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Domande e risposte sulla fede

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2024 17:33
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27/08/2013 21:25
 
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Questo libro contiene risposte meticolose e fedeli di Padre Antonio Maria Di Monda sulla Fede Cattolica, stimolato da domande molto importanti. E’ un libro che aiuterà notevolmente tanti cattolici e non cattolici, a “scoprire” con facilità la Fede Cattolica. E’ un dato reale: tanti cattolici abbandonano la vera ed unica Chiesa di Cristo, perché non conoscono quasi nulla di questa Chiesa. Si lascia ciò che non si conosce per entrare in ciò che Dio non conosce come opera Sua: sètte varie e altre religioni.

Il peccato è stato trattato nel primo capitolo, per evidenziare le infauste conseguenze causate nell’anima, rimasta priva della Grazia. Dove il peccato regna non c’è Dio. Lì Dio non è vivo, in quanto Dio e peccato mortale non possono coesistere in un’anima.

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27/08/2013 21:28
 
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INDICE

 

 

 

IL PECCATO

LA SS. TRINITÀ

GESÚ: DIO ETERNO

CHI È L’EUCARISTIA?

LA BIBBIA DEGLI APOSTOLI

LA SS. MADRE DI DIO

LA CHIESA: UNA SANTA CATTOLICA E APOSTOLICA

I SETTE SACRAMENTI

IL PAPA DI TUTTI

SAN GIUSEPPE: L’UMILE SERAFINO D’AMORE

IL SACERDOTE È UN ALTRO CRISTO

GLI ANGELI HANNO LE ALI?

PERCHÉ PREGARE?

CONFUSIONE DOTTRINALE DEI TEOLOGI

COME SI PRATICANO LE VIRTÚ

LA MORTE

I NOVISSIMI

LA MORALE CRISTIANA

QUALE ECUMENISMO ?

ULTIMA DOMANDA

 

P. ANTONIO M. DI MONDA

(Scheda biografica)

 

Nato a S. Anastasia (Napoli) il 24 giugno 1919, entrò tra i Frati Francescani Minori Conventuali della Provincia di Napoli, professandovi la Regola di S. Francesco e divenendo Sacerdote il 4 aprile 1942.

E' laureato in Sacra Teologia a Friburgo in Svizzera, licenziato in Filosofia alla Gregoriana di Roma e diplomato in Archivistica Paleografia e Diplomatica all'Università di Napoli.

E' stato docente di Teologia alla Facoltà Teologica di Napoli, sez. S. Tommaso d'Aquino per una quindicina d'anni.

Docente di filosofia, teologia e materie letterarie, per molti anni, nei Seminari dell’Ordine, insegna tuttora teologia dogmatica nel Seminario Arcivescovile di Benevento.

E' autore di numerose opere teologiche, filosofiche e letterarie, tra le quali:

La legge nuova della libertà secondo S. Tommaso, Problemi umani, Luci e ombre del mondo d’oggi, Tra teologia e vita, La sfida della santità, La Misericordia sapore di Dio fragranza di Cielo, L’Immacolata contro Massoni e nemici della Chiesa, Segno di Speranza, Consacrazione a Maria, ecc.

Ha collaborato e collabora a parecchie riviste religiose.

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27/08/2013 21:30
 
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IL PECCATO

 

1) Cos'è il peccato ?

E' una trasgressione della legge di Dio fatta con piena avvertenza e deliberato consenso. Piena avvertenza qui non significa che per aversi il peccato, bisogna essere consapevoli della sua gravità; significa piuttosto che, trasgredendo, si è coscienti di commettere una infrazione. Tale piena avvertenza, infatti, non c'è in chi, commette un peccato quando è ubriaco o nel sonno o nell'ignoranza completa della relativa prescrizione di legge. Il deliberato consenso significa che, al momento di porre l'atto, si è sufficientemente libero, sicché, volendo, si può anche non porlo.

 

2) Porta la morte spirituale ?

Il peccato, sia quello detto mortale che quello detto veniale, è sempre apportatore di morte spirituale, o immediatamente o ponendovi le premesse. Il peccato è detto appunto mortale perché uccide non l'anima che è di natura sua immortale, ma la Grazia che è la vita divina ad essa partecipata da Cristo e per la quale Dio è venuto sulla terra.

Il peccato invece veniale, è facilmente perdonabile, per essere in qualche modo e per vari motivi trasgressione leggera, di per sé non conduce subito alla morte, ma vi spiana la via. Esso è simile, un pò, a certe indisposizioni o malattie corporali (per esempio: una puntura di spillo, un raffreddore, un'influenza, una infiammazione ecc.), che di per sé non uccidono, ma potrebbero, per possibili complicanze, portare alla morte. Di per sé non priva della Grazia Santificante, ma ne appanna, per così dire, lo splendore e raffredda la carità soprannaturale, che è forma e vigore della vita soprannaturale. Gettando così l'anima in uno stato di torpore, di inerzia, di apatia, che è l'esatto contrario di una vita sana e vigorosa. In stato di accentuata debolezza -lo si sa- per il corpo come per l'anima, si è più esposti a malattie e tentazioni, e si è molto meno capaci di superarle e vincerle. Ciò significa pure, oltre tutto, che con frequenti e numerosi peccati veniali deliberati, la caduta nel peccato mortale diviene estremamente facile e anche frequente.

 

3) In che modo ci si accorge del peccato mortale commesso?

La gravità del peccato mortale è data dall'importanza della materia violata o del precetto imposto. Come accorgersi di aver commesso un peccato mortale?... Non essendo il peccato mortale come la morte o malattia fisica constatabile da molteplici indubbi segni, ci si accorge di averlo commesso verificando e confrontando l'operato con la legge e l'autorità. Un pò come per il corpo di cui si accerta lo stato di salute a mezzo di visite mediche e di molteplici analisi.

Segni certi, ancora, di peccato mortale commesso potrebbero essere sia gli effetti visibili provocati (la morte, danni molto gravi a sé o agli altri, ecc.) e sia il rimorso che segue alla trasgressione. Un segno però, quest'ultimo, che potrebbe anche mancare facilmente, in tutto o in parte. Può capitare, infatti, quello che così spesso si verifica per il corpo, che spesso si riscontra quasi casualmente ammalato, non avendone avuto prima il minimo sentore: si scopre, cioè, di ritrovarsi, per più versi, in braccio alla morte dell'anima, pur senza aver avuto rimorso alcuno per il proprio operato. E la ragione è che il rimorso, se è sempre avvertito dalle coscienze sensibili e bene educate, non lo è invece da quelle accecate e deformate. In effetti, a forza di minimizzare e non dare peso a niente; a forza di trasgredire in continuazione la legge e non dare ascolto all'autorità, la coscienza finisce per annebbiarsi e perdere quasi del tutto la sensibilità davanti al peccato. In questo caso, allora, se non si sente alcun rimorso in certe azioni o comportamenti, non è perché essi non costituiscano peccato e, magari, peccato grave; ma perché si è perduto completamente il senso del peccato.

Purtroppo è questa un pò la situazione odierna nella quale, pur annegando quasi tutti nei peccati più gravi e vergognosi, si continua a ripetere sfacciati e imperterriti di non aver peccati da confessare. E, col pretesto che “la coscienza non (mi) dice che questo è peccato”, non si cessa di condurre una vita quasi senza Dio e senza morale!

 

4) Parli della gravità del peccato.

Per voler parlare di “gravità” del peccato, è necessario innanzitutto rilevare che, essendo esso essenzialmente offesa di Dio e disordine nel mondo spirituale, non si può misurare la sua gravità alla maniera delle cose materiali o argomentando solo dagli effetti sensibili da esso provocati. Così, per esempio: l'omicidio è certamente un peccato molto grave, comportando esso il massimo danno inferto ad un fratello; e tuttavia, alla luce della Fede, lo scandalo che uccide un'anima è peccato ancora più grave, almeno sotto certi aspetti. Da notare ancora che possono esserci dei peccati gravissimi, come quello di Adamo ed Eva, i cui effetti immediati percepibili sembrano quasi inesistenti, anche se in realtà sono pesantissimi. Probabilmente Adamo, pur vedendosi, dopo il peccato, nudo di tanti beni e condannato da Dio, non si sarà reso esattamente conto di quali devastazioni si era reso colpevole col suo peccato.

Premesso tutto ciò, c'è da dire subito che ogni peccato, mortale o veniale che sia, pur non essendo dannoso alla stessa maniera, è sempre di una gravità “infinita”, perché offesa dell'infinita maestà di Dio, cagione della morte di Gesù e spirituale rovina dell'anima.

La più o meno grande gravità del peccato la si deve dedurre dal fatto che, essendo anche trasgressione di legge, esso scompiglia, senza averne magari percezione alcuna, l'ordine universale, così come una sola pietra gettata in mare lo sposta letteralmente tutto! E se tutto viene come “spostato” e messo fuori ordine, è facile immaginare con quali conseguenze.

Né il fatto di non essere persuasi della gravità del gesto peccaminoso, ne elimina la gravità. Chi, pur convinto che, toccando un filo elettrico ad alta tensione, non succeda niente, resta pur sempre fulminato. Adamo stesso, come già detto, molto probabilmente né vide né si rese conto della gravità del suo peccato. E tuttavia ciò non rese il suo gesto meno catastrofico. A ritenere grave il suo gesto di disobbedienza era più che sufficiente l'avvertimento datogli da Dio: “Se mangerete... morirete”. Così come, analogamente, a capire la gravità del toccare un filo elettrico ad alta tensione è sufficiente il cartello ammonitore di pericolo di morte.

La gravità del peccato, per cui deve dirsi mortale o veniale, è determinatala soprattutto dalla materia o punto di legge violato. Così la “gravità” mortale di alcuni peccati salta subito agli occhi, come l'uccisione. Per rendersi conto invece, almeno in qualche modo, della gravità mortale di altri peccati (come per esempio della fornicazione), ci sarebbe bisogno di profonda riflessione e ragionamento. Ma, come già detto, in pratica il meglio è stare docilmente e umilmente alle indicazioni e insegnamenti della Santa Madre Chiesa.

 

5) Quali conseguenze porta il peccato ?

Il peccato mortale, privando della Grazia Santificante, mette in braccio al diavolo e pone l'anima in stato di dannazione eterna. Se, infatti, per la salvezza è necessaria la Grazia, senza di questa - quale che sia il peccato o i peccati di cui ci si è reso colpevole-, l’anima è in stato di dannazione.

Il peccato mortale spoglia l'anima di tutti i meriti buoni, comunque acquisiti. E le opere buone compiute in stato di peccato mortale -pur essendo sempre utili e consigliabili, non fosse altro che per ottenere misericordia- non hanno nessun valore per la vita eterna.

Il peccare poi continuato e aggravato non può non riflettersi, almeno in qualche modo, in tutto il comportamento anche esteriore, che si rivela disordinato, incoerente, cattivo. Lo stato di morte e di “deformità” spirituale, anzi, spesso finisce come per fissarsi in quella che è detta comunemente la “faccia del peccato”. L'agire morale -lo ha evidenziato anche Giovanni Paolo II nella enciclica “Veritatis Splendor”- oltre alle conseguenze più o meno gravi, intacca il soggetto stesso che opera. Quante volte e in quante persone miseramente travolte dai propri disordini morali è avvertito tutto questo non solo dai Santi, ma da quanti preservano sufficientemente i loro occhi e il loro cuore dalla caligine incombente.

Il peccato porta anche conseguenze d'ordine fisico e sociale? Certamente. Esse, anche se non sono sempre valutabili e percepibili subito e del tutto, sono sempre di rilevante gravità, proprio perché col peccato ci si mette contro Dio e contro le leggi di natura che reggono l'ordine e l'armonia universale. Ora porsi contro Dio è voltare le spalle alla fonte stessa di ogni bene; e disattendere la legge di natura equivale a rinnegare un pò i presupposti stessi della propria vita e del proprio benessere. Peccando avviene come quando, perturbando, nel corpo, i tassi glicemici, azotemici ecc., si compromette la sanità. Analogamente, nell’anima si compromettono la vita e il benessere ogni qualvolta, col peccato si perturba l'ordine e l’armonia. Non si stenterà, qui, allora, a capire che l'origine di tutti i mali dell'uomo sta soprattutto qui, nel peccato, che, essendo un attentato alla legge di vita, è sempre un attentato alla vita. Cosa non provoca nel corpo umano, si diceva, un osso spostato! Molte malattie e disordini hanno chiara origine dal peccato.

Soprattutto questo dovrebbe far capire essere la legge di natura, più che costrizione di libertà, condizione e salvaguardia della vita. Per cui giustamente Dio, dopo aver proposto al Suo Popolo i dieci comandamenti, gli disse “Prendo oggi a testimoni contro di voi il Cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza...” (Deuteronomio 30,19). La conclusione si impone da sola: essendo sempre contro la vita ogni peccato, sia mortale o veniale, è da ritenersi sempre, come insegnano i Santi e soprattutto le Sacre Scritture, il vero e principale nemico dell'uomo.

 

6) Occorre la Confessione per avere il perdono di Dio?

Il mezzo ordinario per il perdono dei peccati è, per esplicita Volontà di Dio, la Confessione di essi al Sacerdote autorizzato. Per chi non conosce di usare della Confessione, il perdono dei peccati mortali lo si può ottenere a mezzo della contrizione e dell'atto di amore.

Una formula di come esprimere la contrizione, che è dolore perfetto è questa: “Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi e molto più perché ho offeso te sommo bene e degno di essere amato sopra ogni cosa. Propongo col tuo santo aiuto di non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato. Signore, misericordia, perdonami!”. Una formula come fare l'atto di amore perfetto è questa: “Mio Dio ti amo con tutto il cuore e sopra ogni cosa, perché sei bene infinito e nostra eterna felicità, e per amor tuo amo il prossimo come me stesso. Signore, che io ti ami sempre più!”.

Presumere di confessarsi direttamente con... Dio, è atteggiamento, oltre che ridicolo e orgoglioso, grandemente offensivo per Lui, che ha voluto la Confessione nella sua infinita sapienza e misericordia. Molto più facile il perdono dei peccati veniali che si ottiene con molti mezzi: con atti di Fede e di amore, con l'esercizio delle virtù, con elemosine, con l'uso dei sacramentali ecc.

 

7) Il primo peccato è stato di Adamo ed Eva, ma perché tutti noi ne portiamo le conseguenze?

Nel presente ordine delle cose la più parte dei beni ci viene trasmessa per legge di ereditarietà: beni di fortuna, disposizioni e il corpo stesso con tutte le facoltà e meraviglie di cui è capace. In pratica i figli ereditano quanto lasciato loro dai genitori: i ricchi tramandano ricchezza, i poveri tramandano... povertà e miseria ! Era volere di Dio che la Grazia o vita soprannaturale, concessa gratuitamente ad Adamo ed Eva, fosse partecipata anche a tutti i loro figli con la trasmissione della natura. La perdita di sì gran bene e dono fu perdita per sé e per tutti i figli, che sarebbero venuti fino alla fine del mondo. Il cosiddetto “peccato originale”, ereditato dal padre Adamo, consiste appunto essenzialmente in questa privazione della Grazia o vita divina.

Da aggiungere che detta perdita non fu affatto indolore. La Grazia infatti, dono assolutamente gratuito, comportava, assieme alla partecipazione alla vita divina e all'amicizia con Dio, anche ordine e armonia perfetta in tutta la persona umana. Le conseguenze dolorose perciò di disordine, di corruzione, di morte ecc., come in Adamo si verificano pure nei suoi figli.

Non è fuori posto far rilevare qui che, stando così le cose, la natura umana, presente in ogni figlio di Adamo, non è più quella pura e bella uscita dalle mani di Dio Creatore; ma quella malata e disordinata trasmessa da Adamo peccatore, indebolita e minata dalla concupiscenza perversa.

 

8) Senta, per un solo peccato di disobbedienza Adamo ed Eva furono cacciati dal Paradiso, ma oggi l’obbedienza alla Legge di Dio è quasi inesistente.

Se il primo peccato di Adamo ha sconvolto l’universo, ci si meraviglia come il calpestare, per così dire, tutta la legge di Dio non produca effetti ancora più devastanti... E' una illusione! Gli effetti del peccato ,in ragione del numero e della loro gravità, non mancano mai e sono sempre disastrosi per tutti in ogni tempo e condizione. Se non si vede nulla di tutto questo -e da qui deriva l'impressione che sia stato solo il peccato originale ad avere effetti così sconvolgenti, mentre nulla sembra aggiungere il cumulo enorme dei peccati degli uomini- è perché, è il caso di dirlo, non può darsi nulla di più, oltre alla morte che è esclusione e fine di ogni bene: non si può cadere più in basso ancora di chi è caduto al fondo dell'abisso!

 

9) Peccato dell'uomo e Misericordia di Dio.

L'uomo che col peccato offende sommamente la divina Maestà meriterebbe ogni castigo e addirittura l’annientamento .Ma il Signore che è infinita misericordia ha pietà dell’uomo, e si adopera perciò in tutti i modi a salvarlo e a ripristinarlo nell'ordine e nel benessere di prima, anzi ad arricchirlo e ad elevarlo, se fosse possibile, ancora più in alto.

 

10) Chi vive in peccato mortale merita qualcosa davanti a Dio ?

Chi, con il peccato mortale, si pone in stato di morte e di inimicizia con Dio, per giustizia non merita nulla per la vita eterna. Tuttavia Dio, che è gran Signore, può ricompensare come crede il bene fatto. Per questo, il peccatore non deve cessare di pregare e di fare del bene: egli può così almeno impietosire, per così dire, Dio che non disprezza mai l'umiltà e la buona volontà.

 

11) Il peccato trascina al peccato?

Sì, il peccato spinge al peccato. E ciò sia perché, venendo meno la Grazia, si resta con le semplici e inferme forze di natura; e sia perché ogni peccato indebolisce l’anima, disponendola e inclinandola sempre più ad esso. Un pò come avviene per le malattie del corpo. Una volta contràttane qualcuna, pur guariti si è propensi a contrarla più facilmente: predisposizione che s'aggrava sempre più per ogni nuova ricaduta in essa.

 

12) Chi vive abitualmente in peccato, che capacità ha di praticare le virtù?

Una capacità ben ridotta. La virtù, come insinua la parola stessa, è sforzo virile. Ora chi vive abitualmente in peccato mortale è addirittura morto e quindi assolutamente impotente; e chi guazza nel peccato veniale, come già detto, è estremamente debole. Un pò, anche qui, come chi, affetto da strane febbricole, è incapace di grandi sforzi. L’apatia, la tiepidezza spirituale, l’accidia e l'indifferenza hanno qui, in gran parte, la loro causa e origine.

 

13) Secondo Lei, sono molti quelli che vivono abitualmente in peccato mortale?

Purtroppo molti, la stragrande maggioranza dei cristiani vive in peccato mortale, almeno a giudicare dalle apparenze. E lo si può provare facilmente. Sono peccati mortali infatti il non partecipare alla Messa domenicale e festiva, i peccati impuri, le bestemmie, gli aborti ecc. Ebbene, oggi l'80-85% non frequenta la Messa domenicale; i fidanzati nella quasi totalità hanno rapporti prematrimoniali; gli scandali e la spudoratezza delle mode soprattutto femminili hanno raggiunto livelli incredibili; gli aborti ogni anno sono decine e decine di milioni, senza andare a peccati mortali più sofisticati, per così dire, e a tutti gli altri settori dell'etica e della morale cristiana...

Da aggiungere però che non sappiamo fino a che punto può scusare davanti a Dio l’ignoranza, che oggi è ad un livello impressionante ovunque. Questa, che pur in gran parte sembra vincibile e perciò colpevole, potrebbe sempre riservare delle sorprese e rendere molto incerti e fallibili i giudizi umani.

 

14) Compie peccato anche chi prende solo parte ad un'azione immorale?

Certamente. A nessuno è lecito nè operare né cooperare direttamente e formalmente al male, anche se, per valutare moralmente la stessa cooperazione, devono tenersi presenti molti elementi a cui non si può qui accennare. Diremo solo in breve che là dove c'è vera e formale cooperazione al male, si pecca più o meno gravemente e anche mortalmente a seconda delle circostanze. Si pensi solo, per esemplificare, a tanti operatori televisivi o a fotomodelle e indossatrici, causa di tanti e così gravi scandali; o a coloro che comunque favoriscono, incoraggiano e cooperano all'aborto!...

 

15) Quindi, anche chi loda, approva o consiglia azioni peccaminose, pecca mortalmente?

Sì, proprio così, ma con tutte le dovute distinzioni e riserve.

 

16) Se uno protegge quelli che commettono il male?

Si rende complice e partecipe dello stesso male in misura più o meno grave, a seconda delle circostanze.

 

17) I vizi sono generati dalla ripetizione dei peccati?

I vizi sono abiti o disposizioni perverse opposti a quelli virtuosi. Come la ripetizione di atti virtuosi genera l'abito buono della virtù, così il ripetersi di gesti peccaminosi genera abiti perversi o vizi.

 

18) Il peccato è il nemico numero uno della nostra santificazione?

Sì, il peccato è il vero e più grande nemico del bene dell’uomo, in tutti i sensi. E quindi è anche il più grande nemico della sua santificazione. E la santificazione consiste nell'amore e nell'unione con Dio e nel partecipare con la Grazia alla sua stessa vita. Il peccato invece, in quanto amore perverso di sé e delle creature e quindi vero e proprio rifiuto di Dio posto dopo la creatura, spezza od ostacola proprio l'unione soprannaturale con Dio. Si può dire che, nei confronti di Dio, il peccato si pone come la tenebra alla luce, la morte alla vita, la negazione all'affermazione.

 

19) Chi per disgrazia muore in peccato mortale, avrà più tempo per convertirsi e confessarsi?

No, perché il tempo per meritare Grazie è quello della vita presente. Perciò con la morte non si può più meritare e non ci si può più né convertire né confessare. Di qui l'incessante esortazione evangelica a profittare del tempo presente per fare il bene; e l'avvertimento a vigilare incessantemente per non essere sorpresi dalla morte. Anche l'Apostolo ripete: “Mentre abbiamo tempo, operiamo bene”.

 

20) Come si può espiare il peccato in questa vita?

Operando il bene sempre e dovunque; osservando fedelmente e integralmente la santa legge di Dio; sopportando e santificando malattie, sofferenze, avversità e prove della vita; elargendo abbondanti elemosine agli indigenti; pregando molto e bene; facendo digiuni e penitenze; acquistando indulgenze concesse dalla Chiesa. In breve, il peccato lo si può espiare in questa vita con ogni forma di bene e di virtù.

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27/08/2013 21:33
 
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21) Quindi anche la sofferenza accettata con amore aiuta a purificarsi?

Sì, la sofferenza è addirittura tra i mezzi privilegiati di espiazione e di riparazione, e perciò, in merito, quanto di più prezioso e meritorio: Dio è vicino soprattutto a chi soffre. Oltre tutto, nell’accettazione e santificazione della sofferenza -che, volere o no, presto o tardi si incontra sul proprio cammino- si esercitano molte virtù gradite a Dio come l’umiltà, la Fede, la pazienza, la generosità ecc. Senza parlare poi, più specialmente, della sofferenza del giusto che, essendo purissimo dono di amore come quella del Cristo, è quanto di meglio si possa avere per salvare e redimere il mondo intero.

 

22) E cosa succede a colui che deve espiare il peccato nel Purgatorio?

Poiché i peccati commessi vanno comunque riparati ed espiati prima di entrare in Paradiso, se si fosse sorpresi dalla morte prima di aver soddisfatto ad ogni debito o arrivato alla purificazione delle colpe commesse, bisognerà riparare e purificarsi in Purgatorio. Il Purgatorio è uno stato e, forse anche un luogo, nel quale si soffre spaventosamente, assieme a molte altre pene, soprattutto per la privazione della visione di Dio. Nel Purgatorio dove si provano in qualche modo i rigori della divina giustizia, si soffre immensamente di più che sulla terra, quali che siano le prove e le sofferenze che qui si possano avere.

 

23) Cosa sono le imperfezioni volontarie?

Per alcuni teologi le imperfezioni positive e cioè volontarie sono veri e propri peccati veniali; altri invece negano che le imperfezioni vere e proprie possano essere peccati veniali. Imperfezioni del genere sarebbero principalmente, per esempio, -secondo un maestro di spiritualità- l'omissione di un atto buono di semplice consiglio, la mancanza di fervore e l'indecisione nell'adempiere un precetto (ROYO MARIN, Teologia della perfezione cristiana, Ed. Paoline, 1965, p. 268). In pratica, comunque, nessuno “è autorizzato a commettere delle imperfezioni; occore evitarle ad ogni costo. Non tanto perché l'imperfezione sia un male, ma perché quasi sempre vi si accompagnano i peccati veniali” (Ivi, p. 270).

 

24) Padre Antonio, oggi non si fa più minimamente attenzione al peccato veniale.

E' vero. In un clima di completa perdita del senso del peccato, se non si avvertono peccati gravissimi come tali, meno che mai si farà attenzione a peccati di minore gravità. Ma la ragione per cui non si avverte più l'importanza del peccato veniale è dovuta soprattutto a mancanza di amore: il peccato è esso stesso sempre mancanza di amore. Infatti, per chi ama per davvero è intollerabile e inammissibile anche la più piccola offesa all’amato. I Santi, creature di amore per eccellenza, tremavano al solo pensiero di poter far dispiacere al Signore del loro cuore.

 

25) Vuol parlare del peccato veniale?

Eccetto pochi casi, il peccato veniale lo si ha in tutti i settori della morale. Si ha a che fare cioè con disposizioni e comandamenti che ammettono parvità di materia: così in fatto di obbedienza, di povertà, di rispetto ai genitori, di sincerità ecc.

E' peccato veniale sempre che, a giudizio della Chiesa, non c'è materia grave(il precetto della Chiesa, per esempio, della partecipazione alla S. Messa festiva e domenicale è obbligo grave, e perciò la sua omissione -se non è motivata da gravi ragioni come malattia e simili- costituisce peccato mortale). La bugia, per esempio, che non porta danno non è mai peccato mortale. Tuttavia anche là dove non esiste parvità di materia -l'impurità per esempio è sempre di per sé peccato mortale- il peccato può essere non mortale per l'imperfezione dell’atto, nel senso che questo potrebbe essere stato commesso, per esempio, in stato di semiinconscienza o di dormiveglia e simili.

 

26) Quali i mezzi per combattere i peccati veniali.

Bisogna soprattutto imparare ad amare sul serio: l’amore, come già si diceva, evita scrupolosamente quanto può far dispiacere anche minimamente all'Amato. Imparare a riconoscerli e confessarli umilmente. Dio, insegna S. Agostino, “è pronto a perdonare, ma a quelli che riconoscono i loro peccati; ed è pronto a punire coloro che difendono le loro colpe, che pretendono di essere giusti, che credono d'essere qualche cosa, e non sono niente. Chi cammina nel Suo Amore e nella Sua misericordia, una volta liberato da quei letali e gravi peccati che sono il delitto, l’omicidio, la rapina, l’adulterio ,opera la verità della Confessione, anche per quei peccati che vengono ritenuti piccoli, come i peccati di lingua o di pensiero o di smoderatezza nell'uso delle cose lecite, e s'accosta alla luce nelle opere buone. Perché molti peccati piccoli, se vengono trascurati, uccidono. Non sono piccole gocce che riempiono i fiumi? E sono piccoli i granelli di sabbia, ma se sono molti, pesano e schiacciano. Una piccolissima falla trascurata, che nella stiva della nave lascia entrare l'acqua a poco a poco, produce lo stesso effetto di un'ondata irrompente: continuando a entrare poco alla volta, e mai svuotata, affonda la nave” (Commento al Vangelo di San Giovanni 12,14).

Bisogna poi persuadersi che il peccato anche in piccolissime dosi è veleno che arreca danni gravissimi all'anima e alla vita spirituale; e convincersi che anche per i peccati veniali bisognerà pagare e soddisfare in questa vita o nel Purgatorio.

Sforzandosi di fare tutto nella massima diligenza e perfezione si gusterà anche la gioia dell'amore che si dona fino in fondo, e dell'armonia e della pace che derivano da un ordine per quanto possibile perfetto.

 

27) Che consigli dà a coloro che vivono in peccato mortale?

Vorrei invitarli a non essere crudeli con se stessi, a prendere perciò in seria considerazione lo stato e le sorti della propria anima che, stando in peccato mortale, corre rischi tremendi .Vorrei invitarli in breve a:

- riflettere bene su realtà come morte, diavolo, Inferno e simili, delle quali si ha paura, ma con le quali -lo si sappia o no, lo si ammetta o no- si convive in massima incoscienza. Vorrei perciò esortarli a:

-recitare almeno qualche preghiera, come per esempio tre Ave Maria alla Madonna, tutti i giorni, per implorare lume e Grazia di conversione.

 

28) Quelli che chiedono aiuto a Dio o un miracolo, ma vivono in peccato mortale, hanno speranze per ottenerlo o devono prima cambiare vita?

In linea di massima vivere in peccato e chiedere un miracolo è un tentare Dio e cioè come un provocarlo. E Dio non si presta a simili giochi di prestigio! Il ricco epulone all'Inferno chiedeva ad Abramo di inviare dai suoi fratelli che vivevano male, qualcuno dell'aldilà per indurli a cambiare vita. Abramo risponde: Hanno la legge e i profeti. Se non accettano questi, non ascolteranno neanche se a parlar loro fosse un morto risuscitato!

E, tuttavia, di quando in quando il Signore, nei Suoi imperscrutabili disegni, viene incontro a qualche peccatore operando anche dei miracoli. Ma sono eccezioni sulle quali nessuno può fondarsi: Dio opera come vuole e quando vuole e mai può essere condizionato da chicchessia. Al peccatore perciò si impone dapprima -è questa la via sicura!- l'umile riconoscimento dei propri peccati, la conversione della vita e poi sperare pure dalla bontà del Signore quanto sta a cuore!

 

29) Che significa questa frase di Gesù: “Chi avrà bestemmiato lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno”?

La si spiega generalmente così: chi rifiuta il perdono e i mezzi di Grazia -è questa la bestemmia o il peccato contro lo Spirito Santo- finisce dannato, così come è inesorabilmente condannato a morire chi nella malattia rifiutasse ostinatamente medici e medicine, il cibo e qualsiasi tipo di alimentazione. In realtà Dio perdona tutto all'anima che sinceramente si pente e intende cambiare vita, perché il Suo Amore e la Sua Bontà superano e vincono ogni più oscura e perversa realtà.

 

30) Secondo Lei per quale peccato ci sono più anime all'Inferno?

Le anime si dannano soprattutto per i peccati impuri o sessuali. E' vero, il peccato impuro non è il più grave, essendocene altri di per sé molto più gravi (l’ingiustizia, l’omicidio, la bestemmia ecc.).Ma è il peccato dal quale difficilmente si trova chi ne è del tutto immune, e quello che comporta più conseguenze disastrose per la Fede. Questa, per lo più, la si perde soprattutto da chi, divenuto carne, non riesce più a sollevarsi nel cielo dello spirito. Giacinta, una dei tre piccoli veggenti di Fatima che videro la Madonna, prima di morire, affermò su ispirazione della Vergine: “Sono i peccati impuri che trascinano più anime all'Inferno”.

 

31) Oggi non c'è più senso del peccato.

Purtroppo è vero. Di qui quel ripetere a proposito e a sproposito: “E che peccato faccio io?” Aver perduto il senso del peccato significa che, come il cieco e il sordo non percepiscono più colori o suoni, che invece sono percepiti normalmente dalla stragrande maggioranza degli uomini; così l’anima, pur essendo ingolfata fino al collo nei peccati, non avverte più nulla e vive nella quasi totale indifferenza e insensibilità morale. Il non avvertire più il peccato, a causa ordinariamente dell' ignoranza colpevole e soprattutto della continua resistenza alla legge e alla Grazia di Dio, costituisce forse la massima disgrazia e il più grande castigo che possa capitare ad un’anima. Senza quasi più stimoli o spinte di salvezza questa si avvia con i propri piedi e nella più completa incoscienza alla dannazione eterna.

 

32) Che ne pensa di coloro che esaltano pubblicamente il peccato?

Sono dei miserabili sciagurati degni solo di immensa pietà. Perché oltre ad essere personalmente in una spaventosa povertà e miseria spirituale, fanno di tutto per diffondere e imporre una cultura di morte, tale essendo il peccato; trascinando nel baratro povere anime ignare e sprovvedute. Sono essi i maggiori responsabili delle disgrazie del mondo, essendo il peccato la vera causa principale di tutti i guai dell’uomo, e perciò anche i suoi peggiori nemici nonostante tutte le apparenze in contrario.

 

33) L'uomo di oggi forse pensa che il peccato non sia più peccato?

Sì, il peccato sotto tutte le forme dilaga talmente da divenire “costume”, “routine”, ingenerando quindi la falsa persuasione di camminare e vivere una vita del tutto normale. Molti poi ritengono effettivamente che una trasgressione, una volta generalizzatasi, non sia più tale o per lo meno non sia più così grave come alcuni vorrebbero dire. Persuasione stoltissima! Sarebbe un pò come dire: dal momento che il cancro è ormai la malattia di tanti, non può essere più quella terribile malattia che dicono i medici!

E anche illusione fatale giacché la realtà oggettiva non cambia per il fatto che la si immagina diversa, fossero anche tutti gli uomini a pensarla così. Chi desse di testa ad un muro immaginato da tutti soffice come la lana, ugualmente si... romperebbe la testa!

 

34) Chi pensa così, è convinto che tutto gli è permesso?

Per la verità è difficile far tacere del tutto la voce della coscienza, dalla quale soprattutto ci viene la distinzione di bene e di male. Tuttavia l'uomo finisce per ritenere tutto lecito moralmente proprio perché, dati i tempi e le condizioni di vita di oggi, si illude che nulla più è peccato e che non esiste o non si dà affatto un giudizio severo di Dio.

 

35) La moda femminile di oggi è diventata indecente.

La moda femminile ha purtroppo raggiunto livelli di sfrontatezza assolutamente impensabili qualche decennio fa, divenendo sempre più provocante e scandalosa. Disgraziatamente le donne, nel seguire la moda, per lo più neanche si pongono il problema morale. Forse il loro più grave peccato è proprio quello di ritenere il modo di vestire al di fuori o al di sopra della morale di Dio, assieme all'altro di non voler credere alle conseguenze e allo scandalo prodotto dalle loro nudità. E' per questo anche che il degrado morale dei costumi si fa sempre più impressionante. Infatti siccome coloro che godono peccaminosamente di tale “spettacolo”, fanno presto ad abituarsi, sono spinti senza posa a ricercare, come per la droga, dosi di “spettacolo” sempre più audace.

Stando così le cose, il mantenersi casti per tutti coloro che vogliono e debbono (e lo dovrebbero almeno tutti i cristiani fuori del Matrimonio!) pur andando ad occhi bassi diventa una impresa estremamente difficile e, senza una grande Grazia del cielo, quasi impossibile. L’ondata di sensualità e di sollecitazioni infatti avvolge davvero tutto l’uomo, ovunque viva e operi.

 

36) La Madonna a Fatima aveva detto: “Verranno mode che offenderanno molto il Signore”.

Oggi la moda tende soprattutto a scoprire la donna, sapendo bene che il maschio si eccita nel vedere soprattutto certe parti del corpo. A Fatima la Madonna fece dire da Giacinta: “Verranno mode che offenderanno molto il Signore”. Con la moda di oggi si può arrivare facilmente a peccato mortale ma, segno dei tempi, la donna, come dicevo, per lo più non vuole ammetterlo trincerandosi dietro argomentazioni o spiegazioni che, a dire poco, sono cretine. Come non c'è quasi donna che si accusi di questo peccato!

 

37) Il mestiere del diavolo è quello di tentare. La gente oggi non si accorge più delle tentazioni.

Sì, la provocazione o scandalo o tentazione e incentivo al male non è più avvertito sia da chi lo commette appunto con la bestemmia o con il pubblico disprezzo della legge di Dio o con una vita quasi pagana ecc., e sia da chi ne è come spettatore indifferente. Ciò, ancora una volta, per la perdita completa del senso del peccato e per l'insensibilità morale nella quale è caduto in gran parte il popolo cristiano.

La stessa provocazione sessuale, che viene da tutte le parti, non è più avvertita da molti che, pure dovrebbero normalmente eccitarsi data la natura corrotta presente in tutti i figli di Adamo. Ciò non perché si sono superati i tabù, come si dice da tanti, approdando ad una maggiore maturità psichica e morale; ma perché l'adattarsi o l'abituarsi avviene semplicemente o soprattutto là dove si è già ceduto alla sollecitazione almeno col peccato di desiderio. Per aversi allora la reazione, -lo si rilevava già- ci vorranno dosi sempre più elevate, come accade a chi ha preso anche una volta sola la droga.

La provocazione o tentazione resta invece sempre tale e forte per chi non intende per nessun motivo scendere a patti col peccato. Il frutto proibito continua ad attirare, e sempre più fortemente fino a quando, colto e gustato, non si rivela in tutta la sua miserabile pochezza.

In conclusione dunque la tentazione è sempre o quasi sempre avvertita soprattutto da chi non cede ad essa. Né si gridi alla anormalità: è più che normale che ci si ecciti davanti a certe realtà, del tutto anormale invece il contrario! Si spiega perché ai terribili scandali della società di oggi reagiscono quasi solo i Santi e coloro che si sforzano di conservare una profonda dirittura morale!

 

38) Quali le precauzioni per essere forti e preparati nelle tentazioni.

Sono quelle stesse suggerite da Gesù: vegliare e pregare per non entrare e lasciarsi travolgere dalla tentazione.

Vegliare e cioè prima di tutto saper avvertire i pericoli e...fuggire le occasioni. In campo morale, data la debolezza innata per il peccato originale, vince chi fugge, non fidandosi delle proprie forze assolutamente impari a vincere il nemico, immensamente più forte.

Vegliare è ancora usare in tutte le cose quella prudenza di cui Gesù ha detto: “Siate prudenti come i serpenti”. Come i serpenti, perché quando sono attaccati, si preoccupano di salvare soprattutto la testa dalla quale dipende essenzialmente la loro vita; così il cristiano deve vegliare soprattutto a mettere in salvo la Fede, che è come la testa o la base di tutta la sua vita soprannaturale, a costo anche del sacrificio delle cose più care e della vita stessa. In pratica quindi: salvaguardarla dai pericoli, fuggire le occasioni pericolose volontarie, essere intransigenti nei principi, coltivare il senso soprannaturale in tutto e mai scendere a compromessi in fatto di Fede.

Vegliare e... pregare, implorando cioè con costante, umile e confidente preghiera -soprattutto quando la tentazione è più gagliarda e più insidiosa- l'aiuto della Grazia onnipotente e rifugiandosi tra le braccia del Padre. Pregare la Madonna è importante, come la recita della preghiera a San Michele Arcangelo. Chi confida in Dio vincerà sempre, anche se contro di Lui si scatena l'Inferno intero.

 

39) Si vive in una società che non ha più coscienza di purità.

Il mondo non ha mai capito e mai capirà la bellezza e la sublimità di certi valori, come quello della purezza o castità dell'anima e del corpo, perché è tutto fondato sul maligno. Per questo tutto vede e vuole in funzione soprattutto del soddisfacimento della carne e del sesso. Ma oggi tutto particolarmente, come nei tempi di massimo degrado spirituale di tutti i popoli più potenti e famosi della storia umana, quello che più è ricercato, esaltato e difeso è l'impurità o peccato sessuale. A riguardo è significativo quanto scrive l'Apostolo Paolo nella Lettera ai Romani: gli uomini “pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa.(...) Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi (...). Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s'addiceva al loro traviamento” (Rom 1,21.24.26-27).

 

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LA SS. TRINITÀ

 

46) La SS. Trinità è un grande mistero, bisogna solo umiliarsi e avere Fede...

I misteri soprannaturali sono quelle verità che trascendono, ma non si oppongono alla ragione. Per venirne a conoscenza, anche sommaria, c’è bisogno della rivelazione. Si richiede cioè che Dio stesso direttamente o a mezzo di qualcuno da Lui istruito e inviato li sveli e li faccia conoscere.

I misteri di Fede divina, come ogni altra verità di Fede anche solo storica, non direttamente percepibile da sé (come quella, per esempio di sapere che è esistito un personaggio di nome Giulio Cesare che ha combattuto in Gallia ecc. ecc.), si accettano, quando si accettano, non per evidenza immediata intrinseca, ma solo sull’autorità. E cioè si crede a quanto rivelato se chi rivela anche cose che si direbbero impossibili (sia una persona o un documento o un monumento ecc.) sia degno di Fede. La credibilità, quindi, di un documento o di una persona (quel documento è credibile, quella persona è degna di Fede) dipende dall’autorità. In pratica una persona è autorevole, e quindi credibile, se dà prova di possedere quella conoscenza o scienza sufficiente che impedisce di ingannarsi; e quella onestà o santità che non vuole mai ingannare nessuno.

La struttura o essenza, per così dire, di Dio e la sua vita intima -ecco il mistero della SS. Trinità- possono conoscersi solo se è Dio stesso a rivelarle. I cristiani credono nel mistero della SS. Trinità perché rivelato chiarissimamente da Gesù, il Verbo fatto Carne! Quel Gesù che ha tutta l'autorità di essere creduto, avendo dato prove abbondantissime di possedere tutta la conoscenza necessaria e tanta santità di vita da escludere decisamente ogni inganno in sé e negli altri. Autorità confermata, oltre tutto, da strepitosi prodigi e soprattutto dalla sua risurrezione dai morti, voluti a conferma appunto della verità rivelata. Data, perciò, l’autorità di Gesù, il mistero della vita intima di Dio può e dev'essere ragionevolmente accettato. Ma pur rivelato, esso resta un grandissimo e oscurissimo mistero perché nessuna creatura creata o creabile può scrutare Dio. Come nessuna creatura, anche con la rivelazione del mistero, può capire (contenere) Dio: “Nessun uomo Lo ha mai visto (Dio), né Lo può vedere” (1 Tim 6,16). Solo un Dio può capire Dio! Perciò di fronte al grande mistero non c'è che da sottomettersi con Fede umile e vibrante!

 

47) Dio è Padre e Figlio e Spirito Santo?

Gesù dicendosi Figlio del Padre e una sola cosa con Lui; promettendo di inviare lo Spirito Santo che prende da Lui e da Lui procede, ci ha fatto sapere che nella Trinità c'è un Padre e un Figlio e uno Spirito Santo che è l'abbraccio infinito dell'Amore dell'Uno e dell'Altro.

Dicendosi Figlio vuol dire che Egli procede dal Padre per generazione alla maniera intellettuale e cioè un pò come il concetto o idea viene dalla mente. E dicendo Spirito Santo che l'unisce al Padre e il Padre a Lui, vuol dire che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, non per generazione, ma alla maniera dell’amore. E si rivela così pure che origine e sorgente delle altre due Persone è il Padre. In conclusione un Dio che è necessariamente Padre Figlio e Spirito Santo.

Ad avere una pallidissima figura o immagine di tanto mistero si rifletta su quanto avviene nel porsi davanti ad uno specchio. Chi si specchia vede riflessa di fronte a sé la propria immagine, da lui generata, per così dire. Col compiacersi di tale riflesso avviene come un ritorno dell'immagine a chi l'ha prodotta o come un abbraccio e un legamento di amore tra causa ed effetto. Sia l'immagine riflessa come l'amore di compiacenza provengono dalla stessa origine, ma in modo diverso. L’immagine è come generata, la compiacenza è come sussurrata o spirata dall'amore.

 

48) Unità e distinzione nella SS. Trinità.

Non c'è che un solo Dio: unica infatti è la natura posseduta in pieno dal Padre e dal Figlio e dallo Spirito Santo. E poiché Dio è per natura onnipotente, eterno, immutabile, sapientissimo, tale è il Padre e anche il Figlio e lo Spirito Santo, e tuttavia non si danno tre onnipotenti, tre eterni, tre immutabili, tre sapientissimi, ma un solo Dio onnipotente, eterno, immutabile, sapientissimo. “Questi attributi infatti concernono l'essenza perché in Dio è la stessa cosa essere ed essere grande, buono, sapiente e tutto ciò che si afferma di ciascuna Persona considerata in se stessa o della Trinità” (S. Agostino, La Trinità, 5,2,8;7,4,5-6).

Un'unica Natura e tuttavia posseduta dai Tre in modo tutto personale: tre Persone dunque uguali e distinte dove perciò non esiste il prima e il dopo, il più e il meno, il superiore e l’inferiore. La mente vacilla, ma l'Autorità di Cristo che rivela è garante assoluta della verità. E perciò davanti a sì alto e grandioso mistero non resta che piegare il ginocchio e adorare! Chi osasse scrutarlo superbamente ,ne rimarrebbe oppresso e accecato come chi, temerariamente, fissa l'occhio nel sole fulgente di splendore di luce meridiana.

 

49) Dio è Amore, non può soffrire; ma come spiega la sua paternità?

Poiché Dio trascende e supera tutto, nessun concetto, nessuna definizione può esprimerlo adeguatamente e nessuno spazio, né materiale né logico può circoscriverlo o imprigionarlo. E perciò ogni concetto o espressione umana, che a Lui si riferisce, deve prendersi solo come pallidissima immagine e analogia. Infatti in tali immagini o analogie sono molto più numerose e più profonde le dissomiglianze con la divina realtà che non le somiglianze. In effetti, quando l'uomo parla di Dio, fosse pure il genio di S. Agostino, non fa che balbettare: balbettamenti che, se non sono recepiti e capiti nel loro esatto valore, potrebbero suonare addirittura come autentiche bestemmie. Si comprende, allora, perché parlando di Dio abbiamo bisogno di purificare continuamente il nostro linguaggio.

Premesso ciò, diciamo: Dio è Amore infinito e l'Eterno immutabile che perciò non cambia né può soffrire. E tuttavia la S. Scrittura, come afferma che Dio è Amore, parla pure delle Sue “sofferenze”. Per amore Egli ha creato e crea; per amore conserva e governa il mondo; per amore ha dato il Suo Figlio alla Passione e alla morte. E pur essendo l'Amore Egli permette il grande mistero della sofferenza.Contraddizioni? Impossibile! Né in Dio né nella Sua Rivelazione può esserci contraddizione. Il persistere del dolore e del male, se rettamente intesi, non costituiscono negazione dell'Amore di Dio, come hanno cercato di provarlo soprattutto i Santi Padri. E come confermano tutti i Santi, pur nelle sofferenze le più atroci, mai hanno cessato di esaltare la Paternità amorosa di Dio.

 

50) Lo Spirito Santo è l'Amore tra il Padre e il Figlio?

La S. Scrittura chiama lo Spirito Santo “dono”, “bacio”, appellativi che si rifanno all’amore. E' da questo che si deduce che lo Spirito Santo è l'Amore del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre. Egli è quindi come il legame tra l'Uno e l’Altro, il bacio dell'uno all’altro, e perciò Colui che “completa” la Trinità, chiudendo per così dire il circolo iniziato dal Padre.

 

51) Se sono tre le Persone Divine, come si spiegano le operazioni divine?

Bisogna distinguere le azioni immanenti che rimangono nell’ambito, per così dire, della Trinità stessa, e le azioni transeunti (come le chiamano i filosofi-teologi) che hanno come termine o fine qualcuno o qualcosa “al di fuori della Trinità”. Le azioni immanenti sono quelle proprie e personali di ciascuna Persona: il Padre genera e non è generato, spira e non è spirato. Il Figlio procede e con il Padre spira. Lo Spirito Santo è spirato dal Padre e dal Figlio. Azioni proprie di ciascuna Persona e anche necessarie nel senso, come abbiamo detto, che la SS. Trinità non può che essere questo.

Le azioni invece che hanno come termine un “qualcosa” fuori della Trinità, come la creazione, la conservazione, il governo del mondo ecc., sono libere e vengono compiute da tutte e tre le Persone. E cioè è la Trinità tutta insieme che crea, governa, ecc.I teologi chiamano questo modo di essere e di operare comunitario circuminsessione (quasi una Persona nell’altra: si ricordino i tre cerchi concentrici di Dante, che paiono un solo cerchio!) o circumincessione: un incedere o operare assieme!

Benché le tre Persone operino assieme, le azioni transeunti (fuori la SS. Trinità) vengono attribuite all'una o all'altra delle Persone in base alla propria caratteristica personale. Così al Padre che è il principio e la sorgente della Trinità si attribuiscono tutte le opere che dicono principio, come la creazione (Credo in Dio Padre onnipotente); al Figlio che è il Verbo e la sapienza del Padre, si attribuiscono tutte le opere che dicono sapienza (per il Quale tutte le cose sono state create); allo Spirito Santo, che è l'Amore e la perfezione, si attribuiscono tutte le opere che dicono amore e perfezione, come la Grazia e la santificazione.

 

52) E le missioni trinitarie?

Missione” è in relazione a “mandare”: il Padre manda il Verbo, il Verbo Incarnato promette di mandare lo Spirito di verità. Le “missioni” in Dio sono da intendersi non nel senso che c'è uno che comanda e l'altro che obbedisce (un superiore e un inferiore), essendo le tre Persone assolutamente eguali. La “missione” è fondata sulle processioni: e cioè poiché ci sono delle Persone che procedono, si può dire che vengono mandate. Da qui si comprende pure perché è “mandato” il Figlio o lo Spirito Santo e non il Padre che non procede da nessuno. Ecco un bel testo di S. Agostino, in merito: “Dunque come il Padre ha generato, il Figlio è stato generato, così il Padre ha mandato, il Figlio è stato mandato. Ma come nel caso di colui che ha generato e di colui che è stato generato, colui che ha mandato e colui che è stato mandato sono una sola cosa, perché il Padre e il Figlio sono una sola cosa. Così pure lo Spirito Santo è una sola cosa con essi perché i Tre sono una sola cosa (Gv 15,26). Come infatti per il Figlio nascere è essere dal Padre, così per il Figlio nascere è essere conosciuto nella sua origine dal Padre. Alla stessa maniera come per lo Spirito Santo essere il dono di Dio è procedere dal Padre, così per Lui essere mandato è venir conosciuto nella sua processione dal Padre...” (La Trinità 4,20,29).

Intesa in questo senso, quindi, la missione non implica né movimento locale (scendere dal cielo...), né mutazione: Dio è l’immutabile, né superiorità o inferiorità! La missione comporta un nuovo modo di essere e una relazione reale solo nella creatura interessata. Così, un uomo che, già presente a Roma, fosse nominato ambasciatore presso il Governo italiano, assumerebbe come un nuovo modo di essere: prima era presente come semplice cittadino o uomo qualsiasi, dopo la nomina è presente come ambasciatore. Le “missioni”, per così dire, più vistose ed importanti sono l'Incarnazione e la discesa dello Spirito Santo nella Pentecoste.

 

53) E nell'Incarnazione del Figlio?

L'Unione tra natura divina e natura umana è avvenuta nell'unica Persona del Verbo(detta Unione Ipostatica),e perciò solo il Verbo si è fatto Uomo ed ha abitato tra noi. Però, tutte e tre le Persone divine hanno creato l'anima e il corpo di Gesù e realizzata l'unione delle due nature nel Verbo. Ciò è chiaramente espresso nelle parole che l'Angelo Gabriele dice a Maria: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo” (Lc 1,35).

 

54) Ci spieghi la relazione tra la SS. Trinità e la morte in Croce di Gesù?

Solo Cristo ha sofferto ed è morto, perché solo il Figlio ha assunto la natura umana, anche se anche qui, come sempre, si accumulano i misteri. Infatti pur essendo Cristo solo a subire la morte di croce, è pur vero che essa è un segno dello sconfinato Amore di tutta la Trinità: “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il Suo Figlio Unigenito” (Gv 3,16).Il dono del Padre è costato, ma come conciliare la sofferenza del continuo dono con l'eterna divina immutabilità?...Come resta un grandissimo mistero il fatto che avendo tutte e Tre le divine Persone la stessa identica natura, non siano direttamente coinvolti anche il Padre e lo Spirito Santo nell'Incarnazione e in tutto l'operare del Cristo.

 

55) Prima di Gesù era stato rivelato Dio come Trinità?

Il grande rivelatore del mistero trinitario è Gesù, mentre nei Libri del Vecchio Testamento possono trovarsi solo tracce e allusioni e figure più o meno convincenti. Gesù ha rivelato la SS. Trinità dicendosi Figlio e chiamando Dio Suo Padre con il quale è una cosa sola; e quando, a più riprese, ha parlato dello Spirito Santo che da Lui procede e da Lui prende, essendo della sua stessa natura, e che avrebbe inviato come un altro consolatore.

 

56) Gesù fu ucciso perché diceva di essere Figlio di Dio, perciò anch'egli Dio, e quindi non parlava di unico Dio come gli Ebrei; oppure, per la sua Parola di condanna contro scribi e farisei? O per tutte e due le cose?

Sì, Gesù fu crocifisso perché si era detto Figlio di Dio e per l'odio che per lui nutrivano scribi e farisei. Dicendosi Figlio di Dio Egli non intaccava la Fede degli Ebrei nell'unico Dio che resta Uno anche se è anche Trino: “Questa è la vita eterna: che conoscano Te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17,3). Ma per gli Ebrei che non capivano, queste erano solo bestemmie per le quali la Legge comminava la pena di morte. Ma Gesù venne condannato pure per l'odio degli Scribi e Farisei dei quali aveva flagellato senza pietà l'orgoglio e l'ipocrisia.

 

57) Quando preghiamo Gesù, preghiamo anche le altre due Persone e viceversa?

Se la preghiera è rivolta a Cristo Verbo Incarnato, certamente vengono pregate anche le altre due Persone della Trinità. In merito così si esprime S. Agostino: “Nostro Sacerdote, Cristo prega per noi (il Padre, il Figlio e lo Spirito S.); nostro Capo, egli prega in noi; nostro Dio, noi lo preghiamo (assieme al Padre e allo Spirito Santo)”. Tuttavia nella preghiera a Cristo Verbo Incarnato è interessata direttamente, si direbbe, la Persona del Verbo: ciò deve dirsi soprattutto se la lode e la preghiera hanno per oggetto specifico l'Umanità di Gesù, come quando si prega il S. Cuore, si adorano le cinque piaghe e simili.

