disse più, come aveva detto prima, «prendi la tua sposa», ma «prendi sua madre», perché ormai, dopo la nascita, Giuseppe non nutriva più alcun dubbio, e credeva fermamente alla verità del mistero. L`angelo gli parla, dunque, con maggiore libertà, senza chiamare Gesù «suo figlio» e Maria «sua sposa», ma dicendo: «Prendi il bambino e sua madre, e fuggì in Egitto». E gli spiega anche la ragione della fuga, aggiungendo: "Perchè Erode sta cercando il bambino per ucciderlo" (Mt 2,13).
Giuseppe, ascoltando queste parole, non rimase negativamente impressionato. Non disse all`angelo che quella fuga gli sembrava enigmatica, dato che poco tempo prima lo stesso angelo gli aveva detto che il bambino avrebbe dovuto salvare il suo popolo, mentre ora sembrava non essere neppure capace di salvare se stesso. Quella fuga, quel viaggio e quella lunga emigrazione non erano forse in contraddizione con la promessa che l`angelo medesimo gli aveva fatto? Ma Giuseppe non disse niente di tutto questo, perch‚ era un uomo di fede. Non si dimostrò neppure curioso di conoscere il tempo del ritorno, poichè l`angelo non gliel`aveva affatto precisato, avendogli detto genericamente: «Resta colà, fino a che io non te lo dica». Al contrario, Giuseppe dimostra vivo zelo: ascolta, obbedisce (cf.Mt 2,14) e sopporta con gioia tutte le prove.
Dio, nella sua bontà, mescola, in queste circostanze, la gioia e il dolore. Così egli è solito agire con tutti i santi. Non li lascia sempre nel pericolo o sempre nella sicurezza, ma ordina la vita degli uomini giusti a mo` di una trama, in cui si intrecciano gioie e dolori. E proprio così si comportava con Giuseppe. Vi prego di osservare e di riflettere. Giuseppe si accorge che Maria è incinta e subito è colto da turbamento e da una grande angoscia, sospettando che la Vergine abbia commesso adulterio: ma l`angelo interviene immediatamente, sciogliendo ogni sospetto e liberandolo da ogni timore. Poi il bambino nasce e Giuseppe ne è estremamente felice: ma alla sua gioia fa seguito subito un nuovo dolore, perch‚ sente che tutta la città turbata e il re, in preda a un vivo furore, ricercano con ogni mezzo il bambino. Questa pena è temperata dalla gioia ch`egli prova alla vista della stella e dell`adorazione dei Magi: ma, ancora una volta, la gioia si muta in ansia e paura, quando l`angelo gli dice che «Erode sta cercando il bambino per ucciderlo» e gli ingiunge di fuggire e di emigrare.
Sta di fatto che Gesù doveva allora comportarsi in modo del tutto umano. Il tempo di compiere miracoli non era ancora venuto. Se avesse così presto cominciato a far prodigi, nessuno avrebbe creduto che era un uomo. Per questo motivo, egli non viene al mondo d`improvviso: come un uomo è dapprima concepito, poi resta nove mesi nel seno di Maria, nasce, si nutre con il latte materno, vive per molto tempo una vita ritirata, aspettando di divenire uomo adulto con il passar degli anni, in modo che questo suo comportamento convinca tutti a credere alla verità della sua incarnazione...
Dunque l`angelo ordina loro, al ritorno dall`Egitto, di andare a stabilirsi nel loro paese. Anche questo accade con un preciso disegno, cioè "affinché si adempisse" - dice il Vangelo - "ciò che era stato detto dai profeti: Egli sarà chiamato Nazareno" (Mt 2,23)
Del resto, proprio perchè lo predissero i profeti, gli apostoli spesso chiamarono Cristo «Nazareno» (cf.Is 11,1).
Questo fatto, allora, rendeva oscura e non facilmente comprensibile la profezia relativa a Betlemme? Niente affatto. Ché, proprio questo doveva, al contrario, stimolare la loro curiosità e spingerli a indagare su quanto era stato detto di lui nelle profezie. Come si sa, fu il nome di Nazaret che spinse Natanaele a informarsi su Gesù Cristo, da cui si recò dopo aver detto: "E può venire qualcosa di buono da Nazaret?" (Gv 1,46). Nazaret era, infatti, un villaggio di nessun conto, come del resto pochissima importanza aveva tutta la regione della Galilea. Per ciò i farisei dissero a Nicodemo: Ricerca bene e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea (cf.Gv 7,52). Tuttavia, Cristo non si vergognò di prender nome da questa patria, per mostrarci che non aveva affatto bisogno di ciò che gli uomini ritengono importante. Egli scelse i suoi apostoli proprio in Galilea, paese disprezzato dai Giudei, per togliere ogni scusa ai pigri e far loro vedere che non occorre niente di tutto quanto è esteriore, se essi si applicano con zelo alla virtù. Sempre per questo motivo il Figlio di Dio non volle affatto una casa sua: "Il Figliolo dell`uomo non ha dove posare il capo", egli dice (Lc 9,58). Per questa ragione fugge quando Erode vuole ucciderlo; appena nato viene deposto in una mangiatoia e rimane in una stalla; si sceglie anche una madre povera: ed ha fatto tutto ciò per abituarci a non arrossire di queste cose, per insegnarci, insomma, fin dal suo ingresso in questo mondo, a calpestare sotto i piedi il lusso e l`orgoglio del mondo e a non ricercare altro che la virtù...
Non restiamo, dunque, ad aspettare oziosamente l`aiuto degli altri. E` certo che le preghiere dei santi hanno molta efficacia, ma solo quando noi mutiamo condotta e diventiamo migliori...
Insomma, se noi siamo pigri e negligenti, neppure gli altri ci potranno soccorrere: ma se vegliamo su noi stessi, da noi medesimi ci soccorreremo e lo faremo molto meglio di quanto potrebbero farlo gli altri. Dio preferisce accordare la sua grazia direttamente a noi, piuttosto che ad altri per noi, perchè lo zelo che poniamo nel cercare di allontanare la sua collera ci spinge ad agire con fiducia e a diventare migliori di quel che siamo. Per questo il Signore fu misericordioso con la cananea e così egli salvò la Maddalena e il ladrone, senza che alcun mediatore fosse intervenuto a favore.

(Giovanni Crisostomo, In Matth. 8, 2 s.; 9, 2; 5, 1)


3. La fuga in Egitto (Mt 2,13-18)

Tu che per paura dell`assassino dei bambini,
Di Erode che ha massacrato i piccoli,
Sei partito per il paese d`Egitto,
Seguendo l`oracolo del Profeta,

Contro notturno terror ti piaccia (premunirmi)
Del Tiranno sanguinario,
E fortificarmi con la tua Destra
Contro i suoi colpi sferrati nel segreto.

Tu che umile hai vissuto sulla terra,
Mentre infinitamente trascendi gli esseri celesti,
Innalzami dalla terra verso il cielo,
Io che son caduto nell`abisso del peccato.

(Nerses Snorhalì, Jesus, 337-339)
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05/04/2011 08:59
 
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SOLENNITA` DI MARIA SS. MADRE DI DIO

(1° gennaio)

L`inizio dell`anno civile fu a Roma legato a festeggiamenti pagani di tipo carnevalesco. I cristiani si opposero decisamente a queste celebrazioni e attraverso il digiuno e la penitenza cercano di ripagare Dio per i peccati dei pagani commessi in questo giorno. Nei vecchi sacramentari romani troviamo formulari di Messa perquesto giorno che racchiudono la supplica per la difesa contro il ritorno all`idolatria.
Insieme con il tramonto del paganesimo scompare il carattere remunerativo di questo giorno. La Chiesa celebra adesso, il primo gennaio, l`ottava del Natale, e le preghiere liturgiche assumono un aspetto mariano. Il capodanno diventa la prima festa mariana nella liturgia romana.
Alcuni collegano l`introduzione della festa con la consacrazione della basilica di Santa Maria Antiqua al Foro Romano, altri vi vedono l`impatto con la liturgia bizantina. Il capodanno ha conservato il carattere mariano ancora nel Medioevo, e solamente sotto l`influsso della liturgia gallica l`ottava del Natale coglie le caratteristiche della festa della Circoncisione del Signore.
Il nuovo messale romano torna alla vecchia tradizione: il capodanno diventa di nuovo la solennità della Santissima Vergine Maria, Madre di Dio.
Il Concilio in Efeso (431) ha proclamato che Maria è la Madre di Dio - Theotokos - e la fede della Chiesa trova la sua espressione nelle preghiere del giorno di oggi. Maria ha concepito l`Unigenito Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo e «sempre intatta nella sua gloria verginale ha irradiato sul mondo la luce eterna, Gesú Cristo nostro Signore», Datore della Vita. Maria è pervenuta ad una grande elezione, è stata dotata di privilegi particolari, ma tutti i doni li ha ottenuti in vista del suo ruolo nella storia della salvezza: ella porta al mondo il Salvatore. Maria, essendo Madre di Gesú quanto al corpo, è anche Madre del suo corpo mistico, è Madre della Chiesa: questo nuovo titolo è stato conferito a Maria durante il Concilio Vaticano II. I testi liturgici non si riferiscono all`inizio del nuovo anno, ma a Maria che medita nel suo cuore il mistero di Cristo e manifesta Cristo al mondo; essa indica ai credenti come devono vivere il dono del tempo.

O Vergine Immacolata Madre di Dio, piena di grazia;
il santo tuo seno portò l`Emmanuele;
dalle tue mammelle stillò il latte
alimento di tutti.
Tu però superi ogni lode,
tu sei al di sopra di ogni gloria.
Salve, o Genitrice di Dio,
gaudio degli angeli,
che superi ogni pienezza di grazia
predetta dai profeti.
Il Signore è con te,
che generasti la Salvezza del mondo.

(Liturgia Copta, Troparium copticum, EE n. 3032)


1. Maria è Madre di Dio in senso proprio

Noi proclamiamo, in senso assoluto, che la santa Vergine è propriamente e veramente Madre di Dio (Greg. Naz., Epist. 1 ad Cledon).
Come, infatti, è Dio colui che è nato da lei, così, per conseguenza, è Madre di Dio, colei che generò il vero Dio che prese carne da lei. Noi diciamo che Dio, senza dubbio, è nato da lei, non già perché la divinità del Verbo trasse da lei il principio dell`esistenza; ma perché lo stesso Verbo, che è stato generato prima dei secoli, al di là di alcun tempo, ed esiste insieme col Padre e lo Spirito Santo senza inizio e da sempre, negli ultimi tempi si racchiuse nel seno di lei per la nostra salvezza, e col prendere la nostra natura umana da lei fu generato senza che mutasse la propria natura (divina).
La santa Vergine, infatti, non generò un semplice uomo, ma il Dio vero; non puro spirito, ma rivestito di carne umana; né (questo avvenne) in modo tale che, portato il corpo dal cielo, venne a noi per mezzo di Maria, come attraverso un canale; ma prese da lei corpo umano della nostra medesima natura, che in lui sussistesse.
Infatti, se il corpo è disceso dal cielo, e non è stato ricevuto dalla nostra natura, che gran bisogno c`era di farsi uomo?
Il Verbo di Dio si rivestí, pertanto, della natura umana, affinché con la stessa natura che aveva peccato, ed era decaduta, corrompendosi, vincesse il tiranno che si era ingannato e così fosse ristabilito dalla corruzione, come l`apostolo del Signore dice: Poiché la morte entrò per mezzo dell`uomo, parimenti per l`uomo la risurrezione dei morti (1Cor 15,21).
Se resta vera la prima verità, certamente anche la seconda.
Sebbene poi si usino queste parole: «Il primo Adamo, il terreno, (ha origine) dalla terra, il secondo Adamo, il Signore, dal cielo» (Greg di Naz. ), non indica che il suo corpo discendesse dal cielo, ma rivela che egli non è un semplice uomo. Infatti, come vedi, lo chiamò sia Adamo, che Signore, indicando insieme l`una e l`altra cosa.
Adamo, in verità, vuol dire di origine terrena. Conviene, invero, che l`origine dell`uomo sia terrena, perché è plasmato dalla terra. Ma il nome del Signore, significa natura divina.
E di nuovo così parla l`Apostolo: Dio mandò il suo Figlio unigenito nato da una donna (1Cor 15,47). Non disse, per mezzo di una donna, ma da una donna.
Perciò egli volle indicare che egli stesso era l`Unigenito Figlio di Dio e Dio stesso, che si è fatto uomo dalla Vergine, e parimenti che era stato generato dalla Vergine, colui che è Figlio di Dio e Dio stesso.
Generato, invero, in quanto al corpo, vale a dire, per la ragione per la quale si è fatto uomo, cosí certamente, per non abitare prima in un uomo creato, come in un profeta, ma egli stesso si è fatto uomo veramente e sostanzialmente; cioè, nella sua unione personale fece sussistere la carne animata da uno spirito razionale ed intelligente, offrendo se stesso come «ipostasi» di lui.
Questo è il significato che ha l`espressione nato da una donna.
Infatti, a quale condizione lo stesso Verbo di Dio sarebbe divenuto sotto la legge, se l`uomo non fosse stato della medesima nostra sostanza?

Giustamente dunque e veramente chiamiamo Maria la santa Madre di Dio.
Questo nome, infatti, racchiude tutto il mistero della incarnazione.
Poiché, se la Madre di Dio è colei che generò, certamente è Dio colui che è stato generato da lei stessa: e, senza dubbio, anche uomo.
Infatti, chi avrebbe potuto far avvenire che Dio, che esisteva prima dei secoli, nascesse da una donna, se non si fosse fatto uomo?
Colui, in effetti, che è Figlio dell`uomo, è necessario sia anche uomo.
Poiché se chi è nato da una donna, è Dio, senza dubbio è l`unico e identico che è stato generato da Dio Padre, per il fatto che si addice alla divina sostanza non avere inizio, e che quella sostanza che ebbe inizio negli ultimi tempi ed è sottomessa al tempo, cioè alla sostanza umana, è nata dalla Vergine.
E ciò vuol dire, invero, una sola Persona del nostro Signore Gesú Cristo, e due nature e due discendenze... e quel deleterio Nestorio dichiarò con lingua rabbiosa Deiforo (portatore di Dio) colui che nacque dalla Vergine.
Ma sia lontana da noi questa affermazione, a tal punto che noi diciamo o pensiamo che è uscito da Dio, il Deiforo; anzi, è piuttosto lo stesso Dio incarnato (Ciril., lib. I cont. Nest.).
Lo stesso Figlio di Dio, infatti, si è fatto uomo, fu concepito veramente dalla Vergine, ma Dio divenne quella natura umana che aveva deificata non appena essa fu assunta.
Per la qual cosa tre cose divennero parimenti una sola, senza dubbio perché fu assunta, perché pre-esisteva e perché fu deificata dal Verbo.
Di qui consegue che la Vergine santa, come Madre di Dio, sia capita e chiamata, non solo a causa della natura del Verbo, ma anche a motivo dell`umanità data alla divinità, poiché la concezione e l`esistenza furono compiute con un eccezionale prodigio, con la concezione, è vero, del Verbo, ma con la esistenza della carne nello stesso Verbo.
E infatti, la stessa Madre di Dio al di sopra delle leggi della natura era sottomessa al formatore di tutte le cose, donde anche egli stesso fosse creato (formato), e al Dio creatore dell`universo, affinché con la divinità donando l`umanità assunta, egli si facesse uomo, mentre l`unione, nel frattempo, conservasse le nature (cose) unite tali quali erano state, cioè, non solo la divinità, ma anche la umanità del Cristo; e né soltanto quello che è al di sopra di noi, ma anche ciò che è nostro.

(Giovanni Damasceno, De fide ortod., 3, 12)


2. Madre per opera dello Spirito Santo

Che è nato per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine. Questa fra gli uomini è nascita dovuta all`economia della salvezza, mentre quella è della sostanza divina: questa è di condiscendenza, quella di natura. Nasce per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine: e certo a questo punto si richiedono piú puri le orecchie le l`intelletto. Infatti a questi, che poco fa hai appreso nato indicibilmente dal Padre, ora apprendi che dallo Spirito Santo è stato preparato un tempio nel segreto del ventre verginale; e come nella santificazione dello Spirito Santo non si deve intendere nessuna fragilità, così anche nel parto della Vergine non si deve intendere alcuna corruzione. Ora infatti al mondo è stato dato un nuovo parto e non senza ragione. Chi infatti in cielo è unico Figlio, conseguentemente anche in terra è unico e nasce in modo unico. Su questo argomento sono a tutti note e riecheggiate nei Vangeli le parole dei profeti, i quali affermano che una vergine concepirà e partorirà un figlio (Is 7,14). E anche il meraviglioso modo del parto il profeta Ezechiele aveva anticipatamente indicato, definendo simbolicamente Maria porta del Signore, cioè attraverso la quale il Signore è entrato nel mondo. Dice pertanto cosí: La porta che guarda ad oriente sarà chiusa e non verrà aperta e nessuno vi passerà attraverso, perché proprio il Signore Dio d`Israele passerà attraverso questa porta e sarà chiusa (Ez 44,2). Che cosa di altrettanto evidente si sarebbe potuto dire della consacrazione della Vergine? Rimase in lei chiusa la porta della verginità, attraverso di essa il Signore Dio d`Israele è entrato in questo mondo, e attraverso di essa è venuto dal ventre della Vergine, e in eterno la porta della Vergine è rimasta chiusa poiché la verginità è stata preservata. Per tal motivo lo Spirito Santo è detto creatore della carne del Signore e del suo tempio.
Comincia già da qui a comprendere anche la maestà dello Spirito Santo. Infatti riguardo a questo anche la parola del Vangelo afferma che, quando l`angelo parlò alla Vergine e le disse: Partorirai un figlio e gli darai nome Gesú: infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati, ed ella rispose: In che modo avverrà questo, dal momento che non conosco uomo, allora l`angelo di Dio le disse: Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell`Altissimo ti adombrerà: perciò ciò che da te nascerà santo sarà chiamato Figlio di Dio (Lc 1,31.34.35; Mt 1,21). Osserva dunque la Trinità che coopera scambievolmente. E` detto rito Santo viene sulla Vergine e la potenza dell`Altissimo adombra. Ma qual è la potenza dell`Altissimo, se non proprio Cristo, che è potenza di Dio e sapienza di Dio? (1Cor 1,24). Ma questa potenza di chi è? Dell`Altissimo, è detto. Perciò è presente l`Altissimo, è presente anche la potenza dell`Altissimo, è presente anche lo Spirito Santo. Questa è la Trinità, che duvunque è nascosta e dovunque appare, distinta nei nomi e nelle Persone, sostanza inseparabile della divinità. E benché soltanto il Figlio nasca dalla Vergine, tuttavia è presente anche l`Altissimo è presente anche lo Spirito Santo, perché venga santificato il concecepimento della Vergine e il suo parto.

(Rufino di Aquileia, Expositio symboli, 8-9)


3. Inno a Maria

Salve, Madre di Dio, Maria, tesoro venerabile di tutto il mondo, lampada inestinguibile, corona della verginità, scettro della sana dottrina, tempio indissolubile, casa di colui che non può essere contenuto in nessuna casa, madre e vergine; per la quale è chiamato benedetto nei Vangeli colui che viene nel nome del Signore (Mt 21,9): salve, tu accogliesti nel tuo seno santo e verginale l`immenso e incontenibile, per te la santa Trinità è glorificata e adorata; per te la preziosa croce è celebrata e adorata in tutto il mondo; per te il cielo esulta, per te gli angeli e gli arcangeli si allietano, per te i demoni son messi in fuga, per te il diavolo tentatore cade dal cielo, per te la creatura decaduta vien portata al cielo; per te ogni creatura, irretita dal veleno degli idoli, giunge alla conoscenza della verità; per te il santo battesimo è stato dato ai credenti, per te l`olio della consacrazione, per te sono state fondate le Chiese in tutto il mondo, per te i popoli son guidati alla penitenza. E che dirò ancora? Per te l`unigenito figlio di Dio rifulse come luce a coloro ch`eran nelle tenebre; per te i profeti parlarono, per te i morti risorgono, per te gli apostoli annunziarono la salvezza, per te i re regnano in nome della santa Trinità. E chi mai potrà celebrare adeguatamente quella Maria degnissima d`ogni lode? Essa è madre e vergine; o cosa meravigliosa! Questo miracolo colma di stupore.

(Cirillo di Ales., Hom. 4, n. 1183)


4. Cercare in Dio la felicità

Quale vantaggio ricavate dal vostro lungo e continuo camminare per vie aspre (Sap 5,7) e penose? Non vi è quiete dove voi la cercate. Cercate ciò che cercate, ma non è là, dove voi cercate. Voi cercate una vita felice in un paese di morte (Is 9,2): non e lí. Come potrebbe essere una vita felice ove manca la vita?
Discese nel mondo la nostra vita, la vera (cf. Gv 6,33.41.59; 11,25; 14,6), si prese sulle sue spalle la nostra morte e l`uccise (cf. 1Tm 1,10) con la sovrabbondanza della sua vita, ci gridò tuonando di tornare dal mondo a lui, nel sacrario onde verme a noi dapprima entrando nel seno di una vergine, ove gli si unì come sposa la creatura umana, la nostra carne mortale, per non rimanere definitivamente mortale; poi di là, come sposo che esce dal talamo, uscí con balzo di gigante per correre la sua via (Sal 18,6), e senza mai attardarsi corse gridando a parole e a fatti, con la morte e la vita, con la discesa e l`ascesa (cf. Ef 4,9ss), gridando affinché tornassimo a lui; e si dipartì dagli occhi (At 1,9; cf. Lc 24,51) affinché tornassimo al cuore, ove trovarlo. Partí infatti, ed eccolo, è qui (Mt 24,23; Mc 13,21).

(Agostino, Confess. 4, 12, 18-19)


5. Scopo dell`Incarnazione: farci figli di Dio

Il figlio di Dio, in effetti, si fece figlio dell`uomo perché i figli dell`uomo, cioè di Adamo, divenissero figli di Dio. Infatti il Verbo che lassú fu generato fuori del tempo dal Padre in modo ineffabile, inesplicabile, incomprensibile, viene quaggiú generato nel tempo da Maria Vergine e Madre, perché quelli che prima furono generati quaggiú siano poi generati lassú, cioè da Dio. Egli quindi ha in terra solo la madre, e noi abbiamo in cielo solo il padre. Per questo chiama se stesso figlio dell`uomo, perché gli uomini chiamino Dio padre celeste. Padre nostro, dice, che sei nei cieli (Mt. 6,9). Dunque, come noi servi di Dio siamo di Dio, cosí il Signore dei servi è diventato figlio mortale del proprio servo, cioè di Adamo, affinché i figli di Adamo, che erano mortali, divenissero figli di Dio; infatti sta scritto: Ha dato loro il potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12). Quindi il figlio di Dio prova la morte in quanto generato dalla carne, perché i figli dell`uomo siano fatti partecipi della vita di Dio in quanto loro padre secondo lo Spirito. Egli dunque è figlio di Dio secondo natura: noi invece per mezzo della grazia.

(Atanasio, De incarnat., 8)


6. Una condizione per rimanere in Dio

Se uno non crede che Maria, la santa, è madre di Dio, è fuori della divinità.

(Gregorio di Nazianzio, Epist., 101)
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05/04/2011 09:01
 
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II DOMENICA DOPO NATALE

Letture: Siracide 24,1.4.12.16
Efesini 1,3-6.15-18
Giovanni 1,1-18

1. La conoscenza di Dio

«Ma, dice, se ignori la sua essenza (di Dio), ignori lui». Tu però controbatti: «Se dici di conoscere l`essenza, non conosci lui». Infatti, chi, morso da un cane rabbioso, vede il cane nel bicchiere, non vede meglio di quelli che sono sani; ma proprio per questo è degno di compassione, in quanto crede di vedere ciò che non vede. Non ammirarlo dunque per ciò che promette, ma stimalo degno di pietà per la sua follia. Pertanto, abbi certo che la frase: «Se ignori l`essenza di Dio, veneri ciò che ignori», è di gente che vuol scherzare. Io invece so che esiste: quale ne sia poi l`essenza, la ritengo cosa al di sopra dell`intelligenza. Come mi salvo dunque? Attraverso la fede? La fede basta a farci sapere che Dio c`è, non a dirci cosa egli sia; e che egli ricompensa quanti lo cercano. La conoscenza dell`essenza (di Dio) consiste dunque nella considerazione che non possiamo comprenderlo. Veneriamo ciò di cui sappiamo non quale sia l`essenza, ma che questa essenza esiste.

(Basilio di Cesarea, Epist. 234, 2)


2. Cristo potenza e sapienza di Dio

Il Verbo di Dio, dunque, Dio, Figlio di Dio che "era all`inizio presso Dio e per mezzo di cui tutto è stato fatto e senza di ui nulla è stato fatto" (Gv 1,2-3), si è fatto uomo, per liberare l`uomo dalla morte eterna; e si abbassò ad accettare la nostra umiltà, senza diminuire la sua maestà, in modo che restando quello che era e assumendo quello che non era, uní in sé una vera natura di servo alla natura sua, nella quale è identico a Dio Padre. Le uní con un legame tanto stretto, che la gloria non consumò la natura inferiore né l`assunzione diminuí la natura superiore. Restando integra ogni proprietà di ambedue le nature e convenendo in un`unica persona, dalla maestà viene assunta l`umiltà, dalla forza l`infermità, dall`eternità la mortalità; e per cancellare il debito della nostra condizione, la natura passibile si è unita alla natura inviolabile: il Dio vero e l`uomo vero sono presenti nell`unico Signore; cosí, come richiedeva la nostra redenzione, l`unico e identico mediatore tra Dio e l`uomo poté morire per l`uno e risorgere per l`altro. A buon merito dunque il parto salutare non recò corruzione all`integrità verginale: preservò il pudore e propagò la verità. Una tale nascíta si convenne a Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio: per essa, fu simile a noi nell`umanità e tanto superiore a noi nella divinità. Se infatti non fosse stato vero Dio, non avrebbe portato a noi rimedio; se non fosse stato uomo vero, non ci avrebbe dato l`esempio. Per questo gli angeli, esultando, alla nascita del Signore cantano: "Gloria a Dio nel piú alto dei cieli" mentre si annuncia "sulla terra pace agli uomini di buona volontà" (Lc 2,14). Vedono infatti che con le genti di tutto il mondo vien costruita la celeste Gerusalemme; e di questa ineffabile opera della divina bontà, quanto deve rallegrarsi l`umiltà degli uomini, dato che tanto gode la sublimità degli angeli?
Perciò, carissimi, rendiamo grazie a Dio Padre, per mezzo del suo Figlio nello Spirito Santo, che per la sua grande misericordia con cui ci amò ha avuto pietà di noi ed "essendo noi morti al peccato, ci vivificò in Cristo" (Ef 2,5), affinché fossimo in lui una nuova creatura, una nuova struttura (cf. Ef 2,10). Spogliamoci dunque del vecchio uomo con le sue azioni (cf. Ef 4,22; Col 3,8) e, partecipi della nascita di Cristo, rinunciamo alle opere della carne.
Riconosci o cristiano la tua dignità e, consorte ormai della divina natura, non tornare alla bassezza della tua vita antecedente, depravata. Ricordati di quale capo e di quale corpo tu sei membro. Rammenta che sei stato strappato dal potere delle tenebre e sei stato trasferito nella luce e nel regno di Dio. Col sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo (cf. 1Cor 3,16): non cacciare da te con le azioni cattive un ospite tanto degno e non assoggettarti di nuovo alla schiavitú del demonio: il tuo prezzo è il sangue di Cristo. Ti giudicherà nella verità, come ti ha redento per misericordia, egli, che con il Padre e lo Spirito Santo regna nei secoli dei secoli.

(Leone Magno, Sermoni, 21)


3. Dio luce della mente

Dunque, fratelli miei, avere l`anima, e non avere l`intelligenza - cioè non farne uso né vivere secondo essa -significa vivere da bestie. C`è in noi qualcosa di bestiale, in effetti, per il quale viviamo nella carne: ma l`intelletto deve governarlo. L`intelletto, infatti, governa dall`alto i moti dell`anima che si muove secondo la carne e brama effondersi senza freno nei piaceri carnali. A chi dev`essere dato il nome di marito? A colui che governa, o a colui che è governato? Senza alcun dubbio, quando la vita è ben ordinata, l`anima è governata dall`intelletto, che appartiene all`anima stessa. L`intelletto non è infatti qualcosa di diverso dall`anima; esso è qualcosa dell`anima; come l`occhio non è qualcosa di altro dalla carne, ma è qualcosa della carne. Ma pur essendo l`occhio qualcosa della carne, esso so]o gioisce della luce; le altre membra del corpo possono esser inondate dalla luce, ma non possono percepirla. Soltanto l`occhio può essere inondato dalla luce e insieme gioirne. Cosí nella nostra anima c`è qualcosa che è chiamato intelletto. Questa parte dell`anima che è chiamata intelletto e spirito, è illuminata da una luce superiore. Questa luce superiore da cui la mente umana è illuminata, è Dio. Era la vera luce che illumina ogni uomo che viene al mondo (Gv 1,9).

(Agostino, In Ioan. 15, 19)
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05/04/2011 09:01
 
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SOLENNITA` DELL` EPIFANIA DEL SIGNORE

(II domenica dopo Natale)

Già il norne della festa «Epifania» (gr. Epiphaneia, Teofania = venuta, manifestazione, apparizione) denota la sua origine orientale. Sembra sia stata introdotta in Oriente per gli stessi motivi e più o meno nello stesso tempo che il Natale in Occidente. Festeggiato in Egitto il 6 gennaio, il solstizio invernale, e collegate con esso le celebrazioni in onore del «Sole Invincibile», i cristiani l`hanno sostituito coll`Epifania, cioè la venuta, la rivelazione di Cristo, vera Luce del mondo. In questo giorno, la Chiesa di Gerusalemme celebrava il mistero della nascita di Cristo, commemorando pure l`adorazione dei pastori e dei magi la Chiesa d`Egitto ricorda inoltre il Battesimo di Cristo nel Giordano.
Quando, nella seconda metà del secolo IV, Roma comincerà a festeggiare l`Epifania e l`Oriente accetterà il Natale, la sostanza della Solennità dell`Epifania del Signore verrà trasformata. Sia l`Oriente che l`Occidente celebrano il 25 dicembre la nascita di Gesù a Betlemme il 6 gennaio, l`Oriente si concentrerà sul Battesimo di Gesù nel Giordano, l`Occidente invece sull`adorazione dei magi. Poiché il Vangelo parla dell`offerta dei tre doni - oro, incenso e mirra -, si cominciò a pensare che fossero venuti tre magi. Sotto l`influsso dei testi liturgici, dal secolo VI in poi furono chiamati re, e dal secolo IX ottennero dei nomi: Gaspare, Melchiorre, Baldassarre. Il culto dei tre magi si è rafforzato a partire dal secolo XII quando l`imperatore Federico Barbarossa prese le loro reliquie da Milano e le trasportò a Colonia dove sono tutt`ora nella famosa cattedrale. Nel Medioevo, si veneravano i tre magi quali patroni dei viaggiatori. Secondo un antico costume dei primi secoli, durante la Messa, dopo il canto del Vangelo, veniva annunziata ai fedeli la data della Pasqua e delle altre feste mobili di tutto l`anno. Dalla fine del Medioevo, inizia l`usanza della benedizione delle case in cui si adoperava l`acqua e l`incenso benedetti nel giorno dell`Epifania e con il gesso si scrivevano sulle porte le lettere CMB. Secondo la convinzione comune, le lettere dovevano significare i nomi dei magi, ma alcuni ritengono che esse siano l`abbreviazione della frase: «Christus mansionem benedicat» [ = Cristo benedica l`abitazione]. Il costume di benedire l`incenso e il gesso è ancora in vigore localmente.
Oggi, per mezzo della stella, Dio rivela il Figlio Unigenito quale Salvatore di tutti gli uomini. Nella persona dei magi venuti dall`Oriente, i popoli del mondo rispondono alla chiamata di Dio, individuano e riconoscono il Bambino di Betlemme come loro Salvatore. Si adempie la profezia di Isaia: il buio copre la terra, le tenebre avvolgono le nazioni, ma sopra Gerusalemme risplende la luce. Verso questa luce sono diretti i popoli della terra e in questa luce cammineranno d`ora in poi. Siamo di fronte ad un mistero, che non era conosciuto dalle generazioni precedenti e quale fu rivelato a san Paolo dallo Spirito Santo: i pagani sono già coeredi e membri dello stesso Corpo, e compartecipi della promessa in Cristo Gesù per mezzo del Vangelo. Gesù inizia l`opera dell`unificazione dei popoli e la fondazione della comunità della famiglia umana. La Chiesa, segno dell`unità di tutto il genere umano, continua a svolgere questa missione oggi, finché non ritorni il Signore.
Abbiamo già conosciuto Cristo per mezzo della fede, abbiamo ottenuto il rinnovamento della nostra natura umana, apparteniamo alla Chiesa, popolo della Nuova Alleanza. Abbiamo hisogno, come una volta i magi, della luce di Dio per capire quanto grandi siano i misteri ai quali partecipiamo, per poter annunziare a tutti gli uomini le grandi opere di Dio.

Dio onnipotente ed eterno
che hai voluto rivelare l`incarnazione del tuo Verbo
per mezzo della testimonianza luminosa della stella,
vedendo la quale i magi adorarono la tua maestà
con l`offerta di doni,
concedi che appaia sempre alle nostre menti
la tua stella di giustizia,
e sia nostro tesoro la confessione
del tuo Nome, per mezzo della vita.

(Sacramentarium Bergomense, ed. A. Paredi, Bergamo 1962, n. 186)


1. Seconda omelia per la solennità dell`Epifania

Rallegratevi nel Signore, o carissimi, ve lo ripeto, rallegratevi (Fil 3,4); infatti, poco dopo la festa della nascita di Cristo, ecco che la solennità della sua manifestazione ci ha inondati di luce; e il mondo conosce in questo giorno colui che la Vergine partorì in quello. Il Verbo fatto carne, in effetti, regolò così bene gli inizi della sua vita nella nostra natura che la nascita di Gesù fu nel contempo svelata ai credenti e nascosta ai persecutori. Allora, i cieli narrarono la gloria di Dio e su tutta la terra si diffuse il suono della verità (cf. Sal 18,25), quando l`esercito degli angeli apparve ai pastori per annunciare loro la nascita di un Salvatore, ed una stella guidò i Magi precedendoli perché venissero ad adorarlo. Così, dall`aurora al tramonto (cf. Sal 49,2) la nascita del vero re brillò in tutto il suo fulgore, poiché, nel contempo, i regni d`Oriente ne appresero il fedele racconto attraverso i Magi, mentre i fatti non rimasero nascosti all`Impero romano. Infatti, persino la crudeltà di Erode, che volle sopprimere fin dai primi istanti colui che sospettava essere re, favoriva senza saperlo quel disegno divino; in effetti, mentre tutto dedito al suo atroce progetto, perseguitava un bambino sconosciuto massacrando indiscriminatamente tutti i neonati, una singolare fama diffondeva dappertutto la notizia, annunciata dal cielo, della nascita del sovrano; fama che rendeva ad un tempo più sicura nei suoi effetti e più rapida tanto la novità del prodigio celeste che l`empietà del persecutore assetato di sangue. Ma è allora che il Salvatore viene portato in Egitto, affinché quel popolo, dedito ad antichi errori, venisse chiamato da una grazia nascosta alla salvezza ormai prossima e, senza che avesse ancora ripudiato la superstizione dal suo cuore, nondimeno offrisse ospitalità alla verità.
E` dunque con ragione, amatissimi, che, consacrato dalla manifestazione del Signore, questo giorno è insignito di speciale dignità in tutto il mondo: esso deve di conseguenza brillare con degno splendore nei nostri cuori, affinché possiamo non solo venerare il seguito di tali avvenimenti prestandovi fede, ma altresì comprendendoli...
Riconosciamo perciò, carissimi, nei magi adoratori del Cristo, le primizie della nostra vocazione e della nostra fede, e con animo straripante di gioia, celebriamo gli esordi della nostra beata speranza. E allora, infatti, che noi abbiamo cominciato ad entrare in possesso della nostra eterna eredità; è allora che si sono aperti per noi i segreti delle Scritture che parlano del Cristo, e che la verità, rifiutata dai Giudei resi ciechi, è diffusa dalla sua luce su tutti i popoli. Veneriamo dunque il giorno santissimo in cui si è manifestato l`autore della nostra salvezza e adoriamo nei cieli l`Onnipotente che i Magi adorarono neonato in una culla. E come essi offrirono al Signore dei doni tratti dai loro scrigni, simboli mistici, così anche noi estraiamo dai nostri cuori doni degni di Dio. Senza dubbio è lui il datore di ogni bene; tuttavia egli cerca il frutto del nostro lavoro: non è infatti a chi dorme che è dato il regno dei cieli, bensì a coloro che soffrono e vigilano nei comandamenti di Dio; se perciò non rendiamo vani i doni da lui stesso ricevuti, meriteremo tramite i beni che egli ha elargito, di ricevere quelli che egli ha promesso.
Dimodoché esortiamo la nostra carità ad astenersi da ogni opera malvagia ed a legarvi a tutto ciò che è casto e santo. I figli della luce devono, in effetti, ricusare le opere delle tenebre (cf. Rm 13,12). Per questo, fuggite gli odi, rigettate le menzogne, distruggete l`orgoglio con l`umiltà, bandite l`avarizia, amate la liberalità, poiché è conveniente che le membra si conformino al loro capo; così meriteremo di essere ammessi a condividere l`eredità promessa. Per il nostro Signore Gesù Cristo che, con il Padre e lo Spirito Santo, vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

(Leone Magno, Sermo 32, 1 s. 4)


2. La stella dei Magi

La stella apparve perché i profeti erano scomparsi. La stella accorse per spiegare chi fosse colui verso il quale erano rivolte con precisione le parole dei profeti. Come per Ezechia il sole si rivolse dall`Occidente verso l`Oriente (cf. 2Re,20,8-11; Is 38,7-8), così a causa del bambino del presepio, la stella corse dall`Oriente verso l`Occidente.
Il segno del sole fu un biasimo per Israele, e i Magi confusero il popolo con i doni che essi arrecavano. Essi vennero con i loro segni, a somiglianza dei profeti, ed essi resero testimonianza alla nascita del Cristo, affinché, quando Egli sarebbe venuto, non fosse considerato come uno straniero, ma che tutte le creature riconoscessero la sua nascita. Zaccaria divenne muto ed Elisabetta concepì, affinché tutte le regioni comprendessero e conoscessero la sua venuta.
Ma questa stella era maestra del proprio percorso; essa saliva, discendeva, come se alcun legame la trattenesse, perché aveva potere sugli spazi celesti, e non era fissa nel firmamento. Se essa si nascose (per un momento agli occhi dei Magi), fu affinché essi non venissero a Betlemme attraverso un cammino chiaro e diritto.
Dio la nascose loro per mettere alla prova Israele, affinché i Magi raggiungessero Gerusalemme, gli Scribi parlassero loro della nascita del Signore (cf. Mt 2,4-6) e ricevessero una testimonianza sincera dalla bocca stessa dei profeti e dei sacerdoti. Ma ciò avvenne anche affinché i Magi non credessero che vi fosse un potere al di fuori di quello che risiede a Gerusalemme. Allo stesso modo gli antichi avevano ricevuto dallo spirito che era sopra Mosè, affinché non si pensasse che ci fosse un altro spirito (cf. Nm 11,17).
I popoli orientali sono stati illuminati dalla stella, perché gli Israeliti, al sorgere del sole, che è Cristo, erano diventati ciechi.
E`, dunque, l`Oriente che per primo ha adorato il Cristo, come Zaccaria aveva predetto: L`Oriente darà la luce dall`alto (Lc 1,78). Quando la stella ebbe accompagnato i Magi fino al sole, si fermò, perché arrivata alla meta, in seguito, essa smise il suo percorso.
Giovanni era la voce, che annunciava il Verbo. Ma quando il Verbo, per farsi ascoltare, s`incarnò ed apparve, la voce che preparava la strada, esclamò: Bisogna che egli cresca e che io diminuisca (Gv 3,30).
I Magi, che adoravano gli astri, non avrebbero deciso di andare verso la luce se la stella non li avesse attratti col suo splendore. La stessa attrasse il loro amore, legato ad una luce di poca durata, verso la luce che non tramonta...
Ed essi aprirono i loro tesori e gli offrirono in dono, l`oro alla sua natura umana, la mirra, come figura della sua morte, l`incenso, alla sua divinità (Mt 2,11). Cioè: l`oro, come ad un re, l`incenso, come a Dio, la mirra, come a colui che dev`essere imbalsamato. O, meglio ancora: l`oro, perché lo si adorasse, in quanto questa adorazione è dovuta al proprio maestro; la mirra e l`incenso, per indicare il medico che doveva guarire la ferita di Adamo.

