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EFFETTI SOCIALI DELLA CULTURA CRISTIANA

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2023 11:00
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10/03/2010 23:15
 
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Un video sintetico ma che offre una significativa panoramica della promozione della nostra umanità che Cristo e i cristiani coerenti hanno introdotto nel nostro mondo, intervenendo in ogni settore per sollevare dalla miseria ogni uomo, dal grande al piccolo, dal ricco al povero. Ma la cosa più grande che Cristo ha fatto, e qui è stato omesso per ovvie ragioni di concretezza storica, è quello di aver conquistato per tutti la salvezza eterna, portando a compimento il sacrificio per la redenzione di chiunque voglia accogliere il suo perdono.


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Il Cristianesimo abolì la schiavitù
Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù (Gal 3,28)

Natalia Ginzbur, ebrea e atea, dalle colonne dell'Unità il 22 Ottobre 1988, disse:
"Il crocifisso non genera alcuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana che ha sparso per il mondo l’idea di eguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente. Il crocifisso rappresenta tutti perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono eguali e fratelli di tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei, neri e bianchi".

Non ci può essere dubbio che l'idea di eguaglianza essenziale tra tutti gli esseri umani è una idea essenzialmente e originalmente cristiana: chiamando Dio col nome di Padre, tutti i suoi figli sono fratelli, quindi non ci può essere disuguaglianza.
Il cardine fondamentale della legge morale cristiana è infatti l'amore del prossimo: amare gli altri, senza distinzione di ceto, sesso o razza, come sé stessi.

La sparizione della schiavitù è una della più clamorose e stupefacenti rivoluzioni. Un evento unico in quanto la schiavitù esisteva da sempre, tanto da essere ritenuta naturale, un “diritto”.

1. Gustave Bardy (uno dei più grandi e recenti studiosi di Patrologia) descrive la situazione di Roma, patria del diritto, prima dell’arrivo del Cristianesimo:
“All’ultimo posto della società e, almeno in alcuni casi, più vicini agli animali che all’uomo, ci sono gli schiavi.
Essi non sono persone, ma cose, beni di proprietà che si acquistano e vendono, che si utilizzano a discrezione e da cui ci si separa una volta che si cessa di averne bisogno. La legge riconosce agli schiavi alcun diritto civile, così come lo schiavo non è autorizzato a fondare una famiglia, altrettanto è impedito dall’accedere ai culti nazionali".
(La conversione al cristianesimo nei primi secoli, Jaca Book 2002, pag. 19-20)


La Chiesa primitiva sosteneva che lo schiavo fosse uguale all'uomo libero, poichè anch'esso figlio di Dio. Ma i primi cristiani non avevano ancora il potere per stravolgere l’ordine sociale vigente e poterono limitarsi solo a raccomandare il buon trattamento degli schiavi, e ad essi chiedevano di non odiare, e rispettare i loro padroni poiché anch'essi figli di Dio e in questo modo diventare più "liberi" degli stessi uomini romani. Insomma, come si vede dalle lettere di san Paolo, era chiesto di seguire l'insegnamento di Gesù: amare gli altri come sè stessi, perfino i propri nemici (1 Timoteo 6,1).

Via via che il Cristianesimo dilagò per il mondo potè cominciare, attraverso i suoi valori morali, ad attenuare le dure leggi e le abitudini severe del mondo romano per migliorare successivamente le condizioni degli schiavi, che ottennero nel tempo una certa dignità morale. Tutto questo senza "colpi di stato" o manifestazioni di piazza, ma dimostrando quanto fosse più umano imitare l'esempio di comportamento di Gesù Cristo.

1. Nel suo testo, il grande filosofo, critico letterario e antropologo René Girard, mostra come tutte le civiltà precristiane si fondavano sul rito sacrificale del capro espiatorio e sulla pratica culturale dei “sacrifici umani” (nelle religioni pagane, e come meccanismo sociale e politico nello schiavismo o nella pratica di guerra).
E afferma: "I Vangeli si riveleranno da sé potenza universale, demitizzando e distruggendo i meccanismi della persecuzione e della colpevolizzazione della vittima. Tutto questo è stato spazzato via e che lo si sappia o no, responsabili di questo crollo sono i Vangeli"
(Girard, Il capro espiatorio, Adelphi 1999, pag. 164-165).

1. Anche il filosofo tedesco Immanuel Kant era convinto che "il Vangelo è la fonte da cui è scaturita la nostra cultura, tutto ciò che noi chiamiamo la civliltà".


La sparizione della schiavitù non segue una riforma sociale o politica, non proviene dall’eredità della cultura classica (infatti teorizzavano lo schiavismo sia i filosofi greci che il diritto romano), né era patrimonio della tradizione ebraica, tantomeno apparteneva alla cultura islamica, non è stato l’esito di un progresso civile, di un’evoluzione storica: all’origine c’era un uomo: Gesù di Nazareth.

Con l’avvento del cristianesimo fu infatti proclamata la totale uguaglianza –in forza di Cristo- di ebrei e pagani, uomini e donne, schiavi e liberi. Questo annuncio di liberazione raggiunse il mondo intero. L'esempio di Gesù irrompe nella storia e attraverso i cristiani si fa scudo degli uomini indifesi.

E’ particolarmente significativo nel XV° secolo l’impegno dei Trinitari, sorti nel 1198 con l’approvazione di Innocenzo III°, che liberarono, nel periodo della loro attività circa 900.000 schiavi cristiani, lasciando se stessi in cambio. Persino Voltaire riconosceva la bellezza di questa storia esaltante.

1. Leon Bloy, scrittore e saggista storico francese, afferma: "Gesù sta al centro di tutto, assume tutto e si fa carico di tutto, tutto soffre. E’ impossibile oggi colpire un qualunque essere senza colpire lui, è impossibile umiliare qualcuno o annientarlo, senza umiliare lui, maledire o assassinare uno qualsiasi, senza maledire o uccidere Lui".
(Josè Descalzo, Gesù di Nazareth, pag. 25-26).


Dopo la scoperta dell'America si ripropose il problema della schiavitù, Papa Paolo III non esitò a condannare chiunque usasse violenza sugli Indios colonizzati (vedi qui).

Giuristi e filosofi, nel XV° secolo, dichiararono legale la schiavitù dei neri. La Chiesa, da sola, si oppose nuovamente condannando la schiavitù: papa Urbano IIX, con la bolla del 22 aprile 1639 e in modo definitivo da Gregorio XVI° con la lettera “In supremo” del 1839, affermarono: "In virtù della nostra autorità riproviamo il traffico dei negri come indegno del nome Cristiano. In virtù di questa stessa autorità proibiamo e interdiciamo ad ogni ecclesiastico o laico di considerare il traffico dei negri come lecito e sotto qualsiasi pretesto di predicare o insegnare in pubblico o in qualunque altro modo una dottrina in contrasto con quella apostolica" (Gregorio XVI, In Supremo).

Durante il Concilio Vaticano I° (1870) il vescovo Daniele Comboni si battè contro la schiavitù ed il mercato degli schiavi in Egitto.
Era convinto che non si poteva eliminare lo schiavismo a base di trattati come pensavano di fare le nazioni europee e scrisse: "l’abolizione della schiavitù decisa dalle potenze europee a Parigi nel 1856 è lettera morta per l’Africa centrale, propongo la scomunica ai cristiani che cooperano alla tratta degli schiavi, di non restituire gli schiavi che fuggono e che si rifugiano nelle missioni cristiane e di fronte alle proteste dei padroni, di andare in tribunale forti della legge abrogazionista egiziana".

In occasione dei 500 anni dall’invasione dell’America, Giovanni Paolo II°, durante la visita all’isola di Gorè, in Senegal, uno dei porti dove gli schiavi erano venduti all’asta, volle, nonstante tutto l'impegno della Chiesa nei secoli, chiedere agli africani di perdonare il crimine inumano commesso da coloro che si dicevano cristiani, ma che erano lontani dall'insegnamento di Cristo e della Chiesa.

1. Queste evidenze storiche hanno permesso all'atea Margherita Hack di affermare: "Gesù è stato certamente la maggior personalità della storia. Il suo insegnamento, se è resistito per 2000 anni, significa che aveva davvero qualcosa di eccezionale: ha trasmesso valori che sono essenziali anche per un non credente". (Dove nascono le stelle, Sperling & Kupfer, Milano 2004, pag. 198).

2. Il grande storico e politico Benedetto Croce affermò: "Il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta: così grande, così profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. E le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana, in relazione di dipendenza da lei, a cui spetta il primato perché l’impulso originario fu e perdura il suo"
(Dialogo su Dio: Carteggio, 1941-1952)
.
3. Anche l'ateo Albert Camus affermò:"Io non credo nella resurrezione però non posso nascondere l’emozione che sento di fronte a Cristo e al suo insegnamento. Di fronte a lui e di fronte alla sua storia non provo che rispetto e venerazione".


Questa messa al bando della logica dei “sacrifici umani” (a cui apparteneva lo schiavismo) non solo non fece decadere la società, come riteneva Nietzsche (una frase è rimasta famosa: "L'abolizione della schiavitù, presunto contributo alla "dignità dell'uomo", è in realtà l'annientamento di una stirpe profondamente diversa, mediante l'affossamento dei suoi valori e della sua felicità", qui un articolo interessante in merito),
ma fece fare un balzo a tutto lo sviluppo tecnologico. (Vedi qui).

1. Chiudiamo con una frase del grande stoico e filosofo francese Leon Poliakov: "Purtroppo con la frattura protestante, l’avvento della cultura laica, illuminista [l'inizio dell'ateismo] e l’indebolimento della Chiesa, tornerà purtroppo a dominare l’ideologia razziale della diseguaglianza tra gli esseri umani. Addirittura giustificata con teorie scientifiche"(Leon Poliakov, Il mito ariano, Editori Riuniti 1999).
[Modificato da Credente 19/03/2023 11:46]
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10/03/2010 23:18
 
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L'origine della Scienza è nel Cristianesimo
Durante il secolo XVI avvenne la cosiddetta Rivoluzione scientifica grazie a scoperte e conquiste straordinarie.

Esse furono il culmine di molti secoli di progressi sistematici portati avanti dagli scolastici medioevali e sorrette da un'invenzione del XII secolo prettamente cristiana: l'Università (vedi qui).

Scienza e religione non solo erano compatibili, ma addirittura inseparabili, e la scienza nacque grazie a studiosi cristiani profondamente religiosi (vedi qui).
Cito direttamente da Wikipedia, sotto la voce "Storia della concezione della scienza":
"La scienza moderna poggiò le sue basi da questi modelli (Aristotele, Platone ecc..) e Galilei poneva le dimostrazioni necessarie sullo stesso piano della "sensata esperienza". L'ideale geometrico della scienza dominò il pensiero di Cartesio. Isaac Newton stabilì il concetto descrittivo della scienza contrapponendo il "metodo dell'analisi" al "metodo della sintesi".
Piccola divagazione: su Wikipedia, alla voce "Cenni storici" dell'argomento: Metodo scientifico, vengono casualmente citati solo uomini credenti alla base del suo sviluppo: i filosofi della scolastica medioevale, Leonardo da Vinci, Galileo Galilei, Immanuel Kant, e Albert Einstein. Piccola coincidenza...

La scienza si basa su due elementi: teoria, cioè enunciati astratti, e ricerca, cioè osservazioni relative alle previsioni o ai divieti empirici. Perciò la vera scienza, come afferma anche un gigante fra gli storici: March Bloch, non è nata in greca poichè la scienza dei greci, si pensi ad esempio ad Aristotele, Democrito, o ad Empedocle, era o completamente empirica o assolutamente non empirica. Ignorava o non implicava effetti osservabili e quindi l'altro elemento fondamentale della scienza.

I greci non furono veri scienziati.
Nonostante questo qualcuno ritiene ancora, erroneamente, che gli antichi greci furono invece primi a sviluppare e concepire la vera e propria scienza.
Effettivamente gli antichi greci sembrarono sul punto di ottenere la scienza (come afferma anche Lucio Russo nel suo libro "La rivoluzione dimenticata").
Ma perchè la quasi totalità degli storici della scienza non la ritiene "vera" scienza? Perchè, ad esempio secondo Bernard Cohen, "gli ellenistici erano interessati a spiegare il mondo naturale solo attraverso principi generali astratti".
(Cohen, La rivoluzione nella scienza, Longanesi 1988)

Alcuni osservavano la natura in modo attento e sistematico, nonostante Socrate considerasse l'empirismo, come le osservazioni astronomiche, una "perdita di tempo", e Platone fosse d'accordo e consigliasse ai suoi studenti di "lasciar perdere i cieli stellati"
(Mason, Storia delle scienze della natura, Feltrinelli 1971, pag. 104)

David Lindberg, grande storico della scienza, afferma: "I greci crearono reti accademiche coordinate, le famose "scuole", ma produssero solamente filosofie antiempiriche, raccolte di fatti ateoretici, mestieri e tecnologie isolati, che non sfociarono mai nella vera scienza"
(Lindberg, The beginning of western science, University of Chicago Press 1992)
"Non si basavano sull'osservazione (elemento fondamentale della scienza), ma sulla pura teorizzazione. La scienza greca non era scienza perchè mancava totalmente di empirismo essendo costituita da una serie di asserzioni astratte (a volte anche corrette) ma che ignoravano o non implicavano effetti osservabili
(Stark, La vittoria della ragione, Lindau 2005, pag. 44).

Due esempi:
Aristotele sebbene elogiato per il suo empirismo, insegnava che la velocità alla quale un oggetto cade a terra è proporzionale al suo peso, e quindi che una pietra che pesa il doppio di un'altra cadrà due volte più velocemente.
(Aristotele, Il cielo, Rusconi Libri 1999)
Se si fosse recato però a una delle vicine scogliere avrebbe constatato la falsità della proposizione.
Empedocle, ritenuto un grande scienziato dell'epoca, affermava che tutta la materia fosse composta da fuoco, aria, acqua e terra.
(March Bloch, La società feudale, Einaudi Torino 1999)

Il sapere greco ristagnò nella propria logica interna. A parte ulteriori sviluppi della geometria accadde molto poco dopo Platone e Aristotele.
I romani assorbirono il mondo greco, abbracciandone gli insegnamenti. Ma l'apporto della cultura greca non fece progredire intellettualmente il mondo romano in modo significativo. E in Oriente accadde lo stesso.
Addirittura lo storico della scienza Harold Dorn, afferma:
"Il sapere greco esclusivamente ateorico fu una barriera per l'ascesa della vera scienza: non permise il progresso del mondo greco, di quello romano, nè del mondo islamico, dove si preservarono e studiarono con attenzione gli insegnamenti greci".
(Harold Dorn, The Geography of science, Hopkins University Press 1998)

La scienza si sviluppò solo nell'Europa cristiana
Tra i tanti, l'Edward Grant, importante storico e filosofo della scienza, sostiene: la scienza vera si sviluppò solo una volta: in Europa, nell'Europa cristiana.
Ad esempio, la Cina, il mondo islamico, l'India, l'antica Grecia e l'antica Roma avevano un'alchimia molto avanzata, ma in Europa l'alchimia si evolvette in chimica. Molte società svilupparono elaborati sistemi di astrologia, ma solo in Europa l'astrologia condusse all'astronomia. Perchè?
Ci risponde nel 1925 Alfred North Whitehead:
"La scienza ebbe origine in Europa a causa della diffusa fede nelle sue possibilità, essa è un derivato della teologia medievale. Non può provenire che dalla concezione medioevale, la quale insisteva sulla razionalità di Dio".
(Whitehead, La scienza e il mondo moderno, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pag.30)

Il grande matematico e filosofo sapeva bene che la teologia cristiana era stata un elemento di fondamentale importanza per lo sviluppo della scienza in Occidente. Termina quindi dicendo:
"Le immagini di divinità rintracciabili nelle altre religioni, in particolar modo in Asia, erano e sono troppo impersonali e irrazionali per poter incoraggiare la scienza. Mancava quella fiducia che proviene dall'idea dela razionalità intelligibile di un essere personale, propria del cristianesimo".
(Whitehead, La scienza e il mondo moderno, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pag.31)
Infatti la maggior parte delle religioni non cristiane non presuppone una creazione: l'universo è eterno e ciclico, senza principio e scopo. Non essendo creato nn ha un creatore.

Gli scolastici erano in grado di contestare il sapere greco e svilupparono la scienza proprio in esplicita opposizione ad Aristotele e agli altri autori classici. Lo sviluppo della scienza non risultò come prolungamento del sapere classico. Fu la naturale conseguenza della dottrina cristiana: per amare Dio è necessario conoscere e apprezzare a fondo le meraviglie del Suo operato. Essendo Dio perfetto, Ottimo e Massimo Artefice (come lo chiama Copernico, vedi qui), il suo creato funziona secondo principi immutabili che secondo questi scienziati potrebbe essere possibile scoprire attraverso la ragione e l'osservazione atronomica.
La scienza nasce come "serva" della teologia: è esattamente così che percepivano se stessi coloro che presero parte alle grandi conquiste del XVI e XVII secolo, come qualcuno che persegue i segreti della creazione.
"Per Newton, Keplero e Galileo la creazione era un libro che andava letto e compreso".
(Jeffrey, Refernce and Recognition in Medieval Thought, University of Ottawa Press, pag.14).
Nel XVI secolo Cartesio, genio scientifico francese e uomo credente, giustificò la sua ricerca sulle "leggi" naturali sul fatto che tali leggi dovessero esistere perchè Dio era perfetto, e agiva "nel modo più costante e immutabile possibile, tranne nelle rare eccezioni dei miracoli"
(Cartesio, Ouevres, Libro 8, cap. 61)

La cosa paradossale è che gli atei moderni, i cosiddetti atei scientisti, vivono nella speranza e nella fede di poter un giorno dimostrare l'inesistenza di Dio e smentire chi crede basandosi sulla scienza. Compatendoli, ho voluto ricordare a loro che senza l'ingegno e la fede di quei credenti non ci sarebbe stata neanche la scienza moderna.

Per verifiche e approfondimenti:
Peter Hodgson, uno dei tanti scienziati per cui il cristianesimo ha posto le basi "necessarie per lo sviluppo della scienza" - Il sussidiario.
La vittoria della ragione, Rodney Stark, Lindau 2005 pag. 35-40
Scienza, Enciclopedia Treccani
Le origini medioevali della scienza moderna, Edward Grant, Einaudi 2001.
La rivoluzione della scienza, Bernard Cohen, Longanesi 1998.
Science and Creation, Stanley Jaki, Scottish Accademic Pres 1986
La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Thomas Kuhn, Einaudi 1978
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10/03/2010 23:19
 
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Il Cristianesimo ha permesso la diffusione delle Opere Antiche
Se Gesù non ci fosse stato, se non avesse fatto quei due anni e mezzo di vita pubblica, il mondo sarebbe totalmente diverso.
Ad esempio non ci sarebbe più il ricordo delle opere greche e romane.