 

58) Sant’Agostino si poneva spesso domande sul mistero della SS. Trinità, e diede una risposta a questa domanda: “Cosa faceva Dio prima di creare il mondo?”. Ne parli.

La domanda o problema posto da S. Agostino viene continuamente riproposto anche oggi. Ad esso si risponde come ha risposto lo stesso S. Agostino: parlare di “prima” della creazione è un parlare assolutamente improprio, perché “prima” o “dopo” sono parole che si riferiscono al tempo e il tempo comincia solo con la creazione. Prima della creazione Dio semplicemente esisteva. Come? Per dare una risposta dovremmo conoscere la vita intima di Dio e questo non è dato a nessuna creatura creata. Certamente esisteva, operava ed era perfettissimamente felice. Se volessimo tentare di dire qualcosa, dovremmo dire: il Padre genera dall'eternità il Suo Verbo e dall'eternità Padre e Verbo vivono nell'abbraccio dell'eterno Amore lo Spirito Santo. Ma queste sono espressioni che l'umana ragione non può che accettarle per Fede, senza capirci gran che!

 

59) Se un ateo venisse da Lei e affermasse che Dio non esiste, Lei in che modo lo dimostrerebbe?

Mi rifarei all’ordine meraviglioso esistente nel mondo, assolutamente inspiegabile con il caso e altro del genere. Gli parlerei di quella legge morale esistente nel cuore di tutti i popoli e in tutti i tempi, che comanda e giudica nel segreto dei cuori: legge assolutamente inspiegabile con apporti umani di qualsiasi specie. Insisterei pure su quell’ansia di infinito, di perfetto, di eterno -valori non derivati certamente da un mondo tutto finito e contingente- che sono chiarissima traccia di Qualcuno che è l’eterno e l’infinito.

Certo, l’esistenza di Dio è una di quelle verità che la pura ragione non riesce a dimostrare con la stessa chiarezza come per una verità matematica. Ma le “vie” e gli indizi che inducono a concludere all’esistenza di Dio sono tanti e di tale peso che il rifiuto di essi è per lo meno sommamente irrazionale e illogico. All’ateo che nega l’esistenza di Dio lo inviterei poi semplicemente a dare le prove “scientifiche” della sua asserzione. La scienza, che non ha mai potuto provare rigorosamente la non esistenza di Dio, tutt’al più può accumulare obiezioni e difficoltà. Ma si sa che nessuna obiezione al mondo costituisce argomento. D’altra parte si accettano e si crede a delle realtà per argomentazioni immensamente meno probanti e con implicazioni che sono, a volte, veri e propri assurdi.

 

60) Che significa vivere in Grazia di Dio o avere in sé la Vita Divina?

Vivere in Grazia significa partecipare per sublime degnazione alla stessa vita divina. La Fede ci assicura che chi crede e opera con lo Spirito di Cristo è reso partecipe della stessa vita di Cristo che, a sua volta, è vita divina. Gesù ne ha dato una immagine splendida con la similitudine della vite: “Io sono la vite, voi i tralci”. E, lo si sa, i tralci vivono dello stesso succo e della stessa linfa del tronco. Cristo e le anime che a Lui aderiscono, quindi, vivono la stessa vita. E non si può né vivere né operare soprannaturalmente se non rimanendo nella vite: il tralcio staccato è morto ed è buono solo per il fuoco!

Noi non sappiamo cosa sia e cosa si provi vivendo la vita di Dio: ancora una volta dovremmo entrare nell'intimo mistero di Dio. Qualche raro e pallido riflesso di tale vita divina lo si potrebbe cogliere nel modo di vivere e operare dei Santi: la loro dolcezza, la gioia celeste anche nei più terribili frangenti che traspare dalla loro condotta, gli incontenibili e stupendi slanci di amore che stupiscono il mondo, ecc., sono tutte, in qualche modo, efflorescenze soprattutto del germe divino della Grazia e quindi luci, sia pure sbiadite, della vita divina trinitaria!

Agli effetti pratici bisogna aggiungere pure che vivere in Grazia significa operare per la vita eterna. E cioè poiché tutto deriva dal principio vitale ,se questo è divino, tutto è divino e quindi degno di vita eterna. Tra chi vive solo la vita dell’uomo, fosse pure la più sublime, e chi vive la vita della Grazia c'è una differenza enorme, infinita, quanta ce n'è -se così si può dire- tra il finito e l’infinito, tra la creatura e il Creatore.

 

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61) Parli delle perfezioni di Dio.

Dio essendo la pienezza dell’essere ha tutte le perfezioni. Per perfezioni intendiamo tutto ciò che dice o implica ordine, bellezza, virtù, pienezza. Certo, parlando di perfezioni di dio, noi ci serviamo di concetti umani e perciò necessariamente finiti ed inadeguati. Ma tra le perfezioni create e quelle di Dio esiste una certa analogia, una certa somiglianza. Spogliando allora questi nostri concetti di ogni imperfezione e di ogni limite, si può giustamente parlare di sapienza infinita, di potenza infinita, di Amore infinito di Dio. In Dio vi è ogni perfezione senza difetti e senza limite, diceva il Catechismo di San Pio X. Un Dio che non avesse tutte le perfezioni e non le avesse in modo assolutamente trascendente, non sarebbe più Dio. Si potrebbe infatti, allora, immaginare un essere più perfetto, e sarebbe Lui il primo e Sommo Essere.

 

62) Lei, nella Facoltà di Teologia insegna anche il trattato sulla “Trinità”. Su quale aspetto della SS. Trinità insiste di più?

Insisto soprattutto sugli effetti della giustificazione. Con l'avvento cioè della Grazia, l’uomo, liberato dal peccato originale e reso Santo, diviene figlio adottivo e amico di Dio, tempio e abitacolo della SS. Trinità, erede con Cristo della vita eterna. Studiare e far comprendere queste realtà è il modo migliore non solo di elevare infinitamente l’uomo, ma anche di rendersi conto della fecondità dei dogmi cristiani, fatti questi non tanto per illuminare l’intelletto, quanto per portare tutto l'uomo nel circuito di Dio e della sua inesauribile ricchezza e bellezza.

 

63) Quale Santo ha scritto molto bene sulla SS. Trinità?

Sono tanti i Santi e i Padri e Dottori della Chiesa che hanno scritto sulla Trinità. Ai primi posti porrei S. Agostino, S. Gregorio Nazianzeno, S. Ilario di Poitiers, S. Cirillo di Gerusalemme, S. Tommaso d’Aquino, S. Bonaventura da Bagnoregio, S. Alberto Magno, ecc. Naturalmente le opere di questi Autori non sono pane per tutti i denti perché richiedono una buona preparazione teologica, ciò che non sempre è facile trovare. Per una comprensione più alla portata di tutti, consiglierei libri come quelli del P. R. Plus: In Cristo Gesù, dello Scheeben, Le meraviglie della Grazia, di D. Columba Marmion, Cristo vita dell’anima, ecc.

 

64) Quindi consiglia a tutti di leggere questi libri?

Sì, perché sono sodi e di sana dottrina, relativamente accessibili a tutti, anche a quelli di non grande preparazione teologica.

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27/08/2013 21:37
 
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GESÙ : DIO ETERNO

 

65) Padre Antonio, perché il Verbo eterno Si è Incarnato assumendo il nome di Gesù?

Il Verbo eterno o seconda Persona della SS.Trinità si è Incarnato per ristabilire l'ordine e la giustizia infranti dal peccato originale e da tutti gli altri peccati che ne seguirono e seguiranno, e quindi per ridare a Dio la gloria che Gli spetta e salvare l'uomo dalla orrenda schiavitù del peccato e della morte.

Il nome assunto “Gesù”, che significa Salvatore, imposto dall'alto, vuole sottolineare appunto le due finalità che, in fondo, è una sola. La gloria di Dio, infatti, si effettua e consiste proprio nella salvezza delle anime; e Colui che è il Salvatore (Gesù) è allo stesso tempo il più grande glorificatore del Padre.

 

66) Per riparare il peccato originale quindi. Forse perché l'offesa procurata dai progenitori era infinita e ci voleva un Essere infinito?

Certamente è così. Ogni offesa fatta a Dio -sia essa mortale o veniale-, è sempre offesa di infinita gravità. E' vero che l'atto essendo dell’uomo, e cioè di una creatura finita, è sempre entitativamente finito. Ma è pur vero che esso interessa l'infinita Maestà di Dio. E la gravità di un'offesa -lo sanno tutti- la si misura dalla persona offesa e non dalla condizione dell’offensore. A riparare perciò equamente l'offesa fatta dai nostri progenitori, come ogni altra trasgressione di legge, si richiedeva, per la riconciliazione e il perdono, una soddisfazione o riparazione che fosse stata, al tempo stesso, umana e infinita, cosa impossibile ad ogni creatura.

Il problema l'ha risolto l'infinita e misericordiosa sapienza divina: sarà Dio stesso, fatto uomo, a riparare. Essendo egli Uomo-Dio nell'unica Persona divina, la sua riparazione sarà, al tempo stesso umana e divina, entitativamente finita e di valore infinito. Umana e finita, perchè avverrà nella e con la natura umana assunta creata e perciò finita; di valore infinito, perché azione fatta e appartenente alla Persona o Io divino dalla dignità infinita.

 

67) Allora era strettamente necessario che la redenzione la operasse Dio fatto Uomo?

Da un punto di vista legale di giustizia, per così dire, le cose stanno così: la piena riparazione dell'offesa e la restaurazione dell'ordine infranto poteva farla solo un Uomo-Dio. Anche se, Dio non è necessitato da nulla e da nessuno. Oltretutto, essendo Lui l’offeso, poteva comportarsi anche diversamente da come sono andate le cose. Comunque, Dio non opera in un determinato modo senza che ci siano profondissime ragioni di convenienza.

 

68) Con la morte di croce Gesù ha redento il mondo, ha riportato l'amicizia tra Dio e l’uomo. Poteva operare la redenzione anche in altro modo?

A ripristinare l'ordine e a riammettere l'uomo nella sua vita divina, Dio poteva servirsi di innumerevoli altri mezzi, ugualmente convenienti e degni della sua Gloria. Per esempio: Egli avrebbe potuto semplicemente perdonare l'offesa e ripristinare l'ordine di prima con il Suo semplice volere. Dio, non è condizionato da nulla né legato da alcuna necessità, altrimenti non sarebbe Dio. La stessa opera redentiva, una volta decisa, poteva effettuarsi per vie le più disparate. Cade così l'obiezione di tanti che dicono: Se era predestinato che Dio morisse in quel modo ecc., doveva pur esserci qualcuno che lo avesse tradito e altri che lo avessero crocifisso. E invece il tradimento di Giuda come l'odio di coloro che hanno tradito e crocifisso Cristo restano, pur sempre, crimini gravissimi dell'umana nequizia.

 

69) Gesù ci ha mostrato l'immenso amore che ha per il Padre e per noi morendo in Croce, Lui che era l’Innocente.

Morendo per l'uomo e in quel modo, Gesù ha offerto una prova irrefutabile di un amore unico, infinito. “A stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto” (Rom 5,7), mentre Egli muore per l'uomo peccatore, in stato di inimicizia con Lui Dio. Morendo in croce e riparando così l'offesa fatta, Gesù ha dato prova pure di un immenso amore al Padre perché, oltre tutto, il di Lui onore è preferito alla stessa propria vita e felicità. Il Padre “non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi” (Rom 8,32), non certamente, come dice S. Agostino, contro sua volontà ma con Suo pieno assenso, perché, per l'identità di natura, una è la volontà del Padre e del Figlio (cfr. S. Agostino,Sermone 157,2, ed.B.A.C., Madrid 1964, p.582s.).

 

70) La sofferenza terribile provata da Lui, qualcuno dice che è stata poca cosa, in quanto era Dio e poteva sopportare tutto. Non è esatto pensare questo, ma ci dica della sofferenza patita da Gesù nella Passione.

Gesù nella Sua tremenda Passione ha sofferto veramente e spaventosamente come mai nessuno uomo potrà o ha mai sofferto. I Santi affermano anzi che le sofferenze di tutti gli uomini, messe assieme, sono ben poca cosa a paragone delle sofferenze di Gesù nella sua Passione.

Egli ha sofferto veramente perché: era vero e perfetto uomo. Il solo ipotizzare una Passione come di una... farsa senza alcuna realtà oggettiva, sarebbe indegno di Dio e della Sua veracità. Già Isaia, in spirito, lo aveva detto l'Uomo “che ben conosce il patire”, essendosi “caricato delle nostre sofferenze” (Is 53,3-4).

Ha sofferto spaventosamente: il fatto che fosse sostenuto dalla divinità non toglie nulla alla profondità e spessore del dolore. Con la Grazia anche l'uomo della strada può essere capace di sopportare sofferenze atrocissime che, però, con tutta la Grazia, restano tali.

Gesù ha sofferto come nessuno uomo ha mai sofferto o soffrirà per diversi e molti motivi. Tra gli altri perché amava di Amore infinito, e l'amore è l'elemento forse più determinante della sofferenza; perché la Passione e morte ignominiosa gli è stata presente in ogni istante della vita, e noi sappiamo che, in certo qual modo, fa soffrire più la previsione e l'attesa che la presenza stessa del dolore; perché nella Passione erano presenti, con quelle dei Giudei e dei Romani crocifissori, le offese e le sofferenze che gli avrebbero arrecate gli uomini nel corso dei secoli; perché alle sofferenze del corpo si univano sofferenze inenarrabili dell'anima come quelle della ingratitudine degli uomini, della inutilità della sua morte per tante anime che si sarebbero ugualmente dannate; perché effettivamente la sua Passione, anche materialmente parlando, fu terribile, soprattutto se si considera la sua altissima dignità e anche la perfezione stessa della sua natura, che più è perfetta più è sensibile al dolore; e per mille altre ragioni che non si possono qui elencare compiutamente.

 

71) L’agonia nell'orto degli ulivi è stata causata anche dalla conoscenza che aveva Gesù sulla redenzione che sarebbe stata inutile per molti? Nonostante le nostre ingratitudini, Gesù Si è offerto ugualmente al Padre per espiare i nostri peccati?

Certamente. Si soffre soprattutto se si prevede l'inutilità dei sacrifici affrontati. Gesù avrà sofferto più per il tradimento e la quasi certa dannazione di Giuda che per tutte le sofferenze inflittegli nella terribile Passione. Le ingratitudini, poi, mentre dicono la grandezza di un amore che continua a brillare come una luce nella notte oscura e tempestosa, non possono non apportare un supplemento enorme anche di sofferenza. Sono esse, infatti che, anche tra gli uomini, fanno più soffrire.

 

72) La Volontà di Gesù era sempre unita a quella del Padre?

In Gesù c'era la Volontà divina e la Volontà umana. Tra di esse ci fu sempre una profondissima unione e consonanza assoluta. Quando nell'orto degli ulivi Gesù implora: “Padre, se è possibile, passi da Me questo calice”, il dissenso, se tale, fu solo tra volontà come natura e non come volontà come ragione, come si esprimono i teologi. E cioè la volontà come natura sentiva istintivamente l'amarezza del calice e istintivamente lo rifiutava. Ma la volontà come “ragione” in pienissimo accordo con la Volontà divina, aggiungerà subito: “Ma non si faccia la Mia Volontà, ma la Tua”. In parole più povere: si può sentire e istintivamente rifiutare il sapore amaro di qualcosa, ma la si può volere (ecco la consonanza con la ragione e la Grazia) per un fine superiore.

La Volontà umana di Gesù era sempre unita a quella del Padre. Gesù ripeterà in tutti i toni -e lo praticherà con esemplarissima coerenza- di essere venuto nel mondo per fare la Volontà del Padre Suo e che tutto quello che faceva e voleva era solo e sempre quello che voleva Lui.

 

73) Ci parli della coscienza di Gesù.

Il problema, tutto moderno, della coscienza di Gesù intende chiarire come Cristo, che è Uno sul piano dell'essere e dell'attività, si senta Uno. Il problema sorge ed è reale perché in Cristo essendoci due nature ci sono anche due intelligenze, due Volontà, due coscienze. La coscienza, secondo la psicologia moderna, ha come suo termine di espressione un Io, che è centro unificatore di tutto: io opero -si dice-, io studio, io mangio. Questo “Io” psicologico postula necessariamente un Io ontologico, cioè una persona sussistente (esistente in sé e per sé). Essendo due le coscienze non si può certo parlare di due Io senza mettere in pericolo l'unità della Persona, che è dogma di Fede definita (una persona, due nature).

Come risolvere allora il problema? Riassumo qui quanto scrive, in merito, un grande teologo dei nostri tempi. Egli procede analizzando la funzione che deve avere in Cristo sia la coscienza divina, sia quella umana. La coscienza in Dio è assolutamente una, ma trina in quanto ciascuna delle tre Persone divine la possiede secondo la sua propria relazione e in base ad essa si afferma come Io. Con la coscienza divina dunque il Verbo si scruta e si sente nella sua attività divina (posseduta in modo relativamente proprio) nei Suoi rapporti col Padre e lo Spirito Santo (filiazione, spirazione, missione),ma particolarmente nei Suoi rapporti con la natura umana assunta ipostaticamente.

Quanto invece alla coscienza umana, che esiste ed è proprietà imprescindibile della natura assunta, essa, essenzialmente uguale alla nostra, in Cristo è più personale di quella divina, perché parte di quella natura che è personalmente propria del Verbo. Il suo termine di espressione, come in noi e un Io psicologico, che però non significa, come in noi, una persona ontologica umana(sarebbe eresia!). A chi si riferisce allora l’Io-termine della sua coscienza umana? Se è vero che l’Io ontologico dell’Uomo-Dio è uno solo (la Persona del Verbo) coerentemente a quanto abbiamo detto, anche l’ Io psicologico è uno solo. Detto in altre parole: la Persona del Verbo, come Io ontologico del Cristo, è espressa psicologicamente in un Io-termine dalla coscienza divina e dalla coscienza umana.

Poiché il Verbo assolve in linea di massima nella natura umana di Cristo la funzione propria della persona umana, la coscienza perciò ripiegandosi sulla natura non può non avvertire che essa esiste e opera in virtù di un Altro, cioè in dipendenza del Verbo, che la investe nel suo essere, la fa sussistere e la regge in tutta la sua attività. E siccome è proprio della coscienza psicologica polarizzare l'essere e l'attività di una natura intorno all’ Io (persona), la coscienza umana di Cristo, deve registrare un Io, che è la sua personalità. Essendo tale personalità quella del Verbo, in definitiva il termine focale di quella coscienza dev'essere il Verbo, attinto, sia pure oscuramente, come Io proprio. Se, come afferma S.Agostino, l’anima umana ripiegandosi su se stessa riesce a toccare le radici del suo essere e ad averne coscienza come di un essere subordinato e contingente, e quindi implicante l’Assolut a maggior ragione si deve riconoscere alla coscienza umana di Cristo la virtù di attingere lo stato di subordinazione ontologica e psicologica in cui si trova la natura assunta dal Verbo.

La natura umana, fin dall’inizio, è immersa nel divino, per dir così, pur essendone distinta. Inondata di tanta luce la coscienza umana di Cristo percepisce senza difficoltà il Verbo, non come oggetto, ma come qualcosa di intimo e di proprio. Gesù perciò anche nella sua coscienza sa di essere Dio per l'appartenenza all'unica Persona. In conclusione: “In Cristo ci sono due nature, due coscienze, due Volontà, ma un solo Io non soltanto in senso attributivo, ma anche in senso egemonico, ontologicamente e psicologicamente”.

Tutto questo naturalmente fin dalla concezione verginale nel seno di Maria, il che equivale a dire che Gesù fin dalla concezione sapeva di essere Dio!

 

74) Qualcuno si chiede perché Gesù pregava il Padre quando Lui stesso era Dio?

Quando prega Gesù prega nella e attraverso la natura umana, e perciò prega il Padre e cioè tutta la SS.Trinità. S.Agostino dirà: Dio fatto Uomo “ci unì a Lui come membra, in modo che Egli fosse Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo, unico Dio con il Padre, un medesimo Uomo con gli uomini (...). In tal modo la stessa persona, cioè l'unico Salvatore del corpo (mistico), il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, sarà colui che prega per noi, prega in noi e pregato da noi. Prega per noi come Sacerdote, prega in noi come nostro Capo, è pregato da noi come nostro Dio” (S. Agostino,Enar in Ps. 85,1).

 

75) Solo l'umiltà faceva considerare Gesù dipendente dal Padre, dato che Lui -come Dio- non è assolutamente inferiore al Padre?

Gesù in quanto Uomo è veramente inferiore a Dio (“Il Padre è più grande di Me”; Gv 14,28). Non è inferiore invece come seconda Persona della Trinità, anche se procedente dal Padre.

 

76) Dio Si umilia infinitamente incarnandosi.

Sì, l’umiliazione di Dio è avvenuta soprattutto nell’Incarnazione, perché quello che avverrà dopo, compresa la tremenda Passione e morte, è tutta conseguenza e sviluppo dell’Incarnazione. Dio, secondo la parola di S. Paolo, incarnandosi, si esinanì, cioè si anniento quasi, passando dalla pienezza dell’essere (pur conservando tutto) al livello della creatura. Questa infatti è quasi un niente, e quel poco che può avere è tutto dono. Non si capirà mai abbastanza quale Amore ha dimostrato Dio incarnandosi. I Santi, quelli cioè che riflettono e sono particolarmente illuminati dalla Grazia di Dio, quasi impazziscono d’amore per questo. La cosa è tanto grande che lo stesso giudizio finale avverrà alla semplice vista della Croce. E cioè, mostrando agli uomini quello che Lui, Dio, ha fatto con l’Incarnazione, culminata nell’ignominia della Passione, si capirà. Alla luce dell’eternità cioè si capirà quale grande errore e peccato sia l’averla ostinatamente rifiutata.

 

77) Il Figlio di Dio Si è fatto Uomo rimanendo Dio. Gesù è vero Uomo e vero Dio, ma come è avvenuta l'unione tra Dio e l'Uomo?

L’Incarnazione, la Passione, la Morte e Risurrezione di Gesù Cristo sono, assieme a quello della Trinità SS., il più grande mistero della nostra Fede. Possiamo perciò dire ben poco anche se questo “poco” è infinitamente esaltante e luminoso.

L'unione in Gesù tra la natura umana e quella divina è avvenuta nella Persona divina preesistente del Verbo. E cioè mentre, per tutti gli uomini, la natura si individualizza ed esiste come persona propria e incomunicabile, in Cristo la natura umana si è individualizzata senza divenire persona, essendo stata elevata ad essere sostentata dalla stessa divina Persona del Verbo. Questo non impedisce che Gesù sia perfettissimo e vero uomo perché l'essere persona non aggiunge nulla alla “quantità” di essere della natura. Da dire piuttosto che l'uomo Gesù Cristo, pur non essendo persona propria, non ha perduto, ha invece guadagnato infinitamente. Infatti, trattandosi di un'unica Persona divina si può dire con tutta verità: questo Uomo Gesù è vero Dio.

 

78) Ha due nature e una sola Persona -che è Divina- e questa Persona dirige tutte le azioni di Gesù.

Sì, le azioni appartengono alla persona. Essendo unica in Cristo Gesù, questa è pure l'unico soggetto di attribuzioni e padrona assoluta degli atti che si compiono sia attraverso e nella natura divina che di quelli compiuti attraverso e nella natura umana. Con la conseguenza che anche le azioni più insignificanti della natura umana, come il dormire, il mangiare ecc., rivestono in Gesù un valore infinito, derivando la loro dignità e valore dalla Persona o soggetto di attribuzione.

 

79) Gesù è l’Amore, i Suoi sentimenti nei trentatré anni passati in terra erano Santi, in quanto la Sua natura non era corrotta e non poteva provare rancori o ansie di vendetta umana. Ci parli dei sentimenti di Gesù.

Gesù, essendovero e perfetto uomo, ebbe tutti i sentimenti che prova l’uomo: sentimenti di compassione, di ammirazione, di turbamento ecc. Essendo però uomo assolutamente senza peccato con una natura perfettissima, del tutto integra, tutti i Suoi sentimenti erano pienamente soggetti e ordinati sotto il governo della Grazia e della ragione. E perciò essi erano e sono tutti di altissimo spessore per tutti i valori. Mai Gesù ha potuto o avrebbe potuto avere sentimenti in contrasto, anche minimamente, con Dio e con la Legge santa.

 

80) Diversi teologi affermano che molte parole attribuite a Gesù, in realtà Egli non le ha mai dette. Avrebbe detto solamente “Padre”.

La furia distruttrice modernista, alla sequela soprattutto di Bultmann che ha demitizzato il Vangelo fino a distruggerlo quasi del tutto, era arrivato a questo. Oggi già si parla diversamente, il che fa capire quanto fragili e inconsistenti siano certe cervellotiche costruzioni. I Santi Padri, i testimoni più vicini anche alla fonte, avevano affrontato e risolto le difficoltà che può presentare il Vangelo nella sua quadruplice espressione secondo Matteo, secondo Marco, secondo Luca, secondo Giovanni. Da un pò di tempo cominciano a scoprirsi criteri più adatti e più fondati, con i quali si ritorna sostanzialmente anche a quanto affermato e insegnato dai Padri a proposito della verità storica dei Vangeli.

Ad ogni buon conto la Chiesa ha riaffermato chiarissimamente la storicità dei Vangeli, ribadendo cioè che tra ciò che Gesù ha fatto e detto e quanto narrato e riferito dai quattro Vangeli c'è equazione perfetta. “La Santa Madre Chiesa -si dice nella Dei Verbum (V,19)- ha ritenuto e ritiene con fermezza e costanza massima che i quattro suindicati Evangeli, dei quali afferma senza alcuna esitanza la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, nella realtà operò ed insegnò per la loro eterna salvezza, fino al giorno in cui fu assunto in cielo...”.

E sempre al capitolo V, n.18 si afferma ancora: “La Chiesa ha sempre e in ogni luogo ritenuto e ritiene che i quattro Evangeli sono di origine apostolica. Infatti, ciò che gli Apostoli per mandato di Cristo predicarono, dopo, per ispirazione dello Spirito Santo, fu dagli stessi e da uomini della loro cerchia tramandato in scritti, come fondamento della Fede, cioè l'Evangelo quadriforme, secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni....”.

 

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27/08/2013 21:37
 
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81) Gesù in Cielo è l'Uomo-Dio glorioso. Come spiega che ad alcuni Santi si è mostrato triste e col Cuore trafitto di spine?

E' verità di Fede che Cristo sia in Cielo glorioso e impassibile, come è appunto dei corpi gloriosi. Per conseguenza non si può accettare l'opinione di coloro che ammettono la sofferenza anche in Dio immutabile e quindi anche nel Cristo glorioso. Come spiegare allora queste visioni di Cristo sofferente?... Piuttosto che intaccare un dato sicuro della Fede, qual è quello suddetto dello stato glorioso, preferiamo ammettere umilmente di trovarci di fronte, ancora una volta, ad un grande mistero al quale non si può dare ancora una risposta pienamente soddisfacente. Si potrebbero tuttavia affacciare varie ipotesi senza insistere troppo su nessuna di esse, potendo esse avere la loro parte di probabilità soprattutto nell'insieme.

Gesù si mostra triste perché ha sofferto moltissimo nella sua vita sulla terra e vuole che lo si sappia, suscitando da parte dell'uomo quella gratitudine e condivisione generosa che è alla base della salvezza eterna.

Si mostra tale perché, nonostante tutto, Egli soffre ancora nel Suo Corpo Mistico e cioè nella Chiesa: Gesù, diceva Pascal, è in agonia fino alla fine del mondo.

Si mostra tale perché è questo l'effetto del peccato anche se esso non raggiunge il bersaglio. Come chi, per esempio, offende veramente il re, oltraggiando una statua che lo riproduce, anche se l'offesa non è arrivata fino a lui nella sua corposità. Il fatto che il peccatore condannerebbe ancora Gesù a morte se potesse, non può lasciare indifferente il Signore pur glorioso in Cielo.

 

82) Parli del Battesimo di Gesù ricevuto da Giovanni.

L’importanza del Battesimo di Gesù da parte di Giovanni Battista non era sfuggita a nessuno dei grandi teologi dell’antichità. Gesù vuol essere battezzato da Giovanni non solo per un atto di grandissima umiltà, accomunandosi così ai peccatori Lui che non aveva ne poteva avere neanche l’ombra del peccato.

Ma col Battesimo Gesù veniva a santificare l’acqua che doveva essere l’elemento materiale primario del Sacramento del Battesimo, che Lui istituirà come mezzo necessario per entrare nella vita.

Inoltre, nel Battesimo ricevuto da Giovanni Battista, Gesù doveva ricevere dal Cielo la conferma della sua missione messianica. Fu allora, infatti, che si sentì la voce del Cielo dire: “Questi è il Mio Figlio prediletto, nel quale Mi sono compiaciuto” (Mt 3, 17). E così veniva rivelata pure la sublime grandezza del futuro Sacramento del Battesimo, che rende l’anima figlia di Dio e tempio dello Spirito Santo.

 

83) Cosa ne pensa dell’affermazione di un teologo, il quale sostiene che Gesù avrebbe capito di essere Messia solamente nel Battesimo...

Contro l’affermazione del teologo basterebbe rifarsi al Vangelo che, tra l’altro, presenta Gesù dodicenne “seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le Sue risposte”. Al dolce rimprovero della Madre: “Figlio, perché ci hai fatto cosi’?”, Egli risponde: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” ( Lc 2, 46-49). Certo. Se tutto ciò che nel Vangelo contrasta con la propria opinione lo si fa passare per interpolato o come frutto di una elaborazione tardiva della Comunità, si può affermare tutto quello che si vuole. Ma, una volta di più la consapevolezza di essere Dio, sempre avuta da parte di Gesù è nell’unanime tradizione dei Padri e Scrittori della Chiesa.

 

84) Quali sono le condizioni per entrare nel Regno dei Cieli?

Per far parte del regno di Dio bisogna credere in Gesù Figlio di Dio e accettare il Suo messaggio. La prima condizione quindi è la Fede. Gesù infatti dirà: “Questa è la Volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in Lui abbia la vita eterna” (Gv 6, 40). Assieme alla Fede pio l’altra condizione di ricevere il Battesimo. Ai Suoi discepoli Gesù dirà: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16, 16), perché: “Se uno non nasce da acqua e da Spirito Santo, non può entrare nel regno dei Dio” (Gv 3, 5).

Le due condizioni della Fede e del Battesimo fanno capire che l’entrata nel regno di Dio esige sia santità di cuore più che santità rituale e legale, insegnata dai dottori della Legge: “Se la vostra giustizia -dirà Gesù- non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei Cieli” (Mt 7, 21). Fare la Volontà del Padre significa pure obbedienza e piena docilità alla Chiesa da Lui voluta: “Chi ascolta voi ascolta Me, chi disprezza voi disprezza Me” (Lc 10, 16).

Che se si esige anche l’osservanza della Legge e dei comandamenti, è chiaro che ogni peccato mortale esclude da esso. Per questo S. Paolo afferma deciso: “Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio,” ( 1 Cor 6, 9. 10). E quindi la necessità di “restare saldi poiché... è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio” (Atti 14, 22).

 

85) Perché Gesù parlava in parabole?

Nel Vangelo si legge: “Con molte parabole (.....) annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai Suoi discepoli, spiegava ogni cosa” (Mc 4,33). Il perché di questo parlare? Gesù stesso ne ha svelato uno dei motivi ai discepoli che gli domandano: “Perché pur vedendo non vedono e pur udendo non odono e non comprendono” (Mt 13, 11. 13). Secondo alcuni quindi faceva uso di parabole per castigare l’incredulità colpevoli degli uditori. Secondo altri invece la parabola era un mezzo suggerito da bontà e intuito psicologico per meglio illuminare la mente degli uditori.

 

86) Faceva anche tanti paragoni e prendeva spunti dalla vita giornaliera.

L’insegnamento del Signore è un modello insuperabile di come farsi capire da tutti. Egli si richiamava alle cose più usuali della vita quotidiana, della campagna, degli avvenimenti alla portata di tutti. Parlava infatti dell’albero, della vite, del campo, dei gigli, dei segni dei tempi come l’estate o la primavera. Richiami efficacissimi perché trasparenti e sotto gli occhi di tutti. Per questo tutto, nella sua parola, acquistava nuova luce, nuovo significato e importanza.

 

87) La mortificazione in Gesù.

Lo spirito di penitenza del Signore è addirittura sconcertante. Egli passa una intera quaresima senza toccare nè cibo nè bevanda; passa le notti in preghiera; trova abitualmente dimora in una grotta, che la tradizione ancora fa vedere. Era vero alla lettera che, mentre gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi le loro tane, Egli non ha dove posare il capo.

L’accusa di essere un mangione ed un beone, propalata dai farisei perché non disdegnava di sedere a mensa con i peccatori, era del tutto gratuita, come tutte le altre. Con la mortificazione Gesù voleva insegnare quale spirito deve informare la vita soprattutto di coloro che vogliono servire Dio e fare apostolato ecc.

 

88) Quando parlava, alzava gli occhi da terra, come se li tenesse sempre mortificati.

Sì, Gesù che parlava alzando gli occhi da terra, potrebbe significare anche il Suo Amore, oltre che alla mortificazione, alla verginità assoluta. La terra infatti, pur creatura di Dio, se non la si guarda con gli occhi della Fede e alla luce dell’eterno, può contaminare, impedendo di andare a Dio; tutto è impuro e peccaminoso, se visto e goduto in prospettiva solo terrena e contingente.

 

89) Gesù è stato obbediente fino alla morte.

L’obbedienza, come si esprime l’Apostolo Paolo, riassume tutta la vita di Gesù: “Egli si è fatto obbediente fino alla morte, e alla morte di croce”. E, infatti, non solo Egli visse trent’anni

della sua vita nel silenzio di Nazareth “sottomesso” a Giuseppe e a Maria, ma non fa ripetere di essere venuto unicamente per fare la Volontà del Padre Suo e che tutto quello che faceva era per precetto di Lui. Nell’obbedienza totale alla Volontà del Padre egli ha redento il mondo.

 

90)Nato in una stalla è poi morto in Croce. Una vita di povertà quella di Gesù.

Gesù, il Signore dell’universo, al quale era così facile avere un palazzo d’oro e abbondanza di tutti i beni terreni, ha abbracciato invece la povertà più totale, fino a dover ricevere dalla carità degli uomini. L’insegnamento è più che trasparente: non è con i beni della terra che ci si salva. Essi, anzi, possono costituire un laccio di morte e di dannazione. Dei beni della terra si deve fare uso, ma non ci si deve illudere di trovare in essi la felicità della vita. Essi sono mezzi e non fine; beni da mettere a frutto e non occasioni di peccato e di orgoglio.

Con la sua povertà Gesù sembra dire agli uomini: meno vi attaccate ai beni della terra, più possederete il Sommo Bene; meno vi affaticherete per i beni della terra e più bramerete e gusterete quelli imperituri celesti della vita eterna. Innamorate della povertà di Gesù innumerevoli anime sono arrivate a disfarsi di tutto, a disprezzare tutto, felici di condividere con Lui pene e disagi della vita.

 

91) Chi è senza peccato, scagli la prima pietra, disse Gesù a coloro che erano sempre pronti a condannare le altrui debolezze.

Non c’è da meravigliarsi. I giudici più severi della condotta altrui sono ordinariamente coloro la cui condotta più lascia a desiderare davanti a Dio. Essi giudicano e condannano, oltretutto perchè ignorano la gravità dei loro peccati e quanto costi, a volte, fare del bene. L’anima umile, invece, proprio perché consapevole della propria miseria e dei propri limiti, si guarda bene di scagliare la pietra a chicchessia. E sa bene, oltre tutto, che se non è caduta negli stessi vizi degli altri, è per pura misericordia di Dio che l’ha preservata.

 

92) Gesù è stato un incompreso?

Senza dubbio. Incompreso dai grandi e dai piccoli. Per farsi capire Gesù dovrà spiegare anche le cose più elementari. Ma gli umili e tutti coloro “ai quali l’ha rivelato il Padre” (cfr. Mt 11, 25; 13, 11) finiranno per capire e accettare. Ma Gesù’ resterà’ il grande incompreso perché non sarà accettato come Messia, ne’ tanto meno come Figlio di Dio. Non sarà accettato come Messia perché l’idea che si aveva generalmente allora del Messia era quella politica o sociale di un grande condottiero o re della terra che, con la sua potenza avrebbe vinto e annientato tutti i nemici e instaurato il regno di Israele su tutti i popoli della terra. Tracce di tale mentalità si ritrovarono, per esempio, nella richiesta della Madre dei Zebedei: “Dì che questi miei figli siedano uno alla Tua destra e uno alla Tua sinistra nel Tuo Regno” ( Mt 20,21); e nel testo di Atti 1, 6: “Così venutisi a trovare insieme Gli domandarono: «Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?». E anche nelle parole: “I discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?» ( Mt 18, 1; cf. Mc 9, 34; Lc 9, 46).

 

93) C’è chi pensa che la vita di Gesù sia stata una continua gioia.

Si può essere d’accordo, se per gioia si intende quella serenità interiore che non può persistere anche tra le più spaventose procelle che si abbattono sul cuore. Gesù non ha mai perduto la gioia, dominando eventi, sofferenze e morte. Se invece per “gioia” si vuole intendere che Cristo ha sempre goduto, l’affermazione è del tutto senza fondamento. Basta riflettere: il Suo esercizio di penitenza -e che penitenza!-, il venire insultato e perseguitato, la spaventosa agonia in prossimità di una Passione senza pari, l’essere crocifisso e umiliato fino all’inverosimile, ecc., tutto questo è il contrario esatto del piacere e del diletto terreno.

 

94) Gesù ha rivalutato la donna, che per gli ebrei ha meno diritti dell’uomo.

La vera e grande rivalutazione della donna si ha con Cristo e il cristianesimo: basterebbe pensare che l’opera della salvezza Gesù ha voluto compierla servendosi di Maria, e cioè della donna per eccellenza, elevata alla quasi infinita dignità di Madre di Dio. Esiste elevazione più grande per una donna? Tutto il messaggio cristiano poi è in netto contrasto con la mentalità e la dottrina ebraica dell'epoca sulla donna. Cristo afferma o insinua in molti modi l’assoluta parità della donna, se non addirittura la superiorità sull’uomo. Ha esaltato tante volte e premiato la Fede delle donne. Si è lasciato toccare da peccatrici, dalla Maddalena, dall’emorroissa, con scandalo dei farisei. Si lascia sorprendere a parlare, al pozzo di Giacobbe, solo con una donna, la Samaritana con ammirazione dei discepoli andati a procurarsi del cibo. All’adultera, unico, offre comprensione e perdono. Afferma che tutti, uomini e donne, sono figli di Dio e possono perciò pregare così: “O Padre nostro che sei nei cieli”. La prima apparizione dopo la risurrezione la concede ad una donna, alla Maddalena e ad essa affida l'incarico di annunciare la risurrezione ai Suoi apostoli. Da aggiungere pure Gesù ha trattato sempre la donna con infinito rispetto.

Quanto detto è solo un piccolo accenno di quanto potrebbe dirsi, con molta profondità e ricchezza, dell’atteggiamento di Cristo per la donna. Il Vangelo è pieno della presenza della donna e quindi della sua riacquistata dignità. Né a tutto questo fa difficoltà il fatto che Cristo non abbia ammesso la donna al sacerdozio. In verità, non si tratta affatto di diritti negati, ma di ben più grande mistero che, in definitiva, esalta la donna stessa forse molto più che non faccia il sacerdozio per l’uomo. S. Paolo a sua volta dichiarerà, in conseguenza che: “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3, 28).

 

95) Gli ebrei aspettavano un Messia rivoluzionario, ma Gesù la rivoluzione l’ha fatta con l’Amore, morendo in Croce per tutti.

Si, è vero, gli Ebrei attendevano un Messia guerriero che con la forza avrebbe dovuto liberarli da ogni dominio straniero. Un Messia mite, perciò, che predicava amore e perdono per tutti, dovette essere forse la più grande loro delusione. Ma fu la più grande lieta novella annunciata al mondo: un Dio Amore che con la forza dell’Amore intende rinnovare tutto. E, infatti, Gesù Messia mai ha parlato di opporsi al male con la violenza: mai ha spinto i Suoi discepoli all’insubordinazione o ad atti meno che riguardosi all’autorità costituita; mai ha rovesciato con la violenza regimi e dispotismi.

Ha esaltato i miti, insegnando a subire il male più che farlo, esortando a porgere l’altra guancia a chi da uno schiaffo... E ha insegnato che il più grande precetto è quello dell’amore di Dio e del prossimo, nel quale si compendia tutta la legge e i profeti. I primi del regno dei cieli sono quelli che servono nell’amore. E la prova suprema di amore la darà Lui stesso, Gesù, Figlio di Dio. Oppresso dalla milizia umana, Egli avrebbe potuto annientare i sui nemici con il soffio della sua bocca, e invece accettò di morire nell'ignominia e in un mare di dolori, per salvare la povera umanità. Per tutti implorerà morente: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. In definitiva, nel cristianesimo tutto è amore, amore però tutt’altro da quello, sensuale e peccaminoso, del mondo.

 

96) Che significano queste parole di San Paolo: “Cristo è stato crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio” (2 Cor 13, 4).

In Cristo coabitano la debolezza della natura umana e la virtù onnipotente della natura divina da Lui posseduta in pienezza assieme al Padre e allo Spirito, Egli risuscitò vincendo la morte, e sia nella vittoria sulle passioni e il peccato e la morte.

 

97) Gesù era appena nato e già Erode Lo voleva uccidere.

Erode voleva uccidere Cristo appena nato perché in lui, detto re dai Magi, vedeva un contendente al suo potere. E, non avendo affatto scrupoli, moralistici, decise subito di disfarsene cercando di ucciderlo. Il comportamento di Erode è emblematico: cristo da fastidio con la sua presenza, con la sua dottrina, con la sua testimonianza. La sua condotta è rimprovero ai perversi e disturba i sogni dei prepotenti e, perciò -pensando questi- il meglio è... sopprimerlo, come dice la Sapienza: “Tendiamo insidie al giusto, perché c’è di imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni; ci rimprovera le trasgressioni della legge....” (Sap 2, 12).

 

98) Gesù e i miracoli.

La superiorità e l’unicità di Cristo Fondatore della religione cristiana è provocata anche dai Suoi numerosi miracoli operati, coronati dalla sua resurrezione dalla morte. I riformatori possono dire quello che vogliono; ma a loro manca proprio la conferma del Cielo costituita dal miracolo. Conferma dal Cielo perché i miracoli autentici, a conferma della verità li compie solo Dio. Una conferma che, pur desiderata ardentemente, i riformatori mai hanno potuto ottenere. Si dice -non si sa con quale fondamento storico- che Maometto, a suggellare le sue parole, avrebbe comandato ad una montagna di muoversi, di spostarsi verso di lui. Non essendo accaduto assolutamente nulla, Maometto credette bene di spostarsi lui verso la montagna. Ma ai Riformatori manca non solo il carisma dei miracolati: a confronto con il Cristo-Dio, essi appaiono in tutta la loro povertà e miseria. Quale confronto può farsi, per esempio, tra l’incredibile purezza di Cristo e i comportamenti di Maometto, di Lutero, di Enrico VIII ecc. ecc.? Dove trovare l’equilibrio stupendo e quella sapienza che mette in scacco tutti i nemici; e quella dedizione di amore che manderà in delirio le folle? La sua divinità Gesù la irradierà in mille modi, Prima di rivelarsi e dichiararsi Dio con parole chiare e decise.

 

 

99) Gesù essendo Dio poteva compiere e ha compiuto strepitosi miracoli. Tutto era sottomesso a Lui e poteva anche creare altri mondi, perché aveva il potere su tutto. Oggi, invece, ci sono alcuni -anche Testimoni di Geova- che ridicolizzano l'operato di Gesù e affermano essere frutto delle prime comunità i miracoli attribuitiGli.

Si ridicolizza o si falsa il comportamento di Gesù perché non si crede alla sua divinità e si tende ad eliminare del tutto il soprannaturale. Sta proprio qui il punto nodale. Se Gesù è Dio, la sua natura umana assunta è strumento congiunto del Verbo nel quale ha la sua sussistenza e personificazione. Il Verbo influisce sull'attività di tale sua natura umana e se ne serve, un pò come ci si serve di uno strumento. E cioè ne attua e dirige tutte le operazioni che sono proporzionate alle sue facoltà proprie. Per le operazioni invece, che trascendono le facoltà di detta natura, quali sono, per esempio i miracoli, il Verbo le fa passare attraverso esse che così vi concorrono dispositive ,proprio come avviene in un vero e proprio strumento. Comunque ogni azione o Passione in Gesù appartiene al Verbo e perciò è teandrica, e cioè divina e umana insieme.

Se non si ammette invece che Cristo è Dio,, tutto può mettersi in discussione. Anche in questo, però, si dimostra una sconcertante incoerenza. Non si accettano i Vangeli che narrano i miracoli la cui storicità è comprovata da mille ragioni, e poi si ricorre e si crede ad una fantomatica creazione di scritti da parte di comunità, che in nessun modo si può provare. Purtroppo chi nega una verità per partito preso -nel caso, la divinità di Gesù e il soprannaturale- pur di non accettarla, è pronto a negare anche l'evidenza del sole. Un atteggiamento che puzza le mille miglia di orgoglio satanico!

 

100) Chi afferma queste falsità non è vicino alla vera Chiesa di Cristo?

Chi afferma queste falsità non solo non aiuta la vera Chiesa di Cristo, ma coopera a scalzarne le fondamenta stesse. Una Chiesa, infatti, non fondata effettivamente sul Cristo storico, Dio-Uomo, sarebbe creazione umana, una istituzione perciò condannata presto o tardi ad essere travolta dalle vicende dei tempi.

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27/08/2013 21:38
 
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101) Cos’è il miracolo?

Il miracolo è un fatto sensibile inconsueto e meraviglioso che supera tutte le leggi della natura. Un fatto sensibile, tale cioè da potersi vedere, verificare e sottoporre a tutti i controlli e le analisi possibili. Un fatto inusitato, che cioè non capita tutti i giorni. Quotidianamente, per esempio, si osserva che un legno messo nel fuoco brucia e si consuma. Sarebbe perciò del tutto insolito vedere che, a contatto col fuoco, non bruciasse affatto. Si pensi al roveto ardente che arde e non si consuma o ai tre giovani Israeliti che, gettati nella fornace ardente, non sono affatto toccati dalle fiamme. Un fatto inusitato, naturalmente, desta stupore e meraviglia, perché si verifica contro tutte le leggi di natura. In proposito non ci si può appellare, per negare il miracolo, a forze sconosciute, ignote che pure esistono. E’ sufficiente constatare che in quel caso il fuoco, per esempio, ad assoluta parità di condizioni, non si è comportato come di solito si comporta. Il miracolo appare allora un evento che può essere fatto solo da chi è padrone assoluto di tutte le leggi di natura, e cioè solo da Dio o da chi è investito della Sua forza e del Suo potere.

 

102) Chi può compiere un miracolo?

Lo abbiamo: i veri miracoli possono farsi solo da Dio con potere proprio; dalle creature solo con potere partecipato da Lui. Così i Santi, per esempio, compiono miracoli implorandoli da Dio con ardenti preghiere.

 

103) E ciò che compie il diavolo?

Le “meraviglie” operate dal diavolo, per quanto vogliano apparire strabilianti e fuori dell’ordinario, non sono altro che prodigi, effetti di poteri naturali eccezionali. Il miracolo vero e proprio, quello cioè che supera tutte le leggi della natura, può essere fatto solo dall’autore della natura e cioè da Dio. Esemplificando, il diavolo può accelerare una guarigione corporale, conoscendo molto bene le leggi che regolano il corpo, ma non potrà mai ridare la vita a chi è veramente morto. Il diavolo può indovinare in qualche modo l’immediato futuro, conoscendo a perfezione l’agire usuale degli uomini e le cause fisiche, ma mai potrà profetizzare eventi a secoli di distanza.

 

104) In effetti, Gesù ha dimostrato la Sua Divinità compiendo miracoli straordinari. Gli increduli vedevano Gesù dominare e comandare il diavolo, la natura e gli uomini e dicevano: “Non si è mai vista una cosa simile in Israele”(Mt 10,33); “Da dove mai viene a Costui questa sapienza e questi miracoli?”(Mt 13, 54).

Gesù ha operato innumerevoli miracoli per confermare la sua divinità e la sua missione ricevuta dal Padre. Magari si potrebbe discutere su alcuni di essi e definirli piuttosto prodigo, in quanto potrebbero essere compiuti anche da uomini dotati di poteri naturali eccezionali. Ma molti sono indiscutibilmente miracoli da potersi fare solo con poteri divini: così, per esempio, la conversione dell’acqua in vino, la risurrezione di Lazzaro morto e già in stato di decomposizione, la stessa risurrezione a tre giorni dalla sua Passione e morte. I miracoli di Cristo vengono appunto classificati dai teologi secondo regole e paradigmi severi.

 

105) Gesù ha operato da esorcista. Quelli che lo vedevano operare, rimanevano sbalorditi: “Che è mai questo? Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono”(Mc 1,27). Cacciava i diavoli dai corpi con autorità e con poche parole: “Taci! Esci da quell’uomo”(Mc 1,25); “Esci, spirito immondo da quest’uomo”(Mc 5,8); “Andate”(Mt 9,32).

Se si intende in ordine di tempo, non è Cristo il primo esorcista, perché anche gli Ebrei cacciavano i demoni, come si deduce dal Vangelo stesso. Se, come voi dite “Io scaccio i demoni in nome di Beelzebul, i vostri figli in nome di chi li scacciano?” (Mt 12, 27).

Ma Cristo è certamente il primo e più grande e potente esorcista sia per i tanti ossessi liberati con il semplice comando, e sia perché Lui solo ha liberato e libera dal potere de diavolo con la sua Passione e morte. In effetti, prima di Cristo, il regno del diavolo era di spaventose proporzioni e non erano pochi quelli che subivano vessazioni e possessioni.

 

106) Gesù invitava coloro che ascoltavano di guardarsi dagli scribi. Oggi che cosa direbbe?

Gli scribi, se avevano cultura e zelo apparente per la Legge, erano pure, come i farisei, pieni di orgoglio e di ipocrisia. Gesù è stato con loro terribile, mettendo a nudo la loro miseria spirituale. Il fenomeno di una cultura orgogliosa, che si fa scudo e protezione di una vita moralmente inconsistente, se non addirittura viziosa e perversa, è fenomeno di tutti i tempi, e certamente anche dei tempi che viviamo. Ai nuovi scribi e farisei perciò, -laici o cristiani, togati o teologi, politicanti o faccendieri-, belli al di fuori ma al di dentro, come i sepolcri imbiancati, veri vermicai, Cristo ripeterebbe oggi le stesse invettive. E ripeterebbe pure soprattutto ai piccoli ed inesperti di guardassi da questi ipocriti orgogliosi. Essi giudicano e condannano il mondo intero, si ritengono superiori a tutti e non sospettano neppure quanto sono ciechi e miserabili.

Gesù direbbe pure: Guardatevi da una falsa cultura, quella specialmente che non aggiunge nulla o quasi nulla alla vera crescita dell’uomo: “Che ti giova -recita l’Imitazione di Cristo- ragionare sui profondi misteri della Trinità stessa?”. Ed anche: “Se anche conoscessi tutta la Bibbia e la massime di tutti i filosofi, che ti gioverebbe senza la carità e la Grazia?”.

 

107) Gesù quello che diceva lo metteva prima in pratica. Oggi manca la coerenza.

La coerenza tra il dire e il fare è per tutti molto difficile. Ci vuole poco per apprendere la Legge, ma per osservarla occorre vincere la naturale tendenza all’accidia e i desideri della carne che sono opposti allo spirito e alla sua Legge. Predicare e razzolare male, fare promesse e non mantenerle è un pò di tutti gli uomini, anche se questo lo si rimprovera soprattutto ai predicatori del Vangelo.

E’ chiaro poi che lo stacco tra la teoria e la pratica, tra Fede e pratica di vita diviene sempre più profondo man mano che avanza la corruzione del cuore e l’indebolimento della volontà. Non per nulla nella società di oggi, così poco cristiana, si contano a legioni i cristiani che credono e.. non praticano, e sono così pochi quelli che si sforzano sinceramente di predicare e testimoniare soprattutto con la vita quello che predicano con le labbra.

 

108) Il Profeta Isaia, otto secoli prima di Gesù, parlava di Lui come di un Agnello, mite ed umile. Il Vangelo ci da quest’immagine di Gesù: era buono; Si commuoveva nel vedere le persone soffrire ed amava tutti perché Egli era l’Amore; operava guarigioni, perché il Suo misericordioso Cuore era sempre pronto a sollevare le miserie altrui. Gesù è stato Unico.

Il profeta Isaia ci ha presentato il Messia futuro che “maltrattato, si lasciò umiliare /e non aprì la sua bocca;/ era come agnello condotto al macello,/ come pecora muta di fronte ai Suoi tosatori / e non aprì la sua bocca”. L’agnello è l’immagine della bontà e della mitezza, virtù che, assieme alle altre, rifulsero in Gesù di splendida luce soprattutto nella terribile Passione. Che fosse poi la bontà stessa lo aveva già dato a dividere nella vita mille volte. Ci sono pagine del Vangelo nelle quali rifulge di vivissima luce l’ineffabile tenerezza e bontà del Suo Cuore. Si commuove di fronte ad un popolo che lo segue per giorni senza mangiare, e allora compi il miracolo della moltiplicazione dei pani. Non resiste davanti al dolore della vedova di Naim e alle sorelle di Lazzaro, e con la sua potenza ridona il figlio morto alla madre e Lazzaro alle sorelle. Ovunque sempre semina benedizioni e miracoli, asciugando mille lagrime, consolando cuori in pena a non finire, e Amore e Misericordia dispensa perfino sulla croce dando il perdono ai Suoi crocifissori e promettendo al povero ladrone pentito il Paradiso.