(Efrem, Diatessaron, II, 5, 18-25)


3. La festività dell`Epifania: il motivo profondo della sua solennità

L`Epifania, il cui nome deriva dalla lingua greca, in latino può essere chiamata manifestazione.
Oggi, si è rivelato il Redentore di tutte le genti e a tutte le genti chiede solennità.
E, per questo, abbiamo celebrato la sua nascita, pochissimi giorni fa, e oggi celebriamo la sua stessa manifestazione.
Il Signore nostro Gesù Cristo, nato da tredici giorni, si dice sia stato adorato oggi dai Magi.
Poiché avvenne che la verità del Vangelo parla: ma in quale giorno sia avvenuto dovunque l`importanza di questa solennità così gloriosa, lo dichiara.
Sembrò giusto, infatti, e veramente è giusto, che poiché, primi fra i Gentili, i Magi conobbero il Signore Gesù, e, non ancora impressionati dalla sua parola, seguirono la stella apparsa loro che parlò loro visibilmente in luogo del Verbo incarnato, come lingua del Cielo (Mt 11,1-12), affinché i Gentili conoscessero, per grazia, il giorno della salvezza delle sue primizie, e lo dedicassero al Cristo Signore con solenne ossequio ed azione di grazie.
Le primizie, certo, dei Giudei per la fede e la rivelazione del Cristo, esistettero in quei pastori, qui nello stesso giorno in cui egli nacque, lo videro col venire da molto vicino.
Gli angeli annunziarono a quelli, la stessa a questi.
A quelli fu detto: Gloria a Dio dal sommo dei Cieli (Lc 2,14): in questi si compì: I cieli cantano la gloria di Dio (Sal 18,2).
Gli uni e gli altri, senza dubbio, come gli inizi delle due pareti che provenivano da condizione diversa: dalla circoncisione e dal prepuzio accorsero alla pietra principale: per la loro pace, che l`una e l`altra cosa rendeva una sola (Ef 2,11-12).
Nei Giudei fu prima la grazia, nei Gentili più abbondante l`umiltà.
Veramente quelli lodarono Dio, perché avevano visto il Cristo: ma questi adorarono anche il Cristo che avevano visto.
In quelli fu prima la grazia, in questi, più abbondante l`umiltà.
Forse quelli pastori di poca importanza, esultavano più fervidamente per la loro salvezza: ma questi Magi ricoperti di molti peccati chiedevano più umilmente il perdono.
Questa è quella umiltà, che la Divina Scrittura esalta più in quelli che provenivano dai Gentili che nei Giudei.
Dai Gentili, infatti, proveniva quel centurione che, avendo ricevuto il Signore con tutto il cuore, tuttavia si ritenne indegno, che egli esitasse nella sua casa, né volle che il suo ammalato fosse visto da lui, ma (volle) che si comandasse al salvo (cf. Mt 7,5-10).
Così più intimamente lo considerava presente nel cuore, la cui presenza egli, nobilmente, teneva lontano dalla sua casa.
Finalmente il Signore disse: «Non ho trovato in Israele una fede così grande».
Anche quella donna Cananea viveva tra i Gentili e, quando si sentì chiamare dal Signore cane, e giudicata indegna che il pane dei figli fosse dato a lei, come un cane si accontentò delle briciole: e perciò non meritò di esserlo, poiché non rifiutò quello che non era stata.
Infatti, in persona ascoltò queste parole dal Signore: O donna grande è la tua fede (ibid., 15, 21-28).
L`umiltà in lei aveva reso grande la fede; perché essa stessa si era fatta piccola.
I pastori dunque vengono da vicino a vedere, e i Magi vengono da lontano ad adorare.
Questa è l`umiltà con la quale meritò di essere innestata sull`olivo selvaticamente, e di portare l`olivo contro natura (cf. Rm 11,17)...
Celebriamo, dunque, con molta devozione questo giorno, e adoriamo presente nel Cielo, il Signore Gesù che quelle nostre primizie adorarono giacente nella mangiatoia.
In lui, certo, essi veneravano ciò che accadrebbe, che noi veneriamo già adempiuto.
Le primizie dei Gentili, lo adorarono raccolto sul seno materno: i Gentili lo adorarono seduto alla destra di Dio Padre.

(Agostino, Sermo 203, 1)


4. I Gentili aderiscono al Cristo per mezzo dell`amore ai Giudei

Ora, dunque, o carissimi, figli ed eredi della grazia, osservate la vostra vocazione, ed apritevi ai Giudei ed ai Gentili, aderendo a Cristo, come pietra principale dell`edificio, con un amore molto perseverante.
Si manifestò, infatti, nella stessa culla della sua infanzia a questi, che erano vicini, e a quelli che erano lontano; ai Giudei, con la vicinanza dei pastori, ai Gentili, con la lontananza dei Magi.
Si crede che quelli venissero a lui nel giorno stesso in cui nacque, questi oggi.
Si manifestò, dunque, né a quelli, perché erano dotti, né a questi, perché giusti.
Traspare, infatti, nella rustichezza dei pastori, l`inesperienza, ma l`empietà nel carattere profano dei Magi.
La pietra angolare (il Cristo) attirò a sé gli uni e gli altri: senza dubbio, perché venne a scegliere le cose stolte dal mondo per confondere i sapienti (1Cor 1,27); e non chiamare i giusti, ma i peccatori (Mt 9,13); affinché nessun uomo grande insuperbisse, e nessun piccolo disperasse.
Per la qual cosa gli Scribi e i Farisei mentre sembrano troppo dotti e troppo giusti, indicarono la città del (Messia) nato, interpretando l`oracolo profetico, ma lo respinsero.
Ma poiché (egli) divenne la pietra principale (Sal 117,22), ciò che, nascendo, mostrò, adempì, soffrendo; aderiamo a lui con altri, includendo il resto d`Israele, che per elezione della grazia divenne salvo (Rm 11,5).
Quei pastori, infatti, li prefiguravano sulla loro imminente riunificazione, affinché anche noi, che siamo stati prefigurati dall`arrivo dei Magi, chiamati da lontano, rimaniamo, non più pellegrini ed estranei, ma familiari di Dio, edificati sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti, in virtù della principale pietra angolare, che è il Cristo Gesù: che una sola cosa realizzò e dell`una e dell`altra (Ef 2,11-12), affinché amiamo l`unità essendo uniti ed abbiamo l`instancabile carità, per riunire i rami che innestati sul selvatico, son diventati eretici ostinati, a causa della loro superbia, poiché potente è Dio che li innesta di nuovo (Rm 11,17-24).

(Agostino, Sermo 200, 4)


5. I doni dei Magi svelano il mistero di Cristo

L`apparizione di una stella, compresa fin dall`inizio dai Magi, evoca l`idea che i pagani non debbono interporre indugi nel credere in Cristo, né gli uomini allontanati dalla conoscenza di Dio dalle loro convinzioni derivate dalla scienza, stentare a riconoscere la luce che immantinente è apparsa alla sua nascita. In effetti, l`offerta dei doni ha espresso l`essere di Cristo in tutto il suo significato, riconoscendo il re nell`oro, Dio nell`incenso, l`uomo nella mirra. E con la venerazione dei Magi si realizza pienamente la conoscenza dell`insieme del mistero: della morte nell`uomo, della risurrezione in Dio, del potere di giudicare nel re. Nel fatto poi che sono impediti di ritornare sui loro passi e di tornare in Giudea da Erode, vi è l`idea che noi non siamo liberi di attingere in Giudea la nostra scienza e la nostra conoscenza, ma che siamo invitati ad abbandonare la via della nostra vita anteriore collocando tutta la nostra salvezza e tutta la nostra speranza in Cristo.

(Ilario di Poitiers, In Matth., 1, 5)


6. I magi attestano con i doni la fede nel mistero

In effetti, per quanto egli avesse prescelto la nazione israelita, e in questa medesima nazione una data famiglia per assumervi la comune natura umana, non volle tuttavia che le primizie della sua venuta restassero nascoste nei ristretti limiti della casa materna; volle al contrario farsi subito conoscere da tutti, lui che si degnava nascere per tutti.
Una stella di insolita lucentezza apparve allora a tre Magi d`Oriente, stella più brillante e più bella di tutti gli altri astri, che facilmente attrasse gli occhi e i cuori di coloro che la contemplavano; si poteva in tal modo comprendere che non fosse del tutto gratuito quanto di insolito era dato vedere. Colui che concedeva quel segno a quegli osservatori del cielo, ne concesse del pari l`intelligenza; ciò che fece capire, fece anche ricercare; e una volta cercato, si lasciò trovare.
I tre uomini si lasciano condurre dalla luce proveniente dall`alto e si fissano, contemplandolo senza stancarsi, al chiarore dell`astro che li precede e fa loro da guida; così, sono condotti dallo splendore della grazia fino alla conoscenza della verità, essi che, secondo il buon senso, avevano ritenuto un dovere cercare in una città regale la nascita di un re che era stato loro rivelato da quel segno. Ma colui che aveva assunto la condizione di servo (cf. Fil 2,7), e non veniva per giudicare (cf. Gv 12,47), bensì per essere giudicato, scelse Betlemme per la nascita e Gerusalemme per la Passione (cf. Lc 13,33)...
Si compie quindi per i Magi il loro desiderio e, condotti dalla stella, arrivano fino al Bambino, il Signore Gesù Cristo. Nella carne, essi adorano il Verbo; nell`infanzia, la Sapienza; nella debolezza, il vigore; e nella verità dell`uomo, la maestà del Signore; e, per manifestare con segni esterni il mistero in cui credono e di cui hanno intelligenza, attestano con doni ciò che credono nel cuore. Offrono a Dio l`incenso, all`uomo la mirra, al re l`oro, consci di venerare nell`unità la divina e l`umana natura.

(Leone Magno, Sermo 31, l s.)
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05/04/2011 09:03
 
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DOMENICA DOPO L`EPIFANIA: BATTESIMO DEL SIGNORE


(domenica dopo l`Epifania)

La liturgia romana commemorava il Battesimo di Cristo nel Giordano l`ottavo giorno dopo l`Epifania del Signore, una festività apparsa in Occidente nel secolo VIII. Questo avvenne sotto l`influenza della liturgia bizantina per la quale, similmente alle altre liturgie orientali, il ricordo del mistero del Battesimo aveva una particolare importanza. La festa a sé stante del Battesimo del Signore fu costituita solamente nell`anno 1955 e veniva celebrata il 13 gennaio. Nel nuovo calendario liturgico, la festa è stata trasferita alla domenica dopo l`Epifania.
Cristo riceve il Battesimo nelle acque del Giordano dalle mani di Giovanni il Battista. La voce del Padre e la presenza dello Spirito Santo proclamano Gesú Figlio prediletto di Dio e, nello stesso tempo, Servo mandato per annunziare ai poveri la buona novella della salvezza. Lui non alzerà la voce, ma annunzierà a tutti la salvezza, non spezzerà la canna incrinata, ma libererà quelli che rimangono nella schiavitú delle tenebre. Cristo non ha alcun peccato, ma non si separa dall`umanità che vive nel peccato: l`umanità corrotta insieme con lui entra nelle acque del Giordano che preannunziano l`acqua che ci purificherà da ogni sporcizia, ci farà vivere la vita nuova, ci introdurrà nel mistero della morte e della risurrezione del nostro Salvatore.
Il mistero che oggi viene celebrato dalla Chiesa richiama alla memoria il nostro Battesimo per mezzo del quale siamo stati purificati e siamo spiritualmente rinati, divenendo figli di Dio. In questo giorno di festa, eleviamo suppliche affinché viviamo come figli di Dio, cresciamo nell`amore e ci trasformiamo spiritualmente ad immagine di Cristo.

Oggi, il nostro Dio ci ha manifestato la sua
indivisa natura in tre Persone;
il Padre dà infatti chiara testimonianza al Figlio;
lo Spirito scende dal cielo in forma di colomba;
il Figlio chinò il capo immacolato dinanzi al Precursore;
e battezzato, scioglie il genere umano dalla schiavitú,
perché amante degli uomini.

(Liturgia Bizantina, EE n. 3038)

Letture: Isaia 42,1-4.6-7
Atti 10,34-38
Matteo 3,13-17

1. Il Figlio prediletto

"Viene dopo di me uno che è piú forte di me, e io non sono degno di prostrarmi per sciogliergli la correggia dei calzari" (Mc 1,7). Siamo di fronte a una grande prova di umiltà: è come se avesse dichiarato di non essere degno di essere servo del Signore...
"Io vi battezzo con acqua" (Mc 1,8), cioè sono solamente un servo: egli è il creatore e il Signore: Io vi offro l`acqua, sono una creatura e vi offro una cosa creata: egli che non è stato creato, vi porge una cosa increata. Io vi battezzo con acqua, cioè vi offro una cosa visibile; egli invece vi offre l`invisibile. Io che sono visibile, vi do l`acqua visibile; egli che è invisibile, vi dà lo Spirito invisibile.
"E accadde che in quei giorni venne Gesú da Nazaret della Galilea" (Mc 1,9). Osservate il collegamento e il significato delle parole. L`evangelista non dice, venne Cristo, e neppure venne il Figlio di Dio, ma venne Gesú. Qualcuno potrebbe chiedere: perché non ha detto che venne Cristo? Parlo secondo la carne: evidentemente Dio è da sempre santo e non ha bisogno di santificazione, ma ora parliamo di Cristo secondo la carne. Allora non era stato ancora battezzato e non era stato ancora unto dallo Spirito Santo. Nessuno si scandalizzi: parlo secondo la carne, parlo secondo la forma del servo che egli aveva assunto, cioè parlo di Colui che venne al battesimo quasi fosse un peccatore. Cosí dicendo non intendo affatto dividere il Cristo, come se una persona fosse il Cristo, un`altra Gesú e un`altra il Figlio di Dio: ma intendo dire che, pur essendo uno solo e essendo sempre lo stesso, apparve però a noi diverso a seconda dei diversi momenti.
«Gesú da Nazareth della Galilea», dice Marco. Considerate il mistero. Dapprima accorsero da Giovanni Battista la Giudea e gli abitanti di Gerusalemme: nostro Signore che dette inizio al battesimo del Vangelo e mutò in sacramenti del Vangelo i sacramenti della legge, non venne dalla Giudea né da Gerusalemme, ma dalla Galilea delle genti. Gesú viene infatti da Nazareth, villaggio della Galilea. Nazara significa fiore: cioè il fiore, che è Gesú, viene dal fiore.
"E fu battezzato da Giovanni nel Giordano" (Mc 1,9). E` un grande atto di misericordia: si fa battezzare come un peccatore colui che non aveva commesso alcun peccato. Nel battesimo del Signore tutti i peccati vengono rimessi: ma, in un certo senso, il battesimo del Signore precede la vera remissione dei peccati che ha luogo nel sangue di Cristo, nel mistero della Trinità.
"E subito, risalendo dall`acqua, vide i cieli aperti" (Mc 1,10). Tutto quanto è stato scritto, è stato scritto per noi: prima di ricevere il battesimo abbiamo gli occhi chiusi e non vediamo il cielo. "E vide lo Spirito come colomba, discendere e fermarsi su di lui. E una voce venne dal cielo: «Tu sei il mio dilettissimo Figlio, in cui io mi compiaccio»" (Mc 1,10-11). Gesú Cristo è battezzato da Giovanni, lo Spirito Santo discende sotto forma di colomba e il Padre dai cieli rende la sua testimonianza. Guarda o Ariano, guarda o eretico: anche nel battesimo di Gesú c`è il mistero della Trinità. Gesú è battezzato, lo Spirito discende come colomba, e il Padre parla dal cielo.
«Vide i cieli aperti», scrive Marco. Cosí, dicendo «vide» mostra che gli altri non videro: non tutti infatti vedono i cieli aperti. Che dice infatti Ezechiele all`inizio del suo libro (cf. Ez 1,2)? «E accadde - dice - che mentre stavo seduto lungo il fiume Cabar in mezzo ai deportati, vidi i cieli aprirsi «. Io vidi, dice: quindi gli altri non vedevano. E non si creda che i cieli si aprano cosí, materialmente e semplicemente: noi stessi che qui sediamo, vediamo i cieli aperti o chiusi a seconda dei nostri meriti. La fede piena vede i cieli aperti, la fede esitante li vede chiusi.

(Girolamo, Comment. in Marc., l)


2. Ecco l`Agnello di Dio

Cristo, concluso il discorso sui segni rivolto ai suoi discepoli disse loro: «Andiamo sul fiume Giordano». E s`incamminarono insieme con lui e giunsero in Betania che si trova tra Gerusalemme e il Giordano e passarono la notte in casa di Lazzaro.
Sul far del giorno, Nostro Signore disse ai discepoli: «Andiamo insieme sul Giordano. Lí sentiremo una voce che grida nel deserto per appianare le mie vie (cf. Is 40,3); lí vedrete una fiaccola ardente che splende di vivida luce. Dunque, andiamo verso la luce che risplende sul deserto, andiamo a vedere la stella luminosa. In verità vi dico: solo Giovanni battezza, e mai donna generò un uomo piú perfetto di lui; le sue opere si possono paragonare a quelle del profeta Elia. Ecco, oggi abbatterò lo scellerato, ridurrò il suo potere, e lui stesso sprofonderà nell`abisso delle acque. Oggi si adempiranno le profezie. Oggi il mare vedendomi si ritirerà. Oggi sarà annientato il potere di satana. Oggi il mondo comincerà a risplendere. Oggi sarà rigenerato il santo Adamo, oggi sarà cancellato il peccato di Eva, madre del genere umano. Oggi saprete veramente chi sono io. Oggi vi farò sentire la voce del Padre, oggi sarete testimoni della potenza dello Spirito Santo. Oggi vi si manifesterà la natura della Santissima Trinità. Oggi i monti e i deserti esulteranno, come gioiscono gli agnelli. Oggi la gioia invaderà tutti i popoli ed essi la porteranno nelle loro mani. Oggi Giovanni, figlio di una donna sterile, mi vedrà e la sua anima esulterà. Oggi si commuoverà il cuore di ogni povero. Oggi sorgerà il sole per quelli che sono simili a me e dimorano negli inferi. Oggi si apriranno le porte del cielo. Oggi i primi saranno gli ultimi, e gli ultimi i primi. Oggi saprete chi sono io e da dove vengo. Oggi sentirete la voce del Padre e la Sua testimonianza su di me e sulla mia origine dal Padre. Oggi il Giordano e tutti i fiumi si rallegreranno. Oggi il cielo e la terra grideranno, le acque amare diventeranno dolci, e coloro che hanno sete gusteranno una dolce acqua. Oggi rinnoverò ciò che creai. Oggi il sole sette volte emanerà la sua luce. Questo è il giorno del Signore di cui hanno parlato i Profeti».
Quando finí di parlare eravamo giunti sul Giordano. E quando Giovanni vide Gesú gridò a gran voce: «"Ecco l`agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo" (Gv 1,29). Questi è il Figlio Unigenito che è venuto per la nostra salvezza. Questi è il Re dei re annunziato dal profeta Zaccaria. E` questi certamente il Figlio Unigenito dell`eterno Dio...».
Dunque Gesú scese spogliatosi delle vesti e si fermò in mezzo al fiume. C`era lí molta gente che Giovanni battezzava. E Gesú disse a Giovanni: «Fa` quello che ti ho ordinato».
E Giovanni gli si avvicinò profondamente turbato e impose le mani sul capo di Nostro Signore. E quando volse gli occhi verso il cielo, lo vide aprirsi e lo Spirito Santo scendere sul capo di Cristo come una colomba che aleggiando si fermò sul capo di Nostro Signore. E sentí una voce che gridava dal cielo: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto; questi è il Figlio mio prediletto di cui gioisco; questi è il Figlio mio diletto per mezzo del quale creai il cielo e la terra; questi è il Figlio mio generato prima dei secoli e dei tempi; questi è il Figlio mio che mai sarà separato da me; questi è il Figlio mio che è veramente la mia immagine».

(Evangelium apocryphum Iohan., 33, 4-6.12)


3. Lo Spirito e il Battesimo

Cristo fu battezato per noi quando riempí il nostro Battesimo di luce, di vita e di santità e quando divenne la via per la quale lo Spirito viene su di noi, poiché lo Spirito venne su di lui cosí come sulle primizie del nostro genere umano, per passare in seguito anche su quelli che appartengono allo stesso genere, una volta divenuti perfetti attraverso il Battesimo.

(Severo di Antiochia, Sermo, 84)
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05/04/2011 09:03
 
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MERCOLEDI` DELLE CENERI E TEMPO DI QUARESIMA

Verso la metà del II secolo, compare la preparazione alla Pasqua, intesa allora come ricordo della morte salvifica di Cristo (Venerdí Santo). Alcune Chiese, in Gallia, rispettano il digiuno il Venerdí Santo, le altre anche il Sabato Santo e alcune persino il Giovedí Santo o addirittura il Mercoledí Santo. I fedeli in Africa, come quelli di Roma, sono tenuti al digiuno il Venerdí Santo e il Sabato Santo. La Chiesa d`Egitto conosce il digiuno settimanale, ma anche qui c`è una certa libertà.
La preparazione di quaranta giorni alla festa di Pasqua viene introdotta all`inizio del IV secolo e comincia con la prima domenica di Quaresima. Con il passare del tempo, nasce la convinzione che il digiuno costituisca la piú importante e quasi l`unica forma di preparazione alla Pasqua. Dato che la domenica non si digiunava, era necessario spostare l`inizio della Quaresima aggiungendo i giorni che mancavano. Questo avveniva gradualmente e dal VII secolo il Mercoledí delle Ceneri segna l`inizio del periodo preparatorio alla Pasqua. L`imposizione delle ceneri compare nel secolo IX ed è collegata con la penitenza pubblica. Con la scomparsa di quest`ultima, i sacerdoti cominciano ad imporre le ceneri su tutti i fedeli.
Le prime testimonianze della solenne benedizione delle ceneri risalgono al secolo X. La Chiesa d`Oriente ha prolungato il periodo di preparazione ad otto settimane e questo ha indotto anche la Chiesa d`Occidente a prolungare il periodo di preparazione con altre tre domeniche prima della Quaresima.
Il periodo della Quaresima ha una ricchissima storia nella liturgia. Costituiva dapprima il tempo della definitiva preparazione dei candidati al Battesimo, amministrato nella Vigilia di Pasqua. I riti legati a questa preparazione venivano chiamati «scrutini». Dal V secolo, a Roma, erano noti tre scrutini pubblici nella terza, quarta e quinta domenica. Si trasmettevano ai candidati i quattro Vangeli, la professione di fede e la preghiera del Signore. Alla preparazione cosí organizzata, prendeva parte la comunità dei credenti e in questa maniera la preparazione al Battesimo degli uni diventava per gli altri l`occasione di meditare sul proprio Battesimo.
Il periodo di preparazione di quaranta giorni è il periodo della penitenza, che col tempo fu ridotta principalmente al digiuno. Il digiuno, inizialmente facoltativo, diventa abitudinario e dal secolo IV viene definito con le prescrizioni di luogo, che nel Medioevo diventeranno obbligatorie per tutti. Completavano il digiuno, la preghiera e l`elemosina. La Chiesa di Roma ha istituito la liturgia delle stazioni, che col tempo venne accolta in molte città vescovili. Il papa, nei giorni della Quaresima, celebrava la Messa nelle diverse chiese dell`Urbe con la partecipazione del clero e di molti fedeli. In alcuni giorni, ci si radunava in una delle chiese, donde col canto delle litanie ci si recava alla chiesa della stazione per celebrare l`Eucaristia.
Le ultime due settimane della Quaresima erano dedicate alla meditazione della Passione del Signore. La lettura del Vangelo di san Giovanni dimostra la lotta di Cristo con i farisei e preannuncia la morte del Salvatore. Nella coscienza dei fedeli, la meditazione della Passione di Cristo divenne dominante nella spiritualità di tale periodo. E` noto finora il costume di velare i quadri e i crocifissi negli ultimi giorni della Quaresima.
Le parole di san Paolo: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2Cor 5,20; 6,2), dimostrano che cos`è la Quaresima per la Chiesa e per ogni credente. Ecco il tempo della salvezza, perché stiamo vivendo il mistero del Figlio di Dio, che muore per noi sulla Croce. La Chiesa in questi giorni prende coscienza di partecipare alla grande opera di redenzione del mondo, intrapresa da Cristo. Il cristiano invece vive piú profondamente la realtà del proprio Battesimo: in questo sacramento è morto insieme con Cristo e insieme con lui è risorto a nuova vita, ha raggiunto veramente la salvezza.
In questo periodo di salvezza, la Chiesa fin dai primi tempi si nutre abbondantemente della Parola di Dio, del pane che viene dalla bocca di Dio, per rafforzare la sua fede, come unico mezzo capace di introdurci nella realtà divina. «Convertitevi, e credete al Vangelo». «Lasciatevi riconciliare con Dio!». La Chiesa rivolge queste parole a tutti i credenti. La salvezza di Dio è accessibile a ciascun uomo, la potenza della redenzione di Cristo può abbracciare ciascuno, occorre però l`apertura del cuore, la disponibilità ad accogliere il dono del cielo, la risposta decisa. Il peccato costituisce un ostacolo. Di fronte alla grandezza dei doni di Dio, ci rendiamo conto in questi giorni del male commesso, della nostra debolezza, fragilità e peccaminosità. Questa presa di coscienza avviene sia nella Chiesa, quale comunità, sia nelle sue membra. Il tempo della Quaresima è il momento della conversione, dello staccamento dal peccato, il momento del cambiamento del cuore e del modo di pensare. La conversione cosí concepita esige il sacrificio, il rinnegamento di se stesso, la lotta contro se stesso. Il tempo del pentimento e della conversione è, comunque, anzitutto il tempo del perdono da parte di Dio e il tempo della misericordia di Dio. Dio chiama alla conversione e perdona a chi glielo chiede, è molto paziente verso i peccatori. Da qui sorge la preghiera assidua, piena di fiducia e di speranza. Il tempo della Quaresima, cosí inteso, è un tempo di intensa vita spirituale, di lotta contro se stessi e contro le forze del male; è il tempo dell`avvicinamento a Cristo.

Concedi, ti preghiamo o Signore,
a questo tuo servo degni frutti di penitenza,
perché sia restituito innocente
alla tua santa Chiesa, dalla cui integrità ha deviato peccando,
conseguendo la remissione delle colpe.

(Sacramentarium Gelasianum, ed. L.C. Mohlberg, Roma 1968, n. 357)


1. Antica preghiera del pio armeno per tutte le età e le condizioni

I - Con fede ti confesso e ti adoro, Padre, Figlio e Spirito Santo; essenza increata e immortale, creatore degli angeli, degli uomini e di tutti gli esseri. Abbi pietà delle tue creature e di me cosí Peccatore.
II - Con fede io ti confesso e ti adoro, luce indivisibile, consostanziale santa Trinità e una sola Divinità, Creatore della luce e dissipatore delle tenebre, sciogli dalla mia anima le tenebre del peccato e dell`ignoranza e illumina in quest`ora la mia mente per formulare una preghiera che piaccia a te e ottenga da te quanto domando, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
III - Padre celeste, vero Dio, tu che hai mandato il tuo amato Figlio a cercare la pecora smarrita, ho peccato contro il cielo e alla tua presenza. Accoglimi come il figlio prodigo e restituiscimi la prima veste della quale mi sono spogliato per i peccati ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
IV - Figlio di Dio, vero Dio che sei sceso dal seno dell`Eterno Padre e prendesti corpo dalla santa Vergine Maria per la nostra redenzione; tu sei stato crocifisso e sepolto, sei risuscitato dalla morte e sei salito gloriosamente al Padre. Ho peccato contro il cielo e alla tua presenza. Ricordati di me come del ladrone quando verrai con il tuo regno, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí Peccatore.
V - Spirito di Dio, vero Dio, che sei sceso al Giordano e al Cenacolo e mi hai illuminato attraverso il battesimo della santa Fonte, ho peccato contro il cielo e alla tua presenza; purificami nuovamente con il tuo fuoco divino come hai fatto ai santi Apostoli con lingue di fuoco ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
VI - Essenza increata, ho peccato contro di te con la mia mente, la mia anima e il corpo; non ricordarti dei miei peccati passati, per il tuo santo nome ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
VII - Tu che tutto vedi, ho peccato contro di te con pensieri, parole e opere; cancella il libro delle mie colpe e scrivi il mio nome in quello della vita ed abbi pietà di me cosí peccatore.
VIII - Perscrutatore dei segreti, ho peccato contro di te volontariamente e involontariamente, cosciente e per ignoranza, concedi il perdono a me peccatore perché, dalla mia nascita battesimale ad oggi, ho peccato alla presenza della tua divinità, con i miei sensi e con tutte le membra del mio corpo, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
IX - Tu che tutto prevedi, metti il tuo santo timore a vegliare sui miei occhi affinché non guardi ciò che è impuro, sui miei orecchi affinché non mi piaccia di ascoltare parole stupide, alla mia bocca affinché non proferisca menzogne, al mio cuore affinché non trami perversità, alle mie mani affinché non commetta ingiustizia, ai miei piedi affinché non segua la strada dell`iniquità; però dirigi tutti i movimenti perché siano sempre secondo i tuoi comandamenti ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
X - Tu, o Cristo, fuoco vivo, accendi nella mia anima la fiamma di quell`amore che hai sparso sulla terra, perché essa bruci l`impurità della mia anima, purifichi la mia coscienza, tolga i peccati del mio corpo. Accendi nel mio cuore la luce della tua scienza ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XI - Tu, o Cristo, Sapienza del Padre, dammi la sapienza di pensare, parlare e praticare il bene alla tua presenza e a tutte le ore; liberami dai cattivi pensieri, parole e opere, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XII - Tu che ami il bene ed hai per noi una risposta, non lasciarmi camminare secondo i miei desideri, ma orientami perché io faccia sempre la tua benevola volontà ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XIII - Re celeste, dammi il tuo regno che hai promesso ai tuoi amati, fortifica il mio cuore perché abbia in odio il peccato ed ami solo te e faccia la tua volontà ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XIV - Provvidenza delle creature, per il segno della tua Croce, preserva la mia anima e il mio corpo dalle illusioni del peccato, dalle tentazioni dei demoni, dagli uomini ingiusti e da tutti i pericoli dell`anima e del corpo ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XV - Cristo, protettore di tutti, la tua destra sia protezione a me di giorno e di notte, al riparo della casa o camminando per le strade, dormendo o vegliando, perché mai rimanga scosso ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XVI - Mio Dio, tu che distendi la tua mano e riempi tutte le creature con la tua misericordia, io mi dono tutto a te; provvedi alle necessità della mia anima e del mio corpo, da adesso all`eternità, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XVII - Tu che riconduci gli erranti, sviami dalle mie cattive abitudini affinché segua le buone e incidi nella mia anima il terribile giorno della morte, il timore dell`inferno e l`amore del paradiso, affinché mi penta dei peccati e pratichi la giustizia ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí Peccatore.
XVIII - Fonte di immortalità, fai traboccare dal mio cuore lacrime di pentimento, cosí come l`adultera, affinché io lavi i miei peccati prima di partire da questo mondo ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XIX - Donatore di misericordia, concedimi di tornare da te; ho bisogno di fede forte, di opere buone e della comunione del tuo santo Corpo e Sangue, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XX - Signore benefattore, confidami al buon angelo affinché io gli consegni in pace la mia anima ed egli mi faccia passare senza turbamento attraverso la malignità dei demoni, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccator.
XXI - Cristo, luce vera, rendi la mia anima degna di vedere con gioia nel giorno della mia morte la luce della tua gloria e possa riposare nella speranza dei buoni, nella dimora dei giusti, fino al giorno della tua maestosa venuta ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XXII - Giudice giusto, quando verrai nella gloria del Padre tuo per giudicare i vivi e i morti, non entrare in giudizio con il tuo servo, ma liberami dal fuoco eterno e fammi degno di sentire il dolce invito dei giusti, e mi trovi nel tuo regno dei cieli, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XXIII - Signore tutto misericordia, abbi pietà di tutti coloro che credono in te, dei miei familiari e degli estranei, dei conoscenti e degli sconosciuti, dei vivi e dei morti. Concedi anche ai miei nemici e a coloro che mi odiano il perdono dei delitti commessi contro di me e convertili dalla cattiveria che hanno contro di me perché siano degni della tua misericordia, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XXIV - Signore glorioso, ricevi le preghiere del tuo servo ed accogli benignamente le mie suppliche per intercessione della santa Madre di Dio, e di san Giovanni Battista, del protomartire santo Stefano, di san Gregorio nostro Illuminatore, dei santi Apostoli, Profeti, Dottori, Martiri, Patriarchi, Eremiti, Vergini e di tutti i tuoi Santi del Cielo e della terra; e a Te, indivisibile santa Trinità, gloria e adorazione per tutti i secoli dei secoli. Amen.

(Nerses Snorhalì, Antica preghiera, «Terra Santa», n. 11. anno 54 (1978), pp. 318-321)


2. La creazione di Dio e l`opera dell`uomo

Chi riconosce i propri peccati e li condanna, è già d`accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio. L`uomo e il peccatore sono due cose distinte: l`uomo è opera di Dio, il peccatore è opera tua, o uomo. Distruggi ciò che tu hai fatto, affinché Dio salvi ciò che egli ha fatto. E` necessario che tu detesti in te l`opera tua e ami in te l`opera di Dio. Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive.
Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità, e così vieni alla luce. Cosa intendo dire dieendo: operi la verità? Intendo dire che non inganni te stesso, non ti blandisci, non ti lusinghi; non dici che sei giusto mentre sei colpevole. Allora cominci a operare la verità, allora vieni alla luce, affinche sia manifesto che le tue opere sono state fatte in Dio. E infatti il tuo peccato, che ti è dispiaciuto, non ti sarebbe dispiaciuto se Dio non ti avesse illuminato e se la sua verità non te l`avesse manifestato. Ma chi, dopo essere stato redarguito, continua ad amare i suoi peccati, odia la luce che lo redarguisce, e la fugge, affinché non gli vengano rinfacciate le sue opere cattive che egli ama. Chi, invece, opera la verità, condanna in se stesso le sue azioni cattive; non si risparmia, non si perdona affinché Dio gli perdoni. Egli stesso riconosce ciò che vuole gli sia da Dio perdonato, e in tal modo viene alla luce, e la ringrazia d`avergli mostrato ciò che in se stesso doveva odiare. Dice a Dio: Distogli la tua faccia dai miei peccati. Ma con quale faccia direbbe cosí, se non aggiungesse: poiché io riconosco la mia colpa e il mio peccato è sempre davanti a me (Sal 50,5)? Sia davanti a te il tuo peccato, se vuoi che non sia davanti a Dio. Se invece ti getterai il tuo peccato dietro le spalle, Dio te lo rimetterà davanti agli occhi; e te lo rimetterà davanti agli occhi quando il pentimento non potrà piú dare alcun frutto.
Correte, o miei fratelli, affinché non vi sorprendano le tenebre (cf. Gv 12,35); siate vigilanti in ordine alla vostra salvezza, siate vigilanti finché siete in tempo. Nessuno arrivi in ritardo al tempio di Dio, nessuno sia pigro nel servizio divino. Siate tutti perseveranti nell`orazione, fedeli nella costante devozione Siate vigilanti finché è giorno; il giorno risplende; Cristo è il giorno. Egli è pronto a perdonare coloro che riconoscono la loro colpa ma anche a punire quelli che si difendono ritenendosi giusti, quelli che credono di essere qualcosa mentre sono niente. Chi cammina nel suo amore e nella sua misericordia, non si accontenta di liberarsi dai peccati gravi e mortali, quali sono il delitto, l`omicidio, il furto, l`adulterio; ma opera la verità riconoscendo anche i peccati che si considerano meno gravi, come i peccati di lingua, di pensiero o d`intemperanza nelle cose lecite, e viene alla luce compiendo opere degne. Anche i peccati meno gravi, se trascurati, proliferano e producono la morte.
Sono piccole le gocce che riempiono i fiumi; sono piccoli i granelli di sabbia, ma se sono numerosi, pesano e schiacciano. Una piccola falla trascurata, che nella stiva della nave lascia entrare l`acqua a poco a poco, produce lo stesso effetto di un`ondata irrompente: continuando ad entrare poco alla volta, senza mai essere eliminata, affonda la nave. E che significa eliminare, se non fare in modo con opere buone - gemendo, digiunando, facendo elemosine, perdonando - di non essere sommersi dai peccati?
Il cammino di questa vita è duro e irto di prove: quando le cose vanno bene non bisogna esaltarsi, quando vanno male non bisogna abbattersi. La felicità che il Signore ti concede in questa vita, è per consolarti, non per corromperti. E se in questa vita ti colpisce, lo fa per correggerti, non per perderti. Accetta il padre che ti corregge, se non vuoi provare il giudice che punisce. Son cose che vi diciamo tutti i giorni, e vanno ripetute spesso perché sono buone e fanno bene.

(Agostino, In Io. evang., 12, 13 s.)