L'attività maggiore di alcuni ordini monastici era proprio quella di copiatura dei manoscritti. Lo scrittoio (lo scriptorium), che fa parte ancora adesso dei monasteri, è il luogo in cui i monaci, amanti della cultura e del mondo, trascorrevano ore e ore a ricopiare antichi scritti di fondamentale importanza. Wikipedia afferma: "Spesso tali ambienti ebbero grande importanza culturale sia per l'azione di salvaguardia sull'antica cultura latina sia perché costituirono ambiti di pensiero e sviluppo di nuova cultura".

I monaci che svolgevano questa attività venivano definiti Amanuensi. Per dimezzare i tempi di produzione un codice veniva trascritto da due amanuensi: ciascuno ricopiava la metà affidatagli e poi le due copie venivano riunite. Questo sforzo collettivo appare ancora più evidente per i grossi codici di lusso che richiedevano anche l'intervento dei miniatori, i quali entravano in gioco solo dopo che l'opera era stata completamente ricopiata dagli amanuensi.

I monaci di Montacassino inventarono anche un modello di grafia che viene definita: scrittura beneventana.

Nascono così le biblioteche e le università, supportate dal meticoloso lavoro nello scriptorium, ove si ricopiavano i classici dei filosofi antichi, opere che così giungono fino a noi inalterate, senza le quali oggi non sapremmo quasi nulla del nostro passato. Nascono poi i pregiati codici miniati, strumento non solo di evangelizzazione ma spesso anche di alfabetizzazione. Autentiche opere d’arte, dalla Calabria all’Irlanda, come il Codice Purpureo di Rossano Calabro o i Books of Kells di Dublino.

Come è possibile che oggi molti si siano dimenticati di tutto questo?
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10/03/2010 23:25
 
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L'Europa ringrazia il Cristianesimo
Se Gesù non ci fosse stato, se non avesse fatto quei due anni e mezzo di vita pubblica, il mondo sarebbe diverso.

Non lo dico io, ma, fra i tanti, un famoso storico e scrittore di nome Thomas Woods nel suo libro: "Come la Chiesa Cattolica ha costruito la civiltà occidentale" (Cantagalli 2007), e un sociologo delle religioni e accademico, Rodney Stark nel suo testo: "La vittoria della ragione" (Lindau 2005), dai quali ho preso spunto per questo articolo.

Farò un elenco di attività monastiche e per ognuna c'è un link diretto all'enciclopedia online Wikipedia, così che possiate verificare la veridicità di quel che dico (consiglio: una volta all'interno di Wikipedia utilizzate la funzione "cerca nella pagina" di Internet Explorer o di Mozilla Firefox, inserendo le parole "monaci" o "monasteri").
Chi vorrà confutare quel che dico, prima di rivolgersi a me, dovrà smentire i numerosissimi autori che ho citato (oltre che l'enciclopedia Wikipedia).

Se Gesù non fosse nato, non ci sarebbe più il ricordo e le opere dell'antichità greca e romana e i manoscritti importantissimi che furono tramandati dai monaci (vedi anche qui).
Essi, vivendo in fraternità, umiltà ed obbedienza, trascrivevano, appunto, codici, dissodavano campi, dipingevano miniature, sanavano le paludi, costruivano le abbazie, inventavano sistemi di irrigazione e coltivazione.

Senza Gesù non ci sarebbero state nè Scuola, nè Università, nè le miriadi opere di carità, nè la nascita della scienza moderna e lo studio della stessa (vedi qui) e chiaramente neanche la Musica occidentale e non.
Grazie al monaco Guido D'arezzo, cominciò ad esistere la notazione musicale, e anche gli Ospedali ebbero origine dai religiosi cristiani. Adalberto Pazzini, storico della medicina, dice: "La carità cristiana si esplicò in una organizzazione che la primitiva Chiesa istituì in favore dei sofferenti e, principalmente degli ammalati. Ad essa conseguente è il concetto di "ospedale" come luogo in cui, per solo e unico spirito di carità, si ospitavano i malati cui mancasse ogni possibiltà di risorsa".
(Pazzini, Storia dell'arte sanitaria dalle origini a oggi, Edizioni Minerva Medica 1973, pag. 370-372).

Non esisterebbe nemmeno la moderna economia col suo inedito benessere, poichè sempre i monaci -seguendo l'esempio di Gesù lavoratore- nobilitarono il lavoro manuale, un tempo ritenuto prerogativa degli schiavi, al livello divino della preghiera, e trasformarono l'Europa devastata dalle invasioni barbariche e coperta di foreste selvagge e acquitrini, in un giardino fertile e rigoglioso.

Henry Goodel (ex presidente del Massachusetts Agricultural College) disse: "I monaci benedettini, lungo un arco di 1500 anni salvarono l'agricoltura, dobbiamo ai monaci la ricostruzione di gran parte dell'Europa".
Quindi la sopravvivenza di milioni di persone. Non a caso lo storico belga Henri Pirenne li definisce: "Educatori economici" (Città medioevali, 1925), e persino lo statista e storico francese del Novecento François Guizot, che non nutriva particolari simpatie per la Chiesa Cattolica, osservò: "I monaci benedettini furono gli agricoltori d'Europa. La pulirono su larga scala, associando agricoltura e predicazione". Perfino la celebre bellezza del paesaggio italiano -sopratutto la campagna umbra e toscana- porta il segno vivo del cattolicesimo che -secondo Franco Rodano (politico, politologo e filosofo), ripreso poi dal filosofo marxista Mario Tronti in "Rivista Trimestrale n. 3-4/87)- ha plasmato "la millenaria capacità contadina (conservata dalla Controriforma) di vivere il lavoro non solo come duro travaglio disseminato di "spine e triboli", ma anche come accurata e paziente ricerca, al tempo stesso, del necessario e del bello".
(Rodano, Lettere dalla Valnerina, La Locusta 1986)

Lo storico, sociologo e accademico Rodney Stark afferma: "L'abolizione della schiavitù portò all'invenzione di macchine per sfruttare l'energia idraulica che i monaci usavano per battere il frumento, setacciare la farina, follare i pani e per la conciatura".
(Stark, La vittoria della ragione, Lindau 2006, pag. 51-62).

Lo stesso Woods, afferma:
I monaci insegnarono ai contadini a dissodare, bonificare, coltivare e irrigare e l'Europa divenne fertile.
(Woods, Come la Chiesa Cattolica ha costruito la civiltà occidentale, Cantagalli 2007).

I monaci introdussero e rinnovarono l'allevamento del bestiame e dei cavalli, la fabbricazione della birra, l'apicoltura, la frutticoltura (i frati della Chartreuse de Paris moltiplicano tra il 1650 e il 1789 più di un milione di piante da frutto) e la viticoltura in particolare.

"Dovettero ai monaci la propria esistenza il commercio del grano in Svezia, la fabbricazione del formaggio a Parma e i vivai di salmone in Irlanda.
(Woods, Come la Chiesa Cattolica ha costruito la civiltà occidentale, Cantagalli 2007, pag.39).

Hanno origine nei conventi anche la produzione del vino e la stessa scoperta dello Champagne, che risale al monaco benedettino Dom Perignon dell'Abbazia di Saint Pierre a Hautvillers sulla Marna.

"Che fosse la macinatura del sale, del piombo, del ferro, dell'allume o del gesso, o la metallurgia, l'escavazione del marmo, il forgiare piastre di metallo, non vi era alcuna attività in cui i monaci non dessero prova di creatività e di uno spirito di ricerca fecondo. I benedettini sapevano incanalare il proprio lavoro verso la perfezione. La perizia coltivata nei monasteri si sarebbe diffusa per tutta l'Europa"
(Woods, Come la Chiesa Cattolica ha costruito la civiltà moderna, Cantagalli 2007, pag. 43)

Senza Cristo non ci sarebbe neanche il matrimonio così come oggi lo conosciamo, poichè prima di Gesù la moglie e le mogli erano di proprietà del marito. Il filosofo de Rougemont afferma: "I popoli cristianizzati conoscono, grazie all'insegnamento della Chiesa e dei Santi, l'amore monogamico e indissolubile. Prende inizio quella unione di uomini che si chiama: famiglia.
(De Rougemont, L'amore e l'occidente, Rizzoli 1977, pag. 110)

Perfino il diritto internazionale è debitore di Francesco de Vitoria, sacerdote e teolgo.

Senza Gesù non avremmo nemmeno avuto uno Stato Laico perchè è Gesù che ha desacralizzato il potere, il quale da sempre aveva usato le religioni per assolutizzare se stesso. Dopo Gesù, Cesare non si può più sovrapporre a Dio e non può più avere potere assoluto sulle persone e sulle cose ("Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" Mc 12,13-17).

Tutto questo nasce in modo spontaneo, non da progetti sociali o politici, ma solo dalla certezza del destino, dall'amore alla vita propria e degli altri, alla realtà e all'uomo, caratteristiche portate nella storia da Gesù Cristo e a cui miliardi di uomini, monaci o laici, si sono ispirati dando origine alla civiltà moderna.

Si capisce così l'affermazione di Benedetto Croce (per citazioni di altri filosofi e storici guarda qui):
"Il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta: così grande, così profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non meraviglia che sia apparso o possa ancora apparire come un miracolo, una rivelazione dall’alto, un diretto intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo affatto nuovo. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. E le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana, in relazione di dipendenza da lei, a cui spetta il primato perché l’impulso originario fu e perdura il suo".
(Croce, Perché non possiamo non dirci cristiani, 1942)
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18/04/2010 23:32
 
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Thomas E. Woods, Jr
Come la Chiesa cattolica ha costruito la civiltà occidentale

recensione di Mario Secomandi - 10 luglio 2007

Thomas E. Woods, Jr., giovane storico americano, nel suo nuovo saggio Come la Chiesa cattolica ha costruito la civiltà occidentale, smonta pezzo dopo pezzo tutto l'edificio di falsità messo su dalle correnti illuministiche radicali, secondo cui il cattolicesimo, prevalente soprattutto nell'epoca medievale, sarebbe stato portatore di oscurantismo e regresso. Al contrario, egli mette bene in evidenza come lo stesso cattolicesimo e la Chiesa cattolica romana siano stati i massimi fautori e protagonisti del fiorire della civiltà europea e poi di quella insediatasi nelle Americhe in coincidenza con le nuove scoperte geografiche. Occorre allora fare piazza pulita delle bugie fattesi sistema ad opera della sinistra laicista ed anticlericale oggi ancora culturalmente egemone, la quale pretende di continuare ad imporre la propria visione ideologica e menzognera di un Medioevo contrassegnato solo da barbarie e «secoli bui» a causa del cattolicesimo, dopo il quale sarebbe sopravvenuto un illuminismo ed una secolarizzazione portatrici di vera luce, progresso, pace ed eguaglianza, frutto appunto della messa da parte della religione. Un simile quadro tanto in voga nell'approccio culturale della sinistra non corrisponde a verità. E' vero semmai il contrario.

L'opera grandiosa del cattolicesimo è stata quella di aver preso il meglio delle civiltà antiche e classiche, come quella greco-romana, per poi rifondere il tutto nei valori della libertà e della centralità della persona umana, principi sconosciuti a qualsivoglia altra civiltà, fino a porre le fondamenta teoriche e pratiche della modernità e della stessa democrazia. La Chiesa cattolica è stata l'edificatrice della civiltà occidentale. Nei giorni davvero più bui, caratterizzati dal dissolvimento dell'impero romano ad opera delle invasioni barbariche, è stata proprio la Chiesa a rappresentare il fondamentale ruolo di luce che fa rinascere, costituendo un indispensabile argine contro la regressione socio-politica e culturale determinata dall'imporsi del coacervo delle tribù barbare, fino all'appoggio dato da essa a Carlo Magno, il quale ha fondato sul cattolicesimo la nuova Europa post-imperiale. Da ciò scaturì il venir fuori di una civiltà migliore di tutte le altre. Pratiche antiche amorali come l'infanticidio o i combattimenti gladiatori erano state soppresse, e furono istruiti gli stessi barbari.

Carità, moralità e giustizia sono anch'esse doni specifici del cattolicesimo. Ciò che consentì di conservare e trasmettere il sapere e la cultura, e di gettare le basi di una civiltà le cui popolazioni avessero modo di vivere in giustizia, amore, operosità, solidarietà, libertà, progresso, sviluppo e pace, fu proprio l'opera straordinaria del monachesimo, che pose esso stesso un argine di ordine al precedente caos socio-politico. La «Regola» di san Benedetto da Norcia sta difatti alla base della rinascita europea. In un'era contrassegnata da dissolvimento e collasso sociale, inquietudine e disperazione morale, la tradizione benedettina costituì un'isola di amore, pace ed ordine, con i monaci che assunsero la funzione di modello d'ispirazione per tutti. Ricchi e poveri, potenti e diseredati si ritrovarono ad aderire al regime spirituale dell'ordine benedettino, e così si rifondò la civiltà più evoluta, bella e giusta del mondo, cioè quella europea ed occidentale. I monaci non si occuparono a livello vocazionale solo di fede e spiritualità, ma svilupparono le arti pratiche, dal lavoro manuale all'agricoltura fino alla bonifica di terreni paludosi; diedero vita a nuovi metodi di produzione, dai raccolti alle industrie passando per l'allevamento del bestiame, fino all'arte dell'irrigazione; furono portatori di abilità tecnologica, inventando nuovi sistemi idraulici, sperimentando grandi reti di comunicazione, sviluppando l'abilità metallurgica; seppero costruire anche ponti e strade. I monaci si distinsero in opere di carità e furono fautori della copiatura dei codici, ciò che permise di far sopravvivere la letteratura classica e latina e conservare la Bibbia ed i testi religiosi. Essi furono inoltre validi insegnanti, contribuirono all'alfabetizzazione della popolazione e costruirono ospedali.

E' da rimarcare come proprio grazie all'esistenza ed all'opera della Chiesa cattolica e dei suoi uomini siano nate nei secoli scorsi le università, la scienza, l'arte, l'economia ed il diritto, tutti elementi specifici della nostra civiltà occidentale, e cose che non sono affatto sorte nelle altre civiltà. I papi furono i primi a difendere e promuovere le istituzioni universitarie alla stregua di luoghi di libertà di ricerca, dibattito scientifico e diffusione del sapere, all'insegna dell'incontro tra fede e ragione, e furono mecenati di numerosi artisti, da Michelangelo a Raffaello fino a Bramante. Le arti figurative e le grandi cattedrali sono espressione solo del cattolicesimo. La teologia cristiana sta poi alla base della nascita e sviluppo della scienza, la quale può sorgere solo in un contesto in cui Dio viene concepito come un fatto razionale ed ordinato, e si crede nella regolarità dei fenomeni naturali, da cui un'indagine scientifica formale e sistematica. Ciò non è possibile sia nell'islam, perché esso esclude l'esistenza di leggi fisiche coerenti e postula l'assoluta autonomia arbitraria e capricciosa di Allah, che nelle filosofie orientali, il cui panteismo e deismo cozzano col considerare l'universo come regno d'ordine e prevedibilità. Sacerdoti e credenti formularono le teorie che diedero vita all'economia moderna con alla base il libero mercato, contro statalismo e collettivismo.

Frutto del cattolicesimo è inoltre il diritto naturale, che consiste in quell'insieme di pretese morali universali che preesistono allo Stato e sono proprie di tutti gli uomini e donne, da cui l'inveramento dei principi di libertà, eguaglianza e democrazia. E' ora che l'Europa rimetta al primo posto il riconoscimento delle proprie radici cattoliche. Abbiamo già visto che quando esse sono negate è l'intera nostra civiltà che soccombe. Non lo si dimentichi. Mai.
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19/05/2010 19:42
 
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CONTRIBUTO DEL CRISTIANESIMO AL PROGRESSO SOCIALE
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Il  cristianesimo ha contribuito o penalizzato la civiltà?Secondo una diffusa pubblicistica, il cristianesimo è stato causa di sventure e di calamità che hanno contraddistinto gli ultimi due millenni della storia occidentale: dall'Inquisizione alle Crociate, dalla compravendita della salvezza con le indulgenze alla lotta della Chiesa per il potere temporale. Nonostante l'evidente contributo del cristianesimo alla nascita e allo sviluppo della cultura, dell'arte, della musica, della scienza, del diritto, vengono pubblicati articoli e libri in cui la storia della cattolicità  viene ridotta a una accozzaglia di racconti folcloristici che avrebbe tenuto l'umanità nelle tenebre della superstizione per secoli, causando discriminazioni, persecuzioni e delitti. Per cercare di dare risposta a tutte queste accuse, e soprattutto per fornire una analisi oggettiva di quanto il cristianesimo abbia contributo allo sviluppo della civiltà, Francesco Agnoli ha scritto il libro : "Indagine sul cristianesimo. Come si costruisce una ...

... civiltà" (Piemme). Docente di Liceo, Agnoli collabora con «Il Foglio», «Avvenire», «Il Timone», «Radici Cristiane» e Radio Maria. È autore di diverse pubblicazioni, tra le quali: Storia dell'aborto nel mondo, 1968 e La liturgia tradizionale (Fede & Cultura); Dio, questo sconosciuto e Chiesa, sesso e morale (insieme a Marco Luscia, Sugarco); Roberto Grossatesta. La filosofia della luce (ESD). Per Piemme ha già pubblicato Perché non possiamo essere atei. Il fallimento dell'ideologia che ha rifiutato Dio (2009).

Il volume racconta i tanti meriti del cristianesimo dalla protezione dell'infanzia all'abolizione della schiavitù, dalla lotta contro la magia alla rivalutazione della figura e del ruolo della donna, dall'impegno per la giustizia sociale alle lotte per i diritti di libertà e rappresentanza politica, dalla promozione all'istruzione alla fondazione degli ospedali e delle opere sociali, fino alle più recenti battaglie in favore della vita e della famiglia.

Per comprendere le ragioni di questa apologia del cristianesimo, ZENIT ha intervistato Francesco Agnoli.

Quali sono secondo lei le parole, le storie e le idee espresse  da Gesù Cristo che hanno avuto diretta influenza sullo sviluppo delle civiltà?

Agnoli: Tutta la vita di Gesù ha avuto una influenza enorme sulla nostra storia: basti pensare all'idea della Sacra Famiglia: per secoli abbiamo ritenuto che un padre, una madre e un figlio fossero la famiglia ideale. Né poligamia, né asservimento della donna, né chiusura alla vita... Dopo duemila anni di cristianesimo, oggi ci si chiede se un uomo e una donna servano a fare una famiglia o bastino due uomini; ci si chiede se la vita dei figli sia ancora sacra, o sottoposta al capriccio dei genitori... Basta guardare un quadro della Sacra Famiglia per capire cosa è umano, cosa corrisponde alla nostra natura e cosa no. Cristo ci ha insegnato anzitutto ad essere uomini veri, e come tali creature la cui dignità deriva dall'essere figli di Dio. Ci ha insegnato il valore della Verità e quello della Carità.

Oggi molti giornali parlano della Chiesa cattolica come di una banda di pedofili, ma lei sostiene che nella storia i cristiani si sono distinti per la strenua difesa dei bambini fin dal concepimento, hanno lottato contro l'infanticidio, hanno costruito scuole, orfanotrofi, ospedali... Può illustrarci il suo punto di vista?