Se c’è qualcosa che sconcerta nella vita di Gesù non sono i Suoi atteggiamenti e i Suoi messaggi, sempre sublimi e vivificatori. Quello che sconcerta e che potettero uomini, che non solo non si piegarono a tanta bontà, ma che poterono resistere e addirittura dubitare di un Amore così prodigioso.

 

109) Ama tanto gli uomini da farSi Egli stesso Ultimo.

L’amore di Gesù, se salva tutti, si rivolge però di preferenza ai piccoli, ai miserabili, agli ultimi nella scelta sociale del mondo. E soprattutto per loro si è fatto l’ultimo di tutti. E infatti, come il più miserabile degli uomini Egli non aveva dove posare il capo; è arrivato a lavare i piedi dei discepoli; si è immolato, come un reietto, vittima di espiazione sulla croce. E proprio per essere vicino ai più piccoli, si è fatto “cosa”, ostia o pane di vita eterna con l’Eucarestia.

 

110) Nei trent’anni di vita nascosta nella casetta di Nazareth, sappiamo che Egli “stava Loro sottomesso”, cioè, obbediva totalmente alla Madre e al Padre legale.

Nei trent’anni di vita nascosta Gesù è stato sottomesso in pieno a Giuseppe e Maria sua Madre. La cosa è talmente straordinaria -un Dio sottomesso a due Creature!- che l’evangelista ha riassunto detto lungo periodo in questa unica significativa espressione: “Tornò a Nazareth e stava loro sottomesso” (Lc 2,51). “Sottomesso” perché questa era la Volontà di Suo Padre. In verità, la vita e l’opera del Cristo si riassumono in queste parole, ripetute a più riprese, quasi come un ritornello: “sono disceso dal Cielo non per fare la Mia Volontà, ma la Volontà di Colui che Mi ha mandato”(Gv 6,38).

 

111) San Luigi Maria Grignon da Monfort dice che Gesù, dei trentatré anni, ne volle trascorrere trenta con Sua Madre e tre con tutti gli altri. Egli, la Sapienza, per tanti anni inondò sempre più Maria della Sua Grazia e Maria adorò per tanti anni Dio eterno, Incarnato in Lei.

Molte affermazioni di Santi che sembrano paradossali perché rasentano quasi l’assurdo, sono in realtà intuizioni di grandi consolanti verità. Sta di fatto che Gesù ha passato trent’anni della sua esistenza a Nazareth, dedicandone solo tre alla predicazione. I trent’anni li ha passati nella più profonda comunione con Sua Madre, soprattutto quando anche Giuseppe lasciò questo mondo. Ciò avvenne per pura coincidenza o per scelta amorosa? Non sappiamo, sta di fatto però che le cose sono andate così. E’ bello pensare e nulla vieta affermare con il Grignion de Montfort, che così abbia voluto Lui stesso, Gesù, per il Suo indicibile amore che aveva per Maria Sua Madre. E anche per avere l’adorazione e l’amore di Maria, adorazione e amore di livello altissimo, che solo l’avrebbe ricompensato di tutta la freddezza, amore che non avrà mai dagli uomini messi insieme. Comunque però stiano le cose, è certo che Gesù non poteva rimanere trent’anni con Maria, Sua Madre, senza riempire l’anima di Lei di frutti stupendi e di doni arcani. Si può rimanere in sì profonda prolungata comunione con Dio senza partecipare a piene mani alle Sue infinite ricchezze? E se Maria ha educato e aiutato a crescere il Suo Gesù, fino a che punto Gesù ha inciso sulla ulteriore maturazione e perfezione di Lei Sua Madre? Gioiosi e lietificanti misteri che si svelarono, con gioia di tutti, forse solo nell’eternità beata.

 

112) Il Vangelo di San Luca è chiamato il Vangelo della Misericordia, ci mostra alcune parabole dove emerge maestosa, l’infinita Misericordia di Gesù. Egli venne, mandato dal Padre, per salvare ciò che era perduto.

Il Vangelo di San Luca rivela tutto, particolarmente la misericordia di Gesù. Venuto sulla terra per salvare ciò che era perduto, Egli rivela il Suo Amore misericordioso soprattutto nelle tre parabole della pecorella smarrita, della dramma perduta, del figliol prodigo, con accenti ed espressioni di ineffabile bellezza. Egli vuole proclamare in dette parabole che, incontro ai poveri peccatori, smarritisi tra le seduzioni della vita o illusi di stare meglio fuori dalla casa del Padre, è Dio stesso che va loro incontro moltiplicando le tenerezze e gli inviti e festeggiando, come non mai il ritorno dell’anima a Lui. Specie i brani evangelici di S. Luca vogliono dire che non esistono peccati e drammi interiori che non possono essere vinti dalla misericordia divina. Questa non è negata a nessuno, ma solo a quelli che, intendono continuare per la propria strada di peccato, disprezzando ogni invito alla conversione del cuore e perciò cadono nell’ira furente della giustizia infinita.

 

113) Immagini di trovarsi in Palestina al tempo di Gesù e di vedere un Uomo dominare i diavoli, la natura e gli uomini, cioè, compiere strepitosi miracoli. Non le chiedo come avrebbe reagito perché Lei non è un ebreo. Ecco, al di là della credenza ebraica che aspettava un Messia rivoluzionario, lei come avrebbe seguito nel suo intimo un Uomo che parlava di amore, perdono, bontà, misericordia, carità illimitata...

L’ho immaginato effettivamente quando, pellegrino, ho ripercorso moti di quei luoghi (Cafarnao, Nazareth, il lago di Tiberiade ecc.) calpestati dai piedi di Gesù. Mi è sembrato di sentire la sua voce, di assistere ai Suoi miracoli, di contemplare il Suo Volto e fissare i Suoi occhi divini...Impossibile non essere presi dallo stupore, dalla meraviglia, dall’entusiasmo, soprattutto allo spettacolo -ripetentesi ad ogni passo- di una bontà che non soccorre tutti, illumina e arricchisce tutto e tutti. Il mondo è veramente come inondato da un fiume in piena di perdono, di misericordia, di Grazia, di sapienza. Mi ritrovo idealmente con le folle semplici che gridano di entusiasmo, e si stringono a Lui fino a schiacciarlo. Lo splendore di questa sapienza e bontà senza pari fa tacere la ragione e tutti i suoi cavilli, e mi spinge solo a buttarmi in ginocchio davanti a Lui, chiedendogli pietà per la mia miseria e aiuto alla mia poca Fede. E resta veramente un mistero come si possa, con tutto questo, rimanere ancora abbarbicati alle proprie persuasioni, disprezzando o dubitando o negando quanto affermato da Lui, Cristo.

 

114) Il coraggio di Gesù si può ammirare, ma un pò difficile da imitare. Diceva le cose davanti e non le mandava a dire. A coloro che già avevano progettato di ucciderLo e che erano falsi e cattivi, li riprendeva con parole forti: “Guai a voi, guide cieche... Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati... pagate la decima della menta (cose ininfluenti) e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà”.

Gesù, il dolcissimo Gesù che risente nel Suo Cuore i gemiti di tutti i derelitti, è stato terribile contro scribi e farisei ipocriti. Un coraggio divino che non teme nulla, che accetta sereno tutte le conseguenze di un atteggiamento che, pur giusto e santissimo, mai gli sarà perdonato da quelli direttamente interessati. Un coraggio difficilmente imitabile? Certo. Non tutti sono nati eroi. E tuttavia Gesù è modello universale, universale nel senso che lo è per tutti gli uomini e anche per tutte le cose. E allora bisogna almeno sforzarsi sinceramente di fare quanto Lui ha fatto. Bisogna rendersi conto, perciò, a parte altre considerazioni che la Fede ha le sue esigenze e va affermata e predicata, nonostante tutte le opposizioni. Come pure l’errore va denunciato senza compromessi per il bene delle anime e la gloria di Dio. Non si può tollerare che la vita cristiana diventi tutta una ipocrisia: tutto bene e bello al di fuori, marcio in quantità nell’intimo dei cuori. Bisogna mostrare coraggio anche con coloro, che, avendo responsabilità di anime, nicchiano o fingono di non vedere per non... compromettersi. S. Tommaso d’Aquino arriva a dire che se l’autorità e gli anziani “volgono il prestigio dell’anzianità (o autorità e potere) a strumento di milizia, peccando pubblicamente, vanno rimproverati apertamente e con durezza”, perché “la salvezza del popolo va preferita alla pace di qualunque individuo” (Sum. Theol., III, q. 42,a.2).

 

115) Gesù parlava con autorità.

Parlava cioè a nome proprio e non ripetendo opinioni e insegnamenti di altri. Questo ci dice che Gesù non era né poteva essere influenzato da correnti culturali del tempo: né che aveva bisogno dell’approvazione degli altri, eccetto quella del Padre Suo. Una ulteriore conferma, questo, della sua divinità davanti alla quale, perciò, più che discutere e tergiversare, è necessario accettare e obbedire in pieno.....

 

116) Gesù aveva un grandissimo senso dell’amicizia. Era ed è l’Amico, l’Unico che non tradisce, ma solo ama.

L’umano, quello più nobile ed elevato, non solo è presente in Cristo, ma lo è, come sempre, in maniera sublime, affascinante che esalta e commuove. Gesù è vicino ai Suoi discepoli e li tratta sempre con tatto finissimo. Non vi ho trattato da servi, -può dire in verità- ma da amici. Sulla tomba di Lazzaro egli piange! E risorto, è alla Maddalena, alle pie donne che si lascia vedere per primo. E Pietro, Che lo ha rinnegato, lo involge in un amore ancora più grande di prima. Quanti sono stati gli amici e quali, soprattutto, le tenerezze e le aperture avute con loro?... Un poema inedito che varrebbe la pena conoscere e gustare un pò di più.

 

117) San Paolo afferma: “Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò il Suo figlio, nato da Donna, nato sotto la Legge”(Gal 4,4).

Sì, pienezza dei tempi, così si esprime l’Apostolo Paolo. Si tratta di uno di quei termini colmi che non si riesce ad esaurire mai del tutto. A mio modesto parere: si parla di pienezza perché con la venuta del Salvatore si completavano i tempi della lunga attesa.... Pienezza perché risultavano soddisfare tutte le condizioni che si richiedevano per un evento così straordinario.

 

118) Perché specifica “...nato da Donna”?

Espressione inusuale ma di cui si serve l’Apostolo per sottolineare la realtà della nascita e della carne del Salvatore. L’Apostolo perciò sembra voler dire: Cristo, come ogni uomo ha dovuto essere concepito e cresciuto nel seno di una donna. Docenti, ariani invece, ed altri eretici tendevano a negare la realtà dell’Incarnazione e del Corpo di Cristo, rendendo così tutto illusorio, il Suo messaggio e il Suo insegnamento, la sua Passione e morte e la stessa redenzione.

 

119) Gesù segno di contraddizione.

Così si espresse il Santo vecchio Simeone nel prendere Gesù bambino tra le sue braccia: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori” ( Lc 2,34 s. ).

Segno di contraddizione perché sarà accettato da alcuni e rifiutato da altri, e perciò dagli uni amato fino al martirio, dagli altri odiato e perseguitato a morte. Una situazione che si protrae fino alla fine del mondo perché ci saranno sempre anime che o si schiereranno decisamente per Lui o lo perseguiteranno con accanimento e perversità; che troveranno vita e felicità nelle sue parole, o lo rifiuteranno e gli saranno eterni nemici.

Cristo che si è dichiarato “la Verità” avrà lo stesso destino della verità la quale divide e seleziona gli uomini tra appassionati ed eroici ricercatori e assertori di essa e ciechi egoistici Suoi oppositori per viltà o egoismo e bassi interessi.

 

120) Esistono fonti non cristiane dei primi secoli, che parlano di Gesù?

Le fonti non cristiane più importanti dei primi secoli del cristianesimo che scrivono su Gesù sono: Gli scritti del Giudaismo, che vanno dal I al V secolo d.C., mostrano chiaramente di conoscere la persona e l’opera di Gesù, dando di Lui un profilo tra lo storico e il leggendario. Di Gesù scrive Giuseppe Flavio nel suo Antichità Giudaiche pubblicato tra il 93-94 d.C. Il testo riguardante Gesù è conosciuto come il testimonium flavianum.

Esiste poi la celebre lettera di Plinio il Giovane scritta verso il 112 all’imperatore Traiano , dove si parla dei cristiani seguaci di Cristo, ma nulla dice direttamente di Lui. Di Cristo e dei cristiani parlano anche gli Annali di Tacito scritti prima del 117; e Svetonio verso il 120

Accenni e anche sarcasmi per i cristiani si ritrovano pure in Luciano (specie nel Peregrino). Esiste infine una lettera in siriaco da Mara a suo Figlio Serapione, di incerta datazione ma scritta certamente dopo il 70.

 

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27/08/2013 21:39
 
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121) Cosa chiede oggi Gesù ai Sacerdoti?

Quello che ha chiesto sempre: che siano sempre coraggiosi banditori della verità e disponibili come lo fu Lui, Gesù, verso tutti. In parole povere che siano Lui e portino Lui e operino come Lui e per Lui! E che siano coerenti nella loro vita con quanto predicano e amministrano, sforzandosi di praticare quanto hanno liberamente promesso e accettato.

 

122) Cosa chiede ad ogni uomo.

Che si creda per davvero alla sua Parola e si osservino i Suoi precetti per ottenere la vita eterna. Credere per davvero a Cristo e al Suo messaggio significa operare tutto e sempre nell'amore e nella prospettiva di Dio, sicchè ne sia penetrata tutta la vita anche nelle più ordinarie e insignificanti sue espressioni.

 

 

CHI È L'EUCARISTIA?

 

123) Aumentano sempre più quelli che non credono nell’Eucaristia, eppure è il Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù?

Una volta intaccato il fondamento della Fede in Cristo, crolla tutto e si rifiuta soprattutto ciò che più fa violenza ai sensi e alla ragione, e cioè ciò che più difficilmente può essere accettato dalla logica umana. .Ma per chi crede profondamente nella Parola di Cristo sa che l'Eucaristia è veramente il Corpo e il Sangue di Lui sotto i segni del pane e del vino, perché l'ha detto Lui. I sensi, certo, vedono, toccano, gustano solo qualcosa di materiale e di ordinario. La Fede, non la logica umana, vi vede l’Uomo-Dio nella pienezza della sua Verità e del Suo Amore.

 

124) L’Eucaristia è il dono dei doni fattoci da Gesù.

Già con l'Incarnazione Dio ha donato tutto se stesso. Rimanendo con l'Eucaristia per sempre e per tutti in mezzo agli uomini per alimentarli di Grazia e di vita eterna, sotto il segno del pane, siamo al miracolo di un dono che ha come esaurito -come dice S. Agostino- la ricchezza stessa e la sapienza e l'onnipotenza di Dio. Anche per un Dio, cioè, è possibile donare altro ancora?...

 

125) Pensa che l'Eucaristia non sia amata e adorata convenientemente perché poco conosciuta?

L'immenso dono dell'Eucaristia non è apprezzato come merita e Gesù è ben poco adorato e amato sia per la grossolana ignoranza delle grandi Verità della Fede da parte della stragrande maggioranza dei cristiani, sia per il materialismo che rende l'uomo cieco e sordo e del tutto insensibile ai grandi valori dello spirito: “L’uomo naturale (e cioè tutto abbandonato ai propri istinti) non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito” (1 Cor 2,14).

 

126) Secondo lei, perché Gesù è voluto rimanere in mezzo a noi nell'Eucaristia?

Potrei rispondere che all'amore non si domanda il perché della donazione totale. Chi ama fino alla follia -e tale si direbbe l'Amore di Dio per la sua creatura-, si dona tutto perché questo è... l'amore.

Ma, a voler dire anche, in qualche modo, le motivazioni di un Amore infinito, bisogna dire che Gesù è voluto rimanere in mezzo a noi soprattutto, tra l'altro:

- per essere con gli uomini e per gli uomini, la voce perenne di lode e di ringraziamento al Padre, e quindi per tutto santificare e portare ai piedi di Lui;

- per alimentare la vita di Grazia nel Suo Corpo mistico; e per essere il conforto e la speranza sicura per ogni cristiano sotto il peso della croce nel cammino della vita.

 

127) Cos’è, e cosa avviene nella Santa Messa?

La Messa è il Sacrificio della nuova Legge, il sacrificio di Gesù che si perpetua nella Chiesa fino alla fine dei tempi: ripresentazione e memoriale quindi di quanto avvenuto sul Calvario. Nella Santa Messa, alle parole del Sacerdote: “Questo è il mio Corpo....Questo è il mio Sangue...”. Avviene la transustanziazione e cioè la conversione di tutta la sostanza del pane e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del Corpo e del Sangue di Cristo.

L'ammirabile singolare conversione la si fa nel pane e nel vino, quindi in due sostanze separate (nella immolazione si versa il sangue, che è quindi separato dal corpo) per rinnovare misticamente e incruentemente l'immolazione stessa della Croce. La Messa è perciò vero e proprio sacrificio.(Cfr.Conc. Trid., sess.XXII , in Denz.- Schoen. nn. 1738-1760).

 

128) Che significa transustanziazione?

Significa conversione o passaggio da una sostanza ad un’altra. Ovviamente, se tutta la sostanza del pane passa nella sostanza del Corpo di Cristo, e se tutta la sostanza del vino passa nella sostanza del Sangue di Cristo, quello che appare pane e vino, pane non è, vino non è. Sono solo gli accidenti o specie (apparenze) del pane e del vino, sorretti e non inerenti nello stesso Corpo e Sangue di Cristo.

 

129) Quindi ogni piccolo frammento rimane Eucaristia, Corpo di Gesù, come tante mollichine formano un pane?

È di Fede che Gesù “fatta la separazione è tutto presente nelle singole parti di ciascuna specie” (Conc. Trid. D 885); è presente cioè tanto nei frammenti quanto nell'Ostia intera.

I frammenti quindi che si staccano non sono pezzetti della sostanza del Corpo e del Sangue di Cristo,ma sempre tutto Cristo, come le molliche di pane sono tutta e sempre sostanza del pane. Il frammento resta Corpo e Sangue di Cristo sempre. Le teorie escogitate per considerarlo non più pane vero o, se goccia di vino, .non più vino vero, sono illogiche e contraddittorie in aperto contrasto anche con la scienza, e perciò del tutto inaccettabili

 

130) Oggi non si fa più caso ai frammenti...

Se Cristo è tutto presente anche nel minimo frammento di pane o goccia di vino, è chiaro che si impone un comportamento adeguato a tale realtà! Purtroppo è vero che oggi quasi non si fa più caso ai frammenti. Ciò avviene soprattutto, ripetiamolo, per mancanza di Fede ed eccessiva perniciosa familiarità con Dio, che scade a malacreanza.

Quanto diversamente insegnavano e si comportavano i Padri della Chiesa. Ecco come scrive, per esempio, S. Cirillo di Gerusalemme: “Prendilo (il Corpo di Cristo) e fa' attenzione a non perderne nulla. Ciò che tu dovessi perdere, infatti, è come se perdessi una delle pagliuzze d’oro, non le prenderesti con la massima cura, facendo attenzione a non perderne nulla e a non danneggiarle? Non farai dunque assai più attenzione per qualcosa che è ben più prezioso dell'oro e delle pietre preziose, in modo da non perderne neppure una briciola?”.

 

131) Perché è stata favorita la Comunione sulle mani?

Nel preparare le leggi e disposizioni di pura competenza della Chiesa e perciò mutevoli e soggette ai tempi, possono a volte prevalere correnti teologiche o pastorali anche spinte fin quasi a rasentare l'eresia e il peccato. Ciò significa che, se nella Chiesa non potranno mai aversi leggi in chiaro ed aperto contrasto con la Fede e i costumi da praticare secondo i dettami della legge e della morale, possono però aversi delle leggi o delle disposizioni poco opportune o pericolose. Ciò fa parte o è conseguenza della debolezza della natura umana che sempre sussiste anche nella Chiesa.

La concessione -non l'obbligo!- di poter ricevere la comunione in mano, già più volte rifiutata da Papa Paolo VI per gli evidenti rischi a cui si andava incontro, alla fine è stata ottenuta o estorta, chiudendo gli occhi sugli abusi che potevano verificarsi. Ci si è arrivati accampando, tra l’altro, la ragione storica che nei primi secoli della vita della Chiesa il ricevere la comunione in mano era prassi comune. E anche perché Gesù aveva detto agli apostoli: “Prendete e mangiate... Prendete e bevete”, parole che indicherebbero, secondo detti patrocinatori, che si prenda con le mani ciò che deve essere mangiato.

Argomentazione, quest’ultima, per lo meno singolare perché non è detto che “prendere” equivale sempre a dover prendere con le mani. Anche al cane si può dire: “Prendi” ed egli riceve in bocca quanto offertogli! Dimenticando poi che le suddette parole “Prendete ecc....” furono dette agli Apostoli, i Sacerdoti della Nuova Legge.

Quanto alla ragione storica addotta, la cosa è tutt'altro che certa. Esistono infatti esplicite testimonianze della consuetudine di porre la Comunione sulle labbra dei fedeli. Solo in caso di necessità e in tempo di persecuzione, -ci assicura S. Basilio- si poteva derogare da detta norma (P.G. 33, col. 483-486).

S. Eutichiano, Papa dal 275 al 283 proibisce ai laici di portare le Sacre Specie agli ammalati, perché non abbiano a toccarle con le mani (P.L., V, col. 163-168).

S. Gregorio Magno amministrava la S. Comunione ai laici dandola in bocca. E S. Agapito, Papa dal 535 al 536, guarì un sordomuto nell'atto in cui gli poneva l'Ostia consacrata sulle labbra.

Il Concilio di Saragozza del 380,a sua volta, comminava la scomunica a coloro che si fossero permessi di trattare la SS. Eucaristia come se si fosse in tempo di persecuzione, quando cioè i laici potevano trovarsi nella necessità di comunicarsi da soli.

Si è detto pure che: “Il modo tradizionale di ricevere la particola sulla lingua ai nostri contemporanei appare un gesto infantile, richiamando esso troppo la maniera di nutrire gli infanti, incapaci di mangiare da soli. Per cui molti adulti si sentono, oggi, a disagio nel fare in pubblico un gesto che non ha alcuna bellezza esteriore, e che li uguaglia ai bambini!” Strano modo di ragionare! Infatti, pur volendo accettare per buono suddetto motivo, è sorprendente che ci si vergogni solo di questo modo tradizionale di prendere la S.Comunione, quando di gesti infantili è piena la vita di ogni uomo, anche il più maturo! C’è da ricordare che l'elevazione dell'uomo è data dall'elevazione del cuore e della volontà, non dal toccare materialmente il Cristo?...

Ragioni, come si vede, tutt’altro che convincenti sono riuscite a prevalere per la nequizia dei tempi. C’è infatti da osservare ulteriormente: fosse anche vera soprattutto la giustificazione storica addotta, ripristinare un gesto solo perché è antico è puro archeologismo, .come diceva Papa Pio XII. E cioè, la concessione di ricevere la comunione in mano sarebbe stata certamente bene accetta, se avesse potuto contribuire ad aumentare la Fede e la devozione dei fedeli nell’Eucaristia: cosa purtroppo al di là da venire! E invece è verissimo che ricevere in mano la particola consacrata comporta rischi e pericoli di profanazioni tutt'altro che irreali, favorendo, tra l’altro, una familiarità con Dio che, come si diceva, sconfina con l'irriverenza e la malacreanza. Si pensi a quanti ricevono la santa Comunione con mani sporche e sozze e in atteggiamenti ridicoli. Si pensi quanto più facili sono, così, .i tentativi di furti di particole per le messe nere e l'adorazione del diavolo, che sono tutt'altro che fantasie!

In conclusione, soprattutto in un tempo come il nostro in cui la Fede in tanti si è illanguidita fin quasi a perdersi del tutto, la comunione in mano appare quanto meno una permissione inopportuna e pericolosa, che da sola, certamente, non contribuisce affatto ad aumentare la devozione dei fedeli.

 

132) La maggior parte delle persone non fa minimamente caso ai frammenti che possono rimanere in mano.

Non ci fa caso perché, generalmente, si ignora che anche in un frammento c'è Cristo tutto intero. Ma pur al corrente della verità teologica e pur volendovi far caso, non si ha modo di impedire efficacemente la caduta a terra di detti frammenti e la profanazione, se non...leccandosi la mano! Purtroppo però, in proposito, si va dicendo anche da Sacerdoti che il pane polverizzato non sussiste più come segno indicante il Corpo di Cristo. Una falsità bella e buona anche da un punto di vista scientifico perché la sostanza di un ente inizia e sussiste già quando è infinitamente piccolo, con le sue sole particelle elementari invisibili.

 

133) Lei condivide la Comunione in mano?...

Per niente. Sono convinto, Come già ho spiegato, che non esisteva alcuna ragione veramente valida per introdurla e, mentre sono enormemente aumentati i rischi di profanazioni, sono pure assolutamente nulli i vantaggi spirituali da tale innovazione. Tutt'al più la Comunione in mano avrebbe potuto consentirsi solo ad anime che offrono sufficienti garanzie di serietà, come le anime consacrate.

 

134) “Fate questo in memoria di Me”, disse Gesù agli Apostoli nell'Ultima Cena, a proposito dell'istituzione dell'Eucaristia e durante la prima Santa Messa. È chiara la Volontà di Gesù di celebrare la Santa Messa.

Se la celebrazione della Santa Messa non fosse stata voluta dal Signore, Egli non avrebbe detto: “Fate questo in memoria di Me”. Con queste parole, infatti, Egli intese istituire proprio il sacerdozio e la celebrazione del Santo sacrificio e non un rito di puro ricordo storico. Lo si deduce da molteplici elementi: le parole usate: “Prendete ..il Corpo dato per voi...Prendete e bevete il sangue sparso per voi” sono parole sacrificali, si dicevano cioè nel fare un sacrificio rituale.

Il Signore poi disse: “Fate questo in memoria”, e non: “Fate memoria”. Gli Apostoli cioè, fatti Sacerdoti con quel comando, venivano pure invitati a fare quanto Lui,Gesù, aveva compiuto.

Che Gesù volesse istituire il sacrificio della Nuova Legge, e cioè la santa Messa, è confermato dal fatto che l'istituzione dell'Eucaristia e del sacerdozio è avvenuta immediatamente prima che si compisse il sacrificio cruento di Gesù sul Calvario e nel contesto della celebrazione della Pasqua ebraica, quando cioè si immolava l'agnello.

Da aggiungere, finalmente, che così l'ha sempre inteso la Chiesa fin dai primordi come attesta l'unanime tradizione dei Padri e Scrittori della Chiesa.

L'obiezione dei Protestanti che negano il carattere sacrificale della Messa è che il sacrificio di Gesù -secondo la chiarissima parola dell’Apostolo Paolo- è unico e fatto una volta per sempre, data la sua dignità ed efficacia infinita. Ma il sacrificio eucaristico, così come insegnato e presentato dalla dottrina cattolica non infirma affatto l'affermazione di Paolo: il sacrificio celebrato nell'ultima Cena e quello che viene celebrato su tutti gli altari del mondo non sono che ripresentazione del sacrificio del Cristo sulla croce, che resta rigorosamente unico.

Il mistero sta sempre nel come si possa eliminare la dimensione di tempo e di spazio e farsi presenti al sacrificio della croce con una vittima ormai gloriosa così com'è in Cielo. Ciò fa sì, oltre tutto, che la Chiesa offra continuamente da un capo all'altro della terra quell'offerta monda gradita a Dio, di cui profetizzava il profeta Malachia(1,10-11) ed abbia, come ogni religione, il Suo sacrificio con cui adorare e propiziare infinitamente il Suo Signore.

 

135) Tutti i Santi hanno avuto profonda devozione per la Santa Messa, e si sa che qualcuno riviveva la Passione di Gesù. P. Pio da Pietrelcina è stato un esempio.

Sì, in genere tutti i Santi hanno avuto una devozione e un’attenzione specialissima per la Santa Messa, per il grande mistero da essa ripresentato e attualizzato. Se poi erano Sacerdoti essi, nel celebrare, rivivevano intensissimamente la stessa Passione e immolazione di Cristo sul Calvario. Esempio recentissimo impressionante quello di P. Pio da Pietrelcina, la cui Messa è stata per anni il richiamo, si può dire, del mondo intero.

 

136) Lei immagina questo mondo senza Santa Messa?

Per la stragrande maggioranza degli uomini, compresi molti cristiani, la Messa non dice niente o quasi, a causa soprattutto di un’ignoranza colossale. Ma chi si rende anche minimamente conto del grande mistero, sa bene che un mondo senza Messa sarebbe perduto. Perché la Messa, offerta della Vittima Santissima gradita a Dio, è la voce onnipotente che dalla terra si eleva a glorificare il Signore in Cielo, e che sempre interpella Dio a favore degli uomini e li salva da innumerevoli tragedie e dalla dannazione eterna. Un uomo senza Messa sarebbe un mondo senza sole e quindi di tenebra e di morte.

 

137) Per assurdo, se un Papa dovesse dire che non è più necessario celebrare la Santa Messa o che non è (più) Volontà di Gesù che si celebri questo Santo Sacrificio, come si dovrebbero comportare i Sacerdoti? Seguire in questo caso il Papa o fare l’obbedienza a Gesù, in quanto ha detto: “Fate questo in memoria di Me”?...

Una ipotesi impossibile. Se, infatti, venisse un Papa che dicesse o desse un tale ordine, sarebbe eretico e perciò non più Papa. E un tale ordine, essendo in chiarissimo contrasto con il volere di Cristo, non sarebbe da non tenerne decisamente conto. Egli infatti ha detto: “Prendete e mangiate etc. Fate questo in memoria di me”. Un comando, come si vede, che nessuno al mondo, compreso il Papa, può invalidare perché: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini”, ha detto l’Apostolo e primo Papa S. Pietro (Atti 5, 29).

 

138) Sembra che ci sia un gruppo di cattolici che amano poco Gesù, i quali vorrebbero eliminare la Santa Messa, perché -vicini ai Protestanti- considerano la Santa Messa come un convito e non come vero e proprio Sacrificio.

Sì, esistono correnti teologiche che, influenzate dal Protestantesimo, tendono ,se non a negare chiaramente, il che sarebbe aperta eresia, ad attenuare di molto l'idea di sacrificio, accentuando piuttosto quella del convito. E' domma di Fede definito nel Concilio di Trento che la Messa è vero e proprio sacrificio e non solo convito. Di qui la necessità di parteciparvi con sensi di profonda umiltà e dedizione, unendosi al sacrificio di Cristo.

 

139) Non è doveroso fare il ringraziamento dopo la Santa Messa, dato che si è mangiato il Corpo di Gesù?

E' più che doveroso fare il ringraziamento dopo la S. Messa e/o la S. Comunione, ringraziamento che, in pratica, è un intrattenersi, un colloquiare amorosamente e un contemplare l'ineffabile bellezza di Chi si è fatto, oltre che Creatore, anche nostro Redentore e alimento e forza nel nostro camminare terreno.

Il dovere di ringraziare è suggerito non solo dall'atteggiamento di tutti i Santi che, dopo la S. Messa e la Santa Comunione si fermavano lungamente ai piedi dell'altare a pregare e ringraziare il Signore; ma anche dalla logica più elementare. Infatti, se si tratta del Sacerdote che ha celebrato, come può -per tacere di altri argomenti- non ringraziare Dio del grandissimo dono ricevuto di essere stato, in Cristo e con Cristo, mediatore e voce di infinita lode e ringraziamento dell'universo al Signore della Maestà? E come può non ringraziare il Signore per la pioggia di grazie fatta scendere dal Cielo su tutto il Corpo Mistico e l'umanità intera? Con la S. Comunione poi Cristo stesso e con Lui in qualche modo la SS. Trinità e il Paradiso intero sono nell'anima.

Ora la più elementare educazione spinge ad accogliere e ad onorare ogni ospite, specie se ospite di riguardo. Cosa non dovrebbe fare allora l'anima davanti al suo Dio che viene a riempirla dei Suoi doni, del Suo Amore vivificante? Potrà mai l'uomo capire la sublimità di questa incredibile degnazione? E non si dica che si tratta di... pura fantasia. E' di Fede che il Corpo e Sangue di Cristo permangono nell'anima fino a quando non si corrompono le specie o gli accidenti del pane e del vino. Gesù quindi resta misteriosamente nel cuore almeno per alcuni minuti, quanto ci vuole cioè per il decomporsi della specie eucaristica.

Come giustificare allora questa trascuratezza e trattamento di somma indifferenza e apatia che non si ha con nessun ospite anche del più basso rango?... Da aggiungere pure che, cessata la presenza reale di Gesù nel cuore, non può non rimanere nell'anima come il profumo del suo passaggio, così come resta l'odore dell'incenso là dove è stato bruciato. Non è il caso di tenerne conto per un ringraziamento esteso, in qualche modo,a tutta la giornata, sia pure diversamente inteso, per imbeversi sempre più del profumo di Cristo?...Rilievo tanto più pertinente in quanto ogni cristiano è già “profumo di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono; per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita”(2 Cor 2,15-16).

 

140) In molte Chiese cattoliche diminuisce sempre più la devozione all'Eucaristia. Il Tabernacolo col Santissimo Sacramento viene spostato dal centro della Chiesa per metterlo di lato, quasi nascosto. Questo non favorisce di certo l'amore e la devozione a Gesù Eucaristia ?

La rimozione del Tabernacolo col SS. Sacramernto dall'altare potrebbe anche -e nel pensiero dei liturgisti c'è certamente anche questa motivazione- rispondere ad una esigenza teologica. L'altare -si dice- è l'ara del sacrificio e perciò dev'essere nudo e spoglio come la croce. Poiché poi la stessa Eucaristia che si conserva nel tabernacolo deriva dal sacrificio dell'altare, potrebbe sembrare quasi contraddittorio avere l'Eucaristia già in atto e il sacrificio ancora da compiere. Premesso questo, non si può però negare che il Tabernacolo dovrebbe sistemarsi nel posto più visibile e più degno. Esigenze teologiche pur legittime non dovrebbero far dimenticare cose ancora più importanti, tanto più che la pretesa suddetta “contraddizione” potrebbe essere agevolmente rimossa con opportune spiegazioni ai fedeli.

Resta il fatto doloroso e sconcertante che anche la rimozione del Tabernacolo ha contribuito non poco a rendere i fedeli ancora più distratti e insensibili alla presenza amorosa del Signore.

 

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27/08/2013 21:40
 
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141) L’Eucaristia non è conosciuta né amata, ma intanto in molte Chiese vengono rubate le Ostie consacrate. Le rubano per le messe nere?

Furti e profanazioni dell'Eucaristia sono dovuti anche a mancanza di conoscenza e di amore: quanto non si conosce né si ama non può essere oggetto di desiderio. Ma non è questione solo di ignoranza. Gli accresciuti furti di Ostie consacrate si spiegano, oltre che per effetto di odio e istigazione satanica, anche per la celebrazione di messe nere nelle quali si adora il diavolo e si offende spaventosamente il Signore con orgie e profanazioni orrende compiute soprattutto su e con Ostie consacrate.

 

142) Quindi, se le rubano, vuol dire che credono che l'Eucaristia è Gesù Uomo-Dio?

A volte le Ostie consacrate vengono trafugate per impossessarsi dei vasi d'oro o d'argento che le contengono. Ma è chiaro che coloro che, per impadronirsi dell'oro non esitano a porre le mani perfino sull’Eucaristia, credono poco o niente alla Presenza reale. Quelli invece che trafugano Ostie consacrate per profanarle soprattutto nelle Messe nere, dimostrano chiaramente di credere nella Presenza reale, e certamente più di loro ci crede satana che ne vuole la profanazione per odio e dispetto.

 

143) La malizia di chi commette questi sacrilegi è massima?

Sì, si tratta di peccati gravissimi non solo perché sono offese ad un immenso Amore di Dio,ma anche perche’ sono commessi con grandissima malizia e perversione d'animo.

Chi si rende reo di tali peccato incorre immediatamente (“Ipso facto” e perciò senza alcuna ulteriore dichiarazione) nella scomunica maggiore riservata alla Santa Sede, dalla quale cioè può assolvere solo il Papa.

 

144) La messa nera è adorazione del diavolo...

La messa nera -che è una celebrazione alla rovescia della Messa Cattolica (per esempio nella Chiesa Cattolica si proclama: Gloria a Dio nell'alto dei cieli; nella messa nera: Gloria a satana nel profondo dell’Inferno, ecc.)-, è adorazione di satana e trasgressione di ogni etica, con orgie bestiali e bestemmie contro Dio.

 

145) Come considera coloro che partecipano alle messe nere o che comunque si mettono al servizio del diavolo?

Sono dei poveri pazzi con un destino eterno segnato (la dannazione eterna), se non si convertono e chiedono sinceramente perdono. Tuttavia un giudizio obiettivo preciso dello stato della loro anima è difficile darlo. Ci sono infatti quelli che vi partecipano per curiosità o perché indotti da qualche amico e simili; e ci sono di quelli che pur conoscendo bene di che si tratta e cosa si faccia nelle messe nere, ci vanno ugualmente: sono anime accecate e ostinate nel peccato e,spesso, consacrate al diavolo in sette sataniche.

 

146) Rimanendo su questo argomento, è sconcertante quello che avviene tra gli artisti. Oggi molti cantanti rock sono consacrati al diavolo. Hanno venduto la loro anima all'infedele per guadagnare soldi, avere successo e un pò di gloria su questa terra, non considerando minimamente che lasciando questa terra, li attende l’infelicità, l'Inferno per l'eternità in compagnia dei diavoli, che li tortureranno ferocemente...

Sì, purtroppo è questa la verità venuta fuori attraverso varie vie. Disgraziatamente non si ragiona troppo o si ragiona male e nella massima incoscienza si va incontro a un destino di eterna infelicità. Se ci si amasse per davvero, si sarebbe così pazzi?... Siamo di fronte al mistero del cuore umano che, come dice la S.Scrittura,è un abisso insondabile che fa paura!

 

147) Bisogna riparare tanti sacrilegi, facendo adorazione al Santissimo Sacramento, penitenze e tanta preghiera,ma oggi queste pratiche sono abbandonate...

Bisogna riparare sì! Se non lo si fa è perché la Fede in molti si è illanguidita, se non addirittura spenta; e perché ci sono nel cuore oscure connivenze col peccato.

L'idea poi di riparazione e di espiazione quasi non c'è più, non solo per la naturale ripugnanza a penitenze e mortificazioni di ogni genere, ma anche e soprattutto perché si è perduto quasi completamente il senso del peccato. Purtroppo anche l'indirizzo prevalente nella Chiesa -non certamente del Papa o della parte più sana della Chiesa strettamente ufficiale- ma di Sacerdoti, responsabili e laici con qualche responsabilità di ministero o di cultura, non è tenero per certe pratiche penitenziali di digiuno e di mortificazione, dandosi la preferenza ad attività caritative e sociali. Si preferisce cioè l'attivismo che impressiona e ...stordisce...alla preghiera e riparazione. Sbagliatissimo! I Santi, i più veri e grandi amatori del prossimo sono stati sempre, nello stesso tempo, insuperabili amatori di Dio e cultori eccellenti di pratiche penitenziali, riparazioni, ecc. Di fatto la più efficace ispirazione e spinta a qualsiasi vera e grande realizzazione, in ogni campo, non può essere che Dio. Provare per credere, come hanno fatto i Santi e tutti coloro che si sforzano di imitarli nel migliore dei modi.

 

148) Durante un esorcismo il diavolo ha chiamato noi cattolici “cannibali”, perché mangiamo l'Eucaristia.

Il diavolofa di tutto per distogliere le anime da Dio e dalla via del bene, servendosi soprattutto della menzogna e delle calunnie contro la Chiesa e la sua vita e le sue opere. I cristiani che si cibano di Dio non sono affatto dei cannibali, uomini cioè che si cibano di carne umana, per la semplicissima ragione che la comunione del Corpo e Sangue di Cristo, pur avvenendo a somiglianza dell’alimentazione, non è affatto la stessa cosa del cibarsi. Perché l'anima non si ciba di Cristo assimilandoselo come si fa col pane o con qualsiasi altro alimento. Se si assimilasse Cristo come l’alimento, Cristo non esisterebbe più, come non esiste più il pane assimilato, divenuto ormai carne e sangue. Lo stesso deve dirsi da parte di Cristo. Egli non si assimila l'anima fino a farla divenire Carne e Sangue del Suo essere perché assimilata non esisterebbe più. Con la santa Comunione avviene, sì, una certa assimilazione tra l'anima e Cristo, ma stiamo in tutt'altro ordine e realtà! Si tratta soprattutto di profondissima e misteriosissima unione tra Cristo e l'anima fedele, come è quella di ogni amore sano, che non annienta ma vivifica gli amanti al massimo.

 

149) Se il diavolo potesse tornare indietro per adorare l’Eucaristia, lo farebbe?

Se il diavolo tornasse indietro adorerebbe non solo l’Eucaristia, ma tutto ciò che è Dio o di Dio. Ma satana né vuole né può più tornare indietro: egli è ormai fissato nel male per sempre!

 

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27/08/2013 21:41
 
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LA BIBBIA DEGLI APOSTOLI

 

150) Che significa Bibbia?

Bibbia è il plurale della parola greca Biblion italianizzata, e significa i libri. Infatti la Bibbia, detta pure Sacra Scrittura, Sacre Carte ecc., comprende molti libri e precisamente: 46 del Vecchio Testamento e 27 del Nuovo Testamento.

 

151) Chi è l'autore della Bibbia?

Dio stesso è l'autore della Bibbia, anche se Egli si è servito, per la stesura materiale, di uomini come Mosè, Geremia, Isaia ecc. Questi sono detti agiografi (scrittori sacri) o autori secondari e strumentali.

 

152) Lo scrittore o agiografo che ruolo ha?

Lo scrittore sacro o agiografo è strumento libero e consapevole nelle mani di Dio, e perciò vera causa anche lui dell'effetto prodotto. Non essendo un automa, e pur dipendendo in pieno da Dio, egli scrive servendosi appieno del suo stile, della sua mentalità, della sua cultura. Così “Parola di Dio” è quanto scritto nei Profeti e “Parola di Dio” quella dei Libri storici(Pentateuco, Giudici ecc.),ma quanta differenza di impostazione, di stile ecc.! E quanta varietà e differenza tra gli stessi singoli libri profetici o storici ecc.

 

153) Tutta la Bibbia è ispirata?

Tutta la Bibbia è ispirata. L’ispirazione comporta non la dettatura dello scritto, ma una particolarissima assistenza divina per cui l'agiografo scrive solo quello che Dio vuole si scriva e senza errori. L’ispirazione della Bibbia è chiarissimamente affermata soprattutto dal Vangelo e da S.Pietro. Gesù si appella spesso ai testi ispirati per confermare la sua parola e la sua azione. Così, per esempio : “Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza” (Gv 5,39): e San Pietro: “Nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio” (2 Pt 1,20-21).

Che poi tutta la Bibbia sia ispirata è affermato, tra gli altri, da Papa Leone XIII: “...tutti i libri, che la Chiesa riceve come sacri e canonici (la Bibbia in uso nella Chiesa), sia nella loro integrità che in tutte le loro parti, furono scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo...” (Providentissimus, E. B. nn. 124 - 125).

 

154) Allora nella Bibbia non ci possono essere errori?

No, nella Bibbia non ci sono errori di nessun genere. Il testo di Leone XIII, appena citato, continua: “... ed è perciò impossibile che la divina ispirazione possa contenere alcun errore che essa, per sua natura, non solo esclude anche il minimo errore, ma lo esclude e lo rigetta così necessariamente, come necessariamente Dio, somma Verità, non può essere nel modo più assoluto autore di alcun errore. Tale è l'antica e costante Fede della Chiesa definita anche con solenne sentenza dai concili fiorentino e tridentino e confermata infine e dichiarata più espressamente nel Concilio Vaticano (I)...” (Provvidentissimus - E. B. nn. 124 - 125).

E cioè nella Bibbia non ci sono errori perché essendone Dio stesso l’autore, l’errore, se ci fosse, si rifonderebbe su di Lui.Tuttavia, per non incorrere in fraintesi, è necessario capire bene -di un testo- ciò che intendeva dire l’Autore. Di qui la necessità di una sana esegesi, sotto la guida del Magistero della Chiesa, alla quale solo spetta l'interpretazione autentica della rivelazione. E la ragione è semplice: volendo comunicare semplicemente un suo pensiero o progetto, Dio lo fa servendosi, ordinariamente, dei modi usati dalla generalità del popolo. Questi, quando parla, per esempio, dell’alba e del tramonto, intende dire quello che ad ognuno appare, prescindendo dalla scienza per la quale non esiste nè alba né tramonto. Per la verità è l’uomo, in genere, abituato a parlare secondo come vede e apprende con i propri sensi. Per conseguenza se, nella S. Scrittura, si dice che il sole sorge e tramonta essa non si sbaglia, intendendo dire quello che comunemente intende dire con tali espressioni l'uomo comune. Non si può, né si deve ritenere la Bibbia un manuale di storia o di astronomia e simili.

 

155) Se ci fossero contraddizioni, si penserebbe scritta solamente da uomini?

E’ evidente che solo l'uomo può peccare e cadere in errore. Eventuali errori e contraddizioni nella Bibbia, come già si accennava in precedenza, ricadrebbero su Dio: sarebbe stata questa la prova irrefragabile della sua origine umana.

Ma che dire allora delle contraddizioni che pure sembrano incontrarsi nei Libri Santi?...Padri e Scrittori della Chiesa, che hanno studiato amorosamente e profondamente la S. Scrittura ci dicono unanimi che non si tratta né di errori né di vere e proprie contraddizioni. Queste si chiariscono facendo ricorso a testi paralleli o a interpretazioni più profonde.

 

156) Perché Dio ha parlato a Patriarchi o ispirato Profeti?

Ognuno sceglie, per l'attuazione dei suoi progetti, gli uomini,i mezzi e le modalità che crede più adatti al fine da raggiungere. Intendendo attuare il disegno della redenzione del mondo, Dio volle preannunziarlo a grandi tappe affinché l'uomo,meglio preparato, accogliesse il grande evento della salvezza nelle migliori disposizioni. A tale scopo il Signore volle servirsi dei Patriarchi preparando un popolo tutto suo, che avrebbe dovuto conservare e trasmettere le grandi verità rivelate, e conservare intemerato il culto a Lui, vero Dio. In questo stesso popolo volle suscitare i profeti che, ripieni del Suo spirito, dovevano vegliare a che si conservasse intatto il deposito delle verità rivelate e richiamare e sospingere tutti alla fedeltà a Dio. Il Magistero dei profeti Dio lo volle soprattutto affinché il Popolo Ebreo, incline al male e all’errore, e costantemente sottoposto dai popoli vicini alla tentazione dell’idolatria, non prevaricasse del tutto.

Perché poi Dio, ad attuare i Suoi progetti, abbia scelto proprio Abramo e Mosé o quel popolo, rientra nei segreti della Sua condotta e dei Suoi giudizi imperscrutabili. Anche se poi, riflettendo e meditando, si possono trovare mille argomenti che dicono la convenienza e la sapienza delle scelte fatte.

 

157) Perché oggi abbiamo la Bibbia?

La Rivelazione è stata trasmessa attraverso la tradizione, che soprattutto gli Orientali sanno conservare e trasmettere a meraviglia. Anche la rivelazione biblica è stata trasmessa così, con l'assistenza divina che ha vegliato a che non si fosse inquinata o perduta lungo i secoli.

Dio volle pure che, a un bel momento e per determinate circostanze storiche detta tradizione, almeno nella sua parte più importante,fosse messa per iscritto e come definitivamente fissata.Disposizione provvidenziale! Lo scritto,infatti, può essere, tra l'altro,più facilmente a portata di mano di ogni uomo e permette pure che la rivelazione si possa studiarla nel suo insieme.

 

158) Qual è il filo conduttore della Bibbia?

Dopo il racconto della creazione e di alcuni principali avvenimenti riguardanti tutta l’umanità, la narrazione si va sempre più delimitandosi per arrivare alle origini e alle vicende del Popolo Ebreo.Se ne narra la nascita, la crescita,la schiavitù in Egitto,la liberazione e il passaggio del Mar Rosso, la lunga marcia nel deserto la promulgazione del decalogo e delle altre leggi, la conquista della terra promessa, le infedeltà del popolo alle promesse fatte e le meraviglie di Dio, la deportazione in Babilonia e il ritorno in patria.

E non si tratta solo di storia ma di progressivo marciare verso la pienezza della luce.Il Vecchio Testamento è, ineffetti, una continua profezia e rivelazione di Dio per arrivare alla pienezza della rivelazione in Cristo e con Cristo: “Dio che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo” (Eb 1,1-2).

Si arriva così ai grandi eventi del N.Testamento: la grande figura di Giovanni Battista, la nascita del Salvatore e la sua predicazione, la sua morte in croce e la risurrezione. Quindi la nascita della Chiesa e le gesta dei dodici Apostoli, con le ultime grandi profezie e rivelazioni dell'Apocalisse.

 

159) Quindi, dalla creazione Dio non ha mai abbandonato i Suoi figli?

Dio mai ha abbandonato il mondo a se stesso. Ci sono molte prove in merito nella stessa S.Scrittura, come per esempio, l’episodio di Giona inviato a predicare nella città di Ninive. Ma anche se non esistessero questi indizi o prove, una volta ammessa per rivelazione la creazione, non si può pensare che Dio abbia lasciato gli uomini al loro destino: .sarebbe stato indegno di Lui che si rivela onnipotente, onnisciente, sapientissimo e Amore sommo! D’altronde è Dio stesso che ci autorizza a parlare così. Non ha detto Lui, per bocca di Isaia che una mamma non si dimentica mai della sua creatura, ed anche se ciò avvenisse come spesso avviene, Lui, Dio mai si dimenticherebbe dell'uomo Suo figlio? E, in fondo, è Dio che ha creato il cuore della mamma e perciò Egli è molto più grande di qualsiasi cuore creato, anche il più tenero e generoso.

 

160) Dio ama l'uomo perchè l’ha creato a Sua immagine e somiglianza e per questo è la creatura che più Egli ama?

La Provvidenza e l'Amore di Dio si estendono a tutte le creature. Ma è più che logico che il Signore abbia una provvidenza tutta particolareper l'uomo capace di conoscerlo e amarlo e soprattutto perché, essendo stato fatto a sua immagine e somiglianza, è la creatura della terra che più gli è vicino.

Guardate gli uccelli del Cielo: non seminano,né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?(...)E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca Fede?” (Mt 6,26.28-30).

 

161) Riguardo ai Libri della nostra Bibbia, qual è stato il criterio utilizzato per inserire questi e non altri?

Non si è trattato di una “scelta” fatta quasi a casaccio o fatta con criteri umani.Se determinati libri sono stati ritenuti ispirati da Dio e ammessi a far parte della Bibbia, è perché tali li ha ritenuti l'unanime tradizione,prima degli Ebrei e poi della Chiesa Cattolica.Da dire però che mentre alcuni Libri del Vecchio e Nuovo Testamento furono sempre e da tutti ritenuti ispirati, di altri si dubitò per qualche tempo, fino a quando non ci fu anche per essi il giudizio definitivo.

Dei libri del V. Testamento di cui si dubitò per qualche tempo della loro ispirazione sono: Ester, Baruc, parte del libro di Daniele, Tobia, Giuditta, la Sapienza, l’Ecclesiastico(Oggi detto Siracide),il I e II dei Maccabei.

Dei Libri del N.T. di cui si dubitò per qualche tempo sono: la lettera agli Ebrei, quella di S. Giacomo, la II di S. Pietro, la II e la III di S. Giovanni, quella di S. Giuda, l’Apocalisse e certi brani di S. Marco, di S. Luca e di S. Giovanni e della I lettera di Giovanni. Gradatamente anche questi furono riconosciuti come opera dello Spirito Santo.

 

162) Cos’è il Canone dei Libri sacri?

Dal greco canone (kanon significa regola): è il catalogo ufficiale e definitivo dei libri biblici che essendo ispirati da Dio, sono la regola della Fede e della morale del Popolo cristiano.

 

163) Il Canone dei Libri della Bibbia della Chiesa Cattolica come si è formato?

La rivelazione si trasmette oralmente sotto l'occhio vigile dei profeti e di tutte le autorità e i timorati di Dio. L’elenco dei libri ispirati dell'Antico Testamento era già fissato presso gli Ebrei, al tempo di Esdra e quando si trattò di inviare i 72 interpreti in Egitto per la traduzione della Bibbia in greco. Integrato dai libri del N. T. il canone, oggi, è quello fissato e riconosciuto dalla Chiesa. A ciò fare Essa fu spinta dalla necessità di precisare ai suoi fedeli -davanti ad eresie e correnti di pensiero poco- quali libri dovevano e devono essere la loro norma. La lista completa dei libri ispirati, fatta nel Concilio di Cartagine(397), fu confermata nel VI Concilio generale (III Costantinopoli 680-681), nel Concilio di Firenze (Basilea - Ferrara - Firenze 1431-1442) e in quello di Trento (1545-1563).

 

164) E' vero che Lutero ha tradotto la Bibbia in tedesco eliminando tutto quello che lui non accettava o che lo turbava?

Sì e non sono pochi gli scrittori e specialisti protestanti che trovarono a ridire sulle traduzioni bibliche di Lutero. Ci fu chi parlò di tremila passi bisognosi di correzione e di interpretazioni teologiche arbitrarie di particolari parole della Bibbia. Lutero apportò pure mutamenti nel testo sacro al solo scopo di difendere le sue posizioni. Comunque non si attenne al “Canone” e trovò a ridire sul contenuto del 2 libro dei Maccabei e del libro di Ester, bistrattò la lettera agli Ebrei e quella di Giuda, ecc. In conclusione, cercò di difendere le sue dottrine nelle introduzione alla varie traduzioni, nelle chiose e nelle traduzioni stesse.

 

165) Quindi la Bibbia dei Protestanti non è completa?

E' chiaro che non accettando tutto il “Canone”, la Bibbia dei Protestanti risulta incompleta. E perciò i Protestanti non posseggono tutta la Rivelazione.

 

166) Qualcuno afferma che diversi episodi dell'Antico Testamento -creazione, diluvio, passaggio del Mar Rosso- non sono veri.

