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L'INTERVISTA-TESTIMONIANZA: DANIEL BIAVASCHI, PELLEGRINO SULLE ORME DI CRISTO

Ultimo Aggiornamento: 24/06/2020 20:16
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24/06/2020 20:16
 
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L'INTERVISTA-TESTIMONIANZA: DANIEL BIAVASCHI, PELLEGRINO SULLE ORME DI CRISTO

Daniel, raccontaci chi sei.

Sono nato a Milano il 20 maggio 1988, e sulla carta di identità alla voce professione c'è scritto: Agente immobiliare ma dopo quasi una decade ho deciso di cambiare vita e mi son trasferito a Madrid, sono al terzo anno di Scienze Religiose presso l'università ecclesiastica San Damaso. Inizialmente pellegrino per necessità attualmente per fede. I miei maggiori pellegrinaggi sono stati: Cammino di Santiago(Via Francese, Del Nord, Portoghese, Primitivo), Via Francigena(Milano-Roma), Cammino di San Benedetto, Cammino di San Francesco, Parigi-Chartres, Milano-Torino, Via Della Costa, due volte a Gerusalemme.

Uno dei più importanti pellegrinaggi nei secoli è sempre stato quello che da Roma portava fino a Gerusalemme. Che significato aveva, in passato, unire con il proprio cammino due città simbolo della cristianità?

Si dice che l'Europa si sia formata sulla gambe dei pellegrini. Il camminare lunghe distanze sulle proprie gambe è sempre stata una caratteristica dell'umanità fino all'invenzione della ferrovia e la successiva commercializzazione di massa dei veicoli a motore. Intraprendere un viaggio così lungo come quello da Roma a Gerusalemme nel medioevo non era cosa facile. Il rischio di morte era elevatissimo, briganti e fiere infestavano i cammini, le guerre territoriali erano all'ordine del giorno e il pellegrino spesso si incontrava con dazi e sbarramenti. Solo una profonda fede poteva spingere un uomo a una tale impresa. Ma perché rischiare la vita? L'esigenza di toccare con mano i luoghi santi della tradizione cristiana nasceva dal bisogno di alimentare la propria fede, ottenere grazie e passare ad un livello superiore della vita spirituale. Più concretamente si trattava di ripercorrere al contrario i passi di Pietro e Paolo per poter incontrare il Risorto, una sorta di involuzione storica della cristianità.

L'antico Cammino è stato, di fatto, ritracciato e suddiviso in quattro grandi itinerari (la Via Micaelica in Italia, la via Egnatia tra Albania e Turchia, la Via Anatolica tra Turchia e Siria, la Via delle rose tra Siria e Israele). Esistono riscontri storici relativi a questa "rotta" terrestre?


L'impianto stradale medioevale (e in parte anche quello odierno) ricalca esattamente quello romano, spesso si camminava sulle stesse pietre stradali posate dai romani.
Lungo i quattro grandi itinerari da te citati è frequente ritrovare le stesse strutture ricettive, gli stessi monasteri e le stesse cappelle che avrebbe incontrato un viandante nel medioevo (per lo meno in quei luoghi dove non è calata la mano distruttrice dell'Islam). Tra i documenti testuali più rilevanti abbiamo l'Itinerarium a Burdigala Jerusalem usque del 333 d.C. e il Itinerarium Burdigalense dell'alto medioevo entrambi di anonima mano ma la bibliografia è vastissima, si può addirittura parlare di un genere letterario nato dal fenomeno dei pellegrinaggi in Terra Santa, l'itinerarium che aveva lo scopo di raccogliere e trasmettere informazioni di tipo pratico e le descriptiones che invece si occupavano di guidare il pellegrino sui luoghi santi in riferimento alle scritture bibliche e alla Tradizione. Va ricordato comunque che gli antichi cammini non erano altro che la via più rapida e sicura per raggiungere un luogo e quindi detti cammini erano frequentati da ogni sorta di persona: cavalieri, accattoni, monaci mendicanti, avventurieri e persino principi e re. Non è strano quindi sapere che le vie di pellegrinaggio più importanti erano presidiate da uomini in armi e spesso utilizzate dagli eserciti per spostarsi, come nel caso della colona franco-normanna della prima crociata, l'itinerario ricalca esattamente le vie utilizzate per raggiungere Gerusalemme anche perché la difesa dei pellegrini fu una delle motivazione scatenanti della guerre crociate.

Quali altre vie seguivano i pellegrini cristiani dell’antichità per giungere da tutta Europa a Gerusalemme?