Agnoli: La Chiesa ha inventato gli orfanatrofi, gli ospedali, il concetto stesso di dignità umana. Per quanto riguarda i bambini la nostra Fede ci insegna che Dio stesso si è fatto bambino. Questa idea ha cambiato la storia dell'infanzia: nel mondo pagano antico, ma anche oggi nel mondo non cristiano, l'uccisione dei bambini già nati era considerata lecita, normale. Nell'antica Roma il padre aveva diritto a riconoscere il figlio o meno: se non lo faceva lo abbandonava alle bestie, alla morte, oppure lasciava che fosse fatto schiavo da qualcun altro.

Il mito di Romolo e Remo e quello di Edipo ci dicono, insieme naturalmente alle fonti storiche, quanto fosse diffusa l'esposizione alla morte dei bambini, di quelli malati, di quelli non voluti, di quelli temuti per motivi di superstizione vari.  Il primo a considerare l'infanticidio un delitto sarà Costantino, l'imperatore convertito. Oggi, che la perdita della fede caratterizza sempre più la nostra società, anche la sacralità della vita si perde: penso non solo all'aumento della pedofilia in tutta la società, che data dagli anni Sessanta, cioè dalla cosiddetta rivoluzione sessuale, ma anche alla sempre maggior diffusione dell'aborto, anche agli ultimi mesi di gestazione, o all'eutanasia sui bambini in Olanda...oppure alla piaga dei divorzi, le cui vere vittime, milioni ogni anno, sono anzitutto i figli.

Quali sono secondo lei i principali contributi alla civiltà apportati dalla cultura e dalla fede cristiana?

Agnoli: Il cristianesimo ha cambiato la condizione della donna e dei bambini; ha portato il concetto di libertà: nel mondo romano più di un terzo della popolazione era schiavo, e poteva essere ucciso, marchiato a fuoco, bruciato... Ha posto fine ai giochi gladiatorii, cioè a migliaia e migliaia di persone sacrificate nei circi e nelle arene agli dei inferi e alla folla plaudente; ha sostituito i sacrifici umani, presenti in tutte le religioni del mondo, con il divino sacrificio della Messa; ha creato l'istituzione dell'ospedale; ha contribuito alla nascita delle università e del pensiero scientifico; ha generato la gran parte dell'arte di cui la nostra Italia è scrigno privilegiato...

Cosa manca alla  Chiesa oggi per far conoscere le ragioni della fede cattolica e rinnovare la società con l'umanesimo cristiano?

Agnoli: Alla Chiesa di oggi mancano certamente i santi, gli uomini innamorati di Cristo che hanno fatto la storia della nostra civiltà, benché sui libri di storia compaiano di rado. Nel mio libro narro molte di queste storie di grandezza umana, nate dall'amore per Cristo e da una visione soprannaturale della realtà. Il cristianesimo di oggi è molto poco spirituale, molto orizzontale, umano, terribilmente condizionato dalle ideologie utopiche dell'Ottocento e del Novecento. E' un cristianesimo che non appassiona perché manca spesso di slancio, di generosità, di affidamento nella Grazia nella grandezza di Dio.

Perché nel periodo dopo il Concilio Vaticano II una parte della Chiesa cattolica sembra aver avuto paura di fare apologetica?

Agnoli: Perché si è voluto dialogare col mondo, aggiornarsi, conformarsi al mondo. Ma come diceva Chesterton il mondo non ha bisogno di una Chiesa che si muova dietro di lui e  con lui, ma di una Chiesa che muova il mondo, lo vivifichi e lo sproni: al Bene, al Vero, all'unico fine dell'uomo che è la salvezza eterna.

Intervista a Francesco Agnoli, autore di "Indagine sul cristianesimo" di Antonio Gaspari (fonte Zenit)

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16/01/2011 18:23
 
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ASSISTENZA DEGLI INFERMI

Con l'avvento del cristianesimo, il concetto di "assistenza" assunse un valore ed un significato particolarmente importante.
Con l'uscita della Chiesa dalla penombra delle catacombe, andò diffondendosi la pratica dell'assistenza caritativa ai poveri e agli ammalati In questa epoca, assistiamo, difatti, alla diffusione di ospedali intesi soprattutto come asili di carità, piuttosto che come istituti con una qualche base scientifica e terapeutica. Queste istituzioni avevano anche il compito di esercitare la pietas verso le persone diseredate: non pei nulla esse sorgevano presso le sedi episcopali e i monasteri. Vi era un ricovero per i vian­danti presso ogni vescovado, dove naturalmente si ospitavano con maggior sollecitudine gli ammalati. Perciò, nei primi secoli del cristianesimo, i ricoveri aperti dai vescovi e dai cristiani facoltosi (ma anche i primi cenobi} erano, insieme, ospizi di pellegrini e ospedali per gli infermi. Molto spesso i nosocomi finivano per essere solo semplici ospizi per poveri, vecchi e pellegrini assumendo rispettivamente i nomi di ptochia, gerontocomi e xenodochia.
Vennero anche aperti i primi brefotrofi e orfanotrofì riservati rispettivamente ai bambini e agli orfani.
Particolarmente importanti furono le istituzioni ospedaliere sorte in Oriente, dove le comunità cristiane erano meglio organizzate e i mezzi più abbondanti per la presenza della capitale dell'Impero I primi ospedali sorsero a Costantinopoli per opera di S Elena (la madre di Costantino Magno) e dei senatori Zotico ed Ebobulo, ma i più importanti furono sicuramente gli xenodochia aperti da S Basilio, tanto vasti da essere chiamati “piccole città"
Quando, poi, ebbero inizio i pellegrinaggi verso la tomba dell'apostolo Pietro a Roma, gli xenodochia si moltiplicaiono anche nella capitale dell'Impero di Occidente. Nel secolo VI, il papa Pelagio stabilì un ricovero per i poveri nella propria dimoia, seguendo le orme di S. Simmaco presso le chiese di S. Paolo e S. Lorenzo.
Sulle grandi vie che conducevano a Roma, via d'Italia e d'Europa sor­sero molti ricoveri, le scholae peregrinorum dei Sassoni, Longobardi e Franchi, diffuse e sostenute dai vari sovrani cristiani dell'epoca.
In questo periodo ricordiamo come S.Bernardo da Mentone fondò l’ospizio del piccolo S. Bernardo. Ludovico il Pio fondò l’ospedale del Cenisio, S.Anselmo di nonantola, fondando il suo monastero, vi annettè un vasto ospedale così come tutte le fondazioni monastiche sorgevano attrezzate di centri di accoglienza per i malati.
Nella sola Francia sono circa 200 gli ospedali di fondazione anteriore al secolo XIII, a cominciare da quello di Childenco a Lione (nel 512) fino al celebre HoleI Dieu istituito a Parigi dal vescovo Landrio (nel VII secolo)
Inoltre, c'erano le labbroserie, nel XII erano circa 2000, tutte gestite dai monaci antoniani di Vienne, in Provenza.
L'ospedale, in seguito a questo periodo storico, si affermò come hospitium, luogo dell'ospitalità.
Nel periodo delle Crociate nacquero i primi ordini cavallereschi e ospita­lieri, come quello di S Giovanni di Gerusalemme, di S.Lazzaro, dei Templari e dei Teutonici e sorsero vari asili con il compito fondamentale di assistenza agli infermi.
Tutte queste strutture vennero, poi, assunte dai vari Stati come mezzo di difesa sociale contro le malattie. Non ci fu nessun progresso per la medicina nel Medioevo, la stessa attività di igiene e di sanità pubblica venne addirittura cancellata. L'unico sviluppo del sistema ^ospitaliere" fu quello guidato dalla Chiesa .
L’evoluzione storica degli ospedali.
II concetto di ospedale si è evoluto nei secoli passando da una concezlone esclusivamente laica ad una religiosa, pur conservando la funzione medica anche se I’aspetto sociale diventa sempre più importante. In Occidente si impose il concetto di ospedale come casa di accoglienza per i diseredati e gli uomini fragili. L'ospedale divenne quindi un'istituzione con funzione assistenziale, specialmente a favore dei bisognosi ammalati e invalidi, viandanti e pellegrini, orfani e donne incinte, oltre che poveri e mendicanti. L'aspetto medico era secondario, i posti letto erano limitati, le spese medicinali costituivano una minima parte del bilancio e molti non avevano neppure un medico. Del resto gli unici malati, che venivano accolti negli ospedali, erano solamente quelli poveri, i ricchi si facevano curare nelle loro abitazioni dove era possibile una maggiore igiene.
Nel XIII secolo gli ospedali e i lebbrosari aumentarono a dismisura, secondo alcuni ne esistevano 19000 presso i quali prestavano la loro opera i religiosi. Si assistette ad un incremento degli istituti di beneficenza e ad uno sviluppo delle fondazioni già esistenti.

Verso la fine del Medioevo, la rete assistenziale venne nazionalizzata, vari istituti furono unificati e nacquero vari ospedali maggiori, che riunivano competenze prima disperse.
La causa di questo cambiamento, per molti studiosi, e da ricercarsi nel­la stessa incapacità della medicina dell'epoca di affrontare e risolvere le nuove e pericolose patologie, che si andavano diffondendo sempre più.
Si sviluppano, in questo stesso periodo, le confraternite (associazioni con fini misti di culto e beneficenza) e gli ordini religiosi ospedalieri (congrega/ioni religiose dedite alla preghiera, alla meditazione, e anche all'assistenza degli infermi). Fra gli ordini secolari, molti dei quali sopravvivono ancora oggi, possiamo ricordale gli infermieri dell'ordine del Santo Spirito (fondato a Montpellier nel 1160), l'ordine di san Camillo, fondatore della congrega/ione ospedalieri dei Ministri degli infermi, l'or­dine dei fratelli dell'ospitalità di san Giovanni di Dio (conosciuto in Italia come i "Fatebenefratelli"). la confraternita delle Figlie della carità, dive­nuta poi ordine di laiche. Quest'ultimo ordine fu fondato da san Vincenzo de' Paoli (1581-1660), la cui attività organizzativa in campo caritativo eb­be nel '600 una straordinaria importanza sociale oltre che religiosa.
In molti ospedali, le suore di San Vincenzo divennero il fulcro dell'in­fermieristica.
Negli ospedali di questo periodo si potevano trovare sia il bambino abban­donato che il vecchio, lo storpio, il demente, la partoriente e il morente.
II concetto di ospedale, infatti, faceva riferimento ad una istituzione con il compito di esercitare la pietas verso le persone diseredate. In pratica una vera e propria "casa di accoglienza" per tutti i bisognosi.
Un esempio è l'ospedale diventalo noto come il "Fatebenefratelli". Sorto nella seconda metà del '500 a Roma, ad opera dell'ordine dei fratelli dell'ospitalità di san Giovanni di Dio, sull'Isola Tiberina. In questa struttura i regolamenti prevedevano le modalità con cui accogliere le persone malate e quelle emarginate. In genere ogni derelitto, che entrava nell'ospedale, veniva ac­colto dal priore in persona, il quale gli lavava i piedi e distribuiva il vitto dopo la preghiera comune sia ai frati infermieri che ai malati. E’ evidente come i religiosi dell'ordine dei fratelli dell'ospitalità di san Giovanni di Dio si ispirassero al modello della carità cristiana per esercitare la pietas del servizio ai malati. Era questa la concezione alta di ospedale inteso come Hospitium, non pensato cioè unica­mente in funzione dei malati bensì degli emarginati in genere. Si voleva in realtà, difendere la parte sana della società da quella 'malata".
Sorsero e si diffusero rapidamente in tutta Europa due precise istituzioni, i lebbrosari e i lazzaretti sviluppatisi all’interno della più ampia tipologia delle strutture ospedaliere.
Tale funzione fu anche materia di un editto reale nella Francia del 1662 il quale decretava la costruzione di ospedale generale per ogni città e grande villaggio allo scopo di rinchiudervi i po­veri che sarebbero stati cosi educati alla devozione cristiana e al lavoro.
4104 La trasformazione degli ospedali
Nel secolo XVI in seguito a vari capovolgimenti sociali politici e reli­giosi, l'organizzazione ospedaliera subì un profondo mutamento. Gli ospedali assunsero il carattere di istituzioni pubbliche concepite come mezzi di difesa sociale dalla malattia, tornando ad essere organizzati principalmente dallo Stato: da questo momento storico la funzione terapeutica lasciò a desiderare.
Naturalmente continuavano ad esistere istituti di carattere religioso-assistenziale: brefotrofi, convalescenziari, ricoveri per mendicanti ed orfani. Ed anche negli ospedali del mondo occidentale, organizzati dallo Stato, continuavano a prestare la loro opera molti religiosi.
Nelle nazioni meno sviluppate in ogni caso, i missionari, e volontari cattolici hanno sempre prestato e continuano a prestare la loro preziosa opera di assistenza agli infermi e ai più deboli. Basti qui ricordare semplicemente l’opera di Madre Teresa di Calcutta che in India ha saputo portare con la forza dell’amore, le cure necessarie a tantissime persone, non solo personalmente, ma soprattutto fondando un ordine contemplativo-assistenziale che continua e dilata la sua opera. Si tratta delle missionarie della carità.

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05/05/2011 22:19
 
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I monasteri: centri di promozione di civiltà, di cultura, di arte
e di rispetto dell'uomo.


Il monachesimo è uno dei modi con cui la Chiesa cattolica ha influito sulla vita religiosa e civile dei popoli .

Monasteri centri di vita spirituale: preghiera comune, Liturgia solenne con partecipazione delle popolazioni vici­ne, purezza di fede e di vita cristiana, educazione religio­sa della gioventù, direzione delle coscienze, conservazione e diffusione del cristianesimo, moderazione degli istinti bel­licosi delle genti barbare.

2) Perché furono centri di vita culturale?

Monasteri centri di vita culturale: studio di teologia, Sacra Scrittura, filosofia, letteratura classica, scienze. Biblio­teche e laboratori per la trascrizione dei libri antichi (co­dici). Scuole di tipo elementare, medio, universitario per monaci e per ragazzi e giovani affidati alla loro educazione. Con notevole larghezza di idee, i monaci non conservaro­no i capolavori della sola letteratura cristiana, ma anche di quella pagana, che altrimenti sarebbero andati distrutti sor­to le ondate dei barbari.

3) Perché furono centri di vita sociale?

Monasteri centri di vita sociale ed economica: dissodamento di terre abbandonate e coltivazione con criteri più moderni di gran parte d'Italia e d'Europa! I monaci la­vorano insieme ai loro dipendenti, con perfetta collabora­zione, rispetto reciproco e senso della dignità del lavoro. Al lavoro agricolo si aggiunge l'allevamento del bestiame. Poi le officine industriali, non solo per use dei monasteri, ma per la vendita di prodotti finiti. Vive correnti di com­mercio e di scambio si avviano tra città e monasteri. Il dissodamento dei terreni cammina di pari passo con i siste­mi di irrigazione, l'appoderamento, la costruzione di case coloniche con magazzini, stalle, cantine.

La tecnica di coltivazione e di allevamento progredi­sce, così anche la tecnica per la conduzione delle aziende agricole ed artigiane I rapporti tra monasteri e dipendenti sono regolate da contratti regolari, che migliorano quelli previsti dal diritto romano e ne introducono nuovi: enfi­teusi, colonie parziali e perpetue, mezzadrie, ecc. Onesta ondata di civilizzazione ha come conseguenza il ripopola­mento delle regioni distrutte e disabitate in seguito alle invasioni barbariche. I monasteri servivano anche come difesa dalle incursioni.

Dal 1100 al 1300 sono sorte le più belle cattedrali del mondo e sono una testimonianza del fervore di fede dell’unità con la gerarchia che animava tutto il tessuto sociale di quell’epoca.

Abilissimi architetti, ingegneri, muratori e semplici manovali lavoravano ovunque con l’intento di lasciare dei segni tangibili del loro senso religioso e dell’alta concezione delle cose sacre che coinvolgeva profondamente ogni espressione della quotidianità.

Era il popolo che offriva i fondi per costruirle. Ancora oggi è quasi impossibile renderci ragione di ciò che accadde. Le cattedrali nascono quasi contemporaneamente, in tutta I Europio dall’ estremo Nord all’ estremo Sud. Ognuna è un capolavoro del suo genere. Non ci sono scuole per architetto e tutti sembrano pervasi dalla medesima idea: l’unità del popolo cristiano nel suo slancio verso Dio.

Quindi volumi enormi, a forma di croce, con archi e guglie verso il cielo a significare attraverso l’architettura, tutti i simboli della fede.

Gli stessi costruttori sembrano presi da un entusiasmo mistico lavorano come pregando.

La cattedrale diventava centro di liturgia, di pastorale vescovile, di catechesi, di feste cittadine, di vita popolare. Non c'era ombra di profanazione, perché la religiosità investiva ogni aspetto della vita

Quante cose possono ancora raccontarci quei miracoli di arte e di fede che sono, tanto per ricordarne alcune il duomo di Milano, le cattedrali di Pavia, Bologna, Cremona, Asti, Ferrara, Bre scia, Verona, Assisi, Siena Arezzo, Orvieto, Firenze, Bari, Trani, Monreale, Palermo….

2) Come si svilupparono le scuole nel Medioevo7

Alla vita spirituale ed economica si aggiungeva la vita culturale: tutte e tre espressioni della medesima civiltà cristiana.

Ritornata la tranquillità dell’Europa Unita e la prosperità dei Comuni cittadini, la Chiesa svolse un'impresa immensa diretta all'istruzione ed educazione popolare.

II principio moderno della “scuola aperta a tutti “ era già solido nella cristianità medioevale.

II Concilio Lateranense del 1179 per esempio, ordinava al clero di aprire ovunque scuole per tutti i ragazzi ed i giovani. Erano scuole di tre gradi: elementare, medio, superiore.

Alla scuola elementare pensava la parrocchia con insegnanti ecclesiastici e laici. Era gratuita e a disposi/ione di tutti i ragazzi.

Serviva anche agli apprendisti dei vari mestieri. Si insegnava a leggere, scrivere, calcolare.

Non era insegnamento teorico; mediante la scuola il ragazzo imparava a vivere nella comunità cristiana.

Alla scuola media, fino a circa i vent'anni, pensavano prima i monasteri e poi i Vescovi, mediante le scuole vescovili. Per chi non poteva dare un aiuto economico, anche questa scuola era gratuita. Provvedeva la beneficenza della Chiesa e dei cittadini.

Si insegnava grammatica, dialettica (capacità di discutere), retorica (capacità di parlare e scrivere), matematica, geometria, scienze naturali, musica e, naturalmente, teologia.