La Chiesa ha affermato a più riprese e con vari documenti la storicità degli accadimenti dell'Antico Testamento. Eccone uno, famoso, della Pontificia Commissione Biblica del 30 giugno 1909: “Non si può insegnare che i primi tre capitoli della Genesi contengano narrazioni di fatti non avvenuti in realtà, ossia che non corrispondano ad oggettiva realtà e verità storica, ma che contengono cose favolose, riprese dalle mitologie e dalle cosmogonie dei popoli antichi e che l'autore sacro avrebbe adattato al monoteismo... A tali teorie si oppongono il carattere e la forma storica della Genesi le numerose testimonianze bibliche sia del Vecchio che del Nuovo Testamento” (Dz - Schm. 2122).

Di alcuni poi dei suddetti eventi, come il diluvio, esistono testimonianze indirette(mitologie, letteratura, ecc.)di grandissimo valore.

 

167) Si dice pure che i Libri dei Profeti sono stati scritti da altri e alcuni molti secoli dopo.

Dal momento che la Bibbia è tutta ispirata, la questione chi sia l'agiografo di per sè non avrebbe molto valore; la stessa cosa deve dirsi quanto al tempo della composizione, almeno che lo spostamento di date e di autori non implichi eliminazione di eventuali profezie in esse contenute. Purtroppo tutto questo sforzo di autenticazione tradisce chiaramente sia l'intenzione di voler scalzare il fenomeno del profetismo e sia l'atteggiamento razionalistico di rifiuto del soprannaturale. Fino a che punto allora valgono gli argomenti addotti contro la costante tradizione riguardo sia all'autore e sia al tempo di composizione dello scritto profetico?...Quello che si può dire è che “i discorsi dei Profeti venivano subito dopo fissati per iscritto, sia da essi stessi, sia dai loro discepoli; talvolta (Ger. 36; Is 30,8) per ordine formale di Iahveh. Alcune profezie non comunicate a voce ai contemporanei, furono soltanto scritte, destinate a generazioni posteriori per determinate situazioni future; così Is 40-46 e Dn 2,7 - 12, secondo l'esplicito accenno di Dn 8,26;12,9”.

 

168) Che pensa del deutero-Isaia (secondo) e del trito-Isaia (terzo)?

Che ci siano difficoltà quanto allo stile, ai contenuti ecc. ad accettare l'unicità dell'autore del libro che porta il nome di Isaia, non lo si può negare. Ma le difficoltà addotte non sembrano decisive. Tra l’altro, fra i rotoli del Mar Morto, scoperti nel 1947, si trova un testo completo di Isaia rispondente quasi del tutto al testo fino ad oggi conosciuto. Da aggiungere che deutero o trito Isaia o unico autore, resta che tutto il libro è ispirato e autentica parola di Dio, come tale da accettarsi da tutti, secondo le disposizioni della Chiesa.

 

169) Quando è stato scritto il primo Vangelo?

Secondo l'unanime tradizione dei Padri e Scrittori della Chiesa e altre fonti il primo Vangelo è stato scritto in aramaico dall'Apostolo Matteo forse prima ancora del 50 ,se non addirittura, come proverebbe il papiro di Qumran, nel primo decennio dopo la morte del Cristo.

 

170) E gli altri Vangeli?

Anche il Vangelo secondo Marco, interprete e portavoce autorizzato del Vangelo predicato da Pietro, fu scritto in greco certamente prima del 62 d. C. , e cioè tra il 50 e il 60.

Quello di Luca, che dipende da Marco ed è continuazione in qualche modo di Act 1, 1, dovette essere scritto prima della fine della prigionia di Paolo(63 d.C.)con la quale terminano gli Atti: quindi circa l'anno 60. Il Vangelo di Giovanni, per il quale non si hanno notizie precise né dalla tradizione né dai contenuti fu scritto negli anni che intercorsero tra il 90 e 100.

 

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27/08/2013 21:41
 
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171) Oggi in qualche Università di Teologia si insegna che le Lettere pastorali di San Paolo non sono state scritte da Lui.

Lo si afferma per il pregiudizio contro la Chiesa istituzionale che, secondo questi autori, sarebbe pura creazione umana da rigettarsi. E invece una prima istituzionalizzazione è dovuto a Cristo stesso, da accettarsi perciò così come si accetta la Chiesa carismatica. Che le lettere pastorali siano di san Paolo e comunque anteriori al 70 lo confermano le recentissime scoperte di Qumran.

 

172) Affermano anche che non è San Luca l’Autore degli Atti degli Apostoli.

Sì, l’autore degli Atti è San Luca, lo afferma ancora una volta l'unanime tradizione dei Padri e scrittori della Chiesa. “Anche la grande affinità lessicale ed ideale con le Epistole paoline è una prova che l'autore di essi sia stato, come esplicitamente si ricorda negli Atti, compagno del grande Apostolo”. Le obiezioni, perciò, ad avallare altre ipotesi non hanno affatto solido fondamdento!

 

173) E l'Apocalisse?

Secondo la Tradizione Giovanni scrisse l'Apocalisse nell'isola di Patmos, dove era stato esiliato, verso la fine dell'impero di Domiziano, circa il 95 d.C.

 

174) Secondo Lei i quattro Vangeli sono stati scritti personalmente e completamente dai quattro Evangelisti e ciò che contengono è veramente accaduto?

Sì, personalmente e completamente scritti dai quattro evangelisti Matteo Apostolo, Marco discepolo di Pietro, Luca compagno di S. Paolo,Giovanni l’Apostolo, eccetto piccole e quasi marginali insignificanti annotazioni, come questa: è così è sorta la diceria fino ad oggi...Si rifletta bene su questo testo già riportato: “La Santa Madre Chiesa -si dice nella Dei Verbum (cap. V, n. 19)- ha ritenuto e ritiene con fermezza e costanza massima che i quattro suindicati Evangeli,dei quali afferma senza alcuna esitanza la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, nella realtà operò ed insegnò per la loro eterna salvezza, fino al giorno in cui fu assunto in Cielo...”.

I Vangeli narrano ciò che è veramente accaduto .Non si tratta di creazione della comunità. E' assurdo presentare a credere un elaborato della comunità che, d’altra parte, così come la intendono i modernisti, esiste solo nella loro fantasia. Tutta la Tradizione infatti, condanna queste “fantasie” regalateci soprattuto dai Protestanti che, una volta ammessa l'interpretazione privata della Bibbia, non potevano non sfociare a queste “esilaranti invenzioni”. E che i Vangeli da noi posseduti siano esattamente quelli che uscirono dalla mente e dalle mani degli evangelisti è provato dai manoscritti, dalle versioni, traduzioni, citazioni, ecc.

 

175) Perché allora dal Vangelo si vogliono eliminare i miracoli?

Chi già parte con la persuasione che il soprannaturale né esiste né può verificarsi; chi dà credito solo alla ragione, ritenuta dogmaticamente unica ed esclusiva fonte e misura di verità’, mai accetterà quanto non riesce a spiegarsi con essa. Di qui il rigetto del mistero, del miracolo ecc. :razionalismo orgoglioso e presuntuoso che sottopone tutto e tutti al proprio tribunale ,e condanna senza pietà quanto non collima con esso. Atteggiamento che è l'esatto contrario della Fede che è, oltre tutto, umile accettazione dei propri limiti e fiducioso assenso in Chi è l'unico veramente credibile.

 

176) E’ preferibile leggere la Bibbia per ordine, oppure leggere prima il Nuovo Testamentlo, dato che Gesù è la Luce che illumina l'Antico Testamento?

Salva restando ogni libertà di opzione e ogni prefenza dettata da esigenze e motivi particolari, ritengo che l'approccio alla Bibbia è più proficuo se si comincia col Vangelo. Il Nuovo Testamento è lo svelamento e l'attuazione del Vecchio Testamento(In vetere testamento latet novum,in Novo patet vetus, diceva S. Agostino, e cioè nel Vecchio Testamento si nasconde il Nuovo, nel Nuovo si svela il Vecchio).Il Vecchio Testamento senza il Nuovo potrebbe dare spesso l'impressione più di un cifrario di cui non si conosce la chiave di lettura, che di un libro ispirato. E' chiaro però che da qualsiasi parte si cominci, per una lettura o studio più approfondito, -se non si vuole rimanere alla scorza e cioè alla superficie delle cose o al fatterello, e se non ci si vuole addirittura scandalizzare, come spesso è accaduto-, è necessario una certa preparazione culturale specie religiosa, e soprattutto disposizioni di profonda docilità all'ascolto della Parola.

 

177) Cosa pensa Lei della Bibbia?

E’ il libro della rivelazione amorosa del Padre, per la quale bisogna avere una profonda venerazione e amore, così come hanno fatto tutti i Santi e dottori della Chiesa. Bisogna tuttavia tener presente che la Rivelazione è contenuta non solo nella Bibbia ma soprattutto nella Tradizione, della quale la Bibbia costituisce parte cospicua, e nel Magistero vivo della Chiesa. E poiché il Signore ha affidato a questa il deposito della verità rivelata tutta intera(“Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” Mt 28,19-20), ad Essa spetta pure l'interpretazione autentica di ogni testo rivelato, per cui ogni altra interpretazione è accettabile solo se conforme a detto Magistero.

Voler interpretare in totale autonomia è dare luogo alla...Torre di Babele, così come è avvenuto in fondo ai Protestanti. Questi, avendo ripudiato il Magistero della Chiesa, che mantiene l'unità di dottrina, ben presto, e già ai tempi di Lutero, si divisero in sette innumerevoli, spesso le une contro le altre armate e ognuna persuasa di possedere la verità! “La soppressione dell'autorità del Papa -scrive il Puffendorf- ha gettato nel mondo infiniti germi di discordia; essendo infatti venuta meno l'autorità sovrana che troncava le continue dispute, si sono visti i protestanti dividersi tra loro, e strapparsi le viscere con le proprie mani” (De monarch. Pontif. rom.).

 

178) Nella Bibbia si parla anche di tanti Santi, esempi ammirabili di Fede e di amore totale verso Dio. Chi è il Santo?

La santità sostanzialmente è amore e comunione con Dio. E Santi sono quegli uomini che riescono, con la Grazia di Dio e un impegno forte e costante di superamento delle proprie cattive tendenze, a stabilire una profonda comunione con Dio, tenendo lontano ogni forma di peccato, portando frutti stupendi di amore soprannaturale.

Questa comunione è realizzata sostanzialmente da Dio stesso con il dono -nel Battesimo e negli altri Sacramenti- della Grazia santificante, detta santificante appunto perché, allo stesso tempo che distrugge ogni peccato o impedimento all’amore, rende partecipi della vita divina e stabilisce nella comunione con Dio come suoi veri figli adottivi e amici.

Se questa santità essenziale apportata dalla Grazia è conservata e fatta crescere in uno sforzo continuo di risanamento e di bonifica di tutto l’uomo, riequilibrando così facoltà e tendenze, e creando abiti buoni in tutte le facoltà, si arriva alla santità anche morale o perfezione, che è esercizio eroico di tutte le virtù informate dalla carità soprannaturale.

 

179) Perché la Chiesa ne riconosce pubblicamente solo alcuni?

Perché se è vero che moltissimi ricevono e conservano la Grazia o santità sostanziale, sono ben pochi quelli che riescono a permeare di essa tutto l’uomo. E' noto a tutti che, pur battezzati e fruitori dei Sacramenti, le cadute degli uomini nel peccato mortale o veniale sono tante! E là dove il peccato non è ancora definitivamente vinto del tutto, non si può parlare di santità morale o perfezione. E tuttavia di Santi autentici, e cioè di quelli che riescono a sottomettere tutto alla Grazia, realizzando anche la perfezione o santità morale, -non sono mai mancati nella Chiesa Cattolica- ce ne sono e ce ne saranno sempre. Ma c'è anche perfezione e perfezione.

La santità, veramente eccezionale di certe anime, dono senza dubbio di Dio a popoli e nazioni in determinate circostanze, presto o tardi salta agli occhi, soprattutto se accompagnata da miracoli e meraviglie di ogni genere, si impone. E' tutto questo che spinge a istruire quei Processi canonici di beatificazione e canonizzazione per verificare, con tutto il rigore e la severità possibile, l’opera di risanamento e di riequilibrio totale effettuata nell’anima. Solo quando consta da tutte le parti che c'è stato, da parte del candidato, l’esercizio eroico di tutte le virtù in ogni circostanza e comportamento e per lungo tempo, la Chiesa ne proclama l'eroicità delle virtù con un decreto speciale. Da allora il candidato è detto Venerabile. Se poi Dio stesso conferma con un primo e un secondo miracolo, da riconoscersi come tale da rispettivi periti, si procederà alla beatificazione (giudizio di santità non ancora del tutto definitivo),e quindi alla canonizzazione che è il giudizio definitivo della santità del candidato. Con la bolla di canonizzazione e l'inserzione nell'albo o elenco dei Santi, la Chiesa ne autorizza pure il culto pubblico per tutto il popolo cristiano.

Come si vede, in tale opera di selezione di Santi, la Chiesa procede con molta prudenza e assoluta imparzialità e con motivazioni che nessuno potrà mai seriamente impugnare. Siamo lontani dalle improvvisate esaltazioni delle folle che canonizzano spesso persone tutt'altro che moralmente ineccepibili!

 

180) È buona cosa pregare un Santo perché interceda? Ci sono episodi nella Bibbia?

L'intercessione dei Santi è ammessa e raccomandata dalla Chiesa Cattolica perchè lungi dall'intaccare la mediazione unica di Gesù Cristo, ne è invece come una promanazione ed una esaltazione. E cioè intanto i Santi possono aver potere di intercessione, in quanto sono immagini più o meno conformi a Cristo. E Dio nell'esaudire guarda proprio all'immagine del Figlio Suo. La Bibbia, a sua volta, ci presenta significativi episodi. Tante volte Dio aveva deciso di sterminare il Suo popolo perché ribelle, e Mosè si interpone e scongiura i divini castighi. Nel Nuovo Testamento Paolo si raccomanda alle preghiere di fedeli e di amici perché si uniscano alla voce di Cristo in suo favore.

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27/08/2013 21:42
 
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LA SANTISSIMA MADRE DI DIO

 

181) S. Luigi M. Grignion de Montfort afferma che Gesù è poco amato perché Maria è poco conosciuta. Lei che ne pensa?

I Santi hanno spesso delle grandi intuizioni, frutto spesso di vera e propria illuminazione dello Spirito Santo. S. Luigi Grignion de Montfort dice praticamente che se i teologi e i critici della devozione mariana conoscessero veramente Maria, il più grande capolavoro di Dio e il frutto più splendido della redenzione, comprenderebbero che il legame esistente tra Gesù e Maria è così stretto che egli sarebbe disposto a separarsi piuttosto da tutto il Paradiso, che da Maria. Maria, da sola, glorifica immensamente di più il Signore che non tutti gli eletti messi insieme. La conclusione quindi del Montfort è evidente: conoscendo e amando di più Maria si amerebbe e si glorificherebbe immensamente di più Gesù!

Ed ecco come si esprime un laico, ben quotato, dei nostri tempi, Vittorio Messori: “C’è chi considera Maria più o meno come un optional del cristianesimo, una frequentazione per anime fragili, per sentimentali o esaltati. Maria invece è nel cuore della Fede, e tutto ciò che di lei vien detto, proprio perché la Madre è solo in funzione del Figlio, finisce per rafforzare la cristologia. Il ruolo di Maria continua a essere di protezione del Figlio: come dimostra la storia, a cominciare dalla Riforma, laddove Maria è snobbata presto o tardi viene emarginato anche Gesù. Chi non recita l'Ave Maria finisce per dimenticare anche il Padre nostro” (Avvenire, 15-8-1996, p. 17).

 

182) Se Dio innalza una Creatura ad essere Sua Madre, doveva ricolmarLa adeguatamente di doni straordinari?

S. Bernardino da Siena dice, e con lui, esplicitamente o implicitamente, tutti i Santi e teologi, che Dio non chiama ad una determinata missione senza offrire pure quanto è necessario a compierla bene. Maria è chiamata alla sublime dignità e missione di Madre di Dio, elevazione e missione che l'uomo non avrebbe osato neanche di immaginare possibile ad una creatura. Quanto degna e bella, allora, e quanto unita a Dio dovrà essere quella creatura chiamata a darGli un corpo, ed “educarLo” e guidarLo nella vita?

Come meravigliarsi che il Signore del Cielo e della terra abbia arricchita talmente di Grazia Maria, che tutto il Paradiso messo insieme non può gareggiare con essa? Quale figlio, d’altra parte, potendosi scegliere e “costruire” la madre, non la farebbe la più ricca, la più bella di tutte le creature? E a Gesù, Dio stesso, non poteva certo mancare né l'affetto né il potere di attuare qualsiasi anche più impossibile sogno!

 

183) Dio Si è innamorato di Maria di Nazareth.

Sì, anche se Dio ha voluto Maria così, ed è preferibile non usare il termine “scegliere”, anche se oggi la parola ricorre ovunque frequentemente. Bisogna allora almeno intendersi: la scelta con i privilegi che essa comporta offende soprattutto la mentalità odierna che ama ed esalta l'uguaglianza e la parità. La parola “scegliere” darebbe quasi ad intendere che tra le donne già esistenti si sia svolta come una sorprendente e spettacolare “gara” di bellezza vinta da Maria. Le cose stanno più semplicemente così: Dio doveva preparare la Madre, e cioè una Donna che avesse tutti i requisiti richiesti e fosse all'altezza della situazione. In pratica è il sommo Artista chiamato per così dire ad esprimere tutta la sua capacità in cosa di tanta importanza. Ed Egli lo ha fatto creando il Suo Capolavoro in assoluto. Infatti, dopo l'Umanità del Verbo incarnato, non esiste creatura più meravigliosa di Maria!

 

184) Maria è stata creata unicamente per diventare Madre di Dio.

Non si può pensare che Dio “prima” vide e poi scelse. No, se così fosse, la Maternità sarebbe stata una conquista personale soprattutto di Maria. C’entra certo anche la previsione, che sarebbe qui difficile spiegare in poche parole, ma intesa non in questo modo. Dio ha preparato, “ante praevisa merita” e cioè indipendentemente da quelli che sarebbero stati i meriti o la risposta di Maria, il Suo capolavoro. Volendo il Verbo Incarnato Dio ha voluto con un unico atto anche la Sua Madre.

 

185) Quindi Dio Padre dall'eternità pensò al Figlio Gesù e pensò alla Madre Maria.

Non solo il Padre, ma tutta la Trinità “pensò” e volle l'Incarnazione del Verbo e ne “pensò” e ne volle pure la Madre Maria. Precisamente come dice Dante: “Termine fisso d'eterno consiglio” (Paradiso).

 

186) Come se la vita di Gesù e quella di Maria avessero un unico motivo di esistenza?

Esattamente. La vita di Maria è profondissimamente e indissolubilmente legata a quella di Gesù: le due esistenze quasi si compenetrano. Maria entra nel piano della salvezza come attore principale ,sia pure subordinato, con Gesù che ne è il protagonista in assoluto e necessario. E ciò, ancora una volta, per volere di Dio che così ha disposto.

 

187) E' giusto allora affermare che Maria è Corredentrice?

Facendo le debite distinzioni, si può e si deve parlare di Maria Corredentrice del genere umano. Le debite distinzioni sono soprattutto queste: è del tutto fuori discussione che il Redentore in senso assoluto è solo Cristo, perché solo Cristo, Uomo-Dio è in grado di riparare in pieno l'infinita offesa fatta a Dio. L’opera della Redenzione Gesù avrebbe potuto compierla tutta e in tutti i particolari da solo. Ma Egli ha voluto liberamente associarsi Maria almeno in qualche modo. Il valore redentivo perciò della cooperazione di Maria deriva esso stesso non tanto dai Suoi meriti, quanto soprattutto ed essenziamente dai meriti di Cristo. Senza Cristo Maria non potrebbe e non sarebbe nulla.

 

188) Ci parli brevemente dei dogmi della Madonna.

I dogmi mariani principali, e cioè le principali verità rivelate e proposte come tali dalla Chiesa sono:

-la Divina Maternità, e cioè Maria è vera Madre di Dio perchè termine della sua generazione fu Gesù, vero Dio oltre che vero Uomo. Il dogma della divina Maternità venne proclamato contro Nestorio nel concilio di Efeso del 431;

-l'Immacolata Concezione, e cioè Maria fu esente da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante della sua concezione per i meriti di Cristo Gesù. Maria, cioè, fu redenta dal Suo divin Figlio con singolare redenzione preventiva. Il domma venne proclamato da Papa Pio IX l'8 dicembre 1854, con la Bolla “Ineffabili Deus”. .Un domma che quattro anni dopo, e cioè il 25 marzo 1858, veniva solennemente confermato dalla stessa SS. Vergine, che apparendo a S. Barnardetta Soubirous si presentò così: “Io sono l'Immacolata Concezione”;

-l'Assunzione in Anima e Corpo al Cielo, e cioè Maria non subì la corruzione della tomba, effetto del peccato originale, ma fu subito portata in Cielo anche con il Suo Corpo Glorioso. Il domma venne proclamato da Papa Pio XII il 1 novembre 1950 che, tra l'altro disse: “In tal modo l'augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l'eternità «con uno stesso decreto» di predestinazione, immacolata nella sua concezione, vergine illibata nella sua divina maternità, genersoa compagna del divino Redentore, vittorioso sul peccato e sulla morte, alla fine ottenne di coronare le Sue grandezze, superando la corruzione del sepolcro. Vinse la morte, come già Suo Figlio e fu innalzata in Anima e Corpo alla gloria del Cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio Suo, Re immortale dei secoli” (Costituz. Apostol. “Munificentissimus Deus”).

-la perpetua Verginità prima, durante e dopo il parto, e cioè Maria osservò sempre perpetua verginità prima, durante e dopo aver generato Gesù. “Noi crediamo -recita la Professione di Fede di Papa Paolo VI- che Maria è la Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo”. Verità che i Cristiani Orientali solevano presentare apponendo alle loro meravigliose icone di Maria SS. tre stelle, una di fronte e due sulle spalle di Maria a significare la sua verginità prima del parto, nel parto e dopo il parto.

 

189) E la mediazione universale di Maria?

A partire dal 1921 fino al 1950 si sviluppò soprattuto nel Belgio un vasto movimento per la definizione dommatica della mediazione. Nel 1921 il Card. Mercier, appoggiato da tutto l'episcopato belga, dal clero e dai fedeli e con la collaborazione dell'università di Lovanio, ottenne da Roma l'approvazione della messa e dell'ufficio propri in onore di Maria mediatrice, e presentò la petizione per la definizione dommatica della mediazione universale di Maria. Si era praticamente alla vigilia della proclamazione del dogma, quando è sopravvenuta la grave crisi di Fede nel popolo cristiano e non se n'è più parlato. La cosa è divenuta oggi ancora più delicata in clima di ecumenismo. E' più che previdibile perciò che finché non si saranno appianati o chiariti tanti punti controversi con i Protestanti, non si potrà parlare seriamente della Mediazione universale di Maria. Noi però speriamo fermamente che, presto o tardi, la Chiesa apporrà questa nuova fulgida gemma alla corona già così splendente della Madre di Dio.

 

190) In che senso Maria è Mediatrice di tutte le Grazie?

Vale la pena, in merito, sentire quanto dice il Concilio Vaticano II nel cap. VIII della Lumen Gentium: “Uno solo è il nostro Mediatore (...). La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia. Ogni salutare influsso della Beata Vergine verso gli uomini non nasce da una necessità oggettiva, ma da una disposizione puramente gratuita di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo; pertanto si fonda sulla mediazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge la sua efficacia, e non impedisce minimamente l'unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita”.

Per volere e disposizione dunque di Cristo stesso Maria è l'acquedotto -per usare una celebre immagine di S. Bernardo- attraverso il quale passano tutte le acque della Grazia, che sgorgano da Gesù.

 

191) Vuole approfondire il dogma di Maria Madre di Dio.

Nell’Incarnazione del Verbo, se da una parte si resta sbalorditi da sì “incredibile” umiliazione di Dio, dall’altra parte si rimane sbalorditi perché Maria viene ammessa così nel seno stesso della Trinità. Divenendo infatti Madre di Dio, Maria assieme al Padre chiamerà “Figlio” la seconda Persona della Trinità, e quindi Ella, ha scritto un teologo di grande mente, “nella generazione del Figlio di Dio, diventa, per partecipazione soprannaturale e divina, Una con il Padre nell’opera di generazione divina. E siccome ormai per tutta l’eternità generato come Verbo Incarnato, Maria rimane per tutta l’eternità collaboratrice del Padre, eterna Madre di Dio e Madre degli uomini nella dignità e nell’essere, sempre partecipato da Dio, ma in un grado unico, in quello della Maternità divina, partecipazione dell’eterna Paternità di Dio nella prima Persona della Trinità”. Ha detto bene S. Tommaso affermando che la dignità della divina Maternità di Maria tocca l’infinito.

 

192) L’amore verso la Madonna si esprime imitando le Sue virtù. Può sintetizzare le virtù praticate da Maria e in che grado?

Premesso che in Maria si è realizzata la massima santità possibile ad una creatura e che quindi tutte le virtù vi si trovano in grado sublime, unico, irraggiungibile da qualsiasi altra creatura, possiamo sintetizzarne così le virtù principali, così come appaiono ad una prima anche sommaria lettura del Vangelo:

-Umiltà. Maria si dice l'ancella del Signore e nel Magnificat tutto, tutto è attribuito alla bontà e misericordia del Signore;

-Obbedienza. Maria è la Vergine del fiat, del sì alla divina volontà. Ella obbedisce a Dio, a Giuseppe con totale generosissima dedizione e Fede;

-Fede. La Fede di Maria fu ardentissima. Lei sola crederà sempre e senza alcuna riserva alla divinità del Suo Figlio, accettandone con incomparabile fedeltà e generosità ogni sua parola. La Fede di Maria ha avuto certamente uno sviluppo come l'ha avuto ogni settore della sua vita spirituale e intellettuale e fisica. Ma in nessun modo si può parlare di dubbi o di esitazioni o di difetti di Fede anche minimi.

Soprattutto per questo Ella è simbolo perfettissimo della Chiesa indefettibile che mai avrà dubbi sulla divinità di Gesù Suo Fondatore e Suo tutto;

-Purezza immacolata. Maria è così pura che quasi si identifica con la purezza: Io sono l'Immacolata Concezione dirà a Lourdes. Non disse: io sono stata concepita immacolatamente, sono la stessa immacolatezza che mai può macchiarsi;

-Amore ardentissimo di carità verso Dio e verso gli uomini. Nessuna creatura amerà così Dio e Gesù Suo Figlio come Lei. Nessuna creatura avrà mai un cuore così grande e benevolo e misericordioso come Lei. Si pensi solo alle nozze di Cana, al Suo “stare” ai piedi della Croce...Questo Amore Ella lo estende a tutti gli uomini, soprattutto a tutta la Chiesa della quale è membro eminentissimo, e della quale è stata fatta Madre, a tutti gli effetti;

-Spirito di preghiera. Maria è la Vergine orante per eccellenza che, assieme a Suo Figlio, glorifica Dio per tutti e ripara; prega e intercede per l'intera umanità.

 

193) Diventa facile imitare Maria se ci si consacra a Lei. San Massimiliano Maria Kolbe diceva che bisogna consacrarsi all'Immacolata incondizionatamente, illimitatamente e totalmente; essere Suoi, trasformati in Lei.

La consacrazione a Maria, da Lei stessa chiesta a Fatima come condizione per salvare l'umanità dalla catastrofe incombente, è mezzo principe di salvezza e di santificazione da Lei ottenuto per e dai meriti di Gesù. Di tale consacrazione S. Massimiliano Kolbe è stato uno dei più grandi apostoli e teologi, portandola ai vertici dell’eroismo. In effetti però, parlando di consacrazione incondizionata, illimitata e totale, egli intendeva sottolineare soprattutto l'identificazione completa con Lei, l'Immacolata, divenendo -come lui diceva- “Immacolata”.

 

194) Quindi con la consacrazione una persona diventa totalmente dell’Immacolata, ma si è chiamati più di prima a condurre una vita santa.

La consacrazione è prima di tutto e soprattutto come un impegno solenne a vivere e ad attuare, nel modo più facile e più breve, con Maria in Maria e per Maria, quella iniziale consacrazione del Battesimo che è già radicale impegno alla santità. Il sacro, infatti, e il consacrato è ciò che è segregato per sempre per il Signore e a Lui solo riservato, e perciò non può non essere Santo! La consacrazione a Maria perciò, in pratica, è un impegno più forte a vivere la propria vocazione alla santità. Oltre tutto non si può diventare veramente dell’Immacolata, senza cercare con tutte le forze di essere simile a Lei. Si diventa fuoco lasciandosi permeare fino in fondo da esso; e si diviene luce, se eliminato ogni schermo, ci si lascia penetrare in pieno da essa.

 

195) I sentimenti d'amore tra Gesù e Maria.

Ritengo che i sentimenti d'amore tra Gesù e Maria sono stati, anche su questa terra, tali da incantare letteralmente il Cielo e l'universo intero. Mai mamma fu amata così teneramente e santamente, e così profondamente da un figlio come Maria da Gesù. Nessun figlio sarà mai amato così intensamente e santamente come lo fu Gesù da parte di Maria Sua Madre.

Quando Mamma e Figlio -e ciò doveva avvenire spessissimo- si guardavano negli occhi e l'Uno era nelle braccia dell'Altra doveva rimanere estatico e felice tutto il Paradiso. Sentimenti mai venuti meno nella vita terrena, anzi portati al massimo di intensità e di bellezza; tanto meno soppressi nella vita beata del Cielo.

 

196) Come Maria è Madre del sommo Sacerdote, lo è anche di tutti i Sacerdoti che partecipano del sacerdozio di Cristo. Cosa ne pensa di quei Sacerdoti che non danno molta importanza alla mediazione universale di Maria, cioè hanno poca devozione alla Madonna. Come considera questo?

Siamo purtroppo di fronte ad una di quelle incoerenze così frequenti nella vita dell’uomo. Come è possibile, infatti, esaltarsi e gustare la partecipazione al sacerdozio di Cristo, senza esaltare e gioire con Chi di questo Sommo Sacerdote è in qualche modo la causa e la sorgente? Certamente non è Maria ad aver fatto Sacerdote Gesù. E tuttavia, è pur vero che se Gesù non fosse stato generato, non avremmo avuto neanche il sacerdozio. Maria è un pò, per libera scelta di Dio, il canale per cui passano tutti i beni della redenzione, compreso quello del sacerdozio e la partecipazione che se ne ha. Logica vorrebbe allora che assieme all'infinita gratitudine per Gesù, ci sia pure immensa gratitudine per Chi ne è stato lo strumento benedetto. Era così che ragionava S. Francesco d'Assisi il quale, come scrive il Celano, era folle di amore per Maria per aver Ella fatto Dio nostro fratello!

Ci sarebbe da aggiungere pure quello che dicono i Santi, e cioè se Gesù va imitato in tutto, va imitato anche nei Suoi rapporti con la Madre. Egli è stato educato e cresciuto nelle mani e al calore del Suo Cuore, e perciò anche tutti gli altri “Cristi” (i cristiani) devono essere condotti per mano e crescere nell'amore di Cristo in Lei e con Lei.

 

197) Maria è poco conosciuta dai fedeli perché non tutti i Sacerdoti parlano delle grandezze della Madre di Dio. Non pensa che nelle omelie e in altri incontri specifici si dovrebbe parlare molto di Maria, dato che Lei ha il compito di condurci a Gesù?

Sì, è una esigenza della verità e dell’amore. I Sacerdoti dovrebbero parlare di più delle grandezze di Maria e soprattutto in maniera più teologica senza indulgere né ad un eccessivo devozionismo, ma neanche inaridire il cuore che, anche per la devozione a Maria, ha ragioni che l'intelletto non comprende. E ciò tenuto conto soprattutto che, ancora una volta, per misteriosa volontà di Dio, a Gesù si va per Maria.

 

198) Anche nei Seminari dove si formano i Sacerdoti, sta venendo meno la devozione alla Madonna.

E' vero. E se malauguratamente dovesse prevalere, anche in questo, la corrente progressista sarebbe un danno enorme per la Chiesa e per le anime. Il degrado, infatti, spirituale e morale delle anime -è stato notato- va di pari passo con la perdita o l'affievolirsi della devozione alla Madonna. Senza amore alla Madonna, l’anima cede molto più facilmente alle sollecitazioni che le vengono da tutte le parti, rischiando così, la dannazione eterna. Più particolarmente, la perdita di detta devozione è accompagnata molto spesso da un arido e orgoglioso razionalismo che non capisce più le ragioni del cuore e dei piccoli: chiari segni che dietro tutto questo c'è lo zampino... del diavolo! I Santi infatti dicono che l'avversione alla devozione alla Madonna viene soprattutto da satana il quale sa benissimo che mal si conciliano detta devozione e vita di peccato.

 

199) Perché la Madonna appare?

Le finalità delle operazioni di Dio, comprese le apparizioni della Madonna e dei Santi ecc., rientrano nel piano divino di salvezza e nel governo provvidenziale del mondo delle anime, e perciò possono conoscersi in pieno solo per rivelazione di Dio stesso. Non è difficile tuttavia cogliere ,almeno in qualche modo, i motivi degli interventi prodigiosi della Madonna. Se Maria è stata fatta da Gesù Madre dell'Umanità è chiaro che una madre -e una Madre di tale statura!- si preoccupa della sorte dei Suoi figli, specie quando più gravi sono i pericoli incombenti. E quindi Essa viene ad ammonire, a scongiurare dai passi falsi, a preparare grandi eventi futuri, invitando e sollecitando a pregare e a far penitenza per propiziarsi la misericordia divina. A volte poi è Lei stessa a far conosere chiaramente il perché della sua venuta e apparizione.

I benèfici effetti di tali soprannaturali interventi sono sotto gli occhi di tutti: conversioni clamorose di singoli e di masse, ritorno alla serietà della vita cristiana, ripristino della preghiera e dell'osservanza dei comandamenti. Penso soprattutto a quanto accade ormai da decenni a Lourdes e a Fatima. Ma anche ogni altro più o meno famoso santuario mariano, sorto in seguito ad apparizioni della Vergine, ha da narrare la sua grande e luminosa storia di Fede e di amore.

Si potrà obiettare: non basta la rivelazione per la salvezza? Certamente sì. Ma le apparizioni di Maria non sono ordinate a rivelare nuove verità di Fede, e perciò l'obiezione non regge. Dette apparizioni vogliono essere piuttosto materni e affettuosi richiami e chiari avvertimenti e spinte a tener più in conto la parola rivelata, conformandovi la vita e la condotta; e a non lasciarsi ingannare dalle illusorie promesse di un mondo, che è tutto fondato sul maligno. Perché, purtroppo, accade proprio questo: pur essendo il Vangelo sempre lo stesso, gli uomini però sono continuamente tentati di svuotarlo e di allontanarsi da esso, provocando “l'ira” di Dio.

Nulla di strano poi che richiami e avvertimenti del genere si facciano più frequenti e più insistenti in tempi e circostanze eccezionali. E' proprio della Mamma preoccuparsi del bene dei suoi figli davanti a pericoli e insidie di ogni genere, esortando e scongiurando a non imboccare sentieri pericolosi. Si dice ancora: perché non appare Gesù? A parte il fatto che esistono anche numerose apparizioni di Gesù, vogliamo forse avere la pretesa di insegnare a Dio quello che deve fare e come farlo?...Una volta accertata la veridicità del fenomeno, non resta che aprire ad esso il cuore e l’anima. Infatti è soprattutto di fronte all'operato di Dio che si impone quell'umiltà che fa abbandonare fidenti e sicuri nelle braccia del Padre. Riflettendo poi un pò di più al ruolo dato a Maria da Cristo stesso, si comprenderà bene perché sia più Maria che Gesù a farsi visibilmente presente ai cristiani.

 

200) Ci parli del messaggio di Fatima.

Nel 1917, quando infuriava ancora la prima spaventosa guerra mondiale, la Madonna si fece vedere da tre bambini a Fatima nel Portogallo. La prima apparizione avvenne il 13 maggio e poi ogni mese fino all'ultima dell'ottobre 1917 quando ci fu il grande miracolo del sole, visto da diecine e diecine di migliaia di persone di ogni età e condizione.

L'essenza del messaggio della Madonna è questo: il mondo va male; se non si converte e torna a Dio si abbatteranno sull'umanità terribili castighi e flagelli, e soprattutto tante anime rischieranno l'Inferno eterno. La Madonna, che fece vedere ai piccoli appunto l'Inferno che li spaventò terribilmente, invita alla preghiera e alla penitenza, alla conversione del cuore per scongiurare e placare l'ira di Dio. In fondo quindi un messaggio di Amore e di Misericordia dato da Dio a mezzo di Sua Madre Santissima.

 

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27/08/2013 21:43
 
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201) E' forse questo il tempo di Maria, ossia della Donna vestita di sole, come la descrive San Giovanni nell'Apocalisse?

E' probabile. Certamente si tratta di tempi eccezionali nei quali gli assalti di satana mettono a durissima prova la Chiesa tutta intera: prove, anche queste, lucidamente preannunciate da Santi e profeti. A vincere il dragone infernale e i suoi alleati Dio si servirà ancora una volta della Donna, come profetizzato agli inizi dell’umanità: “Porrò inimicizie tra te e la Donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe”; quella Donna che, investita della potenza di Dio, gli schiaccerà la testa, rendendo cioè definitiva la sua sconfitta (Gen 3,15).

 

202) All’interno della Chiesa cattolica c'è qualche gruppo che minimizza la figura di Maria. Uno scrittore afferma, che chi non conosce e non ama Maria, non farà molti progressi nella vita dello spirito e rimarrà molto umano.

Voglio credere che molti di quelli che sono un pò ostili al culto mariano lo siano più per temperamento e particolare psicologia e anche per poca conoscenza, che per avversione o partito preso. Voglio credere pure che le vie che portano alla santità siano tante e tutte più o meno adatte alle particolari esigenze di ciascuno. E quindi non voglio giudicare di queste anime che si rifiutano, almeno in parte, alla devozione mariana. Sta di fatto però che una tenera e ben intesa devozione alla Madonna cambia interamente la vita spirituale e porta a progressi spirituali ammirabili. Contro ogni pregiudizio si pone appunto questa constatazione: tutti i grandi Santi sono anche grandi devoti della Madonna .Questo dato di fatto dovrebbe far riflettere. Esso invita a sperimentare un metodo di crescita spirituale che detti grandi devoti della Madonna dicono essere il più breve, il più facile e il più efficace.

 

203) Qualche studioso di oggi continua a stravolgere la Tradizione della Chiesa e, riguardo alla Madonna, afferma che non è la Donna del Genesi; la Vergine che concepirà di Isaia, la Donna dell’Apocalisse. Che ne pensa?

Personalmente sono convintissimo che tutti e tre i suddetti testi biblici, pur senza escludere altre legittime interpretazioni, si riferiscono principalmente a Maria come si deduce da molti Padri e Scrittori della Chiesa. E tale è stato pure ed è l'orientamento della Chiesa ufficiale. Così, Papa Pio XII nella Munificentissimus Deus ha solennemente consacrato il senso mariologico del Protovangelo.

E Papa Paolo VI, a proposito del valore mariano del cap. XII dell’Apocalisse, affermò: “Il portento grande che l'Apostolo (....) vide nel Cielo: Una donna ravvolta dal sole...,non senza fondamento la Sacra Scrittura lo interpreta come riferentesi alla beatissima Vergine Maria...”(Signum magnum,13 maggio 1967).

In realtà i grandi eventi profetici della salvezza inizieranno proprio dal Protovangelo, il primo grande annunzio profetico che verrà chiarito e specificato dalle altre profezie, come quella di Isaia 7,14 (“La Vergine partorirà e concepirà un Figlio...”); e della Donna dell’Apocalisse. “Ci troviamo (col Protovangelo) -così riassume un grande esegeta odierno- di fronte alla prima profezia; essa è tanto generica quanto comprensiva. Le specificazioni verranno a poco a poco e molto più tardi. Quella vittoria del genere umano preannunziata solennemente abbraccia tutta la storia dell’umanità, dall’alba a quello che sarà il tramonto. Vittoria che è del Cristo, ma pure della Sua Santissima Madre a Lui indissolubilmente unita.

 

204) Il cattolico che non ha devozione alla Madonna, non si discosta dai protestanti.

Non necessariamente perché il non sentire eccessiva devozione alla Madonna -se non è aperta negazione e opposizione ad essa- può rispondere, come si diceva, a particolari psicologie e formazione spirituale. Quindi, pur ritenendo fermissimamente che la devozione alla Madonna è grande segreto di perfezione, non si deve guardare chi, magari per temperamento, non è portato agli stessi pur Santi e legittimi entusiasmi.

 

205) Maria in Cielo è sempre la nostra Madre attenta e premurosa, ma noi figli dobbiamo meritare le Sue Grazie.

Come ogni mamma degna di questo nome Maria ha attentissima cura dei Suoi figli, anzi spesso “al dimandar precorre” come dice Dante. E tuttavia Ella vuole che, in qualche modo, meritiamo i Suoi favori imitando le Sue virtù, accettando le prove della vita quotidiana, aumentando di fedeltà nell'osservare i precetti del Figlio Suo. Come alle nozze di Cana Ella è pronta ad ottenerci tutto dal Suo Figlio, ma oggi e sempre Ella ripete: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2,5).

 

206) Il Santo Rosario è la preghiera che più gradisce la Madonna, eppure molti pensano che non serve più, come se avesse avuto una scadenza !

Il Rosario è una preghiera già di per sé di grande valore, essendo -contrariamente a quanto alcuni vorrebbero sostenere- preghiera evangelica, di orientamento nettamente cristologico, come l'ha definita Papa Paolo VI. Una preghiera “grave e implorante nell'orazione del Signore; lirica e laudativa nel calmo fluire delle Ave Maria; contemplativa nell'attenta riflessione intorno ai misteri; adorante nella dossologia”. Una preghiera da proporre soprattutto nelle famiglie, perché “dopo la celebrazione della Liturgia delle Ore non v'è dubbio che (...) sia da ritenere come una delle più eccellenti ed efficaci preghiere in comune, che la famiglia cristiana è invitata a recitare” (PAOLO VI, Marialis Cultus 44,46,50,54). Ma il Rosario è preghiera di grande valore anche perché molto amato dalla Madonna essendo la preghiera degli umili, delle donne, della povera gente. E tutto ciò che è umile esalta Dio e la Vergine SS., e fa crepare di rabbia e di odio satana che è l'orgoglio in persona.

Ritenere che il Rosario sia scaduto nei nostri tempi, ritenerlo cioè preghiera non più adatta ai tempi, sarebbe come ammettere che l'umile sentire non trovi più credito presso Dio: una evidente assurdità! La Madonna stessa a Lourdes e a Fatima -per limitarci solo a due delle più Sue più recenti e famose apparizioni- ha parlato ed ha invitato insistentemente alla recita del Rosario. I Santi stessi dei nostri tempi, fra gli altri S. Massimiliano M. Kolbe e P. Pio da Pietrelcina, furono e sono instancabili promotori di questa preghiera. E allora, è il caso di dirlo, si insista pure perché si preghi con sempre maggiore consapevolezza e ricorso ai testi biblici, ma non si tolga agli spiriti semplici la possibilità e la gioia di poter ripetere, con la recita del Rosario, le parole d'amore a Colei che ha mostrato in tante maniere di riceverle con infinito gradimento.

 

207) Lei ha scritto qualche libro sulla Madonna?

Ne ho scritto parecchi e reputo ciò particolare Grazia e predilezione della Madonna. Ho scritto e riflettuto soprattutto sul tema della consacrazione a Maria e sul mistero della sua Concezione Immacolata, e anche su vari altri campi mariologici, evidenziando sempre come Maria sia supremo ideale di perfezione per tutte le anime.

 

208) Quali libri consiglia per approfondire la vera devozione alla Madonna?

Ce ne sono tantissimi, oggi. Ma assieme a tante belle novità spingerei sempre a leggere e meditare di preferenza quei libri mariani ormai classici, come quelli del Montfort (Il trattato della vera devozione a Maria, Il segreto di Maria ecc.), di S. Alfonso dei Liguori (Le glorie di Maria, ecc.), di S. Massimiliano Kolbe (Gli Scritti). 

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27/08/2013 21:44
 
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LA CHIESA: UNA SANTA

CATTOLICA E APOSTOLICA

 

209) Padre Antonio, il Vangelo ci dice che Gesù ha fondato la sua Chiesa su una Pietra, cioè, la sua Chiesa è Una...

La Chiesa di Cristo è una: l’unità è una delle note che i SS. Padri e Scrittori della Chiesa hanno riconosciuto alla Chiesa in ogni tempo della sua esistenza. L’unità della Chiesa infatti non deriva dall'unione da farsi con le altre Chiese cristiane, anche se questa unione è da auspicarsi con tutte le forze, nello spirito di un sano ecumenismo.

L'unità della Chiesa è data dal fatto che i cristiani hanno tutti un unico Capo invisibile che è Cristo, un unico capo visibile che è il Papa, un’unica dottrina i cui articoli principali costituiscono il Credo da tutti professato, un unico culto, gli stessi Sacramenti. Si tratta dunque cioè dell' unità di Fede, di culto e di autorità. “Non c'è unità di Chiesa -diceva S. Tommaso (Adversus Gentes, lib.IV,c.76) senza unità di Fede..., ma non c'è unità di Fede senza un capo supremo”.

 

210) E' Santa. Ma qualcuno storce il naso per i cattivi esempi di qualche figlio di questa Chiesa.

Si è tanto parlato in questi ultimi tempi di Chiesa santa e peccatrice, distorcendo la realtà. La Chiesa è sempre Santa e cioè è sempre Grazia e comunione con Dio perché Santo è il Suo fondatore Gesù Cristo; Santo è lo Spirito che la vivifica e la muove; Santi sono i mezzi di salvezza di cui dispone e mette a disposizione di tutti i Suoi figli; e Santi sono moltissimi Suoi figli, Santi o di santità eroica che è vero e grande miracolo morale o di santità ordinaria ed essenziale in quanto cioè vivono abitualmente nella Grazia Santificante e producono frutti di vita eterna. Nel grembo della Chiesa ci sono pure i peccatori e sempre ce ne saranno fino alla fine dei tempi, ma la loro presenza non intacca la sua santità. Infatti essi sono peccatori proprio perché non aderiscono e non accettano in pienezza il Suo insegnamento. E che i peccatori non intacchino la sua santità è provato anche dal fatto che essa ha i mezzi per purificarli e santificarli, se essi vogliono. La Chiesa santa che sempre deve riformarsi riguarda soprattutto questi peccatori che, in qualche modo, sono e non sono Chiesa!

 

211) La Chiesa fondata da Gesù è quella Cattolica?

Cristo ha fondato una sola Chiesa, la “Sua” Chiesa che è la Cattolica Apostolica Romana. Essa sola infatti, come si evince chiaramente dalla Tradizione, ha conservato intatto il deposito della Fede e della morale, la Parola e i Sacramenti. Lutero stesso confermò questo prima della sua ribellione: “Rendo grazie a Gesù Cristo perché con un gran miracolo mantiene in terra un'unica Chiesa...che non si è mai, con nessun decreto, allontanata dalla vera Fede” (Bossuet,Histoire des variations, lib.I,n,21).

Che sola la Chiesa di Roma sia la Chiesa fondata da Cristo è provato da un argomento, a nostro modesto parere, decisivo. Cristo parlando della Chiesa ha detto che le porte e cioè le potenze infernali mai avrebbero prevalso su di essa. Ora se veramente la Chiesa avesse tradito l'insegnamento di Cristo, l’Inferno evidentemente avrebbe prevalso, smentendo in pieno la promessa di Cristo. Ora, è possibile smentire Cristo? Chi oserà affermare sul serio che Egli è stato sconfitto? Che se poi la Chiesa di Cristo fosse venuta meno, in nome di chi e in base a quale mandato avrebbero parlato i Riformatori di ogni tempo?...Appellarsi a pretese ispirazioni dello Spirito Santo è ridicolo. Infatti chi garantisce della loro autenticità? E come giurare che si tratta veramente dello Spirito Santo, soprattutto pensando alle loro affermazioni spesso in pieno contrasto tra di loro?

 

212) Quindi dove è Pietro, ivi è la Chiesa di Cristo?

Dov'è Pietro, là è la Chiesa” (Ubi Petrus, ibi Ecclesia) è la famosa espressione di S. Ambrogio. Se si ha l'obbligo morale di entrare nella Chiesa (“Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” Mc 16,16; “Chi ascolta voi, ascolta Me...” Lc 10,16) questa deve presentarsi con chiari segni riconoscibili da tutti. E cioè essa dev'essere necessariamente, oltre che invisibile, anche visibile. Tra tali segni visibili, voluti da Cristo stesso, c’è quello di Pietro e del Suo legittimo successore al quale ha assicurato, oltre alla pienezza dei poteri, il carisma dell'infallibilità perché essa, la sua Chiesa, non venga mai meno e non traligni dalla verità rivelata.

Di qui, allora, il detto più che legittimo e logico: “là dove è Pietro (il Papa) ivi è la Chiesa di Cristo”. Ed è qui anche, sul fondamento visibile, che bisogna per conseguenza convenire per aversi la piena comunione con Cristo. Un obbligo morale perentorio almeno per tutti coloro che sono stati illuminati dalla Fede su tale verità.

 

213) Allora, il vero e pieno annuncio del Vangelo è quello portato dai cattolici?

E' chiaro. Direi però che, più che dai cattolici, il vero annuncio è dato dalla Chiesa cattolica. Il singolo cattolico, sia esso un vescovo o un laico, potrebbe anche non essere sempre annunciatore autentico del messaggio evangelico: l’individuo può venir meno ma non la Chiesa. E noi sappiamo che, oltre tutto, anche vari Vescovi e Sacerdoti caddero nell'eresia e furono condannati dalla Chiesa.

 

214) In che senso la Chiesa è fondata sugli Apostoli?

Nel senso che, oltre ad essere gli Apostoli i primi aderenti al progetto e all'istituzione di Cristo, questa poggia pure tutta sulla loro Fede e sull'insegnamento da essi trasmesso. Furono essi infatti i primi seguaci e discepoli e soprattutto, anche, i grandi testimoni della risurrezione di Cristo e della verità del Suo messaggio. E perciò furono essi anche i primi anelli di una tradizione che perdurerà fino alla fine dei secoli; e furono essi ancora a fondare le Chiese principali locali, che ne conservano e ne vivono fedelmente il messaggio.

 

215) Perché nel corso dei secoli ci sono state separazioni nella Madre Chiesa?

Le separazioni dalla vera Chiesa di Dio sono dovute ad una molteplicità di fattori, non esclusi quelli passionali e meramente politici. E dietro questi non mancarono quelli preternaturali o soprannaturali, come sono gli influssi diabolici. Spesso però gli uni si mescolano agli altri in maniera così confusa e misteriosa, da non poter ben discernere quali siano quelli predominanti. L’operato umano, anche quello che è puro e retto per il contenuto, proprio perché umano, potrebbe in ogni momento contaminarsi con l'amor proprio, bassi interessi ecc.

Le separazioni, comunque, essenzialmente sono il frutto avvelenato di dottrine o punti di vista, difesi ostinatamente nonostante e contro l'insegnamento o Magistero della Chiesa; o conseguenza di pretese non ritenute valide dalla legittima autorità. Da dire infine che le separazioni o sono imposte dalla legittima autorità, per esempio, con la scomunica; o sono volute per propria scelta da chi esce dalla Chiesa sbattendo la porta.

 

216) Qual è la posizione degli ortodossi orientali?

Fondamentalmente, quanto ai punti dottrinali controversi, è ancora quella dei patriarchi Fozio (857) e Michele Cerulario (1054).E cioè essi non riconoscono il primato di giurisdizione del pontefice romano; dei Concili ecumenici riconoscono solo i primi sette, e cioè il Niceno, il Costantinopolitano, l’Efesino, il Calcedonese, il secondo e terzo Costantinopolitano, il secondo Niceno. Negano quindi tutti i dommi proclamati dai concili posteriori o dai Papi, come quelli della Concezione Immacolata e dell'Assunzione di Maria. Per il resto, e cioè le verità del Credo, i sette Sacramenti ecc., tutto è conservato e creduto come nella Chiesa cattolica.

 

217) Gli Anglicani?

Anche gli Anglicani, nati in seguito allo scisma -consumato da Enrico VIII per essergli stato negato lo scioglimento del suo legittimo Matrimonio con Caterina di Spagna-, all'inizio avevano rifiutato solo il primato del Papa, conservando integro il patrimonio della dottrina cattolica. Ma a contatto col Luteranesimo e il Calvinismo, anche l'Anglicanesimo finì per contaminarsi in vari punti, risultando un misto dell'uno e dell’altro. Da aggiungere però che, quanto a posizioni dottrinali, l'Anglicanesimo è notevolmente diverso nei tre principali rami in cui è diviso(Chiesa alta o High Church, Chiesa bassa o Low Church, Chiesa larga Broad Church).

 

218) E i Luterani e tutti i gruppi protestanti?

Pur differenziandosi in molti punti importanti della dottrina cattolica, i Luterani, i Calvinisti, i Metodisti e i Protestanti in genere, in tutte le altre loro numerose denominazioni, professano tutti, più o meno, questi principi: solo la Fede giustifica.

La giustificazione è solo dichiarativa. E cioè, poiché Dio non perdona effettivamente nessun peccato all'uomo peccatore, ma solo non glielo imputa perché lo “copre” dei meriti di Cristo, la giustizia o santità conferita è solo dichiarata a parole senza alcuna realtà effettiva. Dio dichiara innocente l'uomo pur essendo egli colpevole e degno di morte!

La Chiesa non è visibile né ha per Capo il Papa: norma unica di verità e di salvezza è la sola Scrittura interpretata liberamente da ogni fedele.

A fondamento di tutto è il concetto di salvezza propugnato da Lutero e più o meno da tutti i protestanti. Questa non dipende dall’uomo e dalle sue opere, ma solo dalla misericordia di Dio ed è data da Cristo senza mediatori e mediazioni. E’ in pratica il rifiuto della Chiesa gerarchica, del sacerdozio ordinato, dei Sacramenti, del culto mariano e dei Santi. E’ chiaro, quindi, che in questa ottica, si negano ancora molte altre verità professate dalla Chiesa Cattolica.