3. Molte sono le vie di accesso alla misericordia del Salvatore

La definizione piena e perfetta di penitenza comporta che noi non accettiamo mai piú i peccati di cui facciam penitenza o di cui la coscienza ci rimorde. E` poi indizio che abbiam raggiunto l`indulgenza e la soddisfazione se siam riusciti a cacciare dal nostro cuore ogni legame interiore verso di essi. Sappia ognuno, infatti, che non è ancora sciolto dai suoi peccati se, pur applicandosi al pianto e alla soddisfazione per essi gli si presenta agli occhi l`immagine delle colpe compiute o di altre simili, e non dirò il diletto, ma solamente il ricordo di quelli infesta l`intimo della sua mente. Perciò, chi si è tutto dedicato alla soddisfazione sappia che sarà assolto dai suoi delitti ed avrà ottenuto perdono dalle colpe passate quando sentirà che il suo cuore è perfettamente libero dall`attrattiva di quei vizi e dalla loro stessa immaginazione. Nella nostra coscienza stessa, dunque, vi è quasi un giudice esattissimo della nostra penitenza e del perdono ottenuto: sentenzia l`assoluzione dei nostri reati prima del giorno del giudizio, a noi, viventi ancora in questa carne, e ci annuncia la grazia della remissione e della perfetta soddisfazione. E per esprimere con piú efficacia ciò che è stato detto: allora solo dobbiamo ritenere che il contagio dei nostri vizi passati è finalmente svanito, quando dal nostro cuore saran state scacciate le brame delle presenti voluttà, insieme con le nostre passioni...
Oltre alla grande, universale grazia del battesimo e oltre al dono preziosissimo del martirio che cancella le colpe con l`abluzione del sangue, molti sono ancora i frutti di penitenza per i quali si perviene all`espiazione dei peccati. La salvezza eterna infatti non vien solo promessa alla penitenza per la quale si perviene all`espiazione dei peccati. La salvezza eterna infatti non vien solo promessa alla penitenza propriamente detta, di cui dice il beato apostolo Pietro: Fate penitenza, convertitevi: cosí i vostri peccati saranno cancellati! (At 3,19), e Giovanni Battista, anzi lo stesso Salvatore: Fate penitenza perché il regno dei cieli è vicino! (Mt 4,17); ma anche l`amore atterra un cumulo di peccati: La carità infatti copre la moltitudine dei peccati (1Pt 4,8).
Parimenti, anche l`elemosina porge rimedio alle nostre ferite, perché come l`acqua spegne il fuoco, cosí l`elemosina estingue il peccato (Sir 3,29). Cosí le lacrime sparse ottengono l`astersione dei peccati; infatti: Vo bagnando tutte le notti il mio letto, irrigo di lacrime il mio giaciglio (Sal 6,7); e subito poi si aggiunge, per mostrare che esse non furono sparse inutilmente: Allontanatevi da me, voi tutti o malfattori, perché il Signore ha udito il grido del mio pianto (Sal 6,9). Anche con la confessione delle colpe ne vien concessa la purificazione; dice infatti la Scrittura: Ho detto: Proclamerò contro di me la mia ingiustizia al Signore; e tu hai perdonato l`empietà del mio peccato (Sal 31,5), e ancora: Esponi tu per primo le tue iniquità, per esserne giustificato (Is 43,26).
Cosí anche con l`afflizione del cuore e del corpo si ottiene la remissione dei delitti commessi; dice infatti: Vedi la mia bassezza e la mia sofferenza, e perdona tutti i miei peccati (Sal 24,18); ma soprattutto con il mutamento della propria condotta. Togliete dai miei occhi la cattiveria dei vostri pensieri. Smettete di agire perversamente, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, aiutate l`oppresso, fate giustizia all`orfano, difendete la vedova, e poi venite ed esponete a me i vostri lamenti, dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero rossi come lo scarlatto, biancheggeranno come la neve; se fossero del colore della porpora, diventeranno bianchi come candida lana (Is 1,16s.).
Talvolta si impetra indulgenza per i propri delitti anche per l`intercessione dei santi. Infatti: Chi sa che suo fratello commette un peccato che non conduce a morte, preghi, e Dio darà la vita a chi ha commesso un peccato che non conduce a morte (1Gv 5,16); e ancora: Se qualcuno di voi è infermo, faccia venire gli anziani della Chiesa; essi pregheranno su di lui ungendolo con olio nel nome del Signore, e la preghiera della fede salverà l`infermo; e il Signore lo allevierà, e se fosse in peccato gli sarà perdonato (Gc 5,14s.).
Vi è anche il caso in cui si purga la macchia dei peccati per merito della fede e della misericordia, secondo il detto: Per la misericordia e la fede vengon cancellati i peccati (Pr 15,27); spesso poi anche per la conversione e la salvezza di coloro che sono salvati dalla nostra predicazione e dai nostri ammonimenti: Infatti chi farà convertire un peccatore dall`errore della sua via, salva l`anima di quello dalla morte e copre una moltitudine di peccati (Gc 5,20). Infine otteniamo indulgenza per le nostre scelleratezze con la nostra indulgenza e magnanimità: Se infatti perdonerete agli uomini i loro peccati, anche a voi il Padre vostro celeste perdonerà i vostri delitti (Mt 6,14).
Vedete dunque quante sono le vie di accesso alla misericordia che la demenza del nostro Salvatore ci ha aperto: perciò nessuno che desidera la salvezza si lasci fiaccare dalla disperazione, vedendo con quanti mezzi è invitato alla vita. Se ti lamenti che per la debolezza della tua carne non puoi cancellare i tuoi peccati con la sofferenza del digiuno, riscattali con la larghezza nelle elemosine. E se non hai cosa dare ai poveri (per quanto la necessità o la povertà non escluda nessuno da questa santa opera, dato che le due sole monetine di bronzo di quella vedova furono piú stimate delle larghe offerte dei ricchi e per quanto il Signore prometta la ricompensa anche per un bicchiere di acqua fresca), anche senza di ciò, li puoi cancellare cambiando la tua vita.
Inoltre, se non ti senti di raggiungere la perfezione della virtù estinguendo tutti i vizi, dedicati con pia sollecitudine all`utilità e alla salvezza altri. Ma se obietti di non sentirti idoneo a questo ministero, puoi coprire i tuoi peccati con l`intimo amore. E se anche a questo l`ignavia del tuo spirito ti rende debole, in umiltà e fervore implora almeno con l`orazione e l`intercessione dei santi il rimedio alle tue ferite. Chi è che non possa dire in tono supplichevole: Ho palesato a te il mio peccato e non ho nascosto la mia ingiustizia? E per questa confessione si merita di soggiungere con confidenza: E tu hai perdonato l`empietà del mio cuore (Sal 32,5).
Se poi la vergogna ti impedisce, ti fa arrossire di rivelarli davanti agli uomini, non cessare di confessarli con suppliche continue a colui cui non sono celati, dicendo: Conosco la mia iniquità e il mio peccato mi sta sempre dinanzi; contro te solo ho peccato e ho agito male al tuo cospetto (Sal 50,5). Egli è solito perdonare le colpe anche senza la vergogna della pubblicità.
Ma oltre a questi mezzi di salvezza facili e sicuri la divina degnazione ce n`ha concesso un altro piú facile, rimettendo al nostro arbitrio il nostro rimedio, perché al nostro sentimento stesso è dato acquistare l`indulgenza delle nostre colpe, quando diciamo a lui: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12).
Chiunque perciò desidera pervenire all`indulgenza per le sue colpe, curi di dedicarsi a questi mezzi; la pervicacia di un cuore indurito non allontani da lui, dalla sua salvezza, la fonte di tanta bontà; infatti anche se faremo tutto ciò, nulla sarà sufficiente ad espiare le nostre colpe, se non sarà la bontà e la clemenza del Signore a cancellarle.

(Giovanni Cassiano, Conf., 20, 5.8)


4. I miracoli del Signore sono segni

Se non che tutti temono la morte del corpo, pochi quella dell`anima. Tutti si preoccupano per la morte del corpo, che prima o poi dovrà venire, e fanno di tutto per scongiurarla. L`uomo destinato a morire si dà tanto da fare per evitare la morte, mentre non altrettanto si sforza di evitare il peccato l`uomo che pure è chiamato a vivere in eterno. Eppure quanto fa per non morire, lo fa inutilmente: al piú ottiene di ritardare la morte, non di evitarla. Se invece si impegna a non peccare, non si affaticherà, e vivrà in eterno. Oh, se riuscissimo a spingere gli uomini, e noi stessi insieme con loro, ad amare la vita che dura in eterno almeno nella misura che gli uomini amano la vita che fugge! Che cosa non fa uno di fronte al pericolo della morte? Quanti, sotto la minaccia che pendeva sul loro capo, hanno preferito perdere tutto pur di salvare la vita! Chi infatti non lo farebbe per non essere colpito? E magari, dopo aver perduto tutto, qualcuno ci ha rimesso anche la vita.
Chi pur di continuare a vivere, non sarebbe pronto a perdere il necessario per vivere preferendo una vita mendicante ad una morte anticipata? Se si dice a uno: se non vuoi morire devi navigare, si lascerà forse prendere dalla pigrizia? Dio ci comanda cose meno pesanti per farci vivere in eterno, e noi siamo negligenti nell`obbedire. Dio non ti dice: getta via tutto ciò che possiedi per vivere poco tempo tirando avanti stentatamente; ti dice: dona i tuoi beni ai poveri se vuoi vivere eternamente nella sicurezza e nella pace. Coloro che amano la vita terrena, che essi non possiedono né quando vogliono né finché vogliono, sono un continuo rimprovero per noi; e noi non ci rimproveriamo a vicenda per essere tanto pigri, tanto tiepidi nel procurarci la vita eterna, che avremo se vorremo e che non perderemo quando l`avremo. Invece questa morte che temiamo, anche se non vogliamo, ci colpirà.

(Agostino, In Io. evang., 49, 2)


5. Aiuto e consolazione della penitenza

La condizione della nostra fragile natura non ammette che qualcuno sia senza macchia. Perciò l`ultimo nostro rimedio è rifugiarci nella penitenza, che ha un posto non piccolo fra le virtù, essendo miglioramento di noi stessi: così, se cadiamo o per le parole o per le opere, subito ci ravvediamo, confessiamo di aver peccato e chiediamo perdono a Dio, il quale, nella sua misericordia, non lo nega se non a chi persevera nell`errore. E` grande l`aiuto della penitenza, è grande la sua consolazione. Essa è la guarigione delle ferite del peccato, la speranza, il porto di salvezza: chi la nega, toglie a se stesso la vita della sua vita, perché nessuno può essere tanto giusto che la penitenza non gli sia talvolta necessaria. Ma noi, anche se non abbiamo peccato, dobbiamo tuttavia aprire la nostra anima a Dio e scongiurarlo ugualmente per le nostre colpe, ringraziandolo anche nelle avversità. Porgiamo sempre a Dio questo ossequio; l`umiltà infatti è grata, è cara a lui: egli che accetta il peccatore convertito piú volentieri del giusto superbo, quanto piú accetterà il giusto che confessa i propri torti e lo renderà sublime nei regni dei cieli, a misura della sua umiltà!
Questo deve presentare a Dio chi veramente lo venera: queste sono le vittime, questo è il sacrificio placatore; ecco dunque il vero culto: quando l`uomo offre all`altare di Dio i pegni del suo spirito. La sua somma maestà si allieta di chi cosí lo venera; lo accoglie come figlio e gli elargisce il dono dell`immortalità.

(Lattanzio, Divinae instit. epit., 67)


6. Tradimento e conversione di Pietro

Pietro si rattristò e pianse perché sbagliò come tutti gli uomini. Non trovo che cos`abbia detto, trovo che ha pianto. Leggo le sue lacrime, non leggo ciò che ha dato in compenso: ma ciò che non può essere scagionato, può ben essere deterso. Lavino le lacrime la trasgressione, che è vergogna confessare con la voce. I pianti sono propizi sia al perdono che alla vergogna. Le lacrime parlano della colpa senza far inorridire, le lacrime riconoscono il peccato senza offendere il rossore, le lacrime non chiedono il perdono ma lo meritano. Ho scoperto perché Pietro ha taciuto: perché, chiedendo tanto presto il perdono, non si rendesse ancora piú colpevole. Prima bisogna piangere, poi bisogna pregare.
Lacrime eccellenti, perché lavano la colpa. Del resto, coloro che Gesú guarda si mettono a piangere (cf. Lc 22,61s). Pietro negò una prima volta, ma non pianse, perché non lo aveva guardato il Signore; negò una seconda volta: non pianse, perché ancora non lo aveva guardato il Signore. Negò anche una terza: Gesú lo guardò ed egli pianse amarissimamente. Guardaci, Signore Gesú, affinché sappiamo piangere sul nostro peccato. Quindi è utile per noi anche la caduta dei santi. Non mi è stato di nessun danno il fatto che Pietro abbia negato, ma mi è stato di giovamento il fatto che si sia emendato. Ho imparato a tenermi lontano dal parlare con gli increduli. Pietro negò in mezzo ai Giudei, Salomone traviò perché tratto in errore da una stretta familiarità con le Genti (cf. 1Re 11,4-8).
Dunque Pietro pianse, e per di piú amarissimamente, pianse per poter lavare con le lacrime il suo peccato. Anche tu, se vuoi meritare il perdono, sciogli nelle lacrime la tua colpa; in quello stesso istante, in quello stesso tempo Cristo ti guarda. Se per caso cadi in qualche errore, Egli, poiché ti è accanto come testimone delle tue azioni segrete, ti guarda affinché te ne ricordi, e confessi il tuo errore. Imita Pietro quando per la terza volta dice in un altro passo: Signore, tu sai che ti voglio bene (Gv 21,17).

(Ambrogio, Exp. Ev. sec. Lucam, 10, 88-90)
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I DOMENICA DI OUARESIMA

Letture: Genesi 2,7-9; 3,1-7
Romani 5,12-19
Matteo 4,1-11

1. Le tentazioni del Redentore

Non era indegno del nostro Redentore il voler essere tentato, lui che ;era venuto per essere ucciso. Era anzi giusto che vincesse le nostre tentazioni con le sue tentazioni, dato che era venuto a vincere la nostra morte con la sua morte. Ma dobbiamo sapere che la tentazione passa per tre stadi: la suggestione, la dilettazione e il consenso. Noi, quando siamo tentati, cadiamo per lo più nella dilettazione o addirittura nel consenso, perchè siamo nati da una carne di peccato e portiamo in noi stessi ciò che ci muove tante battaglie. Ma Dio, che s`incarnò nel grembo della Vergine, venne nel mondo senza peccato e non provò in sè alcuna contraddizione. Egli poté dunque essere tentato per suggestione, ma l`anima sua non provò la compiacenza del peccato. Pertanto tutta quella tentazione diabolica fu all`esterno, non all`interno.
Ma se guardiamo l`ordine secondo cui fu tentato, capiremo quanto bene noi siamo stati liberati dalla tentazione. L`antico avversario si rivolse contro il primo Adamo, nostro padre, con tre tentazioni, poich‚ lo tentò di gola, di vanagloria e di avarizia; ma tentandolo lo vinse, perchè lo sottomise a sé mediante il consenso. Lo tentò di gola quando gli mostrò il frutto delI`albero proibito, perchè ne mangiasse. Lo tentò poi di vanagloria quando disse: "Sarete simili a Dio" (Gen 3,5). Lo tentò di avarizia quando disse: "Conoscerete il bene e il male". L`avarizia infatti non riguarda soltanto il denaro, ma anche gli onori. Giustamente si dice avarizia il desiderio smodato di stare in alto. Se il carpire onori non appartenesse all`avarizia, Paolo non direbbe, riguardo al Figlio unigenito di Dio: "Non stimò una rapina la sua uguaglianza con Dio" (Fil 2,6). In ciò poi il diavolo attrasse il nostro padre alla superbia, poichè lo spinse a quel tipo di avarizia che è il desiderio di eccellere.
Ma con quegli stessi mezzi coi quali abbatt‚ il primo Adamo, fu vinto dal secondo Adamo da lui tentato. [Il diavolo] lo tenta infatti nella gola quando dice: "Comanda che queste pietre diventino pane". Lo tenta di vanagloria quando dice: Se tu sei figlio di Dio, gettati di sotto. Lo tenta con l`avarizia degli onori quando mostra tutti i regni del mondo, dicendo: "Tutto io ti darò, se ti prostri e mi adori". Ma è vinto dal secondo Adamo proprio con quei mezzi coi quali si vantava di aver vinto il primo, così da uscire dai nostri cuori, scornato, passando per quella stessa strada per la quale si era introdotto, per dominarci. Ma c`è un`altra cosa, fratelli carissimi, che dobbiamo considerare in questa tentazione del Signore; tentato dal diavolo, il Signore risponde con i precetti della Sacra Scrittura, e colui che, essendo quella Parola, poteva cacciare il tentatore nell`abisso, non mostrò la virtù della sua potenza ma soltanto ripeté i divini comandi della Scrittura, per darci così l`esempio della sua pazienza; di modo che, tutte le volte che soffriamo a causa di uomini malvagi, siamo portati a rispondere con la dottrina piuttosto che con la vendetta. Pensate quanto è grande la pazienza di Dio e quanto è grande la nostra impazienza! Noi, se siamo provocati con qualche ingiuria o con qualche offesa, ci infuriamo e ci vendichiamo quanto possiamo, o minacciamo ciò che non possiamo fare. Invece il Signore sperimentò l`avversità del diavolo e non gli rispose se non con parole di mitezza. Sopportò colui che poteva punire, affinchè gli tornasse a maggior gloria il fatto di aver vinto il nemico non annientandolo, ma bensì sopportandolo.
Bisogna fare attenzione a quello che segue, che cioè gli angeli lo servivano dopo che il diavolo se ne fu andato. Cos`altro si ricava da ciò se non la duplice natura nell`unità della persona? E` un uomo, infatti, colui che il diavolo tenta, ma è anche Dio colui cheè servito dagli angeli. Riconosciamo dunque in lui la nostra natura, in quanto se il diavolo non l`avesse conosciuto uomo, non l`avrebbe tentato, adoriamo in lui la divinità, in quanto se non fosse Dio che è al di sopra di tutte le cose, gli angeli non lo servirebbero.
Ma poiché questa lettura si adatta al presente periodo - infatti, noi che iniziamo il tempo quaresimale, abbiamo udito che la penitenza del nostro Redentore è durata quaranta giorni -, dobbiamo cercar di capire perché questa penitenza è osservata per quaranta giorni... Mentre l`anno è composto di trecentosessantacinque giorni, noi facciamo penitenza per trentasei giorni, come se dessimo a Dio la decima sul nostro anno, affinché, dopo aver vissuto per noi stessi il resto dell`anno, ci mortifichiamo nell`astinenza in onore del nostro Creatore per la decima parte dell`anno stesso. Perciò, fratelli carissimi, come nella Legge ci è imposto di offrire le decime di tutte le cose (cf.Lv 27,30s), così dovete cercare di offrire a lui anche la decima dei vostri giorni. Ognuno, secondo quanto gli è possibile, maceri la sua carne e ne affligga le brame, ne uccida le concupiscenze disoneste, affinché, secondo la parola di Paolo, divenga una vittima viva (cf.Rm 12,1). Certo la vittima è immolata ed è viva, quando l`uomo non muore e tuttavia uccide se stesso nei desideri carnali. La nostra carne, soddisfatta, ci portò al peccato; mortificata, ci conduca al perdono. Colui che fu autore della nostra morte trasgredì i precetti della vita mediante il frutto dell`albero proibito. Noi dunque, che ci siamo allontanati dalle gioie del paradiso per colpa del cibo, procuriamo di tornare ad esse grazie all`astinenza.
Ma nessuno creda che l`astinenza da sola possa bastargli dal momento che il Signore dice per bocca del Profeta: "Non è forse maggiore di questo il digiuno che bramo?", aggiungendo: "Dividi il pane con l`affamato, e introduci in casa tua i miseri, senza tetto; quando vedrai uno nudo, soccorrilo, e non disprezzare la tua carne" (Is 58,6.7). Dio dunque gradisce quel digiuno che una mano piena di elemosine presenta ai suoi occhi, quel digiuno che si congiunge all`amore del prossimo ed è ornato dalla pietà. Ciò che togli a te stesso, dallo a un altro, afffinché cio di cui si affligge la tua carne serva di ristoro alla carne del povero. Così infatti dice il Signore per bocca del Profeta: "Quando avete fatto digiuni e lamenti, forse avete digiunato per me? E quando avete mangiato e bevuto, forse non avete mangiato bevuto per voi stessi?" (Zc 7,5-6). Infatti mangia e beve per sé chi prende i cibi del corpo, i quali sono donati a tutti dal Creatore, senza parteciparli ai bisognosi. E digiuna per sé chi non distribuisce ai poveri quelle cose di cui si è privato temporaneamente, ma anzi le serba per darle al suo ventre in altra occasione. Perciò è detto per bocca di Gioele: "Santificate il digiuno" (Gl 1,14; 2,15). Santificare il digiuno significa offrire un`astinenza dalle carni degna di Dio, dopo aver aggiunto altri doni. Cessi l`ira, si plachino i litigi. Invano la carne è afflitta, se l`animo non si frena nei suoi malvagi desideri, come dice il Signore per bocca del Profeta: "Ecco, nel giorno del vostro digiuno si trova la vostra volontà. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui, e ricercate tutti i vostri debitori" (Is 58,3). Né commette ingiustizia chi richiede dal suo debitore quanto gli aveva prestato; è bene tuttavia che quando uno si macera nella penitenza, si astenga anche da ciò che gli spetta con giustizia. Così Dio perdona a noi, afflitti e penitenti, ciò che abbiamo fatto di male, se per amor suo rinunciamo anche a ciò che giustamente potremmo esigere.

(Gregorio Magno, Hom. 16, 1-6)


2. Non c`indurre in tentazione

«E non c`indurre in tentazione» Signore. C`insegna forse il Signore a pregare di non essere mai tentati? Perché dice altrove: "L`uomo non tentato non è provato" (Sir 34,10; Rm 5,3-4) e di nuovo: "Considerate fratelli suprema gioia quando cadete in diverse tentazioni" (Gc 1,2)? Però entrare in tentazione non è farsi sommergere dalla tentazione. Infatti la tentazione sembra come un torrente di difficile passaggio. Alcuni che nelle tentazioni non si lasciano sommergere l`attraversano. Sono bravi nuotatori che non si fanno trascinare dal torrente; Gli altri che tali non sono, entrati ne vengono sommersi. Così, ad esempio, Giuda entrato nella tentazione dell`avarizia non la superò, ma sommerso materialmente e spiritualmente si impiccò. Pietro entrò nella tentazione di rinnegamento, ma superandola non ne fu sommerso. Attraversò [il torrente] con coraggio e non ne fu trascinato.
Senti ancora in un altro passo il coro di santi perfetti, che ringrazia di essere scampato alla tentazione. "Tu ci hai provato, o Dio, come l`argento ci passasti al fuoco. Tu ci hai spinto nella rete, tu hai posto sulle nostre spalle le sofferente; tu hai fatto passare gli uomini sulle nostre teste. Abbiamo attraversato il fuoco e l`acqua e ci hai sospinto verso il refrigerio" (Sal 66,10-12). Vedi che parlano della loro traversata senza essere andati a fondo? (cf.Sal 69,15). E tu «ci hai sospinto al refrigerio». Entrare nel refrigerio è essere liberato dalla tentazione.

(Cirillo di Gerus., Catech. V Mistag. 17)


3. La tentazione nel deserto (Lc 4,1-13)

In cambio della triplice vittoria
Quando fosti tentato nel deserto,
Fa` che l`infausto Principe io vinca,
Il Tiranno che rendesi invisibile.

Sulla parola del tuo comandamento
Ch`io cammini sull`aspide e la vipera;
Ch`io schiacci sotto la pianta dei piedi
La testa del Drago attorcigliato.

(Nerses Snorhalì, Jesus, 343-344)
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05/04/2011 09:05
 
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II DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Genesi 12,1-4a
2 Timoteo 1,8b-10
Matteo 17,1-9

1. Lezione della Trasfigurazione per la Chiesa e i cristiani

La lettura del Vangelo, carissimi, che attraverso le orecchie del corpo ha colpito l`udito interiore della nostra anima, ci invita all`intelligenza di un grande mistero: noi arriveremo a intenderla più facilmente, con l`ispirazione della grazia di Dio, se riportiamo la nostra attenzione alle circostanze che sono state narrate un po` prima. Quando infatti il Salvatore del genere umano, Gesù Cristo, poneva le fondamenta di questa fede che richiama alla vita (cf.Rm 1,17) tanto gli empi quanto morti, quando ammaestrava i suoi discepoli sia con gli ammonimenti della dottrina sia con i miracoli delle opere, era appunto perché si credesse che lo stesso Cristo è contemporaneamente l`unigenito Figlio di Dio e Figlio dell`uomo. Poiché l`uno senza l`altro non poteva servire alla salvezza, ed era eguale il pericolo di credere il Signore Gesù Cristo o Dio solamente senza l`uomo, o uomo solamente senza Dio: bisogna, infatti, confessare parallelamente l`uno e l`altro, che la vera divinità è nell`uomo come la vera natura umana è in Dio. Volendo dunque confermare la conoscenza così salutare di questa fede, [il Signore] aveva chiesto ai suoi discepoli cosa, in mezzo a opinioni diverse di altri, essi stessi credessero a suo riguardo, o cosa pensassero: fu allora che l`apostolo Pietro, per effetto di una rivelazione del Padre che è nei cieli, oltrepassando le apparenze corporali e trascendendo l`aspetto umano, vide con gli occhi dell`anima il Figlio del Dio vivo e confessò la gloria della divinità, perch‚ non guardò alla sola sostanza della carne e del sangue. E fu così gradito [a Dio] per la sublimità di questa fede, che ricevette la gioia della beatitudine e fu dotato della santa fermezza propria di una pietra inamovibile - pietra sulla quale sarebbe stata fondata la Chiesa per prevalere sulle porte dell`inferno e sulle leggi della morte -, di modo che nient`altro venisse sancito in cielo per sciogliere o legare chicchessia, se non ciò che la decisione di Pietro avesse stabilito.
Ma questa intelligenza così sublime, oggetto di lode, carissimi, doveva essere istruita dal mistero della natura inferiore di Cristo, per timore che la fede dell`apostolo, elevata fino alla gloria di confessare la divinità, giudicasse sconveniente e indegna del Dio impassibile la nostra debolezza da lui assunta, e credesse la natura umana già glorificata in lui al punto di non poter essere né intaccata dal supplizio né distrutta dalla morte. E siccome il Signore diceva che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, degli scribi e dei principi dei sacerdoti, essere messo a morte e risuscitare il terzo giorno (cf.Mt 16,21; 20,17-19), fu per tal motivo che san Pietro, illuminato da una luce superiore e tutto infiammato dell`ardentissima confessione da lui fatta del Figlio di Dio, respinse con un disgusto spontaneo e, pensava lui, religioso la prospettiva degli insulti ignominiosi (cf.Lc 18,32) e di una morte disonorante e crudele; Gesù lo riprese allora con un dolce rimprovero e gli ispirò il desiderio di condividere la sua passione. L`esortazione successiva del Salvatore suggerì infatti e insegnò che quelli che volevano seguirlo dovevano rinnegare sé stessi e ritenere una cosa da nulla la perdita dei beni temporali in confronto alla speranza di quelli eterni; infine che avrebbe salvato la propria anima chi non avrebbe temuto di perderla per Cristo (cf.Mt 16,25).
Ma bisognava che gli apostoli concepissero veramente nel loro cuore questa forte e felice fermezza, e non tremassero davanti alla durezza della croce che dovevano prendere; bisognava che non arrossissero del supplizio di Cristo, e che non ritenessero vergognosa per lui quella pazienza con la quale egli doveva subire i rigori della passione senza perdere la gloria del dominio. "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello" (Mt 17,1), e avendoli presi in disparte, salì con essi su un alto monte, e manifestò loro il fulgore della sua gloria: poiché, pur avendo essi compreso che la maestà di Dio era in lui, ignoravano ancora la potenza di quel corpo che nascondeva la divinità. Ecco perchè aveva promesso in termini appropriati e precisi che alcuni dei discepoli presenti non avrebbero gustato la morte prima di vedere il Figlio dell`uomo venire nel suo regno (cf.Mt 16,28), cioè nello splendore regale che conveniva specialmente alla natura umana che egli aveva assunto, e che volle rendere visibile a questi tre uomini. Perchè quanto alla visione ineffabile e inaccessibile della stessa divinità, visione riservata ai cuori puri nella vita eterna (cf.Mt 5,8), degli esseri ancora rivestiti di carne mortale non potevano in alcun modo né contemplarla né vederla.
Il Signore svela dunque la sua gloria in presenza di testimoni scelti e illumina di tale splendore questa forma corporale che lui ha comune con tutti, che il suo volto diviene simile al fulgore del sole, e le sue vesti sono paragonabili al candore delle nevi (cf.Mt 17,2). Certamente questa trasfigurazione aveva soprattutto lo scopo di eliminare dal cuore dei discepoli lo scandalo della croce, affinchè l`umiltà della passione volontariamente subita non turbasse la fede di coloro ai quali sarebbe stata rivelata la sublimità della dignità nascosta. Ma con eguale ptevidenza egli dava un fondamento alla speranza della santa Chiesa, di modo che tutto il corpo di Cristo venisse a conoscenza di quale trasformazione sarebbe stato gratificato, e le membra dessero a sé stesse la promessa di partecipare all`onore che era rifulso nel capo. A questo proposito il Signore stesso, parlando della maestà della sua venuta, aveva detto: "Allora i giusti risplenderanno come sole nel regno del Padre loro" (Mt 13,43); e il beato apostolo Paolo afferma la stessa cosa, in questi termini: "Ritengo infatti che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura, che dovrà essere rivelata in noi" (Rm 8,18); e ancora: "Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria" (Col 3,3-4).

(Leone Magno, Sermo 51, 1-3)


2. La rivelazione del Tabor

Oggi sul monte Tabor Cristo ha ridato alle sue sembianze umane la beltà celeste. Perciò è cosa buona e giusta che io dica: "Quanto è terribile questo luogo! E` davvero la casa di Dio, è la porta dei cieli" (Gen 28,17).... Oggi, infatti, il Signore è veramente apparso sul monte. Oggi, la natura umana, già creata a somiglianza di Dio, ma oscurata dalle deformi figure degli idoli, è stata trasfigurata nell`antica bellezza fatta a immagine e somiglianza di Dio (cf.Gen 1,26). Oggi, sul monte, la natura, fuorviata dall`idolatria, è stata trasformata, rimanendo tuttavia la stessa, e ha cominciato a risplendere nel fulgore della divinità. Oggi, sul monte colui che un tempo fu vestito di squallidi e tristi abiti di pelli, di cui parla il libro della Genesi (cf.Gen 3,21), ha indossato la veste divina avvolgendosi di luce come di un manto (cf.Sal 103,2). Oggi, sul monte Tabor, in modo del tutto misterioso, si è visto come sarà la vita futura nel regno del gaudio. Oggi, in modo mirabile si sono adunati sul monte, attorno a Dio, gli antichi precursori della Vecchia e della Nuova Alleanza, recando un mistero pieno di straordinari prodigi. Oggi, sul monte Tabor, si delinea il legno della Croce che con la morte dà la vita: come Cristo fu crocifisso tra due uomini sul monte Calvario, così è apparso pieno di maestà tra Mosè ed Elia.
E la festa odierna ci mostra ancora l`altro Sinai, monte quanto più prezioso del Sinai, grazie ai prodigi e agli eventi che vi si svolsero: lì l`apparizione della Divinità oltrepassa le visioni che per quanto divine erano ancora espresse in immagini ed oscure. E così, come sul Sinai le immagini furono abbozzate mostrando il futuro, così sul Tabor splende ormai la verità. Lì regna l`oscurità, qui il sole; lì le tenebre, qui una nube luminosa. Da una parte il Decalogo, dall`altra il Verbo, eterno su ogni altra parola... La montagna del Sinai non aprì a Mosè la Terra Promessa, ma il Tabor l`ha condotto nella terra che costituisce la Promessa.

(Anastasio Sinaita, Hom. de Transfigurat.)


3. La Trasfigurazione (Mt 17,1-8)

Tu che hai manifestato la tua Divinità
Ai discepoli tuoi sulla montagna,
E del Padre hai mostrato l`ineffabil gloria
Sfolgorante ai loro occhi,

Purifica così il mio oscuro spirito
E i sensi miei sì tenebrosi,
Perché chiaramente al luogo della Parusia
Saziarmi lo possa di tua divina Gloria!

(Nerses Snorhalì, Jesus, 492-493)




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05/04/2011 09:06
 
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III DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Esodo 17,3-7
Romani 5,1-2.5-8
Giovanni 4,5-42

1. La Samaritana

Nostro Signore venne alla fontana come un cacciatore, chiese l`acqua per poterne dare; chiese da bere come uno che ha sete, per avere l`occasione di estinguere la sete. Fece una domanda alla Samaritana per poterle insegnare e, a sua volta, essa gli pose una domanda. Benché ricco, Nostro Signore non ebbe vergogna di mendicare come un indigente, per insegnare all`indigente a chiedere. E dominando il pudore, non temeva di parlare ad una donna sola, per insegnarmi che colui che si tiene nella verità non può essere turbato. "Essi si meravigliarono che si intrattenesse con una donna e le parlasse" (Gv 4,27). Egli aveva allontanato i discepoli (cf.Gv 4,8), perchè non gli scacciassero la preda; egli gettò un`esca alla colomba, sperando così di prendere tutto uno stormo. Aprì la conversazione con una domanda, con lo scopo di provocare confessioni sincere: "Dammi dell`acqua, perchè io beva" (Gv 4,7). Chiese dell`acqua, poi promise l`acqua della vita; chiese, poi smise di chiedere, al pari della donna che abbandonò la sua brocca. I pretesti erano finiti, perchè la verità che essi dovevano preparare, era ora presente.
"Dammi dell`acqua, perchè io beva. Essa gli disse: Ma tu sei Giudeo. Egli le disse: Se tu sapessi" (Gv 4,7.9-10); con queste parole, egli le dimostrò che essa non sapeva e che la sua ignoranza spiegava il suo errore; la istruì sulla verità; voleva rimuovere a poco a poco il velo che era sul suo cuore. Se le avesse rivelato fin dall`inizio: Io sono il Cristo, essa avrebbe avuto orrore di lui e non si sarebbe messa alla sua scuola: "Se tu sapessi chi è colui che ti ha detto: Dammi dell`acqua perchè io beva, tu gli avresti chiesto... La donna gli disse: Tu non hai un secchio per attingere e il pozzo è profondo. Egli le rispose" (Gv 4,10-11; 4,13): Le mie acque discendono dal cielo. Questa dottrina viene dall`alto e la mia bevanda è celeste; coloro che ne bevono non hanno più sete, poiché non vi è che un battesimo per i credenti: "Chiunque beve dell`acqua che io gli darò, non avrà più sete. Essa gli disse: Dammi di quest`acqua perchè io non abbia più sete e non debba venir più qui ad attingerne" (Gv 4,14-15).
"Egli le disse: Va` a chiamare tuo marito" (Gv 4,16). Come un profeta, egli le apre una porta per rivelarle cose nascoste. Ma essa gli rispose: "Io non ho marito" (Gv 4,17), per provare se egli conosceva le cose nascoste. Egli le dimostrò allora due cose; ciò che essa era e ciò che essa non era, ciò che era di nome, ma non era in verità: "Tu ne hai avuti cinque, e quello attuale non è tuo marito. Essa gli disse: Mio Signore, vedo che sei un profeta" (Gv 4,18-19). Qui, egli la portò ad un gradino superiore: "I nostri padri hanno adorato su questo monte. Egli le rispose: Non sarà più così, né su questo monte, né a Gerusalemme; ma i veri adoratori adoreranno in spirito e verità" (Gv 4,20-21.23). La esercitava perciò nella perfezione, e la istruì nella vocazione dei gentili. E per manifestare che non era una terra sterile, essa testimoniò, tramite il covone che gli offrì, che il suo seme aveva fruttificato al centuplo: "Ecco, quando verrà il Messia, ci annunzierà ogni cosa. Egli le rispose: Sono io che ti parlo" (Gv 4,25-26). Ma se tu sei re, perchè mi chiedi dell `acqua ? E` progressivamente che si rivelò a lei, prima come Giudeo, poi come profeta, quindi come il Cristo. La condusse di gradino in gradino fino al livello più alto. Essa vide in lui dapprima qualcuno che aveva sete, poi un Giudeo, quindi un profeta, e infine Dio. Essa persuase colui che aveva sete, ebbe il Giudeo in avversione, interrogò il saggio, fu corretta dal profeta e adorò il Cristo.

(Efrem, Diatessaron, 12, 16-18)


2. La stanchezza di Gesù

"Gesù pertanto, stanco del viaggio, se ne stava così sedendo presso il pozzo. Era circa l`ora sesta" (Gv 4,6). Cominciano i misteri. Non è certo senza un motivo che Gesù era stanco, non senza un motivo appare affaticata la forza di Dio. Cristo, che ridà forza a è prostrato dalla fatica, Cristo la cui presenza ci fortifica, e la cui assenza ci debilita, non a caso appare qui stanco. Comunque, Gesù è stanco, stanco del viaggio, e si siede presso il pozzo; si siede, stanco, all`ora sesta. Tutti questi elementi insinuano qualcosa, ci vogliono indicare qualcosa; ci fanno attenti, ci invitano a bussare. Ci apra, a noi e a voi, quello stesso che si è degnato di esortarci dicendo: "Bussate, e vi sarà aperto" (Mt 7,7).
E` per te, che Gesù si è stancato nel viaggio. Vediamo Gesù pieno di forza, e lo vediamo debole; forte e debole: forte, perchè «in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e era Dio il Verbo. Era questi in principio presso Dio». Vuoi vedere quanto è forte il Figlio di Dio? "Le cose tutte furono fatte per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto" (Gv 1,3); e tutto senza fatica. Chi, dunque, è più forte di lui, che ha fatto tutte le cose senza fatica? Vuoi ora vederlo debole? "Il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi" (Gv 1,14).
La forza di Cristo ti ha creato, la debolezza di Cristo ti ha rigenerato. La forza di Cristo fece che ciò che prima non era fosse; la debolezza di Cristo fece che ciò che era non perisse. Con la sua forza ci ha creati, con la sua debolezza ci ha cercati.
E` dunque con la sua debolezza che egli nutre i deboli...
Poiché dunque si è degnato di venire a noi apparendo in forma di servo per la carne assunta, questa stessa carne assunta è il suo viaggio. Perciò «stanco del viaggio», che altro vuol dire se non affaticato nella carne?
Gesù è debole nella carne, ma non volerlo essere tu nella debolezza di lui tu devi essere forte, perché il debole di Dio è più forte di tutta la potenza umana (cf. 1Cor 1,25).

(Agostino, In Ioan. 15, 6-7)


3. E` salutare leggere le sacre Scritture

Dice l`Apostolo: "Molte volte e in molti modi anticamente Dio parlò ai nostri padri per mezzo dei profeti; ma in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (Eb 1,1s). Per mezzo dello Spirito Santo, dunque, hanno parlato la Legge, i profeti, gli evangelisti, gli apostoli, i pastori e i maestri. Perciò ogni Scrittura è ispirata da Dio ed è anche certamente utile (cf. 2Tm 3,16). E bello dunque e salutare indagare le divine Scritture. "Come un albero piantato lungo corsi d`acqua", così anche l`anima, irrigata dalla Scrittura divina, cresce "e porta frutto alla sua stagione" (Sal 1,3), cioè la fede retta, ed è sempre adorna di foglie verdeggianti, cioè le opere gradite a Dio. Dalle Scritture sante infatti veniamo condotti alle azioni virtuose e alla contemplazione pura. Troviamo in esse lo stimolo ad ogni virtù e la dissuasione da ogni vizio. Se dunque impareremo con amore, impareremo molto: infatti, con la diligenza, la fatica e la grazia di Dio che dà tutto, tutto si ottiene, poiché "chi chiede riceve, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto" (Lc 11,10).
Battiamo dunque a questo magnifico giardino delle Scritture, olezzante, soave, fiorente, che rallegra le nostre orecchie con il canto molteplice di uccelli spirituali, pieni di Dio, che tocca il nostro cuore, consolandolo se è triste, calmandolo se è irritato, riempiendolo di eterna letizia; che innalza il nostro pensiero sul dorso dorato, rutilante, nella divina colomba (cf. Sal 67,14), che con le sue ali raggianti ci porti al Figlio unigenito ed erede del padrone della vigna spirituale e per mezzo di lui al "Padre dei lumi" (Gc 1,17). Ma non battiamo fiaccamente bensì con ardore e costanza; e non stanchiamoci di battere. In questo modo ci sarà aperto. Se leggiamo una volta e due volte e non comprendlamo quello che leggiamo, non scoraggiamoci, ma persistiamo, riflettiamo, interroghiamo. E` detto infatti: "Interroga tuo padre e te lo annuncerà, i tuoi vecchi e te lo diranno" (Dt 32,7). La scienza non è di tutti (cf. 1Cor 8,7). Attingiamo alla sorgente di questo giardino le acque perenni e purissime che zampillano nella vita eterna (cf. Gv 4,14). Ne godremo e ce ne delizieremo senza saziarcene: possiede una grazia inesauribile.