3) Come si svilupparono le Università nel Medioevo''

Ali''istruzione superiore pensarono quelle straordinarie istituzioni che ancora oggi si chiamano < Università »

Quasi tutte, una quarantina, furono di istituzione pontificia. La più antica fu quella di Bologna, sorta vero il 1100. La più celebre fu quella di Parigi. Rinomate quelle di Padova, Cambridge, Praga, Salamanca, Coimbra…

Prima ancora di sistemarsi in un edificio l’università medievale era una comunità viva di studenti ed insegnanti specializzati. Studiavano anche all’aperto oppure in Chiesa. Le lezioni erano trascritte a mano. La cultura universitaria assorbe il meglio da tutte le culture e le supera in una sintesi cattolica. Molti di quei grandi maestri furono santi: Anselmo, Bernardo, Alberto Magno, Bonaventura, Tommaso d’Aquino.
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15/05/2011 22:39
 
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Un importante oncologo spagnolo e ateo dichiarato, Dr. Jose Manuel Lopez, ha recentemente dichiarato che donerà il 5×1000 della sua dichiarazione dei redditi alla Chiesa Cattolica: «Cosa c’è di così sconvolgente a contrassegnare la casella della Chiesa cattolica nell’imposta sul reddito? E’ storicamente la più efficiente organizzazione di beneficenza», ha dichiarato al quotidiano spagnolo El Diario Montanes.

Ha continuato: «Anche se io sono un ateo, non credo che le risorse gestite dalla Chiesa siano insignificanti o necessariamente sostituibili». Il medico specialista ha detto che l’aiuto e la cooperazione per i poveri e i bisognosi, non solo nei paesi sottosviluppati, ha bisogno di essere promosso. In questo senso, «il ruolo storico delle missioni cattoliche e della Caritas in questo settore non può essere negato». Ha dichiarato di essere recentemente andato a Messa: «partecipare alla vita cattolica, anche solo per un attimo, ma fa sentire parte di qualcosa di più grande e più stabile di me, qualcosa che mi fa respirare tranquillamente e rallenta il “polso”. Oggi ho visitato un’altra chiesa, dove stavano cantando inni belli. Sono a favore di questo spirito di pace e armonia, anche se io non sono credente», ha aggiunto.

Lopez ha detto di non comprendere l’anti-clericalismo di oggi in Spagna e nel resto d’Europa: «Trovo che la furia ossessiva di togliere i crocifissi dalla aule sia inspiegabile. Non vedo dove sia il danno nei simboli di una fede che non mi riguarda ma che mostra il mio background storico ed emotivo. Per spiegare l’idea dell’Europa, e in particolare della Spagna, ad un alieno, sarebbe impossibile evitare cattolicesimo», ha concluso.

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18/05/2011 13:08
 
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Nel suo noto volume sulla Rivoluzione francese, Pierre Gaxotte ha scritto questa memorabile pagina:

"Al tempo dei Romani, un’epoca rude e razionale, la Chiesa aveva recato la consolazione nella miseria, il coraggio di vivere, L’abnegazione, la carità, la pazienza, la speranza di una vita migliore, improntata a giustizia. Quando l’Impero crollò sotto i colpi dei barbari, essa rappresentò il rifugio delle leggi e delle lettere, delle arti e della politica.
Nascose nei suoi monasteri tutto ciò che poteva essere salvato della cultura umana e della scienza. In piena anarchia la Chiesa era riuscita, in sostanza, a costituire una società viva e ordinata, la cui civiltà faceva ricordare e rimpiangere i tempi tranquilli, ormai passati. Ma c’è di più: essa va incontro agli invasori, se li fa amici, li rende tranquilli, ne opera la conversione, ne convoglia l’affluire, ne limita infine le devastazioni. Davanti al vescovo che rappresenta un aldilà misterioso, il Germano viene assalito dal timore, e retrocede. Egli risparmia le persone, le case, le terre. L’uomo di Dio diventa il capo della città, il difensore dei focolari, del lavoro, l’unico protettore degli umili su questa terra.
Più tardi, quando l’epoca dei saccheggi e degli incendi sarà passata, quando occorrerà ricostruire, amministrare, negoziare, le Assemblee e i Consigli accoglieranno a braccia aperte gli uomini della Chiesa, gli unici capaci di redigere un trattato, portare un’ambasceria, eleggere un principe.
Fra le continue disgrazie (...), mentre nuove invasioni ungheresi, saracene, normanne assillano i paesi, mentre il popolo disperso si agita senza alcun indirizzo, la Chiesa ancora una volta tiene fermo.
Essa fa risorgere le tradizioni interrotte, combatte i disordini feudali, regola i conflitti privati, impone tregue e opera accordi. I grandi monaci Oddone, Odilone, Bernardo innalzano al di sopra delle fortezze e delle città il potere morale della Chiesa, l’idea della Chiesa universale, il sogno dell’unità cristiana. Predicatori, pacificatori, consiglieri di tutti, arbitri in ogni questione, essi intervengono in ogni caso e dappertutto, veri potentati internazionali, di fronte ai quali ogni altro potere terrestre non resiste che a malapena.
Attorno ai grandi santuari e alle abbazie si intrecciano relazioni e viaggi. Lungo le grandi strade, dove camminano le lunghe processioni di pellegrini, nascono le canzoni epiche. Le foreste spariscono di fronte all’assalto dei monaci che dissodano la terra. All’ombra dei monasteri le campagne rifioriscono (celebre è la canalizzazione della pianura padana); i villaggi già rovinati rinascono. Le vetrate delle chiese e le sculture delle cattedrali sono il libro pratico nel quale il popolo si istruisce (...). I Appannaggi, ricchezze, onori, tutto si mette ai piedi degli uomini della Chiesa, e l’imponenza di questa riconoscenza basta da sola a far valutare la grandezza dei benefici seminati da essi".

(Pierre Gaxotte)

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17/06/2011 08:15
 
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La rivista “Nature” e la nascita della scienza dal cristianesimo

Sul sito web di Nature, una delle riviste scientifiche più importanti del mondo, è apparso un articolo che recensisce l’ultimo lavoro di James Hannam, dottore in Storia e Filosofia della Scienza presso l’Università di Cambridge, intitolato “La genesi della scienza: come il cristianesimo medioevale ha lanciato la rivoluzione scientifica. Il libro è stato selezionato per l’assegnazione del Royal Society Science Book Prize.

Pochi sono i temi rischiano di essere fraintesi come il rapporto tra fede e ragione, introduce il ricercatore. «Lo scontro in corso tra l’evoluzione e il creazionismo oscura il fatto che il cristianesimo ha effettivamente avuto un ruolo molto più positivo nella storia della scienza di quanto comunemente si creda. Infatti, molti degli esempi sul fatto che la religione ostacoli il progresso scientifico si sono rivelati falsi». Il docente di Cambridge spiega che, per esempio, «la Chiesa non ha mai insegnato che la Terra fosse piatta e, nel Medioevo, nessuno la pensava così, comunque. I Pontefici non hanno cercato di vietare nulla, né hanno scomunicato qualcuno per la cometa di Halley. Nessuno, sono lieto di dirlo, è stato mai bruciato sul rogo per le sue idee scientifiche. Eppure, tutte queste storie sono ancora regolarmente tirate fuori come esempio di intransigenza clericale nei confronti del progresso scientifico».

Hannam cita ovviamente Galileo, che fu processato per essersi voluto intromettere in fatti religiosi senza avere alcuna prova, come la Chiesa cattolica chiedeva, ma solo con una semplice ipotesi. Tuttavia questo caso, «mette a malapena in ombra tutto il sostegno che la Chiesa ha dato alla ricerca scientifica nel corso dei secoli». La Chiesa ha sostenuto lo studio delle scienze anche dal punto di vista finanziario, ad esempio. Fino alla Rivoluzione francese, infatti, «la Chiesa cattolica è stata lo sponsor principale della ricerca scientifica. La chiesa anche insistito sul fatto che la scienza e la matematica avrebbero dovuto essere obbligatoria nei programmi universitari. Nel XVII secolo, l’ordine dei Gesuiti era diventata la principale organizzazione scientifica in Europa, con la pubblicazione di migliaia di documenti e la diffusione di nuove scoperte in tutto il mondo. Le cattedrali sono state progettate anche come osservatori astronomici per la determinazione sempre più precisa del calendario». Senza poi dimenticare che la sincera e devota fede di tutti i grandi scienziati della storia, i quali hanno fondato le discipline scientifiche come la geologia e la genetica.

Il sostegno alla ricerca scientifica è stato giustificato dal fatto che «i cristiani hanno sempre creduto che Dio ha creato l’universo e ordinato le leggi della natura. Studiare il mondo naturale significava ammirare l’opera di Dio. Questo “dovere religioso” ha ispirato la scienza quando c’erano pochi altri motivi per preoccuparsi di essa. È stata la fede che ha portato Copernico a respingere l’universo tolemaico, a spingere Keplero a scoprire la costituzione del sistema solare, e che convinse Maxwell dell’elettromagnetismo». Il Medioevo, l’epoca più dominata dalla fede cristiana, è stato un periodo di innovazione e progresso. L’autore cita l’invenzione dell’orologio meccanico, dei bicchieri, della stampa e la contabilità. Nel campo della fisica, gli studiosi hanno trovato oggi le teorie medievali sul moto accelerato, la rotazione della terra e l’inerzia.

Il ricercatore di Cambridge accusa il secolo illuminista e Voltaire della genesi della leggenda nera sull’opposizione del cristianesimo alla scienza. I filosofi francesi hanno attaccato la Chiesa per motivi politici, poi ci ha pensato l’ingelse TH Huxley, il “mastino di Darwin”, a prolungare questa falsità, per foraggiare la sua lotta di liberazione della scienza britannica da ogni sorta di influenza clericale. «Tuttavia, oggi, la scienza e la religione sono le due forze più potenti intellettuali del pianeta. Entrambi sono capaci di fare enormi bene, ma le loro possibilità di farlo sono molto maggiori se esse possono lavorare insieme», ha concluso lo storico della scienza.

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08/09/2011 15:53
 
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La Chiesa ha istruito i popoli
  I popoli conquistarono la civiltà in quanto osservarono le leggi e seguirono le verità insegnate dalla Chiesa;  La Chiesa cattolica ha promosso le scienze, le lettere e le arti. Per mezzo di scrittori, atti di concili e leggi del diritto canonico la Chiesa ha sempre insegnato che l'ignoranza è una cosa detestabile e che la scienza ci innalza a Dio. Ha sempre protetto artisti e scienziati, anche attraverso molti Papi che furono grandi mecenati quali Niccolò V, PioII, Sisto IV, Leone XIII ecc.

        La Chiesa vanta di osservatori astronomici fra i primi, monumentali biblioteca, favorì scoperte archeologiche e ricerche scientifiche, studi storici senza precedenti, studi orientali, insomma tutto il campo del sapere umano. Sono prova dell'intensa attività scientifica della Chiesa le centinaia di istituzioni da essa fondate, le pubblicazioni scientifiche, troppe per poterle citare. L'università fu una creazione della Chiesa, che nel medioevo le fondò, protesse e arricchì di privilegi al fine di dissipare l'ignoranza e di insegnare tutte le sciernze, come si esprimono le Bolle pontificie di fondazione e di conferma (es. Bologna, Parigi, Salamanca). Prima della riforma protestante, grazie alla Chiesa, queste istituzioni vissero una vita rigogliosissima. Sotto Massimiliano I quella di Vienna contava 7000 studenti, quelle di Parigi e di cracovia ne contavano ciascuna 15000. Talmete signolari i privilegi accordati dai Papi alle università che qualcuna di loro fu chiamata il terzo potere dopo la Chiesa e lo stato. Con i pensionati gratuiti annessi alle università per gli studenti poveri e con le borse di studio, assegni pecuniari concessi a giovani bisognosi e più diligenti, la Chiesa agevolava gli studi superiori scientifici alla gioventù di tutte le classi sociali. Alla sola università della Sorbona a Parigi si davano 619 borse di studio fondate per opera del clero.

      Annessi alla sola università di Loviano, fondata nel secolo XV c'erano più di quaranta pensionati per studenti. Anche ai giorni nostri, là dove l'odio settario non ha ancora paralizzato l'azione della Chiesa nell'insegnamento fioriscono, favorite dai pontefici e dall'episcopato celebri università e istituti di insegnamento. Basta ricordare quelli di Monaco in Germania, di Innsbruk in Austria, di Lilla, di Parigi, di Tolosa in francia, di Lovanio in Belgio, di Friburgo in Svizzera, di Baltimora e altre città americane, di Beirut, di Shangai in Cina, di varie città dell'India, in Africa e quelli pontifici a Roma (fra i quali la Gregoriana del Collegio romano, l'Angelicum, l'Ateneo romano e il Pont. Collegio Urbano di Propaganda Fide) e l'università cattolica del s. cuore a Milano; università serissime per il valore degli insegnamenti e dei professori ecc...La Chiesa si rese pure benemerita per gli istituti secondari. Lo dice il numero ingente di collegi e istituti che prima delle persecuzioni liberticide fiorivano in tutti i paesi sotto la direzione del clero. Prima della rivoluzione francese la Francia per 25 milioni di abitanti contava 562 collegi con 72743 allievi dei quali 40000 erano istruiti del tutto o in parte gratuitamente. Sempre per opera del clero si impartiva l'istruzione gratuita a un numero enorme di giovani da avviare alle attività professionali. Per secoli i giovani sono stati istruiti dal clero.

     La Chiesa ha promosso anche l'insegnamento inferiore. Già prima di Carlo Magno quando c'erano solo i vescovadi a ciascuno di questi doveva essere unita una scuola per il popolo detta episcopale. Fondate poi le parrocchie si ordinò che alle medesime fossero annesse le scuole parrocchiali del popolo. Lo dimostra bene , quanto fosse grande la sollecitudine con cui in pieno medioevo la Chiesa provvedeva all'istruzione popolare il canone XVIII del terzo concilio ecumenico lateranense (1179): " La Chiesa di Dio, come una pia madre, ha il dovere di vigilare perchè i poveri i quali, per miseria dei loro genitori, mancano di mezzi sufficienti, posano tuttavia facilmente imparare a progredire nelle lettetere e nelle scienze; perciò ordiniamo che in tutte le chiese cattedrali si provveda un beneficio ( un assegno stabile) tale da mantenere un maestro incaricato di insegnare gratuitamente ai chierici di quella chiesa e a tutti gli scolari poveri".

     Questo provvedimento riguardava le innumerevoli diocesi. Nel medioevo si può dire che ogni monastero fosse un focolare di istruzione letteraria, artistica e tecnica per le classi alte e inferiori. Fu per opera di questi monaci che tale istruzione si mantenne viva e si estese quando non esistevano istituti pubblici di insegnamento. E' nota poi l'opera di numerosissime congregazioni religiose per l'insegnamento popolare. Basta ricordare l'attività della Compagnia di gesù, degli Scolopi, dei Barnabiti, dei frateli delle scuole cristiane, dei Salesiani e di altre centinaia di provvidenziali congregazioni italiane e estere. Alla scienza l'istruzione fu congiunta l'educazione alla virtù, indispensabile secondo il concetto pedagogico cristiano. Dopo il decadimento dell'antica letteratura classica, greca e latina, le lettere trovarono rifugio nella Chiesa, la quale mantenne vivo l'amore per l'arte ellenica e romana e con i suoi cenobi, episcopi e presbiteri, l'insegnamento della lingua greca e latina anche solo a scopo culturale e coltivando gli studi letterari di monaci e preti. Questi furono gli unici a salvare tante opere di antichi scrittori che altrimenti, per incuria del laicato distratto da imprese bellicose si sarebbero immediatamente perdute. Basti ricordare i grandi cenobiti di Montecassino, Farfa, S. Gallo ecc...o Ambrogio traversari ai tempi del Concilio di Firenze o Parentucelli (Niccolò V) fondatore della Biblioteca Vaticana. Da tutto ciò fiorirono i più grandi artisti, scienziati e letterati della storia e tutta la cultura moderna.

     Per quanto riguarda poi le arti la lista di grandi artisti è interminabile e rappresentano ancora il nostro vanto. Dante, petrarca, Tasso, Bossuet, Manzoni, Camoens sono solo alcuni per la letteratura. Nelle belle arti abbiamo Giotto, Fra Giov. Angelico, Van Dyck, Arnolfo, Donatello, Brunelleschi, Michelangelo, Vignola, Botticelli, Ghirlandaio, Andrea del Sarto, Leonardo da Vinci, Rubens, Tiziano, Tintoretto, il luino, il Domenichino, G. Reni, Velasquez, Murillo, Canova, Duprè fra i più importanti. Nella musica, Palestrina, Orlando di Lasso, Vittoria, Perosi ecc...

    In ogni manifestazione del bello, anche nella liturgia, tutta una grande pleiade di artisti trovò ispirazione e protezione di questa grande realtà religiosa che è la Chiesa, che dunque, avendo promosso le scienze, le lettere e le arti, mantenendole pure da ogni inquinamento di errore, ha contribuito enormemente allo sviluppo della cultura, dell'intelletto.
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05/11/2011 11:02
 
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Il cattolicesimo italiano favorì la nascita dell’anatomia

Continuiamo nella presentazione dell’ultimo saggio di Francesco Agnoli intitolato “Case di Dio, ospedali degli uomini. Perché, come e dove sono nati gli ospedali” (Fede e Cultura 2011), di cui abbiamo già parlato in Ultimissima 25/10/11.

Diamo spazio alle parole con cui lo commenta Mario Gargantini, giornalista, divulgatore scientifico e direttore della rivista Emmeciquadro (www.emmeciquadro.it). Egli ritiene interessante il saggio storico perché dimostra come accanto alla Caritas incidesse, nella cultura italiana del Medioevo, la concezione di Dio come Logos. Citando le parole di Agnoli, informa che «la storia dell’anatomia insegna che l’autorità dei greci, se da un lato offrì uno spunto importante di partenza, dall’altro fu il freno più forte ad ulteriori sviluppi». I primi esperimenti di anatomia sono nati in Grecia, laddove si è colto, filosoficamente, l’ordine, l’armonia e la razionalità del cosmo, ma nonostante i contributi del pensiero greco -continua Gargantini-, l’anatomia moderna nascerà molto più avanti, nell’Europa cristiana, o, ancora meglio, nel cuore della cristianità: l’Italia.

Nell’Italia cattolica «sorgono le prime università ed è sempre lì che la dissezione dei cadaveri avviene già nel XIII secolo per conoscere meglio gli organi e l’architettura del corpo umano». Avviene a Bologna, città pontificia in cui sorge una delle tante università collegate piuttosto strettamente alla Chiesa. Il trattato più importante di anatomia medievale è l’Anathomia Mundini di Mondino dei Liuzzi dove l’autore si rifà alla scuola di Galeno, sottolinea la superiorità dell’uomo rispetto agli altri animali, e dimostra una conoscenza diretta della dissezione. Ad esso segue l’opera di Andrea Vesalius, De humani corporis fabbrica, pubblicata nel 1543, in cui anch’egli cita Galeno e i suoi oltre duecento errori, che dichiara di aver potuto rilevare grazie all’ampia possibilità goduta di sezionare cadaveri; possibilità che egli ha trovato in Italia, non nel resto d’Europa. Molti scienziati “galenisti osservanti” infatti «non vedevano alcuna connessione tra l’indagine anatomica e la capacità di curare i malati».