 

219) E’ vero che Lutero dopo la scomunica da parte della Chiesa, commentò il Magnificat, ed esprimeva parole di amore alla Madonna? Dopo la separazione dalla Chiesa rimase devoto della Madonna?

Devoto sì, ma “innamorato” della Madonna proprio non lo direi, dal momento che lui, Lutero, negava alla Madonna e ai Santi ogni potere di intercessione e ammettendo per loro solo un culto di onore. Commentò, è vero, il Magnificat della Vergine -un commento giustamente esaltato- e conservò pure qualche formula devozionale: troppo poco per parlare anche di sola vera devozione. Da non dimenticare poi che nella vita e negli scritti del Riformatore abbondano contraddizioni a non finire. Una di queste potrebbe essere proprio questa parvenza di devozione mariana, rimastagli anche nel pieno della lotta contro la Chiesa di Roma. E’quanto basta, ritengo, per tenersi alla larga da certe affrettate affermazioni e conclusioni.

 

220) Ci parli di Lutero.

Lutero era religioso agostiniano, entrato in religione, a 22 anni, il 17 agosto 1505, non per vera vocazione, ma per sfuggire alla giustizia, avendo ucciso un suo collega di studi. La sua preparazione teologica non fu,pare, del tutto ortodossa, subendo gli influssi del nomimalismo e di un tomismo deteriore. Ma in un viaggio a Roma si era salutarmente esaltato per la Chiesa dei martiri. Addottoratosi in teologia, si ebbero già le prime avvisaglie di errori poco dopo che iniziò le lezioni bibliche nel 1513, commentando i Salmi. Fu allora pure che, preso dalle occupazioni cattedratiche, cominciò a trascurare la preghiera ordinata.

Poi, prendendo pretesto dagli scandali esistenti nella Chiesa e particolarmente da quello delle indulgenze “vendute” per raccogliere fondi per la costruzione della Basilica di S. Pietro a Roma, Lutero affisse le sue famose Novantacinque tesi alla porta della Chiesa di Wittemberg ,mettendo in discussione numerosi punti della dottrina cattolica. Più volte e inutilmente richiamato, venne dapprima minacciato di scomunica da Papa Leone X con la bolla Exsurge Domine del 15 giugno 1520, nella quale si condannavano 41 proposizioni estratte dalle sue opere. Bolla che il 10 dicembre 1520 Lutero bruciò sulla piazza di Wittemberg assieme al testo di Diritto Canonico e le opere dei suoi avversari. Resosi quindi inutile ogni altro tentativo di ridurlo a più miti consigli, fu scomunicato con la Bolla “Docet Romanum Pontificem” del 3 gennaio 1621, rendendo così definitivo lo strappo da Roma. Lutero continuò così fino in fondo sulla strada della ribellione alla Chiesa di Roma, sconvolgendo tutto con la sua Riforma: verità di Fede, culto, teologia, diritto, vita religiosa, arte. Morì il 18 febbraio 1546 ad Eisleben, là dove era nato il 10 novembre 1483.

A far scoppiare il dramma e ad alimentare il fuoco della discordia -oggi lo si ammette lealmente- non furono tanto gli scandali e corruzione della Chiesa, quanto molti altri fattori e interessi anche meramente politici e sociali. D’altronde scandali e corruzione della Chiesa mai avrebbero dovuto spingere alla ribellione e alla separazione dalla Chiesa di Cristo. Grandi e veri riformatori -e tra questi il più grande, S. Francesco di Assisi- sapranno cambiare in meglio il volto della Chiesa, partendo dalla conversione personale propria e delle coscienze nella più completa docilità all'Autorità legittima.

Si tentò invano di ricomporre la frattura ricorrendo a dialoghi e incontri. Ci si adoperò pure con tutti i mezzi perché al Concilio di Trento intervenissero luterani e protestanti per un chiarimento e un confronto: fu tutto inutile. Interessi politici, errori e imprudenze anche da parte della Chiesa e dell'imperatore Carlo V fecero sì che la frattura divenisse abissale e perciò incolmabile.

Il Concilio Tridentino prese in esame tutti i punti controversi e definì molte verità attaccate da Lutero e dagli altri eresiarchi. E diede luogo a un grande Movimento di autentica riforma della Chiesa -già iniziata d'altronde decenni prima del Concilio- con una splendida fioritura di Santi e di opere che ancora perdurano.

 

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27/08/2013 21:46
 
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221) Oggi ci sono molte Chiese protestanti, e tra i protestanti c’è molta rivalità e lotte interne, in quanto ognuno si ritiene ispirato direttamente dallo Spirito Santo per dire e fare come meglio crede. Inoltre, ognuno pensa di poter spiegare le Scritture...

Il fenomeno della proliferazione delle sette o chiese si verificò già ai tempi di Lutero e nonostante i feroci suoi attacchi. Ma una volta ammesso il principio dell'interpretazione privata della Sacra Scrittura e venuto meno, allo stesso tempo, il principio unificatore costituito dal Magistero infallibile del Papa, le divisioni e il moltiplicarsi delle posizioni contrastanti erano inevitabili. Affermare, infatti, come diceva Lutero, che la semplice figlia di un mugnaio, o anche un fanciullo di nove anni sono, nel giudicare le sante Scritture, ispirati dallo Spirito Santo è avallare quel soggettivismo fantasioso e arbitrario capace di tutte le pazzie e assurdità. Gli orrori di Giovanni di Leyda, le intemperanze del protestantesimo liberale che arriva a negare addirittura la divinità di Cristo, e la demitizzazione di Bultman e compagni che hanno praticamente dissolto il Vangelo sono solo episodi significativi di una posizione o atteggiamento che, così com’è, sarà sempre soggetto a squilibri e intemperanze di ogni sorta.

 

222) La gente è confusa, perché ci sono movimenti religiosi che si autodefiniscono chiese. Per questo non distingue la Chiesa di Gesù dalla non chiesa di Gesù.

Il carisma dell'autorità infallibile qual è quello del Romano Pontefice nella Chiesa cattolica, lungi dall'essere una offesa alla ragione, è un dono grande della Provvidenza che, vedendo quanto facilmente l'uomo cada in errore e quanto difficilmente raggiunga anche le verità più essenziali, ha provveduto a che da tutti e in ogni tempo e nel modo più semplice si avesse la certezza della verità. Senza il Magistero infallibile della Chiesa, l’uomo è in balìa delle onde, e non sa cosa e a chi credere e come operare. Di qui la necessità assoluta, anche per i cattolici, di attenersi e di accoglierne docilmente gli indirizzi e le indicazioni.

 

223) Quando Gesù pronunziava queste parole: “Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16,18), a cosa si riferiva?

Secondo l'unanime interpretazione dei Padri e della Tradizione, con le suddette parole Cristo prometteva a Pietro di farlo il fondamento visibile della Chiesa che avrebbe fondato col Suo Sangue. Egli ne sarebbe stato come la roccia che mantiene salda e compatta la costruzione che poggia su di essa. In conclusione quindi, sarebbe stato il simbolo e il garante dell'unità.

Con le parole “Le porte dell'Inferno ecc.”, prometteva l'indefettibilità della Chiesa. E cioè nonostante le persecuzioni, le debolezze, le apostasie, gli scismi, gli scandali e gli attacchi furibondi dell'Inferno a cui sarebbe andata incontro (il tutto significato nelle parole “Porte dell'Inferno”) la Chiesa mai verrà meno al Suo compito, mai sarà indotta a insegnare ufficialmente e pubblicamente l'errore e il peccato, e mai potere al mondo potrà distruggerla. Ciò significa che i poteri infernali, diabolici potranno vincere delle battaglie, inferire delle ferite più o meno gravi, mai potranno vincere la guerra che decide di tutto. La guerra che, in definitiva, decide di tutto, sarà vinta dalla Chiesa per la potenza del Cristo che è Dio e padrone dei tempi.

 

224) Ma perché tutti perseguitano solo la Chiesa Cattolica? Sembra abbiano fatto un tacito patto le religioni del mondo, tutti i gruppi protestanti e le sette -soprattutto i testimoni di Geova-, per distruggere la Chiesa Romana!

Potrebbe essere proprio questa una delle prove più convincenti della Verità e Divinità della Chiesa Cattolica. Un esempio potrà forse illustrare meglio la cosa. Due più due fa solo quattro. Sono invece senza numero le risposte sbagliate che si possono dare. Poiché al di fuori della Chiesa di Cristo, la Cattolica Romana, nessuno possiede tutta intera la verità -Cristo non si spezzetta- è chiaro che tutti concordano nel non accettarla e nel perseguitarla. L’unico vincolo che unisce tutti gli errori non è la verità, ma è appunto quello di essere tutti contro e fuori della verità!

Né si pensi che se tutti perseguitano la Chiesa Cattolica è a causa dei suoi trascorsi e peccati. Pur senza negare le debolezze degli uomini di Chiesa -sono essi pur sempre uomini, come tutti gli altri, quale che sia la veste che indossano o il potere che esercitano- i trascorsi e i peccati degli altri sono senza paragone immensamente più gravi e più numerosi, documenti alla mano. Mentre nessuno al mondo può vantare gli eroismi e le benemerenze di cui ha riempito il mondo intero la Chiesa con i suoi figli e le sue opere in ogni tempo e in ogni campo.

 

225) E oggi il diavolo è, come mai prima, scatenato contro la Chiesa Cattolica. Perché si accanisce in questo modo, solo contro la Chiesa Romana, guidata dal Papa?

C'è da sospettare legittimamente che, quasi sempre dietro ai burattini spesso ignari e in buona Fede, si nasconde il grande burattinaio: il diavolo, che muove i fili non visto. Non si dimentichi poi, che l'Inferno odia di odio irriducibile ed implacabile soprattutto la Chiesa Cattolica, per la stessa ragione che è Lei e solo Lei ad opporsi in pieno alla realizzazione del regno del male sulla terra. L'eccezionale scatenamento del diavolo oggi può avere delle spiegazioni note solo a Dio. Forse perché si è alla fine dei tempi e quindi a lui, il diavolo, resta poco tempo per operare?...Forse perché, venuta meno la preghiera in tanti settori, sono crollati i baluardi di difesa sicché l'impeto del nemico è divenuto irresistibile?...Forse perché col dilagare del peccato ovunque si è data più forza al nemico, sempre all'erta per profittare di ogni passo falso dell’uomo, che vuole perdere ad ogni costo?...Di tali possibili ipotesi se ne potrebbero fare tante. Quello che conta è che, vedendo la Chiesa attaccata da tutte le parti, i bravi cristiani, suoi figli, non solo non dovrebbero perdere la Fede, ma dovrebbero schierarsi più che mai a sua difesa ovunque e con tutti i mezzi, in assoluta fedeltà anche fino al martirio.

 

226) La Chiesa di Gesù è paragonata da S. Paolo a un Corpo Mistico con molte membra. Lei è dottore di spirito, cosa ne pensa delle membra di questo Corpo?

Nella lettera agli Efesini 4,1-16, San Paolo afferma che è Lui, cioè Cristo a volere alcuni Apostoli, altri evangelisti, altri dottori ecc. Proprio perché voluti e derivanti da Lui Capo del Corpo tali realtà o carismi ci saranno sempre nella Chiesa, la quale quindi, nonostante errori e defezioni, resterà sempre integra e santa. Dato però che tali realtà e carismi si incarnano in uomini, si potranno sempre avere dottori, evangelisti ecc. affetti da incoerenze di ogni genere con tutte le possibili delusioni e scandali in chi attenderebbe da loro una condotta ben diversa. Purtroppo data la debolezza e il mistero del cuore umano le cose non possono andare diversamente fino alla fine del mondo. Nessuna meraviglia allora che, oggi come ieri e sempre, si trovino anche tra i Sacerdoti, i dottori, le anime consacrate ecc., soggetti indegni, impreparati, ribelli e corrotti. Uno stato di salute, piuttosto preoccupante da un punto di vista puramente umano. E, tuttavia, malgrado tutto e nonostante tutte le rovine che si accumulano, la Chiesa per la suddetta ragione si rifarà, risorgerà più bella e immacolata di prima, come sempre è avvenuto nella storia. Perché il Signore, avendo detto Lui stesso che le porte dell'Inferno non prevarranno, non può permettere che essa affondi del tutto e perciò, con certezza assoluta, Egli la riporterà a galla con la sua onnipotente misericordia.

 

227) Perché, secondo Lei, Sacerdoti e teologi cattolici fanno fatica ad obbedire alla Madre Chiesa?

L’uomo, ogni uomo -per il peccato originale, che è un pò il marchio nell'anima di satana ribelle- è portato a non obbedire. E la tentazione purtroppo non risparmia Sacerdoti e teologi della Chiesa, infetti anch'essi di peccato originale. Anzi, data la cultura e la preparazione e altro di cui essi son dotati, la tentazione in loro a non obbedire potrebbe essere ancora più forte e insidiosa. Certo si è però che questo atteggiamento di poca o nessuna docilità alla Chiesa è, oltre tutto, la prova più evidente che non ci si rende effettivamente conto di quanto, col divenire Sacerdoti e teologi, si è promesso e giurato ai piedi dell’altare. Temo soprattutto poi che la mancata obbedienza sia dovuta tutto particolarmente a mancanza di spirito soprannaturale, alla malattia dell'orgoglio e dell'amor proprio che, oggi specialmente, fanno da padroni in tante anime. Ma anche l'ignoranza e l'influsso di un mondo impazzito hanno la loro parte di responsabilità in questo atteggiamento di sfida e di disprezzo dell’autorità. Ed è un controsenso voler giustificare tali atteggiamenti in nome dell'amore alla verità e alla libertà. Infatti, a parte il fatto che eguale amore alla verità e alla libertà bisogna supporlo onestamente anche nell'autorità, mai un vero e legittimo amore può divenire ribellione alla Madre Chiesa!

 

228) Cos’è il Magistero ecclesiastico?

E’ l’insegnamento circa le cose da credere e circa la condotta morale da avere per salvarsi l’anima e rispondere ai santi voleri di Dio. Il Magistero è ordinario e straordinario. Quello ordinario è esercitato dal Papa e dai Vescovi a Lui uniti con sermoni, scritti, interventi di varie specie e natura; con la prassi universale nella Chiesa connessa con i dogmi di fede ( soprattutto la liturgia ufficiale); col consenso moralmente unanime dei Padri e dei teologi, ecc.; col senso comune dei fedeli in fatto di Fede e di costumi, moralmente unanime. Il Magistero straordinario è esercitato dal Papa con interventi solenni e definitivi; e dai concili ecumenici legittimamente convocati e accettati dal Papa.

 

229) Che potere ha?

I Vescovi -dice la Costituzione Dogmatica del Concilio Vaticano II “Lumen Gentium” 25- “che insegnano in comunione con il Romano Pontefice devono essere da tutti ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità; e i fedeli devono accettare il giudizio dal loro Vescovo dato a nome dai Cristo in cose di Fede e morale, e dargli l’assenso religioso del loro spirito. Ma questo assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al Magistero autentico del Romano Pontefice, anche quando non parla «ex cathedra». Ciò implica che il suo supremo Magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisce alle Sue affermazioni in conformità alla volontà di Lui manifestatisi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall’insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi”.

 

230) Cos’è la Fede?

E’ l’accettare qualcosa per vera sull’autorità di chi afferma. L’autorità, consiste nell’onestà e scienza necessaria, rende credibile chi parla e afferma. La Fede quindi non è nel vedere.

Da notare che la più parte dei comportamenti umani sono comportamenti di Fede, non avendo modo di controllare o esaminare direttamente quasi niente. Così, per esempio, si mangia o si compera per... Fede, perché nessuno fa l’analisi per vedere se è pane o altro che ha sapore e apparenza di pane; per Fede umana si accetta per vero quanto è narrato dalle storie, ecc.

Per la Fede religiosa sostanzialmente è la stessa cosa: si può e si deve accettare per vero quanto proposto da Cristo, dalla Chiesa cattolica sulla loro autorità, essendo essi sommamente credibili. Credibilità che può dimostrarsi rigorosamente alla luce della storia e della ragione. E’ questa dimostrazione che rende l’atto di Fede pienamente ragionevole. E’ questa dimostrazione che rende l’atto di Fede pienamente ragionevole. Anche se, per dare il proprio assenso a quanto affermato, non è sufficiente la dimostrazione della credibilità, ma ci vuole una vera e propria Grazia di Dio.

 

231) Qualcuno si lamenta di non avere Fede e per questo non va in Chiesa...

E’ domma di Fede che tutti i battezzati hanno ricevuto il dono della Fede. Deve dirsi piuttosto che l’aver ricevuto la Fede nel Battesimo non significa che si crederà in ogni caso, così come non è detto che chiunque ha un televisore lo userà certamente. Il dono della Fede è come una nuova facoltà soprannaturale, un pò come un televisore capace di sintonizzarsi con Dio. Ma se lo strumento non lo si fa funzionare, e come se non lo si possedesse. Coloro perciò che, pur battezzati, non praticano affermando di non aver la Fede, equivocano. La Fede l’hanno certamente ricevuta con il Battesimo. Quello che manca loro sono le opere di Fede. Manca loro la volontà di voler mettere in funzione il “televisore” ricevuto. Operazione tanto più difficile, quanto più grandi sono gli ostacoli frappostovi.

 

232) La Fede rimane anche se si commette un peccato mortale?

Sì, la Fede resta anche coi peccati, ma si rischia -col moltiplicarsi di essi- di perderla, così per dire, completamente. La Fede, nel peccatore, è detta uniforme, perché le manca la forma o principio vitale della carità soprannaturale. Una Fede quindi morta, inoperante al fine soprannaturale della vita eterna. La Fede informe resta l’unico legame con Dio. Ecco perché se si pecca direttamente anche contro la Fede con l’apostasia e l’infedeltà, ci si rende conto rei del più grande dei peccati.

 

233) Cos’è la Tradizione della Chiesa?

Nel linguaggio teologico tradizionale significa tutto l’insieme della Rivelazione divina (dottrina, Sacramenti, istituzioni) di cui la Sacra scrittura è testimonianza autentica sebbene non esaustiva, che la Chiesa ha il compito di trasmettere a tutte le generazioni. La tradizione si dice divina se risale espressamente a Gesù Cristo; divino-apostolica se risale invece agli Apostoli”. “Ciò che fu trasmesso dagli Apostoli -avverte la Dei Verbum 8- comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa del Popolo di Dio e all’incremento della Fede, e così la Chiesa, nella sua dottrina nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede. Questa tradizione di origine apostolica progredisce alla Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo”.

 

234) La Chiesa ci parla di queste Tradizioni?

Sì e non una sola volta. Ai fedeli di Tessalonica S. Paolo dice : “Fratelli state saldi e mantenete le Tradizioni che avete apprese così dalla nostra Parola come dalla nostra lettera” (2 Tess 2, 15). “O Timoteo custodisci il Deposito (della Fede)” ( 1 Tim 6, 20); “Custodisci il buon deposito con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in noi” ( 2 Tim 1, 14), ecc. La Tradizione quindi contiene molto di più di quanto si trova nella S. Scrittura e perciò condanna l’affermazione che “solo la Bibbia” salva l’uomo. A prova di ciò ecco quanto afferma, per esempio, S. Giovanni a conclusione del suo Vangelo: “Vi sono molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che al mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che ci si dovrebbero scrivere” ( Gv 21, 25). Come è ancora lo stesso S. Giovanni a riportare le parole di Gesù: “Lo spirito Santo che il Padre manderà nel Mio Nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che Io vi ho detto” ( Gv 14, 26).

E ancora: “Molte cose avrei da scrivervi, ma non ho potuto farlo per mezzo di carta e di inchiostro; ho speranza di venir da voi e di poter parlare a viva voce, perché la nostra gioia sia piena” (2 Gv 12).

 

235) Quali sono gli organi della Tradizione?

Sono soprattutto il Magistero ordinario e straordinario esercitato nella Chiesa nelle Sue varie forme e modalità.

 

236) Somiglianze e differenze tra la Chiesa dei primi secoli e quella attuale.

Tra la Chiesa dei primi secoli e quella odierna esistono quasi, per così dire, le stesse differenze che si riscontrano tra il bambino e l'uomo adulto. L’uomo adulto, se si è disfatto di molte incertezze e ambiguità, ha pure acquisito nuove realizzazioni. Si tratta, tuttavia, fondamentalmente sempre dello stesso soggetto. La Chiesa dei primi secoli e quella attuale sostanzialmente non differiscono: il “Credo” di oggi, che comprende gli articoli principali della Fede, è quello stesso dei primi secoli, anche se questi articoli si sono approfonditi enormemente, evidenziando molte e legittime conclusioni. E la morale a cui si ricorre per vivere nell'imitazione di Cristo e della sua croce, è quella di sempre, anche se, anche qui, l’approfondimento dottrinale con tutte le conclusioni logiche si va facendo sempre più esteso e complesso. In venti secoli di vita si accumulano certo anche detriti e stanchezze; ma si è anche di fronte ad un incomparabile arricchimento di dottrine e di esperienze!

 

237) La santa Chiesa è essenzialmente evangelizzatrice. Forse oggi occorre una nuova evangelizzazione?

La Chiesa è essenzialmente missionaria ed evangelizzatrice, essendo questa la missione affidatale da Gesù: “Andate dunque -disse agli Apostoli- e ammaestrate tutte le nazioni...insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 27,19-20). Ma è chiaro che, in ogni proposta di verità, bisogna tener conto delle particolari sensibilità e istanze dei tempi e degli uomini. Gli uomini di oggi ai quali la Chiesa deve portare l'annunzio del Vangelo, sono certamente gli stessi, quanto a natura, che quelli dei tempi di Gesù. E tuttavia quante situazioni e problemi diversi!

D’altra parte, pur comunicando le stesse verità, non si può parlare allo stesso modo ai piccoli e ai grandi, ai dotti e agli indotti. A seconda perciò delle circostanze cambiano necessariamente armi e strategie. Oggi che il mondo va sprofondando in una paurosa barbarie dello spirito, con una ignoranza quasi totale delle nozioni più fondamentali della Fede e della morale e con la perdita completa del senso del peccato, e con tutte le nuove situazioni create da una civiltà massmediatica e il miscuglio delle razze dei popoli ecc. urge necessariamente una nuova evangelizzazione. Nuova e cioè una ulteriore evangelizzazione che riporti alla vita quanto è stato soffocato da vizi e abusi e peccati di ogni genere: quasi un rinfrescare e un portare allo scoperto la memoria di verità sepolte nell’oblio. Una evangelizzazione nuova che cioè tenga conto della particolare sensibilità e problematica moderna.

In conclusione, quindi, non si tratta di cambiare il Vangelo come se fosse superato e non più adatto e rispondente alle nuove situazioni. Si tratta semplicemente di adattare la medicina che guarisce -sempre la stessa!- tenendo conto delle condizioni dell'ammalato oggi! 

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27/08/2013 21:47
 
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I SETTE SACRAMENTI

 

238) È affermato che la Grazia è la vita di Cristo trasmessa a noi attraverso i Sacramenti, ma oggi sembra che la maggioranza dei cattolici pratichi poco i Sacramenti.

E' vero, i Cattolici oggi praticano poco e male i Sacramenti. Sondaggi in merito e soprattutto mie personali esperienze, fatte un pò dovunque e nei settori più disparati, confermano in pieno questa triste realtà. Non praticando i Sacramenti, ci si priva dei beni divini che Gesù ci ha apportato a mezzo soprattutto della sua Passione e morte. I Sacramenti infatti sono i grandi e prodigiosi fiumi di vita sgorgati dal Suo seno squarciato, destinati a trasformare e sostenere l'uomo in tutto il suo cammino verso l’eternità. Beni che si riassumono nella Grazia che è partecipazione alla stessa vita divina di Gesù. Ce lo dice Lui stesso nell'ammirabile immagine della vite e dei tralci: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in Me e Io in lui, fa molto frutto, perché senza di Me non potete far nulla. Chi non rimane in Me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano” (Gv 15,5-6). Si sa che la stessa linfa di vita circola nel tronco e nei tralci. S. Paolo può ben dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).Vivere di Cristo e in Cristo: ecco la trasformazione divina dell’uomo: “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove” (2 Cor 5,17).

 

239) Manca forse nei credenti una adeguata istruzione sull'importanza dei Sacramenti?

Sì, molto spiega la mancata istruzione per cui si ignora l'importanza di questi provvidenziali e benèfici canali o veicoli di vita soprannaturale. Ma c'è da dire subito che, oltre all’ignoranza, l’allontanamento dai Sacramenti ha cause molteplici e complesse. Esso si verifica soprattutto con l'imperversare del peccato sotto tutte le forme, con lo sfacelo della famiglia, con il calo dei Sacerdoti che spesso riescono sì e no a celebrare la Messa in varie chiese senza poter fare altro, ecc.

 

240) I Sacramenti come danno la Grazia?

I Sacramenti istituiti da Cristo sono cause efficienti strumentali. Cioè, la Grazia è data da Dio ma attraverso il rito sensibile usato come strumento. Ciò significa, che, indipendentemente dalla condizione spirituale di chi amministra il Sacramento, questo, se messo in atto secondo tutte le norme stabilite e non ci sono ostacoli da parte del soggetto, conferisce la Grazia sua propria.

 

241) I Sacramenti agiscono indipendentemente dalle disposizioni di chi li riceve, ma ognuno deve avere le disposizioni adeguate.

I Sacramenti agiscono, come si dice, ex opere operato, e cioè per il fatto stesso che vengono amministrati. E tuttavia affinché si abbiano gli effetti è necessario che non ci sia nessun impedimento. Per questo, si dice, devono riceversi con le dovute disposizioni. La disposizione non è la causa della validità del Sacramento, ma è solo rimozione di qualsiasi impedimento al suo operare, così come l'aprire le finestre è solo disposizione necessaria perché possa entrare il sole. Così chi si confessa, osservando quanto richiesto per una buona Confessione, riceve il perdono dei peccati, indipendentemente dalla condizione spirituale del confessore. Al contrario, se chi si confessa non osserva tutte le condizioni -per esempio ha l'odio nell'anima e non intende perdonare; o chi ,avendo legami al di fuori del Matrimonio legittimo, non intende spezzarli per una ragione o l'altra,- il Sacramento della Confessione non conferisce il perdono dei peccati.

Avviene così, soprattutto con i Sacramenti che imprimono il carattere (quali sono il Battesimo, la Cresima e l'Ordine). Il Sacramento, ricevuto col peccato mortale nell’anima, imprime il carattere, ma non conferisce la Grazia per l'impedimento frapposto. Una volta rimosso questo impedimento,si riceve la Grazia corrispondente al Sacramento ricevuto.

Le condizioni adeguate perché il Sacramento sia non solo valido e lecito, ma apporti all’anima, per quanto possibile, tutta la sua ricchezza di Grazia e di carità, sono oltre allo stato di Grazia purezza di vita e distacco dal peccato di qualsiasi genere, ardore di carità e docilità assoluta all'azione dello Spirito. I Sacramenti ben ricevuti finiscono per cambiare la vita radicalmente.

 

242) Qualcuno -ignorando ciò che dovrebbe sapere- “consiglia” di prendere la Santa Comunione anche se uno si trova in peccato mortale.

Una vera assurdità che non si riesce a capire come possa essere suggerita da un Sacerdote consapevole. Infatti i Sacramenti si distinguono, appunto, in Sacramenti dei vivi e in Sacramenti dei morti, vivi o morti cioè per il peccato. Il Battesimo e la Penitenza sono stati istituiti per ridare la Grazia Santificante, e perciò sono Sacramenti dei morti. Gli altri Sacramenti sono dati per accrescere e alimentare la vita già in proprio possesso. Ricevere allora l'Eucaristia in stato di morte spirituale è come voler alimentare un morto. Senza dire poi che comunicarsi in stato di peccato mortale, e quindi senza prima confessarsi, si fa gravissima ingiuria a Cristo, che viene come consegnato nelle braccia del diavolo, suo acerrimo nemico; o costretto ad entrare come in un luogo immondo e sozzo, senza alcun riguardo alla sua divina Maestà. Chi perciò si comunica in stato di peccato mortale commette sacrilegio e cioè profanazione gravissima, aggiungendo peccato mortale ad altro peccato mortale. S. Paolo parlando appunto di coloro che ricevono l'Eucaristia afferma: “Chiunque in modo indegno mangia il pane e beve il calice del Signore, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice. Perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna”(1 Cor 11,27-29).

Il Concilio Tridentino, a sua volta (D-S., n. 1647) stabilisce che chi ha commesso peccato mortale, anche se sembra contrito, non può accedere all'Eucaristia senza essersi prima purificato con la Confessione sacramentale. E’ vero qualche volta ci si può comunicare con l'essersi messi in Grazia col solo atto di amore o di contrizione, ma si tratta di casi ben delimitati, che non riguardano quasi per niente i semplici fedeli. Senza dire poi che è per lo meno sommamente imprudente consigliare, oggi, di comunicarsi in tale stato prima della Confessione, visto che i fedeli nella stragrande maggioranza ignorano quasi tutto di Fede. Sarebbero essi normalmente capaci di un autentico atto di contrizione o di amore perfetto?...

 

243) Se uno commette un peccato mortale, per ritornare in Grazia deve confessarsi?

Chi ha commesso peccato mortale di qualsiasi specie può ritornare in Grazia subito con un atto di amore o contrizione perfetta, ma deve sempre poi sottoporre il suo peccato alla Confessione, prima di andare all'altare.

 

244) Ma cos'è la Confessione?

E' uno dei sette Sacramenti istituiti da Gesù Cristo per la remissione dei peccati e il conferimento della vita soprannaturale della Grazia. E' detto Sacramento dei morti perché assolutamente necessario ai battezzati che sono “morti” e cioè che hanno perduto la Grazia di Dio, ricevuta nel Battesimo. Lo si può ricevere sempre che si vuole, senza alcuna limitazione.

 

245) Come fare la Confessione?

Per fare validamente e utilmente la Confessione, bisogna farla con la volontà non solo di manifestare sinceramente tutti i peccati mortali al confessore, ma soprattutto con il proposito sincero di finirla con la vita peccaminosa, impegnandosi con tutte le forze a non più ricadere, cercando di evitare anche le occasioni prossime di peccato.

 

246) Quali atti bisogna fare prima della Confessione?

Gli atti della Confessione sono cinque: quattro devono precedere la Confessione e uno si compie dopo; e cioè:

*un buon esame di coscienza, cercando cioè di individuare i peccati commessi, esaminando pensieri, azioni, comportamenti alla luce dei comandamenti di Dio e dei precetti della Chiesa e dei doveri del proprio stato;

*dolore dei peccati, pentendosi cioè di aver offeso Dio somma bontà e aver per questo meritato l'Inferno e rovinata spiritualmente l'anima propria;

*proponimento o proposito di non voler più peccare: è questa l'altra faccia di un dolore sincero. E cioè chi è sinceramente pentito, non intende più peccare. Volersi perciò confessare senza uscire effettivamente dal peccato e senza la sincera volontà di non volerlo più commettere è burlarsi di Dio, chiedendo un perdono che nessuno potrà mai accordare; e finalmente

*l'accusa sincera, dettagliata dei peccati mortali commessi in numero (numero preciso o, almeno, approssimativo)e in specie (specificare cioè se si tratti di peccati di furto o di impurità ecc.; se si tratta di furto semplice o di furto sacrilego di cose sacre; se il peccato impuro è stato commesso da solo o con altri e se si tratta di maschi o femmine, di liberi o sposati ecc. Circostanze da manifestare necessariamente sia per l'integrità della Confessione e sia per il giudizio da emettersi dal Sacerdote e anche per la terapia più opportuna da consigliare).

Con l'accusa necessaria e obbligatoria di tutti i peccati mortali, si fa anche possibilmente l'accusa (non strettamente obbligatoria ma sommamente utile al bene spirituale dell'anima e perciò in tutti i modi consigliata) dei peccati veniali.

A tutto questo deve seguire l'assoluzione e cioè il conferimento del perdono da parte del Sacerdote, che è l'unico a giudicare se si è nelle condizioni di ricevere il perdono o no da Dio.

 

247) E dopo la Confessione?

Chi si confessa è obbligato, per la completezza della Confessione -è il quinto atto del penitente-, a fare al più presto la penitenza, e cioè quella preghiera o opera buona imposta dal Sacerdote confessore in riparazione dei peccati commessi. Perché se la Confessione rimette interamente la colpa; e rimette la pena eterna meritata per il peccato mortale, non libera del tutto dalla pena dovuta ai peccati commessi, generalmente per insufficienza di pentimento e di amore. Soprattutto, se è il caso, si è obbligati, per la validità della Confessione, a restituire i beni rubati o a risarcire la fama tolta con qualsiasi mezzo, nella misura e nelle modalità determinate dal confessore. E più specialmente si è obbligati a sforzarsi a cambiare vita, mantenendo appunto le promesse fatte a Dio nella Confessione.

 

248) Quindi se non si ha dolore per l'offesa fatta a Dio, la Confessione non è valida anche se uno riceve l'assoluzione dal Sacerdote?

Se non si ha vero dolore per i peccati commessi e insieme la volontà sincera di uscire dal peccato, -lo si diceva già- non esiste perdono né da parte del Sacerdote o della Chiesa né da parte di Dio. E' infatti fragrante contraddizione chiedere perdono per un peccato che si vuole continuare a commettere. E' per questo anche, per esempio, che non potrà mai essere assolto un divorziato che convive e intende di continuare a vivere in peccato con altra persona. Non è la Chiesa o il Sacerdote che non vuole accordare il perdono, è nella natura stessa delle cose che non lo si possa accordare in cosiffatte situazioni. Strappare in circostanze del genere un'assoluzione da un Sacerdote incosciente o ignorante, anche con inganno o fingere di uscire dalla propria posizione irregolare, non è affatto ottenere veramente il perdono. Perché l’assoluzione, pur data e ricevuta materialmente, resta invalida a tutti gli effetti. Se si può ingannare un uomo, non si può certamente ingannare Dio!

 

249) Per cui, tutti coloro che si confessano senza dolore non ricevono il perdono dei peccati da Dio. Inoltre, se prendono la Santa Comunione commettono sacrilegio.

Voglio credere che almeno in alcuni di costoro Dio -se non l'uomo- trovi almeno quel minimo indispensabile a cui poter, per così dire, agganciare il perdono. C’è però veramente da aver paura che molte confessioni, fatte con estrema leggerezza e superficialità, siano invalide se non addirittura sacrileghe.

Fino a che punto poi tali persone devono dirsi in peccato mortale, solo Dio lo sa, data l'enorme ignoranza in cui si vive oggi. Quanto detto per la Confessione vale naturalmente anche per la Comunione eucaristica, se questa dovesse seguire a cosiffatte confessioni. Con l’aggravante, naturalmente, di un altro gesto sacrilego che non solo non porta nessun frutto spirituale, ma danneggia enormemente l'anima e la vita spirituale.

 

250) Si vedono i confessionali vuoti e tanti che prendono la santa Comunione. Quelli che si confessano fanno queste valutazioni e pensano che quelli commettono sacrilegi.

Forse l'ignoranza assolverà tanti dal peccato di sacrilegio, ma è certo -per constatazione fatta- che molti si accostano alla mensa eucaristica senza confessarsi pur avendo disertato la Messa domenicale o festiva e commesso bestemmie e impurità, ecc.! Almeno oggettivamente le comunioni di tali persone sono sacrileghe. Senza dire poi nulla delle altre disposizioni richieste per comunicarsi santamente e fruttuosamente, e che molto spesso mancano del tutto.

 

251) In molti casi manca ai fidanzati una adeguata preparazione sulla morale sessuale. Forse, molti Parroci non hanno molto tempo.

I fidanzati dovrebbero essere illuminati sulla morale sessuale che, perciò, dovrebbe essere insegnata da veri competenti -Sacerdoti o laici- in teologia morale. Purtroppo avviene che, assieme ad una morale permissiva oggi quasi di moda, si unisca anche una grande incompetenza, per cui aumentano la confusione e i peccati.

Ma è anche vero però che, molto spesso, pur conoscendo bene la morale sessuale, i fidanzati non se ne preoccupano soverchiamente, permettendosi tutto, autogiustificandosi allegramente che “di certe cose non si può fare a meno, essendo esigenze di natura (!?)” e trattandosi di “peccati di amore” e simili corbellerie, con le quali si va svuotando completamente la santa legge di Dio, che a tutti e in ogni tempo, eccetto che nel legittimo Matrimonio, impone di non fornicare.

 

252) Alla Cresima non molti danno giusta importanza.

La Cresima è importante non tanto perché conferisce i doni dello Spirito Santo .Lo Spirito Santo e i suoi doni si ricevono anche in tutti gli altri Sacramenti; ma si ricevono in pienezza nel o col Sacramento della Cresima, portando così l'anima a quella maturità o età adulta, per cui è pronta a qualsiasi compito cui Dio la destina. Un Sacramento, dunque, di grande importanza come è importante arrivare ad essere adulto e non rimanere eternamente bambino. Proprio per questa avvenuta maturità spirituale, il battezzato, già membro della Chiesa per il Battesimo, prende il suo posto nel corpo mistico, là dove deve realizzare e vivere la sua vocazione di cristiano.

La cresima è, perciò, detta il Sacramento della maturità spirituale e della “vocazione” nel Corpo mistico di Gesù. Naturalmente, pur essendo divenuti “adulti” per la cresima, non significa che, dopo il Sacramento, si è anche maturi e adulti nella pratica della vita cristiana. Così come, analogamente, l’essere pervenuti all'età dei 18 anni, inizio per legge dell'età adulta, non significa che si è adulti anche nella mente e nello spirito, visto che tanti rimangono “bambini” pur raggiungendo i 60 anni e oltre! La maturità spirituale, cioè, deve proiettarsi nella vita di tutti i giorni con l'aiuto e l'assistenza dello Spirito Santo, ricevuto nella pienezza dei Suoi doni! Ignorandosi tutto questo, non c'è da stupirsi che il Sacramento sia snobbato e quasi trascurato del tutto.

 

253) Le promesse battesimali sono da molti dimenticate. Come fare per svegliare tantissime coscienze?

Bisogna tornare, a mio modesto parere, ad una catechesi elementare e capillare, ricorrendo magari ai grandi mezzi di comunicazione che arrivano con enorme facilità alle grandi masse in brevissimo tempo. Inventare nuovi metodi di evangelizzazione permeando tutto e tutti della luce della rivelazione evangelica. Non è questa la nuova evangelizzazione di cui parla tanto spesso Papa Giovanni Paolo II?

Quando Sacerdoti e Laici avranno impegnato al massimo e nel modo migliore le proprie energie sarà Dio a dare l’incremento, come dice l'Apostolo Paolo.

Uno dei grandi mezzi per un ritorno massiccio alla conoscenza e all'adempimento delle promesse battesimali fu ed è ancora la consacrazione alla Madonna, presentata dal Montfort e, dopo di lui, da tanti apostoli mariani come S. Massimiliano Kolbe, come recupero e ritorno al Battesimo. Non è fuori posto invitare a ritornare anche a questo grande mezzo di santificazione, tanto più che la Madonna stessa l'ha richiesta a Fatima per la salvezza del mondo.

 

254) Da qualche parte, è venuta la voce di spostare il Battesimo all'età adulta, in modo che la persona sia responsabile.

Non è escluso che, nella presa di posizione di tanti che spingono a che il Battesimo sia amministrato in età adulta e consapevole, ci sia spesso, inconfessato e strisciante, quel razionalismo che si ostina a giudicare le cose di Dio alla stregua delle cose della terra, avanzando anche magari proposte in stridente contraddizione con analoghe situazioni esistenziali. Per esempio, è per lo meno strano che non si trovi affatto da ridire se, per donare una grande eredità, non si attende a volte neanche la nascita del destinatario. Si trova invece a ridire che si conferisca a un infante, senza che lo sappia e ne sia consapevole, l’inimmaginabile e incomparabile ricchezza del dono della vita eterna, attraverso il Battesimo.

Ciò assodato, bisogna pur dire però, ad onore del vero, che il conferimento del Battesimo ai piccoli comporta problemi pastorali che, per lo meno, vanno tenuti d'occhio e prudentemente vagliati.

Il Battesimo, lo si sa, libera dal peccato originale, conferisce il dono della Grazia Santificante che è pegno e caparra di vita eterna, imprime il carattere per cui l'anima è segnata in eterno della somiglianza con Cristo Gesù, e rende pure membro vivo della Chiesa, inserendolo nella sua compagine misteriosa. Ebbene, questa splendida realtà, che andrebbe accolta, compresa e valorizzata per lo sviluppo spirituale e il destino eterno del battezzato, rischia, vivendo in un contesto del tutto alieno dal Vangelo, di rimanere uno dei tanti gesti incompresi, se non addirittura ridicolizzati e profanati. Perciò data la dilagante scristianizzazione della società odierna forse occorrerà anche -messe in salvo la liceità e la provvidenzialità del conferimento del Battesimo anche ai bambini che è di tradizione apostolica- che si prendano in esame, per casi particolari, delle soluzioni più articolate e di eccezione.

 

255) Che significa Unzione degli infermi?

Dio istituendo i Sacramenti intese venire incontro all'uomo in tutte le principali necessità della sua vita. Uno dei momenti più importanti di questa è l'approssimarsi della morte, che può far paura per tante ragioni. Il Sacramento dell'Unzione -amministrato con olio benedetto dal Vescovo- conferisce Grazia, forza, conforto e perdono dei peccati. E' questo il Sacramento della speranza e il viatico benedetto che aiuta a fare il grande passaggio dal tempo all'eternità.

 

256) In quali circostanze si può ricevere?

Quando l'uomo è gravemente ammalato, e quindi in pericolo di morte. Poiché però la stessa vecchiaia è malattia che può sfociare da un momento all'altro alla morte, si può ricevere la sacra Unzione in tale età pur non accusando vera e propria specifica malattia.

 

257) Una società senza Sacramenti, che fine potrà fare?

Sarà una società senza amore e senza luce e forza soprannaturale, per non dire di più e di peggio. I Sacramenti sono ammirabili fonti di vita e di giovinezza, di amore e di speranza. Una società, nello stato decaduto in cui è uomo, non potendo con le sole sue risorse naturali far fronte alle necessità dello spirito e aver ragione di tutte le forze negative che ne insidiano la vita e la sanità, è condannata con quasi assoluta certezza ad un lento ma inesorabile degrado morale e spirituale, dalle conseguenze incalcolabili. La fine di Ninive, Babilonia, Atene, Roma ecc. dovrebbe pur insegnare qualcosa!

 

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IL PAPA DI TUTTI

258) Chi è il Papa?
E' il Vicario di Cristo in terra o come diceva S. Caterina da Siena “il dolce Cristo in terra”. Papa significa Padre, e il Papa è il vero e principale padre di tutte le anime della Chiesa.
Primo per dignità, poteri e responsabilità conferiti a Lui da Cristo stesso, è investito di poteri spirituali specialissimi anche personali, necessari al governo e alla guida di tutta la Chiesa. Ha in particolare il carisma dell'infallibilità in materia di Fede e di morale quando parla e insegna con l'esplicita volontà di esercitare il Suo ufficio di Pastore e Maestro supremo e universale. Essendo la Roccia sulla quale poggia tutta la Chiesa, Egli è il simbolo e il tutore soprattutto dell’unità e dell’ortodossia della Fede.

259) Cosa intendeva Gesù con queste parole rivolte a Pietro: “A Te darò le chiavi del regno dei Cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei Cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei Cieli?”
“Ti darò le chiavi del Regno dei Cieli...”. Il regno dei Cieli, come risulta da tutto il contesto, è la Chiesa operante in terra per continuare l'opera redentiva di Gesù fino alla fine dei secoli. Promettendo solennemente di dargli le chiavi, simbolo del potere e dell’autorità, Cristo promette di dare a Pietro tutti i poteri necessari con i quali la Chiesa possa continuare l'opera redentiva di salvezza, da Lui Cristo portata a termine.
“Tutto quello che scioglierai sulla terra sarà sciolto anche nel Cielo; tutto quello che legherai sulla terra sarà legato anche nel Cielo...”. E' il potere di assolvere o non assolvere dal peccato, e il potere di governare e di legiferare con decisioni convalidate in Cielo da Dio stesso.
In suddette parole si insinua pure la perpetuità del potere o primato di Pietro che godrà pure del carisma dell’infallibilità. Il primato e potere supremo sarà perpetuo dovendosi esercitare nella Chiesa, che durerà fino alla fine dei tempi. Non potendosi esercitare da Pietro, soggetto come tutti gli uomini alla morte, è chiaro che esso dovrà essere esercitato dai Suoi legittimi successori.
Vi si insinua pure, abbiamo detto, l’infallibilità di tale ministero. Non potrebbe infatti essere confermato in Cielo quanto deciso sulla terra, se questo non fosse secondo Dio e la verità. Né l'errore né il peccato possono essere avallati da Dio.

260) Il Papa è infallibile?
Sì, infallibile nel senso che mai potrà insegnare ufficialmente cose in contrasto con la Fede e i costumi, in contrasto cioè con quanto voluto dalla verità e dalla Rivelazione.
Non si confonda, tuttavia infallibilità con impeccabilità: l’infallibilità riguarda l’insegnamento, la peccabilità si attiene al comportamento pratico. Il Papa è infallibile in fatto di Fede e di costumi, ma non è impeccabile; e cioè, pur infallibile per carisma ricevuto dall’alto, potrebbe moralmente cadere in peccato nella sua vita quotidiana privata. Comportamento personale e investitura di poteri sono due distinte realtà che non si oppongono né si condizionano a vicenda. Anche se non è del tutto indifferente e non è senza conseguenze la condotta di un Papa nell'esercizio della Sua Autorità e del Suo insegnamento.

261) Ci spieghi come fare per distinguere quando parla in maniera solenne e perciò infallibile, da quando non intende definire qualcosa.
Ci sono, prima di tutto, casi nei quali è chiaro a tutti che il Papa parla come Supremo Pastore che insegna: sono quelli nei quali egli intende rispondere a precisi quesiti o dubbi di Fede e di morale presentati o presi in esame per una soluzione e un chiarimento.
Quando, ancora, Egli fa uso della formula solenne: “In forza del potere a Noi conferito ecc. proclamiamo, dichiariamo, definiamo... ecc.”.
Altro caso: quando Papa e Concilio definiscono verità o condannano errori ed eresie: segni indubbi di tale attività infallibile sono le Costituzioni dogmatiche, i canoni che le accompagnano ecc.
La nota di infallibilità, tuttavia, è reperibile anche nel Magistero ordinario espresso o esercitato con encicliche, discorsi, ecc. quando ci si rifà chiaramente a verità insegnate ovunque e ininterrottamente dalla Tradizione. Per esempio la condanna dell'onanismo e dell'uso di contraccettivi, ricorrente tante volte in discorsi ed encicliche di Pontefici e qualificata sempre come peccato mortale, appartiene certamente al Magistero infallibile ordinario. Questo, grosso modo, il Magistero infallibile del Papa, anche se in merito bisognerebbe, per una migliore comprensione dell’argomento, accennare a vari altri e complessi problemi connessi.

262) Gesù prima di lasciare la terra, ripetè per tre volte a San Pietro “Pasci le mie pecorelle...pasci i miei agnelli”. Queste parole le rivolse a Lui, anche se erano presenti gli altri Apostoli. E’ esplicito che Gesù lasciò come Suo Vicario San Pietro?
Dette parole furono rivolte a Pietro e chiaramente a Lui solo dal momento che Lui solo era stato interpellato da Gesù: “Simone di Giovanni mi ami tu più di costoro?”...
Dicendogli: “Pasci le mie pecorelle...i miei agnelli...”, Gli comanda di pascere pecore e agnelli e cioè l'intero gregge (fedeli e pastori), adempiendo così la promessa che gli aveva fatta in precedenza con le parole: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa. A te darò le chiavi...”.
Pietro è costituito così nella Chiesa Vicario di Cristo in terra. Se infatti il buon pastore è Gesù e anche Pietro è chiamato a pascere il gregge, evidentemente egli lo può fare solo in qualità di vicario, non di pastore principale!

263) Negli Atti degli Apostoli è scritto che solo con la sua ombra, San Pietro guariva uomini da dove passava.
L'annotazione degli Atti degli Apostoli che si ottenevano guarigioni di ammalati anche con la sola ombra di Pietro, voleva forse far risaltare non solo il potere di far miracoli concesso a tutti gli Apostoli, ma soprattutto il fatto che Lui, Pietro, era ritenuto il capo e quindi rappresentava più visibilmente degli altri il Signore. Probabilmente valgono qui in proposito le parole di Bossuet: “Pietro sembra il primo in ogni senso: il primo a riconoscere la Fede; il primo nell'obbligo di esercitare l’amore; il primo di tutti gli apostoli a vedere il Salvatore resuscitato dai morti, come ne era stato il primo testimone davanti a tutto il popolo; il primo quando si dovette completare il numero degli apostoli; il primo a confermare la Fede con un miracolo (...) il primo sempre e dovunque”.

264) “Non ho argento né oro ma quello che ho te lo dono. Nel nome di Gesù Cristo, alzati e cammina”. Sono parole piene di Fede dette da San Pietro, che confermavano l'autorità che Gesù gli aveva data sugli Apostoli e i credenti in Lui.
Assieme ad un riferimento alla dignità di capo della Chiesa -è Pietro, infatti, che prende l’iniziativa, non Giovanni che l’accompagna-, le parole suddette vogliono affermare solennemente in faccia a tutti che l'unico a salvare e a dare la vita eterna è Gesù il Cristo, in Nome del quale ogni uomo trova salvezza; e i poteri concessi alla Chiesa, chiamata a perennare l'opera sua salvifica.

265) Nel Vangelo risulta evidente la superiorità di San Pietro sugli altri, e viene scritto dagli Evangelisti. Dopo la morte di Gesù, il Suo Vicario doveva confermare i discepoli, così i Successori di San Pietro. Questo fino alla fine dei tempi?
La durata del compito di confermare i fratelli, data da Cristo a Pietro, la si deve misurare dalla durata della Chiesa dove Lui è pietra angolare visibile. La Chiesa che Cristo promette di edificare è quella che dovrà annunziare l'insegnamento di Gesù a tutto il mondo, quella che le porte dell'Inferno non riusciranno mai a vincere da spazzarla definitivamente dalla scena della storia. Evidente allora che la missione data a Pietro deve perennarsi e continuarsi nei Suoi successori, fino alla fine dei tempi.

266) Il Papa è Capo del Magistero?
Il Magistero appartiene a tutti i Vescovi insieme col Papa. Ma di tale Magistero il Papa ne è la prima e più importante voce per il ruolo tutto particolare che è chiamato a svolgere nella Chiesa. Lui solo, infatti, è “Pietra” su cui si fonda la Chiesa; a Lui solo Cristo ha dato le chiavi e a Lui in particolare furono dette le parole indirizzate a tutti gli Apostoli: “Quello che legherai... quello che scioglierai...”. E a Lui solo è dato il compito di confermare i fratelli.

267) Cos’è il Magistero della Santa Chiesa?
Il Magistero è, in pratica, il compito di guidare le anime alla salvezza, proponendo loro l'insegnamento di Cristo e la sua Rivelazione. Il Magistero riguarda quindi, ovviamente, la Fede e i costumi, proponendo ciò che bisogna credere e accettare sull'autorità di Dio; e insegnando come e cosa bisogna operare per arrivare alla salvezza nel tempo e nell'eternità.

268) Se il Papa rappresenta Cristo, tutti i Sacerdoti dovrebbero essergli uniti. Certo, la storia di Giuda insegna, ma non giova alla causa di Cristo la divisione... Rende più forte il diavolo.
L'unione col Papa è di importanza vitale. Senza la comunione con Lui si rischia di perdere anche la comunione con Cristo, e quindi la salvezza stessa. G. De Maistre invitando a guardare ai grandi dottori della Chiesa cattolica, sottolineava che “quanto è più rilevante in loro il principio della santità, tanto più li troverete zelanti verso la Santa Sede, più convinti dei suoi diritti, più attenti a difenderli. Il fatto è che la Santa Sede ha contro di sé soltanto l’orgoglio, il quale viene sacrificato dalla santità” (G. De Maistre, Il Papa, Rizzoli 1995, p.71). Sì, è significativo che l'amore al Papa, fatto di ubbidienza e di docile ascolto, lo si ritrovi incondizionato e ardente in tutti i Santi. Ciò dovrebbe far riflettere gli spiriti critici che, per una ragione o l’altra, ritengono di dover dissentire dal supremo Pastore e addirittura di non accoglierne le prescrizioni. Lutero stesso se avesse ragionato meno e avesse avuto un pizzico di Fede e di amore in più, avrebbe potuto, come Francesco di Assisi e Caterina da Siena, essere di immensa utilità alla Chiesa universale con conseguenze facilmente prevedibili. Il dissenso e l'opposizione al Papa generalmente fanno solo il gioco di satana.

269) Non si ama la Chiesa se non si ama il Papa?
La Chiesa voluta dall'Amore di Gesù è tutt'uno in sé e con Lui. Separando perciò il Papa dalla Chiesa, in realtà si ripudia la Chiesa di Cristo e si attenta alla sua esistenza. D’altra parte come presumere di appartenere ancora a Cristo, se non si ama quello che Lui vuole e ama ? E il Papa è certamente voluto e amato da Cristo!