(Giovanni Damasceno, Expos. fidei ortod. 4, 17)


4. La Samaritana, immagine della Chiesa

Cosa insegna dunque la Bibbia? Cristo, essa ci dice, dal quale sgorga una sorgente di vita per gli uomini, affaticato dal viaggio, stava seduto (cf. Gv 4,5-6) presso una fonte di Samaria, ed era l`ora del caldo: era infatti circa l`ora sesta, dice la Scrittura, nel mezzo del giorno, quando il Messia venne ad illuminare coloro che erano nella notte. La sorgente raggiunse la sorgente per lavare, non per bere; la fontana d`immortalità è là accanto al ruscello della miserabile, come spogliata; egli è stanco di camminare, lui che, senza fatica, ha percorso il mare a piedi, lui che accorda gioia e redenzione.
Ora, proprio mentre il Misericordioso stava vicino al pozzo, come ho detto, ecco che una Samaritana prese la sua brocca sulle spalle e venne, uscendo da Sichar, sua città (cf.Gv 4,7). E chi non dirà felice la partenza e il ritorno di quella donna? Ella uscì nel sudiciume, e ritornò immagine della Chiesa, senza macchia. Uscì e attinse la vita come una spugna; uscì portando la brocca, rientrò portando Dio. E chi non dirà beata quella donna? O meglio, chi non venererà colei che è venuta dalle nazioni? Infatti, ella è immagine, e riceve gioia e redenzione.

(Romano il Melode, Hymn. 19, 4-5)


5. La Samaritana (Gv 4,1-42)

Sorgente della vita, Tu hai chiesto l`acqua
Alla Samaritana nella (tua) sete;
E Tu hai promesso l`Acqua viva,
in cambio dell`effimera.

A me pure accorda, Sorgente della Vita,
La santa Bevanda spirituale,
Colui che sgorga dal seno come un fiume:
Lo Spirito da cui zampilla la grazia in abbondanza.

(Nerses Snorhalì, Jesus, 442-443)
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05/04/2011 09:07
 
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IV DOMENICA DI OUARESIMA

Letture: 1 Samuele 16,1b.4a.6-7.10-13
Efesini 5,8-14
Giovanni 9,1-41

1. Il cieco nato

E perché essi avevano bestemmiato a proposito delle sue parole: "Prima che Abramo fosse, io ero" (Gv 8,58), Gesú andò verso l`incontro con un uomo, cieco fin dalla nascita: "E i suoi discepoli lo interrogarono: Chi ha peccato, lui o i suoi genitori? Egli disse loro: Né lui, né i suoi genitori, ma è perché Dio sia glorihca!o. E` necessario che io compia le opere di colui che mi ha mandato, finché è giorno" (Gv 9,2-4), fintanto che sono con voi. "Sopraggiunge la notte" (Gv 9,4), e il Figlio sarà esaltato, e voi che siete la luce del mondo, scomparirete e non vi saranno piú miracoli a causa dell`incredulità. "Ciò dicendo, sputò per terra, formò del fango con la saliva, e fece degli occhi con il suo fango" (Gv 9,6), e la luce scaturí dalla terra, come al principio, quando l`ombra del cielo, "la tenebra, era estesa su tutto" ed egli comandò alla luce e quella nacque dalle tenebre (cf.Gen 1,2-3). Cosí «egli formò del fango con la saliva», e guarí il difetto che esisteva dalla nascita, per mostrare che lui, la cui mano completava ciò che mancava alla natura, era proprio colui la cui mano aveva modellato la creazione al principio. E siccome rifiutavano di crederlo anteriore ad Abramo, egli provò loro con quest`opera che era il Figlio di colui che, con la sua mano, "formò" il primo "Adamo con la terra" (Gen 2,7): in effetti, egli guarí la tara del cieco con i gesti del proprio corpo.
Fece ciò inoltre per confondere coloro che dicono che l`uomo è fatto di quattro elementi, poiché rifece le membra carenti con terra e saliva, fece ciò a utilità di coloro che cercavano i miracoli per credere: "I Giudei cercano i miracoli" (1Cor 1,22). Non fu la píscina di Siloe che aprí gli occhi del cieco (cf.Gv 9,7.11), come non furono le acque del Giordano che purificarono Naaman; è il comando del Signore che compie tutto. Ben piú, non è l`acqua del nostro Battesimo, ma i nomi che si pronunciano su di essa, che ci purificano. "Unse i suoi occhi con il fango" (Gv 9,6), perché i Giudei ripulissero l`accecamento del loro cuore. Quando il cieco se ne andò tra la folla e chiese: «Dov`è Siloe?», si vide il fango cosparso sui suoi occhi. Le persone lo interrogarono, egli le informò, ed esse lo seguirono, per vedere se i suoi occhi si fossero aperti.
Coloro che vedevano la luce materiale erano guidati da un cieco che vedeva la luce dello spirito, e, nella sua notte, il cieco era guidato da coloro che vedevano esteriormente, ma che erano spiritualmente ciechi. Il cieco lavò il fango dai suoi occhi, e vide se stesso; gli altri lavarono la cecità del loro cuore ed esaminarono sé stessi. Nostro Signore apriva segretamente gli occhi di molti altri ciechi. Quel cieco fu una bella e inattesa fortuna per Nostro Signore; per suo tramite, acquistò numerosi ciechi, che egli guarí dalla cecità del cuore.
In quelle poche parole del Signore si celavano mirabili tesori, e, in quella guarigione era delineato un simbolo: Gesú figlio del Creatore. "Va`, lavati il viso" (Gv 9,7), per evitare che qualcuno consideri quella guarigione piú come un stratagemma che come un miracolo, egli lo mandò a lavarsi. Disse ciò per mostrare che il cieco non dubitava del potere di guarigione del Signore, e perché, camminando e parlando, pubblicizzasse l`evento e mostrasse la sua fede.
La saliva del Signore serví da chiave agli occhi chiusi, e guarí l`occhio e la pupilla con le acque, con le acque formò il fango e riparò il difetto. Agí cosí, affinché, allorché gli avrebbero sputato in faccia, gli occhi dei ciechi, aperti dalla sua saliva, avessero reso testimonianza contro di essi. Ma essi non compresero il rimprovero che egli volle fare a proposito degli occhi guariti dei ciechi: "Perché coloro che vedono diventino ciechi" (Mt 26,27); diceva questo dei ciechi perché lo vedano corporalmente, e di quelli che vedono perché i loro cuori non lo conoscano. Egli ha formato il fango durante il sabato (cf. Gv 9,14). Omisero il fatto della guarigione e gli rimproverarono di aver formato del fango. Lo stesso dissero a colui "che era malato da trentotto anni: Chi ti ha detto di portare il tuo lettuccio?" (Gv 5,5.12), e non: Chi ti ha guarito? Qui, analogamente: «Ha fatto del fango durante il sabato». E cosí, anzi per molto meno, non si ingelosirono di lui e non lo rinnegarono, quando guarí un idropico, con una sola parola, in giorno di sabato? (cf. Lc 14,1-6). Cosa gli fece dunque guarendolo? Egli fu purificato e guarito con la sola parola. Quindi, secondo le loro teorie, chiunque parla viola il sabato; ma allora - si dirà - chi ha maggiormente violato il sabato, il nostro Salvatore che guarisce, o coloro che ne parlano con gelosia?

(Efrem, Diatessaron, 16, 28-32)


2. Sermone per la terza domenica di Quaresima

Rendete grazie, fratelli, alla misericordia di Dio che vi ha conservati in buona salute fino alla metà di questa Quaresima. Possono tuttavia lodare Dio per tale dono, con piú dolcezza e devozione, coloro che si sono applicati a vivere come è stato detto all`inizio della Quaresima, cioè coloro che si son presi l`impegno di digiunare ogni giorno in vista della remissione dei loro peccati, di elargire elemosine, di portarsi in chiesa con sollecitudine e di pregare nelle lacrime e i sospiri.
Quanto a coloro che hanno trascurato queste cose, cioè quelli che non hanno digiunato ogni giorno, che non hanno elargito elemosine o non hanno pregato con ardore e devozione, non v`e ragione per essi di rallegrarsi, hanno piuttosto, sventurati, di che affliggersi. Non si affliggano tuttavia al punto di disperare, poiché colui che ha potuto dare la vista al cieco nato (cf. Gv 9,1-38), può anche rendere zelanti e ardenti nel suo servizio coloro che attualmente sono tiepidi e negligenti, se vogliono convertirsi a Dio con tutto il cuore. Che tutti quelli che si trovano in questo stato, cioè quelli che vivono nell`impurità, quelli che covano odio contro qualcuno nel loro cuore, che si appropriano ingiustamente del bene altrui o trattengono il proprio in maniera abusiva, riconoscano dunque la loro cecità, e ricorrano al medico onde recuperare la vista.
Possiate voi, allorché cadete nel peccato, cercare il rimedio spirituale negli stessi modi con cui cercate quello carnale quando il vostro corpo è malato. Chi c`è in questo momento, in mezzo a tutta questa folla, che se dovesse non dico essere ucciso, ma solamente perdere gli occhi, non darebbe tutto ciò che possiede per potervi sfuggire? Ma se temeté a questo modo la morte della carne, perché non dovreste temere quella dell`anima, soprattutto perché, mentre la morte della carne, cioè il dolore, è di un istante, la morte dell`anima, cioè il pianto e il castigo, non avrà mai fine? E se tenete tanto agli occhi del corpo che perderete ben presto con la morte, perché non amare gli occhi spirituali con i quali potrete vedere senza fine il vostro Dio e Signore?
Lavorate dunque, figli carissimi nel Signore, lavorate finché dura il giorno, poiché "sopraggiunge la notte nella quale nessuno può piú lavorare" (Gv 9,4). Il giorno, è la vita presente; la notte, è la morte e il tempo dopo la morte. Se non vi è possibilità di lavorare dopo questa vita, come lo afferma la Verità, perché ciascuno non lavora finché ne ha il tempo, cioè finché vive in questo secolo? Temete, fratelli, questa notte della quale il Salvatore dice: "Sopraggiunge la notte nella quale nessuno può piú lavorare". Coloro che compiono il male non temono questa notte, e per questo motivo, all`uscita da questa vita, essi trovano la notte, cioè la morte eterna. Lavorate finché vivete, ma in questi giorni soprattutto, privandovi di piatti delicati, e astenendovi dai vizi in ogni tempo. Infatti coloro che si privano del cibo e non si astengono dal male sono simili al diavolo che non mangia e tuttavia non si allontana dal male. Sappiate infine che voi dovete far passare in cielo, dandolo ai poveri, quello di cui vi private con il digiuno.
Mettete in pratica, fratelli, gli avvertimenti di questo sermone odierno, perché non cada su di voi la maledizione dei Giudei. «Essi dissero», in effetti, al cieco: "Sii tu discepolo li quell`uomo" (Gv 9,28). Che significa essere discepoli di Cristo se non essere discepoli della pietà, della verità e dell`umiltà? E` per attirare su di lui la divina maledizione che gli dissero questo, ma grande è al contrario la sua benedizione: che egli vi conceda di riceverla, lui che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

(Anonimo IX secolo, Hom. 9, 1-5).


3. Preghiera

O Gesú, redentore del genere umano, restauratore eterno della luce: concedi a noi tuoi servi che, come siamo stati lavati dal peccato originale per l`immersione del Battesimo - e in ciò consiste il significato di quella piscina che restituí la vista agli occhi dei ciechi -, cosí pure siamo da te purificati dalle nostre colpe mediante il secondo battesimo delle lacrime; e possiamo meritare di essere divulgatori delle tue lodi, come quel cieco divenne nunzio della grazia.
E come quello fu riempito di fede per confessare te vero Dio, cosí noi pure possiamo essere corroborati dalla testimonianza delle buone opere. Possa tu subito venire incontro pietoso, per la tua smisurata pietà, a noi che t`invochiamo, affinché, per questo sacrificio che ti offriamo, se vivi otteniamo la medicina che salva, se defunti meritiamo di conseguire l`eterno gaudio senza fine. Amen.

(Sacramentario Mozarabico, 392 Post Nomina)
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16/04/2011 18:32
 
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Letture: Ezechiele 37,12-14
Romani 8,8-11
Giovanni 11,1-45


1. La risurrezione di Lazzaro

Il Signore e Salvatore nostro Cristo Gesú ha certo manifestato la potenza della sua divinità con numerosi segni e con miracoli di ogni specie, ma particolarmente alla morte di Lazzaro, come avete appena udito, carissimi, nella presente lettura, mostrando di essere colui del quale era stato scritto: "Il Signore della potenza è con noi, nostra rocca è il Dio di Giacobbe" (Sal 45,8). Questi miracoli, il Signore e Salvatore nostro li ha operati sotto due aspetti: materiale e spirituale, cioè producendo un effetto visibile e un altro invisibile, manifestando per mezzo dell`effetto visibile la sua invisibile potenza. Prima, con un`opera visibile, rese al cieco nato la vista della luce (cf.Gv 9,1-38) per illuminare con la luce della sua conoscenza, per mezzo della sua invisibile potenza, la cecità dei Giudei. Nella presente lettura, egli rese la vita a Lazzaro che era morto (cf.Gv 11,1-44), al fine di risuscitare dalla morte del peccato alla vita i cuori increduli dei Giudei. Di fatto molti Giudei credettero a Cristo Signore a causa di Lazzaro: riconobbero nella sua risurrezione una manifestazione della potenza del Figlio di Dio, poiché comandare alla morte in forza della propria potenza non rientra fra le capacità della condizione umana, ma è proprio della natura divina. Leggiamo invero che anche gli apostoli hanno risuscitato dei morti, ma essi hanno implorato il Signore perché li risuscitasse (cf. At 9,40; 20,9-12); essi li hanno sí risuscitati, non però con le loro forze, o per virtù propria, ma dopo aver invocato il nome di Cristo che comanda alla morte e alla vita: il Figlio di Dio invece ha risuscitato Lazzaro per virtù propria. Infatti appena il Signore disse: "Lazzaro, vieni fuori" (Gv 11,43), quegli uscí subito dal sepolcro: ;la morte non poteva trattenere colui che veniva chiamato dalla Vita. Il fetore della tomba era ancora nelle narici dei presenti allorché Lazzaro era già in piedi e vivo. La morte non attese di sentirsi ripetere il comando dalla voce del Salvatore, perché essa non era in grado di resistere alla potenza della Vita; e pertanto a una sola parola del Signore la morte fece uscire dal sepolcro il corpo di Lazzaro e la sua anima dagli inferi, cosí tutto Lazzaro uscí vivo dal sepolcro, dove non era completo ma solo col suo corpo. Ci si risveglia piú lentamente dal sonno che non Lazzaro dalla morte. Il fetore del cadavere era ancora nelle narici dei Giudei che già Lazzaro stava in piedi e vivo. Ma consideriamo ora l`inizio della stessa lettura.
Il Signore disse dunque ai suoi discepoli, come avete udito carissimi, nella presente lettura: "Lazzaro, l`amico nostro, dorme ma io vado a risvegliarlo" (Gv 11,11). Il Signore disse bene. "Lazzaro, l`amico nostro, dorme," perché in realtà egli stava per risuscitarlo da morte come da un sonno. Ma i discepoli, ignorando il significato delle parole del Signore, gli dicono: "Signore, se dorme, guarirà" (Gv 11,12). Allora in risposta "disse loro chiaro: Lazzaro è morto, ma sono contento per voi di non essere stato là affinché crediate" (Gv 11,14-15). Se il Signore qui afferma di rallegrarsi per la morte di Lazzaro in vista dei suoi discepoli, come si spiega che in seguito pianse sulla morte di Lazzaro? (cf.Gv 11,35). Occorre, al riguardo, badare al motivo della sua contentezza e delle sue lacrime. Il Signore si rallegrava per i discepoli, piangeva per i Giudei. Si rallegrava per i discepoli, perché con la risurrezione di Lazzaro egli sapeva di confermare la loro fede nel Cristo; ma piangeva per l`incredulità dei Giudei, perché neppure di fronte a Lazzaro risorto avrebbero creduto a Cristo Signore. O forse il Signore pianse per cancellare con le sue lacrime i peccati del mondo. Se le lacrime versate da Pietro poterono lavare i suoi peccati, perché non credere che i peccati del mondo siano stati cancellati dalle lacrime del Signore? In effetti, dopo il pianto del Signore, molti fra il popolo dei Giudei credettero. La tenerezza della bontà del Signore vinse in parte l`incredulità dei Giudei e le lacrime da lui teneramente versate addolcirono i loro cuori ostili. E forse per questo la presente lettura ci riferisce l`uno e l`altro sentimento del Signore, cioè la sua gioia e il suo pianto, perché "chi semina nelle lacrime", com`è scritto, "mieterà nella gioia" (Sal 125,5). Le lacrime del Signore sono dunque la gioia del mondo: infatti per questo egli versò lacrime, perché noi meritassimo la gioia. Ma ritorniamo al tema. Disse dunque ai suoi discepoli: "Lazzaro, l`amico nostro, è morto; ma io sono contento per voi di non essere stato là, affinché crediate". Rileviamo anche qui un mistero: come il Signore può dire di non essere stato là [dove Lazzaro era morto]? Infatti quando dice chiaramente: "Lazzaro è morto" dimostra all`evidenza di essere stato lí presente. Né il Signore avrebbe potuto parlare cosí, dal momento che nessuno l`aveva informato, se non fosse stato lí presente. Come il Signore poteva non essere presente nel luogo dove Lazzaro era morto, lui che abbraccia con la sua divina maestà ogni regione del mondo? Ma anche qui il Signore e Salvatore nostro manifesta il mistero della sua umanità e della sua divinità. Egli non si trovava lí con la sua umanità, ma era lí con la sua divinità, perché Dio è in ogni luogo.
Quando il Signore giunse da Maria e da Marta, sorelle di Lazzaro, alla vista della folla dei Giudei, chiese: "Dove l`avete messo?" (Gv 11,34). Forse che il Signore poteva ignorare dove era stato posto Lazzaro, lui che, sebbene assente, aveva preannunciato la morte di Lazzaro e che con la maestà del suo essere divino è presente dappertutto? Ma il Signore, cosí facendo, si attenne a un`antica sua consuetudine. Infatti, allo stesso modo chiese ad Adamo: "Adamo, dove sei?" (Gen 3,9). Egli interrogò Adamo non perché ignorava dove si trovasse, ma perché Adamo confessasse il suo peccato con le proprie labbra e potesse cosí meritarne il perdono. Interrogò anche Caino: "Dov`è tuo fratello Abele"? ed egli rispose: "Non so" (Gen 4,9). Dio non interrogò Caino quasi che non sapesse dove si trovava Abele, ma per potergli imputare, sulla base della sua risposta negativa il delitto commesso contro il fratello. Di fatto Adamo ebbe il perdono perché confessò il peccato commesso al Signore che lo interrogava; Caino invece fu condannato alla pena eterna, perché negò il suo delitto. Cosí anche nel nostro caso, quando il Signore chiede: "Dove l`avete messo?" non pone la domanda quasi che ignori dove sia stato sepolto Lazzaro, ma perché la folla dei Giudei lo segua fino al suo sepolcro e, constatando nella risurrezione di Lazzaro la divina potenza di Cristo, essi divengano testimoni contro sé stessi qualora non credano a un miracolo cosí grande. Infatti il Signore aveva loro detto in precedenza: "Se non credete a me, credete almeno alle mie opere e sappiate che il Padre è in me e io sono in lui" (Gv 10,38). Quando poi giunse presso il sepolcro, disse ai Giudei che stavano intorno: "Levate via la pietra" (Gv 11,39). Che dobbiamo dire? Forse che il Signore non poteva rimuovere la pietra dal sepolcro con un semplice comando, lui che, con la sua potenza, ha rimosso le sbarre degli inferi? Ma il Signore ha ordinato agli uomini di fare ciò che era nelle loro possibilità; ciò che invece appartiene alla virtù divina, lo ha manifestato con la propria potenza. Infatti rimuovere la pietra dal sepolcro è possibile alle forze umane, ma richiamare un`anima dagli inferi è solo in potere di Dio. Ma, se l`avesse voluto, avrebbe potuto rimuovere facilmente la pietra dal sepolcro con una sola parola chi con la sua parola creò il mondo.
Quand`ebbero dunque rimosso la pietra dal sepolcro, il Signore disse a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori", dimostrando cosí di essere colui del quale era stato scritto: "La voce del Signore è potente, la voce del Signore è maestosa" (Sal 28,4), e ancora: "Ecco che darà una voce forte alla sua potenza" (Sal 67,34). Questa voce che ha subito richiamato Lazzaro dalla morte alla vita è veramente una voce potente e maestosa, e l`anima fu restituita al corpo di Lazzaro prima che il Signore avesse fatto uscire il suono della sua voce. Sebbene il corpo fosse in un luogo e l`anima in un altro, tuttavia questa voce del Signore restituí subito l`anima al corpo e il corpo obbedí all`anima. La morte infatti fu rimossa alla voce di una cosí grande potenza. E nulla di strano, certamente, che Lazzaro sia potuto risorgere per una sola parola del Signore, quando ha dichiarato egli stesso nel Vangelo che quanti sono nei sepolcri risorgeranno alla sola e unica parola, dicendo: "Viene l`ora in cui i morti ascolteranno la voce del Figlio di Dio e risorgeranno" (Gv 5,25). Senza dubbio, all`udire la parola del Signore, la morte avrebbe potuto allora lasciar liberi tutti i morti, se non avesse capito che era stato chiamato soltanto Lazzaro. Dunque, quando il Signore disse: "Lazzaro, vieni fuori, subito egli uscí legato piedi e mani e la faccia ravvolta in un sudario" (Gv 11,44). Che diremo qui ancora? Forse che il Signore non poteva spezzare le bende nelle quali Lazzaro era stato sepolto, lui che aveva spezzato i legami della morte? Ma qui il Signore e Salvatore nostro manifesta nella risurrezione di Lazzaro la duplice potenza della sua operazione per tentare d`infondere almeno cosí la fede nei Giudei increduli. Infatti non desta minor meraviglia veder Lazzaro poter camminare a piedi legati che vederlo risuscitare dai morti...

(Cromazio di Aquileia, Sermo 27, 1-4)


2. Le lacrime del Signore

Egli andò per trarre fuori il morto dal sepolcro e interrogò: "Dove lo avete deposto? E comparvero le lacrime sugli occhi di Nostro Signore" (Gv 11,34-35), le sue lacrime furono come la pioggia, e Lazaro come il grano, e il sepolcro come la terra. Egli gridò con voce di tuono e la morte tremò alla sua voce; Lazzaro si erse come il grano, uscí fuori e adorò il Signore che lo aveva risuscitato.

(Efrem, Diatessaron, 17, 7)


3. La risurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-45)

Come Lazzaro, (tuo) amico,
Io morto fui messo nella tomba;
Ed è non da quattro giorni ma da lunghi anni
Che l`anima mia morta giace nel mio corpo.

Fa` risuonare in me la voce tua celeste
E fammi intendere la (tua) Parola;
Scioglimi dai vincoli infernali,
Ritraimi dalla mia casa tenebrosa.

(Nerses Snorhalí, Jesus, 666-667)
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16/04/2011 18:33
 
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DOMENICA DI PASSIONE O DELLE PALME

Letture: Isaia 50,4-7
Filippesi 2,6-11
Matteo 21,1-11; 26,14-27.66

1. Sermone per la Domenica delle Palme

Fratelli, che siete venuti in chiesa con maggiore impulso del solito, e che avete portato con voi con gioia rami d`albero, vi prego. Ma giova farlo con coloro che non sanno perché lo fanno, né cosa significhino queste cose?
Voi dovete sapere che in questo giorno, cioè il giovedì prima della sua Passione, il nostro Salvatore si pose a sedere su un`asina presso il monte degli Ulivi per dirigersi verso Gerusalemme (cf.Gv 12,1). Ora la folla, saputo che Gesù era diretto a Gerusalemme, gli andò incontro con rami di palme (cf.Gv 12,14; Mt 21,1-7; Mc 11,1-7; Lc 19,29-35), "e siccome egli già si apprestava a discendere il monte degli Ulivi, nella sua gioia la folla di coloro che discendevano si mise a lodare Dio a gran voce" (Gv 12,12-13). Durante quei cinque giorni, cioè da questo fino alla sera del giovedì in cui fu consegnato dopo la Cena, egli insegnò tutti i giorni nel tempio e dimorò tutte le notti sul monte degli Ulivi. E poichè il decimo giorno del mese si rinchiudeva l`agnello che doveva essere immolato il quattordicesimo giorno dai figli d`Israele, è a pieno titolo che questo vero Agnello, cioè il Cristo Signore, entrò quel giorno, lui che doveva essere crocifisso il venerdì nella Gerusalemme dove era rinchiuso l`agnello tipico. Oggi perciò, "le persone in gran numero, stesero i loro mantelli sulla strada e altre oggi tagliavano rami dagli alberi e ne cospargevano" (Mt 21,8) del pari il cammino del Salvatore.
E se la santa Madre Chiesa celebra oggi corporalmente questi avvenimenti, è perchè si adempiano, il che è molto più importante, spiritualmente. Infatti, ogni anima santa è l`asina di Dio. Il Signore si asside sull`asina e si dirige verso Gerusalemme, quando abita nelle vostre anime, fa loro disprezzare questo mondo e amare la patria celeste. Voi gettate le vostre vesti davanti a Dio sulla strada se mortificate i vostri corpi con l`astinenza preparandogli così il cammino per venire a voi. Voi tagliate rami d`alberi se vi preparate il cammino per andare a Dio, praticando le virtù dei santi Padri. Cosa fu Abramo? Cosa fu Giuseppe? E David? Cosa furono gli altri giusti, se non alberi che portano frutto? Imparate l`obbedienza alla scuola di Abramo, la castità alla scuola di Giuseppe, l`umiltà alla scuola di David, se vi aggrada ottenere la salvezza eterna.
La palma significa la vittoria. Così noi portiamo palme nella mano, se cantiamo la vittoria gloriosa del Signore, sforzandoci di vincere il diavolo con una buona condotta. Ecco perchè dovete anche sapere, o fratelli, che porta invano il ramo d`ulivo colui che non pratica le opere di misericordia. Come pure, è senza alcun profitto che porta la palma colui che si lascia vincere dalle astuzie del diavolo. Rientrate in voi stessi, carissimi, ed esaminate se fate spiritualmente ciò che compite corporalmente.
Credetelo molto fermamente, fratelli, sarebbe pericoloso per noi non annunciarvi i misteri del nostro Salvatore, ma è altresì pericoloso per voi non prestar loro che poca attenzione. Noi vi esortiamo in definitiva a prepararvi tanto maggiormente, quanto più si avvicina la festa di Pasqua, a purificarvi da tutto ciò che è invidia, odio, collera, parole ingiuriose, maldicenze e calunnie, per poter celebrare degnamente quel giorno.
Perdonate coloro che hanno peccato contro di voi, affinchè il Signore perdoni i vostri peccati: colui che avrà serbato odio o collera, sia pure nei confronti di un sol uomo, celebrerà la Pasqua per sua sventura, poiché non mangerà la vita con Pietro, ma riceverà nella santa comunione la morte con Giuda. Allontani da voi tale sciagura, colui che vi ha creato con potenza, riscattato con amore, Gesù Cristo nostro Signore, che vive e regna con il Padre e lo Spirito Santo, Dio, nei secoli dei secoli. Amen.

(Anonimo IX secolo, Hom. 10)


2. Colloquio intimo con Dio

Ritengo dunque auspicabile dire qui
qualcosa delle sofferenze che per me Tu hai sofferto,
o Dio di tutti.
Ti sei tenuto in piedi nel tribunale della creatura, in una
natura che era la mia;
Non hai parlato, Tu che doni la parola;
Non hai alzato la voce, Tu che crei la lingua;
Non hai gridato, Tu che scuoti la terra;
Non hai ruggito, Tu che sei la tromba che risuona
agli orecchi di tutti nella Maestà;
Non li hai biasimati, nonostante i tuoi benefici,
e non hai loro, nonostante le loro malvagità, chiuso
la bocca;
Non hai abbandonato alla confusione chi Ti abbandonava
ai tormenti della morte;
Non hai opposto resistenza, quando Ti legavano;
e quando Ti schiaffeggiavano, non Ti sei indignato;
quando Ti coprivano di sputi, Tu non hai ingiuriato,
e quando Ti davano pugni, Tu non hai fremuto;
Quando si facevano burle di Te, non ti sei corrucciato;
E quando Ti schernivano, non hai alterato il tuo viso.
Lo hanno spogliato della tunica che Lo ricopriva
come se Egli fosse impotente,
e di nuovo ve Lo hanno rivestito
come un detenuto incapace di fuggire...
Con la flagellazione, all`ultima ignominia
L`han consegnato in mezzo a plebaglia abietta;
han piegato il ginocchio per insultarlo
e gli han posto sul capo una corona per disprezzo
(cf. Mt 27,26-31).

Lungi dal darTi un attimo di tregua, o Fonte della vita,
T`hanno apprestato, per portarlo
lo strumento di morte.
Con magnanimità Tu l`hai accolto,
l`hai preso con dolcezza,
l`hai sollevato con pazienza;
Ti sei caricato, come fossi un colpevole, del legno
dei dolori!
Sulla sua spalla Egli ha portato l`arma di vita,
come il fiore di giglio delle valli (cf. Ct 2,1).
Ti han cacciato fuori come la vittima dell`olocausto;
Ti hanno sospeso come l`ariete impigliato al cespuglio per le
corna
(cf. Gen 22,13);

Ti hanno disteso sull`altare della Croce come una vittima;
Ti hanno inchiodato quasi Tu fossi un malfattore;
Ti hanno inchiodato come un ribelle;
Tu che sei la Pace celeste, quasi Tu fossi un brigante;
Tu che sei la grandezza inviolabile, come un uomo dei dolori;
Tu che sei adorato dai Cherubini, come un essere spregevole
(cf. Is 53,3)

Tu che sei la causa della vita, come degno
d`esser distrutto dalla morte;
Tu che hai esposto l`Evangelo,
come un bestemmiatore della Legge;
il Signore e il compimento dei Profeti,
come un trasgressore delle Scritture;
Tu che sei il raggio di gloria e il sigillo
di pensieri insondabili del Padre (cf. Eb 1,3),
come avversario della volontà di Colui
che Ti ha generato;
Tu che sei veramente Benedetto, come un esiliato;
Tu che hai sciolto il legame della Legge, come uno scomunicato
(cf. Gal 3,13);

Tu che sei un fuoco divoratore (cf. Dt 4,24), come un prigioniero condannato;
Tu che sei temibile in cielo e in terra,
come un uomo giustamente castigato (cf. Is 53,4);
Tu che sei nascosto in una luce inaccessibile (cf. 1Tm 6,16),
come uno schiavo terrestre!

(Gregorio di Narek, Liber orat. 77, 1 ss.)


3. Le lodi dei fanciulli

"I fanciulli gridavano e dicevano: Osanna al figlio di David. La cosa spiacque ai sommi sacerdoti e agli scribi, e gli dissero: Non senti ciò che dicono?" (Mt 21,15-16). Visto che le lodi non ti sono gradite, falli tacere. Alla sua morte come alla sua nascita, i fanciulli prendono parte alla corona dei suoi dolori. Incontrandolo, Giovanni, ancora "bambino, ha esultato nel seno" (Lc 1,41) di sua madre, e dei bambini furono messi a morte alla sua nascita, e divennero come il vino del suo banchetto nuziale. Furono dei fanciulli a proclamare le sue lodi quando giunse il tempo della sua morte. Alla sua nascita, "Gerusalemme si turbò" (Mt 2,3), e lo fu ancora e "temette" (Mt 21,10), il giorno in cui egli vi entrò. "La cosa spiacque agli scribi e gli dissero: Fermali! Egli rispose loro: «Se essi tacciono grideranno le pietre»" (Lc 19,39-40). Per cui, essi hanno preferito far gridare i fanciulli, piuttosto che le pietre, poichè al clamore delle creature gli spiriti ciechi avrebbero potuto comprendere. Il clamore delle pietre era riservato al tempo della sua crocifissione (cf. Mt 27,51-52); infatti, allora, rimasti muti coloro che erano dotati di parola, furono le cose mute che proclamarono la sua grandezza.

(Efrem, Diatessaron, 18, 2)
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23/04/2011 10:11
 
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GIOVEDI` SANTO

La funzione sacra di questo giorno la ritroviamo nella Chiesa di Gerusalemme alla fine del IV secolo: dopo l`abituale Messa serale, i fedeli si radunavano sul Monte degli Olivi pregando nei luoghi dove stava e fu catturato Gesú. A Roma, nel VI secolo, il Giovedi Santo si celebravano tre Messe: la prima, riuniva i penitenti che ottenevano la riconciliazione; durante la seconda, si benedicevano gli oli; la terza veniva celebrata come ricordo della Cena del Signore. Ben presto, però, queste tre Messe si riuniscono in una solenne celebrazione eucaristica con la partecipazione del clero e dei fedeli attorno al vescovo. Questa pratica, con la diffusione della liturgia romana, viene accolta in tutta la Chiesa d`Occidente. Attualmente, nelle chiese vescovili viene celebrata al mattino la Messa del Crisma, nelle altre chiese soltanto la Messa della Cena del Signore.
La Messa del Crisma - benedizione degli oli - aveva luogo il Giovedí Santo visto che il Battesimo veniva celebrato nella Vigilia di Pasqua. E` difficile stabilire quando definitivamente venne accettato il presente rito della benedizione. In conformità alla vecchia usanza romana, la benedizione viene eseguita dal vescovo attorniato dal suo clero. In questa Messa, si manifesta il mistero del Sacerdozio di Cristo al quale partecipano tutti i sacerdoti rappresentanti le diverse comunità.
La Messa della Cena del Signore è collegata con il rito della lavanda dei piedi. Questa funzione, conosciuta e praticata nei conventi, venne inserita nella liturgia: a Roma, è praticata fin dal XII secolo, e nel Medioevo viene accolta comunemente. Viene accompagnata dal canto «Dov`è carità e amore».
Il Venerdì Santo la Chiesa non celebra l`Eucaristia e perciò bisognava conservare il Santissimo Sacramento dalla Messa di Giovedí. L`Eucaristia, come si faceva sin dai primi tempi, veniva collocata nella sacrestia. Nel XII secolo, sotto l`influenza del crescente culto del Santissimo Sacramento, si cominciò a collocare l`Eucaristia nella chiesa, sull`altare oppure in luogo specialmente preparato. La traslazione avveniva in solenne processione e la cappella della custodia veniva addobbata con fiori e luci. La riposizione del Santissimo Sacramento doveva simboleggiare la permanenza di Cristo nella tomba e per questo i fedeli cominciarono a chiamare il luogo della custodia «Sepolcro del Signore», benché la Chiesa fosse contraria all`addobbo somigliante a quello della tomba.
La spogliazione degli altari ha un`antica origine. All`inizio, era probabilmente un atto comune che poi ha assunto il significato simbolico. L`altare è il simbolo di Cristo e il rimuovere delle tovaglie fa ricordare lo spogliamento di Gesú dalle sue vesti.
«Egli, venuta l`ora di essere glorificato da te, Padre Santo, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine; e mentre cenava con loro, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: "Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi". Allo stesso modo, prese il calice del vino e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: "Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna Alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me"».
Niente renderà meglio il mistero del giorno di oggi, la natura della Messa serale che raduna attorno all`altare tutta la comunità se non quelle parole della Preghiera eucaristica IV. Cristo dà se stesso per la salvezza del mondo, ma prima affida alla Chiesa il Sacrificio vivo e santo, il segno dell`eterna Alleanza con gli uomini. Fedele alle parole del Signore: «Fate questo in memoria di me», la Chiesa incessantemente celebra l`Eucaristia ed invoca: «Guarda con amore e riconosci nell`offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione». Questo Sacrificio della nostra riconciliazione con Dio porta continuamente pace e salvezza al mondo intero.
La Chiesa, radunata attorno alla mensa eucaristica, oggi piú che mai, sperimenta la presenza del Signore. Rimarrà accanto a lui nella preghiera notturna per non sentire come una volta i discepoli nel Giardino degli Olivi: «Cosí non siete stati capaci di vegliare un`ora sola con me?».

Accedendo tutti alla mistica mensa,
riceviamo con anima pura il pane,
per non essere separati dal Signore,
e perché vedendo come egli lava i piedi dei discepoli
facciamo quanto abbiamo visto, sottomessi gli uni agli altri,
asciugandoci i piedi a vicenda.
Cristo infatti cosí ordinò ai suoi discepoli,
anche se non fu ascoltato da Giuda,
servitore iniquo.

(Liturgia Bizantina, EE, n. 3117)


1. L`agnello figura e l`Agnello vero

I discepoli si trovarono tra l`agnello e l`agnello. Mangiarono l`agnello pasquale e l`agnello vero.
- Responsorio:
Gloria a te, o re Messia, che salvasti la santa Chiesa col tuo sangue.
Gli apostoli si trovarono tra la figura e la verità. Videro la figura portata via e la verità ch`era arrivata.
Beati loro ch`ebbero la fine della figura e l`inizio della verità.
Mangiò il Signore la Pasqua coi suoi discepoli; col pane che spezzò abolí gli azzimi.
Il suo pane che vivifica tutto, vivificò i popoli; prende il posto degli azzimi, che non davano la vita.
La Chiesa ci ha dato un pane vivo al posto degli azzimi, che aveva dato l`Egitto.
Maria ci ha dato il pane della vita al posto del pane di stanchezza, che ci aveva dato Eva.
Abele fu agnello e offrí l`agnello. Chi ha mai visto un agnello che offre un agnello?
L`Agnello di Dio mangiò l`agnello. Chi ha mai visto un agnello che mangia un agnello?
L`agnello della verità mangiò l`agnello della Pasqua. La figura fu mangiata dalla verità.
Tutte le figure stavano nel Santo dei Santi in attesa di colui che le avvera tutte.
Le figure videro l`agnello della verità, aprirono le porte del tempio e gli andarono incontro.
Tutte le figure s`inserirono e rimasero in lui, e tutti e dappertutto parlarono di lui.
Poiché in lui si sono avverate le figure e i misteri; vi ha posto sopra il suo sigillo lui, che compie tutto.
Quando il lupo s`allontanò dal gregge dei dodici e uscí dal cenacolo, si alzò l`agnello della verità e divise il suo corpo tra il gregge, che aveva mangiato l`agnello pasquale. Ivi fu sigillata la figura tramandata attraverso le generazioni dall`Egitto al cenacolo.