La libertà della ricerca scientifica in Italia, al contrario di quanto avvenne in Europa, trova risposta nella storia delle religioni: «Per molte religioni, infatti, la sepoltura del cadavere, ancora oggi, deve avvenire necessariamente e secondo un preciso rituale: altrimenti il morto non riesce a raggiungere l’aldilà, vaga nell’aldiqua, reclamando la sepoltura e persino perseguitando i vivi. Queste convinzioni, scomparse o quantomeno molto affievolite in Europa con l’avvento del cristianesimo, sono ancora vive, sotto svariate forme, in gran parte dell’Asia e dell’Africa odierne. Ebbene credenze analoghe a questa, molto diffuse nell’Europa pagana, non caratterizzano invece, se non per un qualche inevitabile e marginale permanere delle antiche superstizioni, l’Europa cristiana in cui l’anatomia nasce». La Chiesa, scrive Agnoli, «non poteva essere contraria: se lo fosse stata, con l’autorità morale che esercitava nel medioevo, in particolare sulle università, non avrebbe mai permesso la nascita dell’anatomia. Né essa sarebbe sorta proprio in Italia, cuore del papato e della Cristianità, e non, ad esempio, in Germania o in Inghilterra, dove l’insegnamento dell’anatomia sui cadaveri umani rimase eccezionale almeno fino alla metà del Cinquecento».

L’autore ricorda poi diverse posizioni dei Pontefici a favore dell’anatomia, come quella di papa Sisto IV nella De cadaverum sectione (1472) o quella di Benedetto XIV che invitava l’artista Ercole Lelli, in alleanza con l’Università di Bologna, a produrre cere anatomiche a scopo didattico per supplire alla carenza di cadaveri necessari per lo studio. La lettura di molti dei primi trattati di anatomia, infine, ci dice che gli stessi anatomisti erano rispettosi credenti che mettevano in luce “il valore filosofico e quasi teologico dell’anatomia” e ammiravano nel corpo “il tempio di Dio”. Un esempio è il beato Niccolò Stenone – ottimo anatomista, che sarebbe divenuto il padre della geologia -, che prima di iniziare la dissezione del cadavere di una donna giustiziata, scriveva sul suo diario: «Questo è il vero scopo dell’anatomia, che attraverso l’ingegnosa struttura del corpo l’osservatore sia tratto ad afferrare la dignità dell’anima e di conseguenza attraverso i miracoli del corpo e dell’anima impari a conoscere e amare il Creatore».

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22/03/2012 16:02
 
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la cultura cristiana e il valore della vita in un cortometraggio. 

Vedendo un uomo nato senza gambe e senza bracciaqualcuno si arrogherebbe il diritto di aggiungere anche che sia senza dignità, senza gioia e senza utilità. Le culturegreca, pagana e illuminista hanno sempre disdegnato i disabili: a Sparta i bambini nati con malformazioni venivano gettati dal monte Taigete, ad Atene venivano abbandonati per le strade, nell’antica Roma erano cibo per i cani randagi. Platone, nella “Repubblica utopica”vuole che non siano curati e allevati (quindi lasciati morire) bambini che nascano privi delle qualità ottimali, lo storico francese Jean Dumont ha descritto con precisione gli eccidi eugenetici di prostitute e di ritardati mentali, perpetrati nelle prigioni rivoluzionarie francesi del 1792. Solo nella cultura cristiana donne, bambini e disabili hanno ottenuto per la prima volta dignità, rispetto e protezione, dal primo secolo fino ai giorni nostri, anche grazie a tantissimi non cristiani e non credenti.

I due protagonisti del bellissimo e ormai famoso (già visto da oltre 15 milioni di persone) cortometraggio“The Butterfly Circus”, diretto da Joshua e Rebekah Weigel nel 2009, sono infatti cristiani: il primo è l’attore e modello Eduardo Verástegui, convertitosi al cristianesimo e diventato una stella del mondopro-life americano. L’altro è Nick Vujicic, che nel cortometraggio interpreta il disabile Will, anche lui approdato al cristianesimo dove ha incontrato «l’incessante meraviglia» dell’amore di Dio. Segnaliamo la bella recensione fatta da Antonio Socci sul suo sito web.

Il cortometraggio racconta appunto la storia di Will, nato senza arti, chiuso nella sua sofferenza e mostrato al pubblico del circo come “abominio della natura”. Un essere “abbandonato da Dio”, come lo presenta il suo “padrone”. Poi l’incontro con il signor Méndez e Will per la prima volta si sente guardato in modo diverso, in profondità, per quello che è veramente. Ed ecco il cambiamento: il bruco diventa farfalla, tutto cambia. Questo sguardo nuovo sulla sua persona non è avvenuto solo nel film, ma l’attore Nick Vujici lo ha provato davvero nella realtà, nell’incontro cristiano. Racconta«Mio padre uscì urlando dalla stanza dove mia mamma mi aveva appena partorito: a mio figlio manca un braccio! Quando il medico lo raggiunse la notizia era ancora peggiore: a suo figlio mancano anche le gambe. Alle persone che incontro dico sempre: non avrai sollievo alla tua sofferenza sapendo che qualcuno soffre più di te; è un trucco che non funziona. Io, provvisoriamente, in questa vita non ho gambe e braccia, ma sono figlio di Dio, mi sento amato. E posso dire a tutti qual è l’unica cosa che riempie veramente il cuore».

 

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27/03/2012 09:15
 
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La storica Piccaluga spiega la rivoluzione di Gesù 

verso i bambini e altre categorie sociali considerate non importanti.

Pochi giorni fa abbiamo citato un articolo di Paolo Civati in cui tesseva le lodi del cristianesimo per essersi offerto non ai sapienti ma  ai népioi, cioè ai bambini, agli indifesi, agli stolti, agli ultimi, donando loro il primato degli umili. Un interessante articolo, a firma di Giulia Piccaluga, docente ordinario di “Religioni del mondo classico” presso l’Università “La Sapienza” di Roma, è apparso invece sull’Osservatore Romano, all’interno del quale si analizzava la condizione del bambino in epoca Romana, del bambino non ancora nato e di quello che invece è già venuto alla luce.

Partendo da una lettera di Plinio il Giovane (Ad familiares, VIII, 110) scritta intorno al 107, la prof. Piccalunga -Premio R. Pettazzoni per la “Storia delle Religioni” 1967- ha mostrato come allora i figli, sia quelli già nati, sia quelli che ancora dovevano nascere, erano considerati come proprietà esclusiva del padre e inoltre consentivano, se maschi, allo stesso l’accesso ad alcuni privilegi nella vita politica e sociale. All’epoca, quindi, l’aborto veniva sì punito per legge, ma solo nel caso delle matrone (cioè di donne sposate, libere dalla nascita e di condizione sociale elevata), quando rischiava di ledere la possibilità per il pater familias di ottenere questi privilegi.

Sarà solo con il cristianesimo, continua la storica,  che le cose cambieranno. Infatti, l’atteggiamento di Gesù verso i bambini è totalmente opposto, non è più un oggetto da usare o del materiale grezzo da formare, ma un esempio da imitare per entrare nel Regno dei Cieli (Mc 10, 13-16; Mt 19, 13-15; Lc 18, 15-17). Lo sguardo di Gesù verso i più deboli, «mutando radicalmente la valutazione morale, e quindi sociale dell’infanzia, non potrà non condizionare, ammorbidendola e trasformandola, anche quella del feto in gestazione».  Il feto umano quindi, «non sarà più considerato quale parte integrante del corpo della madre, e dunque lasciato in balia del suo arbitrio, ma, valutato in sé e per sé nella sua proiezione futura, apparirà a tutti gli effetti, potenzialmente, come essere umano, e perciò detentore di anima immortale, e quindi degno di essere tutelato nella sua integrità e rispettato nei suoi diritti», come registrato nel codice di Giustiniano.

Il filosofo Rémi Brague, specialista in filosofia greca, medievale araba ed ebraica e docente presso la Sorbona di Parigi e la Ludwig Maximilian University di Monaco, ha recentemente aggiunto che i cristiani hanno apportato «uno sguardo più acuto per discernere l’umanità laddove fino ad allora si faticava a scorgerla: nel bambino, nella donna, nello schiavo, nel barbaro, cioè il non greco (dal punto di vista dei Greci), nel “pagano” (dal punto di vista degli Ebrei)»Friedrich Nietzsche, nell’”Anticristo” accusò: «Il cristianesimo ha preso le parti di tutto quanto è debole, abietto, malriuscito» e «l’individuo fu tenuto dal cristianesimo così importante, posto così assoluto, che non lo si potè più sacrificare».

Davide Galati

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10/05/2012 16:57
 
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Fabiola e san Basilio, 

gli ospedali sono un’invenzione cristiana

“La carità non avrà mai fine”: così l’Apostolo Paolo nella prima Lettera ai Corinzi ricorda a quei cristiani l’essenzialità della loro fede che deve riassumersi nella carità che “tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. Da lì a poco, questa prassi caritativa, espressione evidente della nuova mentalità portata da Cristo e dalla Chiesa cattolica, finì col diversificarsi e moltiplicarsi grazie ad una lunga serie di uomini e donne che dedicarono la loro vita all’amore di Dio e del prossimo, arrivando a fondare veri e propri ospedali.

In un mondo pagano dove la figura della donna non era tenuta in alcun conto, l’apparizione di molte donne cristiane, magari vedove, che si dedicavano alla carità dovette apparire come un incredibile segno di provocazione. Come dire: coloro che più di tutti necessitavano di protezione, finivano con il porsi al servizio di altri bisognosi! Così i primi secoli del cristianesimo, spiegaFrancesco Agnoli in un capitolo del suo ultimo libro “Case di Dio, ospedali degli uomini” (Fede & Cultura 2012), sono ricchi di queste figure che presso le chiese si dedicavano all’assistenza dei malati in maniera più o meno professionale. Il passo in avanti attraverso la strutturazione di una assistenza organizzataavvenne però soltanto verso la fine del quarto secolo, quando Marcella, una vedova romana, adottò la sua dimora a convento per le monache-infermiere. Qualcosa di simile ad un ospedale arrivò nel 390 a Roma, dalla felice intuizione di Fabiola: reduce da due matrimoni infelici alle spalle, dopo la suaconversione al cristianesimo dedicò il resto della sua vita alle opere di carità. Nonostante la ricchezza materiale si recava tra i poveri e gli ammalati, portandone alcuni a casa con sé e non arretrando neanche dinanzi agli aspetti più sgradevoli e ripugnanti dei mali che colpivano i suoi bisognosi di carità. Dopo aver fondato un ospedale, vi raccolse tutte le persone sofferenti trovate per le strade, prestando loro le attenzioni di una vera infermiera…

La Chiesa nella seconda metà del IV secolo agì pubblicamente nella società romana sostenendo la “fede operosa mediante la carità”, tanto da destare non solo ammirazione, ma anche comprensibili risentimenti in un contesto dominato da una religiosità vuota e formalista che non conosce alcuna tensione verso la solidarietà. A riprova di ciò si inserisce l’opera dell’imperatore Giuliano l’Apostata († 363): volendo restaurare il paganesimo, egli si ispirò ampiamente al cristianesimo prendendo come modello le sue istituzioni caritative. In una delle sue lettere (Cfr Ep. 83: J. Bidez, L’Empereur Julien) scrisse appunto che l’unico aspetto del cristianesimo che lo colpiva era l’attività caritativa della Chiesa. I«Galilei » — così egli diceva — avevano conquistato in questo modo la loro popolarità. Li si doveva emulare ed anche superare. In questo modo Giuliano per un verso aveva ben compreso la centralità della carità nella vita di questa nuova fede che lui tanto detestava ma, per converso, non ne comprendeva – e non poteva farlo in alcun modo – la gratuità. Perché la fede operosa mediante la carità affonda le sue radici nella Verità che la precede, mentre una assistenza caritativa “interessata” alla ricerca del consenso è destinata ad avvizzire come un albero privo di acqua e cure.

La storia delle istituzioni caritative della Chiesa invece ha continuato progressivamente a produrre nuove opere: basterà accennare a san Basilio che in Oriente creò un’intera cittadella della carità che fungeva da ospedale, locanda, lebbrosario, scuola di avviamento professionale, orfanotrofio. Tra gli antenati del moderno ospedale, una speciale menzione è quella che riguarda i due Hotel-Dieu in Francia: il primo venne costruito a partire dal 542 circa a Lione e  divenne il maggior ospedale della Francia, la sua posizione ad Occidente della cattedrale di Notre-Dame indica che fu una fondazione vescovile. Il secondo fu fondato un secolo dopo a Parigi dal vescovo della città.  I primi ospedali, centri di accoglienza per malati, poveri, pellegrini e stranieri, nacquero dall’iniziativa privata di matrone come Fabiola e Marcella, che mettevano a disposizione i loro palazzi, le loro ricchezze e la loro stessa vita; e da quella di vescovi, sacerdoti o religiosi che diedero vita a “case ospitali urbane”, designate di solito connomi simili (“Domus Dei”“Ca’ di Dio”“God’s house” in Inghilterra, “Godshuis” nei Paesi Bassi; “Hotel-Dieu” in Francia, etc…). Pontefici come san Gregorio Magno (590-604), di fronte ad una Roma in disfacimento, in preda alle lotte tra Bizantini e Longobardi, alle carestie e alle pestilenze, fondò e aiutò ospedali, liberò i prigionieri, assegnò pensioni a indigenti e provvide a rifornire Roma e molte località di generi di prima necessità, inventando una vasta farmacopea. Una storia che ancora oggi non conosce fine, perché nuovi bisogni travagliano gli uomini e nuove istituzioni sorgono nel mondo cristiano per trovare delle soluzioni concrete. “La carità non avrà mai fine”…

Salvatore Di Majo

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10/05/2012 17:00
 
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Il messaggio cristiano, il primato degli umili e la rivoluzione sociale

Pietro Citati, noto scrittore e critico letterario italiano,  commenta il brano del Vangelo di Matteo, dove Gesù dice: «Io ti glorifico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli». Questo viene definito da Citati il «cuore del paradosso cristiano». La rivelazione cristiana viene nascosta ai sapienti e agli intelligenti, cioè ai filosofi, agli scienziati, ai maestri di sapienza e di cultura, che ebraismo e classicismo hanno da sempre esaltato. La storia del mondo, dice Civati, è rovesciata, il cristianesimo si offre ainépioi, cioè nel greco classico ai bambini, agli indifesi, agli stolti, agli inesperti, agli ultimi (“che saranno i primi”), ai semplici di cuore.  Il Dio cristiano dona sapienza ad essi, li protegge, li difende e concede loro la luce della rivelazione. Il vero népios, afferma lo scrittore, «è sopratutto Gesù, che ci ha fatto conoscere quel Dio che nessuno aveva mai visto, e che ha scorto tutti i misteri della natura e della storia e i cuori degli uomini, che prima di lui restavano avvolti dalla tenebra».

Così il rovesciamento è compiuto, la condizione di népios, lo spirito di innocenza e di umiltà, che ai nostri occhi sembra insignificante, contiene una saggezza profondissima e ineffabile, alla quale la sapienza tecnica degli intelligenti non si potrà mai adeguare. Lo scrittore parla poi del capovolgimento assolutodella storiacioè la stessa Incarnazione di Dio: non è più l’uomo che si umilia, o che viene umiliato: maDio che umilia se stesso, assumendo il corpo di un uomo, sia pure quello di un néuios , accettando di salire con questo corpo sulla croce, come scandalo e follia per gli uomini e per l’universo, e vivendo secondo umiltà (e mitezza e mansuetudine) nei suoi pochi anni di vita.

Il cristianesimo donò questa una nuova dignità agli indifesi, a donne e bambini. Eliminò, oltretutto, il concetto di proprietà: essendo innanzitutto figli di Dio, i bambini e la donna non potevano più essere trattati come un mero possedimento da parte del maschio. Questa rivoluzione sociale è la spiegazione più convincente di come da 12 apostoli si sia passati in 350 anni a 32 milioni di cristiani. Lo riconoscono gli stessi detrattori del cristianesimo, come gli italiani Corrado Augias Mauro Pesce«Non si può apprezzare la forza di queste parole [le parole di Gesù verso i bambini, Nrd] se non si considera che i bambini, in una società contadina primitiva, erano nulla, erano non persone, proprio come i miserabili. Un bambino non aveva nemmeno diritto alla vita. Se suo padre non lo accettava come membro della famiglia, poteva benissimo gettarlo per la strada e farlo morire, oppure cederlo a qualcuno come schiavo» (C. Augias e M. Pesce, “Inchiesta su Gesù”, Mondadori 2006, pag. 90).

Luca Pavani

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15/06/2012 21:35
 
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Come la filosofia greca migliorò
e si conservò grazie al cristianesimo

Sono in molti coloro che -assieme ad Umberto Galimberti- criticano il cristianesimo per aver offuscato il sapere greco e la filosofia  classica. Innanzitutto bisognerebbe considerare il fatto che per offuscare qualcosa occorre sempre essere in grado di avanzare unaproposta miglioresecondariamente si tratta di un grave errore storico-concettuale: senza la Chiesa e i monasteri, tutta la cultura greco-latinasi sarebbe persa, anche materialmente. Senza gli amanuensi benedettini non si sarebbero conservati i documenti e i codici dell’antica cultura latina, che sono stati copiati a volte senza neppure che si capissero. Nessuno, infatti, scriveva più il latino di Cicerone, ad esempio.

Eppure -come spiega il vescovo Luigi Negri in “False accuse alla Chiesa” (Piemme 1997)-, nonostante questo i monaci nel VI e VII secolo hanno incominciato a leggere ed interpretare, dal punto di vista della certezza della fede, tutto quello che la tradizione precristiana aveva realizzato, nel tentativo di impostare il problema del significato della vita attraverso le forme dell’arte, della religione e della filosofia. Così, nel volerinterpretare unitariamente la realtà, sono nate le scuole, prima attorno ai conventi e poi alle cattedrali, fino alla fioritura della cultura nelle università (universitas), luogo in cui la roccia della fede divenne criterio per interpretare tutto lo scibile. Tutto questo è stato ripreso e approfondito in questo interessante articolo di Rèmi Brague, docente di Filosofia all’Università Panthéon-Sorbonne di Parigi e all’Università Ludwig-Maxmillians di Monaco (il quale ridimensiona anche il contributo islamico).

Su “Il Corriere della Sera” pochi giorni fa la questione è stata nuovamente ripresa dal filosofo Marco Rizzi, il quale ha sottolineato giustamente come la filosofia cristiana siafiglia di quella greca, aristotelica, da cui prese fondamentale ispirazione. Anche se è chiaro come «alle soglie del V secolo la letteratura dei cristiani non avesse ormai più alcun complesso di inferiorità nei confronti di quella classica; anzi, con questa si vuole confrontare sul piano della forma e dello stile, sia pure privilegiando l’esigenza dicomunicare e insegnare a tutti, non più solo ad una ristretta élite». Non a caso, continua Rizzi, «san Girolamo fu autore di una raccolta di biografie di scrittori cristiani illustri, programmaticamente contrapposti a quelli pagani, greci e latini». Larivoluzione culturale cristiana cominciò comunque ben prima: «Sin dal II secolo i cristiani non avevano esitato ad inserirsi nel contesto comunicativo del mondo antico; se autori come Tertulliano proclamavano orgogliosamente la loro estraneità ad una cultura in declino, lo facevano pur sempre secondo i canoni della più avvertita retorica e con una strumentazione concettuale debitrice della tradizione filosofica. Proprio con la filosofia il cristianesimo stabilì un rapporto decisivo [...]. Cristo venne presentato come il maestro universale e la sua rivelazione come la «vera filosofia», che riassumeva in sé non solo i contenuti dispersi nelle precedenti tradizioni, ma anche gli exempla morali delle grandi figure del passato, Socrate più di ogni altro».