270) Ci sono persone che per proprie convinzioni non vogliono sottomettersi all'autorità del Papa, e cercano cavilli dicendo che qualche Papa nel medioevo ha sbagliato. Ma ha sbagliato in materia di Fede e di morale oppure in cose estranee alla dottrina?
Errori e peccati di Papi sono certamente dolorosi e mettono a dura prova la Fede dei più deboli. Questi infatti sono sempre tentati di esclamare: se il Papa stesso non fa quello che predica, vuol dire che neanche Lui crede a quello che dice. Ma ci si dimentica che l’uomo, anche sotto vesti e abiti papali, resta sempre uomo con i suoi limiti e le sue carenze. Ci si dimentica che spesso il cuore umano è un mistero insondabile. E ci si dimentica pure che gli errori e i peccati del Papa mai hanno interessato la Fede e i costumi. E cioè, pur con tutte le miserie, mai un Papa ha insegnato ufficialmente errori dogmatici o morali. Bisognerebbe imparare a distinguere che la dignità o il potere di cui si può essere investito è tutt'altra cosa dalla condotta morale. Il peccato non toglie il potere che si possiede, così come la vita scandalosa di un medico nulla toglie alla sua eventuale bravura professionale. L’essere infallibile in materia di Fede e di morale non implica -abbiamo già detto- essere impeccabile nella propria vita personale. Bisognerebbe aggiungere pure che errori e peccati di Papi sono spesso enormemente gonfiati ed enfatizzati su suggestione di satana, irriducibile nemico della Chiesa.
Oltre agli errori e peccati di Papi, molto pochi, ci sono tutte le splendide gesta e gli eroismi e la santità di tantissimi altri che brillano ancora nel mondo con la luce della loro sapienza e santità. Ben a ragione i Padri si esaltavano davanti a questa “divina” realtà, celebrandola soprattutto come un giardino nel quale crescono i più splendidi fiori. Ecco S. Cipriano che scrive: “O beata la nostra Chiesa, che Dio illumina ancora e onora di tanta dignità, la nostra Chiesa che anche ai nostri tempi è resa splendente dal sangue glorioso dei martiri! Prima era candida nelle opere dei fratelli, ora è diventata purpurea nel sangue dei martiri. Fra i suoi fiori non mancano né i gigli né le rose”(S. Cipriano, Lettere, lett. 10,5). Ecco S. Agostino che dice: La Chiesa “il bel giardino del Signore possiede non solo le rose dei martiri, ma anche i gigli dei vergini, l’edera di quelli che vivono nel Matrimonio, le viole delle vedove”(S. Agostino, Discorsi, disc. 304, 1-4).

271) Essere Papa è motivo di gloria o di profonde sofferenze?
Per chi ha lo Spirito di Cristo ed è consapevole delle tremende responsabilità di una missione e ufficio così alti, il papato non può che essere un carico quasi schiacciante di sofferenze e di preoccupazioni. Il Papa, un pò come Cristo di cui è Vicario, porta i peccati degli uomini, ed è segno di contraddizione, e bersaglio preferito contro cui si avventano satana e l'Inferno intero. Il motto di cui si fregia “Servo dei servi di Dio” non è uno slogan di parata, dice piuttosto una realtà che, per molti aspetti, pone il Papa ai piedi e al servizio del mondo intero. Il che è possibile solo con una immensa dose di Grazia dall'alto e di virtù eroica.

272) Riassuma il suo pensiero sul Papa.
Volendo riassumere il tutto, direi: il Papa è per me la realtà più grande e più bella e più sublime, dopo quella di Cristo. Anche per me è “il dolce Cristo in terra” e volentieri darei la vita per Lui.
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S. GIUSEPPE:

L'UMILE SERAFINO D'AMORE

 

273) L’umiltà di S. Giuseppe è straordinaria, ma è anche il terrore dei diavoli.

Si direbbe, parlando di S.Giuseppe, che non possediamo dati sufficienti, essendo il Vangelo così parco sul Suo conto. E invece basta riflettere un pò per ritrovare in Lui splendori incomparabili di tutte le virtù e, prima di tutto, dell’umiltà. S. Giuseppe dovette possedere questa virtù in grado assolutamente eccezionale. Come avrebbe potuto essere accanto a Gesù, il Verbo che si era esinanito, e accanto a Maria “l'umile ed alta più che creatura”? L’infinita sapienza di Dio ,che sa così bene armonizzare e mettere le creature l'una accanto all’altra, deve averlo fatto splendidamente soprattutto nel Suo capolavoro, la Famiglia di Nazaret. E perciò l'umiltà di S. Giuseppe era, in certo qual modo, adeguata a quella di Gesù e di Maria.

L'umiltà di Giuseppe si rivela, per esempio, nella sua eroica obbedienza al Signore, e della quale il Vangelo ci dà notizia. D’altra parte egli, certamente consapevole dell'inaudito mistero di redenzione, che si andava compiendo attorno a Lui, poteva accettare di stare accanto a Gesù e a Maria, solo sprofondandosi nell'abisso del Suo niente, in atteggiamento di perenne silenzio adorante. Una ricchezza dunque di virtù velata da quella parola evangelica, così gravida di significato: “Giuseppe...che era giusto...”(Mt 1,19).

Stando così le cose è evidente che Giuseppe è il terrore dei demoni, essendo l'umiltà quanto di più odiato e temuto da essi, strutturati come sono d'insano orgoglio.

Ma Giuseppe è particolarmente temuto dal demonio anche perché, avendo egli protetto e messo al sicuro i Suoi due tesori, Gesù e Maria, proprio con la sua obbediente umiltà, continua a difenderli e proteggerli in qualche modo, nella Chiesa e nelle anime tutte, oltre che con la sua potentissima intercessione dal Cielo, proprio additando costantemente nell'umiltà il segreto di ogni vittoria sulle insidie del male.

 

274) Come mai S. Giuseppe è poco conosciuto?

Potrei rispondere che anche nel “destino” dei Santi, c’è un mistero grande difficile a svelare. Perché alcuni Santi operano moltissimi miracoli ed altri no?...Perché alcuni Santi sono amatissimi dal popolo nonostante la lontananza di tempi, di temperamenti e di cultura e altri, invece, cadono presto in dimenticanza? Perché alcuni Santi arrivano prestissimo alla gloria degli altari, mentre altri vi arrivano dopo secoli o non vi arrivano affatto?....Si potrebbe continuare ad accumulare domande di questo genere, alle quali si può rispondere solo fino ad un certo punto. Evidentemente c'è un piano di Dio anche per i Santi del Cielo nell'economia della salvezza. Siamo nel caso: perchè S. Giuseppe sia rimasto quasi ignorato per secoli può spiegarsi, ma solo in qualche modo, con svariate ragioni. Non certamente per il fatto che egli abbia avuto, nel mistero della redenzione, un ruolo importantissimo ma limitato solo ad un periodo iniziale.

Così in un mondo, che non stimando affatto il lavoro lo riservava agli schiavi, si poteva essere indotti a mettere un pò in ombra S. Giuseppe che era un lavoratore: non sarebbe stato certamente facile presentare a modello un Santo lavoratore.

Ancora. Non aiuta a rendere familiare alle masse un Santo come S. Giuseppe dall'intensissima vita interiore e dalle virtù splendide sublimi, ma tutte immerse nel silenzio e nella notte. Le masse, infatti, generalmente, sono estroverse e abituate a valutare soprattutto quello che si tocca con le mani e si vede con gli occhi.

Ma, per la stessa misteriosa Provvidenza di Dio, la figura di S. Giuseppe si imporrà in tutta la sua grandezza in tempi nei quali il lavoro è esaltato o dissacrato, orientato com'è solo al profitto e allo sfruttamento dei fratelli e dell’ambiente; e il silenzio, travolto da rumori e chiasso infernale, è pur sempre riguardato da tanti come ristoro e rifugio dell'anima alla ricerca di Dio e di valori eterni. Da aggiungere che S. Giuseppe è poco conosciuto anche perché la teologia si è poco occupata di Lui: un fenomeno che è insieme causa ed effetto dello scarso rilievo dato a tale figura.

 

275) Il Suo compito è stato unico?

A Lui solo Dio ha affidato il compito di occultare agli occhi indiscreti il mistero della redenzione. Il Matrimonio con Maria, infatti, velerà il mistero della concezione verginale di Gesù agli occhi degli uomini e del demonio; e impedirà che Maria fosse stata lapidata come adultera, secondo la Legge Mosaica, eventualità che avrebbe logicamente mandato per aria il progetto stesso della salvezza degli uomini.

Solo a Giuseppe pure sarà affidato l'incomparabile compito di preservare la vita e la sicurezza di Gesù e di Maria contro tutti gli attacchi che, presto e con estrema violenza, l’Inferno scatenerà contro di loro. S. Giuseppe, definito l'ombra del Padre celeste, ha realmente protetto e difeso, con la sua ombra discreta, i più grandi tesori del Cielo e della terra, Gesù e Maria.

 

276) Era giovane quando sposò Maria?

Certamente Giuseppe doveva essere giovanissimo quando sposò Maria. Nulla infatti fa pensare ad un vecchio che sposa una ragazza di 15 anni come era Maria: sarebbe stato, oltre tutto, ridicolo agli occhi al mondo. Il fatto poi che sia stato presentato come un vecchio, potrebbe spiegarsi con la disciplina del misterioso che velava sotto simboli e immagini i misteri della Fede per impedire che fossero ridicolizzati e profanati dai pagani, perché non compresi. L’immagine di San Giuseppe “vecchio” avrebbe dovuto “coprire” il mistero della concezione verginale di Gesù dai facili assalti da parte di chi mai avrebbe potuto capire e ammettere un mistero del genere.

 

277) San Giuseppe è il Santo che più ha amato Gesù, essendoGli stato Custode, guida e Padre verginale. Per questo San Giuseppe è potente intercessore?

Sì, S. Giuseppe è intercessore potente più che tutti gli altri Santi perché padre putativo di Gesù e Sposo castissimo di Maria e loro vigile premuroso Custode e difensore su questa terra. In tale veste quindi o ruolo egli è stato anche l'esaltatore dei diritti di Dio e della verità. E poi ha lavorato con tutto se stesso e con sconfinato amore per nutrire Gesù e Maria. Sarebbe pure estremamente interessante scendere nelle abissali profondità dell'amore di Giuseppe per Gesù e Maria, e rendersi conto, in qualche modo, del vincolo strettissimo che lo univa al Dio del Cielo e della terra e a Colei che è la Regina degli Angeli e degli uomini. Sono soprattutto questi i titoli -a parte anche la sua ricchezza interiore di virtù e di meriti, incomparabilmente- che spiegano in qualche modo l'efficacia dell'intercessione di Giuseppe sul Cuore di Gesù e di Maria.

 

278) S. Teresa d'Avila ne era molto devota, ed otteneva tantissime Grazie dal Santo Patriarca.

S. Teresa d'Avila era devotissima di S. Giuseppe e ha scritto che non ha chiesto mai senza essere esaudita. Con l'intuito di santa e di donna di eccezione -a parte anche l'illuminazione dello Spirito Santo che sempre l'accompagnò nella vita e nelle sue imprese- Teresa ha contribuito non poco a rivelare una grandezza, qual è quella di S. Giuseppe, che, come si diceva, poteva e potrebbe sfuggire facilmente all'occhio superficiale di tanti.

 

279) S. Bernardino da Siena, S. Alfonso M.De Liguori e altri Santi hanno detto che S. Giuseppe è stato assunto in Cielo in Anima e Corpo.

E' una opinione per nulla disprezzabile, considerato il ruolo di S.Giuseppe e l'eccezionale sua statura spirituale. Personalmente ho cara questa ipotesi e la ritengo tutt'altro che sbagliata. Oltre tutto, l’assunzione di S. Giuseppe in Anima e Corpo al Cielo sarebbe una prova di più dell'amore di Gesù per il Suo Padre putativo. Non saprei dire però se questa pia opinione potrà mai essere provata teologicamente, alla luce cioè della rivelazione divina.

 

280) Quindi, Dio Padre ha affidato il Bambino Gesù e l'Immacolata Madre al più Santo dei padri e degli uomini di tutti i tempi.

Sta proprio qui la prova della grandezza unica di S. Giuseppe. L’aver affidato a Lui quanto di più eccelso poteva esserci e ci sarà mai nella creazione prova che S. Giuseppe era di una grandezza spirituale addirittura da capogiro, che Lo distanzia infinitamente da tutti gli Angeli e Santi del Paradiso.

 

281) Se S. Giuseppe è il modello per amare Gesù e Maria, sicuramente Loro due vogliono che noi conosciamo, amiamo e veneriamo il Santo falegname di Nazareth.

L'amore vero desidera sempre l'esaltazione e la glorificazione dell’amato. Se S. Giuseppe ha amato come nessuno al mondo Gesù e Maria, anche Gesù e Maria a loro volta hanno amato e amano sconfinatamente Giuseppe e, per conseguenza, ne devono volere la conoscenza e l’esaltazione. E perciò ogni onore tributato a Giuseppe è certamente voluto prima da Loro, e per Loro è gioia e soddisfazione purissima.

 

282) I due Santi Formatori di Gesù Bambino non hanno eguali nell’amore verso Dio. Potrebbe sembrare una contraddizione, ma la Famiglia di Nazareth è stata la più incompresa, più perseguitata e più maltrattata. Questa Famiglia ha conosciuto bene la sofferenza, la povertà, il dolore, l’esilio forzato...

Storicamente parlando la Sacra Famiglia, pur essendo quello che era, unica al mondo e unica nella storia di tutti i tempi, andò soggetta a tutte le peripezie che vivono, spesso, famiglie oneste e povere in questo mondo dove regna l’orgoglio e la prepotenza. Certo, gli uomini che incrociavano la S. Famiglia non avrebbero mai potuto sospettare quale grande ineffabile mistero essa racchiudeva e viveva. Anche però a saperlo in qualche modo, non si sarebbero risparmiate del tutto le incomprensioni e le persecuzioni, così come succederà più tardi per Cristo stesso. Egli pur essendo il più Santo e il più amabile e generoso degli esseri, trovò incomprensione, odio, persecuzione spaventosa, in abbondanza. E’ la sorte del bene che, in questo mondo accecato, può essere temporaneamente misconosciuto e oppresso.

 

283) S. Giuseppe è chiamato nel Vangelo “Uomo giusto”.

Il Vangelo parla pochissimo di S.Giuseppe, ma in quelle parole “essendo giusto” ha come condensato l'elogio più essenziale e misterioso. Giusto, infatti, è colui che, dando a ciascuno (a Dio, ai fratelli, a sè stesso,al mondo) il Suo, possiede tutte le virtù in grado massimo, sicché la sua vita e il suo essere ne risultano come un'ammirabile e stupenda sinfonia. O, come ama dire un altro grande scrittore spirituale, proprio quella parola “giusto” ci fa capire come San Giuseppe possa rassomigliarsi a certe notti di estate. Queste, a prima vista, sembrano presentare un Cielo quasi sbiadito e vuoto. Ma poi guardando e scrutando più attentamente, esse rivelano all'occhio attonito un brulicare senza fine di stelle. Anche nell'anima di Giuseppe, a prima vista, sembra che non appaia nulla di speciale. Poi... poi è tutto un rimescolìo di luci e di splendori di Grazia.

 

284) La Chiesa Lo ha proclamato Patrono universale.

Una proclamazione che si fonda su una grande verità. Chi può proteggere la Chiesa, Corpo mistico di Gesù, da tutti i nemici e gli assalti infernali meglio di colui che già difese e protesse felicemente Gesù e Maria sulla terra? E chi meglio di Giuseppe, che ha lavorato e provveduto il necessario per Gesù e Maria può provvedere alle necessità della Chiesa, dove Essi sono ancora e sempre presenti e misteriosamente operanti?

 

285) Il 13 ottobre 1917 S. Giuseppe è apparso a Fatima con Gesù Bambino in braccio. Che significato dà Lei?

Forse è un richiamo a ricostituire la famiglia sul modello della Sacra Famiglia, se non si vuole arrivare allo sfascio completo con tutte le sue tragiche conseguenze.La famiglia,infatti, e’ il primo e più importante fondamento della società e il luogo dove per prima devono formarsi i cittadini della terra e quelli del Cielo. La famiglia sconquassata è premessa quasi infallibile di una società destinata a perire.

La presenza di San Giuseppe col Bambino in braccio vuol essere anche, forse, un annunzio di speranza ai buoni, sconcertati per quanto va succedendo, e un monito ai perversi che, subdolamente o apertamente vanno demolendo i più sacri valori della famiglia. Nella crisi che imperversa nella Chiesa, i fedeli non temano, e i perversi che la perseguitano riflettano bene: quel Gesù che, braccato dagli agenti di Erode, è salvato da Giuseppe sfuggendo miracolosamente alla morte, sarà protetto e salvato anche oggi che opera nella sua Chiesa, soprattutto per la protezione vigile di S. Giuseppe.

 

286) Lei è devoto di S. Giuseppe?

Sì, molto e non perdo occasione per parlare della sua grandezza e raccomandarne la devozione. Ho fiducia soprattutto che vorrà ottenermi una morte santa e tranquilla tra le braccia di Gesù e Maria!

 

S. GIUSEPPE:

L'UMILE SERAFINO D'AMORE

 

273) L’umiltà di S. Giuseppe è straordinaria, ma è anche il terrore dei diavoli.

Si direbbe, parlando di S.Giuseppe, che non possediamo dati sufficienti, essendo il Vangelo così parco sul Suo conto. E invece basta riflettere un pò per ritrovare in Lui splendori incomparabili di tutte le virtù e, prima di tutto, dell’umiltà. S. Giuseppe dovette possedere questa virtù in grado assolutamente eccezionale. Come avrebbe potuto essere accanto a Gesù, il Verbo che si era esinanito, e accanto a Maria “l'umile ed alta più che creatura”? L’infinita sapienza di Dio ,che sa così bene armonizzare e mettere le creature l'una accanto all’altra, deve averlo fatto splendidamente soprattutto nel Suo capolavoro, la Famiglia di Nazaret. E perciò l'umiltà di S. Giuseppe era, in certo qual modo, adeguata a quella di Gesù e di Maria.

L'umiltà di Giuseppe si rivela, per esempio, nella sua eroica obbedienza al Signore, e della quale il Vangelo ci dà notizia. D’altra parte egli, certamente consapevole dell'inaudito mistero di redenzione, che si andava compiendo attorno a Lui, poteva accettare di stare accanto a Gesù e a Maria, solo sprofondandosi nell'abisso del Suo niente, in atteggiamento di perenne silenzio adorante. Una ricchezza dunque di virtù velata da quella parola evangelica, così gravida di significato: “Giuseppe...che era giusto...”(Mt 1,19).

Stando così le cose è evidente che Giuseppe è il terrore dei demoni, essendo l'umiltà quanto di più odiato e temuto da essi, strutturati come sono d'insano orgoglio.

Ma Giuseppe è particolarmente temuto dal demonio anche perché, avendo egli protetto e messo al sicuro i Suoi due tesori, Gesù e Maria, proprio con la sua obbediente umiltà, continua a difenderli e proteggerli in qualche modo, nella Chiesa e nelle anime tutte, oltre che con la sua potentissima intercessione dal Cielo, proprio additando costantemente nell'umiltà il segreto di ogni vittoria sulle insidie del male.

 

274) Come mai S. Giuseppe è poco conosciuto?

Potrei rispondere che anche nel “destino” dei Santi, c’è un mistero grande difficile a svelare. Perché alcuni Santi operano moltissimi miracoli ed altri no?...Perché alcuni Santi sono amatissimi dal popolo nonostante la lontananza di tempi, di temperamenti e di cultura e altri, invece, cadono presto in dimenticanza? Perché alcuni Santi arrivano prestissimo alla gloria degli altari, mentre altri vi arrivano dopo secoli o non vi arrivano affatto?....Si potrebbe continuare ad accumulare domande di questo genere, alle quali si può rispondere solo fino ad un certo punto. Evidentemente c'è un piano di Dio anche per i Santi del Cielo nell'economia della salvezza. Siamo nel caso: perchè S. Giuseppe sia rimasto quasi ignorato per secoli può spiegarsi, ma solo in qualche modo, con svariate ragioni. Non certamente per il fatto che egli abbia avuto, nel mistero della redenzione, un ruolo importantissimo ma limitato solo ad un periodo iniziale.

Così in un mondo, che non stimando affatto il lavoro lo riservava agli schiavi, si poteva essere indotti a mettere un pò in ombra S. Giuseppe che era un lavoratore: non sarebbe stato certamente facile presentare a modello un Santo lavoratore.

Ancora. Non aiuta a rendere familiare alle masse un Santo come S. Giuseppe dall'intensissima vita interiore e dalle virtù splendide sublimi, ma tutte immerse nel silenzio e nella notte. Le masse, infatti, generalmente, sono estroverse e abituate a valutare soprattutto quello che si tocca con le mani e si vede con gli occhi.

Ma, per la stessa misteriosa Provvidenza di Dio, la figura di S. Giuseppe si imporrà in tutta la sua grandezza in tempi nei quali il lavoro è esaltato o dissacrato, orientato com'è solo al profitto e allo sfruttamento dei fratelli e dell’ambiente; e il silenzio, travolto da rumori e chiasso infernale, è pur sempre riguardato da tanti come ristoro e rifugio dell'anima alla ricerca di Dio e di valori eterni. Da aggiungere che S. Giuseppe è poco conosciuto anche perché la teologia si è poco occupata di Lui: un fenomeno che è insieme causa ed effetto dello scarso rilievo dato a tale figura.

 

275) Il Suo compito è stato unico?

A Lui solo Dio ha affidato il compito di occultare agli occhi indiscreti il mistero della redenzione. Il Matrimonio con Maria, infatti, velerà il mistero della concezione verginale di Gesù agli occhi degli uomini e del demonio; e impedirà che Maria fosse stata lapidata come adultera, secondo la Legge Mosaica, eventualità che avrebbe logicamente mandato per aria il progetto stesso della salvezza degli uomini.

Solo a Giuseppe pure sarà affidato l'incomparabile compito di preservare la vita e la sicurezza di Gesù e di Maria contro tutti gli attacchi che, presto e con estrema violenza, l’Inferno scatenerà contro di loro. S. Giuseppe, definito l'ombra del Padre celeste, ha realmente protetto e difeso, con la sua ombra discreta, i più grandi tesori del Cielo e della terra, Gesù e Maria.

 

276) Era giovane quando sposò Maria?

Certamente Giuseppe doveva essere giovanissimo quando sposò Maria. Nulla infatti fa pensare ad un vecchio che sposa una ragazza di 15 anni come era Maria: sarebbe stato, oltre tutto, ridicolo agli occhi al mondo. Il fatto poi che sia stato presentato come un vecchio, potrebbe spiegarsi con la disciplina del misterioso che velava sotto simboli e immagini i misteri della Fede per impedire che fossero ridicolizzati e profanati dai pagani, perché non compresi. L’immagine di San Giuseppe “vecchio” avrebbe dovuto “coprire” il mistero della concezione verginale di Gesù dai facili assalti da parte di chi mai avrebbe potuto capire e ammettere un mistero del genere.

 

277) San Giuseppe è il Santo che più ha amato Gesù, essendoGli stato Custode, guida e Padre verginale. Per questo San Giuseppe è potente intercessore?

Sì, S. Giuseppe è intercessore potente più che tutti gli altri Santi perché padre putativo di Gesù e Sposo castissimo di Maria e loro vigile premuroso Custode e difensore su questa terra. In tale veste quindi o ruolo egli è stato anche l'esaltatore dei diritti di Dio e della verità. E poi ha lavorato con tutto se stesso e con sconfinato amore per nutrire Gesù e Maria. Sarebbe pure estremamente interessante scendere nelle abissali profondità dell'amore di Giuseppe per Gesù e Maria, e rendersi conto, in qualche modo, del vincolo strettissimo che lo univa al Dio del Cielo e della terra e a Colei che è la Regina degli Angeli e degli uomini. Sono soprattutto questi i titoli -a parte anche la sua ricchezza interiore di virtù e di meriti, incomparabilmente- che spiegano in qualche modo l'efficacia dell'intercessione di Giuseppe sul Cuore di Gesù e di Maria.

 

278) S. Teresa d'Avila ne era molto devota, ed otteneva tantissime Grazie dal Santo Patriarca.

S. Teresa d'Avila era devotissima di S. Giuseppe e ha scritto che non ha chiesto mai senza essere esaudita. Con l'intuito di santa e di donna di eccezione -a parte anche l'illuminazione dello Spirito Santo che sempre l'accompagnò nella vita e nelle sue imprese- Teresa ha contribuito non poco a rivelare una grandezza, qual è quella di S. Giuseppe, che, come si diceva, poteva e potrebbe sfuggire facilmente all'occhio superficiale di tanti.

 

279) S. Bernardino da Siena, S. Alfonso M.De Liguori e altri Santi hanno detto che S. Giuseppe è stato assunto in Cielo in Anima e Corpo.

E' una opinione per nulla disprezzabile, considerato il ruolo di S.Giuseppe e l'eccezionale sua statura spirituale. Personalmente ho cara questa ipotesi e la ritengo tutt'altro che sbagliata. Oltre tutto, l’assunzione di S. Giuseppe in Anima e Corpo al Cielo sarebbe una prova di più dell'amore di Gesù per il Suo Padre putativo. Non saprei dire però se questa pia opinione potrà mai essere provata teologicamente, alla luce cioè della rivelazione divina.

 

280) Quindi, Dio Padre ha affidato il Bambino Gesù e l'Immacolata Madre al più Santo dei padri e degli uomini di tutti i tempi.

Sta proprio qui la prova della grandezza unica di S. Giuseppe. L’aver affidato a Lui quanto di più eccelso poteva esserci e ci sarà mai nella creazione prova che S. Giuseppe era di una grandezza spirituale addirittura da capogiro, che Lo distanzia infinitamente da tutti gli Angeli e Santi del Paradiso.

 

281) Se S. Giuseppe è il modello per amare Gesù e Maria, sicuramente Loro due vogliono che noi conosciamo, amiamo e veneriamo il Santo falegname di Nazareth.

L'amore vero desidera sempre l'esaltazione e la glorificazione dell’amato. Se S. Giuseppe ha amato come nessuno al mondo Gesù e Maria, anche Gesù e Maria a loro volta hanno amato e amano sconfinatamente Giuseppe e, per conseguenza, ne devono volere la conoscenza e l’esaltazione. E perciò ogni onore tributato a Giuseppe è certamente voluto prima da Loro, e per Loro è gioia e soddisfazione purissima.

 

282) I due Santi Formatori di Gesù Bambino non hanno eguali nell’amore verso Dio. Potrebbe sembrare una contraddizione, ma la Famiglia di Nazareth è stata la più incompresa, più perseguitata e più maltrattata. Questa Famiglia ha conosciuto bene la sofferenza, la povertà, il dolore, l’esilio forzato...

Storicamente parlando la Sacra Famiglia, pur essendo quello che era, unica al mondo e unica nella storia di tutti i tempi, andò soggetta a tutte le peripezie che vivono, spesso, famiglie oneste e povere in questo mondo dove regna l’orgoglio e la prepotenza. Certo, gli uomini che incrociavano la S. Famiglia non avrebbero mai potuto sospettare quale grande ineffabile mistero essa racchiudeva e viveva. Anche però a saperlo in qualche modo, non si sarebbero risparmiate del tutto le incomprensioni e le persecuzioni, così come succederà più tardi per Cristo stesso. Egli pur essendo il più Santo e il più amabile e generoso degli esseri, trovò incomprensione, odio, persecuzione spaventosa, in abbondanza. E’ la sorte del bene che, in questo mondo accecato, può essere temporaneamente misconosciuto e oppresso.

 

283) S. Giuseppe è chiamato nel Vangelo “Uomo giusto”.

Il Vangelo parla pochissimo di S.Giuseppe, ma in quelle parole “essendo giusto” ha come condensato l'elogio più essenziale e misterioso. Giusto, infatti, è colui che, dando a ciascuno (a Dio, ai fratelli, a sè stesso,al mondo) il Suo, possiede tutte le virtù in grado massimo, sicché la sua vita e il suo essere ne risultano come un'ammirabile e stupenda sinfonia. O, come ama dire un altro grande scrittore spirituale, proprio quella parola “giusto” ci fa capire come San Giuseppe possa rassomigliarsi a certe notti di estate. Queste, a prima vista, sembrano presentare un Cielo quasi sbiadito e vuoto. Ma poi guardando e scrutando più attentamente, esse rivelano all'occhio attonito un brulicare senza fine di stelle. Anche nell'anima di Giuseppe, a prima vista, sembra che non appaia nulla di speciale. Poi... poi è tutto un rimescolìo di luci e di splendori di Grazia.

 

284) La Chiesa Lo ha proclamato Patrono universale.

Una proclamazione che si fonda su una grande verità. Chi può proteggere la Chiesa, Corpo mistico di Gesù, da tutti i nemici e gli assalti infernali meglio di colui che già difese e protesse felicemente Gesù e Maria sulla terra? E chi meglio di Giuseppe, che ha lavorato e provveduto il necessario per Gesù e Maria può provvedere alle necessità della Chiesa, dove Essi sono ancora e sempre presenti e misteriosamente operanti?

 

285) Il 13 ottobre 1917 S. Giuseppe è apparso a Fatima con Gesù Bambino in braccio. Che significato dà Lei?

Forse è un richiamo a ricostituire la famiglia sul modello della Sacra Famiglia, se non si vuole arrivare allo sfascio completo con tutte le sue tragiche conseguenze.La famiglia,infatti, e’ il primo e più importante fondamento della società e il luogo dove per prima devono formarsi i cittadini della terra e quelli del Cielo. La famiglia sconquassata è premessa quasi infallibile di una società destinata a perire.

La presenza di San Giuseppe col Bambino in braccio vuol essere anche, forse, un annunzio di speranza ai buoni, sconcertati per quanto va succedendo, e un monito ai perversi che, subdolamente o apertamente vanno demolendo i più sacri valori della famiglia. Nella crisi che imperversa nella Chiesa, i fedeli non temano, e i perversi che la perseguitano riflettano bene: quel Gesù che, braccato dagli agenti di Erode, è salvato da Giuseppe sfuggendo miracolosamente alla morte, sarà protetto e salvato anche oggi che opera nella sua Chiesa, soprattutto per la protezione vigile di S. Giuseppe.

 

286) Lei è devoto di S. Giuseppe?

Sì, molto e non perdo occasione per parlare della sua grandezza e raccomandarne la devozione. Ho fiducia soprattutto che vorrà ottenermi una morte santa e tranquilla tra le braccia di Gesù e Maria!

 

287) Tutti noi siamo chiamati a diventare Santi, ma S. Giuseppe è un modello senza paragoni.

Se tutti i Santi sono modelli di santità, lo è soprattutto S. Giuseppe. Abbiamo detto che la sua anima è come un cielo stellato in una notte d'estate.Tutto vi si può trovare per la propria crescita spirituale. Soprattutto egli è modello di vita interiore, di intensissima comunione con Dio, di silenzio e raccoglimento, di lavoro soprannaturalizzato al massimo, tra i valori più misconosciuti oggi e perciò da perseguire più che mai da chi vuole arrivare alla santità.

 

287) Tutti noi siamo chiamati a diventare Santi, ma S. Giuseppe è un modello senza paragoni.

Se tutti i Santi sono modelli di santità, lo è soprattutto S. Giuseppe. Abbiamo detto che la sua anima è come un cielo stellato in una notte d'estate.Tutto vi si può trovare per la propria crescita spirituale. Soprattutto egli è modello di vita interiore, di intensissima comunione con Dio, di silenzio e raccoglimento, di lavoro soprannaturalizzato al massimo, tra i valori più misconosciuti oggi e perciò da perseguire più che mai da chi vuole arrivare alla santità.

 

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27/08/2013 21:49
 
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IL SACERDOTE È UN ALTRO CRISTO

 

288) E' giusto dire che il Sacerdote è un altro Cristo?

Intesa bene e con tutte le riserve necessarie, l’espressione è legittima. Il Sacerdote non è un altro Cristo nel senso che anche Lui ha una natura divina e una natura umana. Non lo è neanche per i poteri che ha, avendoli solo per partecipazione e non in pienezza. E così di seguito.

Il Sacerdote è “un altro Cristo” nel senso che, a somiglianza di Cristo e a Suo nome, continua, almeno in qualche modo e con tutte le limitazioni e le riserve possibili, l’opera della salvezza soprattutto consacrando l'Eucaristia e assolvendo dai peccati. Come Cristo, cioè, e con Cristo, il Sacerdote è il grande mediatore tra Cielo e terra, tra gli uomini e Dio!

 

289) Qual è il Suo compito?

Quello o quelli che gli dà la Chiesa a nome e sull'autorità di Cristo. Egli è chiamato ad offrire a Dio il sacrificio del Nuovo Testamento, consacrando il Corpo di Cristo ;ad annunziare la buona novella della salvezza a tutti gli uomini; ad essere strumento e veicolo di Grazia e di santificazione a chiunque intende aderire a Cristo e crescere nella perfezione della carità. Tutti gli altri compiti(cultura, opere sociali di carità, insegnamento e simili)sono pienamente legittimi solo se compatibili e favoriscono, almeno in qualche modo, il compito primario di operatore della salvezza.

 

290) Quindi, ciò che deve contrassegnare il Sacerdote è un grande amore per le anime?

Dopo Dio e quanto comunque è a Lui direttamente collegato, la più grande Passione del Sacerdote dovrebbe essere quella delle anime, alle quali è chiamato a donarsi totalmente e incondizionatamente, senza risparmi e senza temere disagi e sofferenze di sorta. Le anime confortate, illuminate, santificate dal Sacerdote saranno, un giorno, la sua splendida corona in Cielo o come diceva l'Apostolo ai fedeli di Corinto, il suo migliore “biglietto da visita”: “La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini(...), scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietre, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori”(2 Cor 3,2-3).

 

291) Il Sacerdote dovrebbe meditare profondamente e prolungatamente la figura di Gesù per agire come Lui, dato che partecipa del sacerdozio di Gesù, che è il modello del Sacerdote e il Sacerdote eterno.

Sì, è a Cristo e a Cristo solo che deve guardare il Sacerdote, essendo Lui solo la sorgente di tutti i suoi beni e poteri e il modello unico e insostituibile di perfezione per tutti. S. Chiara di Assisi direbbe di guardare costantemente in questo “specchio” per contemplarvi il proprio volto, per adornarsi interiormente ed esteriormente, rivestirsi e circondarsi di abiti multicolori e ricamati, abbellirsi di fiori e delle vesti di tutte le virtù”(Cf. S. Chiara, Lettera alla beata Agnese di Praga).Solo a Cristo deve guardare il Sacerdote e a Lui solo conformarsi e con Lui identificarsi. La stessa devozione alla Madonna ed ai Santi è finalizzata soprattutto a rendere più facile e più completa la conformazione a Cristo e alla comunione con Lui.

 

292) Il Sacerdote senza preghiera intensa e soda penitenza, quanto può fare?

Senza preghiera e grande spirito di sacrificio e di penitenza, il Sacerdote si ridurrà ad essere solo un distributore quasi automatico dei beni della Chiesa. Perché è vero che i Sacramenti operano per intrinseca virtù, indipendentemente dalla condotta del ministro agente. Ma è pur vero che quanto più è Santo e ricco di Grazia l'operatore, tanto più splendidi sono i frutti che si ricavano dai Sacramenti e dagli altri mezzi di salvezza. Certo, Sacramenti sono quelli amministrati dal Santo Curato d'Ars e Sacramenti quelli amministrati dall'ultimo Sacerdote indegno. Eppure quanta differenza!...

 

293) Ci sono Sacerdoti che non danno adeguata importanza alla Madonna. Il loro apostolato è privo di Colei che ha dato un Corpo a Dio.

Certo che è privo di qualcosa e anche importante. Se Cristo ha volutosalvare il mondo associandosi Maria Sua Madre, come può il Sacerdote continuare l'opera del Cristo in un modo diverso dal Suo? La presenza di Maria nell'apostolato del Sacerdote, per volere stesso di Cristo, è segreto di santità ed efficacia: non dicono nulla gli splendidi successi apostolici ottenuti dai grandi Santi mariani?...

 

294) Perché molti Sacerdoti non portano più l'abito?

Non certamente per inesistenti concessioni avute da Dio. Se l'assenza dell'abito in alcuni Sacerdoti è forse questione solo di superficialità o di adattamento -molto discutibile- all’ambiente nel quale vivono e si muovono; essa per lo più è frutto di quella dilagante secolarizzazione che sta svuotando le Chiese e tanta realtà del Cristianesimo. E' vero, l’abito non fa il monaco, eppure lo fa almeno in qualche modo. L’abito è segno e testimonianza, richiamo e ammonimento per tutti. Se lo si considera una ipocrisia, è tale solo per coloro che volutamente impostano una vita in contrasto con quanto si dovrebbe evidenziare e testimoniare anche con l’abito. In questo caso, sì, il meglio è toglierlo... ma bisognerebbe avere il coraggio anche di rinunziare del tutto al sacerdozio.

 

295) Ci sono molti Santi Sacerdoti diocesani e religiosi, ma molte volte sono ostacolati e limitati nella loro azione...

Gli impedimenti possono derivare da altrettante buone intenzioni contrarie e non è il caso di farci troppo caso: anche il Sacerdote deve imparare a saper dialogare e a convivere con chi non la pensa completamente come Lui.

Ma spesso gli impedimenti derivano da chi ha poco spirito evangelico, da chi ha una mentalità del tutto mondana, da atteggiamenti passionali e interessi umani. Da persone quindi che sono più del mondo che di Dio, e anche, per lo più poco o niente preparate in teologia!...Ciò è doloroso ma non è affatto ragione sufficiente per abbandonare il campo e cedere...alla moda e al peccato. La grandezza di Sacerdoti Santi sta anche qui: essi sanno, come Cristo, sfidare il mondo intero; affrontano magari persecuzioni e disagi senza fine ma non cedono di un pollice su quelli che sono i principi del Vangelo e della morale cristiana. Sono questi che costruiscono per davvero, e sono questi che bisogna seguire e prendere a modello. I frutti di un'azione impedita potranno essere resi più splendidi e più abbondanti dalla Grazia di Dio sulla quale essa deve poggiare.

 

296) Qualcuno non crede più nel Sacerdote per vari motivi, ma quando egli celebra la Santa Messa e quando confessa soprattutto, agisce in persona Christi, non come uomo.

Che ci siano Sacerdoti che scandalizzano i fedeli con la loro leggerezza, dimentichi della loro altissima dignità e responsabilità, purtroppo è vero ed è sempre qualcosa che rattrista profondamente. Ed è anche vero che tali comportamenti costituiscono, per tanti, motivo di sconcerto e di tentazione per la propria Fede. E tuttavia il comportamento di tali sciagurati non ha nulla a che fare con quanto è da essi compiuto per un potere ricevuto dall’alto. Nell’amministrazione dei Sacramenti, nella celebrazione della S. Messa chi opera è Cristo a mezzo del Sacerdote. La stessa parola annunziata è quella di Gesù e la Fede non è al Sacerdote, ma al Cristo che si serve del Sacerdote. Se è Fede autentica, anche gli scandali -pur sempre inaccettabili, ripetiamo, e dolorosi- non dovrebbero intaccarla.

Bisognerebbe una buona volta capire che la condotta personale è cosa del tutto distinta e diversa dai poteri di cui si può essere investiti. E guai se non fosse così! Si potrebbe mettere in forse la validità di qualsiasi Sacramento, non sapendo fino a che punto il Sacerdote che l'ha amministrato è degno.

Ma, bisogna pure aggiungere, che tanti si scandalizzano e “perdono la Fede” troppo facilmente, per presunti o reali debolezze e scandali di Sacerdoti. Per molti tutto questo è solo alibi per giustificare una propria condotta che non può essere assolutamente accettata. Ci si vuole anche dimenticare che l'uomo resta uomo sempre, sotto qualsiasi abito, e che il cuore umano, quello del Sacerdote, è un mistero noto solo a Dio.

Quanti poi dei pretesi scandali lo sono solo nella testa malata di chi si scandalizza?... E quanti degli scandali sono “scandali” provocati dalla verità di Cristo, non più capìta e accettata da tanti pseudo cristiani?

 

297) La gente vuol vedere nel Sacerdote, Gesù vivente e operante, però non sempre considera che un Sacerdote è pur sempre un uomo con le sue debolezze. Invece di criticare il Sacerdote non sarebbe meglio aiutarlo con amore disinteressato?

La gente ha ragione di voler vedere nel Sacerdote Gesù vivente e operante, perché tale dev’essere. Ma è pur vero che il Popolo di Dio non fa nulla o quasi, per avere siffatti Sacerdoti. Dovrebbe pregare molto per essi; dovrebbe sostenerlo nelle grandi battaglie per la Fede e la morale...E invece, spesso non fa che scoraggiarlo nei suoi tentativi di adesione totale a Cristo, chiamandolo pazzo e fuori della realtà. Dovrebbe aiutarlo a superare crisi e tentazioni che, generalmente, l’Inferno e il mondo scatenano con molto più vigore contro di lui; e invece, spesso, è proprio certo popolo cristiano a tentarlo con le sue mode procaci, con le sue sollecitazioni di falsa modernità e simili. E' facile, troppo facile esigere santità dal Sacerdote, e fare di tutto perché non lo sia! Conti che si faranno soprattutto davanti a Dio al Quale nulla sfugge!

 

298) Forse si prega poco per i Sacerdoti.

Un tempo era frequente incontrare anime che si erano offerte vittime per la santificazione dei Sacerdoti o che, comunque, erano disposte a pregare e a immolarsi per tale causa. Oggi, con la scristianizzazione in atto e la perdita quasi totale del senso soprannaturale, pur non mancando mai del tutto anime generose, l’impegno di aiuto soprattutto spirituale ai Sacerdoti sembra molto scemato e molto meno consistente.

 

299) Chi è il Sacerdote per la gente di oggi?

Per tanta gente, anche cristiana, oggi il Sacerdote, più che il rappresentante di Dio e l'uomo della salvezza dell’anima, rappresenta o l'uomo del potere o il portatore di una realtà fuori moda e fuori tempo. Per altri è colui che ricorda o un Dio a cui quasi non si crede più, o la morte per cui ci si segna come a preservarsi dal... malaugurio.

Ma per tanta gente, il Sacerdote resta, nonostante tutto, l’uomo a cui chiedere la salvezza e il perdono, ‘uomo cioè che dona Dio e la speranza della vita eterna; e l'uomo al quale si ricorre nel bisogno e nella disperazione, magari come all'ultima sponda, per avere parola di conforto e di speranza.

 

300) Essere Sacerdote è una grande responsabilità davanti a Dio?

Il sacerdozio, se eleva una povera creatura all'altissimo onore di trattare con Dio e della salvezza delle anime; è pure, allo stesso tempo, una responsabilità che fa tremare le vene e i polsi. Si tratta infatti di vivere come gli angeli, di essere testimoni del Vangelo ovunque e sempre, di fronte ad un mondo che si abbrutisce sempre più; di essere spesso, per amore della verità e delle anime, contro tutto e contro tutti. Una responsabilità di cui ci si può far carico solo per vocazione dall'alto e l'aiuto costante della Grazia.

 

301) Praticamente ogni Sacerdote dovrà rispondere della sua vita, delle anime a Lui affidate e di quelle che ha consigliato?

Sì, il Sacerdote deve rispondere della sua vita e vocazione, e delle anime in genere e, specificamente, di quelle a Lui più particolarmente affidate da Dio. Perciò egli dovrà essere fedele in ogni circostanza a quanto il Signore e la sua vocazione gli chiedono, e magari, sostenuto dalla certezza di essere capìto solo da Dio, non darà troppo peso a tanti giudizi umani e cristianamente sballati. E incompreso soprattutto per i tanti sacrifici non visti né apprezzati, deve saper camminare con un profondo spirito di Fede, sapendo che dio tutto vede e tutto ricompenserà un giorno. E’ stato detto -ed è la verità- che il Sacerdote non si salva o non si danna da solo, ma si salva o si danna con tante anime.

 

302) Da quanti anni Lei è Sacerdote?

Sono oltre cinquant’anni, per Grazia di Dio.

 

303) Immagino che sia contento del suo Sacerdozio?

Più che felice. Tanto più che il Signore mi ha concesso di vivere un Sacerdozio fecondo, operando in molteplici campi, e lottando e battagliando con un ritmo non comune. E il Signore, oltre a preservarmi da grandi pericoli, mi è stato pure largo di grandi soddisfazioni per le quali non potrò ringraziarLo mai abbastanza!

 

304) Cosa spera in cuor suo per i Sacerdoti di oggi?

Che siano più che mai all'altezza della loro dignità e sappiano rispondere con sempre giovanile entusiasmo alle vecchie e nuove istanze che presentano gli uomini di oggi. Li vorrei vedere soprattutto -come tante volte ho ripetuto ai miei innumerevoli alunni e ascoltatori-, ricchissimi di amore di Dio e delle anime, amanti della verità e della cultura con una giovinezza nel cuore che non teme né gli anni né le contrarietà.

 

305) Rivolga un invito a tutti i Sacerdoti.

Se avessi possibilità e autorità di rivolgermi ai miei confratelli nel sacerdozio ripeterei loro l'invito del serafico Padre S. Francesco: Abbiamo promesso cose grandi, ce ne sono promesse di maggiori. Fatti sommamente grandi dalla bontà e dall'amore del Signore, la nostra risposta sia sola quella di corrispondere pienamente all'amore...E' nell'amore che si trova la forza di tener Fede ai propri impegni e di donarsi come Cristo si è donato per il bene delle anime.

 

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27/08/2013 21:50
 
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GLI ANGELI HANNO LE ALI?

 

306) Nella mentalità comune, tanti immaginano gli Angeli con le ali.

Gli Angeli né hanno né possono avere ali per la semplicissima ragione che essi sono puro spirito e quindi senza corpo, senza materia. Come tante volte capita, parlando di realtà spirituali e superiori, ci si serve, per darne un'idea specialmente ai più semplici, di immagini e similitudini di un linguaggio umano.

Con ciò si può capire cosa si vuol dire con l'attribuire le ali agli angeli. Le ali servono agli uccelli per volare, perciò esse vogliono significare la prontezza con cui gli angeli eseguono i comandi del Signore. Una obbedienza pronta che fa degli angeli dei grandi modelli di virtù per tutti noi .

 

307) Chi sono gli Angeli?

Sono spiriti perfettissimi dotati di eccelsi poteri di natura e di Grazia. Costituiscono come la corte di Dio e sono i Suoi messaggeri. La parola “Angelo” infatti non dice la natura di questi esseri superiori, ma piuttosto l'ufficio che è quello di essere messaggeri della volontà e dei disegni che Dio vuol far conoscere. I messaggi più importanti, come apprendiamo dalla Sacra Scrittura, sono portati dagli arcangeli. Così un Arcangelo annunzia a Maria il mistero dell'Incarnazione.

 

308) Ci sono ordini fra gli Angeli?

Sì, secondo la rivelazione esistono nove ordini o cori di angeli, e cioè angeli, arcangeli, virtù, troni, dominazioni, principati, potestà. cherubini, serafini, distribuiti dallo Pseudo-Dionigi in tre gerarchie. La diversità di ordini si fonda sulla diversità degli uffici e delle attività. Gli angeli più vicini a Dio sono anche i più elevati di grado e di perfezione.

 

309) Ognuno di noi ha un Angelo Custode?

Sì, ogni uomo ha per Custode un Angelo che lo protegge, lo indirizza al bene, lo preserva dai pericoli ecc. lo sappiamo dalla rivelazione. Gesù esortando ad evitare gli scandali, ammonisce a non scandalizzare soprattutto i piccoli, i più indifesi, perché “i loro Angeli nel Cielo vedono sempre il volto del Padre mio, che è nel Cielo”(Mt 18,10).Un passo così commentato da S .Basilio: “A fianco di ogni fedele sta un Angelo come educatore e pastore che lo guida nella vita”(Adv. Eunom. III, 1).E il Catechismo Romano(IV, 9,4): “Per divino volere è affidato agli Angeli il compito di custodire il genere umano e di vegliare a fianco di ogni singolo uomo, a sua protezione e difesa”.

 

310) Diverse persone vedevano o vedono molto spesso il proprio Angelo. Non so se Lei lo vede, ma se lo vedesse, chiederebbe chiarimenti sui problemi di teologia?

Molti Santi vedevano il loro Angelo Custode o comunque avevano familiarità con gli angeli. Si pensi al francescano Fra Rosengart che era quasi in continuo contatto e conversazione con il suo Angelo Custode. Si pensi a S. Gemma Galgani e al Suo Angelo postino.

Purtroppo io non vedo il mio Angelo Custode, anche se gli sono enormemente affezionato e grato, e a Lui mi raccomando. Se lo vedessi, sì, gli chiederei prima di tutto di non abbandonarmi mai e di condurmi alla vita eterna. Gli chiederei pure, certo, chiarimenti su tanti misteri della nostra Fede, oggetto della teologia,per amare di più il Signore e aiutare più efficacemente le anime che devo guidare.

 

311) Ogni Angelo ha un nome?

Penso di sì, dal momento che il nome è null'altro che l'espressione della natura e il Signore chiama per nome le stelle del cielo (“Egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome” Salmo 147,4). In pratica però, noi conosciamo solo il nome di alcuni Angeli:S.Michele, S. Gabriele, S. Raffaele.

 

312) Dio ne creò molti.

Stando soprattutto a S. Dionigi Areopagita, a S. Tommaso d'Aquino e altri, il numero degli Angeli è incalcolabile, sorpassando ogni moltitudine di cose materiali. Ciò viene indicato nella S. Scrittura. “Dalla moltiplicazione dei numeri massimi per se stessi, e cioè dei numeri dieci, cento e mille”, come fa osservare Dionigi. Così si legge nell’Apocalisse: “Durante la visione poi intesi voci di molti angeli intorno al trono e agli esseri viventi e ai vegliardi. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia...” (Ap 5,11).Ed è del tutto logico che ci sia un numero così sterminato di angeli. Formando essi come la corte di Dio, questa deve superare ogni possibile immaginazione. D’altra parte, nulla e nessuno può impedire a Dio di effondere liberamente il suo Amore infinito che si diletta appunto a far partecipi dei suoi beni e della sua felicità quante più creature è possibile.

 

313) Quanti se ne dannarono all'Inferno dopo la loro ribellione?

Non si hanno, in proposito, dati rivelati precisi. S. Tommaso si limita a dire che furono più gli angeli che rimasero fedeli a Dio di quelli che si ribellarono. Da qualche testo biblico si potrebbe azzardare a dire che a prevaricare fu un terzo del numero totale. Si afferma ciò non senza qualche verisomiglianza: la logica infatti esige che il bene prevalga sempre sul male e perciò per quanto grande sia stato il numero degli angeli dannati, molto più grande dovette essere il numero di quelli rimasti fedeli a Dio.

 

314) L'Angelo Custode viene ricordato poco nelle preghiere, eppure è così buono e obbediente.

Sì, purtroppo non si parla troppo né degli Angeli né dell'Angelo Custode. E' l’effetto, da una parte, dell’ignoranza delle masse in fatto di Fede, ma anche di molti teologi, soprattutto protestanti, poco inclini ad ammettere la dottrina e la realtà degli Angeli. Per quanto ci vien riferito dalla S. Scrittura, i suddetti teologi ritengono che si tratti di influssi di culture orientali, che avrebbero inquinato la genuina concezione del cristianesino. Abbiamo a che fare, come al solito, con una cultura orgogliosa che fa non poca violenza alla Rivelazione, la cui testimonianza a proposito degli angeli, -ha scritto qualcuno- “è decisamente imponente”!

 

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27/08/2013 21:51
 
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PERCHÈ PREGARE ?

 

315) Cos’è la preghiera?

La preghiera è soprattutto un atto di amore che esprime come può la sua ammirazione e lode a Dio, la gratitudine e i suoi bisogni. Tutte le definizioni date sulla preghiera sono buone ma generalmente ne sottolineano solo qualche aspetto più importante.

 

316) Perché pregare?

Il perché della preghiera scaturisce dall’amore, dal dovere e dal bisogno. Scaturisce dall’amore. Coloro che si amano hanno bisogno di appartarsi, di dirsi sempre tante cose,di guardassi negli occhi, di stringersi felici in un abbraccio che si vorrebbe perenne. La preghiera è tutto questo: un bisogno ed espressione la più varia di amore, dell’anima che ama Dio. I Santi, i più grandi innamorati di Dio, non facevano che pregare ed erano felici.

Il perché della preghiera scaturisce inoltre dal dovere. La lode va data per giustizia a chi è superiore agli altri, a chi possiede più valori. La gratitudine poi e il ringraziamento vanno doverosamente a chi ci ha fatto del bene e continua a farcelo senza interruzione. Essendo Dio la pienezza stessa e la fonte prima di tutti i valori, Egli è perciò l'unico veramente da lodare e da esaltare.Ed è anche Colui al quale l’uomo, come ogni altra creatura deve tutto: il suo essere, la sua conservazione, il suo arricchimento e crescita... Cos’hai, esclama S. Paolo, che non abbia ricevuto?... Ed ecco il dovere della preghiera di lode, di ringraziamento, di adorazione. E se esiste un precetto di pregare è perché l’uomo, purtroppo, è cieco. Pur muovendosi come in una reggia già per lui splendidamente preparata e arredata, raramente si domanda chi e per quale incomprensibile delicatezza e amore gliel'ha preparata. E pur venendo riempito di doni ad ogni istante, difficilmente sente il bisogno di ringraziare il suo benefattore, se addirittura non lo misconosce attribuendo ad altri quanto di buono e di bello lo rallegra nella vita.

Il perché della preghiera deriva non meno da necessità e bisogni di ogni sorta, che affliggono l’uomo. E, prima di tutto,se è vero che l'amore nasce dalla bellezza, .dalla bontà ecc., e cioè da valori che attirano ed esaltano, e che perciò solo Dio è degno di amore, essendo Lui solo pienezza e fonte di valori; è pur vero che la sua bellezza, la sua bontà ecc. non appaiono subito, come avviene tra le creature, e perciò vanno scoperte per esserne presi ed affascinati. Di qui, una volta di più, il precetto di amare Dio sopra ogni cosa. A forza di amare con la volontà si finisce per amare con tutto l'essere ed essere saziati e felici per sempre. Da questo traguardo vengono distolte non poche anime per le rinunzie e sofferenze, .che esso comporta per conseguirlo. Di qui la necessità della preghiera: pregando si arriva a scoprire in qualche modo il fascino di Dio; si ottengono grazie che rendono l'anima tetragona alle lusinghe di altri facili ma inconsistenti ed illusori amori che dannano.