Sarebbe un errore pensare a Gerusalemme come la meta più frequentata dai pellegrini d'Europa.
Sebbene la Città Santa fosse un luogo chiave della cristianità non tutti i viaggiatori avevano la forza d'animo e le disponibilità economiche per affrontare un viaggio così lungo e pericoloso, ripiegando quindi verso altri luoghi sacri come Roma, Santiago e Mont Saint-Michel. Inoltre dobbiamo rivedere il concetto di pellegrinaggio in salsa moderna a cui siamo abituati: la meta non è l'arrivo! Esattamente come quando si scala una montagna, l'arrivare in vetta non corrisponde alla fine del viaggio bensì alla sua metà. Tutto questo per farci un' idea di cosa erano i cammini, delle autostrade pedestri percorse in entrambi i sensi di marcia e diffuse su tutto il suolo europeo come delle vere e proprie arterie di comunicazione. Il pellegrino che desiderava recarsi in Palestina non doveva fare altro che immettersi su una di queste vie principali in direzione verso Roma, se ne citano solo alcune: il cammino francese, la via della plata, i cammini costieri, la via Francigena, la via Romea Germanica etc. Inizialmente la via più battuta prevedeva il trasbordo da Bari o Brindisi in Albania e il proseguimento verso l' Anatolia ma con la scomparsa degli stati crociati (e della loro protezione) si affermarono i viaggi via mare decretando la crisi dei cammini balcanici. Una “comoda” imbarcazione permetteva di raggiungere il porto di Giaffa in meno di 3 settimane.

I moderni pellegrini, invece, che alternative hanno?

Non resta che scontrarci con la realtà dei giorni nostri. Il dramma della guerra siriana e l'insicurezza dei confini turchi ci impedisce di fantasticare sulla possibilità di un pellegrinaggio tradizionale e ci obbliga a prendere un comodo areo (verosimilmente low-cost) che ci porterà in poche ore a Tel Aviv. Oggigiorno il medio-oriente è alla portata di tutti i portafogli. Per i più sfaccendati esiste tutt'oggi la possibilità di prendere una nave dalla Puglia, sbarcare a Cipro (parte greca mi raccomando o avrete storie alla dogana israeliana) e proseguire per Tel Aviv, ma è una soluzione lunga e abbastanza costosa. Il pellegrino all'antica dovrà aspettare momenti migliori.
Un volta in Israele potremmo sbizzarrici sul tipo di percorso e le mete da visitare. Personalmente consiglio di approcciare il cammino da Nord a Sud (Acri, Tiberiade, Nazareth, Gerusalemme) oppure da Ovest a Est (Giaffa, Emmaus, Ramallah, Gerico, Gerusalemme), come fossero le braccia dia una croce.

Questi sentieri attraversano una regione inquieta. Ci sono problemi, difficoltà, pericoli?

Sentieri? Quali sentieri? Il primo problema è proprio la mancanza di quest'ultimi. La geografia è molto differente da come siamo abituati a viverla noi europei. La storia recente di Israele ha modificato pesantemente il territorio: muri, recinzioni, enclavi, zone militari e frequenti check-point, la vita del pellegrino in Terra Santa non è per niente facile. Un esempio per tutti, in alcune zone nemmeno il blasonato Google Maps ti permette di calcolare il percorso, mentre la cartografia GPS, per ragioni di sicurezza è spesso censurata o più semplicemente non attendibile. Entrare in Israele non è per niente complicato per il turista occidentale, è sufficiente armarsi di pazienza e superare i pedanti controlli di sicurezza ma una volta entrato, se si volesse veramente vivere il territorio, comincia l'avventura. Consiglio vivamente di pellegrinare in Palestina avendo la capacità di orientarsi,spirito di adattamento e un profondo senso della provvidenza. Non esiste un elevato pericolo dal punto di vista della criminalità, ma troverete parecchi ostacoli durante il percorso.
Non è raro dover attraversare autostrade e ferrovie, ritrovarsi il cammino sbarrato o vedersi arrivare militari israeliani in fuoristrada puntandoti il mitra e chiedendoti i documenti. Tali problematiche renderanno il viaggio complicato ma per questo maggiormente affascinante.

Qual è il rapporto con le popolazioni islamiche e con quelle ebraiche che si contendono l’intera Terra Santa?

Bisogna anzitutto distinguere le diverse anime che formano il popolo ebraico. La maggior parte è di stampo liberale, con uno stile di vita occidentale e uno spiccato senso degli affari. Il turista è visto come fonte di sostentamento e per questo rispettato e ben accolto ma sempre con una certa distanza.
Gli ebrei ortodossi invece non vi rivolgeranno la parola, spesso cambieranno marciapiede e non incroceranno il vostro sguardo ma la percezione che ho avuto è che ciò non nasce da un disprezzo nei nostri confronti quanto semmai a causa di uno stretto stile di vita che non ammette distrazioni.
Entrare in Palestina invece è come entrare in un' altro mondo, si ha a che fare con un popolo completamente differente con un differente approccio alla vita. Vi posso assicurare che è difficile trovare un palestinese che non vi saluti. La vista di viandanti con zaino in spalla che si aggirano tra i paesini periferici sarà oggetto dell'interesse degli abitanti locali che cercheranno di invitarvi in casa per offrirvi un caffè arabo o un the alla menta. Stuoli di bambini sorridenti vi accompagneranno fino alla fine del villaggio e pedanti mercanti cercheranno di rifilarvi la loro merce. La vostra presenza in quella luoghi sarà vissuta come un riconoscimento della loro esistenza e della loro terra.

Come sono trattati i pellegrini cristiani, si trovano ospitalità, c’è assistenza spirituale? Cosa sopravvive in termini anche di luoghi di culto (a parte naturalmente il Santo Sepolcro)?