Grazie al cristianesimo e ai pensatori cristiani, la cultura classica è rinata«non solo i modi, bensì anche i grandi temi della filosofia antica si sono piegati a nuovi significati, e in questo modo si sono conservati e sono pervenuti ai nostri giorni. Il caso più celebre è quello del “Logos”, il “Verbum”, che dai filosofi stoici, attraverso il prologo del Vangelo di Giovanni, Giustino, Agostino e molti altri è giunto sino alle riflessioni di Benedetto XVI su fede e ragione del celebre discorso di Ratisbona del 2006, in cui il pontefice individua come intrinsecamente necessitato l’incontro tra il cristianesimo e la razionalità greca». Vengono nobilitati, rivisti e nuovamente sviluppati i pensieri diPlatone e Cicerone, rilanciandoli in una chiave totalmente nuova e forse più efficace per l’uomo, ponendo sempre «il Dio cristiano a fondamento di ogni rapporto autentico tra gli uomini, superando così la frattura — drammaticamente avvertita da Cicerone — tra determinazioni della ragione politica ed esigenze dell’animo individuale».

I primi pensatori cristiani, conclude Rizzi, «divennero a loro volta oggetto di traduzioni e di rielaborazioni da parte di scrittori che, dal IV secolo in poi, presero ad esprimersi in una varietà di lingue (copto, siriaco, armeno, georgiano…) sino ad allora prive di dignità letteraria, dando origine a nuove culture e a nuove identità socio-religiose nel segno del cristianesimo e confermando così che la natura di quest’ultimo èintrinsecamente aperta all’incontro con le più diverse esperienze dell’uomo».

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19/07/2012 15:00
 
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La grande risorsa degli oratori, per cristiani e non

Il primo oratorio, inteso nel senso moderno che noi siamo abituati a conoscere, fu creato da san Filippo Neri intorno al 1550. Le sue finalità erano quelle della preghiera, coinvolgendo uomini comuni e di cultura nella lettura della Bibbia, e dell’educazione dei ragazzi. Sulla sua scia, anche Giovanni Bosco, ispirato ad una sincera passione educativa per i giovani, decise di istituire una struttura simile, e Leonardo Murialdo. La legislazione nazionale, con una normativa specifica che è stata ripresa anche in ambito regionale, già da anni incoraggia l’attività degli oratori riconoscendone l’indubbia funzione sociale e destinando risorse economiche per la loro riqualificazione e potenziamento.

Con l’arrivo dell’estate, insomma, molte famiglie, non necessariamente religiose, come ci testimonia questo interessante articolo su “Panorama”, apprezzano la variegata offerta formativa e ludica degli oratori a cui si accompagna la certezza di mandare i propri figli in strutture controllate in cui la disciplina continua ad essere un valore perseguito nei fatti.  Certamente, la convenienza dei contributi economici chiesti alle famiglie, unitamente alla più che consolidata esperienza degli oratori, facilita la scelta dei genitori anche in presenza di analoghe strutture non confessionali gestite dagli enti pubblici o dai privati.“Volontari scelti e prezzi ridotti”ha titolato “Il Corriere della Sera”, valorizzandone l’operato. E così in estate si assiste ad un vero e proprio proliferare di oratori estivi che svolgono una funzione educativa dalla quale è impossibile prescindere.

Parliamo di ben seimila oratori, concentrati soprattutto al Nord, la loro opera rappresenta a tutti gli effetti un importantissimo strumento di quotidiana pastorale giovanile a cui ricorrono congregazioni religiose come i Salesiani, i Canossiani o i Giuseppini del Murialdo, e l’educazione delle nuove generazioni attraverso la predisposizione di ambienti sani che indirizzano alla relazione e alla condivisione di valori etici che faranno parte del bagaglio umano degli adulti di domani.

Adulti che, in ultima analisi, possono persino arrivare alla ribalta della cronaca nei settori più diversi: molti giocatori famosi hanno cominciato a dare i primi calci al pallone in oratorio, come ad esempio Giacinto Facchetti o i bresciani Antonio e Emanuele Filippini, Marco Zambelli, Demetrio Albertini e Francesco Toldo. Ancora possiamo citare i quattro giocatori cresciuti nell’Unione Sportiva Oratorio “San Michele” di Travagliato: i fratelli Giuseppe  e Franco Baresi, Franco Pancheri e Giovanni Lorini.

Concludiamo infine menzionando uno scanzonato omaggio – non esente da una certa nostalgia – all’oratorio da parte del gruppo Elio e le Storie Tese che con la canzoneOratorium rievocano situazioni e atmosfere conosciute e certamente rassicuranti, una sorta di ideale passaggio di consegne tra generazioni per una istituzione educativa che non conosce crisi

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28/08/2012 18:05
 
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L’ONU e l’OMS ringraziano la Chiesa

per l’impegno contro l’HIV in Africa

Sibidé ha risposto: «io penso che vi siano ambiti molto vasti sui quali siamo in accordo: non abbiamo che qualche disaccordo. Credo che la Chiesa cattolica faccia uno sforzo enorme per battersi contro la stigmatizzazione, la discriminazione ecc. I servizi comunitari che esistono – i più decentralizzati – sono i servizi che raggiungono le famiglie e che permettono loro di avere accesso alle informazioni per proteggersie contribuiscono anche – giustamente – a consolidare questo concetto di famiglia, che è indispensabile ancor di più se ci si trova in situazione di povertà».

Continui, d’altra parte, sono gli appelli di Papa Benedetto XVI perché ai malati di Aids vengano concesse cure gratuitecome ha chiesto diverse volte anche il card. Tarcisio Bertone. Concreto è l’impegno dei cattolici in Africa, come dimostra la recente premiazione da parte dello University College di Cork, e in precedenza dall’Università di Harvard, di Suor Miriam Duggan, autrice di un innovativo ed efficace programma di lotta all’epidemia dell’HIV realizzato in Uganda (senza l’uso del condom). Abbiamo anche ricordato come nei Paesi africani a maggioranza cattolica vi sia un più basso tasso di AIDS.

In un’altra occasione, mons. José L. Redrado Marchite, Segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari ha ricordato che «in molte regioni dell’Africa subsahariana, in particolare nelle zone più remote e dove il reddito medio è particolarmente basso, gli unici a fornire le terapie antiretrovirali e ad intervenire in favore delle vittime indirette sono proprio i dispensari ed i presidi medici appartenenti a congregazioni, ordini ed istituti religiosi nonché ad alcune ong di matrice cristiana».

Tutto questo è stato confermato durante un incontro, intitolato  “HIV, l’epidemia dimenticata”, svoltosi all’interno del “Meeting per l’amicizia dei popoli”, la nota kermesse riminese, a cui hanno partecipato diverse figure di grande prestigio internazionale, dedicate a questa terribile piaga. Come si può osservare dal filmato qui sotto, si è a lungo parlato di AIDS e della situazione africana. In particolare il dott. Carlo Federico Perno, Docente di Virologia all’Università di Roma Tor Vergata, ha ribadito l’estrema necessità di combattere questa dura lotta attraverso il cambiamento dei comportamenti sessuali e non tanto con l’utilizzo e la massiccia distribuzione di soluzioni tecniche, come aveva già ribadito in precedenza. Verso la fine dell’incontro i relatori hanno anche affrontato il contributo della Chiesa cattolica, attraverso le cosiddette “Faith based organization”.

Il dott. Alberto Piatti, Segretario Generale della Fondazione AVSI e moderatore dell’incontro, ha citato alcuni dati, rivelando che l’accesso ai servizi primari sanitari in Africa, per più del 50% è garantito da ospedali missionari, e nonostante questo il “Fondo globale” per le malattie ha erogato fino a oggi, dal 2002, soltanto 541 milioni di dollari alle “Faith based organization”, su un totale di 22,6 miliardi di dollari erogati complessivamente. Paul De Lay, direttore esecutivo di UNAIDS (il programma delle Nazioni Unite per l’AIDS/HIV), ha spiegato di collaborare anche con la Caritas, affermando:«le comunità confessionali e la religione hanno un ruolo importantissimo oltre l’erogazione dei servizi, rappresentano la fonte di tanta prevenzioneassistenza e servizi di supporto. Credo sia importante sottolineare questi ruoli della religione nella vita di questa gente che viene toccata dall’epidemia». Inoltre, ha continuato, queste organizzazioni «hanno un ruolo importantissimo nel ridurre lo stigma e la discriminazione». L’AIDS, infatti, non è soltanto un problema di salute, non si può trattarlo soltanto come un problema sanitario, «e qui entra in gioco anche la fede e le organizzazioni religiose, infatti i modelli di trattamento basati sulla comunità sonomolto più efficaci di quelli basati soltanto su un approccio puramente sanitario».

Anche il Direttore regionale per l’Africa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS,Luis Gomes Sambo, ha dedicato parole nel suo intervento per «riconoscere ed apprezzare fortemente il ruolo e l’impegno del “Consiglio Pontifico degli operatori sanitari” del Vaticano e tutta la loro rete di strutture sanitarie presenti in Africa, riescono infatti a svolgere dei servizi preventivi e di trattamento per l’HIV e sopratutto mostrano compassione per coloro che sono colpiti e soffrono». Ma perché tutto questo impegno da parte dei cattolici, si è domandato il dott. Piatti concludendo l’incontro. Perché«desideriamo rispondere al bisogno di queste persone fino in fondo, riconoscendo in loro, come in noi stessi, ”l’innata dignità” -citando le parole del Papa- dovuta dal rapporto con il Creatore».

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05/09/2012 21:36
 
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Il cristianesimo la sola via
per il riscatto degli “intoccabili” in India

La storia dell’India in realtà ha registrato una crescita nei dalit della consapevolezza dei loro diritti con significativi riconoscimenti nei testi legislativi a loro favore: nonostante la discriminazione di casta, non il sistema delle caste in sé, sia stata formalmente abolita nel 1950 dopo il riconoscimento dell’indipendenza dalla Gran Bretagna, l’applicazione della legge ha lasciato molto a desiderare e i dalit restano ancora oggi vittime di emarginazione e abusi e il loro status sociale li mantiene ai margini della società.
Negli ultimi decenni la penetrazione del cristianesimo in India, grazie all’opera della Chiesa Cattolica e di altre denominazioni cristiane, sta producendo degli importanti fruttiche possono contribuire a quel riscatto che da tanti decenni è solamente sperato ma non pienamente realizzato.

A riprova di ciò, citiamo un recente articolo dove si tirano le somme su quanto sta avvenendo in India e come il cristianesimo stia determinando un cambiamento lento ma duraturo nel paese. Secondo Jeevaline Kumar, responsabile della Operation Mobilization’s Anti-Human Trafficking Project in Bangalore e della India’s Dalit and Women’s Advocacy«il messaggio centrale del cristianesimo, quello basato sulla scoperta dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, ha per i dalit una notevole importanza perché prendono coscienza del fatto che la loro vita può cambiare realmente»«Le donne», spiega la Kumar, «sono i dalit dei dalit, in quanto molte di loro sono costrette alla prostituzione, sia in un bordello o in un tempio dove sussiste questa pratica sacralizzata».

Un disprezzo ancor più atroce perché il sistema delle caste insegna appunto che le donnedalit sono impure fin dalla nascita ma – osserva amaramente la Kumar – «quando si tratta di sesso, nessuno pensa a loro come intoccabili». Recentemente, la Kumar ha contribuito ad organizzare una cerimonia di laurea per 106 donne che hanno completato i corsi di studio con ottimo profitto. La maggior parte di queste donne è stata privataperfino del diritto ad una infanzia serena a causa delle discriminazioni di casta. Il messaggio del Vangelo «ha restituito loro dignità e coraggio e sono certa che tutte loro si sono riappropriate della loro infanzia».

Un segnale di speranza vera per un grande paese che negli ultimi anni ha conosciuto una entusiasmante crescita economica ma che ancora si trascina laceranti ed intollerabili discriminazioni in campo sociale con enormi quantità di uomini e donne esclusi da ogni diritto.

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17/11/2012 14:50
 
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Nuovo libro di Rodney Stark:
“Il trionfo del cristianesimo”

Più volte ci siamo occupati di uno dei massimi sociologi della religione a livello internazionale (una trentina i suoi libri, tradotti in 15 lingue), l’americano Rodney Stark, sopratutto in occasione dell’uscita di un suo nuovo libro.

Da poco Stark, docente presso la Baylor University (Texas), ha ultimato l’ultimo suo lavoro: Il trionfo del cristianesimo (Lindau 2012), nel quale riporta una conclusione del genere: «Più del 40 per cento delle persone di tutto il mondo è costituito da cristiani e il loro numero cresce più rapidamente di quello di ogni altra religione». Il volume parte da una domanda precisa: come ha fatto un’oscura setta ebraica composta da poche decine di persone a diventare la più diffusa religione del mondo? E’ stata la «convenienza umana» della proposta del Vangelo a risultare «vincente»(questo è il “trionfo” citato nel titolo), ieri e oggi, nei contesti più diversi. Inoltre ha spiegato, in una intervista apparsa su Avvenire, che «l’impegno del primo cristianesimo alla misericordia è stato tanto capace di mitigare la sofferenza al punto che i cristianivivevano pure più a lungo dei loro fratelli pagani [...] si facevano carico di chi era ammalato, di quanti erano vecchi, di chi era in condizioni di povertà. Con il risultato che essi erano capaci di sopravvivere più lungo nei momenti difficili»,

Attenzione verso i malati e i bambini, ma sopratutto il cristianesimo difese e diede dignità alla donna«le donne cristiane vivevano meglio delle loro pari grado pagane: ad esempio, si sposavano ad un’età più matura, i loro mariti erano più fedeli rispetto a quelli non cristiani, gli uomini non divorziavano e le mogli non dovevano far fronte ai pericoli di aborti, una pratica molto diffusa tra i pagani del tempo. Per questo, al di là di aspetti più prettamente spirituali, i cristiani conducevano una vita decisamente più attraenterispetto ai non cristiani».  Le donne cristiane godevano di uno status più alto rispetto alle donne del mondo greco-romano, i cristiani promossero il matrimonio, combatterono la poligamia, la schiavizzazione e lo sfruttamento sessuale e proibirono la pratica dell’infanticidio, dell’aborto (che spesso veniva esercitato proprio nei confronti della nascita delle bambine). Questi elementi insieme al culto di Maria, fecero sì che nelle comunità cristiane, fin dall’inizio ci fu una prevalenza numerica delle donne e questo fu decisivo per la loro crescita demografica.

Il sociologo nel nuovo libro affronta anche varie accuse al cristianesimo, come quella di aver soppresso il paganesimo. In realtà, ha spiegato, «sono esistiti templi e cerimonie apertamente pagani all’interno della cristianità almeno fino all’ottavo e nono secolo: questo fatto dimostra come il paganesimo non fu cancellato da un cristianesimo militante, ma gli fu permesso di sopravvivere ancora per diverso tempo». Quanto al Medioevo, i cosiddetti “Secoli bui” non ebbero niente di oscuro, ma furono una delle epoche più inventive e rivoluzionarie della storia occidentale (non a caso in questo periodo nell’alveo della cattolicità nacquero il metodo scientifico, le università e gli ospedali moderni). L’Inquisizione spagnola, poi, fu responsabile di pochissime morti e, al contrario di ciò che ancora oggi tanti credono, salvò molte vite opponendosi alla caccia alle streghe che imperversava nel resto d’Europa, sopratutto nelle aree protestanti.

Il prestigioso studioso si è soffermato anche sulla demografia attuale del cristianesimo, aderendo alla tesi del ritorno religioso avanzata anche dal suo collega Philip Jenkins, basata sull’evidenza che coloro che non vanno in chiesa (o lo fanno raramente) tendono ad avere meno bambini, mentre le persone attive nelle chiese continuano ad avere molti bambini: «Se ciò continuerà ad accadere negli anni futuri, avremo in Europa unrevival cristiano basato interamente sulla differente fertilità di questi due gruppi» (ad esempio già oggi in Cina ci sarebbero 70 milioni i cristiani!).

Ovviamente, come sa chi è già lettore di Stark, le sue ricerche sono sempre molto ben documentate, basate su studi recenti e accreditati e sul «lavoro di altri studiosi, le cui opere, pur essendo pietre miliari, hanno ricevuto troppa poca attenzione», come afferma lui stesso nell’introduzione del libro. In un’altra intervista ha spiegato di essere stato agnostico e culturalmente cristiano fino a quando non ha iniziato a studiare la storia del cristianesimo, oggi è vicino alla chiesa episcopale.

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22/11/2012 19:37
 
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La democrazia?
Nasce nei monasteri medievali

Intervistato su Avvenire, ha spiegato che anche una comunità piccola e unica  come quella monastica «può divenire un motore della storia [...]. Qui in un modo o nell’altro chi è superiore si definisce pure come inferiore. Oppure, è superiore perché è inferiore. Per san Benedetto, l’abate non deve presiedere o dominare, ma restare al servizio degli altri membri della comunità».  Il Medioevo fu un abbozzo di democrazia anche a livello civile, come le assemblee locali in Scandinavia o l’esperienza dei Comuni italiani, ma è sopratutto all’interno dei monasteri cattolici che non ci si rifaceva «al modello della democrazia ateniese, divenuto all’epoca molto astratto e ideale. Seguendo i primi passi di questa comunità, si scorge tutta la dimensione umana e in fondo la verità di una piccola società che inventa le proprie regole e le comprende, ad esempio che il tipo di elezione non riassume interamente una democrazia. In questo senso ci si avvicina non solo a ciò che la democrazia è poi divenuta, ma anche a ciò che ancor oggi dovrebbe essere: l’arte di governare senza che nessuno possa aggrapparsi al potere».  Nel tempo, poi, avvenne uno slittamento di tutto questo dall’universo religioso a quello civile, basti pensare che in Italia «l’assemblea comunale si teneva talvolta nel convento francescano», ha infine spiegato.

La tesi di Dalarun non è certo nuova, ne ha parlato anche l’editorialista de Il Corriere della SeraPiero Ostellino, concludendo la sua “Difesa laica del Papa” del 2010: «Come se la stessa nostra democrazia liberale non fosse debitrice del messaggio cristiano che ha posto al centro la sacralità e l’inviolabilità della persona». Anche il sociologo Rodney Stark, docente presso la Baylor University (Texas), nel suo La Vittoria della Ragione(Lindau 2006), ha spiegato che la vera lotta alla discriminazione è stata fatta con l’introduzione dell’assunto dell’uguaglianza morale (unicità degli uomini davanti alla legge). Ma tale novità non è nata nell’Illuminismo e nemmeno grazie al mondo classico, laddove «se è vero che erano esistiti esempi di democrazia, questi non erano radicati in alcuna affermazione di parità che andasse oltre all’uguaglianza dell’élite». Non a caso le varie città-stato della Grecia e di Roma si fondavano su un numero smisurato dischiavi.