E poi l'uomo ha bisogno continuo di nutrirsi e fortificarsi contro le sue perverse tendenze e i suoi potenti nemici spirituali Sol che si rifletta un pò alle suddette e a tante altre necessità della vita quotidiana, ci si renderà conto che il bisogno della preghiera è molto simile, e sotto tanti aspetti, più pressante di quello di alimentarsi in continuazione. Il corpo che non si alimenta a sufficienza è destinato a soccombere alle forze distruttive che premono da tutte le parti; l’anima che non si alimenta a sufficienza con la preghiera è destinata, presto o tardi, a crollare e a cedere completamente le armi nella grande lotta della vita.

 

317) Anche Gesù pregava.

Tutti gli esempi di Gesù sono di importanza capitale. Ma possiamo dire che quello della preghiera è, in qualche modo, ancora più importante. Gesù pregava per intere notti, ritirandosi solo, lontano dalla folla. Dovette essere anche questo singolare fascino, che emanava dal Suo volto per la quasi continua comunione con il Padre, a spingere gli Apostoli a dirgli: “Insegnaci a pregare”(Lc 11,1).

 

318) S. Alfonso Maria dei Liguori diceva che “chi prega si salva e chi non prega si danna.

Sì, è vero, anche se il Santo Dottore si riferiva soprattutto all'orazione mentale, sottolineandone l’importanza. Voleva dire che chi medita è quasi impossibile che si danni, giacché il riflettere sul peccato e i danni che esso comporta non può non allontanare da esso. Ma le parole di S. Alfonso si riferiscono pure alla preghiera in generale. Chi prega, infatti, ottiene quelle grazie che sono essenziali alla salvezza. Infatti chi non prega, come già si diceva, rischia sia di morir di fame, non nutrendosi spiritualmente e sia di essere abbandonato da Dio alla propria sufficienza e presunzione orgogliosa.

 

319) Ci sono diversi tipi di preghiera?

La preghiera può diversificarsi sia quanto ai contenuti che quanto al modo di mettersi in comunione con Dio. Così quanto ai contenuti si ha la preghiera di lode, di ringraziamento, di propiziazione, di impetrazione. Può essere liturgica, spontanea ecc. Quando al modo di pregare c'è la preghiera vocale, la preghiera mentale o meditazione, la preghiera di contemplazione.

 

320) E' importante la meditazione?

L'orazione mentale o meditazione è importante soprattutto per la crescita spirituale dell’anima. Tale crescita, infatti, è quasi impossibile senza un approfondimento e una familiarizzazione con le principali verità di Fede; per quindi rendere la Fede vita vissuta. Ciò che si ottiene soprattutto con la meditazione.

 

321) E' preferibile farla di mattina o dividerla tra la mattina e la sera?

La meditazione al mattino arreca soprattutto il vantaggio di ricaricare l'anima per affrontare meglio il cammino da fare. Ma può anche avvenire che, poi, distratti e fuorviati da tante cose nella giornata, si arrivi stanchi e vuoti alla sera. E allora forse è preferibile un pò di meditazione anche alla sera. Trattandosi però di anime, è difficile dire quale metodo sia più adatto ad ognuna in particolare. Se perciò non esistono disposizioni tassative in contrario, il meglio è lasciare libertà di regolarsi come si crede. L’importante è che la meditazione la si faccia e la si faccia meglio che sia possibile.

 

322) Quanto tempo bisogna dedicare alla meditazione?

E' difficile pronunziarsi su un problema la cui soluzione può essere condizionata da molti fattori. In generale, è chiaro che deve meditare di più un'anima religiosa che un secolare, di più un peccatore inveterato e in pericolo di dannarsi che un'anima fondamentalmente buona. Ma anche la determinazione del tempo da dedicare alla meditazione dipende molto dalla capacità e dalla disponibilità dell’anima. Resta però fondamentale che ogni anima abbia almeno, per la giornata che deve affrontare, qualche pensiero buono ed edificante che polarizzi in qualche modo tutto il suo vivere e il suo operare.

 

323) Tutte le preghiere sono buone, ma bisogna farle con il cuore più che con le labbra. E' giusto?

Sì, tutte le preghiere sono buone perché affermano, in pratica, il primato di Dio e il bisogno dell’anima, e ottengono aiuti indispensabili alla vita e alla crescita soprattuto del cuore. Ma esse vanno fatte non solo con le labbra. A Dio, in effetti, bisogna donar tutto l’essere, e tutto l'essere deve entrare in comunione con Lui. La preghiera è stata definita elevazione dell'anima a Dio anche e proprio per sottolineare che non basta mormorare formule e invocazioni a fior di labbra senza la cosciente partecipazione di tutto l’essere. “Questo popolo -si lamenterà il Signore stesso- Mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da Me”.

 

324) Gesù desidera che ognuno abbia uno spirito di preghiera.

Gesù ha esortato alla preghiera soprattutto nell'imminenza del pericolo e della tentazione. Ha detto anzi che bisogna pregare sempre e mai venir meno (cf.Lc 18,1). Voleva forse dire che bisogna stare materialmente sempre in ginocchio o in chiesa a pregare?... Se così fosse, si verrebbe meno a doveri fondamentali di ogni genere, voluti e imposti anch'essi da Dio.

Con le parole “bisogna pregare sempre e mai venir meno”, il Signore insegna che bisogna dare molto più spazio a Dio, nonostante gli impegni sociali e il lavoro e gli impegni di qualsiasi genere. Perché, anche se tantissimi non se ne rendono conto affatto, nulla è così importante, per il tempo e l’eternità, quanto la preghiera.

E vuole ancora inculcare, con quelle parole, che tutto va fatto in spirito di preghiera, che è spirito di amore e di unione con Lui, sicché facendo tutto con Lui e per Lui, la giornata e la vita stessa diventino come una preghiera ininterrotta.

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CONFUSIONE DOTTRINALE

DEI TEOLOGI

 

325) Padre Antonio, nella Chiesa -che è Santa- ci sono dei teologi che Santi non vogliono diventare...

E' vero. Dal tenore di vita di tanti teologi, si direbbe che la loro teologia sia solo un arido e astratto discutere di temi senza interesse .E pensare che Evagrio Pontico è arrivato a dire: “Se sei teologo, veramente pregherai, se pregherai veramente, sei teologo”; e la scuola francescana insegna addirittura che fine stesso della teologia è rendere l'anima più buona. Papa Giovanni Paolo II, a sua volta, ha affermato: “Una teologia che non approfondisca la Fede, non conduca a pregare, può essere un discorso di parole; ma non potrebbe mai essere un vero discorso intorno a Dio, il Dio vivente, il Dio che è, e il cui essere è l'Amore” (Giovanni Paolo II, IL progetto di Dio. Decalogo per il terzo millennio, Casale M., 1994, p. 57).

 

326) Forse pensano di essere già Santi dato che negano l'Inferno?

Anzi proprio la negazione dell'Inferno alimenta un sospetto atroce sulla vita di questi signori. Perché sono portati, generalmente, a negare l'aldilà e specie l'Inferno soprattutto coloro che menano vita disordinata e viziosa.

A questo punto, però, ci sarebbe pure da chiedersi che senso ha una teologia che non è più tale, proprio perché in contrasto con la Fede e il Magistero della Chiesa.

Tutto questo dice che tali presunti teologi negatori dell’Inferno, se realmente ne esistono, avrebbero semplicemente tradito il loro compito e la loro missione, quali che siano o potrebbero essere le giustificazioni apportate per le loro affermazioni.

 

327) Perché continuano a farsi chiamare teologi cattolici quando non seguono il Magistero infallibile della Chiesa Cattolica?

L'orgoglio umano può arrivare, purtroppo, a questo: ritenersi portatori dell'autentico verbo di Cristo più e meglio della Chiesa. Continuare poi a dichiararsi teologi cattolici può rispondere sia ad una strategia modernista che ritiene più efficace un'azione riformatrice (o demolitrice) dall'interno della Chiesa; e sia alla presunzione di essere al di sopra di un Magistero che, in pratica, ritengono inesistente o fasullo o dipendente dai loro diktat.

 

328) Quindi, alcuni teologi rimangono nella Chiesa, ma non La seguono più.

E’ proprio così. Sono formalmente eretici se con ostinazione continuano ad insegnare cose difformi dalle verità di Fede e di morale definite dal Magistero della Chiesa. Sono solo materialmente eretici se, almeno parzialmente in buona Fede, assumono posizioni e ipotesi rischiose, che scandalizzano o comunque confondono le idee e allontanano dalla sana pratica della vita cristiana.

 

329) Questi teologi riescono a farsi seguire da molti Sacerdoti e seminaristi.

Si dice che il frutto proibito attira di più, come attira enormemente tutto ciò che dà la sensazione del nuovo. E’ il “prurito delle novità”, che è anch’esso, almeno in parte e in qualche modo, effetto del peccato originale, presente in tutti i figli di Adamo. Come pure, attirano molto le soluzioni facili che sembrano eliminare misteri e problemi. Molti teologi progressisti hanno largo seguito per queste ragioni, soprattutto quando essi si presentano con stile brillante e sfoggio di grande cultura -almeno all’apparenza-. Ma i successi conseguiti si spiegano pure per la molta ignoranza della vera teologia e per poca capacità in tanti, di logica e di senso critico.

Per lo più molte delle presunte novità che fanno scalpore non sono che vecchi errori sotto nuove vesti. Con una più profonda conoscenza soprattutto dei Documenti della Chiesa (Concili, definizioni, encicliche ecc.) e con un pò più di riflessione critica tali “novità” non verrebbero accettate facilmente e molti palloni gonfiati si sgonfierebbero con facilità.

Ma forse a spiegare il successo di tante novità, assieme a tutto quanto detto, vale la pena riportare una pagina di E. Corti che, nel suo volume Il fumo nel tempio (Ares, 1996), si sforza, tra l’altro, di spiegare cedimenti e insuccessi verificatisi nella Chiesa, nel Partito dei Cattolici, ecc. Dopo aver confessato che anche lui aveva partecipato “all'innamoramento generale” per l’ultra-pacificatore progetto di Maritain (cf. Umanesimo integrale), scrive a pag. 162, nota 8: “Senza dubbio contribuì a «quell'innamoramento» il fatto che in Italia diversi dei primi portatori delle idee di Maritain, e del suo discepolo e braccio politico Mounier, erano persone colte, disinteressate e insomma per più aspetti esemplari. Tali del resto lo stesso Maritain e Mounier e da noi Dossetti, Lazzati, La Pira e parecchi altri fino a Martinazzoli. Abbiamo già accennato al risultato dell'azione dei cattocomunisti prevalenti alla TV, i quali -senza dubbio contro le loro- hanno finito col fare in pratica da supporto alla scristianizzazione dell’Italia.

Passando dal campo pratico a quello delle idee, paradigmatico fu il caso di La Pira che, a quanto sembra, allorché nel 1956 venne richiesto da Crusciov di far conoscere il suo famoso rapporto segreto al XX Congresso, non ne volle sapere. Viene spontaneo chiedersi fino a che punto si debba a questa omissione di La Pira -e ad altre consimili di personaggi «esemplari» come lui- il fatto che in Italia l'enormità negativa dell'esperimento storico comunista venne recepita in modo del tutto marginale”, con tutte le conseguenze anche in campo dottrinale teologico e morale!

 

330) Possiedono una forte arte di persuasione sulle coscienze deboli e dubbie, però mi sembra che la colpa sia soprattutto di coloro che non conoscono bene la dottrina della Santa Chiesa Romana.

Senza dubbio, e a volte si tratta di uomini molto dotati ai quali non manca l'arte della dialettica e della seduzione letteraria. Ma deve dirsi pure che immediatamente l'errore fa molto più colpo della verità, proprio perché questa è molto più complessa e impegnativa sotto tutti gli aspetti. La verità, infatti, esige quasi sempre, per essere capìta e accettata, molto sforzo e tempo e assoluto disinteresse.

Ma abbiamo detto pure che molta colpa, per questi successi devastori, è da imputarsi alla larga diffusa impreparazione o addirittura ignoranza che impedisce di approfondire e di verificare.

 

331) S. Paolo afferma: “Nessuno vi inganni con argomenti seducenti... badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non di Cristo” (Col 2,4.8). Infatti, gli argomenti dei teologi moderni sono seducenti...

Si impone effettivamente molta prudenza, perché ci vuole così poco per essere trascinati dall'errore e macchiarsi l’anima! L’invito alla prudenza, oltre tutto, è sempre attuale perché l’errore, apparentemente, si presenta sempre con volto giovane, mentre nella sua sostanza è vecchio di secoli. E soprattutto si presenta in linea con il pensiero e la condotta della stragrande maggioranza degli uomini: si può pensare -ecco il tranello- che siano tutti fuori strada?... E, invece, per lo più, si tratta di pura logica umana e mondana, in netto contrasto generalmente con la logica e lo spirito evangelico e soprannaturale.

 

332) In questa confusione teologica l'unico a vincere è sempre il diavolo. Questi teologi non si rendono conto che portano le anime fuori il solco fatto dall’insegnamento della Santa Chiesa?

In effetti il disordine, la confusione, lo sbandamento non giovano a nessuno. Solo il diavolo ne può godere perché, con l'allontanarsi dalla verità e dalla Chiesa, le anime non solo offendono Dio Verità e Amore, ma sono molto più vicine alla dannazione eterna. E il nemico di Dio e dell'uomo solo questo desidera e solo per questo mobilita le sue capacità e i suoi alleati.

I teologi che ciò fanno si assumono naturalmente una tremenda responsabilità e si schierano, consapevolmente o no, dalla parte di satana. Se dovessimo credere a quanto detto in alcuni esorcismi, gli amici migliori del diavolo sono oggi proprio certi teologi progressisti. La stessa cosa fa dire al diavolo lo scrittore C. S. Lewis nel suo famoso “Le lettere di Berlicche”.

 

333) Fa meraviglia sentire teologi cattolici negare l'esistenza del diavolo...

Purtroppo ci sono teologi che, se non negano proprio l’esistenza del diavolo, lo concepiscono in modo che è pratica negazione della sua esistenza. Autentiche corbellerie, come tante altre affermate in questi nostri tempi di confusione dottrinale, e perciò non ci si stupirà troppo. Quello però che stupisce è che si dà credito a tante panzane fatte passare come l'ultimo verbo della modernità, e non si crede al Vangelo e alle tante e tremende esperienze di Santi, che costituiscono una prova irrefutabile dell'esistenza e dell'opera del diavolo nel mondo.

Invitare qualche teologo a un esorcismo?...Non sarebbe male e certamente non sarei io ad oppormivici. Ma posso dire che l'esperienza à stata già fatta. Agli urli e ai comportamenti dei presunti ossessi o infestati dal diavolo, corrispondeva il pallore del volto e la... paura dei presenti, tra i quali c'era anche qualche Sacerdote teologo!

 

334) Quale fumo ha accecato alcuni teologi cattolici che non seguono più il Magistero della Chiesa?

È lo stesso fumo che ha annebbiato e accecato l'altissima intelligenza di Lucifero e di tutti gli angeli ribelli: il fumo dell'orgoglio che fa a meno del soprannaturale ed è, tutto sommato, razionalismo pieno e asfissiante.

 

335) L’esorcista P. Pellegrino Ernetti scrisse nel suo libro “Catechesi di satana” ciò che aveva ascoltato in un esorcismo dall'Angelo infedele e ribelle. Che ne pensa di queste parole dette dal diavolo: “I miei teologi con le dottrine da me ispirate...Oh, questi sì che costituiscono la mia punta di diamante di prima trincea! Che teologi intelligenti! Che bravi...bravissimi...! Del resto, li ho portati ad insegnare le mie dottrine non soltanto nei seminari ordinari, ma persino nelle più alte e prestigiose Università Pontificie, persino in quella romana del vostro Prete bianco (Il Papa, l’Università Lateranense).

La dottrina della morte di Dio l'ho ispirata io e, con essa, mi sono venuti dietro milioni di studiosi, che sono diventati miei discepoli e fedeli convinti. Ecco centinaia e centinaia dei miei teologi, che hanno persino il coraggio di sfidare il Prete bianco (il Papa). E mentre questi grandi teologi sono con me, vi sono altri piccoli teologi untorelli che, per rivalsa, negano la mia esistenza e manifestazioni a fatti unicamente psichiatrici e psichici...Bravissimi questi teologi, questi Preti...tanti Vescovi...bravissimi! E' il servizio migliore che mi potete fare: farmi agire silenziosamente, senza minimamente lottare contro la mia presenza e le mie astuzie...Bravissimi, fate sempre così e io continuerò la mia opera infernale senza colpo ferire!

I miei teologi intelligenti negano i dogmi della vostra Chiesa e teologi stupidi negano la mia esistenza...che trionfo!...(risata...)”.

Non è escluso che tutto ciò sia una delle solite gonfiature e pagliacciate del diavolo, maestro di menzogna. E tuttavia, considerata l'obiettiva situazione riscontrabile un pò dappertutto, non escluse istituzioni cattoliche peraltro per tanti versi benemerite, temo proprio che in dette parole ci sia molta parte di verità. Disgraziatamente è proprio questa situazione fallimentare che non si riesce a vedere, dietro i fumi e le apparenze di una Chiesa prospera e piena di vita.

 

336) Che ne pensa lei del diavolo?

Penso e professo ciò che mi insegnano la Sacra Scrittura e la Santa Madre Chiesa. E cioè che questo tristo figuro è una spaventosa realtà che, per permissione di Dio, lotta e combatte Cristo e la Chiesa e i Suoi figli con livore disperato. Così facendo egli può avere dei successi, ma egli sa benissimo che l'ultima parola la dirà Cristo con la sua Mamma Immacolata. E non è escluso che, assieme alla già spaventosa sofferenza meritata con la sua prima ribellione a Dio e alla verità, egli sconterà tutto il male fatto nel corso dei tempi, nel suo Inferno eterno con aggiunta di altri inimmaginabili castighi.

 

337) Senta, ma perché Lei durante gli esorcismi grida forte contro il diavolo e batte i piedi per fare rumore?

Non mi ero mai accorto di quanto mi si dice. Potrebbe comunque trattarsi di un comportamento temperamentale, e non di particolari segni o modi di esorcizzare. Soprattutto si grida forte, con voce imperiosa, perché al demonio si impone, in nome e col potere di Dio, di uscire o di lasciar in pace la povera creatura da lui posseduta o vessata.

 

338) Ritorniamo ai teologi. Ma come mai arrivano ad affermare tesi molto strane?

L'uomo è imprevedibile e non sempre si possono dare spiegazioni di determinati atteggiamenti. Ma ritengo che, assieme all'ignoranza e alla temerarietà, entrano spesso in ballo fattori tra i più diversi: interessi politici, sociali, culturali e chi più ne ha più ne metta.

 

339) Chi agisce così, potrebbe avere qualche problema di natura spirituale?

E' possibile. Ma bisogna ammettere che mille fattori hanno contribuito e contribuiscono a creare una confusione enorme di idee, una distorsione continua dalla verità. Si ha a volte l'impressione di trovarsi di fronte ad uomini che abbiano perduto un pò il senso della logica. Si sarebbe pure tentati di dire che la civiltà creata dall'uomo renda l'uomo meno uomo, e cioè meno capace di usare la ragione che lo distingue da tutti gli altri esseri del creato visibile!

 

340) E’ doloroso constatare l’eliminazione del soprannaturale nella mentalità di oggi. Lo scienziato Enrico Medi in un suo famoso “inno” dedicato ai Sacerdoti, scriveva che i Sacerdoti dovrebbero abbandonare gli affanni del mondo che non li riguardano e ritornare a inginocchiarsi davanti alla SS. Eucaristia in prolungata adorazione e pregare per l'umanità.

Sì, forse una delle cause del degrado teologico è l'aver anche distolto un pò lo sguardo dal Cielo, anche se “a parole” il Cielo è ritenuto ancora e sempre come fine di tutto. E l'attenzione e l'interesse si sono rivolti alla cultura, alle ricchezze della terra, ai problemi politici, alle diverse branche della scienza, alle tecniche rivoluzionarie...Tutte cose con le quali il Sacerdote non dovrebbe per niente aver a che fare, o solo per quel tanto che esse possono servire al bene delle anime e alla gloria di Dio e alla propria autentica crescita spirituale, intellettuale e morale. Certe preoccupazioni puramente umane e terrene dovrebbero scomparire del tutto dall'orizzonte del Sacerdote e del teologo, chiamati ad occuparsi e a preoccuparsi di ben più nobili problemi quali sono quelli della verità e della salvezza.

 

341) Non si crede alla dannazione eterna?

Forse purtroppo è così per tanti; mentre la mente di altri è torturata da dubbi atroci dai quali non riesce a liberarsi. Ma forse alla dannazione ci si crede pure, in maniera però così riduttiva e superficiale da non aversi alcun influsso di rilievo sulla vita di tutti i giorni.

 

342) Il primo eretico è stato il diavolo e sappiamo la fine che ha fatto. Nella Santa Chiesa le eresie ci sono sempre state, ma oggi è diventata una moda dire eresie. Come lo spiega?

Il primo eretico è il diavolo avendo egli orgogliosamente rifiutata la verità che Dio è Dio e la fonte di tutto l’essere; e ogni altro essere al di fuori di Lui non è che un niente, nulla possedendo di proprio. Ponendosi al di fuori e contro la verità, egli ha voluto la scissione, l’opposizione, la guerra tra il male e il bene, la tenebra e la luce, la menzogna e la verità, la creatura e il Creatore, l’amore dell'io e l'amore di Dio.

Le eresie ci sono sempre state nella Chiesa. Si può però ritenere a buon ragione che non tutti gli eretici si siano mossi per orgoglio e amore di sè. In tanti di essi c'era forse, nel voler approfondire e chiarificare determinati problemi, una ricerca e perseguimento sincero della verità. Questo va detto soprattutto di coloro che si occuparono di temi di Fede non ancora del tutto esplicitati nella Tradizione e nella Rivelazione.

Detto questo però il perseverare e l'ostinarsi in posizioni dottrinali e morali, dichiarate dalla Chiesa erronee e contro la Tradizione costante ,suppongono attaccamento alla propria idea, orgoglio e amor proprio, se non peggio.

Oggi dissentire sembra di moda. Per lo più è una forma di conformismo sciocco che crede essere sempre vero quello che è tenuto tale dalla maggioranza. A volte è smania di mettersi in mostra volendo cantare, per così dire, fuori dal coro. Altre volte si tratta di esasperato razionalismo che vuole verificare tutto al tribunale della ragione. Mistero del cuore umano!

 

343) Pensa che S. Paolo si riferisse alla situazione attuale (teologica e sociale) quando scriveva a Timoteo: “Devi sapere che negli ultimi tempi verranno momenti molto difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro,vanitosi,orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, senza amore,sleali,maldicenti,intemperanti, intrattabili. nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati dall’orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio, con la parvenza della pietà. mentre ne hanno rinnegata la forza interiore. Guardati bene da costoro!” (2 Tim 3,1-5).

L'Apostolo si riferiva certamente anche ai tempi nostri. Dico “anche” perché di simili periodi, se non peggiori, ce ne sono stati spesso nella storia della Chiesa, .e potrebbero essercene ancora. La descrizione morale, più che cruda ma estremamente realistica, fatta dall'Apostolo si direbbe una fedelissima fotocopia della società odierna. Essa, infatti,evidenzia soprattutto quello che ordinariamente accade, ogniqualvolta si rifiuta Dio e la sua legge: il disordine, lo squilibrio, la crescita prepotente di tutte le passioni. L’uomo, non più padrone di sé ma in completa balìa dei più bassi istinti, più che elevarsi e tendere progressivamente alla perfezione, non fa che degradare verso la bestia. Diventa cioè sempre meno uomo!

 

344) Ci spieghi perché i veri seguaci di Gesù Cristo non debbono seguire la nuova teologia modernista?

Cristo si è dichiarato ed è l'unica verità, al di fuori della quale non ci sono che errori sia pure, a volte, con parvenze e spezzoni di verità. Ed Egli continua a dispensare la sua salvezza e la sua dottrina attraverso la sua Chiesa. A questa, infatti, ha affidato il compito di ammaestrare tutte le genti e di introdurle nel regno dei cieli, sotto la sua guida e la sua particolarissima assistenza. Perciò i veri seguaci di Cristo se vogliono veramente la verità, devono confrontarsi sempre con l'insegnamento della Chiesa. Che se l'aggiornamento e la modernizzazione si attuano, generalmente, sotto la spinta di profeti, è pur vero però che ogni vero profeta non solo dev'essere riconosciuto dalla Chiesa, ma soprattutto non si porrà mai in aperto contrasto con essa. Ora il modernismo -sintesi di tutte le eresie- è esattamente il contrario di tutto ciò. Esso, infatti, vuole riformare il cristianesimo e la Chiesa, non con le direttive di questa, ma sulla falsariga della cultura moderna per renderli accetti alla mentalità dominante e rispondenti ai bisogni degli uomini di oggi.

 

345) Come e quando è iniziata questa nuova teologia?

E' sempre arduo segnare limiti precisi di un movimento di pensiero. Comunque il modernismo si è sviluppato all'inizio del nostro secolo, e i suoi esponenti principali sono Le Roy, Loisy e Laberthonnière in Francia,, Tyrrell in Inghilterra, Bonaiuti in Italia.

Condannato dal Papa S. Pio X con l'enciclica Pascendi e quasi stroncato con provvedimenti energici -qualche volta forse anche troppo drastici- , il modernismo è riesploso soprattutto in Francia con la Nouvelle Thèologie, con tale vigore da far dire a Maritain -spirito tutt'altro che conservatore- che al suo confronto quello dei tempi di S. Pio X non fu che “un modesto raffreddore da fieno”.

 

346) Che ne pensa di Hegel?

Hegel è stato forse il filosofo che, sia pure genialmente, ha svuotato completamente del soprannaturale la teologia e i dommi cattolici, riducendo tutta la realtà a “l'idea eterna, in sé e per sé, che si attua, si produce e si fruisce eternamente, come spirito assoluto”. Puro razionalismo, per conseguenza, che non ha niente a che vedere con la teologia, il cui oggetto trascende nettamente e infinitamente l'uomo e ogni realtà creata. Tra Hegel perciò e la teologia non può esserci nessuna vera intesa. E le teologie che da lui si ispirano sono decisamente da rigettarsi!

 

347) Il teologo Rahner è stato molto seguito.

Ritengo che non si possa rispondere onestamente con un semplice “Sì” o “No”, alla verifica dell’ortodossia della sua dottrina. Rahner, malgrado tutto, resta un grande teologo che ha contribuito non poco al rinnovamento teologico. Ma teologi di grande rilievo, come Cornelio Fabro, U. v. Balthasar ecc. hanno trovato non poco a ridire su varie posizioni di Rahner. Di esse le più discusse sono quelle della prospettiva antropocentrica con cui ha attuato la discussa svolta antropologica della teologia e del cristianesimo anonimo. Ma posizioni innovatrici si ritrovano in quasi tutto il suo panorama teologico, e cioè in tema della Trinità, dell’Incarnazione, della Grazia, dei Sacramenti ecc. ecc.

 

348) Nell’Enciclica “Pascendi gregis Domini” il Papa San Pio X attacca il modernismo come la sintesi di tutte le eresie.

Il modernismo è detto sintesi di tutte le eresie “perché in esso, secondo un teologo, sarebbero rifluiti tutti gli errori del pensiero moderno: relativismo, soggettivismo, agnosticismo, razionalismo, scientismo, immanentismo, storicismo”, diluendo praticamente la Fede nel sentimento, il dogma nella storia, la Chiesa in una pura società mistica.

 

349) Manca oggi il rimedio contro il modernismo che è l’approfondimento della Santa Chiesa in ciò che essa veramente è, come afferma Paolo VI nell’Enciclica “Ecclesiam suam”.

Chi onestamente approfondisce la natura della Chiesa si renderà conto che questa nelle sue strutture principali l’ha voluta così Cristo stesso. L’accettazione di tale dato storico e rivelato sarebbe già, in fondo, come avere il rimedio contro il modernismo. Il modernismo, che intende modernizzare la Chiesa, sarà superato scoprendo e attuando una nuova dimensione di questa, quella del dialogo. “La Chiesa -dice Papa Paolo VI- deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola, si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio”.

 

350) Gli scritti dei teologi che non seguono l'insegnamento della Santa Chiesa è meglio non leggerli, oppure, si possono consultare per conoscere ciò che è contro il Magistero per essere in grado di rispondere?

Bisogna certamente conoscere quanto dicono quelli che stanno dall'altra parte, se si vuole sia aiutarli caritatevolmente a ritrovare la verità; e sia per confutare le loro perverse dottrine, preservando le anime da pascoli avvelenati. Ma c'è modo e modo per conoscere. Certamente non consiglierei la lettura di tali autori a studentelli o a Sacerdoti e laici che hanno sì e no un'infarinatura della teologia cattolica. Perché a chi non è solidamente agguerrito e quindi in grado di saper valutare e discernere, la lettura di autori eterodossi è il modo migliore per riempirsi la testa di dubbi e perplessità e, magari,per perdere del tutto la Fede. Se si pensa che il cuore umano è già tanto proclive a non aderire alla Fede per le tante difficoltà e misteri da accettare e quale abilità diabolica hanno spesso taluni di persuadere i semplici e gli ingenui, si capirà il pericolo che rappresenta la lettura di tali autori, anche se teologi, che per lo più non brillano per trasparenza di dottrina e di adesione al Magistero della Chiesa.

Un diverso discorso deve farsi invece per coloro che, possedendo già una sufficiente preparazione teologica e culturale in genere e dovendo magari anche insegnare, predicare, guidare anime, è bene che conoscano quanto si va obiettando alla Fede e alla morale. Tanto più che certe obiezioni o difficoltà diventano subito facilmente di dominio pubblico. Anche in questo caso però si impone la prudenza. Il male purtroppo è insidioso e spesso difficile a scoprirsi.

Il meglio sarebbe -almeno che non si tratti di studiosi ai quali si impone-, per onestà intellettuale, di conoscere bene anche le posizioni avversarie di conoscere tali teologi attraverso buoni espositori e critici attenti del loro pensiero.

 

351) Le persone non hanno dei criteri validi per conoscere un buon teologo.

Non si possono fare dei nomi, operando delle classifiche o discriminazioni che potrebbero apparire facilmente arbitrarie e faziose. Perché, a volte, anche dei teologi progressisti dicono e scrivono delle cose interessantissime. Come anche dei teologi generalmente raccomandabili possono incorrere in valutazioni e inesattezze inaccettabili. Ciò non si può condannare né assolvere in blocco. Il meglio è, ritengo, che, se non si è sufficientemente informati, ci si assicuri caso per caso.

Però è certo che fin quasi dagli anni quaranta i teologi, nella quasi totalità, erano fedeli al Magistero. La nuova teologia riceveva un primo grande verdetto di monito o di condanna con l'Humani generis di Papa Pio XII.

Purtroppo la situazione si è fatta sempre più preoccupante col passar degli anni. Comunque, ottimo criterio di valutazione è vedere in che considerazione son tenuti i Documenti dei Papi e dei Concili, non solo del Concilio Vaticano II, ma di tutti senza eccezione.

 

352) Padre Antonio, cosa ne pensa dei teologi non chiari, che dicono e non dicono?

Potrebbe essere un difetto di natura e di temperamento: non tutti i teologi, cioè, hanno il dono della trasparenza e delle sintesi felici. Bisogna allora aver pazienza e cercare di cogliere il loro esatto pensiero.

Può essere però anche il modo di esprimersi di chi non ha idee chiare in mente. E allora, pur condannando bisognerebbe invitare questi autori a rendersi cristallini e trasparenti come tutti i grandi teologi, con a capo S. Agostino, S. Tommaso ecc.

Ma questo dire e non dire spesso -linguaggio “bastardo” per dirla col Maritain- è metodo malizioso per sfuggire a possibili condanne e trovarsi sempre dalla parte della ragione; e magari continuare a seminare veleni senza averne l’aria. Era ed è il metodo dei modernisti col quale si può continuare imperterriti nell'opera di demolizione, coprendosi le spalle da tutte le possibili accuse. Con un linguaggio equivoco, infatti, si può sempre affermare di non aver detto quanto rimproverato e condannato, così come è quasi impossibile stringere nel pugno l'anguilla viscida. Un modo di procedere inaugurato già dai giansenisti. Papa Paolo VI, di fronte ai tanti mali abbattutosi sulla Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, dopo di aver affermato, nel giugno 1972: “Il fumo di satana è entrato nel tempio”, precisò il 18. 9. 1974: “Grande parte di essi mali non assale la Chiesa dal di fuori, ma l’affligge, l’indebolisce, la snerva dal di dentro. Il cuore si riempie di amarezza”.

Lo stesso Paolo VI è arrivato a dire nel settembre 1977 a J.Guitton: “Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all'interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all'interno del cattolicesimo diventi domani il più forte... Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa” (J. Guitton, Paolo VI segreto, Ed. Paoline, 1981, pp. 152 s.).

 

353) Il Sacerdote Giovanni Casati pubblicò nel 1939 un'opera dal titolo: “L’indice dei libri proibiti”.

Non so fino a che punto ci si possa riferire a un libro del genere, certamente utilissimo per il tempo, ma non più valido oggi, visto che non solo è stata abolito l'Indice dei libri proibiti, ma anche per la Chiesa ufficiale sono cambiate tantissime cose. Così per esempio, tra i libri proibiti c'erano quelli del Rosmini che, penso, nessuno oggi sarebbe disposto a ritenerlo un autore pericoloso, anche se alcune delle sue posizioni dottrinali vanno bene interpretate e comprese. Lo stesso Teilhard de Chardin oggi, in molta parte della Chiesa ufficiale, è ben lungi all'essere giudicato così come lo fu in un severo Monitum dell'Osservatore Romano del 1962, dove si affermava tra l'altro che la sua opera filosofica e teologica “contiene tali ambiguità e persino gravi errori da offendere la dottrina cattolica”.

 

354) Oggi, ci sono libri di teologia, in cui si affermano tesi molto strane e strambe. Come spiega queste infiltrazioni nella Santa Chiesa?

Di infiltrazioni della Massoneria nella Chiesa si sta parlando da parecchio, e non senza fondamenti. La scoperta di due emissari dell'Est arrivati addirittura al sacerdozio ha destato non poco stupore. Che le tante o alcune delle tesi eterodosse, perciò, possano avere qualche collegamento massonico è possibile, ma è difficile poterlo provare in modo apodittico.

Il fatto però che di tali possibili collegamenti o infiltrazioni non si abbiano quasi mai prove decisive, potrebbe spiegarsi non tanto per l'inesistenza di dette infiltrazioni, ma per quella astuzia consumata, così congeniale alla Massoneria, di saper non svelare mai del tutto le proprie carte.

 

355) Per quale motivo queste infiltrazioni nella Chiesa?

Per distruggere la Chiesa. Sì, purtroppo. E tali infiltrazioni, naturalmente, non si fanno per il... bene della Chiesa o delle anime. Si persegue evidentemente un piano diabolico di progressivo totale smantellamento dei valori morali, per distruggere la Chiesa di Cristo.

 

356) Cosa ne pensa dei teologi che seguono l'opzione fondamentale, i quali affermano che il peccato mortale non si commette, neanche se uno pecca contro il sesto Comandamento (Non commettere atti impuri) ?

Ritengo che stiamo di fronte a veri e propri sovvertitori della morale, pur salvando la loro buona Fede. L'opzione fondamentale e, cioè, la scelta fondamentale della vita orientata verso Dio, che possa continuare a sussistere nonostante adulteri e ingiustizie appartiene -dice Papa Giovanni Paolo II- a quelle tendenze “contrarie allo stesso insegnamento biblico che concepisce l'opzione fondamentale come una vera e propria scelta della libertà e collega profondamente tale scelta con gli atti particolari (...). Va pertanto affermato che la cosiddetta opzione fondamentale (...) si attua sempre mediante scelte consapevoli e libere. Proprio per questo essa viene revocata quando l'uomo impegna la sua libertà in scelte consapevoli di senso contrario, relative a materia morale e grave” (Veritatis Splendor67). Il che, in parole povere significache ogni peccato mortale non solo resta tale, ma può portare alla dannazione eterna, annullando in pratica quell'opzione fondamentale fatta solo di... vuote parole!

 

357) Però, nonostante l'Enciclica “Veritatis Splendor” di Giovanni Paolo II, i teologi dell'opzione fondamentale continuano ad affermare vera la loro tesi, e cioè: peccando contro un Comandamento che non sia direttamente contro Dio, in realtà non si commette peccato.

Non c'è da meravigliarsi della testarda insistenza. Si tratta di vecchia tesi molto simile a quella condannata da un Decreto del S. Officio del 24 agosto 1690 che così presentava il peccato: “Il peccato filosofico o morale è un atto umano sconveniente alla natura razionale e alla retta ragione; il peccato teologico invece o mortale è trasgressione libera della legge divina. Il peccato filosofico, quantunque grave in colui che o ignora Dio o nell'atto non pensa a Lui, è grave peccato, ma non è offesa di Dio né peccato mortale che distrugge l’amicizia con Dio, né è passibile di pena eterna”.

Purtroppo chi ha interesse a giustificare certe azioni dirà sempre che lui non vuole cambiare l'impostazione o scelta o opzione fondamentale della sua vita. Parole, ancora una volta! Ci si illude che si possa continuare a vivere nei propri disordini e poter conseguire ugualmente la salvezza eterna!

 

358) Ma i Comandamenti non sono dati tutti da Dio?

Non solo i Comandamenti vengono tutti da Dio, ma soprattutto in quanto espressioni e vie alla vita, sono tutti dono del Suo Amore. Ritenerli semplicemente come imposizioni della Sua Volontà per limitare la libertà dell’uomo, è fare offesa sopratutto al Suo Amore. Bisogna capire che ogni realtà e ogni vita si mantiene, cresce e si sviluppa secondo la propria legge: una macchina funziona bene se ci si attiene scrupolosamente alle indicazioni d’uso.

Il medico, che conosce in qualche modo le leggi che regolano i ritmi e quindi la vita del corpo, aiuta il suo il paziente col fargli sapere quello che deve fare per poter riacquistare la sanità e la vita. Dio, creatore dell'uomo e perciò l'unico che conosce fino in fondo quali sono i suoi ritmi e le sue leggi per poter vivere e crescere come si deve, glieli rivela nei comandamenti, dandogli così una grande prova di amore. Non per nulla, nel proporli al Popolo Ebreo disse: “Prendo oggi a testimoni contro di voi il Cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza” (Dt 30, 19). Quello che si sceglie si avrà!

 

359) È comodo credere che non si commettono mai peccati. Secondo Lei, cosa ha contribuito alla perdita del senso del peccato?

Nella perdita del senso del peccato hanno contribuito e contribuiscono molte cause: secolarizzazione, ignoranza religiosa, insegnamenti eterodossi. Ma non è escluso che vi contribuiscano anche Sacerdoti imbevuti di teorie moderniste ed eterodosse e dalla formazione teologica carente. E' chiaro che un Sacerdote che intende erroneamente l'opzione fondamentale fino a non dar più peso a nessun peccato anche mortale, comunica le sue folli idee a tutti i malcapitati che si avvicinano, e contribuisce, come ben pochi, alla demolizione del senso morale!

 

360) Quindi, per i teologi modernisti dato che non si commettono peccati, è inutile confessarsi?

E' chiaro che una teoria del genere scalza pure alla base il Sacramento della Penitenza. Cosa bisognerebbe confessare e di che cosa pentirsi se manca la materia stessa del peccato?

 

361) L’eresia di oggi allora è questa: il peccato non è più peccato.

Sì, in campo morale, la più grande eresia è proprio quella di non ritenere peccato il peccato, avendo quindi la coscienza tranquilla di stare nell'ordine e di non arrecare offesa alcuna né a Dio né al prossimo. Un comportamento comunque che si stenta a capire, risultando in pieno contrasto con innumerevoli testi scritturistici e con la condotta di tutti i Santi o di coloro che si sforzano seriamente di servire Dio con tutte le forze e con tutti i mezzi. Non è questo l'accecamento e l'ostinazione che sono tra i più temibili castighi di Dio, aprendo essi la via a certa dannazione eterna?

 

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27/08/2013 21:53
 
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COME SI PRATICANO LE VIRTÚ?

 

362) Cosa sono le virtù?

Le virtù sono abiti operativi buoni, e cioè disposizioni al bene, acquisiti con la ripetizione degli atti. E' proprio dell'abito operativo rendere più facile l'atto.

Le virtù sono costanti disposizioni dell’anima a fare il bene, quindi, disposizioni al bene, acquisiti con la ripetizione degli atti. È l’inclinazione costante a fare il bene. E' proprio dell'abito operativo rendere più facile l'atto.

 

363) Sono di diversi tipi?

Sì, possono aversi o dovrebbero aversi -per un vivere e un agire ordinato in tutto- altrettanti abiti quante sono le potenze o facoltà proprie uomo, e quante sono le operazioni specificamente diverse di una stessa facoltà; e quante sono le passioni o tendenze da armonizzare con la ragione e il vero bene dell'uomo in quanto individuo e in quanto animale sociale. Così può aversi l'abito che raffrena la passione dell'amor proprio e quello che regola la concupiscenza, quello che regola il modo di parlare e di usare delle cose della terra, ecc. ecc.

 

364) Come si acquista una virtù?

Con la ripetizione degli atti corrispondenti. Così la pazienza si acquista con continui atti di sopportazione; la carità con continui atti di amore per il prossimo; la preghiera con continui esercizi di porsi in comunione con Dio e con il mondo divino; la purezza con continuate vittorie sugli impulsi e sollecitazioni disordinate della carne e della concupiscenza. E così per tutte le virtù morali acquisite.

 

365) E come si perde?

Alla maniera inversa, e cioè col continuo cedere alle proprie tendenze e desideri della carne. Così atti di nervosismo non saputo controllare, ripetuti atti impuri ecc. fanno perdere la virtù della pazienza, della castità che si era acquisita, e inducono ad acquisire i corrispondenti abiti viziosi dell’impazienza, dell’incontinenza ecc.

Il ripetere degli atti di virtù ,per non perdere anche preziose conquiste, trova riscontro puntuale in qualsiasi altro campo umano. Si lasci anche un grande professore per due-tre anni senza alcun contatto con la sua materia di insegnamento...Finirà col dimenticare tutto! Ciò conferma una volta i più quanto sia illogica la posizione di tanti che pretendono credere e non operare, ritenendo la pratica riservata a bigotti e sfaccendati!

 

366) Tutti siamo chiamati a praticare le virtù?

Una macchina, per essere quello che deve essere, non deve avere difetti di costruzione; perché una pianta cresca e dia i suoi frutti in pienezza, deve essere preservata da qualsiasi realtà in contrasto con tali valori; ogni uomo che voglia essere veramente uomo nella pienezza del suo essere e del suo operare, deve avere in sé tutto in ordine, nella dovuta coordinazione e subordinazione. Ciò significa che, ogni realtà, ogni uomo, ma soprattutto il cristiano, chiamato ad essere uomo perfetto e perfetta immagine di Dio, nel suo genere, è chiamato ad acquisire tutti gli abiti buoni che lo riequilibrano completamente e gli danno la gioia del vivere ordinato nelle sue azioni e movimenti. Se quindi tutti sono chiamati ad essere uomini e cristiani, tutti sono pure chiamati a praticare le virtù.

 

367) Non crede che la maggior parte dei credenti non ha la minima idea di come praticare le virtù?

Purtroppo è vero, ma anche questo è frutto di ignoranza, le cui cause vanno ricercate sia nei dispensatori della Parola, spesso vere e proprie macchine senz'anima e senza idonea preparazione, e sia nell'inerzia colpevole di buoi muti che non parlano, non riprendono, non insegnano...; e sia nei fedeli pronti sì, per lo più, ai pur buoni gesti devozionali, ma così poco convinti di doversi alimentare abbondantemente della Parola di Dio. E questa che è insieme illuminazione e incoraggiamento, confronto e verifica, lode o condanna della propria vita. Ed è la Parola di Dio, comunque e con qualsiasi mezzo amministrata (libri, prediche, scuola ecc.), che resta la più necessaria alla vita spirituale dell’uomo; e che è anche purtroppo la più trascurata e fraintesa da tanti!

 

368) E' facile scoraggiarsi presto, se gli sforzi per acquistare una virtù risultano infruttuosi. Ma ci vuole perseveranza. Lei cosa consiglia?

Per nessuno è facile l'acquisto della virtù, come non è sempre facile liberarsi da certe forme patologiche, che affliggono il nostro corpo. Ma se per la conoscenza e la padronanza di qualsiasi disciplina ci vuole grande impegno e perseveranza, ce ne vuole anche di più per l'acquisto di qualsiasi virtù, per la semplicissima ragione che fare è molto più che conoscere semplicemente, e fare il bene è immensamente più difficile che fare il male. Così come distruggere è facilissimo e tutti possono farlo, costruire invece è di pochi e solo di coloro che ne sono capaci.

A questo scoraggiarsi davanti allo sforzo di conquista della virtù non è estraneo quel languore, apportato dal peccato originale, che rende duro e pesante qualsiasi sforzo! Per questo e per tutto un insieme di fattori si richiede, assieme all'impegno di volontà, molta Grazia di Dio e quindi anche molta preghiera che la impetra. Ciò va detto soprattutto per alcune virtù, come per esempio, la virtù della continenza impossibile ad osservarsi, se oltre allo sforzo di volontà, .non ci sia anche una Grazia speciale del Cielo.

Stando così le cose gli scoraggiamenti possono essere all'ordine del giorno. E tuttavia essi vanno energicamente lottati e superati confidando in Dio e nella Sua Grazia, e pensando pure che il camminare verso la perfezione e la santità esige tempi lunghi e quindi grande pazienza e perseveranza.

 

369) E’ bene avere dei modelli?

Certamente. Non fosse altro, i modelli informano sulla strategia e sui metodi da adottare per adottare per raggiungere facilmente lo scopo propostosi. I modelli danno pure coraggio dal momento che, essendo essi passati per le stesse difficoltà e gli stessi scoraggiamenti, assicurano che la meta è raggiungibile così come è stata raggiunta da loro.

 

370) L’esame di coscienza aiuta?

Ai fini dell'acquisto della virtù l'esame di coscienza è molto utile, anzi quasi indispensabile. Infatti, aiutando a conoscere bene lo stato della propria anima, si possono predisporre meglio e sfruttare di più mezzi e rimedi adatti ad eliminare qualsiasi possibile impedimento all'acquisto della virtù. L’esame di coscienza è un pò come una radiografia esatta del cuore, che sollecita alla terapia più adatta.

 

371) Gli autori spirituali affermano che l'umiltà è il fondamento di tutte le virtù e la carità ne è la regina. Ne parli.

L'essere fondamento lo si dice di varie virtù, però l’umiltà è determinante. Ecco come si esprime S. Tommaso d’Aquino: “Come l'ordinata aggregazione delle virtù viene paragonata a un edificio, così la prima virtù che si richiede all'acquisto di esse viene paragonata alle fondamenta.(...) Ora in due modi si può intendere che una virtù è la prima nell'acquisizione delle altre. Primo, quale removens prohibens (chi rimuove l'ostacolo). E, in tal senso, l’umiltà è al primo posto, in quanto scaccia la superbia,a cui Dio resiste,e rende l'uomo sottomesso e aperto a ricevere l'infusione della Grazia divina, togliendo l'ostacolo della superbia...” (Sum. Theol., II - II ,q. 161, a. 5 ad 2).

Assieme all’umiltà è la carità, e cioè l'amore soprannaturale di Dio e del prossimo che è il fondamento e la regina di tutte le virtù. La carità, infatti,è l'anima e il fine i tutte le virtù. Ne è l'anima perché come l'anima è il principio vitale del corpo nel senso che questo non opera, non si muove, non vive senza di essa; così non esiste vera virtù se non quando è animata e vivificata dalla carità. D’altra parte tutto deve orientarsi e divenire amore di Dio e del prossimo, così che ogni atto di virtù diviene, in pratica un atto di amore: fine della legge è la carità, in tutti i sensi e in tutti modi (Rom 13,10)! Si comprende, allora, perché la carità è la regina delle virtù. Se la carità dà senso e valore a tutto, senza la carità tutto è niente: “Se anche parlassi -dice l'Apostolo- le lingue degli uomini e degli angeli...e avessi il dono della profezia, e possedessi la pienezza della Fede così da trasportare le montagne...e distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità...non sono nulla, niente mi giova. Nella carità si ritrovano tutte le virtù. Infatti la carità è paziente, è benigna, non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità (1 Cor 13,1-7).Veramente anima e regina di tutte le virtù, la carità!

 

372) Per sottolineare l’astuzia del diavolo, si dice, che egli è eccellente nel praticare la virtù della pazienza?

Evidentemente lo si dice per battuta, essendo il diavolo tutto male e incapace di qualsiasi bene. In lui, perciò, non può mai più attecchire nessuna virtù. Se si dice che egli è eccellente nel praticare la virtù della pazienza è per significare la sua ostinazione a tentare e a ritentare per indurre a peccare e a dannare le anime.

 

373) Nella mentalità di oggi non esiste la rinuncia.

Veramente la rinuncia non è stata forse mai accettata dall’uomo per l’apparente suo volto triste ed opprimente. Ma essa viene addirittura odiata, respinta con orrore e anche derisa, soprattutto quando egoismi e passioni ribelli sono da tutti accarezzate e soddisfatte in tutti i modi, come sembra accadere oggi. E’ tuttavia si tratta di una posizione del tutto falsa e inaccettabile. Se, infatti il Vangelo e ogni sana filosofia e pedagogia raccomandano la rinuncia è perchè essa non è affatto contro la libertà e la felicità dell’uomo, come asseriscono, tra gli altri, Nietzsche e compagni. La rinuncia fa parte della vita e, spingendo alle grandi conquiste in ogni campo, sfocia alla pienezza della vita.

 

374) La rinuncia non si può separare dalla persona.

Essa fa parte della vita. Infatti ogni scelta della creatura è anche necessariamente rinuncia a tutto il resto. Un uomo che sceglie una professione, rinuncia di fatto a tutte le altre pur buone e belle. La rinuncia spinge o allena alle grandi conquiste. Chi aspira a divenire grande atleta, dovrà rinunziare a tante cose ed allenare il suo corpo a mille sacrificio. Così per ogni campo. La rinuncia, poi, è realtà necessaria soprattutto all’uomo figlio di Adamo, e cioè, all’uomo malato e propenso al male e al disordine. Se vuole la sanità, se vuole arrivare alla felicità che non delude, avrà bisogno appunto di rinunzie, che sono come le medicine amare, necessarie all’ammalato perché ritrovi benessere corporale e gioia dello spirito. E sano e gioioso è chi, veramente libero, può comandare e servirsi come vuole delle forze di cui dispone, per arrivare ad essere uomo nel senso pieno della parola, aperto alla pienezza della felicità autentica.

 

375) Amare il prossimo è una legge quasi non più osservata.

E’ vero. Nel mondo impazzano guerre, odii tribali e razzismi feroci, orrori allucinanti da far pensare che l’uomo sia impazzito. Forse mai è stato così vero il detto: “L’uomo è lupo all’altro uomo”, nonostante le esaltazioni che si fanno, in tutti i toni e in tutte le maniere, dell’amore, della fraternità, della solidarietà e cose del genere.

E tutta via questa frantumazione completa della legge dell’amore in tanti parti della terra si spiega, anche se non la si può mai giustificare. Come è possibile, infatti, amare il proprio simile, specie se gli è estraneo o nemico e se gli è concorrente spietato o antipatico e ributtante, se non si riesce a vedere in lui l’immagine di Dio o di Cristo, nostro fratello?

Come prodigarsi e sacrificarsi per lui se non esiste un Dio che giudica e ricompensa tutto e tutti?... Purtroppo essendo scomparso quasi del tutto, Dio dall’orizzonte di troppi uomini, c’è da meravigliarsi che sia scomparso anche l’uomo? Senza il fondamento di Dio, finisce per esaurirsi anche l’amore più ideale, presto o tardi travolto e sommerso dall’onda degli odii ed istinti scatenati!

 

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27/08/2013 21:53
 
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LA MORTE

 

376) Questa vita è breve, la morte verrà per tutti.

La morte è ormai legge universale da quando è entrato nel mondo il peccato di cui sono infetti tutti e singoli i figli di Adamo (cf Romani 5,12). Stante l'ineluttabilità della morte, tutto diviene passeggero e di corta durata, anche la vita più longeva, come quella dei patriarchi biblici.

Ma non mancano, anche a questo riguardo, gli illusi che attendono dalla scienza la liberazione dalla morte, come quelli che, spendendo fiori di quattrini, si fanno ibernare nella speranza di poter presto o tardi, una volta trovato dalla scienza il mezzo, ritornare alla vita!

 

377) Forse, la maggior parte delle persone non pensa alla morte.

Alla morte, che pure è sotto gli occhi di tutti quasi ogni momento del giorno e della notte, non ci si pensa, ritenendola una possibilità remota, evanescente, estranea come se non riguardasse noi. E ciò specie quando, nel pieno vigore delle proprie forze, si è più che mai presi dal fascino della vita. Perché questo?... Perchè la morte, oltre tutto, è qualcosa di innaturale, e quindi qualcosa che è continuamente e quasi inconsciamente rimosso. Ma, assieme a ciò, a distrarre dal pensiero della morte, si uniscono pure spinte a non finire, non escluse quelle provenienti dal diavolo. Perché se non si pensa alla morte, più facilmente si viene meno alle proprie responsabilità morali.

 

378) L’uomo di oggi è immerso nella vita frenetica, per cui non ha più tempo per pensare alla propria vita spirituale, per riflettere che su questa terra è di passaggio e che dovrà lasciarla prima o poi.

Purtroppo la terra e le cose terrene hanno il loro fascino, e occupazioni e preoccupazioni assorbono e impediscono di riflettere. La S. Scrittura attribuisce proprio a questa assoluta assenza di riflessione la desolazione spirituale che inaridisce tutto: “E' devastato tutto il paese, e nessuno se ne dà pensiero” (Geremia 12,11). L'assenza di riflessione è così totale che si finisce col dar valore solo a ciò che è immediatamente utile o dilettevole, per cui si reputa addirittura una perdita di tempo compiere qualche dovere religioso o spendere del proprio tempo per occuparsi di problemi che non siano o di sport o di studio o di divertimento e simili.