Come prima cosa vorrei segnalare il fatto che entrambi i popoli, ebrei e palestinesi, hanno un profondo senso del sacro e uno modo di vivere che gira intorno alla religiosità. Il pellegrino, in quanto tale, è degno di rispetto e ancora di più se si muove a piedi e sotto il sole. Ma a onor del vero, se si desidera soggiornare in strutture non turistiche è necessario rivolgersi agli ordini religiosi o ai movimenti di spiritualità. Non sempre sarà possibile ottenere una vera e propria assistenza spirituale ma perlomeno si manterrà una atmosfera di raccoglimento. D'altronde, il vero pellegrino ne è cosciente: la vera assistenza spirituale avviene durante il cammino.
La Terra Santa è un vero e proprio santuario a cielo aperto. I nomi dei luoghi fanno rimbalzare alla mente le scene bibliche e spesso, purtroppo, ci vuole parecchia fantasia per immaginare il piccolo villaggio delle scritture ormai trasformato in caotica città. Tra i luoghi più suggestivi come non citare, oltre al Santo Sepolcro, la grotta di Betlemme, la casa di Nazareth, il monastero delle Tentazioni, quello delle beatitudini che domina il lago di Tiberiade, la pietra dell' Ascensione, il fiume Giordano etc.
La maggior parte dei luoghi di culto è gestita dagli ortodossi e bisognerà perciò abituarsi alle loro liturgie e alla loro architettura. Per ultimo come non segnalare gli straordinari panorami, i vasti deserti e i luoghi d' importanza storica che accompagneranno il pellegrino lungo i suoi passi, rendendo l'esperienza unica e indimenticabile.


Esiste ancora traccia dei grandi Ordini monastici e ospitalieri che hanno per secoli aiutato, protetto, ospitato e curato sia i pellegrini che la popolazione locale?

Il principale ordine religioso che si occupa dell'accoglienza dei pellegrini è la “Custodia della Terra Santa”, ramo dei frati minori la cui fondazione ha origine direttamente da S. Francesco, che ebbe la grazia dal Signore di ottenere direttamente dal sultano Melek al-Kamel la custodia dei luoghi sacri.
Ma sono decine, forse centinaia, le case di ospitalità, i conventi e i monasteri di fede cristiana che mettono a disposizione posti letto e pasti caldi. Ahimè, il flusso maggiore di persone e composto da turisti o “pellegrini” dotati di pullman e guida turistica, quindi spesso l' accoglienza è di tipo alberghiera. Si consiglia perciò di informarsi anticipatamente e prenotare quei posti che offrono ospitalità stile “Santiago”, sicuramente più spartana ma anche più economica.

Al di là delle contingenze storiche, cosa rappresenta realmente Gerusalemme per la religione cristiana, ancora oggi?

Questa è un'ottima domanda che mi è sorta spontaneamente al ritorno di ogni viaggio. Cosa rappresenta per noi cristiani Gerusalemme? Un sepolcro vuoto! Spesso si intraprende un pellegrinaggio in Terra Santa con l' idea d'incontrare il Signore, credendo che il Nazareno sia più presente laddove è nato,cresciuto, morto e risorto. La religione cristiana però si fonda su un sepolcro vuoto, cioè sulla certezza di fede che il suo fondatore è risorto e realmente presente in anima e corpo seduto alla destra del Padre. Riflettendo sugli scomodi sedili del volo di ritorno mi sono reso conto che Gesù era più facilmente “incontrabile” nel tabernacolo della parrocchia vicino casa. La fede cristiana non è vincolata a nessun muro ed a nessuna pietra!
Rimane un posto eccezionale che ci dona la possibilità di toccare con mano la storicità dell'evento salvifico di Cristo ci regala esperienze spirituali irripetibili.

Secondo te, quale dovrebbe o potrebbe essere l’atteggiamento corretto di chi si mette in cammino, oggi, verso la Città Santa?

Su questo punto sono abbastanza talebano. Il pellegrinaggio era e rimane un opera penitenziale e come tale deve essere vissuta. La meta è santa e lo dovrebbe essere pure l'intenzione che spinge a mettersi in cammino. Personalmente vivo i pellegrinaggi come un sacramentale: il risultato finale sarà proporzionale alla fede che vi si applica. Dio si dona sempre tutto ma per riceverlo in pienezza anche noi dobbiamo darci completamente. Quando sono in cammino evito le inutili soste, gli incontri distraenti, le eccessive comodità, in definitiva evito l'atteggiamento da turista. Ciò non vuol dire avere il muso tutto il giorno, anzi, la gioia è caratteristica tipica del pellegrino, ma bisogna rimanere sempre in un atteggiamento che eviti la dispersione del cuore. In Particolare la Terra Santa necessita una fede matura e non può essere vissuta come chi spunta le cose da fare da una lista.
Consiglio vivamente di approcciarsi prima verso cammini più “quotati” e solo dopo aver maturato una certa esperienza e un ardente desiderio nel cuore, cimentarsi in questa avventura.
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