Invece «fu proprio il cristianesimo», ha continuato Stark, «a eliminare l’istituzione della schiavitù ereditata dalla Grecia e dalla Roma antiche. Allo stesso modo, la democrazia occidentale deve le sue origini intellettuali e la sua legittimità essenzialmente a ideali cristiani, e non a una eredità greco-romana. Tutto ebbe inizio con il Nuovo Testamento»Gesù Cristo, infatti, proclamò il concetto di uguaglianza morale sopratutto con i fatti, «ignorò ripetutamente le principali differenze tra le classi sociali e frequentòpersone stigmatizzate, come samaritani, pubblicani, donne immorali, mendicanti e vari altri emarginati, dando così un sigillo divino all’uguaglianza spirituale». Su questo esempio che San Paolo ammonì: «non c’è più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù».

Il modello venne così stabilito, ha quindi concluso il prestigioso sociologo delle religioni, e poi si abbracciò «un concetto universalistico d’umanità elaborato dal teologo cristiano del III secolo, Lucio Celio Firmiano Lattanzio, nella sua famosa opera “Divinae Institutiones”», dove ad esempio si afferma: “il secondo elemento della giustizia èl’equità. L’equità, dico, [...] nel considerarsi uguali a tutti gli altri [...]. Dio, infatti, che crea gli uomini e infonde in essi l’anima, volle che tutti fossero uguali [...]. Ci chiamiamo vicendevolmente fratelli, perché riteniamo di essere uguali [...], tra di noinon esistono servi; ma i servi noi li consideriamo e li denominiamo fratelli rispetto allo spirito, compagni di servizio rispetto alla religione” perché ”la giustizia significa rendersi uguali anche agli inferiori”.

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25/11/2012 22:15
 
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Studiose cattoliche:
«la Chiesa ha valorizzato la donna prima della società laica»

Breaking Through: Catholic Women Speak for Themselves è il titolo del lavoro che narra le storie personali di nove donne cattoliche alle prese con le esigenze della loro fede e dellalibertà che ritrovano poi negli insegnamenti della Chiesa. Il concepimento del discusso testo è partito in concomitanza al dibattito sorto tra i funzionari del governo federale circa l’insegnamento cattolico giudicato inospitale per la libertà delle donne. 

«La mia esperienza nella Chiesa è stata così molto diversa da ciò che è stato presentato dai media», ha detto invece Mary Hallan-FioRito, assistente esecutivo del card. Francis George di Chicago. Ha poi aggiunto di trovare «particolarmente preoccupante» che nel dibattito politico attuale «tanto di ciò che la Chiesa fa per le donne viene sminuito o ignorato del tutto». Nel corso della storia, la Chiesa cattolica è stata «una voce coerenteper la dignità e l’uguaglianza di tutte le donne», ha proseguito, aprendo molti ruoli di«autorità e influenza» per le donne molto prima che fossero aperte alle donne nella società laica, come presidenti di ospedali e università, ha detto. E in molti paesi, la Chiesa è ancora «l’educatore principale delle donne». Nella sua vita professionale, ha aggiunto,«la Chiesa comprende che la mia vocazione di madre è tanto importante quanto la mia vocazione come lavoratrice della Chiesa».

La dottoressa Marie Anderson, direttore medico del Centro Famiglia Tepeyac a Fairfax, in Virginia, ha spiegato che vi è la necessità di interpretare diversamente «la definizione della cultura della libertà», oggi considerata come licenza di fare ciò che si vuole. Nella sua pratica, Anderson ha visto le «conseguenze non intenzionali» ad esempio di una mentalità contraccettiva che «prende l’attività sessuale come un dato, sia dentro che fuori del matrimonio». Malattie, oltre all’infertilità, sessualmente trasmesse, hanno contribuito a relazioni rotte e cuori infranti. «Le donne per sentirsi libere stavano rompendo i loro cuori, i sogni, i valori», ha detto la studiosa, in riferimento ad una cultura che protendeva ad un a sessualità “libera”.

Quando la presa di coscienza relativa alla contraccezione non ha conseguito risultati di appagamento, le donne hanno fatto un passo indietro come è spiegato nel testo ed hanno ri-abbracciato la fede cattolica, da cui si erano allontanate. Nella fede e nei suoi insegnamenti hanno riconosciuto la vera libertà inseguita e trovato la pace.

Livia Caradente

 

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25/11/2012 23:03
 
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Si compie in Italia il più grande evento di carità del nostro Paese: la “Colletta alimentare”.

    L’anno scorso 5 milioni di italiani hanno partecipato, consegnando ai 130 mila volontari (di decine di associazioni diverse), presenti fuori dai supermercati, 9700 tonnellate di cibo.

Che si sono sommate a eccedenze e donazioni confluite per tutto l’anno al “Banco alimentare”. In tutto 70 mila tonnellate di derrate.

Così nel 2011, attraverso 9 mila istituzioni caritative, si è dato da mangiare a 1 milione e 700 mila persone che ogni giorno si rivolgono a queste strutture di solidarietà.

Bisogna riflettere sull’enormità di questa cifra, perché si tratta di 1 milione e 700 mila persone, coi loro volti, nomi, storie, drammi umani.

In tempi di crisi, disoccupazione e impoverimento la “Colletta alimentare” è dunque un avvenimento popolare e – con il Banco – anche un fatto sociale di straordinaria importanza che dovrebbe insegnare molte cose. Pure a politici ed economisti.

Ma l’imponenza di quest’opera del volontariato non deve far dimenticare come tutto questo è nato. Ogni grande quercia infatti cresce da un piccolissimo seme, apparentemente trascurabile.

E’ una storia che inizia nel 1967. Siamo negli Stati Uniti. Un certo John Van Hengel, ex playboy in crisi e in difficoltà, in fuga dai problemi, finisce a Phoenix, in Arizona.

Senza meta, bussa alla parrocchia cattolica di Saint Mary, tenuta da frati francescani, e lì viene accolto. Non c’entrava niente con la Chiesa, ma era un uomo alla deriva e fu ospitato come un fratello. Per riconoscenza cercò subito di rendersi utile ai frati, specie alla loro mensa dei poveri.

Un giorno fu colpito da una povera donna, madre di dieci figli, che venne a chiedere aiuti, ma non il cibo. Lui si domandò: “Ma perché – con tanti figli – non chiede qualcosa da mangiare?”.
Così decide di tenerla d’occhio e scopre che lei andava nei supermercati e si faceva regalare quello che doveva essere buttato e che era ancora buono. Geniale idea.

John decise di fare lo stesso per la mensa dei frati. In poco tempo riempì di alimentari la stanza di una ex pasticceria. Così, quando incontrò di nuovo quella donna, le raccontò tutto e lei gli rispose con una battuta che di nuovo accese qualcosa nella sua testa: “noi poveri avremmo bisogno di una banca del cibo”.

Nacque in questo modo – e proprio con il nome suggerito da quella madre – la “Food Bank”, il primo Banco alimentare del mondo, che – essendo germogliato all’ombra della chiesa di Saint Mary – fu denominato “St. Mary’s Food Bank”.

Il nome ha un suo senso profetico. Del resto i francescani di Phoenix sapevano bene che la Madonna, a Betlemme (toponimo che significa “casa del pane”), aveva messo al mondo Colui che si definì “il pane della vita”. Colui che ha descritto così il Giudizio finale: “avevo fame e mi avete dato da mangiare…”.

Il Banco alimentare nacque dunque negli Stati Uniti dall’intelligenza e la generosità di John Van Hengel, ma presto l’idea rimbalzò e si concretizzò pure in Canada, poi in Francia e in Spagna.

“Noi” mi racconta Marco Lucchini, Direttore generale del Banco alimentare italiano “incontrammo questa esperienza nel 1989”. Per “noi” intende un gruppo di amici che fanno parte di Comunione e liberazione.

Ancora una volta tutto accade tramite semplici incontri umani.

“Mi telefona Giorgio Vittadini perché sapeva che io lavoravo allora in una piccola catena di supermercati. E mi dice: ‘bisogna andare a Barcellona perché Diego mi ha raccontato che là ha visto una cosa che l’ha colpito: si chiama banco degli alimenti’. Vuoi andare a capire di che si tratta?”.

Lucchini continua: “Da quel viaggio ci venne la prima spinta. Così provammo a sondare il terreno fra le aziende. Finché incontrammo una persona straordinaria, Danilo Fossati fondatore della ‘Star’, la famosa azienda alimentare”.

Fossati è il classico lombardo tutto lavoro e voglia di fare. E’ diventato un imprenditore di grande successo, ma non si accontenta della ricchezza raggiunta. Si pone domande profonde sulla vita.

Del resto ha chiamato “Star” la sua azienda in onore a sua madre che si chiamava Stella, donna di grande fede, che, pur nella povertà, era sempre lieta. Non gli sfugge il paradosso per cui lui – pur avendo successo e ricchezza – si sente invece inquieto.

“Dunque” racconta Lucchini “gli facciamo incontrare don Giussani, per conoscerci meglio. Era il 1989. Non dimenticherò mai quel giorno. Don Giussani lo abbracciò alla sua maniera, con forza e affetto, e gli disse le parole che folgorarono quell’uomo: ‘lei ha un cuore grande come sua madre’. Fossati da quell’incontro intuì che poteva vivere la stessa umanità che ricordava in sua madre. Rispose commosso: ‘qualunque cosa mi chiederà io la farò’. Don Giussani non gli chiese mai niente, perché era già accaduto tutto. Fossati aveva capito che da lì, dall’azienda dove lavorava, poteva aiutare tanta gente. Era ciò a cui aspirava, un senso diverso della sua vita”.

Ma anche coloro che erano presenti a quell’incontro e a quell’abbraccio, e che iniziarono il Banco Alimentare con l’aiuto di Fossati, restarono commossi e colpiti per sempre. Lucchini per esempio lasciò il precedente lavoro e si buttò totalmente in questa avventura.

“Da allora” confida oggi “io ho desiderato essere abbracciato tutti i giorni in quel modo e ho desiderato di poter abbracciare tutte le persone che incontravo così, ogni giorno”.

Il Banco alimentare in fondo è stato ed è solo lo strumento per realizzare questo desiderio.

Lo è stato per i primi che lo iniziarono e oggi è lo strumento con cui migliaia di volontari e milioni di italiani, ogni anno, con la “Colletta alimentare” realizzano il desiderio di abbracciare chi è nell’indigenza e non ha neanche pane a sufficienza per sé e per i propri figli.

In fondo è lo stesso abbraccio che John Van Hengel ebbe quando bussò alla porta di quei frati francescani di Phoenix. E – andando a ritroso – è lo stesso abbraccio che ebbero quelle persone, in aperta campagna e senza cibo, a cui Gesù, “preso da compassione”, fece distribuire i due pani e cinque pesci.

Che prodigiosamente si moltiplicarono sotto i loro occhi sfamando cinquemila persone.

Tutta la vita di Gesù era l’immenso abbraccio di Dio: a ciascun uomo, ognuno con la sua fame di amore, la sua sete di significato. Ognuno col suo segreto dolore.

“La Colletta” aggiunge Lucchini “è un’idea che dal 1997 abbiamo copiato dai francesi. Per coinvolgere tutti nell’opera del Banco Alimentare”.

Oggi è davvero diventata quello che desiderava don Giussani, un immenso fondo comune volontario creato dagli italiani a favore dei poveri.

E non è solo un grande gesto di carità. E’ anche la soluzione di un grave problema sociale perché migliaia di persone che hanno fame sarebbero pure un problema di ordine pubblico e di sicurezza collettiva.

“Per questo” aggiunge Lucchini “chi dona un centesimo al Banco alimentare, ha indietro dieci volte tanto”.

E’ una storia molto istruttiva. Fra l’altro spiega la grandezza di un principio – la sussidiarietà – che tutti a parole omaggiano (ma senza praticarlo).

Basta immaginare cosa accadrebbe se fosse lo Stato a doversi occupare di allestire e gestire un simile “ammortizzatore sociale” per 1 milione e 700 mila persone.

E’ lecito temere enormi problemi di sprechi, inefficienze, spesa pubblica e quant’altro? Anche nei casi eventuali di efficienza, una cosa sarebbe ricevere un piatto di minestra da un ufficio, per via burocratica, altra invece riceverlo con un sorriso e un gesto di fraternità in opere di volontariato e di carità.

Perché l’uomo non vive di solo pane, ma soprattutto di umanità e ideali morali. Così pure l’economia di mercato, come ha spiegato Benedetto XVI nella “Caritas in veritate”.

 

Antonio Socci

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07/12/2012 18:45
 
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Perché il cristianesimo esplose
da 12 apostoli a 32 milioni in 300 anni?

Da 12 apostoli a 32 milioni in soli 350 anni. La cristianità esplose letteralmente nell’impero romano non solo in virtù della forza della sua dottrina. Non avevano grandi mezzi economici, non erano protetti dai potenti, e al contrario predicavano tra poveri e deboli. Eppure il cristianesimo divenne la religione più diffusa nell’Impero romano (e oggi la situazione non è cambiata). Su questi e altri argomenti ha ragionato con estrema lucidità uno dei più importanti sociologi delle religioni viventi, Rodney Stark, docente di Scienze Sociali presso la Baylor University del Texas. Lo ha fatto attraverso due consigliatissimi volumi: Ascesa e affermazione del Cristianesimo. Come un movimento oscuro e marginale è diventato il pochi secoli la religione dominante dell’Occidente (Lindau 2007) e La città di Dio. Come il cristianesimo ha conquistato l’impero romano (Lindau 2010). In entrambi i volumi -riporta Zenit.it- l’autore raccoglie le diverse testimonianze storiche per cercare di svelare il mistero del successo cristiano attraverso la rigorosa applicazione di metodi scientifici e strumenti sociologici. Analizzando e mettendo insieme le testimonianze scritte di autori del tempo, relative alle diverse città dove erano presenti comunità cristiane, Stark disegna una curva che mostra l’aumento del numero dei cristiani dall’anno 40, in cui erano 1000, al 350 quando arrivarono a 32 milioni. Secondo Stark, non fu Costantino a permettere la crescita della Chiesa cristiana, al contrario fu l’enorme crescita dei cristiani a convincere l’Imperatore che il cristianesimo avrebbe sostenuto e rafforzato il cosmopolita popolo romano e quindi l’impero.

1) Cura del prossimo e prevenzione sociale. Il cristianesimo divenne più attraente del paganesimo e delle altre religioni presenti in quegli anni innanzitutto per l’attenzione e la cura per il prossimo da parte dei cristiani. I pagani fuggivano difronte ad epidemie, incendi e disastri naturali, mentre i cristiani rimanevano per accudire parenti, figli, mogli, nonni, amici. Il loro amore per gli altri era tale che rischiavano la vita pur di prestare carità, cura e attenzione per gli altri. L’assistenza verso i deboli e l’assistenza medica elementare, che i cristiani praticavano verso tutti, ridusse notevolmente la mortalità e li fece apparire di fronte ai pagani come degli eroi innamorati dell’umanità. La carità dei cristiani era tale che giungeva fino alla testimonianza eroica dei martiri. Tutti rimanevano impressionati dai cristiani che sopportavano torture e martirio senza ribellarsi e senza mai tradire il loro fondatore. Stupefacente era anche la mancanza di azioni di vendetta e di violenza dei cristiani, i quali addirittura pregavano Dio affinché perdonasse i persecutori.

2) Difesa, protezione e dignità delle donne. L’altro elemento fondamentale per il massiccio processo di conversione fu l’attenzione, la stima, il rispetto e la protezione che i cristiani praticavano nei confronti delle donne. Nella cultura cristiana le donne godevano di uno status più alto rispetto alle donne del mondo greco-romano. I cristiani combattevano la poligamia, la schiavizzazione e lo sfruttamento sessuale delle donne, proibivano la pratica dell’infanticidio e dell’aborto, che spesso veniva esercitato proprio nei confronti della nascita delle bambine. Questi elementi insieme al culto di Maria, fecero sì che nelle comunità cristiane fin dall’inizio ci fu una prevalenza numerica delle donne. La crescita di comunità sane con la presenza di molte donne virtuose fu decisiva per la crescita demografica dei cristiani: accadde infatti che i pagani trovavano donne virtuose per contrarre matrimoni nelle comunità cristiane. La percentuale di matrimoni misti tra donne cristiane e uomini pagani fu relativamente alta, e generò molte conversioni dei coniugi maschi al cristianesimo. La conseguenza ultima di questi fenomeni fu un aumento del tasso di natalità all’interno dei circoli cristiani.

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09/12/2012 13:09
 
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Missioni:
Tra gli aborigeni australiani


 
 

di Rolando Pizzini
*insegnante e scrittore

 

E’ da poco uscito il romanzo Nel Tempo del Sogno (ed. La Fontana di Siloe 2012), che narra la storia del primo bianco che, da solo, decise di vivere con e per gli aborigeni australiani. Si tratta del missionario don Angelo Confalonieri il quale, a metà Ottocento, segnò una pagina di storia importante per quanto riguarda i contatti fra europei e aborigeni australiani e, più in generale, fra missionari cattolici e popoli Indigeni.

La ricerca, della quale sono stato ideatore e responsabile, si è rivelata difficile sia per la disseminazione delle fonti in Italia, Australia, Inghilterra e Nuova Zelanda, sia per raggiungere e visitare i luoghi ove Confalonieri operò, ossia la penisola di Cobourg, un territorio praticamente disabitato nell’estremo nord dell’Australia.

A queste difficoltà ho in buona parte ovviato creando un team di altissimo livelloformato dai professori universitari australiani Bruce Birch e Stefano Girola, e da due studiosi italiani Elena Franchi e Maurizio Dalla Serra. Ma per portare in piena luce tutta la storia ho dovuto pure chiedere aiuto a persone impegnate in istituti, università, ma anche a volenterosi emigrati italiani in Australia che con entusiasmo hanno dato il loro supporto laddove la situazione lo richiedeva.

Tutta questa fatica ha alla fine fatto emergere la vicenda di un uomo eccezionale che seppe inserirsi nel popolo aborigeno come nessuno mai fece prima di lui. Basti pensare che il suo arrivo fu preceduto da decenni di intolleranza nei confronti dei nativi, che hanno subito episodi di inaudita ferocia da parte dei bianchi, in quanto erano considerati, più volte, esseri biologicamente inferiori. Don Angelo Confalonieri, invece, visse con loro, li aiutò, ne conciliò le differenze tribali e ne adottò il loro stile di vita nomade.

In breve tempo giunse persino a scrivere due frasari inglese-aborigeno. E tutto questo lo seppe fare attraverso il rispetto, l’ascolto ed il dialogo. Su Confalonieri ho pura curato il saggio “Nagoyo” edito dalla Fondazione Museo storico del Trentino, ora in uscita anche in lingua inglese.