(Efrem, Hymn., 6 e 14)


2. La gioia di Gesú nel servire

Nostro Signore guidò i Dodici e li condusse a casa per lavar loro i piedi (cf. Gv 13,5ss; 14ss). Assegnò loro i posti come erede, poi si levò per servir loro da amico. Versò la benefica acqua e portò il catino, prese il panno e se lo cinse ai fianchi.
...Io vidi come pieno di gioia lavò quelli e con volto sereno li serviva. Afferrò i loro piedi, senza che si scottassero e vi versò acqua senza che andassero in fiamme. Li pulì dalle tracce della fatica e della stanchezza e li rafforzò a camminare sulla strada. A tutti andò egli davanti cosí amabilmente, alla stessa maniera senza fare distinzione. Cosí andò anche da Giuda e ne prese i piedi. Allora la terra si lamentò senza bocca; le pietre nei muri elevarono la loro voce allorquando videro come il fuoco lo risparmiava. Chinai il capo a terra e le mie orecchie udirono voci di pianto che annunciarono ciò. E cosí anche questo discorso costernato fu emesso dalla bocca dei loro agnelli:
«Su che cosa dobbiamo meravigliarci e verso chi guardare? Poiché verso i due lati si leva il nostro stupore. Dobbiamo osservare colui che siede qui, col cuore pieno di morte e di inganno senza lasciarsi impressionare oppure l`altro che pieno di misericordia lava i piedi al suo assassino?». Formidabile stupore provocò quando la mano di Nostro Signore toccò il suo assassino. Egli non scoprì la malvagità di costui, anzi coprí il suo delitto e lo trattò proprio come gli altri.
Allora andò verso Simone; ma il cuore di costui si inquietò, egli si alzò davanti a lui e l`implorò: «Gli angeli in cielo coprono i loro piedi per timore, desiderano bruciarsi (Is 6,2), e tu? o mio Signore, sei venuto per prendere i piedi di Simone con la tua mano e servirmi! Tutto questo, la tua umiltà e il tuo amore, hai tu verso di noi già da lungo tempo dimostrato, tramite ciò ci hai tu già onorato; cosí non metterci adesso di nuovo in imbarazzo! I Serafini non osano toccare l`orlo [del tuo vestito], e guarda, tu lavi i piedi di un uomo miserabile! Tu, o Signore, vuoi lavare i miei piedi! Chi potrebbe udire ciò senza divenire sgomento? Tu, o Signore, vuoi lavare i miei piedi! Come potrebbe sopportare ciò la terra? La notizia di questa tua azione farebbe stupire l`intera creazione; questa notizia, che una tal cosa succede sulla terra, turberebbe le schiere degli spiriti celesti. Fermati o Signore, affinché ciò mi resti risparmiato; per questo ti imploro, poiché io sono un uomo peccatore! Secondo il tuo comando ho camminato sul mare, e secondo il tuo ordine ho camminato sulle onde (cf. Mt 14,29). E questa prima cosa non è già abbastanza per me, ma un`altra cosa ancor piú grande vuoi tu ingiungermi! O Signore, ciò non può accadere, perché già la semplice notizia di ciò scuote la creazione! O Signore, ciò non può accadere, giacché questo peso sarebbe piú pesante di quanto può essere pesato!».
«Se ciò non può accadere, allora tu non avrai alcuna parte con me al trono. Se ciò non può accadere, allora restituiscimi le chiavi che ti ho affidato. Se ciò non può accadere, allora anche la tua signoria sarà tolta da te (cf. Mt 16,19). Se ciò, come tu dici, non può accadere, allora non potrai neppure provare nessuna partecipazione al mio corpo». Allora Simone cominciò ad implorare e a dire al Benigno: «O Signore, non lavarmi solamente i piedi, ma anche le mani e il capo!». «Simone, Simone, esiste soltanto un bagno per l`intero corpo nell`acqua santa!». Terminò l`operazione della lavanda e ordinò loro per amore: «Guardate, miei discepoli, come io vi ho servito e quale opera vi ho prescritto! Guardate, io vi ho lavato e pulito; allora affrettatevi felici in chiesa, varcate le sue porte quali eredi! Camminate senza paura sopra i demoni e senza spaventarvi sulla testa del serpente! Andate senza timore del vostro cammino e annunciate la mia parola nelle città! Seminate il Vangelo nei Paesi e innestate l`amore nei cuori degli uomini! Annunciate il mio Vangelo davanti ai re e testimoniate la mia fede davanti ai giudici! Vedete, io che sono il vostro Dio, mi sono abbassato e vi ho servito affinché io vi preparassi una perfetta Pasqua e si rallegrasse la faccia di tutto il mondo».

(Cirillona, Inno sulla lavanda dei piedi)


3. Il dono dell`adozione

E compiuto il tragitto, vennero nella regione di Gennesaret. Ora, avendolo gli abitanti di quel luogo riconosciuto, mandarono in tutti quei dintorni, e condussero a lui tutti gli ammalati, pregandolo di poter toccare anche soltanto il lembo del suo mantello, e quanti lo toccarono, furono risanati (Mt 14,34-36). La gente non gli si accosta piú come prima, obbligandolo ad andare nelle proprie case a imporre le mani sugli infermi e a comandare alle malattie di ritirarsi. Ora invece chiedono e si guadagnano la guarigione in un modo piú elevato e piú sapiente e con una fede piú grande. Senza dubbio l`emorroissa aveva insegnato a tutti il modo in cui comportarsi. L`evangelista, inoltre, per far capire che molto tempo addietro il Maestro era stato da quelle parti, dice: «Avendolo gli abitanti di quel luogo riconosciuto, mandarono in tutti quei dintorni, e condussero a lui tutti gli ammalati». Il tempo non solo non ha distrutto la loro fede, ma al contrario l`ha mantenuta vigorosa e l`ha accresciuta.
Tocchiamo, dunque, anche noi il lembo del suo mantello; anzi, se vogliamo, noi possiamo avere Cristo tutto intero. Il suo corpo infatti è ora davanti a noi. Non il mantello semplicemente, ma il suo stesso corpo: e non solo per toccarlo, ma per mangiarlo, ed esserne saziati. Accostiamoci quindi con fede, portando ognuno la propria infermità. Se coloro che toccarono il lembo del suo mantello si attirarono tanta virtù risanatrice, ancor piú possono attendersi coloro che ricevono Gesú Cristo tutto intero. Tuttavia, accostarsi con fede a Cristo non significa semplicemente prendere ciò che viene offerto, ma toccarlo con cuore puro e con disposizioni piene di fervore, sapendo che ci avviciniamo a Cristo in persona. Che importa se tu non senti la sua voce? Tu lo contempli sull`altare; o meglio tu senti anche la sua voce, dato che egli ti parla per mezzo degli evangelisti.
Credete con viva fede che anche ora c`è la stessa cena alla quale Gesú prese parte con gli apostoli. Non c`è infatti nessuna differenza tra l`ultima cena e la cena dell`altare. Neppure si può dire che questa sia celebrata da un uomo, mentre quella da Cristo, perché Gesú stesso compie questa come quella. Orbene, quando tu vedi il sacerdote presentarti questo sacro cibo, non pensare che è il sacerdote a dartelo, ma sappi che è la mano di Cristo tesa verso di te. Come nel battesimo non è il sacerdote che ti battezza, ma è Dio che sostiene il tuo capo con la sua invisibile potenza, e neppure un angelo, né un arcangelo né chiunque altro osa avvicinarsi e toccarti, cosí avviene anche ora. Quando Dio ci genera nel battesimo facendoci suoi figli, questo dono è esclusivamente suo. Non vedi che nel mondo coloro che adottano dei figli non affidano questo incarico ai loro servi, ma si presentano di persona al tribunale? Nello stesso modo anche Dio non ha affidato agli angeli il suo dono, ma egli stesso si presenta di persona e comanda: Non chiamate Padre vostro alcuno sulla terra (Mt 23,9). Non parla cosí perché tu debba mancare di rispetto a coloro che ti hanno messo al mondo, ma per insegnarti a preferire a tutti colui che ti ha creato e ti ha iscritto, con l`adozione, tra i suoi figli. Ed ora, Cristo che ti ha fatto il dono piú grande offrendo e consegnando se stesso alla morte, assai minor difficoltà avrà a darti il suo corpo. Comprendiamo bene tutti noi, sacerdoti e fedeli, quale dono il Signore si è degnato di darci e a quale onore ci ha elevati. Riconosciamolo e tremiamo. Cristo ci ha dato di saziarci con la sua carne, ci ha offerto se stesso immolato. Quale scusa avremo ancora se, così alimentati, continuiamo a peccare, se, cibati dell`Agnello, viviamo come lupi; se, nutriti di tale cibo, non cessiamo di essere avidi come i leoni? Questo sacramento esige non solo che siamo sempre esenti da ogni violenza e rapina, ma puri anche della piú piccola inimicizia. Questo sacramento infatti è un sacramento di pace, e non permette di avere attaccamento alle ricchezze. Gesú per noi non ha risparmiato se stesso: quale giustificazione potremo dunque invocare se, per conservare i nostri beni, trascuriamo la nostra anima per la quale Cristo non ha risparmiato la sua vita? Dio aveva istituito per gli Ebrei alcune feste annuali a ricordo dei suoi benefici; ma per te, ora, il ricordo esiste ogni giorno per mezzo di questi sacri misteri. Non vergognarti dunque della croce. Queste sono le nostre realtà sacre, questi sono i nostri misteri; con questo dono ci adorniamo, di esso ci fregiamo e ci gloriamo. Quand`io dicessi che Dio ha disteso il cielo, ha dispiegato la terra e i mari, ha inviato profeti e angeli, non direi niente di paragonabile a questo sacramento. La somma di tutti i beni sta nel fatto che Dio non ha risparmiato il proprio Figlio per salvare dei servi che gli erano ostili.
Che nessun Giuda, nessun Simon Mago si accosti dunque a questa tavola: l`uno e l`altro infatti sono periti per il loro amore al denaro. Fuggiamo questo abisso di male e non pensiamo che basti ad assicurare la nostra salvezza, dopo aver con le nostre rapine spogliato le vedove e gli orfani, presentare all`altare un calice d`oro, ornato di pietre preziose. Se vuoi onorare questo sacrificio, presenta la tua anima, per la quale esso è stato offerto. Fa` che la tua anima sia tutta d`oro, perché, se essa rimane peggiore del piombo o di un coccio, che guadagno ti procura il calice d`oro che tu doni alla chiesa? Non preoccuparti quindi di offrire soltanto vasi d`oro, ma bada che essi siano frutto di oneste fatiche. Doni ben piú preziosi dell`oro sono quelli che non provengono dall`avarizia. La chiesa non è un`oreficeria, né una zecca, ma un`assemblea di angeli. Abbiamo perciò bisogno di anime; Dio infatti ammette anche questi vasi sacri, ma solo per le anime. Non era d`argento quella tavola e neppure d`oro era il calice con cui Cristo diede ai discepoli il suo sangue, ma tutto quello era prezioso e degno del piú profondo rispetto, perché era ricolmo di Spirito Santo.
Vuoi onorare il corpo di Cristo? Ebbene, non tollerare che egli sia ignudo; dopo averlo ornato qui in chiesa con stoffe di seta, non permettere che fuori egli muoia di freddo per la nudità. Colui che ha detto questo è il mio corpo (Mt 26,26), confermando con la sua parola l`atto che faceva, ha detto anche: «Mi avete visto soffrire la fame e non mi avete dato da mangiare» e quanto non avete fatto a uno dei piú piccoli tra questi, neppure a me l`avete fatto (Mt 25,42-45). Il corpo di Cristo che sta sull`altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Impariamo quindi a pensare e a comportarci degnamente verso così grandi misteri e a onorare Cristo come egli vuol essere onorato. Il culto piú gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che egli stesso vuole, non quello che pensiamo noi. Anche Pietro credeva di onorare Gesú, impedendogli che gli lavasse i piedi (cf. Gv 13,8), ma ciò non era onore, bensí il contrario. Cosí anche voi onoratelo nella maniera che egli stesso ha comandato, impiegando cioè le vostre ricchezze a favore dei poveri. Dio non ha bisogno di vasi d`oro, ma di anime d`oro.

(Giovanni Crisostomo, In Matth., 50, 2 s.)


4. La funzione mediatrice del sacerdote

O sacerdote, che compi il tuo ufficio ministeriale sulla terra in modo spirituale, e che le creature spirituali non possono imitare! O sacerdote, come è grande la funzione che tu adempi e che sognano i ministri «di fuoco e di spirito!».
Chi esprime adeguatamente la grandezza del tuo compito, che è al di sopra degli esseri celesti a causa del titolo del tuo potere? La natura di uno spirito è piú sublime e piú gloriosa della tua, ma non le è permesso di imitarti raffigurando una immagine dei misteri. Un angelo è grande, e diremmo, piú grande di te; ma, quando si paragona il tuo ministero al suo, egli è inferiore a te. Il serafino è santo, il cherubino è bello, l`angelo è veloce; tuttavia non possono muoversi cosí rapidamente come la parola della tua bocca. Gabriele è glorioso; Michele è grande, e il loro nome lo indica; tuttavia, in ogni momento, essi si inchinano davanti al mistero deposto tra le tue mani.
Essi ti stimano, quando tu ti avvicini per compiere il tuo ministero, e ti attendono a condizione che tu dia il segnale ai loro canti di santificazione.
Essi si mettono alla tua destra per esser pronti a cantare le lodi, e quando tu hai compiuto il mistero della tua salvezza, essi acclamano queste lodi. Essi sono sottomessi con amore alla volontà che è nascosta nei tuoi misteri e ti onorano per la funzione, che tu adempi. E se gli esseri spirituali onorano impassibili la tua funzione, chi non ti concederebbe una corona di lode a causa della grandezza della tua funzione?
Ammiriamo continuamente la superiorità della tua dignità maestosa, che ha sottomesso al suo potere il cielo e la terra.
I sacerdoti della Chiesa si sono impadroniti del potere in Cielo e sulla terra, e comandano agli esseri celesti e terrestri.
Essi si pongono come mediatori tra Dio e gli uomini, e con le loro parole scacciano il male tra gli uomini. La chiave delle misericordie divine è stata posta nelle loro mani e distribuiscono la vita agli uomini secondo il loro beneplacito.
La potenza nascosta li ha fortificati per compiere questo, affinché essi manifestino visibilmente l`amore di Dio nell`opera delle sue mani. Egli ha manifestato il suo amore nel Sacramento che ha trasmesso agli esseri umani, perché in virtù di questo dono, degli uomini abbiano compassione degli altri uomini.
Egli ha trasmesso il suo dono potente ai sacerdoti affinché essi fortifichino con lui gli uomini deboli, colpevoli di aver peccato. Il sacerdote paga il debito dell`umanità per mezzo del suo ministero, e cancella con l`acqua l`obbligo contratto da essi nel loro genere umano e lo riabilitano.
Come in una fornace, egli depone i corpi per battezzarli, e come in un fuoco, consuma le spine della mortalità.
Egli getta nell`acqua il rimedio dello Spirito come in una fornace e purifica l`immagine dell`uomo dalle sue impurità.
In virtù del calore dello Spirito, egli toglie la ruggine dal corpo e dall`anima, che acquistano invece di un colore argilloso, quello degli esseri celesti...
Come Mosè, anch`egli si mantiene in riva al mare, ma al posto di un bastone, egli eleva la sua parola sull`acqua muta. Egli percuote le acque con la parola della sua bocca, come il figlio di Amram, ed esse ascoltano la sua voce, meglio della voce del figlio degli Ebrei, esse ascoltarono Mosè, ma anche ascoltandolo, esse non furono santificate. Ma ubbidendo al sacerdote della Chiesa, esse divennero sacre.
L`israelita, veramente, non divise che il mare e il suo grande miracolo non bastò a purificare l`inquinità del suo popolo.
Appartiene al sacerdote operare questo grande miracolo, che non ha nulla di simile tra quelli che sono stati operati, per il fatto che egli ha il potere di rimettere il male a cose inanimate [insensibili-spirituali].
Il sacerdote innalza il suo sguardo verso questo segno che opera la creazione, ed impara da lui come produrre una nuova creazione. Egli imita anche il modo di fare di colui che creò il mondo, e fa intendere la sua voce come colui che la fece ascoltare all`origine sulla terra.
Come il Creatore, anch`egli comanda, all`acqua ordinaria, e in luogo della luce si manifesta in essa il potere della vita. La voce del Creatore creò dal nulla gli astri, e il sacerdote, partendo da qualche segno, crea un`altra cosa in virtù della potenza del Creatore.
Non è sua, la creazione che egli opera in mezzo alle acque, ma essa appartiene al segno che produsse la creazione dal nulla.
Quel comando che Dio espresse, dal quale le creature ragionevoli e sensibili ebbero l`esistenza, egli lo concede di nuovo. Questa è parola che le acque ascoltano dalla bocca del sacerdote, ed esse generano l`uomo. Il frutto che esse portano ora è piú grande del primo, cosí grande è il potere che esercita un uomo ragionevole sopra un essere muto.
Come un seme, egli getta la sua parola in mezzo alle acque, ed esse concepiscono e generano un frutto, non comune.
Egli si intrattiene oralmente con le acque mute con parole spirituali, ed esse acquistano il potere di dare la vita alle nature ragionevoli. Le acque silenziose ascoltano quelli che possono parlare, pronunziare delle parole nuove, come quelle che Maria intese dalla bocca di Gabriele.
Anch`egli fece ascoltare una «buona novella» alle orecchie degli uomini, simile a quella speranza della nascita del Figlio che annunziò l`angelo. Nella sua funzione il sacerdote tiene il posto dell`angelo, un posto migliore del suo, per il fatto che bisogna ottenere la speranza per quelli che sono senza speranza, per mezzo di quello che esprimono le sue parole. Egli adempie l`ufficio di mediatore tra l`essenza divina e gli uomini e conferma con le sue parole l`alleanza delle due parti.
Egli supplica, gemendo, l`Essere nascosto, che è nascosto ma si manifesta per mezzo del suo amore, e la potenza che procede da lui, discende accanto al sacerdote, compiendo ciò che egli dice.

(Narsai il Lebbroso, De mysterio eccl., passim)


5. La Messa e l`offerta

L`offerta che vien fatta è la stessa, chiunque sia l`offerente, sia Paolo, sia Pietro; è la stessa, che Cristo diede ai discepoli, e che ora i sacerdoti presentano ai fedeli. Questa, che vien data dai sacerdoti oggi, non è in nessun modo inferiore a quella che fece Cristo allora, perché non sono gli uomini che la consacrano, ma quello stesso Cristo, che consacrò la prima. Come, infatti, le parole, che Dio disse, sono le stesse che dice oggi il sacerdote, così l`offerta è la stessa; come il battesimo nostro di oggi è il medesimo battesimo di Cristo. Cioè, rientra tutto nel campo della fede.
Dunque, è corpo di Cristo questo che diamo noi, come era corpo di Cristo quello ch`egli stesso diede ai discepoli; e chi pensa che questo, che diamo noi, sia inferiore in qualche modo a quello, che Cristo diede, dimostra di non capire che anche oggi è ancora Cristo che è presente e agisce.

(Giovanni Crisostomo, In Epist. II ad Timoth., 4, 4)


6. Il compito del sacerdote

Se lo stesso Gesú Cristo Signore e Dio nostro è il Sommo Sacerdote di Dio Padre e per primo offrí se stesso in sacrificio e ordinò di fare questo in sua memoria, allora rappresenta veramente Cristo quel sacerdote che imita ciò che Cristo fece, e quindi offre a Dio Padre nella Chiesa un sacrificio vero e pieno, se cerca di offrirlo così come riconosce che Cristo stesso fece.

(Cipriano di Cartagine, Epist., 63, 14)
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VENERDI` SANTO

Da quando si cominciò a celebrare la Pasqua in giorno di domenica, il Venerdí Santo diventò il giorno della commemorazione della morte del Signore. A Gerusalemme verso la fine del IV secolo, prima del mezzogiorno si esponevano nella chiesa della Santa Croce sul Golgota le reliquie della Croce del Signore, che erano venerate dai fedeli. A mezzogiorno, il popolo si radunava di nuovo davanti alla stessa chiesa: dalle 12 fino alle 15, si leggeva la Sacra Scrittura e si cantavano i salmi. Sia in Oriente che in Occidente, in questo giorno non si celebrava l`Eucaristia. A Roma, si celebrava una funzione sacra la sera: si leggevano due brani dal Vecchio Testamento e la Passione del Signore secondo Giovanni. La liturgia si concludeva con le solenni preghiere di origine antica, per i rispettivi ceti della Chiesa. L`adorazione della Croce, sull`esempio dell`adorazione di Gerusalemme, venne introdotta nel secolo VII. Roma era in possesso nientemeno che delle reliquie della santa Croce. Il papa si recava dal Laterano alla chiesa di Santa Croce in Gerusalemme insieme con alcuni diaconi, che portavano le reliquie. Queste venivano poste sull`altare e in grande semplicità si iniziava l`adorazione. In Spagna e in Gallia si arriva alla drammatizzazione della liturgia: si svelava ed esponeva la Croce, ci si prostrava per tre volte davanti al Legno sacro, si cantavano gli improperi «Popolo mio» e altri inni. Questi elementi saranno introdotti nella liturgia romana nel IX-X secolo. La santa Comunione delle specie consacrate il Giovedi Santo compare a Roma sotto l`influsso della liturgia orientale nel VII-VIII secolo, però nel XIII secolo verrà limitata al solo celebrante.
Nei paesi nordici, c`è un rito simile alla reposizione del Santissimo Sacramento il Giovedí Santo, che viene chiamato «la deposizione della Croce e dell`Ostia». Ben presto, il rito viene accolto in molte chiese eccetto la romana. Alcuni deponevano nel sepolcro il Santissimo Sacramento (Augsburg), altri invece la Croce (Inghilterra, Francia). I fedeli adoravano l`Ostia e la Croce fino al mattino di Pasqua.
La Chiesa rimane oggi con il Signore che affronta la Passione per la salvezza del mondo. Sta insieme con Gesú nel Giardino degli Olivi, vive insieme con Lui l`arresto e il giudizio, cammina col Salvatore lungo la Via della Croce, resta con lui sul Calvario e sperimenta il silenzio del sepolcro. La liturgia della parola ci introduce nel mistero della Passione del Signore. Il sofferente Servo di Dio, disprezzato e respinto dagli uomini, viene condotto come agnello al macello. Dio pose su di lui le colpe di noi tutti. Cristo muore nel momento in cui nel tempio vengono sacrificati gli agnelli necessari alla celebrazione della cena pasquale. E` Lui il vero Agnello, che toglie i peccati del mondo. Egli viene offerto come nostra Pasqua. Cristo morí per tutti gli uomini e perciò in questo giorno la Chiesa, secondo la sua piú antica tradizione, rivolge a Dio una grande preghiera. Prega per tutta la Chiesa nel mondo, chiede l`unificazione di tutti i credenti in Cristo, intercede per il Popolo Eletto. Ricorda tutti i credenti delle altre religioni come anche chi non crede, prega per i governanti e per gli afflitti.
Come non ringraziare Dio in questo giorno? Lodiamo Gesú e rendiamogli grazie, adorando la Croce su cui si compí la salvezza del mondo. Non solo glorifichiamo il Signore, ma ricevendo la santa Comunione dai doni consacrati ieri ci uniamo a Cristo: ogni volta che mangiamo di questo Pane annunziamo la morte del Signore, nell`attesa della sua venuta.

Oggi viene messo in croce colui che mise la terra sopra le acque: con una corona di spine viene cinto il capo del re degli angeli, con falsa porpora viene coperto colui che copre il cielo di nubi; riceve uno schiaffo colui che nel Giordano diede la libertà ad Adamo: lo sposo della Chiesa viene confitto in croce: il figlio della Vergine viene trafitto con una lancia. Adoriamo la tua passione, o Cristo; e tu mostraci anche la tua gloriosa risurrezione.

(Antiphona ad nonam, EE, n. 3123)


1. La cena e le tappe della Passione

Il salvifico mistero della Croce,
Quella sera hai mostrato e rivelato;
Nel tuo Corpo, fonte della vita,
Al pari della Coppa, l`hai distribuito e dato.
Degnati con la santa Assemblea
Di render anche me partecipe alla Mensa,
Del Pane tuo di vita di cui ho fame
E della tua Bevanda cui assetato anelo.

Lavanda dei piedi (Gv 13,1-20)

Tu hai lavato in una bacinella
Con le tue mani pure i loro piedi
Ed hai insegnato loro l`umiltà
Dianzi in parole, ed in quel punto a fatti.
Lava del pari il fango delle mie miserie
Per le suppliche della santa Comitiva
E indirizza il cammino dei miei passi
Sulla via dell`umiltà verso il tuo cielo.

L`agonia (Mt 26,36-46)

Nelle oscure ore della notte
Hai mostrato la tua natura umana:
Nel terrore Tu fosti in agonia,
Ed hai pregato il Padre che è nei cieli.
Libera anche me dai segreti strali
E dal terrore opprimente della notte;
Le facoltà dell`anima e del corpo
Siano fisse nel santo tuo timore.

L`arresto (Mt 26,47-56)

Sei stato legato per quei che si è legato;
Tu hai disciolto il nodo del legame;
Svincolami dai lacci volontari:
Dai viluppi infernali dei peccati.

Davanti al Sinedrio (Mt 26,59-68)

Pel condannato a motivo del peccato,
Sei comparso, Innocente, in tribunale;
Quando nella gloria del Padre tornerai,
Con lui non giudicarmi.
Sacrileghi sputi T`hanno offeso,
Per l`onta della prima creatura;
Dell`Impudente, l`onta cancella dei peccati
Con la quale ho coperto il mio sembiante.
Hai permesso al cattivo servitore,
D`imprimerti lo schiaffo schernitore;
Colpisci con fermezza la faccia del Cattivo,
Come con par durezza ha schiaffeggiato lui.

Il rinnegamento di Pietro (Mt 26,69-75)

Non hai lasciato che la Pietra rotolasse
Fin negli abissi profondi del peccato,
Ma, per le lacrime amare del suo cuore,
Hai perdonato chi Ti ha rinnegato.
Anche me, come lui rialza
Dalla caduta dove sono incorso,
Dando ai miei occhi lacrime copiose
Ed al mio capo acqua come al mare.

Oltraggi (Mt 27,27-31)

Ti sei rivestito di porpora,
La clamide rossa hai posto sulla tua persona;
Simile ignominia potevano pensarla
Solo i soldati di Ponzio Pilato.
Allontana da me il cilicio del peccato
La rossa porpora dal color del sangue;
E rivestimi dell`abito gioioso
Che al primo uomo indosso Tu ponesti.
Piegando il ginocchio, si fanno burle;
Giocando, si fanno beffe;
Le celesti schiere, ciò considerando
Con timore adorano.
[Tutto hai subito] per togliere dalla natura di Adamo
Tu rilevi l`onta dell`amico del peccato,
Dall`anima mia, dalla mia coscienza,
Leva via la vergogna, piena di tristezza.
La tua celeste testa -
Davanti a cui sta in tremito di spavento il Serafino -,
Copertala d`un velo, vi si davan pugni,
E colpi di nodosa canna.
Per causa della testa [dell`uomo] tratta dalla terra
Che inchinata s`era ai piedi della donna,
Perché in modo piú sublime del celeste Coro,
Tu potessi congiungerla al tuo Corpo.
E la mia [testa] caduta sino al suolo
E inchinata ai piedi del Maligno,
Per le opere tutte dell`Iniquo
Che mi piombarono a terra,
Non permettere di giocar con essa,
Come i bambini giocano alla palla,
Voglia Tu invece liberarla dal Nemico,
Per unirla di nuovo alla tua Testa.

La flagellazione (Mt 27,26)

Per l`intero tuo corpo
E su tutte le parti di tue membra
I colpi del terribile flagello
Ha ricevuto per verdetto iniquo.
Io che dai piedi al capo
Soffro di dolori intollerabili,
Guariscimi di nuovo, una seconda volta,
Come con grazia di Fontana sacra.

La corona di spine (Mt 27,29)

In cambio delle spine della colpa,
Che ha fatto crescere per noi la maledizione,
Sul tuo capo è stata posta una corona [di spine]
Dagli operai della Vigna d`Israele.
Strappa da le spine della colpa
Che in me ha piantato il mio Nemico;
Guarisci la morsura della piaga,
Sian soppresse le stimmate del male.

La crocifissione (Mt 27,32-43)

In cambio del frutto soavissimo
Dell`amaro [albero], mortifero,
Hai gustato il fiele mescolato
All`aceto, durante la tua sete.
L`amarezza della [bestia] velenosa,
Inoculata nelle facoltà dell`anima,
Lungi da me rigettala con essa,
E l`amor tuo diventi in me soave.
In cambio dell`albero di morte,
Cresciuto in mezzo al Paradiso,
Sulle tue spalle hai portato il legno della Croce,
L`hai portato al luogo detto Golgota.
L`anima mia caduta nella colpa
Carica d`un fardello sí pesante,
Alleviala in grazia del soave giogo
E al carico leggero della Croce.
Il Venerdí, attorno all`ora terza,
Nel giorno in cui fu sedotto il primo uomo,
Signor, sei stato affisso al legno
In una con il ladro malfattore.
Le mani creatrici della terra,
Le hai Tu distese sulla Croce,
In cambio delle mani lor [di Adamo ed Eva] che tese
S`eran e dall`albero colto avean la morte!
Per me che, come loro, ho trasgredito
E forse li ho persino superati,
Piantando di mia mano il seme di Gomorra,
E il frutto di Sodoma gustando,
Non misurar la pena al mal commesso
Non esiger da me l`intero debito
Ma elargisci il perdono al mio delitto
[...].
Tu sei salito sulla Croce santa,
La trasgression degli uomini hai scostato;
E il nemico della nostra specie,
Su [la Croce] Tu l`hai inchiodato.
Fortificami nella protezione
Del santo Segno sempre vincitore,
E quando in cielo apparirà d`Oriente,
Ch`io di sua luce venga illuminato.

Il buon ladrone (Lc 23,39-43)

Al ladrone che stava alla tua destra
La porta hai aperto del Paradiso d`Eden;
Anche di me ricordati quando tornerai
Con la Regalità del Padre tuo.
Anch`io ascolti ciò che fa esultare,
La risposta da Te pronunciata:
«Oggi, sarai tu con me nell`Eden, Nella tua Patria prima!».

La Madre di Gesú (Gv 19,25-27)

Lamentandosi e percotendo il petto
La Madre tua, Signor, presso la Croce,
Quando sentiva che Tu avevi sete,
Cocenti lacrime di dolor versava.
Degnati d`accordarmi di versare
Lacrime abbondanti come il mare,
Sí da lavar le colpe di mia vita
E della veste dell`anima il marciume.

Morte di Gesú (Mt 27,45-53)

Quando con voce forte Tu hai gridato
Dicendo: «Eli, Eli...»,
Si scossero i pilastri della terra,
Gli alti monti tremarono sgomenti.
Mentre il velo dell`Antica Legge
Dall`alto in basso si divise in due;
E le tombe s`aprirono,
Dei Santi i corpi ritornaron in vita.
La luce del sole, messo il velo,
Si oscurò nel pieno del meriggio,
E sull`esempio suo anche la luna,
Nel colore si trasformò del sangue,
Perché videro Te, loro Signore,
Nudo sulla Croce: non poteron sopportarlo;
Al posto degli esseri ragionevoli,
Gli elementi privi di ragione provarono spavento.
Adesso, con le rocce che si sgretolano,
Smuovi il mio cuore immoto verso il bene;
Con i morti che allora si drizzarono,
L`anima mia rialza, uccisa dal peccato.
Con la lacerazione del velo
A causa dei debiti di Adamo,
Lacera in me l`antica cattiveria,
Distruggi l`obbligazione delle colpe di mia vita.
Con l`oscuramento dell`astro luminoso,
Scaccia da me la coorte dei Tenebrosi;
Col suo ritorno alla luce nella nona ora,
Illuminami di bel nuovo.
Per il tuo denudamento sopra il legno,
In cambio della nudità del primo uomo,
Voglia Tu ricoprirmi di tua gloria
Nel giorno del Giudizio universale.
Invece d`abbandonar gli autori de la crocifissione,
La casa e la stirpe dei Giudei,
Pregasti il Padre che sta su nei cieli
Di perdonar la colpa che commisero.
A me che credo con tutta la mia anima
E che Ti adoro, o Figlio unicogenito,
Perdonami i misfatti che ho commesso;
Non si faccia memoria delle colpe andate.

Il colpo di lancia (Gv 19,31-37)

Dopo aver adempiuto la Scrittura,
E rimesso al Padre tuo lo spirito
Quando il soldato ebbe inferto il colpo [di lancia]
Una sorgente uscí dal sacro tuo Costato:
Acqua per lavare alla Fontana sacra,
Sangue da bere nel divin Mistero,
Per la ferita di colei che uscí dal fianco,
Per la quale ha peccato il primo uomo.
Io che sono carne che dal vizio è nata,
E un sangue plasmato dalla polvere,
Tu m`hai lavato con la rugiada del [tuo] Fianco,
Ma io, daccapo, tornato sono al primitivo stato;
Fa`, te ne prego, ch`io non vi rimanga,
Ma degnati di lavarmi grazie ad essa;
Se tali doni non fossero accordati,
Siano almeno [i miei peccati] di lacrime irrigati.
Apri la bocca mia, apri al ruscello
Del Sangue tuo che fiotta dal Costato,
Come bebè che attratto al seno succhia
Il latte della madre a lui vitale.
Sì, che io pure possa ber la gioia
Ed esultare nel tuo Santo Spirito,
Diventi sapido il gusto della Coppa,
L`amor immacolato del Vino senza aggiunte.
Alla tua morte, o Principe Immortale!
Con la morte che nel corpo hai ricevuto,
Nell `immortalità m`hai trasportato,
Gli ultimi nervi della morte hai rotto.
A me di nuovo ucciso dal peccato
E che ho perduto il bene tuo immortale,
Rendimi vivo per il tuo volere,
Per la giustizia del [tuo] comandamento.
Tu, dono eterno dell`umanità caduca,
Tu, che sei reclamato come dono,
Tu, dator di doni per le creature,
Mortali ed immortali.

La sepoltura (Mt 27,57-66)

Come a Giuseppe d`Arimatea,
Il discepolo tuo santo e giusto,
La tua persona accordami come don di grazia,
Tu che elargisci a tutti noi la vita.
Sei stato avvolto in un lenzuolo puro,
Sei stato posto in un sepolcro nuovo,
Deh, fa` ch`io non somigli a quei cotali,
Che nella fossa inferiore son discesi.
L`anima mia fa` che sia morta al vizio
Resa viva da Te per la celeste [fossa],
Per il mistero della santa mirra,
E dell`incenso puro dal soave odore.
Tu che dai Cori angelici,
Con timore nascosto sei onorato,
Proprio Tu, sei stato custodito dai soldati,
O vigile Custode d`Israele.
Con la tua destra prendimi per mano,
Affidami pure all`Angelo tuo santo,
Perché resti sano e salvo nella notte
Nella lotta invisibile.
Sei stato sigillato con l`anello
Della corrotta guardia del Sinedrio;
Tu, tesoro dell`immortale vita,
Sei stato ascoso nel grembo della terra.
Le porte del mio spirito e dei sensi,
Dove è porto l`ingresso al bene e al male,
Sigillale col Segno della Croce
E fissami nel tuo [glorioso] bene.

(Nerses Snorhalì, Jesus, nn. 701-764)


2. Lodi alla Croce

O Croce, benedizione del mondo,
o speranaa, o sicura redenzione,
un tempo passaggio alla geenna,
ora luminosa porta del cielo.

In te è offerta l`ostia
che tutto trasse a sé.
L`assale il principe del mondo
ma nulla di suo vi trova.

L`articolo della tua legge
annulla l`antica sentenza.
Perisce l`atavico servaggio,
vien resa la vera libertà.

La magnificenza del tuo profumo
vince tutti gli aromi.
La dolcezza del tuo nettare
riempie i recessi del cuore.

Per la Croce, o Cristo, ti preghiamo
conduci al premio della vita
quelli che inchiodato al legno
redimere ti sei degnato.

Sia gloria al Padre ingenerato,
splendore sia all`Unigenito,
e maestà sia pari
di entrambi alla gran Fiamma.

(Pier Damiani, In inventione s. Crucis, EE, n. 3295)


3. La Croce è una festa spirituale

Oggi il Signore nostro Gesú Cristo sta in Croce e noi facciamo una festa, perché tu capisca che la Croce è una festa e una celebrazione spirituale. Prima, si, la croce significava disprezzo, ma oggi la croce è cosa venerabile, prima era simbolo di condanna, oggi è speranza di salvezza. E` diventata davvero sorgente d`infiniti beni; ci ha liberati dall`errore, ha diradato le nostre tenebre, ci ha riconciliati con Dio, da nemici di Dio ci ha fatti suoi familiari, da stranieri ci ha fatto suoi vicini: questa croce è la distruzione dell`inimicizia, la sorgente della pace, lo scrigno del nostro tesoro. Grazie alla Croce non vaghiamo piú nel deserto, perché abbiamo trovato la via giusta; non stiamo piú fuori della reggia, perché abbiam trovato la porta; non temiamo piú i dardi infuocati del diavolo, perché abbiam visto dov`è la fonte dell`acqua. Grazie alla croce non c`è piú vedovanza, abbiamo lo sposo; non temiamo piú i lupi, abbiamo il buon pastore. Grazie alla Croce non abbiamo piú paura del tiranno, siamo al fianco del re; e perciò facciamo festa celebrando la memoria della croce. Anche Paolo comandò di far festa per mezzo della Croce: Facciamo festa, dice, non secondo la vecchia fermentazione, ma negli azzimi della sincerità e della verità (1Cor 5,8). E poi ne aggiunge il motivo: Perché Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato per noi. Vedi come ci comanda di far festa per mezzo della croce? perché sulla croce è stato immolato Cristo. Infatti, dov`è il sacrificio, ivi è anche la distruzione del peccato, ivi la riconciliazione col Signore, ivi la festa e la gioia. Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato per noi. Dove, di grazia, è stato immolato? Sopra un alto patibolo. Nuovo l`altare di questo sacrificio, perché il sacrificio stesso è nuovo e stupendo. La stessa persona è vittima e sacerdote; vittima nella carne, sacerdote nello spirito: la stessa persona offriva e veniva offerta nella sua carne. Senti come Paolo spiega le due cose: Ogni pontefice, dice, preso di mezzo agli uomini, viene costituito per gli uomini; perciò è necessario che abbia qualcosa da offrire. Ecco egli offre se stesso (cf. Eb 5,1; 8,3). Altrove poi dice: Cristo s`è offerto una sola volta, per lavare i peccati di molti, apparirà ancora a quelli che lo aspettano per dar loro salvezza (Eb 9,28). Ecco qui è stato offerto, lí invece offrí se stesso. Vedi come s`è fatto vittima e sacerdote e come la croce sia stato l`altare? E perché, mi chiederai, la vittima non è offerta nel tempio, ma fuori città e fuori le mura? Perché si adempisse la profezia Fu annoverato tra i malvagi (Is 53,12). Ma perché sopra un alto patibolo e non sotto un tetto? Perché purificasse l`aria; per questo in alto e non sotto un tetto, ma sotto il cielo.
Veniva purificata l`aria, mentre l`Agnello veniva immolato in alto; ma veniva purificata anche la terra, perché il sangue vi scorse sopra dal fianco. Perciò non sotto un tetto, non nel tempio giudaico, perché i Giudei non si appropriassero della vittima e perché tu non pensassi ch`egli fosse morto solo per quella gente. Perciò fuori la porta e le mura della città, perché capissi che il sacrificio è universale, perché l`offerta era fatta per tutta la terra, perché ti rendessi anche conto che l`espiazione era per tutti non riservata ad alcuni, come presso i Giudei.
Proprio per questo Dio aveva comandato ai Giudei di offrire preghiere e sacrifici in un solo luogo, perché tutta la terra era impura per fumo, tanfo e inquinamento proveniente dai sacrifici dei gentili. Per noi invece, poiché Cristo ha lavato tutto il mondo, qualunque luogo è diventato luogo di preghiera. Perciò Paolo raccomanda che senza timore, in qualunque posto, si facessero preghiere con queste parole: Voglio che gli uomini preghino in ogni luogo, innalzando mani pure (1Tm 2,8). Vedi com`è stato lavato il mondo? Adesso si può pregare dappertutto, perché tutta la terra è stata fatta santa, e piú santa dei luoghi piú sacri del tempio. Perché là veniva offerto un agnello irragionevole, qui un Agnello spirituale, e quanto piú augusto è il sacrificio, tanto piú grande è la santificazione. Ecco perché la Croce ha una celebrazione.