Nel 1939, William Cooper, uno dei primi attivisti politici aborigeni dichiarò ad un giornale di Melbourne: «Questa Lega [The Australian Aborigines’ League] e la stragrande maggioranza dei nativi si rendono conto che i missionari sono stati i nostri migliori amici, e se non fosse stato per le missioni e il lavoro e l’interessamento dei missionari, pochissimi Aborigeni sarebbero sopravvissuti. Noi ci leviamo il cappello davanti ai missionari che hanno lasciato le comodità della civiltà per esporsi al caldo, alle mosche, alla polvere, alle cattive condizioni climatiche e agli altri disagi della vita missionaria. Considerando i sacrifici fatti dai missionari, è del tutto inappropriata l’ingratitudine espressa da chi dovrebbe ringraziare i missionari per tutto ciò che di valore ha ricevuto nella vita. I Nativi conoscono i loro veri amici e apprezzano profondamente il loro splendido lavoro».

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12/12/2012 16:39
 
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La ragione cristiana ha demolito astrologia e superstizione


 

di Francesco Agnoli*
*scrittore e saggista

 
 

Il 2009 è stato l’anno dell’astronomia, in cui si ricordano i grandi nomi e le grandi scoperte in questo campo della scienza. L’astronomia è sempre stata uno degli interessi principali dell’uomo, anche se nell’antichità si confondeva spesso con l’astrologia, perché non era tanto una scienza, quanto un’insieme di osservazioni empiriche, anche notevoli ed importanti, ma per lo più unite a considerazioni magiche, superstiziose, fataliste.

Tutti i popoli della terra hanno sollevato gli occhi al cielo, per un innato senso religioso. Hanno tutti chiesto alla luna, come il pastore di Leopardi“Che fai tu luna in ciel, dimmi che fai silenziosa luna?”, cercando di ottenere da lei una risposta anche sul destino umano. Basti pensare che tutte le cantiche di Dante finiscono con la parola stelle, o che il termine “desiderio”, deriva dal latino, sidera, che significa, appunto, stelle.

Così gli antichi babilonesi e molti altri popoli avevano degli osservatori sopraelevati ecercavano di leggere nel cielo il Destino dell’uomo, redigendo oroscopi. Gli astri e i pianeti erano per gli antichi, e per molti intellettuali e non, del Cinquecento e del Seicento (si pensi a Tommaso Campanella), delle “divinità” capaci di influenzare l’uomo, la sua salute, le sue scelte morali. Platone, un grande filosofo greco del V secolo avanti Cristo, nel suo Timeo definisce le stelle “dei visibili”, e ritiene, come i suoi contemporanei, che sia composto di una quinta essenza, l’etere, che esiste appunto solo nel cielo. Gli astri, per lui, per gli aristotelici e per il cosiddetto sistema aristotelico tolemaico, sono lisci, perfetti, cristallini, si muovono di moto circolare, e cioè perfetto, perché sono, appunto, divini.

Col cristianesimo le cose iniziano a cambiare: il cielo rimane abitato da Dio, metaforicamente, ma le stelle e gli astri vengono ridimensionati. Divengono semplicementecreature di Dio, opere della sua munificenza, che cantano le lodi del Creatore, ma non divinità essi stessi. Uomini, insegna sant’Agostino, siete liberi, le vostre azioni non sono decise dagli astri. Siete voi, come creature spirituali, a scegliere tra il bene e il male, e a decidere della vostra vita. Analogamente l’apologeta cristiano Lattanzio scrive: “Proprio perché gli astri non possono uscire dalle orbite prescritte, appare evidente che non sono dei; se fossero dei li vedremmo trasferirsi qua e là come esseri animati sulla terra che vanno dove vogliono perché le loro volontà sono libere”. Si tratta di un’ acquisizione filosofica fondamentale, che da una parte salva la libertà e l’indipendenza dell’uomo, non più schiavo del Fato, del Destino, del volere delle stelle, come nell’antichità, dall’altra apre allo studio scientifico degli astri.

In quanto agglomerati di materia, infatti, e non dei, possono essere indagati e studiati. San Tommaso, per confutare coloro che ancora credono nell’oroscopo, scrive: “Astri inclinant, non necessitant”, cioè gli astri possono influire sul carattere, sul temperamento di una persona, ma non impongono nulla, necessariamente, alla natura spirituale, libera, dell’uomo, come invece credono i pagani o gli altri popoli della terra, in Asia o in Africa. Nonostante queste importanti riflessioni, scaturite dalla razionalità del cristianesimo, il medioevo mantiene il sistema aristotelico tolemaico e geocentrico degli antichi greci. Solo che inizia sempre più ad interrogarsi: se non sono dei, se non sono entità vive, cioè se non si muovono per forza propria, cosa muove gli astri? Non un’anima divina dentro di loro, dunque, ma qualcosa di altro.

Roberto Grossatesta, un vescovo inglese, nel XIII secolo ipotizza che il moto originario impresso all’atto della creazione, da una sorta di big bang, possa giustificare il moto dei pianeti. Come se dopo l’atto creativo di Dio, tutto l’universo materiale fosse regolato da leggi fisiche, matematiche, poste in essere da un “divino Architetto”. Occorre ora, dunque,cercare in base a quali leggi (nomoi) si muovono le stelle: l’astrologia, o “astro-biologia”, secondo la definizione di A. Koyre (in quanto gli antichi pagani consideravano i pianeti degli “animali viventi”), diventa, piano piano, astro-nomia, studio dei nomoi, delle leggi che muovono le stelle. Per Niccolò Copernico, un sacerdote “polacco” che studia nelle università italiane, autore del De revolutionobus orbium coelestium, il vecchio sistema aristotelico-tolemaico, per quanto ingegnoso, non è credibile, perché troppo complesso, contorto, dispendioso: se un buon orologiaio utilizza il minor numero possibile di meccanismi per ottenere il risultato che cerca, quanto più Dio, che è sommamente intelligente, utilizzerà il metodo più semplice per ottenere i migliori effetti? E il metodo più semplice, afferma Copernico, cioè il più ingegnoso, è immaginare che sia la terra a girare intorno al sole, e non viceversa! A guidare Copernico, dunque, come tutti gli altri grandi padri della scienza, vi sono osservazioni concrete e un’ idea filosofica di fondo: la natura va ammirata, per la sua bellezza, ma non va confusa, come facevano gli antichi pagani, che non avevano il concetto di un Dio trascendente, con il suo Creatore. Al contrario, invece di divinizzarla, e immaginare che sia abitata da dei, demoni, spiriti elementali, gnomi, foletti o quant’altro, tutte forze paurose e misteriose che paralizzano la ricerca e la libertà dell’uomo, occorre scorgere in essa il riflesso della grandezza e dell’intelligenza somma del suo Autore. Esattamente come un osservatore, osservando un bel quadro, vi intravede la bravura e l’abilità del suo pittore, senza per questo confondere artefice ed artefatto.

Anche Keplero, l’autore delle leggi sull’orbita dei pianeti, allontanandosi gradualmente dalle sue convinzioni magico-astrologiche, la pensa nello stesso modo. Mentre discute di numeri, di orbite, di leggi fisiche, scrive, in una sua famosa lettera del 1605 a Herwart von Hohenberg: “Sono molto occupato nello studio delle cause fisiche. Il mio scopo è dimostrare che la macchina celeste può essere paragonata non ad un organismo divino ma piuttosto ad un meccanismo d’orologeria…in quanto quasi tutti i suoi molteplici movimenti si compiono grazie a una sola forza magnetica, molto semplice, come nell’orologio tutti i moti (sono causati) da un semplice peso”. E alla fine del suo“Harmonices mundi”“grande è il Signore nostro, grande è la sua sapienza, non ha confini; lodatelo voi, o cieli, lodatelo voi, o Sole, o Luna, o Pianeti, qualunque senso per percepire e qualunque lingua adoperiate per manifestare il vostro Creatore; lodatelo voi, o armonie dei cieli, lodatelo voi che osservate le armonie manifeste; loda anche tu, anima mia, il Signore creatore tuo finché vivrò…”.

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14/12/2012 19:26
 
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L’infermiera ugandese Busingye: «l’HIV non si vince con il preservativo»

Ancora una volta il quotidiano Avvenire pubblica una bella intervista, in questo caso a Rose Busingye, infermiera ugandese  specializzata in malattie infettive, fondatrice e presidente del Meeting Point Kampala Association che si occupa della cura di pazienti affetti daHIV/AIDS, dei loro figli e dell’assistenza ai giovani.

Ricordiamo che la Chiesa è fortemente impegnata nella lotta contro l’HIV, oltre il 25% delle strutture che nel mondo assistono i malati di Aids sono cattoliche, tra i più attivi la Comunità di Sant’Egidio, l’associazione AVSI e il Catholic Medical Mission Board (Cmmb), quest’ultimo impegnato nelle aree più povere del mondo attraverso l’invio di personale medico volontario e di strumentazioni mediche, nonché la raccolta e la distribuzione di farmaci alle popolazioni bisognose. Numerosi anche gli interventi del Santo Padre su questa tematica, l’ultima proprio nel novembre scorso quando ha lanciato un appello di sensibilizzazione su questa tragica realtà in occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS. Il segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone ha anche richiesto l’accesso gratuito alle cure. Non a caso sia l’ONU che l’OMS, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, hanno ufficialmente ringraziato la Chiesa per il suo impegno (l’OMS tuttavia ha contribuito alla diffusione dell’HIV in Africa a causa di un contraccettivo ormonale distribuito)

Il Meeting Point di Kampala (Uganda) è una di queste realtà cattoliche dove hanno perfettamente capito -come ha spiegato il virologo Carlo Federico Perno-che per combattere l’AIDS occorre un cambiamento culturale sulla sessualità, a nulla serve rovesciare in testa agli africani casse di preservativi colorati. La Busingye, da anni al fianco dei malati di HIV, ha infatti spiegato«La nostra salvezza non sta dentro un pezzo di plastica. Dobbiamo tornare a essere uomini veramente. Uomini che hanno dignità e hanno valore. Il preservativo non serve a nulla se non si cambia prima il metodo, la vita. Applicare uno strumento e non cambiare la vita non porta a niente. Sarebbe come dire: tu sei un animale, che agisce soltanto seguendo il suo istinto, non sei un uomo che può controllarsi».

«Per questo da noi, in Africa», ha proseguito, «oggi l’uso del preservativo è visto soltanto come ultima spiaggia. Dobbiamo chiederci che senso ha il sesso. Oggi è come se fosse la cosa più importante del mondo. È l’esaltazione di un idolo. Se voglio bene all’altro e so che il metodo che sto usando porta in sé un minimo di pericolo, allora non rischio. Il vero problema è educare la persona a comprendere che ha un valore più grande, di cui è responsabile. La questione vera è il riconoscere il valore di sé stessi». Ha quindi proseguito: «rispondere soltanto a un bisogno (come può essere il sesso) dimenticando la totalità della propria persona lascia insoddisfatti. Perché il cuore è desiderio di infinito».

I risultati di questo metodo sono ostinatamente sotto gli occhi di tutti, alla faccia degli accusatori che nel 2009 si sono scagliati contro Benedetto XVI il quale ha semplicemente ribadito tutto questo. L’Uganda infatti, -al contrario degli altri paesi africani- negli ultimi dieci anni, ha conosciuto una drastica diminuzione del numero di persone infette da Aids (dal 21% al 7%). Il motivo è che -ha spiegato l’infermiera ugandese- «questo nuovo modo di guardarsi in Uganda ha cambiato tutti. In Uganda abbiamo la fortuna di avere un presidente, Yoweri Museveni, che lo ha capito sin da subito. E ne sono molto orgogliosa. Non è un cattolico, eppure è tra coloro che tre anni fa, nella bufera nata dopo le dichiarazioni del Papa in occasione della sua visita in Africa, si è subito schierato dalla sua parte. Museveni ha da subito affermato che bisogna ritornare alle origini. Perché la nostra “salvezza” non è dentro un pezzo di plastica. Non ci salveremo grazie a un preservativo. Dobbiamo tornare a essere uomini veramente. Uomini che hanno dignità e che hanno valore. Attenzione: questo non è un discorso cattolico, perché questo valore non ce lo dà la religione, e nemmeno il Papa. Il Papa ce lo fa conoscere, ci educa a capire che siamo uomini che hanno un valore infinito. Rispondere al nostro istinto, ai nostri bisogni immediati, è troppo poco per la grandezza del nostro cuore».

Benedetto XVI aveva dunque ragione nel suggerire che è la «riduzione nei partner sessuali» a condurre «a una decrescita delle nuove infezioni da Aids», e non una massiccia diffusione del condom che, al contrario, porta ad un incremento. Questo, lo ha spiegato Edward C. Green, direttore dell’AIDS Prevention Research Project al centro Harvard per gli Studi su Popolazione Sviluppo,  è «dovuto in parte a un fenomeno conosciuto come “compensazione di rischio” ». Così, ha proseguito, «il Papa è corretto, o per metterlo in un modo migliore, la migliore evidenza che abbiamo è di supporto alle dichiarazioni del Papa. C’è un’associazione costante, dimostrata dai nostri migliori studi, inclusi i “Demographic Health Surveys”, finanziati dagli Stati Uniti, fra una maggior disponibilità e uso dei condoms e tassi di infezioni HIV più alti, non più bassi». Il ricercatore di Harvard nel 2009 ha anche affermato«Diffondevo contraccettivi in Africa. Oggi dico che solo la fedeltà coniugale batterà l’Aids», mentre la sua università nel 2006 ha premiato suor Miriam Duggan per la sua dedizione ai malati di Aids/Hiv in Uganda, dove il numero dei contagi in Uganda è diminuito, come d’altra parte è stato verificato che nei Paesi africani a maggioranza cattolica è più basso il tasso di diffusione dell’HIV.

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14/01/2013 15:08
 
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Come la Chiesa ha alfabetizzato l’Europa

scriptorium 

di Francesco Agnoli*
*scrittore e saggista

 
 

Si discute, in questi tempi, della scuole paritarie. Sembra che la scure dell’Imu debba calare anche su di loro, con effetti devastanti. L’argomentazione dei contrari è semplice: le scuole paritarie, che offrono un servizio pubblico, fanno risparmiare allo Stato sei miliardi di euro l’anno. E’ giusto ricordarlo, a tutti coloro che, mentendo, affermano che le scuole paritarie toglierebbero soldi all’istruzione pubblica. Giusto, dicevo, ma troppo poco. Se ormai non apparisse polemico sostenere che la neve è bianca, si dovrebbe ricordare una verità storica evidente: è la Chiesa, da cui ancora oggi originano la gran parte delle paritarie, che ha educato e alfabetizzato l’Europa. Negarle oggi il diritto di continuare a lavorare nel campo dell’educazione significa compiere un delitto, quantomeno di irriconoscenza, contro la propria storia.
Vediamo, brevemente, i fatti.

Con il crollo dell’impero romano, l’istruzione viene a mancare. Solo i monaci, indefessi lavoratori vivificati dalla virtù teologale della speranza, dopo aver arato e coltivato i campi, leggono, studiano e copiano nei loro scriptoria le opere antiche e moderne. Il monacoCassiodoro, cui dobbiamo la sopravvivenza di gran parte della cultura medica pagana, verrà giustamente definito “il salvatore della civiltà occidentale”. Analogo lavoro svolgono imonaci benedettini e quelli irlandesi, che Luigi Alfonsi ricorda essere stati “missionari, asceti, riformatori e poeti nello stesso tempo”.

“Conoscitori del latino”, con cui erano entrati in contatto tramite il latino ecclesiastico, gli irlandesi “educarono agli studi gli Angli”, consigliarono ed istruirono alcuni sovrani, insegnarono a leggere le sacre scritture e i poeti antichi ai loro contemporanei. I monaci non solo copiavano i testi, ma civilizzavano le popolazioni barbariche, scrivendo per loro poesie, preghiere, grammatiche e dotando quei popoli di un senso della storia. Il venerabile Beda è riconosciuto come il “padre della storia inglese”, mentre Gregorio vescovo di Tours scrisse l’Historia Francorum e il monaco Paolo Diacono la celebreHistoria Langobardorum.

Chi educò i germani alla civiltà latina? San Bonifacio del Wessex, noto come“grammaticus germanicus” e Rabano Mauro, il praeceptor Germaniae. Il grande consigliere e ministro dell’istruzione di Carlo Magno? Il monaco Alcuino, organizzatore delle Schole palatine di Aquisgrana e Tours, e delle scuole dell’impero. Durante i secoli dell’alto medioevo l’istruzione è impartita dalle scuole monastiche e dalle scuole cattedrali, nelle quali si insegna il principio della fides quaerens intellectum, e che costituiscono l’antefatto delle Università.

In quelle stesse scuole si insegnano la teologia, la filosofia, la musica: dobbiamo al monacoGuido d’Arezzo l’invenzione del pentagramma e delle note, che rese lo studio della musica enormemente più rapido ed efficace. Quanto alle università, come racconta bene Leo Moulin, la Chiesa fornirà molti degli insegnanti più eccelsi, privilegi, sostegno economico e politico, collegi per i poveri e borse di studio. E la nascita del volgare italiano? La prima opera della nostra letteratura è una preghiera, il Cantico delle Creature di San Francesco; quanto a Dante, è la dimostrazione del fatto che la Chiesa e la fede sono all’origine della nostra tradizione letteraria. Dante si forma alla scuola del guelfo Brunetto Latini, ma ancor più presso gli studi teologici dei domenicani e dei francescani di Firenze; quanto ai libri, è la capitolare di Verona, una biblioteca ecclesiastica, a permettergli l’accesso ad una immensa quantità di testi altrimenti irreperibili. Anche Petrarca eBoccaccio, desiderosi di attingere alla classicità, potranno farlo solo recandosi nellelibrerie dei monasteri (dalle quali, qualche volta, trafugheranno qualche testo raro e prezioso).

Se ci spostiamo più avanti nel tempo, è con il Concilio di Trento che nascono numerosi ordini religiosi dediti all’istruzione dei poveri, altrimenti destinati all’analfabetismo. Ricordo l’opera dei padri Somaschi e dei Barnabiti; quella degli Oratoriani e degli Scolopi di san Giuseppe Calasanzio, considerato il fondatore della scuola elementare popolare e gratuita (la prima nel 1597, a Trastevere); le scuole cristiane di Jean Baptiste de la Salle(XVII secolo), un altro pioniere dell’istruzione popolare e professionale in Europa. Per secoli sono quasi solo i religiosi a dedicare vita, energie, beni, per andare incontro alle esigenze intellettuali, religiose, lavorative del popolo. Sono loro a istruire i ciechi e i sordomuti, a prendersi in carico orfani e disadattati. Ma non solo: i barnabiti avranno, tra i loro alunni, Alessandro Manzoni; gli Scolopi Giosué Carducci e Giovanni Pascoli; i Gesuiti CartesioTorricelliVoltaGalvaniSpallanzani
Anche Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi avranno come precettori dei sacerdoti, mentre, dopo di loro, non lo Stato, ma Teresa VerzeriMaddalena di Canossadon Ludovico Pavonidon Giovanni Bosco… si occuperanno, delle ragazze e dei ragazzi orfani, abbandonati, dei vinti e degli sconfitti dell’età industriale

Da Il Foglio, 6 dicembre 2012

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