(Giovanni Crisostomo, De cruce et latrone, I, 1, 4)


4. Il mistero della croce

Infatti, poiché è proprio della divinità penetrare in ogni cosa, ed essere prolungata alla natura di quelle cose che esistono per ogni parte (non rimarrà, infatti, alcunché nella loro essenza, se non rimane in ciò che esiste.
Ma ciò che è propriamente è la divina natura: e noi la crediamo essere, per necessità, in tutte le cose che sussistono, siamo spinti da quelle cose che perdurano), siamo ammaestrati a ciò per mezzo della croce, la quale essendo divisa in quattro parti, a tal punto che dal centro fino a quando si congiungono tra di loro, contiamo quattro prolungamenti: poiché chi fu steso in essa per il tempo della morte accettata, collega a sé tutte le cose, collega e raduna l`accordo e l`armonia.
Il pensiero passa, infatti, anche attraverso fini trasversali, secondari.
Se, dunque, tu consideri la struttura delle cose celesti e terrestri, oppure degli estremi dell`universo delle une e delle altre, viene sempre incontro alla tua riflessione la divinità, la quale sola si offre in contemplazione da ogni parte in quelle cose che esistono, e tutte le contiene nella essenza.
Sia, poi, tale divinità da nominarsi la natura, oppure la ragione, o la virtù, o la potenza, o la sapienza, o qualche altra cosa tra quelle che sono eccelse, e che maggiormente possono mostrare colui che è sommo ed eccellente, dalla voce o dal nome o dalla figura delle parole, non grande è per noi la discussione.
Poiché, dunque, tutte le creature aspirano al medesimo obiettivo, ed è intorno ad esso e per se stesso che le tiene aderenti e le congiunge, quelle che si trovano nello stato superiore, a quelle che sono nel mezzo, o in uno stato laterale, sarebbero generate vicendevolmente per lui ed anche congiunte; conveniva [allora] che noi fossimo indotti non solo dall`ascolto alla contemplazione della divinità; ma anche che sembrasse che fosse reso il maestro e dottore delle intelligenze superiori.
Di qui, il grande movimento che Paolo istituí nel mistero: [cioè] che il popolo di Efeso, per la dottrina con la facoltà di concedere la virtù di conoscere quale sia la profondità, la larghezza, l`altezza e la lunghezza [di tale mistero]. Col nome chiama qualsiasi estensione della croce.
L`altezza, invero, è ciò che sovrasta; la profondità, poi, è ciò che è al di sotto, la lunghezza, senza dubbio, e la larghezza sono quelle che lateralmente si estendono.
Piú chiaramente, spiega poi questo senso altrove, come penso nella Lettera ai Filippesi, quando dice:
Nel nome di Gesú Cristo, si pieghi ogni ginocchio, in cielo, in terra e negli inferi (Fil 2,10).
In questo testo con l`unico nome la medesima importanza ed eccellenza abbraccia, affinché colui che intercede tra forze celesti e terrestri, avrà il nome di origine terrena.

(Gregorio di Nissa, Oratio catech., 32, passim)


5. Fondazione dell`uso del segno della croce

Non vergogniamoci della croce del Cristo, ma, anche se un altro lo fa di nascosto, tu segnati in fronte davanti a tutti, di maniera che i demoni, vedendo quel regal simbolo, fuggano via tremando. Fa` il segno della croce quando mangi e bevi, quando stai seduto o coricato, quando ti alzi, quando parli, quando cammini: in qualsiasi circostanza, insomma. Colui il quale, infatti, è stato quaggiú crocifisso, si trova adesso nell`alto dei cieli. Se, certo, dopo esser stato crocifisso e sepolto, egli fosse rimasto nel sepolcro, allora sí che avremmo ragione di arrossire! Chi è stato crocifisso su questo Golgota, invece, dal Monte degli Ulivi, situato ad oriente (cf. Zc 14,4), ascese al cielo (cf. Lc 24,50). Egli, infatti, dopo esser disceso dalla terra negli inferi e, di laggiú, tornato nuovamente presso di noi, risalí ancora una volta dal nostro mondo al cielo, mentre il Padre, acclamandolo, si rivolgeva a lui dicendo: Siedi alla mia destra, finché avrò posto i tuoi nemici a scanno dei tuoi piedi (Sal 109,1).

(Cirillo di Gerusalemme, Catech., 4, 14)


6. Inno alla Croce

O croce grande bontà di Dio, croce gloria del cielo, croce salvezza eterna degli uomini, croce terrore dei malvagi, forza dei giusti, luce dei fedeli.
O croce che hai fatto sí che Dio nella carne fosse di salvezza alle terre e, nei cieli, che l`uomo regnasse su Dio. Per te splendette la luce della verità, l`empia notte fuggí.
Tu distruggesti per i pagani convertiti i templi scalzati, tu armoniosa fibbia di pace, che concilii l`uomo col patto di Cristo.
Tu sei la scala per cui l`uomo può essere portato in cielo. Sii sempre a noi tuoi devoti fedeli colonna ed àncora, perché la nostra casa stia salda e la flotta sicura.
Sulla croce fissa la tua fede, dalla croce prendi la corona.

(Paolino di Nola, Carmen 19, nn. 718-730)
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23/04/2011 10:13
 
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SABATO SANTO

Secondo una vecchia tradizione, questo è il giorno senza l`Eucaristia, il giorno del silenzio e del digiuno a causa della morte del Redentore. Solo la sera si radunano i fedeli per la veglia notturna e le preghiere. I riti del Sabato Santo, anche se celebrati ancora la sera di questo giorno, in sostanza appartengono già alla liturgia della Domenica della Risurrezione.
Il corpo del Figlio di Dio riposa nel sepolcro. All`entrata del sepolcro fu posta una grande pietra, furono apposti i sigilli e le guardie. Se n`è andato il nostro Pastore, la fonte dell`acqua viva; perciò, la Chiesa piange su di lui come si piange l`unico figlio l`Innocente, il Signore è stato ucciso. Il Signore disse una volta: «Come Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, cosí il Figlio dell`uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (Mt 12,40); «distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2, 9).
Nella Liturgia delle ore, nella sua quotidiana preghiera, la Chiesa professa la fede nella Risurrezione di Gesú, nella vittoria di Gesú sulla morte. Il Signore riposa in pace, ma nella speranza che il suo corpo non subirà la corruzione della morte; si apriranno le porte eterne ed entrerà il Re della Gloria; il Signore sconfiggerà le forze infernali e le porte della morte; il Padre salverà la sua anima dal potere delle tenebre.
Fra poco il Signore acclamerà: «Ero morto, adesso vivo in eterno - mie sono le chiavi della morte e dell`abisso». Il chicco di grano gettato in terra porterà frutto. La Chiesa in preghiera attende la Risurrezione del Signore. La preghiera della Chiesa può essere riassunta nel canto, che inizia la odierna liturgia delle ore: «Venite, adoriamo il Signore, il crocifisso e sepolto per noi».

Fratelli carissimi, supplichiamo umilmente
Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo
unico creatore dell`universo,
in questa grande mattina del grande sabato,
ossia della deposizione del Corpo del Signore,
affinché colui che trasse Adamo misericordiosamente
dalle profondità degli inferi,
per la sola misericordia del Figlio suo
tragga noi che con forza gridiamo
dalla feccia presente alla quale aderiamo.
Gridiamo infatti e preghiamo
perché il pozzo dell`inferno non apra su di noi la sua bocca
e liberati dal fango del peccato,
non ricadiamo in esso.

(Missale Gothicum, ed. L.C. Mohlberg, Roma 1961, n. 219)


1. Morte e risurrezione

Benedetto sei, Signore, insegnami i tuoi decreti!

Sei stato deposto in una tomba, o Cristo che sei la Vita,
e le milizie degli angeli, stupefatte,
danno gloria alla tua condiscendenza.

O Vita, come muori? come abiti una tomba?
Ma tu distruggi il regno della morte
ma tu fai risorgere i morti dall`Ade!

Ti esaltiamo, o Gesú, Re,
adoriamo il tuo sepolcro e i tuoi patimenti,
per i quali ci hai salvati dalla corruzione.

Tu che hai stabilito le misure della terra,
o Gesú, Re dell`universo, oggi tu abiti in una piccola tomba,
per far risorgere i morti dai loro sepolcri.

O Gesú Cristo mio, Re dell`universo,
che sei venuto a cercare tra gli abitanti dell`Ade?
Forse sei venuto a liberare la razza dei mortali?

Il Signore di tutte le cose, lo vediamo, è morto,
è stato deposto in un sepolcro nuovo,
lui che svuota le tombe dei morti.

O Cristo, o Vita, sei stato deposto in una tomba
e con la tua morte hai distrutto la Morte
e fatto zampillare sul mondo la vita.

Sei stato messo in mezzo ai malfattori come un malfattore,
o Cristo, che ci giustifichi tutti
dalla malizia dell`antico insidiatore.

Il Bellissimo di bellezza piú di tutti i mortali
appare come un morto senza figura,
lui che fa bella la natura dell`universo.

Come reggerà l`Ade alla tua presenza?
non sarà spezzato, ottenebrato, accecato
dallo splendido fulgore della tua luce?

Gesú, luce mia, dolce e salvifica,
come ti nascondi in una tomba oscura?
Oh, tolleranza ineffabile, infinita!

Anche la natura spirituale,
le moltitudini degli angeli incorporei,
sono senza parola, o Cristo,
di fronte al mistero della tua sepoltura
inesprimibile, ineffabile!

O straordinario prodigio! O accadimento nuovo!
Colui che mi elargisce il respiro
è trasportato senza respiro
dalle mani di Giuseppe,
che gli rende le ultime cure.

Tramonti in una tomba, o Cristo
senza separarti dal seno del Padre.
Ecco il mistero strano e meraviglioso!
Vero Re del cielo e della terra
ti riconosce tutto il creato, o Gesú,
per quanto rinchiuso in una tomba piccolissima.

Quando tu fosti deposto nella tomba, o Cristo Creatore,
le fondamenta dell`Ade vacillarono
e i sepolcri dei morti si aprirono.

Colui che tiene la terra nella sua mano,
ora, morto, è trattenuto col corpo sotto terra,
ma libera i morti dalla presa dell`Ade...

Non piangere per me, o Madre,
vedendo nella tomba il Figlio
che senza seme hai concepito nel tuo seno.
Risorgerò, infatti, e sarò glorificato
e innalzerò nella gloria incessantemente
coloro che ti esaltano con fede e con amore,
perché io sono Dio!

Alla tua nascita straordinaria, ho sfuggito le doglie
e sono stata sovrannaturalmente beata,
o Figlio che non hai principio;
ma ora, vedendoti morto, Dio mio, senza respiro,
sono orribilmente dilaniata dalla spada del dolore;
risorgi, dunque, perché io possa essere detta beata.

La terra mi nasconde perché lo voglio,
ma tremano i custodi dell`Ade
vedendomi rivestito di una tunica insanguinata,
o Madre, dal sangue della vendetta;
perché io, Dio, ho abbattuto i nemici sulla croce;
e risorgerò di nuovo e ti darò gloria!

Esulti il creato, si allietino tutti gli abitanti della terra!
L`Ade, il nemico, è stato spogliato.
Vengano avanti le donne con gli aromi,
io libero Adamo ed Eva e tutta la loro schiatta
e al terzo giorno risorgerò!...

Oggi una tomba racchiude Colui che nella sua mano stringe il creato,
una pietra copre Colui che copre i cieli con la sua potenza.
Dorme la Vita e l`Ade trema e Adamo è sciolto dalle sue catene.
Gloria alla tua Economia!
Per essa, dopo aver compiuto tutto
tu ci hai donato il sabato eterno,
la tua resurrezione santissima dai morti!

Quale spettacolo si contempla, quale riposo quello di oggi!
Dopo aver compiuto l`Economia della passione,
il Re dei secoli celebra il sabato in una tomba,
e ci offre un sabato nuovo. A lui gridiamo:
Risorgi, o Dio, e giudica la terra
perché tu regni nei secoli,
tu che possiedi infinita la grande misericordia!

Venite, vediamo la Vita nostra giacente in una tomba,
per vivificare i morti che sono nelle tombe.
Venite oggi a contemplare il rampollo di Giuda che dorme:
a lui con il profeta gridiamo: Giaci e dormi come un leone;
chi ti risveglierà, o Re? Risorgi per tuo potere,
tu che volontariamente hai dato te stesso per noi.
Signore, gloria a te!

Giuseppe chiese il corpo di Gesú
e lo depose nel suo sepolcro nuovo.
Infatti doveva uscire fuori dalla tomba come da un talamo.
Gloria a te, che hai spezzato la potenza della morte,
gloria a te, che hai aperto agli uomini le porte del paradiso!
Il grande Mosè prefigurava misticamente il giorno di oggi,
dicendo: E Dio benedisse il settimo giorno.
E` questo infatti il sabato benedetto, è questo il giorno del riposo,
nel quale il Figlio Unigenito di Dio si è riposato da tutte le sue opere,

celebrando il sabato nella sua carne per l`Economia della morte,
e, ritornato di nuovo quello che era per la resurrezione,
ci ha donato la vita eterna;
perché è il solo Buono e Amico degli uomini!

Piú che benedetta tu sei, Madre di Dio Vergine,
perché l`Ade è stato fatto prigioniero
da Colui che si è incarnato da te,
Adamo è stato richiamato alla vita,
la maledizione è stata uccisa,
Eva liberata, la morte messa a morte
e noi siamo stati vivificati.
Perciò inneggiando gridiamo:
Benedetto il Cristo, il Dio nostro,
che cosí si è compiaciuto;
gloria a te!

(Liturgia orientale della Settimana Santa)


2. La morte di Cristo

E non è senza scopo che un altro evangelista abbia scritto che il sepolcro era nuovo (cf. Gv 19,41), un altro che era il sepolcro di Giuseppe (cf. Mt 27,60). Di conseguenza, Cristo non aveva un sepolcro di sua proprietà. Effettivamente, il sepolcro viene allestito per quanti stanno sotto la legge della morte (cf. Rm 7,6); ma il vincitore della morte non ha un sepolcro proprio. Che rapporto ci potrebbe essere tra un sepolcro e Dio? Del resto l`Ecclesiaste dice di colui che medita sul bene (cf. Sir 14,22): Egli non ha sepoltura (Qo 6,3). Perciò, se la morte è comune a tutti, la morte di Cristo è unica, e perciò Egli non viene seppellito insieme con altri, ma è rinchiuso, solo, in un sepolcro; infatti l`incarnazione del Signore ebbe tutte le proprietà simili a quelle degli uomini, però la somiglianza va insieme con la differenza della natura: è nato da una Vergine con la somiglianza della generazione, e con la dissomiglianza della concezione. Curava gli ammalati, ma intanto imperava (cf. Lc 5,24). Giovanni battezzava con l`acqua, Egli con lo Spirito (cf. Lc 3,16). Perciò anche la morte di Cristo è comune a quella degli altri secondo la natura corporea, ma unica secondo la potenza.
E chi è mai questo Giuseppe, nel cui sepolcro Egli viene deposto? Senz`alcun dubbio è un giusto. E` bello perciò che Cristo sia affidato al sepolcro di un giusto, e là il Figlio dell`uomo abbia dove posare il capo (cf. Lc 9,58) e trovi riposo nel domicilio della giustizia...
Non tutti riescono a seppellire il Cristo. Del resto le donne, sebbene pietose, stanno lontano, e appunto perché sono pietose osservano con ogni cura il posto per poter recare gli unguenti e cospargere il corpo (cf. Lc 23,55; Mt 27,55). Ma poiché sono piene d`ansia, si allontanano per ultime dal sepolcro e ritornano per prime al sepolcro (cf. Lc 23,55). Sebbene manchi la fermezza, non manca la premura.

(Ambrogio, Exp. Ev. Luc., 10, 140 s., 144)


3. Meraviglie della morte del Signore

E` piú sorprendente la misericordia di Dio verso di noi, per il fatto che Cristo è morto, non per dei giusti né per dei santi, ma per degli iniqui ed empi; e non potendo, per la sua natura divina, subir la morte, nascendo da noi, prese quell`umanità che offrí per noi. Per bocca del profeta Osea una volta minacciò la nostra morte con la potenza della sua morte dicendo: Sarò la tua morte, o morte sarò il tuo morso, o inferno (Os 13,14). Morendo, infatti, subí le leggi dell`inferno, ma risorgendo le spezzò, e cosí infranse la perennità della morte, facendola, da eterna, temporale. Come, infatti, tutti muoiono in Adamo, cosí tutti risorgono in Cristo (1Cor 15,22).
Si faccia perciò quanto dice l`apostolo Paolo, o dilettissimi: Coloro che vivono, non vivano piú per sé, ma per colui che per tutti è morto e risorto (2Cor 5,15); e poiché le cose vecchie son passate ed ora è tutto nuovo, nessuno rimanga nella vetustà della vita.

(Leone Magno, Sermo 59, 8)


4. Corri, Maria: Va` a dire: «Lo Sposo si è svegliato!»

Che la lingua pubblichi ormai queste cose, o donna, e le spieghi ai figli del Regno che attendono che io, il Vivente mi risvegli. Corri, o Maria, a radunare in fretta i miei discepoli. Io ho in te una tromba dalla voce possente: suona un canto di pace alle orecchie timorose dei miei amici nascosti; quasi da sonno tutti risvegliali, perché vengano al mio incontro e che accendano le torce. Va` a dire: «Lo sposo si è svegliato, uscendo dalla tomba, senza nulla lasciare dentro la tomba. Scacciate da voi, o apostoli, la mortale tristezza, poiché si è svegliato colui che offre agli uomini decaduti la risurrezione».

(Romano il Melode, Carmen XL, De resurrect., 12)
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23/04/2011 10:15
 
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DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 10,34a.37-43
Colossesi 3,1-4
Giovanni 20,1-9

1. Chiesa e Sinagoga

La lettura del santo Vangelo che or ora avete ascoltato, fratelli, è molto chiara nel suo aspetto storico, ma noi dobbiamo scrutarne brevemente i misteri. "Maria Maddalena si recò al sepolcro quand`era ancor buio" (Gv 20,1). In relazione alla storia è indicata l`ora, mentre in relazione al senso mistico è sottolineata l`intenzione di colei che cercava. Maria infatti cercava il Creatore di tutti, che aveva visto morto nella carne; lo cercava nel sepolcro; e siccome non lo trovò, ritenne che lo avessero rubato. "Si recò al sepolcro quand`era ancora buio". Corse in tutta fretta, e portò la notizia ai discepoli. Ma tra quelli corsero coloro che avevano amato piú degli altri: Pietro e Giovanni. "Correvano insieme tutti e due, ma Giovanni corse piú veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro" (Gv 20,4); tuttavia non osò entrare per primo. Venne poi anche Pietro, "ed entrò" (Gv 20,6). Qual è, fratelli, il significato di questa corsa? Si può credere che una descrizione dell`evangelista così dettagliata sia priva di significati mistici? Niente affatto! Giovanni non avrebbe detto che era arrivato primo e non era entrato, se non avesse creduto che in quella sua trepidazione era contenuto un mistero. Cos`altro rappresenta Giovanni se non la Sinagoga, e cosa Pietro se non la Chiesa? Non sembri strano che il piú giovane raffiguri la Sinagoga, mentre il piú vecchio raffigura la Chiesa, perché se è vero che al culto di Dio venne prima la Sinagoga che non la Chiesa dei pagani, è vero anche che nella realtà della storia umana viene prima la moltitudine dei pagani che non la Sinagoga, come afferma Paolo, che dice: "Non è prima ciò che è spirituale, bensí ciò che è animale" (1Cor 15,46). Perciò il piú vecchio, Pietro, rappresenta la Chiesa dei pagani, mentre il piú giovane, Giovanni, rappresenta la Sinagoga dei Giudei. Corsero insieme tutti e due, perché dal loro inizio sino alla fine il paganesimo e la Sinagoga corsero con pari e comune via, se non con pari e comune sentimento.
La Sinagoga giunse per prima al sepolcro, ma non entrò, perché pur avendo ricevuto i comandamenti della legge e udito le profezie sulla Incarnazione e Passione del Signore, non volle credere in un morto. Giovanni, dunque, "vide le bende per terra, ma non entrò" (Gv 20,5); perché la Sinagoga, pur conoscendo gli obblighi della Sacra Scrittura, tuttavia indugiò, nel credere, a giungere alla fede nella Passione del Signore. Colui che da tanto tempo aveva profetato, lo vide presente, e pure negò [di credere in lui]; lo disprezzò in quanto uomo, non volle credere che Dio avesse assunto la carne mortale. Cosí facendo, corse piú veloce, e tuttavia rimase incredula davanti al sepolcro: "Giunse intanto Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro" (Gv 20,6): cioè la Chiesa dei pagani, pur venendo dopo, nel Mediatore tra Dio e gli uomini, l`uomo Gesú Cristo, riconobbe colui che era morto secondo la carne e lo adorò come Dio vivo.

(Gregorio Magno, Hom. 22, 2-3)


2. La Legge, i profeti, Cristo

Ecco ciò che vuole per noi la Legge, nostro pedagogo (cf. Gal 3,24); ecco ciò che vogliono i profeti, che si collocano tra la Legge e Cristo; ecco ciò che vuole Cristo, che compie la legge spirituale di cui è il termine (cf. Eb 12,2); ecco ciò che vuole questa divinità che si è annientata (cf. Fil 2,7); ecco ciò che vuole la carne assunta; ecco ciò che vuole questa nuova mescolanza di Dio e dell`uomo dove la dualità sfocia nell`unità e dove l`unità introduce la dualità. Ecco perché Dio si è fuso nella carne per l`intermediario dell`anima, e perché delle realtà separate sono state legate dalla parentela che questo intermediario aveva con ambedue. A causa di tutti, e in particolare a causa dell`unico antenato, tutto si è orientato verso l`unità: l`anima a causa di quella che aveva disobbedito, la carne a causa di quella che aveva collaborato e aveva condiviso la condanna - la prima a causa di un`anima e la seconda a causa di una carne -,e Cristo, piú forte e piú in alto del peccato, a causa di Adamo caduto in potere del peccato.
Ecco perché il nuovo è stato sostituito al vecchio e perché colui che aveva provato la passione è stato ristabilito dalla Passione nel suo stato primiero: per ogni cosa nostra è stata data in cambio ogni cosa di colui che è al di sopra di noi, e l`economia della bontà verso colui che la sua disobbedienza aveva fatto cadere si è trasformata in un nuovo mistero. Ecco l`origine della Natività e della Vergine, l`origine della greppia e di Betlemme. La creazione spiega la Natività, la donna spiega la Vergine. Il motivo di Betlemme è l`Eden; il motivo della greppia è il Paradiso. Ciò che è grande e nascosto rende conto di ciò che è piccolo e visibile. Ecco perché gli angeli proclamano la gloria dell`essere celeste e poi terrestre; perché i pastori vedono la gloria di colui che è agnello e pastore; perché la stella mostra la via; perché i Magi si prostrano recando doni per distruggere il culto degli idoli. Ecco perché Gesú è battezzato, riceve testimonianza dall`alto, giovane, è tentato e trionfa da trionfatore. Ecco perché i demoni sono cacciati, i malati guariti, il grande annuncio affidato ai piccoli e da essi portato felicemente a termine.
Ecco perché le nazioni fremono e i popoli meditano vani progetti (cf. Sal 2,1); ecco perché il legno si erge contro il legno e le mani contro la mano (cf. Gen 3,24): quelle che si sono tese generosamente si oppongono a quella che si è fatta avanti senza ritegno, quelle che sono state inchiodate a quella che si è aperta, quelle che uniscono le estremità della terra a quella che ha cacciato Adamo. Ecco perché l`elevazione si oppone alla caduta, il fiele al gusto, la corona di spine all`impero del male, la morte alla morte; ecco perché le tenebre si diffondono a causa della luce, la tomba si oppone al ritorno alla polvere e la risurrezione risponde all`insurrezione. Tutto ciò era per Dio un mezzo per educarci e guarire la nostra debolezza ristabilendo il vecchio Adamo nello stato da cui era caduto e conducendolo presso "l`albero della vita" (Gen 2,9) da cui l`albero della conoscenza, a causa del suo frutto preso intempestivamente e svantaggiosamente, ci aveva separati.

(Gregorio di Nazianzo, II orat. in S. Pascham, 23-25)


3. La festa degli uomini e la festa eterna

Ecco, noi stiamo celebrando le feste pasquali; ma dobbiamo vivere in modo tale da meritare di giungere alla festa eterna. Passano tutte le feste che si celebrano nel tempo. Cercate, voi che siete presenti a queste solennità, di non essere esclusi dalla solennità eterna. Cosa giova partecipare alle feste degli uomini, se poi si è costretti ad essere assenti dalle feste degli angeli? La presente solennità è solo un`ombra di quella futura. Noi celebriamo questa una volta l`anno per giungere a quella che non è d`una volta l`anno, ma perpetua. Quando, al tempo stabilito, noi celebriamo questa, la nostra memoria si risveglia al desiderio dell`altra. Con la partecipazione, dunque, alle gioie temporali, l`anima si scaldi e si accenda verso le gioie eterne, affinché goda in patria quella vera letizia che, nel cammino terreno, considera nell`ombra del gaudio. Perciò, fratelli, riordinate la vostra vita e i vostri costumi. Pensate come verrà severo, al giudizio, colui che mite risuscitò da morte. Certamente nel terribile giorno dell`esame finale egli apparirà con gli angeli, gli arcangeli, i troni, le dominazioni, i principati e le potestà, allorché i cieli e la terra andranno in fiamme e tutti gli elementi saranno sconvolti dal terrore in ossequio a lui. Abbiate davanti agli occhi questo giudice cosí tremendo; temete questo giudice che sta per venire, affinché, quando giungerà, lo possiate guardare non tremanti ma sicuri. Egli infatti dev`essere temuto per non suscitare paura. Il terrore che ispira ci eserciti nelle buone opere, il timore di lui freni la nostra vita dall`iniquità. Credetemi, fratelli: piú ci affannerà ora la vista delle nostre colpe, piú saremo sicuri un giorno alla sua presenza.
Certamente, se qualcuno di voi dovesse comparire in giudizio dinanzi a me domani insieme al suo avversario, passerebbe tutta la notte insonne, pensando con animo inquieto a cosa gli potrebbe essere detto, a come controbattere, verrebbe assalito da un forte timore di trovarmi severo, avrebbe paura di apparirmi colpevole. Ma chi sono io? o cosa sono io? Io, tra non molto, dopo essere stato un uomo, diventerò un verme, e dopo ancora, polvere. Se dunque con tanta ansia si teme il giudizio della polvere, con quale attenzione si dovrà pensare, e con quale timore si dovrà prevedere il giudizio di una cosí grande maestà?

(Gregorio Magno, Hom. 26, 10-11)
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01/05/2011 08:34
 
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II DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 2,42-47

1 Pietro 1,3-9

Giovanni 20,19-31


1. L`autorità conferita ai sacerdoti

Se qualcuno riflettesse cosa è mai per chi è ancor uomo e circondato di carne e sangue poter star cosí vicino a quella natura beata e illibata, potrebbe vedere bene quale onore la grazia dello Spirito ha fatto ai sacerdoti. Per opera loro, infatti, si compiono questi misteri - e altri non inferiori -: per la loro dignità e la nostra salvezza. Ad uomini che vivono sulla terra, che hanno quaggiú la loro dimora, è stata affidata l`amministrazione dei tesori celesti ed è stato dato un potere che Dio non ha concesso né agli angeli né agli arcangeli. Mai infatti ha detto loro: "Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo; e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo" (Mt 18,18). Certo, anche i dominatori sulla terra hanno il potere di legare, ma solo i corpi; quest`altro vincolo invece tocca l`anima stessa e trascende i cieli: quello che i sacerdoti compiono quaggiú, Iddio lo conferma lassú. Il Padrone convalida la decisione dello schiavo. Che altro infatti gli ha dato se non tutto il potere del cielo? Infatti: "A coloro cui rimetterete i peccati, saranno rimessi; e a coloro cui non li rimetterete, non saranno rimessi" (Gv 20,23). Quale potere sarà maggiore di questo? Il Padre ha dato ai Figlio ogni decisione (cf.Gv 5,22): ma vedo che il Figlio l`ha concessa ai sacerdoti. Come se già fossero stati accolti nel cielo e avessero superata l`umana natura e fossero liberati dalle nostre passioni, a tanto potere sono stati elevati.

Inoltre, se un imperatore concedesse a qualcuno dei suoi sudditi questo onore: cacciare in prigione chi vuole o di liberarne chi vuole, tutti ammirerebbero e rispetterebbero quel tale; ma colui che ha ricevuto da Dio un potere tanto maggiore, quanto il cielo è piú augusto della terra e quanto l`anima lo è del corpo, sembrerà forse ad alcuni che abbia ricevuto un piccolo onore, tanto da ritenere di poter disprezzare lui, cui è stato affidato questo dono? Ma è una pazzia! E una pazzia conclamata disprezzare questa autorità, senza di cui non ci è possibile raggiungere né la salvezza né i beni promessi.


(Giovanni Crisostomo, De sacerd. 3, 5)



2. L`unità della Chiesa


Il Signore dice a Pietro: "Io ti dico: tu sei Pietro, e sopra qnesta pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell`inferno non prevarranno contro di essa. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli ciò che tu legherai sulla terra, sarà legato anche in cielo, e ciò che tu scioglierai sulla terra, sarà sciolto anche in cielo" (Mt 16,18s). Su uno solo egli edifica la Chiesa, quantunque a tutti gli apostoli, dopo la sua Risurrezione, abbia donato uguali poteri dicendo: "Come il Padre ha mandato me, cosí io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo! A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, e a chi li riterrete, saranno ritenuti" (Gv 20,21-23). Tuttavia, per manifestare l`unità, costituí una cattedra sola, e dispose con la sua parola autoritativa che il principio di questa unità derivasse da uno solo. Quello che era Pietro, certo, lo erano anche gli altri apostoli: egualmente partecipi all`onore e al potere; ma l`esordio procede dall`unità, affinché la fede di Cristo si dimostri unica. E a quest`unica Chiesa di Cristo allude lo Spirito Santo nel Cantico dei Cantici quando, nella persona del Signore, dice: "Unica è la colomba mia, la perfetta mia, unica di sua madre, la prediletta della sua genitrice" (Ct 6,9). Chi non conserva quest`unità della Chiesa, crede forse di conservare la fede? Chi si oppone e resiste alla Chiesa, confida forse di essere nella Chiesa? Eppure è anche il beato apostolo Paolo che lo insegna, e svela il sacro mistero dell`unità dicendo: "Un solo corpo e un solo spirito, una sola speranza della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio" (Ef 4,4-6).

Quest`unità dobbiamo conservare salda e difendere soprattutto noi, vescovi, che nella Chiesa presidiamo, dimostrando cosí che lo stesso nostro episcopato è unico e indiviso. Nessuno inganni i fratelli con la menzogna, nessuno corrompa la loro fede nella verità con perfida prevaricazione! L`episcopato è unico, e i singoli ne possiedono ciascuno una parte, ma «in solido». Anche la Chiesa è unica, e si propaga in una moltitudine vastissima per la sua feconda prolificità, proprio come i raggi del sole sono molti, ma lo splendore è unico, i rami degli alberi sono molti, ma unico è il tronco saldamente attaccato alla radice, e come dalla sorgente unica defluiscono molti ruscelli e quantunque sembri che una numerosa copia di acqua largamente si diffonda tuttavia essa conserva alla sua origine l`unità. Dalla massa dei sole togli un raggio: l`unità della luce non ammette divisione; dall`albero stacca un ramo: il ramo non potrà piú germogliare; dalla fonte isola un ruscello: questo subito seccherà.

Cosí, anche la Chiesa del Signore diffonde luce per tutta la terra, dappertutto fa giungere i suoi raggi; tuttavia unico è lo splendore che dappertutto essa diffonde, né si scinde l`unità del corpo. Estende i suoi rami frondosi per tutta la terra riversa in ogni direzione le sue acque in piena, ma unico è il principio unica è l`origine, unica è la madre ricca di frutti e feconda. Dal suo grembo nasciamo, dal suo latte siamo nutriti, dal suo Spirito siamo vivificati.


(Cipriano di Cartagine, De Eccl. unitate, 4-5)



3. Comunione d`amore tra Cristo e i discepoli


[Gesú] disse loro: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch`io mando voi" (Gv 20,21). Cioè, come il Padre, che è Dio, ha mandato me, anch`io, che sono uomo, mando voi che siete uomini. Il Padre mandò il Figlio, quando stabilí che egli s`incarnasse per la redenzione del genere umano. Egli volle che il Figlio venisse nel mondo a patire, e tuttavia, pur mandandolo a patire, lo amava. Cosí, il Signore manda gli apostoli che si è scelto non a godere del mondo, ma, come fu mandato lui stesso, a patire nel mondo. Poiché il Figlio è amato dal Padre, pur essendo mandato a patire, cosí anche i discepoli sono amati dal Signore, pur essendo mandati a patire nel mondo. Per questo, è detto: "Come il Padre ha mandato me, anch`io mando voi"; cioè: Quando vi mando tra gli scandali dei persecutori, vi amo di quello stesso amore con il quale il Padre ama me, pur inviandovi a sopportare tante sofferenze.


(Gregorio Magno, Hom. 26, 2)



4. Tommaso, modello di fede per noi


"Ma Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesú" (Gv 20,24). Questo discepolo fu l`unico assente; al suo ritorno sentí ciò che era avvenuto, ma non volle credere a quel che aveva udito. Il Signore ritornò e presentò al discepolo incredulo il costato perché lo toccasse, mostrò le mani e, facendo vedere le cicatrici delle sue ferite, sanò la ferita della sua infedeltà. Cosa, fratelli carissimi, cosa notate in tutto ciò? Credete dovuto a un caso che quel discepolo fosse allora assente, e poi tornando udisse, e udendo dubitasse, e dubitando toccasse, e toccando credesse? Non a caso ciò avvenne, ma per divina disposizione. La divina clemenza mirabilmente stabilí che quel discepolo incredulo, mentre toccava le ferite nella carne del suo Maestro, sanasse a noi le ferite dell`infedeltà. A noi infatti giova piú l`incredulità di Tommaso che non la fede dei discepoli credenti perché mentre egli, toccando con mano, ritorna alla fede, l`anima nostra, lasciando da parte ogni dubbio si consolida nella fede. Certo, il Signore permise che il discepolo dubitasse dopo la sua risurrezione, e tuttavia non lo abbandonò nel dubbio... Cosí il discepolo che dubita e tocca con mano, diventa testimone della vera risurrezione, come lo sposo della Madre (del Signore) era stato custode della perfettissima verginità.

[Tommaso] toccò, ed esclamò: "Mio Signore e mio Dio! Gesú gli disse: Perché mi hai veduto, Tommaso, hai creduto" (Gv 20,28-29). Quando l`apostolo Paolo dice: "La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (Eb 11,1), parla chiaramente, perché la fede è prova di quelle cose che non si possono vedere. Infatti delle cose che si vedono non si ha fede, ma conoscenza (naturale). Dal momento però che Tommaso vide e toccò, perché gli viene detto: "Perché mi hai veduto, hai creduto?" Ma altro vide, altro credette. Da un uomo mortale certo la divinità non può essere vista. Egli vide dunque l`uomo, e confessò che era Dio, dicendo: "Mio Signore e mio Dio"! Vedendo dunque credette, lui che considerando (Gesú) un vero uomo, ne proclamò la divinità che non aveva potuto vedere.

Riempie di gioia ciò che segue: "Beati quelli che non hanno visto, e hanno creduto" (Gv 20,29). Senza dubbio in queste parole siamo indicati in special modo noi che non lo abbiamo veduto nella carne ma lo riteniamo nell`anima. Siamo indicati noi, purché accompagniamo con le opere la nostra fede. Crede veramente colui che pratica con le opere quello che crede. Al contrario, per quelli che hanno la fede soltanto di nome, Paolo afferma: "Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti" (Tt 1,16). E Giacomo aggiunge: "La fede senza le opere è morta" (Gc 2,26).


(Gregorio Magno, Hom. 26, 7-9)

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05/05/2011 13:36
 
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III DOMENICA DI PASQUA

III DOMENICA DI PASQUA


Letture: Atti 2,14a.22-28

1 Pietro 1,17-2

Luca 24,13-35


1. Gesù premia l`ospitalità


Avete udito, fratelli carissimi, che il Signore apparve a due discepoli che camminavano lungo la via, i quali non credevano in lui e tuttavia parlavano di lui, ma non si mostrò loro con le sue sembianze sí da farsi riconoscere. Il Signore dunque riprodusse fuori, negli occhi del corpo, ciò che avveniva dentro di loro, negli occhi del cuore. E poiché nel loro intimo amavano e dubitavano, il Signore era fuori ed era presente, e non si manifestava per quello che era. A coloro che parlavano di lui si mostrò presente, ma poiché dubitavano nascose loro l`aspetto che poteva darlo a conoscere. Parlò con loro, li rimproverò della loro durezza a intendere, spiegò i segreti della Sacra Scrittura che lo riguardavano; e tuttavia, poiché nei loro cuori era ancora pellegrino quanto alla fede, finse di andare piú lontano. Fingere, infatti, significa [in latino] plasmare, per questo chiamiamo «figuli» coloro che plasmano la creta. Nulla, dunque, la semplice Verità fece con doppiezza, ma si mostrò loro nel corpo tale e quale era nella loro mente. Volle provare se essi, che non lo amavano ancora come Dio, almeno potessero amarlo come pellegrino. Ma siccome non potevano essere estranei alla carità quelli con i quali camminava la stessa Verità, ecco che lo invitarono ospitalmente quale pellegrino. Ma perché diciamo «lo invitarono», quando sta scritto: "Lo costrinsero?" Dal quale esempio si comprende che i pellegrini non solo devono essere invitati, ma attirati con insistenza. Apparecchiano la tavola, offrono il cibo, e allo spezzar del pane riconoscono quel Dio che non avevano riconosciuto mentre spiegava la Sacra Scrittura.

Ascoltando dunque i precetti di Dio non furono illuminati, mentre lo furono mettendoli in pratica, poiché sta scritto: "Non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati" (Rm 2,13). Pertanto, chi vuol comprendere le cose udite, si affretti a mettere in pratica quelle che ha già potuto capire. Ecco che il Signore non fu conosciuto mentre parlava, e si degnò di farsi conoscere mentre era servito a tavola. Amate dunque l`ospitalità, fratelli carissimi, amate le opere della carità. A questo proposito, infatti, da Paolo vien detto: "L`amore fraterno rimanga in voi, e non dimenticate l`ospitalità. Alcuni infatti piacquero per essa, avendo accolto degli angeli" (Eb 13,1). Pietro dice: "Praticate l`ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare" (1Pt 4,9). E la stessa Verità afferma: "Fui pellegrino, e mi accoglieste" (Mt 25,35). Vi narro ora una cosa molto conosciuta, trasmessa a noi dai nostri padri. Un padrone di casa era dedito, con tutta la sua famiglia, a praticare l`ospitalità; e siccome accoglieva quotidianamente pellegrini alla sua mensa, un giorno venne con gli altri un pellegrino, e fu condotto alla mensa. Mentre il padrone di casa per umiltà voleva versargli acqua nelle mani, si volse per prendere la brocca ma improvvisamente non trovò piú colui nelle cui mani voleva versare l`acqua. E poiché si meravigliava fra sé dell`accaduto, quella stessa notte il Signore gli disse in visione: «Gli altri giorni hai accolto me nelle mie membra, ieri invece hai accolto me in persona». Ecco che Colui che viene nel giorno del giudizio dirà: "Ciò che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli piú piccoli, l`avete fatto a me" (Mt 25,40). Ancor prima del giorno del giudizio, quando è ricevuto nelle sue membra, va a visitare coloro che lo hanno ricevuto, e tuttavia noi siamo pigri alla grazia dell`ospitalità. Pensate, fratelli, quanto è grande la virtù dell`ospitalità! Voi ricevete Cristo alla vostra mensa per essere poi ricevuti da lui al convito eterno. Date ora ospitalità a Cristo pellegrino, affinché nel giorno del giudizio non vi dica che siete pellegrini a lui sconosciuti, ma vi accolga come suoi amici nel regno, con l`aiuto di lui che vive e regna, Dio, nei secoli dei secoli. Amen.


(Gregorio Magno, Hom. 23)



2. Lo riconobbero nella frazione del pane


Il Signore Gesú, dopo essere risuscitato dai morti, trovò per via due dei suoi discepoli, che conversavano insieme dei fatti del giorno, e disse loro: "Che sono questi discorsi che andate facendo tra di voi, e perché siete tristi?", ecc.; il fatto è narrato dal solo evangelista Luca. Marco si limita a dire che apparve a due discepoli lungo la via (cf. Mc 16,12.13): ma quel che essi dissero al Signore, od anche ciò che questi disse loro, egli lo ha tralasciato.

"Cristo con i discepoli per via". Cosa dunque ci ha apportato questa lezione? Qualcosa di grande, se cerchiamo di comprendere. Gesú apparve: era visto con gli occhi, ma non era riconosciuto. Il Maestro camminava con loro per via, anzi era lui stesso la via: essi però non camminavano ancora per la via; li trovò bensí che esorbitavano dalla via. Quando infatti era stato con loro, prima della sua Passione, aveva loro tutto predetto: che avrebbe patito, che sarebbe morto e risuscitato il terzo giorno (cf. Mt 20,18-19): tutto aveva predetto; ma la morte di lui fu oblio per loro. Cosí rimasero turbati quando lo videro pendente dal legno, sí da dimenticare il docente, da non aspettare il risorgente, né da tener fede all`autore delle promesse.

"Noi", dicono essi, "speravamo che avrebbe operato la redenzione d`Israele". O discepoli, voi speravate; dunque ora non sperate piú? Ecco che Cristo vive, mentre la speranza è morta in voi ! Certamente Cristo vive. E Cristo vivo trovò morti i cuori dei discepoli: ai loro occhi apparve e non apparve; ed era visto e si nascondeva. Ma se non era visto, in qual modo lo ascoltavano mentre interrogava, o rispondevano alle sue domande? Egli viaggiava per via con loro come un compagno, mentre era il capo medesimo. Senz`altro lo vedevano, però non lo riconoscevano. "I loro occhi erano infatti appesantiti e incapaci di riconoscerlo", come abiamo sentito. Non dice che erano incapaci di vedere, bensí che erano incapaci di riconoscerlo.

"Perché Cristo volle essere riconosciuto nella frazione del pane. Il premio dell`ospitalità". Orsú, fratelli, dove volle essere riconosciuto il Signore? Nella frazione del pane. Siamone certi, spezziamo il pane, e conosciamo il Signore. Non ha voluto essere conosciuto se non lí; il che vale per noi che non eravamo destinati a vederlo nella carne, e tuttavia avremmo mangiato la sua carne. Perciò, chiunque tu sia, o fedele; chiunque tu sia che non vuoi essere detto vanamente cristiano; chiunque tu sia che non senza ragione entri in chiesa; chiunque tu sia che ascolti con timore e speranza la parola di Dio, ti consoli la frazione del pane. L`assenza del Signore non è assenza: abbi fede, ed è con te colui che non vedi. Quei tali, quando parlava con loro il Signore, non dvevano fede: perché non credevano che fosse risorto, non speravano che potesse risorgere. Avevano perduto la fede, avevano perduto la speranza. Camminavano morti in compagnia della stessa vita. Con loro camminava la vita, ma nei loro cuori la vita non era stata ancora richiamata.


Anche tu, quindi, se vuoi avere la vita, fa` ciò che essi fecero, affinché tu conosca il Signore. Essi gli dettero ospitalità. Il Signore era infatti simile ad uno che vuole andare oltre, essi però lo trattennero. E dopo esser giunti al luogo cui erano diretti, dissero: "Resta ancora qui con noi, si fa sera infatti e il giorno volge al declino". Accogli l`ospite, se vuoi conoscere il Salvatore. Ciò che aveva portato via l`infedeltà, lo restituí l`ospitalità. Il Signore, dunque, si fece conoscere nella frazione del pane.

Imparate dove cercare il Signore, imparate dove possedere, dove conoscere, quando mangiate. I fedeli infatti hanno conosciuto in questa lezione qualcosa che meglio comprendiamo e che quei tali non conobbero. "Cristo si è assentato con il corpo perché si edificasse la fede". Il Signore è stato conosciuto; e dopo essere stato conosciuto, mai piú ricomparve. Si separò da loro con il corpo, colui che era trattenuto dalla fede. Per questo infatti il Signore si assentò con il corpo da tutta la Chiesa, e ascese al cielo, perché si edificasse la fede. Se infatti non conosci se non ciò che vedi, dove sta la fede? Ma se credi anche ciò che non vedi, godrai quando vedrai. Si edifica la fede, perché si respinge l`apparenza. Verrà ciò che non vediamo; verrà, fratelli, verrà: ma, attento a come ti troverà. Infatti, verrà ciò che dicono gli uomini: Dove, quando, come, quando sarà, quando verrà? Sta` certo, verrà: e non soltanto verrà, ma verrà anche se tu non vuoi.


(Agostino, Sermo 235, 1-4)



3. I discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35)


Da questa valle di tristezza,

Poni nel cuor mio gradini per salire al cielo,

Dove Tu ci hai promesso, o Figlio unico,

Il tuo Regno di lassú.

Tommaso (Gv 20,24-29)


L`ottavo giorno

Tu sei entrato di nuovo, Signore, in casa loro;

Hai appagato il desiderio del discepolo,

L`incredulo Tommaso.


Ha tastato la ferita del tuo Costato

E il sacro foro dei chiodi;

Ecco perché ci fu data la «Beatitudine»,

A noi che, come loro, non Ti abbiamo visto.


Io che credo con tutta la mia anima,

Ti confesso Signor mio e mio Dio;

Di mia voce come lui lo proclamo,

Cosí come l`appresi per la sua parola.


Ti piaccia farmi degno nel finale giorno,

Quando ritornerai nella tua gloria,

Di vederTi nel tuo stesso corpo,

Per abbracciarTi con l`amor del cuore.



(Nerses Snorhalí, Jesus, 778-782)


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12/05/2011 08:52
 
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IV DOMENICA DI PASQUA


Letture: Atti 2,14a.36-41   1 Pietro 2,20b-25       Giovanni 10,1-10

1. Gesù è la porta

"In verità, in verità vi dico, chi non entra per la porta nell`ovile delle pecore, ma vi sale da qualche altra parte, è ladro e malandrino" (Gv 10,1).

Essi avevano detto di non essere ciechi: e in effetti avrebbero potuto vedere, se fossero stati pecore di Cristo. Ma come potevano pretendere di avere la luce, coloro che si scagliavano con furore contro il giorno? E` proprio alla loro vana, superba e incurabile arroganza, che il Signore oppone questo discorso, nel quale noi possiamo trovare, se staremo attenti, salutari insegnamenti. Sono molti infatti coloro che ordinariamente sono considerati uomini dabbene, uomini virtuosi, oppure donne irreprensibili e innocenti. Essi sembrano osservare tutti i comandamenti della legge, onorano i loro genitori, non commettono fornicazione, né omicidio, né furto, non rendono contro nessuno falsa testimonianza, e rispettano tutti gli altri precetti della legge e tuttavia cristiani non sono, e spesso con fierezza ci dicono, come quei farisei a Gesú: "Forse che anche noi siamo ciechi?" (Gv 9,40).

Il Signore, nel passo del Vangelo che ci è stato letto oggi, parlando del suo gregge e della porta per cui si entra nell`ovile, suggerisce un paragone, per dimostrare la inutilità delle cose che fanno costoro, in quanto essi non sanno per qual fine le compiono. Dicano pure i pagani: Noi viviamo rettamente. Se non entrano per la porta, a che giova loro gloriarsene? Vivere rettamente deve assicurare a ciascuno il dono di vivere per sempre: e a chi non è dato di vivere per sempre, a che giova vivere rettamente? Costoro non possono neppure affermare di vivere nel bene, se per cecità non conoscono il fine che deve avere una vita onesta, oppure per orgoglio lo disprezzano. E nessuno può avere speranza vera e certa di vivere in eterno, se non riconosce che Cristo è la vita, e non entra per la porta nell`ovile...

Avete capito fratelli la profondità di tale qucstione. Io dico: "Il Signore conosce i suoi" (2Tm 2,19). Li conosce nella sua prescienza, conosce i predestinati. E` di Dio che l`Apostolo dice: "Quelli che ha distinti nella sua prescienza, li ha anche predestinati a essere conformi all`immagine del Figlio suo, affnché egli sia il primogenito tra molti fratelli. Coloro poi che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificati li ha anche glorificati. Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?" (Rm 8,29-31). E aggiunge anche: "Lui che neppure risparmiò il suo Figlio, ma lo diede per tutti noi, come non ci accorderà ogni altra cosa insieme con lui?" (Rm 8,32).

Di chi parla dicendo: noi? Parla di quelli che Dio ha conosciuti nella sua prescienza, dei predestinati, dei giustificati, dei glorificati, e di questi ancora dice: "Chi accuserà gli eletti di Dio?" (Rm 8,33). Dunque «il Signore conosce i suoi»: essi sono pecore. Qualche volta neppure essi sanno di esserlo, ma lo sa il pastore, in forza di questa predestinazione, in forza della prescienza di Dio, della scelta fatta tra le pecore prima della creazione del mondo, secondo quanto ancora dice l`Apostolo: "come in lui prima della fondazione del mondo ci ha eletti" (Ef 1,4). Secondo questa prescienza e predestinazione di Dio, quante pecore fuori e quanti lupi dentro l`ovile! Cosí come ci sono pecore dentro e lupi fuori. Cosa vuol dire che ci sono molte pecore fuori? Vuol dire che molti, che ora sono preda della lussuria, saranno casti; molti, che ora bestemmiano Cristo, crederanno in Cristo; molti, che si ubriacano, saranno sobri; molti, che oggi rubano i beni altrui, doneranno i propri! Ma, purtuttavia, ora ascoltano la voce estranea, e la seguono.

Ugualmente, molti che oggi dentro l`ovile levano lodi al Signore, lo bestemmieranno, sono casti e saranno fornicatori, sono sobri, e poi affogheranno nel vino, stanno in piedi e cadranno!...

Ma che diremo del mercenario? Egli non è certo considerato tra i buoni: "Il buon pastore dà la sua anima per le pecore. Il mercenario, che non è il pastore, e che non è proprietario delle pecore, vede venire il lupo e abbandona le pecore e fugge; e il lupo rapisce e disperde le pecore" (Gv 10,11-12).

Il mercenario non fa qui la figura dell`uomo dabbene, ma tuttavia a qualcosa è utile: non si chiamerebbe mercenario se non ricevesse una mercede da chi lo ha assunto. Chi è dunque questo mercenario, che è insieme colpevole e utile? Che il Signore, fratelli, ci illumini, in modo che noi si intenda chi è questo mercenario, e non si divenga a nostra volta mercenari. Chi è dunque il mercenario? Vi sono alcuni nella Chiesa che sono preposti in autorità, e di cui l`apostolo Paolo dice: "Cercano gli interessi loro e non quelli di Cristo" (Fil 2,21). Che vuol dire: «cercano i loro interessi»? Vuol dire che il loro amore per Cristo non è disinteressato, non cercano Dio per Dio; cercano vantaggi e comodità temporali, sono avidi di denaro, desiderano gli onori terreni. Costoro che amano queste cose e per esse servono Dio, sono dei mercenari; non si tengano in conto di figli. Di essi il Signore dice: "In verità, vi dico che essi hanno già ricevuto la loro ricompensa" (Mt 6,5)...

Ascoltate ora perché anche i mercenari sono necessari.

Molti sono coloro che nella Chiesa cercano vantaggi materiali, e tuttavia annunziano Cristo e per loro mezzo la voce di Cristo si fa sentire. Li seguono le pecore, che sentono non la voce del mercenario, ma per mezzo di questa la voce del pastore. Ascoltate cosa dice lo stesso Signore di costoro: "Gli scribi e i farisei sono seduti sulla cattedra di Mosè: fate ciò che dicono, ma non fate ciò che fanno" (Mt 23,2). In altre parole, egli dice: Ascoltate la voce del pastore per mezzo del mercenario. Sedendo sulla cattedra di Mosè, insegnano la legge di Dio; quindi per loro mezzo Dio insegna. Ma se essi vogliono insegnare le loro idee e non la Legge, non ascoltateli e non imitateli. Certamente costoro cercano i loro interessi, e non quelli di Gesú Cristo; tuttavia nessun mercenario ha mai osato dire al popolo di Cristo: occupati dei tuoi interessi e non di quelli del Signore. Quanto egli fa di male, non lo annunzia dalla cattedra di Cristo; il male che fa è nocivo certamente, ma non lo è il bene che dice. Cogli l`uva, ma stai attento alle spine.


(Agostino, In Ioan. 45, 2.12; 46, 5 s.)



2. Il Logos salvatore, pastore, pedagogo


Le persone in buona salute non hanno bisogno del medico (cf. Mt 9,12 e parall.), almeno finché stanno bene; i malati al contrario richiedono la sua arte. Allo stesso modo, noi che in questa vita siamo malati di desideri riprovevoli, di intemperanze biasimevoli, di tutte le altre infiammazioni delle nostre passioni, abbiamo bisogno del Salvatore. Egli ci applica dolci medicamenti, ma del pari amari rimedi: le radici amare del timore bloccano le ulcere dei peccati. Ecco perché il timore, anche se amaro, è salutare.

Dunque noi, i malati, abbiamo bisogno del Salvatore; gli smarriti, di colui che ci guiderà; i ciechi, di colui che ci darà la vista; gli assetati, della sorgente di acqua viva, e coloro che ne berranno non avranno piú sete (cf.-Gv 4,14); i morti, abbiamo bisogno della vita; il gregge, del pastore; i bambini, del pedagogo; e tutta l`umanità ha bisogno di Gesú: per paura che, senza educazione, peccatori, cadiamo nella condanna finale; è necessario, al contrario, che siamo separati dalla paglia ed ammassati "nel granaio" del Padre. "Il ventilabro è nella mano" del Signore e con esso separa il grano dalla pula destinata al fuoco (cf. Mt 3,12).

1) Se volete, Possiamo comprendere la suprema sapienza del santissimo Pastore e Pedagogo, che è il Signore di tutto e il Logos del Padre, quando impiega un`allegoria e si dà il nome di pastore del gregge (cf. Gv 10,2s); ma è anche il Pedagogo dei piccolini.

2) E` cosí che egli si rivolge diffusamente agli anziani, attraverso Ezechiele, e dà loro il salutare esempio di una sollecitudine quanto mai accorta: "Io medicherò colui che è zoppo e guarirò colui che è oppresso; ricondurrò lo smarrito (Ez 34,16) e lo farò pascolare sul mio monte santo" (Ez 34,14). Tale è la promessa di un buon pastore. Facci pascere, noi piccolini, come un gregge;

3) sí, o Signore, dacci con ahbondanza il tuo pascolo, che è la giustizia; sí, Pedagogo, sii nostro pastore fino al tuo monte santo, fino alla Chiesa che si eleva, che domina le nubi, che tocca i cieli! (cf. Sal 14,1; Ap 21,2). "E io sarò", egli dice, "loro pastore e starò loro vicino" (Ez 34,23), come tunica sulla loro pelle. Egli vuole salvare la mia carne, rivestendola con la tunica dell`incorruttibilità (cf. 1Cor 15,53); ed ha unto la mia pelle.


(Clemente di Aless., Paedagogus, 83, 2 - 84, 3)



3. Le porte del Logos


Quanto a voi, se desiderate davvero vedere Dio, prendete parte a cerimonie di purificazione degne di Dio, senza foglie di lauro, né nastri ornati di lana e di porpora; essendovi coronati di giustizia e con la fronte cinta delle foglie della continenza, occupatevi con cura di Cristo; poiché "io sono la porta" (Gv 10,9), dice egli in un certo passo; porta che occorre imparare a conoscere, se si vuol conoscere Dio, in modo tale che egli apra davanti a noi tutte le porte del cielo.

Sono infatti ragionevoli, le porte del Logos, che la chiave della fede ci apre: "Nessuno conosce Dio, se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo ha rivelato" (Mt 11,27). Questa porta chiusa fino ad ora, ne sono sícuro, rivela inoltre a chi la apre ciò che sta all`interno e mostra quel che non si poteva conoscere in precedenza, senza essere passati per il Cristo, unico intermediario che conferisce l`iniziazione rivelatrice di Dio.


(Clemente di Aless., Protrepticon, I, 10, 2-3)


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18/05/2011 22:51
 
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V DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 6,1-7
1 Pietro 2,4-9
Giovanni 14,1-12

1. La via universale della salvezza

Questa è la religione che indica la via aperta a tutti per la liberazione dell`anima. Senza di essa non se ne libera alcuna. Questa è, analogamente parlando, la via regia, perché essa soltanto conduce non a un regno vacillante per altezza terrena ma a un regno duraturo nella stabile eternità. Dice Porfirio alla fine del primo libro "Sul regresso dell`anima" che ancora non è stata accolta in una qualche setta la dottrina che indichi la via aperta a tutti per la liberazione dell`anima, né per derivazione da una filosofia sommamente vera o dalla dottrina ascetica degli Indiani o dalla iniziazione dei Caldei o da un`altra qualsiasi via e che non era ancora venuta a sua conoscenza una via trasmessa dalla storiografia. Senza dubbio quindi ammette che ve n`è una ma che ancora non era venuta a sua conoscenza. Perciò non gli bastava la dottrina che sulla liberazione dell`anima aveva appreso con tanta diligenza e di cui sembrava avere una profonda conoscenza non tanto per sé quanto per gli altri. Sentiva che gli mancava ancora una dottrina sommamente autorevole da cui era necessario lasciarsi guidare in un problema tanto importante. Quando poi dice che neanche da una filosofia sommamente vera era giunta a sua conoscenza una scuola che indichi la via aperta a tutti per la liberazione dell`anima, dichiara, per quanto ne capisco io, che neanche la filosofia, nella quale egli attese al filosofare, è sommamente vera e che neanche in essa è indicata la via suddetta. E come potrebbe essere sommamente vera se in essa non è indicata questa via? Infatti la via aperta a tutti per la liberazione dell`anima è quella soltanto in cui tutte le anime sono liberate e senza di cui non se ne libera alcuna. Aggiunge poi le parole: "O dalla dottrina ascetica degli Indiani o dall`evocazione dei Caldei o da qualsiasi altra via" (Porfirio). Dichiara dunque in termini molto espliciti che la via aperta a tutti per la liberazione dell`anima non era indicata nelle dottrine che aveva appreso dagli Indiani e dai Caldei. Eppure non poté passare sotto silenzio che dai Caldei aveva appreso gli oracoli divini. Ne parla in continuazione. Quale via dunque vuol far intendere come aperta a tutti per la liberazione dell`anima? Essa non era ancora accolta né per derivazione da una filosofia sommamente vera né dalle dottrine dei popoli, che erano considerate importanti per presunte esperienze religiose, perché presso di loro si verificò l`interesse smodato di conoscere e onorare certi angeli e comunque non era ancor giunta a sua conoscenza mediante la storiografia. Qual è questa via valevole per tutti? Non certamente quella propria di un popolo ma quella che è stata offerta da Dio perché fosse comune a tutti i popoli. E questo uomo dotato di non mediocre ingegno non dubita che vi sia. Non può ammettere che la divina provvidenza abbia potuto abbandonare il genere umano senza una via aperta a tutti per la liberazione dell`anima. Non ha dichiarato che non v`è ma che un cosí grande bene e aiuto non è ancora stato riconosciuto e che ancora non è stato fatto giungere a sua conoscenza. Non c`è da meravigliarsene. Porfirio attendeva alla cultura quando Dio permetteva che la via aperta a tutti per la liberazione dell`anima, non altra dalla religione cristiana, fosse attaccata dagli adoratori degli idoli e demoni e dai re della terra; e questo per accrescere ed immortalare il numero dei martiri, cioè dei testimoni della verità. Per loro mezzo si dimostrava appunto che tutti i mali fisici si devono sopportare per la fedeltà alla religione e la difesa della verità. Porfirio conosceva questi fatti e pensava che a causa di persecuzioni di quel genere questa via sarebbe scomparsa e che pertanto non fosse quella aperta a tutti per la liberazione dell`anima. Non capiva che il fatto che lo turbava e che temeva di subire nello sceglierla si volgeva al consolidamento e irrobustimento della religione stessa.
Questa è dunque la via aperta a tutti per la liberazione dell`anima, cioè concessa per divina bontà a tutti i popoli. La notizia della sua esistenza ad alcuni è venuta, ad altri verrà. Non le si doveva né le si dovrà dire: «Perché adesso? cosí tardi?». La decisione di chi la invia non si può penetrare dall`intelligenza umana. Lo capí anche Porfirio quando disse che questo dono di Dio non era ancora conosciuto e che non ancora era stato fatto giungere a sua conoscenza. Per questo si è guardato dal ritenerlo falso, perché non l`aveva accolto nella sua fede o non ne aveva ancora avuto conoscenza. Questa, ripeto, è la via apertd a tutti per la liberazione dei credenti. In proposito Abramo uomo di fede ricevette il responso di Dio: "Nella tua discendenza saranno benedetti tutti i popoli" (Gen 22,18). Egli era caldeo di stirpe; ma gli si ordinò di uscire dalla propria terra, dal proprio clan, dalla casa di suo padre per accogliere le promesse. Da lui si sarebbe propagata la discendenza ordinata al fine per mezzo dei santi angeli in mano al Mediatore (cf. Gal 3,19), nel quale fosse la via aperta a tutti per la liberazione dell`anima, cioè concessa a tutti i popoli (cf. Gen 12,1). Egli stesso liberato per primo dalle superstizioni dei Caldei adorò seguendolo un solo vero Dio e credette fedelmente a queste sue promesse. Questa è la via aperta a tutti. Di essa nel libro ispirato è stato detto: "Dio abbia pietà di noi e ci benedica, faccia risplendere il suo volto sopra di noi affinché conosciamo la tua via in terra e la tua salvezza in tutti i popoli" (Sal 66,2-3). Per questo, tanto tempo dopo, il Salvatore presa la carne dalla discendenza di Abramo diceva di se stesso: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). Questd è la via aperta a tutti, di cui tanto tempo prima fu preannunciato: "Negli ultimi tempi il monte della casa del Signore sarà manifesto, perché sarà sulla montagna e si alzerà sopra tutti i colli. Verranno ad esso tutti i popoli e lo saliranno molte nazioni e diranno: venite, saliamo sul monte del Signore e nella casa del Dio di Giacobbe. Ci annunzierà la sua via ed entreremo in essa. Da Sion infatti uscirà la legge e la parola del Signore da Gerusalemme" (Is 2,2-3). Questa via dunque non è di un popolo ma di tutti i popoli, la legge e la parola del Signore non rimasero in Sion e in Gerusalemme ma di lí avanzarono per diffondersi in tutto il mondo. E per questo il Mediatore stesso dopo la sua Risurrezione dichiarò ai discepoli impauriti: "Era necessario che si adempissero le cose che sono state scritte su di me nella Legge, nei Profeti e nei Salmi. Allora manifestò loro il significato perché intendessero le Scritture e disse loro che era necessario che il Cristo subisse la passione e risorgesse da morte il terzo giorno e che fossero annunziate da loro in mezzo e tutte le genti, cominciando da Gerusalemme, la conversione e la remissione dei peccati" (Lc 24,44-47). Questa è dunque la via aperta a tutti per la liberazione dell`anima. Gli angeli santi e i santi profeti l`hanno significata col tabernacolo, col tempio, col sacerdozio e i sacrihci e l`hanno preannunciata con parole, qualche volta aperte, piú spesso allegoriche, dapprima a pochi uomini che scoprivano, se riuscivano, la grazia di Dio, soprattutto fra il popolo ebraico. Il suo stato, analogicamente parlando, era stato consacrato alla predizione e al preannuncio del raduno della città di Dio da tutti i popoli... Questa via purifica tutto l`uomo e sebbene mortale lo dispone all`immortalità dalla prospettiva di tutte le sue componenti. Infatti perché non si cercasse una purificazione a quella componente che Porfirio chiama intellettuale, un`altra a quella che chiama spirituale e un`altra al corpo stesso, il Purificatore e Salvatore, che è sommamente veritiero e potente, ha assunto tutto l`uomo. Fuori di questa via che mai è mancata al genere umano, né prima quando questi fatti si attendevano come futuri, né poi quando si rivelarono come passati, nessuno fu liberato, nessuno è liberato, nessuno sarà liberato...
...Chi non ha fede e per questo neanche intelletto che questa via è la linea retta fino alla visione di Dio e alla eterna unione con lui, in base alla verità delle Scritture da cui viene formalmente dichiarata, può combatterla non abbatterla.

(Agostino, De civit. Dei, 10, 32)


2. Tutti sono chiamati alla casa del Padre

Ma che cosa vogliono dire le parole che seguono: "Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore" (Gv 14,2)? E` proprio perché i discepoli temevano anche per sé medesimi, che il Signore dice loro: «non si turbi il vostro cuore». E chi tra loro poteva evitare di esser colto da timore, dopo che Gesú aveva detto a Pietro, tra loro il piú fiducioso e pronto: «Non canterà il gallo, che tu mi avrai rinnegato tre volte»? Giustamente si turbano, in quanto temono di perire lontano da lui. Ma quando ascoltano il Signore che dice: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore»; "se non fosse cosí ve lo avrei detto, perché vado a preparare un posto per voi (ibid)", il loro turbamento si calma e sono sicuri e fiduciosi che, al di là dei pericoli della tentazione essi resteranno presso Dio, con Cristo.
Uno sarà piú forte dell`altro, uno piú sapiente, un altro piú giusto, un altro ancora piú santo; ma «nella casa del Padre vi sono molte dimore», nessuno di essi sarà tenuto fuori da quella casa, dove ognuno avrà, secondo i meriti, la sua dimora. Uguale denaro viene dato a tutti, quel denaro che il padre di famiglia ordina di dare a coloro che hanno lavorato nella vigna, senza far distinzione tra chi ha faticato di piú e chi di meno. Questo denaro significa la vita eterna, dove nessuno vive piú a lungo dell`altro, poiché nell`eternità non vi può essere una diversa durata della vita. E le molte dimore significano i diversi gradi di merito che vi sono nell`unica vita eterna. Uno è lo splendore del sole, un altro quello della luna, un altro ancora quello delle stelle: e una stella differisce dall`altra quanto a splendore. Cosí accade nella risurrezione dei morti (cf. 1Cor 15,41.42.48). Come le stelle nel cielo, i santi hanno nel regno dimore diverse per il loro fulgore; ma nessuno è escluso dal regno, poiché tutti hanno ricevuto la stessa mercede. E cosí Dio sarà tutto in tutti, in quanto, essendo Dio carità, per effetto di questa carità ciascuno avrà quello che hanno tutti. E` cosí infatti che ognuno possiede, a motivo della carità, non le cose che ha veramente, ma le cose che ama negli altri. La diversità dello splendore non susciterà invidia, perché l`unità della carità regnerà in tutti e in ciascuno.

(Agostino, In Ioan. 67, 2)


3. Noi siamo il regno di Cristo

Il Figlio dunque consegnerà al Padre il suo regno? Non vien meno a Cristo il regno che egli dà, ma anzi progredisce. Siamo noi il regno, poiché è stato detto a noi: "Il regno di Dio è in mezzo a voi" (Lc 17,21). E siamo prima regno di Cristo, poi del Padre; poiché sta scritto: "Nessuno viene al Palre se non per mezzo di me" (Gv 14,6). Mentre sono in cammino, sono di Cristo; quando arriverò, sarò del Padre: ma ovunque per Cristo, e ovunque sotto Cristo.

(Ambrogio, De fide, V, 12, 150)


4. «Io e il Padre siamo una cosa sola»

Se, come scrive Paolo agli Ebrei, l`Unigenito è lo splendore della gloria, il carattere della sostanza e l`immagine del Dio incorruttibile, invisibile ed eterno (cf. Rm 1,20; 1Tm 1,17), e se egli è verace quando afferma "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14,9) e "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv 10,30), certamente è consustanziale eterno e uguale, al punto che è simile in tutto a Dio Padre e in nulla differisce da lui. Infatti, luce da luce e non «eterousio «(cioè con "diversità di sostanza") è generato, né inferiore. Il carattere della sostanza indica l`identità ed esclude ogni diversità di natura, di gloria e di onnipotenza; l`immagine razionale denota l`uguaglianza e la somiglianza; e chi vede una creatura, non vede l`Increato. Afferma infatti che le ipostasi sono una cosa sola per la divinità, e distingue le persone nell`unità dell`essenza.

(Didimo di Alessandria, De Trinit. III, 2, 8)


5. «Il Padre è maggiore di me»

Ma poiché professiamo che nel Figlio vi sono due nature, cioè che egli è vero Dio e vero uomo, dotato di corpo e di anima, tutto quello dunque che le Scritture dicono di lui, con eminente e sublime efficacia, noi riteniamo che si debba riferire alla sua ammirevo]e divinità; ciò che invece è detto di lui stesso in maniera piú dimessa e inferiore all`onore dovuto alla sua dignità celeste, noi lo riferiamo non a Dio Verbo, ma all`umanità di lui assunta. Si riferisce dunque alla natura divina quello che piú sopra abbiamo riferito, dove dice: "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv 10,30) e: "Chi vede me, vede anche il Padre" (Gv 14,9), e: "Tutto quello che ta il Padre, lo stesso ugualmente lo fa anche il Figlio" (Gv 5,9)... Queste sono, invece, le affermazioni che sono dette di lui con riguardo alla sua natura umana: "Il Padre è maggiore di me" (Gv 14,28).

(Vittore di Vita, De persecutione, II, 4, 63)
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VI DOMENICA DI PASQUA


Letture: Atti 8,5-8.14-17

1 Pietro 3,15-18

Giovanni 14,15-21


1. Vivere in Cristo


Che significa «perché io vivo e voi vivrete»? Perché disse che egli viveva, usando il tempo presente, mentre di essi disse che avrebbero vissuto nel futuro, se non perché egli stava per risorgere anche nella carne, cioè li precedeva su quella via della risurrezione, su cui aveva promesso che i discepoli lo avrebbero seguito piú tardi? E, siccome il tempo della sua risurrezione era ormai prossimo, usò il tempo presente per indicarne la rapidità; di essi, la cui risurrezione doveva avvenire alla fine dei secoli, non disse: vivete, ma: «vivrete «. Con stile rapido e significativo, usando due verbi, uno al presente e l`altro al futuro, promise le due risurrezioni, la sua, che stava per accadere, e la nostra, alla fine dei secoli: «Perché io» - disse - «vivo e voi vivrete»; cioè noi vivremo perché egli vive ora. "Come infatti tutti muoiono in Adamo, cosí tutti in Cristo riavranno la vita" (1Cor 15,21-22). Nessuno muore se non per colpa di Adamo, e nessuno riottiene la vita, se non per mezzo di Cristo. E` perché noi vivemmo, che siamo morti; è perché egli vive, che noi vivremo. Noi siamo morti per Cristo, se viviamo per noi; è invece perché egli è morto per noi, che vive per sé e per noi. Insomma, perché egli vive, noi vivremo. Potremmo infatti da noi stessi darci la morte, ma non potremo ugualmente darci da noi stessi la vita.

"In quel giorno" - egli continua - " voi conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi" (Gv 14,20).

In quale giorno? Nel giorno di cui ha parlato prima quando ha detto: «e voi vivrete «. Allora noi potremo finalmente vedere ciò in cui oggi crediamo. Infatti, anche ora egli è in noi e noi siamo in lui: è vero in quanto ci crediamo, mentre allora sapremo. Ciò che ora sappiamo con la nostra fede, allora lo sapremo perché vedremo. In effetti, finché siamo in questo corpo quale è ora, cioè corruttibiie e che appesantisce la nostra anima (cf. Sap 9,15), peregriniamo per il mondo lontani dal Signore; e camminiamo verso di lui per mezzo della fede, non perché abbiamo di lui la chiara visione (cf. 2Cor 5,6). Allora, invece, lo vedremo chiaramente, perché lo vedremo qual è (cf. 1Gv 3,2). Se Cristo non fosse in noi anche ora, l`Apostolo non potrebbe dire: "Se poi Cristo è in noi, il nostro corpo è morto per causa del peccato, ma lo spirito è vita per ragione di giustizia" (Rm 8,10). Egli stesso apertamente mostra che anche ora noi siamo in lui, laddove dice: "Io sono la vite, voi tralci" (Gv 15,5). Dunque in quel giorno, quando vivremo in quella vita che avrà completamente distrutto la morte, conosceremo che egli è nel Padre, e noi in lui e lui in noi; perché allora vedremo compiersi ciò che egli stesso ha incominciato, afhnché appunto noi si fosse finalmente in lui e lui in noi.


(Agostino, In Ioan. 75, 3-4)



2. Gli effetti della presenza di Cristo in me


Vivo e attivo è lui, e appena è entrato ha destato l`anima mia assopita; ha commosso, reso molle e ferito il mio cuore, poiché era duro e di sasso, e insensato. Ha cominciato anche a strappare e a distruggere, a edificare e a piantare, a irrigare ciò che era arido, a illuminare ciò che era tenebroso, a spalancare ciò che era chiuso, a riscaldare ciò che era freddo, e cosí pure a raddrizzare ciò che era storto, e a cambiare le asperità in vie piane, affinché l`anima mia, e tutto ciò che è in me, benedicesse il Signore e il suo santo nome. Entrando cosí piú volte in me il Verbo, mio sposo, non ha fatto mai conoscere la sua venuta da nessun indizio: non dalla voce, non dall`aspetto, non dal passaggio. Nessun gesto suo insomma lo ha fatto scoprire, nessuno dei miei sensi si è accorto che penetrava nel mio intimo soltanto dal moto del cuore, come ho detto prima ho sentito ia sua presenza; dalla fuga dei vizi, dalla stretta dei desideri carnali, ho avvertito la potenza della sua virtù; dallo scuotimento e dalla riprensione delle mie colpe nascoste, ho ammirato la profondità della sua sapienza; dalla sia pur piccola correzione delle mie abitudini, ho sperimentato la bontà della sua mitezza, dalla trasformazione e dal rinnovamento dello spirito della mia mente, cioè del mio uomo interiore, mi son fatto comunque l`idea della sua bellezza; e nel contempo dall`esame di tutte queste cose, ho avuto timore delle sue grandezze senza numero.


(Bernardo di Chiarav., In Cant. Cant. Sermo 74, 6)



3. Lo Spirito trasforma interiormente


Quanto debole e pauroso, prima della venuta dello Spirito, fosse questo pastore della Chiesa [Pietro], presso il cui corpo santissimo ora ci troviamo, ce lo dice quella serva che custodiva la porta. Turbato alla voce di una donna, per paura di morire, rinnegò la vita (cf.Gv 18,17). E Pietro rinnegò, stando a terra, quando il ladrone diede la sua testimonianza stando sulla croce (cf.Lc 23,41.42). Ma ascoltiamo come diventò quest`uomo cosí pauroso, dopo la venuta dello Spirito. Si raduna il consiglio dei magistrati e degli anziani, e agli apostoli, dopo che sono stati flagellati, viene ingiunto di non predicare piú nel nome di Gesú. Pietro risponde con grande autorità: "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (At 5,29). E ancora: "Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi piú che a lui giudicatelo voi stessi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato (At 4,19-20). Ma essi se ne andarono dalla presenza del sinedrio lieti di essere stati giudicati degni di patire oltraggi per il nome di Gesú" (At 5,41). Ecco, quel Pietro che prima temeva davanti a una parola, ora gode sotto le percosse. E colui che aveva avuto paura della voce di una serva, dopo la venuta dello Spirito Santo, pur flagellato umilia la potenza dei principi. Piace alzare gli occhi della fede sulla virtù di questo Artista e considerare qua e là i padri del Vecchio e del Nuovo Testamento. Ecco che, aperti questi stessi occhi della fede, io osservo David, Amos, Daniele, Pietro, Paolo, Matteo, e voglio considerare quale Artista sia questo Spirito Santo, ma mentre sono intento a ciò sento che non riesco. Infatti [questo Artista] riempie un fanciullo che suonava la cetra e lo fa diventare il Salmista (cf.1Sam 16,18), riempie un pastore d`armenti che sbucciava fichi selvatici, e ne fa un profeta (cf.Am 7,14); riempie un fanciullo dedito all`astinenza, e ne fa un giudice di vecchi (cf.Dn 13,46s); riempie un pescatore, e ne fa un predicatore (cf.Mt 4,19); riempie un persecutore, e ne fa il Dottore delle genti (cf.At 9,1s); riempie un pubblicano, e ne fa un evangelista (cf. Lc 5,27-28). Quale Artista è questo Spirito! Tutto ciò che vuole avviene senza indugio. Appena tocca la mente, insegna, e il suo solo tocco è già insegnare. Appena illumina l`animo umano, lo cambia; subito gli fa rinnegare ciò che era, subito lo rende ciò che non era.


(Gregorio Magno, Hom. 30, 8)



4. Lo Spirito Santo nei profeti e nei cristiani


Consideriamo allora - riprendo infatti la parte finale del discorso - che nei santi profeti c`è stata come una seconda illuminazione e preilluminazione dello Spirito, che potesse orientare alla comprensione delle cose future, e alla conoscenza di quelle nascoste; in coloro che credono in Cristo, non pensiamo che si tratti semplicemente di manifestazione dello Spirito, ma confidiamo che lo stesso Spirito abiti e quasi sia ospitato. Per cui, a buon diritto, veniamo detti anche templi di Dio, mentre nessuno dei santi profeti è mai stato chiamato tempio di Dio.


(Cirillo di Aless., In Ioan. Evang. V, 2)

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TESTI PER LA SOLENNITA` DELL`ASCENSIONE DEL SIGNORE


Originariamente, la Chiesa celebrava l`Ascensione del Signore insieme con la solennità della Pentecoste. Conosce questa prassi la Chiesa di Gerusalemme ancora alla fine del secolo IV. Nel giorno lella Pentecoste, nel pomeriggio, i fedeli si recavano al Monte degli Ulivi dove, nella chiesa che ricordava l`Ascensione del Signore, si leggevano i brani della Sacra Scrittura riguardanti l`Ascensione, nonché si cantavano le antifone e gl`inni. Nella seconda metà del secolo IV l`Ascensione del Signore costituisce già una festa a parte e viene celebrata quaranta giorni dopo la Risurrezione; nel V secolo, è già comunemente conosciuta. Ne parla san Giovanni Crisostomo. Sant`Agostino scrive, che «il giorno di oggi viene festeggiato in tutto il mondo». Si sono conservate le omelie del papa Leone Magno pronunziate in questo giorno. Nel canone romano della Messa si ricorda l`Ascensione di Cristo chiamandola «gloriosa», ed i Sacramentari romani contengono formulari di Messa per questo giorno. Nel Medioevo, compare la processione, che doveva ricordare il cammino di Cristo con i discepoli verso il Monte degli Ulivi, quasi ad esprimere l`entrata trionfale del Salvatore in Cielo.

Nella cattedrale di Milano si innalzava il cero pasquale per simboleggiare l`Ascensione del Signore ed in alcune chiese tedesche si innalzava la Croce. Il costume della processione dura ancora oggi.

Dopo la sua Risurrezione, Cristo si manifestava ai discepoli ed ai loro occhi si è innalzato al Cielo. Lui, nostro Signore e Signore di tutto, il vincitore del peccato e della morte, oggi ascende al Cielo. Ha adempiuto l`opera di salvezza e adesso siede alla destra del Padre. E il Mediatore tra Dio e gli uomini e perciò, andando via, non ha lasciato l`uomo nell`abbassamento: egli ci precede nella patria celeste, in lui la nostra natura umana è stata già introdotta nella gloria. L`Ascensione di Gesú al Cielo è la nostra vittoria: ci dà la speranza che insieme con lui saremo nella stessa gloria. Siamo i membri del suo Corpo, per questo saremo uniti a Colui che è il nostro Capo.

L`Ascensione al Cielo del Signore è l`inizio della glorificazione dell`uomo, ma è anche l`impegno nella nuova vita. Giorno dopo giorno, dobbiamo cercare le cose di lassú, innalzarci con lo spirito alla vera patria, vivere desiderando il Cielo dove si trova Cristo, quale primo degli uomini. Il Cristo, che è salito al Cielo, rimane con noi tutti i giorni: vive nella sua Chiesa e attraverso la Chiesa continua l`opera della salvezza. Il Cristo salito al Cielo ritornerà nell`ultimo giorno, lo vedremo venire di nuovo.


O Cristo, scendendo dal cielo in terra,

come Dio facesti risorgere con te il genere umano

dalla schiavitú dell`inferno cui soggiaceva,

e per la sua Ascensione lo riconducesti al cielo

facendolo sedere con te sul trono del Padre tuo,

perché sei misericordioso ed amante degli uomini.


(Liturgia Bizantina, EE, n. 3151 )



1. Primo Discorso sull`Ascensione del Signore


Carissimi, questi giorni intercorsi tra la Risurrezione del Signore e la sua Ascensione non sono trascorsi nell`oziosità; grandi nisteri vi hanno invece ricevuto conferma, e grandi verità sono state svelate. E in questi giorni che viene abolita la paura di una morte temuta e viene proclamata non solo l`immortalità dell`anima, ma anche quella della carne. E` in questi giorni che viene infuso lo Spirito Santo in tutti gli apostoli attraverso il soffio del Signore (cf. Gv 20,22) e che, dopo aver ricevuto le chiavi del Regno, il beato apostolo Pietro si vede affidata, con preferenza sugli altri, la cura del gregge del Signore (cf. Gv 21,15-17). E in questi giorni che il Signore si affianca ai due discepoli in cammino (cf. Lc 24,13-35) e che, per sgombrare il terreno da ogni dubbio, contesta la lentezza a credere a coloro che tremano di spavento. I cuori che egli illumina sentono ardere la fiamma della fede, e quelli che erano tiepidi diventano ardenti quando il Signore apre loro le Scritture. Al momento della frazione del pane, si illuminano gli sguardi di coloro che siedono a mensa; i loro occhi si aprono per veder manifestata la gloria della loro natura, molto piú beatamente di quelli dei principi della nostra specie ai quali il crimine apporta confusione.

Tuttavia, dato che gli spiriti dei discepoli, in mezzo a queste meraviglie e ad altre ancora, continuavano a scaldarsi in inquieti pensieri, il Signore apparve in mezzo a loro e disse: La pace sia con voi (Lc 24,36; Gv 20,26). E perché non restasse in loro il pensiero che andavano rimuginando nella mente - credevano, infatti, di vedere un fantasma e non un corpo -, rimproverò loro i pensieri contrari al vero e mise sotto i loro occhi esitanti i segni della crocifissione che serbavano le sue mani e i suoi piedi, invitandoli a toccarli attentamente; aveva voluto conservare, infatti i segni dei chiodi e della lancia per guarire le ferite dei cuori infedeli. Cosí, non è da una fede esitante, bensì da una conoscenza molto certa, che affermeranno che la natura che stava per sedere alla destra del Padre, era la stessa che aveva riposato nel sepolcro.

Durante tutto questo tempo, carissimi, intercorso tra la Risurrezione del Signore e la sua Ascensione, ecco dunque a cosa volse le sue cure la Provvidenza di Dio; ecco ciò che essa volle insegnare; ecco ciò che essa mostrò agli occhi e ai cuori dei suoi; perciò si riconoscerà come veramente risorto il Signore Gesú Cristo che era davvero nato, aveva sofferto ed era morto. Così i beati Apostoli e tutti i discepoli, resi timorosi dalla sua morte sulla croce, e che avevano esitato a credere alla sua Risurrezione furono a tal punto riconfermati dall`evidenza della verità che quando il Signore si levò verso le altezze dei cieli, non solo non furono presi da tristezza alcuna, bensì furono ripieni da una grande gioia (cf. Lc 24,52). E, in verità, grande e ineffabile era la causa di quella gioia, allorché in presenza di una santa moltitudine, la natura umana saliva al di sopra delle creature celesti di ogni rango, superava gli ordini angelici e si elevava al di sopra della sublimità degli arcangeli (cf. Ef 1,21), non potendo trovare a livello alcuno, per elevato che fosse, la misura della sua esaltazione fintanto che non venne ammessa a prender posto alla destra dell`eterno Padre, che l`associava al suo trono di gloria dopo averla unita nel Figlio suo alla sua stessa natura.

L`Ascensione di Cristo è quindi la nostra stessa elevazione e là dove ci ha preceduti la gloria del capo, è chiamata altresì la speranza del corpo.

Lasciamo dunque esplodere la nostra gioia come si deve e rallegriamoci in una fervorosa azione di grazie: oggi, infatti, non solo siamo confermati nel possesso del paradiso, ma siamo anche penetrati con Cristo nelle altezze dei cieli; abbiamo ricevuto piú dalla grazia ineffabile di Cristo di quanto non avevamo perduto per la gelosia del Maligno. Infatti, coloro che quel virulento nemico aveva scacciato dal primo soggiorno di felicità, il Figlio di Dio li ha incorporati a sé per collocarli in seguito alla destra del Padre.


(Leone Magno, Sermo 73 [60], 2-4)



2. La Risurrezione del Signore è la causa della nostra gioia


In occasione della festività pasquale, la Risurrezione del Signore si presentava come causa della nostra gioia; oggi, ricorre la sua Ascensione al cielo che ci offre nuovi motivi di gioia, in quanto commemoriamo e veneriamo, come si conviene, il giorno in cui l`umiltà della nostra natura è stata elevata in Cristo al di sopra di tutte le schiere celesti, al di sopra di tutti gli ordini angelici e oltre la sublimità di tutte le potenze (cf. Ef 1,21), fino a condividere il trono di Dio Padre. E su questa disposizione delle opere divine che siamo costituiti ed edificati; la grazia di Dio diviene, in verità, piú ammirevole quando fa sí che la fede non dubiti, che la speranza non vacilli, che la carità non si intiepidisca, allorché è scomparso dalla vista degli uomini ciò che, con la sua presenza sensibile, meritava di ispirare loro il rispetto. Tale è in effetti, la forza propria dei grandi spiriti, tale la luce propria delle anime eminentemente fedeli: essa consiste nel credere incrollabilmente ciò che non vedono con gli occhi del corpo e nel fissare il proprio desiderio là dove non può arrivare la vista. Ma una tale pietà come può nascere nei nostri cuori, o come possiamo essere giustificati dalla fede, se la nostra salvezza risiedesse solo in ciò che cade sotto i nostri occhi? Di qui, la parola detta dal Signore a quel tale che sembrava dubitare della Risurrezione di Cristo, ove non gli fosse stata offerta la possibilità di verificare con i propri occhi e di toccare con le proprie mani i segni della Passione nella carne [del Signore]: Perché mi hai veduto, hai creduto: beati coloro che pur non vedendo crederanno (Gv 20,29).

Per renderci capaci di questa beatitudine, carissimi, nostro Signore Gesú Cristo, dopo aver realizzato tutto ciò che era conforme alla predicazione del Vangelo e ai misteri della Nuova Alleanza, quaranta giorni dopo la sua Risurrezione, ascese al Cielo alla presenza dei discepoli. Mise cosí termine alla sua presenza corporale, per rimanere alla destra del Padre suo fino a che siano compiuti i tempi divinamente previsti perché si moltiplichino i figli della Chiesa e ritorni a giudicare i vivi e i morti, nella stessa carne nella quale è asceso. Ciò che si era potuto vedere del nostro Redentore è dunque passato nei misteri; e, affinché la fede divenga piú eccellente e piú ferma, l`istruzione è succeduta alla visione: è sulla di lui autorità che il coro dei credenti, illuminati dai raggi provenienti dall`alto, ormai faranno leva.

Su questa fede, che l`Ascensione del Signore aveva aumentata e che il dono dello Spirito Santo aveva fortificata, né le catene, né le prigioni, né la fame, né il fuoco, né le belve, né i raffinati supplizi di crudeli persecutori potranno prevalere per paura. Per questa fede, in tutto il mondo, non solo gli uomini, ma anche le donne; non solo i fanciulli, ma anche tenere vergini lotteranno fino alla effusione del sangue. Questa fede mise in fuga i demoni, scacciò le malattie, risuscitò i morti. Cosí, gli stessi santi Apostoli che, quantunque fortificati da tanti miracoli e istruiti da tanti discorsi, si erano nondimeno lasciati spaventare dall`atroce Passione del Signore e avevano accettato non senza esitazione la verità della sua Risurrezione, trassero dalla sua Ascensione un tal profitto che tutto ciò che prima costituiva motivo di paura ora diveniva soggetto di gioia. Tutta la contemplazione della loro anima li aveva elevati, in effetti, verso la divinità di Colui che sedeva alla destra del Padre; la vista del suo corpo non era piú ormai un ostacolo che potesse attardarli o impedir loro di fissare lo sguardo dello spirito su quella Verità che, scendendo verso di essi, non aveva lasciato il Padre suo, e che, ritornando verso quest`ultimo, non si era allontanata dai suoi discepoli...

Esultiamo dunque, carissimi, di una gioia spirituale e, rallegrandoci davanti al Signore in degna azione di grazie, eleviamo liberamente gli sguardi dei nostri cuori verso quelle altezze dove si trova Cristo. Le anime nostre sono chiamate in alto: non le appesantiscano i desideri terrestri; esse sono predestinate all`eternità. Non le accaparrino le cose destinate a perire: esse sono entrate nella via della verità. Non le trattenga un ingannevole fascino; in tal guisa, i fedeli trascorrano il tempo della vita presente sapendo di essere stranieri in viaggio in questa valle del mondo in cui, anche se li lusinga qualche vantaggio, non debbono attaccarvisi colpevolmente, bensí trascenderli con vigore.


(Leone Magno, Sermo 74 [61], 1-3.5)



3. Con Gesú si ascende solo in compagnia delle virtù


La terra e quanto essa contiene appartiene al Signore (Sal 23,1ss)

Che cosa avviene, dunque, di nuovo, o uomo, se il nostro Dio fu visto in terra, se visse con gli uomini? Egli stesso creò la terra e la stabilí [con leggi].

Per la qual cosa non è né cosa insolita, né assurda che il Signore venga presso le proprie creature.

Infatti, egli non si trova in un mondo straniero, ma proprio in quello che egli stesso stabilì e creò, che poggiò la terra sui mari e fece in modo che fosse situata nella posizione migliore presso il corso dei fiumi.

Per quale causa, poi, egli venne se non perché dopo averti liberato dalla voragine del peccato, ti conducesse sul monte, il carro del regno, cioè la pratica della virtù durante l`ascensione?

Non si può, infatti, ascendere su quel monte, se non ti servi delle virtù come compagne (di viaggio), e, con le mani pure da ogni colpa, e non macchiato da alcun delitto, con il cuore innocente non volgi il tuo animo a nessuna vanità e né inganni il tuo fratello con frode.

La benedizione è il premio di tale ascensione, e ad essa il Signore largisce la sua misericordia.

Questa è la generazione delle anime che lo cercano, di quelle che salgono in alto per mezzo della virtù, e di quelle che cercano il volto del Dio di Giacobbe.

La rimanente parte di questo salmo è piú sublime, forse, anche per il tono evangelico e la dottrina.

Infatti, il Vangelo del Signore narra le abitudini e la vita che egli condusse in terra, e il suo ritorno in Cielo.

Questo sommo Profeta, d`altronde, innalzandosi sopra se stesso, come se non fosse impedito da nessun peso del corpo, entra nei Celesti Poteri, e ci riferisce le loro voci, allorché, accompagnando il Signore che ritornava in Cielo, agli angeli che risiedono sulla terra, ai quali fu affidata la venuta nella vita umana, danno ordini in questo modo: Togliete, o principi, le vostre porte, e voi, porte eterne, elevatevi: entrerà il Re della gloria.

E poiché, dovunque, sarà presente colui che in se stesso contiene tutte le cose, misura (se stesso) secondo la capienza di quelli che lo ricevono; e né solamente, infatti, tra gli uomini si fa uomo, ma anche tra gli angeli si trova, e si libera alla loro natura: per questo i custodi delle porte interrogano il narratore: Chi è questo Re della gloria?

Rispondono loro e lo manifestano come forte e potente in battaglia, che combatterà contro colui che tratteneva la natura umana prigioniera nella schiavitú, e rovescerà colui che aveva il dominio della morte (Eb 2,14); in tal modo, debellato il pericolosissimo nemico, riconducesse il genere umano nella libertà e nella pace.

Di nuovo ripete le medesime voci.

Adempiuto, infatti, è già il mistero della morte e la vittoria è stata riportata sui nemici e contro di essi è stato rivolto il trofeo della croce.

Ascese in alto, conducendo prigioniera la schiavitú (Sal 67,19) colui che concesse agli uomini la vita, il regno, e questi importanti doni.

Poste per lui, di nuovo si debbono spalancare le porte.

Gli vanno incontro i nostri custodi, i quali impongono di chiudere le porte, affinché di nuovo consegua la gloria in essi.

Ma essi non conoscono colui che si è rivestito della veste macchiata della nostra vita, i cui abiti sono rossi dal torchio dei peccati degli uomini.

Perciò, di nuovo i suoi compagni sono interrogati da quelle parole: Chi è questo Re della gloria? Ma non sarà risposto piú: Forte, potente in battaglia, ma il Signore delle potenze, che ottenne il dominio del mondo, che assomma in sé tutte le cose, che in tutte possiede le prime, che restituí tutte le cose all`antica condizione, questi è il re della gloria.


(Gregorio di Nissa, Sermo de Ascens., passim)



4. Il corpo di Cristo è in cielo com`era sulla terra


Mi domandi «se il corpo del Signore abbia adesso le ossa e il sangue con tutte le altre fattezze fisiche»...

Dio può prolungare ovunque e per tutto il tempo che vorrà l`incorruttibilità di qualsiasi corpo. Io quindi credo che il corpo del Signore si trova nel cielo nello stesso identico stato in cui era sulla terra al momento della sua ascensione al cielo. Infatti ai suoi discepoli, i quali, come si legge nel Vangelo, dubitavano della sua risurrezione (cf. Lc 24,37) e credevano che fosse uno spirito e non già un corpo quello che vedevano, il Signore disse: Osservate le mie mani e i miei piedi; palpate ed osservate, poiché lo spirito non ha né ossa né carne, come vedete che ho io (Lc 24,39). Come l`avevano toccato i suoi discepoli con le loro mani mentre era sulla terra, cosí i loro sguardi lo accompagnarono mentre saliva al cielo. S`intese allora la voce di un angelo dire: Egli tornerà cosí come lo avete visto salire al cielo (At 1,11).


(Agostino, Epist. 205, 1.2 )



5. Vigilanza cristiana


Perciò, fratelli dilettissimi, occorre che col cuore ci volgiamo là dove crediamo che Egli sia asceso col corpo. Fuggiamo i desideri terreni, nulla più ci diletti quaggiú, poiché abbiamo un Padre nei cieli. E ciò noi dobbiamo considerare attentamente, poiché Colui che mite salí in cielo tornerà terribile; e tutto ciò che ci insegnò con mansuetudine, esigerà da noi con severità. Nessuno, dunque, tenga in poco conto il tempo dovuto alla penitenza; nessuno, mentre è nel pieno delle proprie forze, trascuri se stesso, poiché il nostro Redentore quando verrà a giudicarci sarà tanto piú severo quanto piú paziente è stato con noi prima del giudizio. Pertanto, fratelli, fate questo tra voi e su questo meditate assiduamente. Sebbene l`animo, sconvolto dalle passioni terrene, sia ancora incerto, tuttavia adesso gettate l`ancora della vostra speranza verso la patria eterna, fortificate nella vera luce i propositi dell`animo. Ecco abbiamo sentito che il Signore è asceso al cielo. Perciò meditiamo sempre su ciò in cui crediamo. E se ancora siamo trattenuti qui dall`impedimento del corpo, tuttavia seguiamo Lui con passi d`amore. Non può lasciare insoddisfatto il nostro desiderio Colui che ce l`ha ispirato, Gesú Cristo Nostro Signore.


(Gregorio Magno, Hom. 2, 29, 11)



6. Vivere per le cose di lassú


Oggi, come avete sentito, fratelli, Nostro Signore Gesú Cristo è salito in cielo: salga con lui anche il nostro cuore. Ascoltiamo l`Apostolo che dice: Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassú, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassú, non a quelle della terra (Col 3,1-2). Infatti, come egli è salito [in cielo] e non si è allontanato da noi, cosí anche noi siamo già lassú con lui, sebbene nel nostro corpo non sia ancora accaduto ciò che ci viene promesso. Egli ormai è stato innalzato sopra i cieli. In verità, non dobbiamo disperare di raggiungere la perfetta ed angelica dimora celeste, per il fatto che egli ha detto: Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell`uomo che è disceso dal cielo (Gv 3,13). Ma ciò è stato detto perché siamo uniti a lui: egli è infatti il nostro capo e noi il suo corpo. Se, quinli, egli sale in cielo, noi non ci separiamo da lui. Colui che è disceso dal cielo non ci nega il cielo; ma in un certo modo ci dice: «Siate le mie membra, se volete salire in cielo». Dunque fortifichiamoci intanto in ciò che piú desideriamo vivamente. Meditiamo in terra ciò che ci aspettiamo [di trovare] nei cieli. Allora ci spoglieremo della carne mortale, ora spogliamoci dell`uomo vecchio. Un corpo leggero si alzerà nell`alto dei cieli, se il peso dei peccati non opprimerà lo spirito.


(Agostino, Sermo 263, 2)



7. Inno per la festa dell`Ascensione


Eterno, Altissimo Signore,

che hai redento il mondo;

tu, distrutto il regno della morte,

hai fatto trionfar la grazia.


Alla destra del Padre tu sali,

o Gesú, quale giudice tu siedi;

non dalla terra, ma dal ciel tu hai

ricevuto ogni tuo potere.


Tu sali per accogliere l`omaggio

del mondo triplice creato,

celeste, terrestre ed infernale,

che, sottomesso, a te il ginocchio piega.


Tremano gli angeli vedendo

la sorte capovolta dei mortali:

pecca l`uomo, redime l`Uomo;

regna Dio, l`Uomo Dio.


Nostra gioia sii tu che in ciel n`attendi

per farti premio a noi; tu che governi

con la destra la macchina del mondo

tu che oltrepassi ogni mondana gioia.


Quaggiú rimasti, noi ti supplichiamo,

le nostre colpe nell`oblio perdona,

in alto i cuori verso te solleva

porgi l`aiuto di tua superna grazia.


Sicché quando improvviso tornerai

giudice sulle nubi luminoso,

le meritate pene allontanate,

le perdute corone a noi ridar tu possa.


A te, Signor, sia gloria

risorto dalle strette della morte,

e al Padre, e al Santo Spirito,

ora e nei secoli perenni. Amen.


(Aeterne Rex altissime, Ascensione, liturgia horarum, hymn. ad off. lectionis)

[Modificato da Coordin. 01/06/2011 08:30]
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07/06/2011 08:57
 
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PENTECOSTE


Letture: Atti 2,1-11

1 Corinti 12,3b-7.12-13

Giovanni 20,19-23


1. L`opera mirabile dello Spirito Santo


Qualcosa di grande, e onnipotente nei doni, e ammirabile, lo Spirito Santo. Pensa, quanti ora sedete qui, quante anime siamo. Di ciascuno egli si occupa convenientemente; e stando in mezzo (cf. Ag 2,6) (a noi) vede di che cosa ciascuno è fatto; vede anche il pensiero e la coscienza, ciò che diciamo e abbiamo nella mente. E` certamente cosa grande ciò che adesso ho detto, ma ancora poco. Vorrei che tu considerassi, illuminato da lui nella mente, quanti sono i cristiani di tutta questa diocesi, e quanti di tutta la provincia della Palestina. Di nuovo spazia col pensiero da questa provincia a tutto l`impero romano; e da questo rivolgi lo sguardo a tutto il mondo; le stirpi dei Persiani, e le nazioni degli Indi, Goti e Sarmati, Galli, e Ispani, Mauri ed Afri ed Etiopi, e tutti gli altri, dei quali non conosciamo neanche i nomi; ci sono molti popoli, infatti, dei cui nomi non ci venne neppure notizia. Considera di ciascun popolo i vescovi, i presbiteri, i diaconi, i monaci, le vergini, e tutti gli altri laici; e guarda il grande reggitore e capo, e largitore dei doni; come in tutto il mondo a uno dà la pudicizia, a un altro la perpetua verginità, a un altro ancora la misericordia (o la passione dell`elemosina), a uno la passione della povertà, ad un altro la forza di fugare gli spiriti avversi; e come la luce con un solo raggio illumina tutto, così anche lo Spirito Santo illumina coloro che hanno occhi. Poichè se uno che vede poco con l`aiuto della grazia non si dona affatto, non accusi lo Spirito ma la sua propria incredulità.

Avete visto la sua potestà che egli esercita in tutto il mondo. Ora, perché la tua mente non sia rivolta alla terra, tu sali in alto: sali col pensiero fino al primo cielo, e contempla le innumerevoli miriadi di angeli che ivi esistono. Sempre col pensiero, sforzati di salire a cose ancora più alte, se puoi; mira gli arcangeli, mira gli spiriti; guarda le virtù, guarda i principati; guarda le potestà, i troni, le dominazioni. Di tutti questi è stato dato da Dio chi stia loro a capo, il Paraclito. Di lui hanno bisogno Elia ed Eliseo e Isaia tra gli uomini; di lui, tra gli angeli, Michele e Gabriele. Nessuna delle cose generate (o meglio create) è pari a lui nell`onore; infatti tutti i generi degli angeli, e gli eserciti tutti insieme riuniti, non possono avere alcuna parità ed uguaglianza con lo Spirito Santo. Tutte queste cose ricopre e oscura totalmente la buona potestà del Paraclito. Quelli infatti sono inviati per il ministero e questi scruta anche le profondità di Dio; come dice l`Apostolo: "Lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi conosce i segreti dell`uomo se non lo spirito dell`uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio" (1Cor 2,10ss).

Fu lui a predicare del Cristo nei profeti: lui ad operare negli apostoli: ed è lui che fino ad oggi segna le anime nel Battesimo. E il Padre dà al Figlio e il Figlio comunica allo Spirito Santo. E` lo stesso Gesù, infatti, non io, che dice: "Tutto mi è stato dato dal Padre mio" (Mt 11,27); e dello Spirito Santo dice: "Quando però verrà lo Spirito di verità, ecc., egli mi glorificherà, perchè prenderà del mio e ve l`annunzierà" (Gv 16,13-14). Il Padre dona tutto attraverso il Figlio con lo Spirito Santo. Non è che una cosa sono i doni del Padre, e altri quelli del Figlio, e altri quelli dello Spirito Santo; una infatti è la salvezza, una la potenza, una la fede. Un solo Dio, il Padre un solo Signore, il suo Figlio unigenito; un solo Spirito Santo, il Paraclito.


(Cirillo di Aless., Catechesis XVI, De Spir. Sancto, I, 22-24)



2. Lo Spirito del Signore


Paolo, scrivendo a Timoteo, dice: "Custodisci il buon deposito con l`aiuto dello Spirito Santo che abita in noi" (2Tm 1,14). Ai Romani poi: "Non oserei infatti parlare di ciò che Cristo non avesse operato per mezzo mio per condurre i pagani all`obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito Santo (Rm 15,18). E ancora: "Vi esorto perciò, fratelli, per il Signore Nostro Gesù Cristo e l`amore dello Spirito Santo, a lottare con me nelle preghiere che rivolgete per me a Dio" (Rm 15,30). Ai Corinzi: "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio"? (1Cor 6,19). E ancora: "Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito" (1Cor 6,17). Ecco che apertamente qui afferma che c`è lo Spirito del Signore e facendolo ancora più apertamente, così di nuovo scrive ai Giudei: "Fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell`Antico Testamento, perchè‚ è in Cristo che esso viene eliminato. Fino ad oggi, guando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto. Il Signore è Spirito e dove c`è lo Spirito del Signore, c`è libertà" (2Cor 3,14-17). E ancora: "E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l`azione dello Spirito del Signore" (2Cor 3,18). Poichè dunque uno è il Signore Gesù Cristo, secondo la sentenza di Paolo, [questi] chiama il Signore veramente Spirito, e non riconosce alcuna differenza del Figlio e dello Spirito, ma lo chiama col nome del Signore in quanto in lui e per lui naturalmente esistente.


(Cirillo di Aless., De Sanct. Trinit., Assertio 34)



3. Il ruolo dello Spirito Santo


Quanto all`«economia» stabilita per l`uomo dal nostro magnifico Dio e Salvatore Gesù Cristo, secondo la bontà di Dio, chi dunque rifiuterà [di attribuirne] la piena realizzazione dlla grazia dello Spirito? Si considerino pure il passato, le benedizioni dei Patriarchi, l`aiuto portato dal dono della Legge, i «tipi», le profezie, le azioni brillanti in guerra, i miracoli compiuti dai giusti, o le disposizioni relative alla venuta del Signore nella carne, tutto fu realizzato dallo Spirito.

Egli fu all`inizio presente alla carne del Signore, quando di lui divenne l`«unzione» e l`inseparabile compagno, come è scritto: "Colui sul quale vedrai discendere e posarsi lo Spirito, è il mio Figlio diletto" (Gv 1,33; Lc 3,22) e "Gesù di Nazaret, che Dio consacrò in Spirito Santo" (At 10,38). Poi tutta l`attività di Cristo si compì in presenza dello Spirito. Egli era là anche quando fu tentato dal diavolo, poiché sta scritto: "Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato" (Mt 4,1). Ed era ancora con lui, inseparabilmente, quando Gesù compiva i suoi miracoli, perchè "io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio..." (Mt 12,28). Egli non l`ha lasciato dopo la sua Risurrezione dai morti: quando il Signore, per rinnovare l`uomo e per restituirgli - giacché l`aveva perduta - la grazia ricevuta dal soffio di Dio, quando il Signore soffiò sulla faccia dei discepoli, che cosa ha detto? "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20,22-23).

E l`organizzazione della Chiesa? Non è evidentemente, e senza contraddizione, opera dello Spirito Santo? Infatti, secondo san Paolo, è lui che ha dato alla Chiesa "in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori; poi il dono dei miracoli, poi i carismi di guarigione, di assistenza, di governo, di lingue diverse" (1Cor 12,28). Lo Spirito distribuisce quest`ordine secondo la ripartizione dei suoi doni.


(Basilio di Cesarea, De Spir. Sancto, 16, 39)



4. Nello Spirito invochiamo il Padre


Ma ora, è solo una parte del suo Spirito che noi riceviamo, per disporci in anticipo e prepararci all`incorruttibilità, abituandoci a poco a poco a comprendere e a portare Dio. E` ciò che l`Apostolo chiama «caparra» - cioè una parte soltanto di quell`onore che ci è stato promesso da Dio -, allorché nella lettera agli Efesini dice: "E` in lui che anche voi, dopo aver ascoltato la parola di verità, il vangelo della vostra salvezza, è in lui che, dopo aver creduto, voi siete stati segnati con il sigillo dello Spirito Santo della promessa, che è la caparra della vostra eredità" (Ef 1,13-14). Se dunque questa caparra, dimorando in noi ci rende già spirituali e se ciò che è mortale è assorbito dall`immortalità (cf. 2Cor 5,4) - infatti "quanto a voi", dice egli, "non siete nella carne, ma nello Spirito, se è vero che lo Spirito di Dio abita in voi" (Rm 8,9) -, e se, d`altra parte, ciò si realizza non con il rifiuto della carne, bensì per la comunione dello Spirito - in effetti coloro a cui egli scriveva non erano degli esseri disincarnati, ma persone che avevano ricevuto lo Spirito di Dio "nel quale gridiamo: Abba, Padre" (Rm 8,15) -; se dunque, fin da ora, per aver ricevuto questa caparra, noi gridiamo "Abba, Padre", che sarà quando, risuscitati, "lo vedremo a faccia a faccia" (1Cor 13,12)? Quando tutte le membra, a fiotti straripanti, faranno sgorgare un inno di esultanza, glorificando colui che li ha risuscitati dai morti e li ha gratificati della vita eterna? Infatti, se già una semplice caparra, avvolgendo in se stessa l`uomo da ogni parte, lo fa gridare: "Abba, Padre", cosa non farà la grazia intera dello Spirito, una volta data agli uomini da Dio? Essa ci renderà simili a lui e compirà la volontà del Padre, poichè farà l`uomo ad immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1,26).


(Ireneo di Lione, Adv. Haer. V, 8, 1)



5. Il Logos e lo Spirito


E questo discendente di David, che esisteva prima di David, il Logos di Dio, avendo disprezzato la lira e la cetra, strumenti senz`anima, regolò per mezzo dello Spirito Santo il nostro mondo e in modo particolare questo microcosmo, l`uomo, anima e corpo: egli si serve di questo strumento dalle mille voci per celebrare Dio, e canta egli stesso in accordo con questo strumento umano. «Poichè tu sei per me una cetra, un flauto e un tempio» (Anonimo): una cetra, per la tua armonia; un flauto, per il tuo soffio; un tempio, per la tua ragione, in guisa che l`una vibra, l`altro respira e quest`ultimo accoglie il Signore.


(Clemente di Aless., Protrepticon, I, 5, 3)


[Modificato da Coordin. 07/06/2011 08:59]
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14/06/2011 07:56
 
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DOMENICA DOPO PENTECOSTE: SANTISSIMA TRINITA`


Letture: Esodo 34,4b-6.8-9

2 Corinti 13,11-13

Giovanni 3,16-18


1. Padre, Figlio e Spirito Santo, una sola Sapienza


Dunque il Padre è luce, il Figlio è luce, lo Spirito Santo è luce; ma tutti e tre insieme non costituiscono tre luci, ma una sola Luce. Di conseguenza il Padre è sapienza, il Figlio è sapienza e lo Spirito Santo è sapienza, ed insieme non fanno tre sapienze, ma una sola Sapienza. E poiché qui essere è la stessa cosa che essere sapiente, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono una sola essenza. Né qui essere è altra cosa che essere Dio: perciò "il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio" (Eusebio di Vercelli)...

E purché si intenda almeno "in enigma" (1Cor 13,12) ciò che si dice, ci si è accontentati di queste espressioni per rispondere qualcosa quando si chiede che cosa sono i Tre; questi Tre di cui la fede ortodossa afferma l`esistenza, quando dichiara che il Padre non è il Figlio e lo Spirito Santo, che è il "dono di Dio" (At 8,10; Gv 4,10), non è né il Padre né il Figlio. Quando si chiede dunque che cosa sono queste tre cose o questi Tre, ci affanniamo a trovare un nome specifico o generico che abbracci queste tre cose, ma non si presenta allo spirito, perché l`eccellenza sopraeminente della divinità trascende la capacità del linguaggio abituale. Quando si tratta di Dio il pensiero è piú vero della parola e la realtà piú vera del pensiero...

Che ci resta dunque? Ci resta forse da riconoscere che queste espressioni sono state originate dall`indigenza del linguaggio, quando erano necessarie delle lunghe dispute contro le insidie e gli errori degli eretici? Infatti, quando la povertà umana tentava di esprimere con parole adatte ai sensi degli uomini, ciò che nel segreto dello spirito sa, secondo la sua capacità, del Signore Dio suo Creatore, sia per la fede religiosa sia per qualsiasi altra conoscenza, essa ha temuto di parlare di tre essenze, perché non si sospettasse una qualche diversità in quella suprema uguaglianza. D`altra parte non poteva negare l`esistenza di tre realtà perché, per averla negata, Sabellio cadde nell`eresia. E dalla Scrittura risulta, con assoluta certezza, ciò che si deve credere con fedeltà, e l`occhio dello spirito percepisce con piena chiarezza: che esiste il Padre esiste il Figlio, esiste lo Spirito Santo, ma che il Figlio non è io stesso che il Padre, e lo Spirito Santo non è lo stesso che il Padre o il Figlio. La povertà umana si è chiesta come designare queste tre realtà e le ha chiamate sostanze o Persone, con i quali termini volle escludere tanto la diversità di essenza quanto l`unicità delle Persone, in modo da suggerire non solo l`idea di unità con l`espressione «una essenza» ma anche l`idea di Trinità con l`espressione «tre sostanze o Persone»...

Ora, se per le esigenze della controversia si preferisce, pur lasciando da parte i nomi relativi, accettare il plurale, per poter rispondere con una sola parola alla domanda: «che cosa sono i Tre?», e dire «tre sostanze o tre Persone», si badi a tener lontana ogni idea di massa o di estensione, ogni carattere, per quanto piccolo, di dissomiglianza che ci faccia pensare che vi sia qui una cosa inferiore ad un`altra, qualunque sia la maniera in cui uno può essere inferiore ad un altro, cosicché venga esclusa la confusione delle Persone e una distinzione che implichi ineguaglianza. Se l`intelligenza è incapace di comprenderlo, lo si tenga per fede, fino a quando brilli nei nostri cuori Colui che ha detto per bocca del Profeta: "Se non crederete, non comprenderete" (Is 7,9)


(Agostino, De Trinit. 7, 3.6 s.9.12)



2. La manifestazione della divina carità


Chi lavora un campo, lo lavora per conservarlo coltivato. Chi pianta una vigna, la pianta per custodirne le viti. Chi mette insieme un gregge, lo fa per dedicarsi poi a moltiplicarlo. E chi edifica una casa o pone delle fondamenta, anche se già non vi abita, abbraccia il lavoro a cui si sobbarca nella speranza della futura dimora. E perché debbo fermarmi a parlare dell`uomo, quando gli stessi animali piú piccoli fanno tutto per la brama di beni futuri? Quando le formiche nascondono nei loro cunicoli sotterranei chicchi di ogni genere, li depositano, li ammassano tutti per amore della loro stessa vita? Le api, quando costruiscono il fondo dei favi o colgono il polline dei fiori, perché vanno in cerca del timo se non per desiderio del miele? E perché si affannano dietro i fiori, se non per amore della futura prole? Dio dunque, che infonde anche agli animali piú piccoli l`amore per le loro opere, avrà privato solo se stesso dell`amore per le sue creature? Tanto piú che l`amore per ogni realtà buona discende in noi dal suo amore sublime. E` lui infatti la fonte, l`origine di tutto; e poiché, come sta scritto: "In lui viviamo, ci muoviamo e siamo" (At 17,28), da lui abbiamo ricevuto tutto l`affetto con cui amiamo le nostre creature.

Ma tutto il mondo, tutto il genere umano è una sua creatura. Cosí dall`amore con cui amiamo le nostre creature egli ha voluto che noi comprendessimo quanto egli ama le sue creature. Infatti, come leggiamo, "l`intelletto contempla la Sua realtà visibile per il tramite di ciò che è stato fatto" (Rm 1,20); cosí egli volle che noi comprendessimo il suo amore per noi dall`amore che egli ci ha dato per i nostri cari. E come volle - come sta scritto - "che ogni paternità e in cielo e in terra prendesse nome da lui" (Ef 3,15), volle anche che noi riconoscessimo il suo affetto paterno. E dirò solo paterno? Anzi piú che paterno. Lo prova la voce del Salvatore nel Vangelo, che dice: "Tanto infatti Dio ha amato questo mondo da dare il suo Figlio unico per la vita del mondo" (Gv 3,16). E l`Apostolo dice: "Dio non perdonò a suo Figlio, ma lo sacrificò per noi. Come dunque con lui non ci avrà donato tutto?" (Rm 8,32).

Ecco dunque, come ho detto: Dio ci ama piú che un padre il proprio figlio. Ed è evidente che il suo affetto per noi è maggiore dell`affetto per i figli, perché per amore nostro non risparmiò il suo Figlio. E che piú? Aggiungo: il Figlio giusto, il Figlio unigenito, il Figlio di Dio. Che si può dire ancora? Per noi: cioè per i malvagi, per gli iniqui, per gli empi. Chi potrà dunque misurare l`amore di Dio verso di noi?


(Salviano di Marsiglia, De gubernatione, 4, 9-10)



3. L`amore incorruttibile


Ora, nel pieno possesso della mia vita, vi scrivo che bramo di morire. Il mio amore è crocifisso, e non vi è piú in me un fuoco terreno; ma un`acqua viva mormora in me e mi dice dentro: «Vieni al Padre!».

Non gusto piú il cibo corruttibile dei piaceri della vita; voglio il pane di Dio, che è la carne di Gesú Cristo, figlio di David, e voglio come bevanda il suo sangue, cioè l`amore incorruttibile.

Non voglio piú vivere quaggiú...


(Ignazio di Antiochia, Ad Rom. 7 s.)



4. Essere un`anima sola in Dio


State attenti, fratelli, perché riconoscerete qui il mistero della Trinità, in qual modo cioè si possa dire: il Padre è, il Figlio è, lo Spirito Santo è, e tuttavia Padre, Figlio e Spirito Santo sono un solo Dio. Ecco che quelli erano molte migliaia, ma avevano un solo cuore; erano molte migliaia, ma avevano una sola anima. Ma dove avevano un solo cuore e una sola anima? (cf. At 2,32). In Dio. A maggior ragione questa unità si deve trovare in Dio. Forse sbaglio nell`esprimermi, quando dico che due uomini hanno due anime e tre uomini ne hanno tre, e molti uomini ne hanno molte? Di certo mi esprimo giustamente. Ma se essi si avvicinano a Dio, avranno una sola anima. Se coloro che si avvicinano a Dio, per mezzo della carità, di molte anime diventano un`anima sola e di molti cuori un cuore solo, che cosa non farà la stessa fonte della carità nel Padre e nel Figlio? La Trinità non è dunque, a piú forte ragione, un solo Dio? E` da essa infatti che ci viene la carità, dallo stesso Spirito Santo, cosí come dice l`Apostolo: "La carità di Dio è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato" (Rm 5,5).

Se dunque «la carità è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato» e di molte anime fa un`anima sola e di molti cuori fa un cuore solo, a quanta maggior ragione il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo dovranno essere un solo Dio, una sola luce, e un solo principio?


(Agostino, In Ioan. 39, 5)

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