 

379) Ogni uomo lascerà le ricchezze e ogni altra cosa.

L'uomo come nudo è venuto sulla terra, così nudo e spoglio di tutto se ne andrà al Creatore. Ogni ricchezza terrena svanirà come nebbia al sole. Solo le opere buone seguono l'uomo nell'altra vita: le opere buone fatte e le sofferenze cristianamente e pazientemente sopportate costituiranno la ricchezza che adornerà l'anima e le faranno meritare la corona della gloria eterna.

 

380) L’uomo non ha tempo per pensare alle grandi verità, e il diavolo non ha bisogno neanche di tentarlo...

E' quasi impossibile, se non si riflette sulle grandi verità, non essere travolti dal fascino delle cose passeggere e non peccare. Oltre tutto il peccato, come diceva S. Agostino, è un allontanarsi da Dio per volgersi alle creature (aversio a Deo, conversio ad creaturas). E quando le anime, attaccate alla terra, non riflettono per niente, il diavolo può lasciarle anche tranquille e serene, dal momento che con i loro piedi si incamminano verso l'eterna dannazione. In effetti le tentazioni più violente il diavolo le scatena soprattutto contro le anime che lucidamente e decisamente hanno ripudiato questo mondo e le sue attrattive, e quindi camminano piene di ardore per la via della salvezza.

 

381) Da professore di teologia, cosa può dire del momento in cui l'anima lascia il corpo?

Il momento in cui l'anima si stacca definitivamente dal corpo è senza dubbio il più importante e decisivo per ogni uomo, quando ha inizio per ciascuno la vita o la morte eterna. Se conosciamo per Fede cosa avviene dell'anima dopo il suo distacco dal corpo, non sappiamo invece cosa avviene nell'istante che precede il distacco: potrebbe esserci l'ultima misericordiosa sollecitazione della Grazia con l'accettazione e quindi la salvezza. Ma potrebbe anche accadere che l’anima, che nella vita ha sempre rigettato la Grazia, trovi quasi naturale, accecata e ostinata com’è, compiere l' ultimo definitivo rifiuto di Dio. E il sì o il no perdurerà per tutta l’eternità, fissandosi l'anima per sempre nel bene o nel male!

 

382) Avviene subito il Giudizio particolare per l'anima?

Sì, è verità di Fede che subito dopo il distacco dal corpo l'anima è sottoposta al giudizio di Dio dando conto di tutta la vita, per ricevere il premio o il castigo per quanto operato (Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, numeri 1021 s.). Subito dopo la morte, abbiamo detto. Ci sono eccezioni a questa norma? Forse sì. Lazzaro che, morto da quattro giorni, viene risuscitato da Cristo aveva già subìto il giudizio?... Probabilmente no, perché il giudizio rende tutto definitivo. La probabile sospensione del giudizio particolare poteva essere stato voluta da Dio per la maggior gloria di Cristo e del Suo insegnamento. La probabile eccezione, tuttavia, non farebbe che confermare la regola.

 

383) Ci si trova davanti al Signore, giusto Giudice, senza avere più la possibilità di rimediare ai peccati commessi?

Con la vita del tempo si conchiude pure il tempo della misericordia e del merito. Quaggiù e finché si è in vita, c’è sempre la possibilità di usufruire della misericordia di Dio, si fosse anche all'ultimo istante della vita e carichi di tutti i peccati del mondo. In effetti il cammino della vita è un andare inesorabilmente verso quella che sarà la felicità o l'infelicità eterna. Chi non ha voluto tener conto della Chiesa, dei Sacramenti, delle ammonizioni ecc. (ecco la misericordia), è chiaro che troverà quanto ha preparato e voluto con la sua condotta (ecco la giustizia voluta con la propria scelta!). Un epilogo tragico perché come dice l’Apostolo: “E' terribile cadere nelle mani del Dio vivente” (Eb 10,31)!

 

384) Dopo il Giudizio cosa aspetta ogni anima?

Nell'aldilà esiste solo il Paradiso o l’Inferno, l’uno e l'altro eterno. Il Purgatorio è temporaneo ed è per coloro che, pur salvi perché morti in Grazia di Dio, non sono ancora del tutto puri e perfetti per il Paradiso. Paradiso, Inferno, Purgatorio non sono imposti da Dio come da chi è giudice inappellabile. Probabilmente, come direbbe S. Caterina da Genova, il giudizio si compie al solo vedersi in Dio e di fronte alle sue infinite misericordie. E avviene allora che l'anima che si ritrova in piena perfezione di Grazia e di virtù si slancerà felice nell'oceano di Amore che è Dio; che l’anima, viva per la Grazia Santificante ma non del tutto purificata e ordinata, si immergerà essa stessa nel Purgatorio per diventare degna del Paradiso. Mentre a coloro che si ritroveranno morti alla Grazia per il peccato mortale si spalancherà l'abisso dell'Inferno che li inghiotterà senza più alcuna speranza.

Si tratta, come si vede, di prospettive che non possono prendersi alla leggera. Si ha un bel illudersi che con la morte tutto è finito e che quindi Inferno e Paradiso sono solo vuote parole!...A parte l'assoluta certezza che ci viene dalla rivelazione, come si può rischiare con tanta incoscienza il proprio eterno destino?

 

385) Nella parabola del ricco Epulone e del povero Lazzaro, praticamente Gesù opera un Giudizio particolare ad entrambi?.

Sì, si tratta di un giudizio particolare del ricco empio e del povero diseredato. Un giudizio espresso, più che da un Giudice Superiore ed eterno, quanto scaturente dalla vita vissuta, come si diceva più su a proposito dell’Inferno.

 

386) Differenza tra Giudizio universale e particolare.

Il Giudizio universale si differenzia da quello particolare per vari aspetti. Prima di tutto, il Giudizio universale è pubblico e solenne e riguarda tutti i popoli della terra. Tutto sarà svelato a tutti. Il giudizio, tra l’altro, darà l’esatta misura e peso delle azioni buone e cattive di ciascuno. Il male fatto dell’empio, per esempio, come il bene fatto dai giusti, lo si potrà misurare e giudicare solo alla luce di tutte le anime che ne hanno subito le ripercussioni e le influenze. E perciò i giusti dovranno avere la lode e l’esaltazione che si meritano, come gli empi dovranno subire l’onta e la vergogna dei propri misfatti, contro tutte le indebite esaltazioni, avute nel tempo.

Da aggiungere poi che al giudizio universale gli uomini si presentano con il loro corpo risuscitato dalla polvere per la potenza di Dio. Ed anche questo risponde ad una logica profonda: l’uomo opera il bene e il male soprattutto attraverso il corpo. E perciò anche il corpo dovrà partecipare alla pena o alla gioia meritata dall’anima.

 

387) Qualcuno è convinto che dopo la morte non c'è nulla.

Sono convinzioni fondate sul... nulla. Nessuno mai ha potuto provare la non esistenza di Dio, e nessuno mai potrà mai provare la non esistenza dell'altra vita. Convinzioni del genere, per lo più, sono originate da pregiudizi, ignoranza, tentazioni e spesso anche settarismo. Quello che è certo è che se non esistesse l’aldilà, bisognerebbe concludere che, proprio e solo nel mondo dell'uomo e cioè della più perfetta creatura della terra, regnano sovrani il disordine e l’ingiustizia, dal momento che quasi mai si ha giustizia in questo mondo. Un assurdo difficilmente concepibile e accettabile in un universo ordinatissimo e sapientissimo.

 

388) Nel mondo tantissime persone vivono con la convinzione che con la morte tutto finisce. Affermano, appunto, che l’aldilà non esiste.

Si può affermare tutto quello che si vuole: l’importante è vedere se quanto affermato risponde alla verità. Molti vanno dicendo che con la morte tutto finisce e non c’è affatto un aldilà; tuttavia nessuno mai ha potuto provare -dico provare con rigore scientifico- che realmente non esiste nulla, oltre la morte. Che se si è nell’incertezza soggettiva il più elementare buon senso consiglia, per lo meno, a non essere avventati, essendo in gioco un problema della massima importanza. Chi si getterebbe da una finestra anche con la sola probabilità che potrebbe esserci, sotto, un abisso dove ci si andrebbe sicuramente a sfracellare? Le prove invece o argomenti -a parte anche la rivelazione la quale asserisce con assoluta certezza che c’è un aldilà- che esiste un aldilà sono tanti, anche se di diverso peso. I più grandi dell’antichità (vedi Platone, Aristotele, Cicerone, Virgilio, acc.) hanno dimostrato l’immortalità dell’anima e quindi l’esistenza di un aldilà. Tutti i popoli ebbero ed hanno il culto dei morti, per la certezza dell’esistenza di un’altra vita dopo la morte. E nulla dicono i tanti accertati interventi dell’aldilà, come quelli dei Santi, di defunti ecc. ecc. ?

 

389) Oggi ci si affanna per il potere e il denaro, ma l'uomo è sempre un misero... Però è chiamato a diventare Santo!

Certo tra la vocazione data da Dio all'uomo di arrivare fino a Lui per partecipare alla Sua Vita eterna e beata, e il rivolgersi costantemente a povere cose della terra, che né appagano né arricchiscono veramente ,c'è un abisso. Se non fosse soprattutto il peccato originale a darci in mano un pò il bandolo della matassa, si direbbe proprio che l'uomo è impazzito, avendo perduto completamente ogni senso di logica e di realtà. Egli è chiamato per le grandi vette, e si ostina a guazzare nel fango delle paludi; è chiamato alla santità e cioè alla più stretta e beatificante comunione con Dio, e preferisce intrattenersi con realtà misere e repellenti. Bisognerebbe gridare continuamente con San Leone Magno: “Riconosci, o uomo, o cristiano, la tua dignità, e compòrtati in conseguenza”. O come diceva S. Pier Crisologo: “O uomo, perché hai di te un concetto così basso quando sei stato tanto prezioso per Dio? Perché mai, tu che sei così onorato da Dio, ti spogli irragionevolmente del tuo onore? Perché indaghi da che cosa sei stato tratto e non ricerchi per qual fine sei stato creato?” (Discorsi, disc. 148).

 

390) I “grandi uomini” hanno pensato di sfidare finanche Dio, essendo loro veri potenti, al disopra di Dio addirittura, ma in realtà si sono mostrati veri deboli perché non hanno vinto la morte.

Di fronte a Dio nessuno è grande né esiste il genio o il superuomo. Il Signore, come tante volte è accaduto nella storia, disperde gli empi orgogliosi, nullità gonfie di aria, col solo soffio delle sue labbra. “Non adirarti contro gli empi -avverte la S. Scrittura- non invidiare i malfattori./Come fieno presto appassiranno, cadranno come erba del prato/...Ho visto l'empio trionfante, ergersi come cedro rigoglioso; sono passato e più non c'era...” (Salmo 37,1-2.35-36).

Che grandezza è mai quella che può essere abbattuta in ogni momento da un virus, da un microbo, dalla morte?... E come è possibile illudersi se solo si guarda indietro nella storia? I potenti di ieri sono, come tutti gli altri, nell’oblìo e nella polvere!...

 

391) Perché Dio creò il mondo?

Dio nel creare, non poteva avere altro fine che Se stesso e nessun altra motivazione se non l’amore. Qualsiasi altro fine e motivo a Lui estrinseco, lo condizionerebbe e lo assoggetterebbe: in pratica ci sarebbe un... dio al disopra del Dio vero! Dio poteva creare il mondo solo per amore e cioè per far partecipi le creature, in vario modo, della sua pienezza di vita e di potenza. Come un vaso sovrappieno deborda e lascia cadere quanto contiene, così Dio, pienezza assoluta di essere e sovrabbondanza di bontà, dona e si espande. Di qui la creazione di esseri nella loro meravigliosa molteplicità e varietà. Essendo l’Amore e avendo creato ( Sap 11, 24). La creazione allora si risolve, in una esaltazione incessante della bontà e sapienza dell’Onnipotente.

 

392) Da quanto tempo esiste la terra?

Gli scienziati parlano di 4-5 miliardi di anni: una datazione stabilita da ricerche estese in molti campi, quali l’astronomia, la geologia, la paleontologia ecc.

 

393) E l’uomo?

Secondo recentissime ricerche ‘uomo sarebbe apparso sulla terra circa 250.000 anni fa. Tale datazione non è in contrasto con i dati biblici, come potrebbe sembrare. I numeri biblici, infatti, generalmente sono simbolici, non essendo la S. Scrittura un manuale ne di scienza ne di storia come lo intendiamo noi moderni o altro del genere.

 

394) Che significa la risurrezione dei corpi?

Risurrezione dei corpi significa che i corpi umani, comunque dissolti e scomparsi, si ricomporranno per divina virtù alla fine dei tempi, ricongiungendosi con la propria rispettiva anima. E così l’uomo vivrà anche nel corpo il proprio destino eterno meritato con le opere compiute su questa terra. Il corpo risuscitato sostanzialmente è quello stesso avuto in vita, ma, per i salvati, trasfigurato e dotato di immortalità e di luminosità e spiritualizzato tale da poter, sull’esempio di Cristo risorto, passare indenne attraverso la materia e qualsiasi altro ostacolo. Fondamento di tale verità di Fede è la risurrezione stessa di Cristo Gesù dalla morte.

 

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I NOVISSIMI

 

395) Che cosa significa Novissimi?

E’ parola latina italianizzata: significa le ultime cose o ultimi avvenimenti nella vita dell’uomo, e cioè principalmente: morte, giudizio da parte di Dio, Inferno e Paradiso e cioè quanto meritato con la propria vita qui su questa terra.

 

396) Perché esiste l’Inferno?

L’Inferno esiste soprattutto per due motivi: esiste una giustizia che non potrà mai venir meno e la libertà della creatura intelligente.

La giustizia esige che bene e male non possono trattarsi alla stessa stregua, e un Santo e un criminale non possono assolutamente avere identico fine. Se non esistesse l’Inferno dio sarebbe ingiusto e dovrebbe dirsi che nell’universo -che pure rivela ovunque un ordine ammirabile- proprio quanto al settore dell’intelligenza, è in preda alla più grande ingiustizia. A simile prospettiva si ribella tutto l’uomo. Oltre tutto, è nell’aldilà che si afferma quella giustizia che non sempre e non del tutto può esserci qui su questa terra.

L’Inferno esiste poi come logica conseguenza delle scelte che si fanno su questa terra. Chi si mette volontariamente al di fuori dl sole che è vita e calore, in pratica sceglie il freddo e la morte. Volere il peccato perciò, in pratica, è come porsi contro e fuori di Dio che è tutto il bene e tutta la vita. Cosa può esserci al di fuori del bene e della vita, se non il male e la morte? In effetti, l’Inferno, più che da Dio, è voluto e scelto dall’anima; e Dio, che rispetta fino in fondo la libertà, non può che volere quello che vuole l’uomo anche in scelte pazze e suicide. Dio vuole a tutti salvi e usa misericordia. Ma non si vada a cercare misericordia là dove non può esserci. Sono ammirabili espressioni della misericordia di Dio la passione e morte di Gesù, la missione della Chiesa, i Sacramenti, l’abbondanza della Grazia, le esortazioni e i castighi ecc. Cosa dovrebbe fare di più Dio se l’uomo pazzescamente rifiuta tutto, abbandonandosi al peccato? In realtà anche il più grande peccatore del mondo troverà misericordia e sfuggirà all’Inferno, se pentito promette sinceramente di lottare il peccato con tutte le forze. Le stesse eventuali cadute per debolezza e fragilità umana non faranno esaurire l’inesauribile volontà salvatrice di Dio.

 

397) Quali pene si soffrono nell’Inferno?

Sono: la pena del danno che consiste nella privazione della visione di Dio. E’ questa la pena più spaventosa perché, una volta cessata l’attrattiva delle creature e gli strappi delle passioni che annebbiano, l’uomo è attirato irresistibilmente con tutto il peso del suo essere al Creatore. Ma ne è eternamente respinto e allontanato dal suo peccato.

C’è poi la pena del senso, e cioè tutte le pene immaginabili che provocano sofferenza e disperazione. Da rilevare soprattutto quella del fuoco, da cui parla così chiaramente e così frequentemente la S. Scrittura, che non può trattarsi di metafora. E infatti la Chiesa ha sentenziato, sulla scorta dei Santi Padri e Scrittori e teologi, Che si tratta del vero fuoco che brucia le anime, anche se non è necessariamente della stessa natura del fuoco da noi conosciuto. Sia la pena della privazione della visione di Dio e sia quella del senso rispondono esattamente al rigetto di Dio e al godimento disordinato delle creature, voluti dall’anima su questa terra.

 

398) Origene si illudeva che l’Inferno non avrebbe avuto una durata eterna...

Origene, pur grandissimo scrittore della Chiesa, è incorso in molti e gravi errori rilevati e condannati dalla Chiesa. E poiché è alla Chiesa che Gesù e affidato il Suo insegnamento, essa sola può dirci con assoluta certezza quella che è la verità. Ebbene la chiesa ha sempre insegnato l’Inferno eterno, che è domma di Fede. Tale insegnamento è, oltre tutto, pienamente suffragato sia da innumerevoli testi della S. Scrittura e sia dalle unanime Tradizione dei Padri. Quanto poi all’argomento apportato da Origene: “L’Inferno non può essere eterno perché Dio è Amore”, lo si smonta facilmente con una semplicissima osservazione. E’ soprattutto qui la ragione dell’eternità dell’Inferno. Si può convenire che una tale posizione sembra impossibile. Ma la ragione dell’uomo non sa, non può sapere tutto. Santi e Dottori della Chiesa, invece, si esprimono tutti in questo modo, pur senza ignorare che Dio è Dio di infinita misericordia e bontà.

 

399) Santa Teresa d’Avila fece un’esperienza nell’Inferno che non riusciva a dimenticare per l’orrore. Scrive nel suo libro autobiografico : “...non vedevo chi mi facesse soffrire quei tormenti, ma mi sentivo ardere e ridurre a brandelli. Il supplizio peggiore era il fuoco interiore e la disperazione dell’anima. Regnava un fetore pestilenziale; non v’era alcuna speranza di conforto. Non v’era luce, ma tenebre paurosissime, e ciò nonostante -cosa che non riuscivo a comprendere- si vedeva tutto ciò che poteva essere di tormento alla vista. In una susseguente visione, vidi supplizi spaventosissimi, fra cui i castighi di alcuni vizi in particolare”. Di quali vizi intende?

L’esperienza di Santa Teresa è un’altra luminosa conferma della teologia, a chiarimento del dato rivelato. S. Teresa vede, tra l’altro, i supplizi spaventosi a castigo di alcuni vizi particolari. Si tratta molto probabilmente, soprattutto dei peccati impuri che, pur non essendo tra i più gravi dei peccati, sono però i più comuni e quelli che più si oppongono alla santità di Dio.

 

400) La Beata Faustina Kowalska nei suoi scritti parla di una esperienza straordinaria. La trascrivo: “Oggi sotto la guida di un Angelo, sono stata negli abissi dell’Inferno, È un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho viste: la prima pena, quella che costituisce l’Inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi di coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena è il fuoco che penetra l’anima, ma non l’annienta; è una pena terribile: è un fuoco puramente spirituale acceso dall’ira di Dio; la quinta pena è l’oscurità continua, un orribile soffocante fetore, e benchè sia buio i demoni e le anime dannate si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sestapena è la compagnia continua di satana; la settima pena è la tremenda disperazione, l’odio di Dio, le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie. Queste sono pene che tutti i dannati soffrono insieme, ma questa non è la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall’altro. Sarei morta alla vista di quelle orribili torture, se non mi avesse sostenuta l’Onnipotenza di Dio. Il peccatore sappia che col senso col quale pecca verrà torturato per tutta l’eternità. Scrivo questo per ordine di Dio, affinchè nessun’anima si giustifichi dicendo che l’Inferno non c’è. I demoni hanno dimostrato un grande odio contro di me, ma per ordine di Dio hanno dovuto ubbidirmi. Quello che ho scritto è una debole ombra delle cose che ho visto. Una cosa ho notato e cioè, che la maggior parte delle anime che ci sono, sono anime che non credevano che ci fosse l’Inferno”. Che ne pensa?

L’esperienza della Beata Faustina è una delle tante esperienze di Santi e di anime eccezionali. E perciò, da questo punto di vista, non è certamente una novità. Quanto all’essenza dell’Inferno e delle sue pene, l’esperienza di Sr. Faustina risponde in pieno alla posizione della più sana tradizione Teologica. Si vada a rileggere, ancora una volta, la Somma Teologia di San Tommaso e vi si vedranno presentate, discusse e provate, esattamente le stesse cose.

 

401) Il Purgatorio è luogo di purificazione, quindi di sofferenza, ma anche di gioia perché al termine della purificazione si vedrà Dio. E’ pena e speranza.

La grande differenza tra l’Inferno e il Purgatorio, se non la si vuol vedere nelle pene subite, è certamente questa: per il dannato all’Inferno non c’è più alcuna speranza: dannato per sempre. L’anima del Purgatorio invece sostanzialmente ha raggiunto la salvezza eterna, e perciò è piena di gioia e di speranza, ama Dio con amore indicibile, e attende in assoluta certezza, pur tra pene grandi, di volare al più presto all’eterno abbraccio con Dio.

 

402) Dio ci ha creati per il Paradiso.

Sì, per un Dio somma Bontà e Amore, la creazione di esseri intelligenti e ragionevoli non può essere che un voler farli partecipi della sua eterna infinita beatitudine. Un’affermazione logica che trova pienissima conferma nella S. Scrittura dove si dice, per esempio, che Dio non odia nessuna delle sue creature, e che Egli è venuto sulla terra perché gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. La stessa terribile passione e morte e tutta l’opera della Redenzione non avrebbe alcun senso se non fosse per strappare le anime alla dannazione e portarle alla vita eterna.

 

403) Come descrive Lei il Paradiso.

E’ stato sempre impossibile descriverlo a coloro che ne ebbero una esperienza diretta; meno che mai è possibile a tutti gli altri. Coloro che ne hanno fatto esperienza, come S. Paolo e i Santi, hanno detto che non può immaginarsi da immaginazione creata né può parlarne il linguaggio umano. I termini usati: cena, banchetto, riposo, gaudio del Signore, mercede, regno ecc. sono solo immagini sbiadite di una realtà che dice possesso di tutti i beni e assenza di ogni male.

 

404) Cos’è il Limbo e cosa significa questa parola?

La parola “limbo” è “lembo” nel senso di zona che è al margine (dell’Inferno). Si chiama così il luogo o la condizione dei bambini morti senza Battesimo. Esso importa una felicità naturale senza alcun male, e senza alcuna visione diretta di Dio come è per gli eletti in Cielo. La dottrina del limbo, che risale ai primi secoli della Chiesa, è stata elaborata soprattutto da S. Tommaso. Ma oggi è fortemente attaccata dalla nuova teologia, non sappiamo con quali autentici fondamenti biblici.

 

405) Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, si trovano in Paradiso.

Il Paradiso è soprattutto il possesso e il godimento di Dio e di tutti i beni, senza alcun male. Del Paradiso l’uomo sulla terra può avere una conoscenza solo analogica e imperfetta, perché non esistono parole adeguate: Dio trascende infinitamente tutto ciò che è creatura finita. Rapito in Paradiso l’Apostolo Paolo “udì parole indicibili che non è lecito a nessuno pronunziare” (2 Cor 12,4). Ma ecco come il grande Dottore S. Tommaso D’Aquino ci presenta il Paradiso: “La prima cosa che si compie nella vita eterna, (in Paradiso) è l’unione dell’uomo con Dio.(....) La vita eterna inoltre consiste nelle somma lode, come dice il Profeta: «Giubilo e gioia saranno in essa, ringraziamenti e inni di lode» (Is 51, 3). Consiste ancora nella perfetta soddisfazione del desiderio. Ivi infatti ogni beato avrà più di quanto avrà desiderato e sperato. La ragione è che nessuno può in questa vita appagare pienamente i suoi desideri(.....). Solo Dio può saziarlo, anzi andare molto al di là, fino all’infinito.(.....) I Santi nella patria possederanno perfettamente Dio. Ne segue che giungeranno all’apice di ogni desiderio e che la loro gloria sarà superiore a quanto speravano.(...) Tutto quello che può procurare felicità, là è presente ed in sommo grado. Se si cercheranno godimenti, là ci saranno il massimo e più assoluto godimento, perché si tratta del bene supremo, cioè di Dio: «Dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 15, 11). La vita eterna infine consiste nella gioconda fraternità di tutti i Santi. Sarà una comunione di spiriti estremamente deliziosa, perché ognuno avrà tutti i beni di tutti gli altri beati” (Confer. Sul Credo: Opuscula Theologica 2, Marietti, Torino 1954, pp. 216-217).

 

406) Molta gente frequenta i maghi e paga tanti milioni.

La gente che corre dai maghi è gente illusa. Il mago non può fare quello che Dio non permette. Le forze di cui dispone il mago -se non sono di quelle che appartengono alla pura metapsichica e metafisiologica- appartengono ai demoni con i quali è sempre pericolosissimo avere a che fare. Molti maghi lavorano in unione col diavolo.

 

407) Forse perché ci sono pochi Sacerdoti esorcisti?...

Senza dubbio il grosso pubblico -e non solo il grosso pubblico!- corre dai maghi e stregoni non solo per ignoranza e superficialismo; ma anche per lo scarso numero di esorcisti nelle diocesi. Colpa dei Pastori che, spesso, ostacolano e non credono a questo ministero sempre esistito nella Chiesa; e per colpa di Sacerdoti che spesso si rifiutano a tali prestazioni per motivi più o meno futili.

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LA MORALE CRISTIANA

 

408) L’unico ideale di oggi è il divertimento sregolato.

In realtà l'uomo ha sempre ricercato il piacere, il divertimento, la festa perché è fatto per la felicità. Mai e nessuno potrà condannare la ricerca del piacere legittimo. Quello che è inaccettabile -e che provocherà sempre, presto o tardi, tremende reazioni da parte della natura violentata- è la ricerca del piacere disordinato, dell'ubriacatura che finisce per degradare e uccidere l'anima e il corpo, travolgendo nella rovina se stesso e il mondo intero. L’uomo dedito solo ai piaceri della carne è inesorabilmente votato alla morte, perché “i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello spirito portano alla vita e alla pace” (Rom 8,6). Da aggiungere pure che peccaminosi piaceri dei sensi e gioia del cuore sono in contrasto, e perciò chi esalta e ricerca solo il piacere carnale, mai capirà cosa significa gioia e pienezza del cuore. Come non può capire la bellezza dell'ordine e della pulizia l'animale immondo. contrasto

 

409) Perché l'aborto?

L'aborto è uno dei tanti frutti avvelenati dell'egoismo dell’uomo, alla ricerca insaziata del piacere soprattutto sessuale, senza ritegno e senza freni. Il tragico è questo che, perduto completamente il senso del peccato, anche l'aborto che è assassinio e inaudita oppressione del più debole, appare come una bazzecola. Se non lo si fa passare addirittura come conquista di civiltà ed espressione di diritto a disporre liberamente del proprio corpo. Siamo ancora una volta all'assurdo e al capovolgimento di tutti i valori.

 

410) Cosa dice la Chiesa sull'aborto?

La Chiesa condanna incondizionatamente l'aborto come assassinio e abominevole delitto; e in quanto tale -essa insegna- a nessuno e in nessuna situazione potrà mai essere lecito. E poichè, anche secondo la scienza, la vita inizia dalla concezione, ogni intervento, fin da questo momento e molto più in seguito, inteso a sopprimere o a danneggiare la vita deve ritenersi aborto e quindi peccato gravissimo. Una realtà che, venendo dalla natura e dall'ordine oggettivo, né la Chiesa né, tanto meno, disposizioni legislative umane possono modificare o abolire. Per cui, anche se permesso o tollerato dallo Stato, chiunque esso sia,l ‘aborto resta gravissimo crimine di cui si dovrà un giorno rendere conto a Dio.

 

411) È scomunicato solo chi fa l’aborto, o anche tutti quelli che vi partecipano?

Sia chi lo pratica, sia chi vi coopera positivamente incorre automaticamente nella scomunica, dalla quale può assolvere solo chi ne ha speciale facoltà. Ma incorrono nella scomunica, tutti coloro che cooperano attivamente all’aborto, e quindi in primo luogo la donna che lo chiede e il medico che lo pratica.

 

412) Come può liberarsi dalla scomunica?

Dal peccato di assassinio commesso assolve ogni Sacerdote munito della facoltà di confessare. Dalla censura, in questo caso la scomunica, assolvono coloro che ne hanno la facoltà, e cioè il penitenziere della Cattedrale e tutti i Sacerdoti comunque autorizzati.

 

413) Con i feti abortiti fanno anche i cosmetici, per cui la mamma mancata che ha fatto l’aborto, potrebbe mettere sulla propria pelle ciò che lei ha ucciso?

Sì, purtroppo, anche i feti son fatti servire ai “gloriosi progressi” (!) della scienza, fino a divenire cosmetici, e finire magari sulla pelle della mamma che ne fa uso: uno dei tanti orrori e contraddizioni del peccato. Se si riflettesse un pochino di più, ci si renderebbe conto, almeno in qualche modo, a quale degrado porta il rifiuto della santa legge di Dio.

 

414) La donna che fa l'aborto con quale coscienza rimane?

Dicono che generalmente la donna che abortisce subisce un trauma che la segna per tutta la vita. Quanto alla sua coscienza morale, se è un'anima sensibile, ella porterà per sempre il rimorso di avere ucciso una creatura innocente e soprattutto di averle forse impedito la felicità eterna del Cielo. Considerato però che si è perduto completamente il senso del peccato, è probabile che la più parte delle donne che abortiscono rimanga serena e tranquilla (?!), come se nulla fosse successo!

 

415) Quelli che erano favorevoli all’aborto, dicevano che il feto non è un essere umano ma un “rifiuto biologico”. Vuole spiegare quando comincia a nascere una vita!

Purtroppo non c'è sordo peggiore di chi non vuol sentire! La scienza ha sempre detto che il processo biologico, quindi la vita inizia subito con la concezione; oggi ne è assolutamente certa. Ma nonostante questo, femministe arrabbiate e laici di ogni risma continuano a propalare la balla che la vita comincia non prima di ecc. ecc. Bisognerebbe allora domandare a questi signori per quale prodigio e in che momento quello che prima era solo un rifiuto biologico diventi “vita”!

 

416) Cosa sono i contraccettivi?

Sono strumenti o pillole e medicinali che bloccano e impediscono il processo della concezione. In pratica mezzi contro la vita .

 

417) Sono moralmente accettabili?

Tutto ciò che comunque intacca sostanzialmente o impedisce il corso della natura è moralmente inaccettabile. Purtroppo le pressioni a che la Chiesa cambi il Suo insegnamento in proposito vengono da tutte le parti, compresi molti ecclesiastici e laici. Ma la Chiesa non potrà mai rendere lecito ciò che è oggettivamente illecito: sarebbe la fine stessa della Chiesa che tradirebbe il Suo mandato, sancendo la vittoria dell’Inferno. Quella vittoria che Cristo ha assicurato non si verificherà mai: “Le porte dell'Inferno non prevarranno”.

 

418) Si può usare in circostanze particolari un contraccettivo?

Un intervento o uso di un farmaco allo scopo di impedire direttamente e volutamente la vita è sempre moralmente illecito. Non esistono circostanze da poter permettere e rendere lecito ciò che è intrinsecamente disordinato e perverso. I cristiani hanno accettato la morte pur di non tradire la propria Fede: è la conferma migliore di quanto affermato e alla quale si sono rifatti Pio XII e Giovanni Paolo II nel rifiutare l'Etica della situazione.

Sono invece leciti terapie o determinati interventi che non sono diretti di per sé a sopprimere o impedire la vita, ma solo a recuperare la sanità. Il danno alla vita potrebbe avvenire solo per casualità e comunque come effetto secondario e mai direttamente voluto. Sono i casi che rientrano nel principio del doppio effetto, che bisogna saper conoscere e ben applicare per non avallare mai l'egoismo e il peccato.

 

419) La pena di morte, oggi.

Nessuno ha diritto sulla vita altrui, e perciò nessuno può irrogare la pena di morte. Tuttavia proprio perché nessuno ha diritto di sopprimere la vita altrui, chi uccide per legittima difesa, versando in pericolo incombente e senza altra via di sfuggita, non pecca. Lo stesso principio vale anche per la legittima difesa della società che deve salvaguardare la vita e la sicurezza dei suoi cittadini. Ma, per la società, il ragionamento si fa più complesso. Infatti il pericolo incombente si verifica raramente come, per esempio, nel caso di ingiusta aggressione; e soprattutto i mezzi per difendersi potrebbero essere, poi, tali da assicurare sufficientemente la vita e la sicurezza dei cittadini, senza lasciare impunito il delitto e la violenza ingiusta. Oggi la migliore teologia, pur salvando il principio della legittima difesa, propende a pensare che, per tale difesa della società, potrebbero esserci altre vie e ugualmente efficaci allo scopo, senza ricorrere alla pena di morte.

 

420) Cos’è l'eutanasia?

Come dice la parola è la morte “dolce”, inferta magari con una iniezione d'aria o altro, senza far soffrire. Comunque è un sopprimere una vita che non si vuole più o perché irrimediabilmente condannata alla morte, o specialmente ad evitare dolori e sofferenze “inutili” (!?).

Ma, a parte il principio inderogabile che nessuno può disporre della propria vita, essendo dono di Dio, le perplessità in ogni campo sono tante. Chi assicura, per esempio, che la malattia è veramente inguaribile e che la diagnosi fatta sia stata esatta?... Il quesito è d’obbligo, visti i tanti abbagli presi dalla scienza. E chi può affermare l'inutilità di un dolore di cui non si sa assolutamente nulla? Quante cose “inutili” -secondo i verdetti di una scienza troppo sicura di sé- c'erano nell’uomo, che si rivelarono poi di importanza capitale per la sua vita e il suo benessere?

 

421) Chi non comprende il valore della sofferenza trova tutto assurdo. Ma nel malato c'è un essere umano che vive...

A capire un pò il significato e il valore della sofferenza, soprattutto se immeritata, ci vuole un grande spirito di Fede e di soprannaturalità, che purtroppo manca in tanti sanitari e uomini di oggi. Bisognerebbe sapere, per esempio, cosa ha rappresentato e rappresenti per milioni di anime l'immagine di Cristo crocifisso e sofferente. Stando così le cose, in una cultura che esalta soprattutto il piacere e l’efficientismo, anche l'ammalato è trattato come una “povera bestiola” che si cerca di non far soffrire, in un modo magari semplice e... sbrigativo, sopprimendolo!

Naturalmente -dicendo questo- neanche vogliamo ignorare i casi di sofferenze atroci o addirittura insopportabili. Nessuno vieta perciò che, ad alleggerirle, pur senza mai far ricorso all’eutanasia, si ricorra all'uso di farmaci provvidenziali.

 

422) Cosa pensa la Chiesa della famiglia?

La Chiesa ha sempre visto nella famiglia l'istituzione base della società, l’istituzione che riflette l'immagine e la vita trinitaria e perciò dotata di altissima dignità e di una missione preziosa e irrinunciabile. Missione che, in linea ordinaria, non può essere delegata a nessun altro, Stato compreso. Possono esserci tutt'al più doveri di integrazione, mai di sostituzione!

 

423) Ma oggi poche famiglie sono unite. È uno degli obiettivi del diavolo?

La disunione e lo sfascio in tante famiglie dipendono dalla perdita o smarrimento dei veri valori; dalla scomparsa della preghiera, un tempo così comune tra le pareti domestiche; dal prevalere di modelli fatui e galeotti, dei quali si son fatti portatori la generalità dei mass media e, in particolare, la televisione onnipresente, divenuti, troppo spesso, scuola di pervertimento, di corruzione, di incredibile vacuità.

Formati a tale scuola come capire che, una volta scomparsa in parte o in tutto l'attrazione fisica, la concordia e la comunione devono costruirsi sulla dedizione,sul superamento di sé e del proprio egoismo?

Ma oggi alla disunione e allo sfascio vanno incontro soprattutto molte delle nuove famiglie perché, oltre a quanto detto, nascono già nel disordine e nel peccato. Infatti, al Matrimonio oggi si va, per lo più, nell’assenza quasi totale di vero amore che è dedizione e sacrificio; sprovvisti di Fede e di spirito soprannaturale, nell’ignoranza totale dei propri doveri e responsabilità. Con sì sconcertante superficialismo e impreparazione i frutti non possono che essere avvelenati, amari.

Di ciò, naturalmente, il demonio, che è spirito di discordia e di disunione, di anarchia e di disordine, non può che gioire. Non solo. Ma tutto ciò egli lo persegue e lo favorisce con tutti i mezzi, ben sapendo che il crollo della famiglia rappresenta anche, per tantissime anime, il crollo della Fede e di ogni altro superiore valore e quindi la probabile dannazione eterna.

 

424) Perché è venuto meno il dialogo nelle famiglie?

Il dialogo suppone umiltà, ricerca sincera del vero, apertura e disponibilità all’altro, riconoscimento dei propri limiti e difetti e la volontà sincera a superarsi ed emendarsi.

Il dialogo, nelle famiglie, viene meno sempre più perché, anche materialmente, non c'è più spazio per esso: nei rari momenti, infatti, nei quali si è riuniti, domina sovrana la televisione. Si è imposto poi, in tutti, una forma di soggettivismo presuntuoso e superbo per cui ognuno, convinto di stare nel giusto, non solo non ha bisogno di correggersi in nulla, ma ritiene pure inutile ogni dialogo con l'altro. Così né i genitori sanno impostare un serio dialogo con i figli; né i figli sanno piegarsi all'ascolto e al ragionamento.

 

425) Vuole approfondire il discorso del distacco o divisione tra genitori e figli.

Il distacco dei genitori dai figli e dei figli dai genitori è causato, oltre tutto, da errori commessi o che si commettono dall'una e dall'altra parte, ma anche dal fatto che spesso né si sa dare più autentica testimonianza di probità di vita da parte dei genitori; né si vuole più, da parte dei figli, sottostare all'obbedienza e alla disciplina. I giovani, pur ammettendo tutte le pecche e i limiti dei genitori, soprattutto vogliono vita libera in tutto, senza più freni e controlli; e pretendono tutto e subito, come diritto imperscrutabile, senza nulla o quasi nulla offrire in cambio.

 

426) Come considera il comportamento dei giovani?

Un comportamento assurdo, generalizzato e giustificato ad alta voce, che sta portando alla rovina fiori di giovani esistenze, con tutti i frutti avvelenati che necessariamente ne devono derivare ai singoli e alla collettività. A mio parere, quindi, il dialogo manca proprio perché manca lo spirito di sottomissione e si hanno, specie da parte dei figli, interessi che possono condividersi solo fino ad un certo punto dai genitori. Di qui la lotta, le incomprensioni e tutto il resto.

 

427) Ma qual è il ruolo dei genitori?

Trasmettere la vitain tutti i sensi e cioè la vita fisica e quella intellettuale e morale e cristiana. La vita fisica la comunicano con la generazione; la vita intellettuale e morale la offrono a mezzo dell'educazione che ha come scopo, appunto, di plasmare l'uomo nella sua perfezione di essere razionale e di figlio di Dio per il Battesimo. Purtroppo oggi anche molti genitori ignorano il loro vero ruolo o vi sono del tutto impreparati. Quando hanno dato ai loro figli l'alimentazione necessaria e l'occorrente per crescere fisicamente e intellettualmente, ritengono di aver esaurito il loro compito.

 

428) E l’istruzione religiosa?

Di educazione morale e religiosa non se ne parla proprio, o si è solo, sì e no, a rudimentali elementi, assolutamente insufficienti allo scopo. Molti che pur dicono di essere senza peccati mancano gravemente nell'educazione e nella testimonianza da dare di vita cristiana.

 

429) E il ruolo dei figli?

E' quello di essere soggetti nell'amore e nel rispetto, lasciandosi guidare, obbedendo in tutto ciò che non è contro la santa legge di Dio, onorando e rispettando i propri genitori. Un dovere, quest’ultimo, che non si esaurisce mai del tutto. Perché i figli, anche se adulti e sposati, non cessano di essere figli e perciò mai si estingue per loro il dovere della gratitudine del rispetto ed, eventualmente, dell'assistenza ai loro genitori.

 

430) Quindi, una delle cause del mancato dialogo è la televisione?

Sì, la televisione ha la sua grande parte di responsabilità nella crisi di dialogo nelle famiglie. Da una parte la responsabilità dei singoli con l'uso incontrollato di essa, o l'isolarsi nel proprio guscio per soddisfare solo i gusti personali ecc. Dall’altra parte i contenuti stessi presentati dalla televisione: tali, ordinariamente, da favorire evasioni, affermazioni egoistiche, contestazioni a legittime autorità e simili. Tutte cose che minano alla radice ogni possibilità e forma di dialogo.

 

431) Oggi nelle case c’è prosperità, per cui non c'è bisogno di essere amico di Dio...

Sì, l'abbondanza troppo spesso è occasione di allontanamento da Dio: purtroppo l'uomo non sa vivere in equilibrio e non si rende conto che questa abbondanza, oltre tutto, non solo potrebbe venir meno da un momento all’altro. Ma essendo del tutto materiale, non risponde ai più veri bisogni del cuore, che potrebbero farsi prepotentemente vivi ed esigenti nei momenti più impensati. E bisognerebbe pure capire che se abbondano le cose materiali, resta pur sempre, data anche la tentazione, un bisogno enorme della Grazia di Dio per non essere travolti e soccombere.

 

432) Solo nel bisogno o nelle sofferenze ci si ricorda di Dio?

Purtroppo è così. I beni temporali ubriacano... Anche per questo, spesso, il dolore è provvidenziale, riportando alla realtà della vita e della propria effettiva condizione. La sofferenza, per tanti, rapppresenta forse l'unica àncora di salvezza.

 

433) Il benessere cercato con avidità, allora, allontana dal Sommo Bene che è Dio?

È così. Il benessere di per sé è Grazia e dono di Dio, e i doni di Dio sono tutti buoni. E' l'uomo che, squilibrato com’è, non sa servirsene come dovrebbe. Anche per questo Dio non concede sempre e a tutti la ricchezza terrena, mentre esalta incondizionatamente la povertà di spirito o distacco del cuore da tutto ciò che non è e non porta a Lui, fonte suprema di felicità.

 

434) Cos’è il Matrimonio?

E'il Sacramento che consacra e santifica l'amore e l'unione dell'uomo e della donna uniti allo scopo della procreazione e della mutua assistenza.

 

435) Il divorzio permette di abbandonare facilmente il coniuge alla prima difficoltà.

Sì, il divorzio se risolve -quando le risolve!- le difficoltà di un Matrimonio non più sopportabile, in effetti centuplica le premesse per la rovina del Matrimonio. E soprattutto tende a banalizzalizzarlo favorendo il disimpegno e lo spirito di sacrificio. Perché -si pensa- quando tutto dovesse andar male, resta sempre la possibilità di rinnovare l’avventura, il che spinge ad andare al Matrimonio con grande leggerezza e impreparazione. Ciò che è avvenuto puntualmente ovunque è stato introdotto il divorzio. Non si sono risanati dei casi -o se ne saranno risanati alcuni- ma si sono moltiplicati i drammi all’infinito, soprattutto quando ci sono già i figli.

 

436) Forse, non si comprende che il Matrimonio è fondato sull’amore, per cui si deve rimanere uniti anche nelle incomprensioni?

La natura dell'amore è proprio quella di durare sempre, nonostante tutto. E, in effetti, sposandosi l'uomo e la donna si promettono, appunto, di amarsi e di rimanere uniti nella buona e nell'avversa fortuna. Ma, purtroppo, chi prende sul serio e si ricorda delle promesse fatte ai piedi dell’altare? Si obietta che quando non ci si vuole più bene, è impossibile rimanere uniti. Difficile, certamente, ma non impossibile soprattutto con l'aiuto della Grazia di Dio. Come, infatti, si può arrivare ad amare con la volontà, per esempio, una materia di studio antipatica, fino anche ad entusiasmarsene, una volta scoperta la sua bellezza; così si può imparare ad amare chi ci è antipatico e chi, addirittura, ci è nemico, apprendendolo da Cristo e corroborati dalla sua Grazia. Amare solo fino a quando dura l'attrattiva fisica è ridurre l'amore a un puro fatto fisiologico. L’amore autentico, che all'occorrenza sa dare spazio anche all'amore fisico, è realtà immensamente più grande, è emanazione di Dio stesso che è l'Amore eterno e infinito! In effetti le motivazioni del vero amore attingono a valori superiori che non vengono mai meno: all’uomo saperle scoprire per ancorarvi la vita del cuore!

 

437) Il Matrimonio oggi è prevalentemente basato sull’attrazione carnale, ma quando non c’è più...

Sì, è vero. Da aggiungere, a conclusione di questo punto così importante, che bisognerebbe far capire e persuadersi che l'attrattiva fisica nel Matrimonio è solo un provvidenziale avvio ad un cammino che, per non interrompersi e non divenire cammino di morte, deve necessariamente maturare e sfociare all'amore spirituale.

 

438) Occorre proporre a tutte le famiglie come modello, la Santa Famiglia di Nazareth! Come sarebbe facile amare e comprendere!

La Famiglia di Nazareth è l'ideale e il modello più sublime che possa offrirsi agli uomini. In Essa, infatti, tutto è ordine, armonia, pace e felicità dello spirito. Non perché vi siano abbondanza di ricchezze e agi materiali, e neanche perché si nutrano sogni di grandezze effimere e passeggere, ma perché vi regnano sovrani tutti i veri e più grandi valori dello spirito: amore a Dio e alla Sua Santissima Volontà, spirito di preghiera e di raccoglimento, accettazione gioiosa del lavoro e dei disagi quotidiani, sottomissione piena e amorosa alla legge, rispetto del proprio ruolo, amore reciproco tenero e fattivo fino alla donazione completa.

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27/08/2013 21:56
 
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QUALE ECUMENISMO?

 

439) Cos’è l'ecumenismo?

E’ il movimento che si propone come scopo principale la riunione delle Chiese protestanti e ortodosse all'unica vera Chiesa cattolica, istituita da Cristo Signore. In tale Movimento è impegnata anche la Chiesa cattolica perché, benché essa goda già dell’Unità, sa che è volontà di Gesù che si faccia un unico ovile sotto un solo Pastore, avendo egli sparso il Suo Sangue per tutti gli uomini che vuole tutti salvi.

Il dialogo ecumenico è voluto ed è favorito anche dalla Chiesa Cattolica perché, pur persuasa di possedere la verità e la pienezza della Rivelazione, sa pure che anch’essa, nel corso dei secoli, avrà potuto commettere degli errori non di sostanza, ma di metodi e di atteggiamenti, che in qualche modo avranno favorito o occasionato le varie crisi: errori imputabili ai suoi figli pur sempre uomini fallibili e condizionati da innumerevoli fattori storici, sociali e psicologici.

 

  1. Ma, secondo Lei, è oggi possibile riunire le Chiese cristiane?

Ci si rende agevolmente conto che un genuino Movimento ecumenico è possibile solo se c'è, prima di tutto, la conversione del cuore, e la buona volontà di approfondire sempre più la verità, che può effettivamente svelare aspetti e prospettive impensabili, e quindi l'umiltà di riconoscere eventuali propri torti,e la disponibilità a rifiutare interpretazioni e punti di vista che risultassero in contrasto con la verità e la carità. In concreto, quindi, non si tratta di svendere la verità, quale che sia, ma solo di abbattere certi steccati creati più dalla passione, superando pregiudizi e ferite di amor proprio, per ritrovarsi nell'unica verità da Cristo affidata alla sua Chiesa.

 

441) La Madre Chiesa vuole farlo, ma con chi?

Il movimento ecumenico originariamente è sorto per la riunione delle chiese protestanti, poi si è allargato alle chiese ortodosse e perfino agli Ebrei e ai Musulmani. La Chiesa Cattolica vuole farlo e deve farlo, abbiamo detto, ma solo con chi dimostra sincera volontà di ricercare la verità al di sopra di tutto, non tanto per ragioni politiche o, peggio, di opportunismo.

 

442) In che modo possiamo fare ecumenismo con le altre Chiese?

Oggi, possiamo dire che esiste tutto un codice di comportamento nel fare ecumenismo, basato in gran parte sui documenti conciliari del Vaticano II.

Possiamo riassumerlo in pochi principi, tenendo conto anche delle tante esperienze accumulatesi con abbondanza da incontri, documenti, approcci di ogni genere, pubblicazioni, ecc.

E' necessario prima di tutto presentarsi con idee chiare e senza nulla occultare delle proprie posizioni teologiche: è quanto di meglio si possa fare per far capire la verità, eliminando così pregiudizi e storture che spesso la deformano.

Cercare di capire le posizioni altrui, approfondendone appieno il pensiero e le possibili conclusioni. Arrivare a cogliere certe sfumature proprie di ogni cultura ad evitare di prendere per errore ciò che può essere solo un diverso modo di vedere e di impostare la stessa verità.

Confrontarsi con grande umiltà e sincerità di spirito, con i testi biblici, alla luce della Tradizione e del Magistero vivo della Chiesa.

Mai scendere a compromessi di sorta o, peggio, giocare sull’equivoco, per riguardi di persone o di interessi di qualsiasi natura, ritenuti importanti. La verità non la si può svendere senza danni ancora più gravi.

 

443) Il dialogo con gli altri può mai svuotare la nostra Fede, che è quella degli Apostoli ?

Assolutamente no. Perché allora non è più riunione nella verità, ma nell'errore, e la riunione nell'errore è un ritrovarsi nel crimine e nel peccato. Nulla, neppure un iota può toccarsi di ciò che è il patrimonio di verità affidato da Cristo alla sua Chiesa.

 

444) Perché si insiste molto per unire le Chiese cristiane anche a costo di togliere qualche verità dal nostro Credo, voluto nel 325 dal primo Concilio di Nicea?

Se esistono per davvero Vescovi e teologi disposti a rinunziare anche ad una sola verità di quelle che costituiscono il Deposito della Fede, affidato da Cristo alla Chiesa, bisogna avere il coraggio di dichiararli e ritenerli già fuori della Chiesa. Certo però che non si spiegano facilmente certe posizioni così arrischiate. Ma forse, spesso, assieme ad una buona dose di impreparazione teologica, tanti sono spinti a tali posizioni da una falsa idea di carità e un erroneo modo di intendere l’unità. Comunque esse sono da rigettarsi e da condannarsi nel modo più reciso e deciso, perché non in linea con quanto “è stato creduto sempre, ovunque e a tutti”, come dice S. Vincenzo di Lerino nel suo celebre Commonitorium.

 

445) Se la Chiesa Cattolica professa pienamente ciò che gli Apostoli hanno tramandato, non dovrebbero essere gli altri a chiedere di unirsi a noi?

Proprio in base a questo principio la Chiesa Cattolica, all’inizio guardò con sospetto al Movimento ecumenico. Ma le Chiese Protestanti non hanno mai riconosciuto che la verità si trovi tutta e sola nella Chiesa Cattolica. E perciò affermano che tutte le Chiese devono ricercare assieme la Verità. Un modo di parlare subdolo e pericoloso che suppone nessuno possieda la verità. E' vero che la verità è infinita come Dio e che, in un mare sconfinato, c’è sempre da pescare abbondantemente. Ma questo non è in contrasto col dire che tutta la verità la si trova solo nella Chiesa Cattolica Romana. Sarebbe ben strano pensare che Cristo che vuole così ardentemente la salvezza delle anime, avesse come disperso le verità di salvezza, da renderne estremamente difficile raggiungerle in pienezza .Tutt'al più bisogna affermare -e lo abbiamo già notato- che anche la Chiesa Cattolica, pur possedendo in pieno la verità, ha sempre bisogno di approfondire e riflettere sulle verità di Fede per coglierne sempre più i risvolti, le implicanze, le conclusioni, ecc.

 

446) Eppure, è facile confrontare le grandi verità della Chiesa Cattolica cogli scritti dei Discepoli degli Apostoli, vissuti nel secondo secolo.

Il confronto è facile, è l'interpretazione che varia e ciò avviene sia perché effettivamente sono possibili altre interpretazioni e sia per altre difficoltà di diverso genere. Newman era protestante, arrivò alla Fede cattolica proprio studiando i primi documenti. Voleva trovare i documenti per avvalorare la verità della Chiesa Anglicana e finì per rendersi conto che solo la Chiesa Cattolica era nel giusto. E si convertì. Diventò Cardinale della Chiesa Romana Apostolica.

 

447) Oltre il vero ecumenismo portato avanti dalla Chiesa Cattolica, pensa che potrebbe esserci anche un falso ecumenismo?

Voglio credere alla buona Fede degli attori e protagonisti del Movimento. Nulla vieta però che possano esserci infiltrazioni di elementi che sfruttino la situazione per un ideale massonico qual è quello di pianificare tutte le religioni del mondo in un sincretismo che le comprenda tutte, e le... dissolva tutte. Il diavolo è capace di servirsi di tutto per i suoi loschi scopi.

 

448) Perché? Forse dà fastidio un Dio Creatore?

L'allivellamento delle religioni sarebbe la fine della religione e della verità. Esso significherebbe, infatti, che una verità o opinione vale l’altra, e che quindi non esiste un'unica e assoluta verità. E poiché una religione vale l’altra, è buona anche la religione che non ammette la Redenzione e la salvezza dall’alto, cioè, operata da Gesù Cristo: ed ecco la fine e il rifiuto della Redenzione, della Grazia e del soprannaturale!

 

449) Cosa dice ai Cattolici che non comprendono la vera portata dell’ecumenismo, dimenticando che la Chiesa Cattolica è la Depositaria e Custode del patrimonio della Fede autentica?

Direi di amare di più la verità che è il fondamento della carità. Non si può in nome della carità rinunziare alla verità, senza rinunziare anche alla carità. Bisognerebbe amare molto di più la Madre Chiesa e non flirtare con coloro che, in un modo o nell’altro, e sotto tutti i pretesti, gettano fango su di Essa. I Santi autentici si sono comportati così. E tutte le grandi conversioni si sono verificate proprio nel constatare la solidità della verità sempre proclamata e sostenuta dalla Chiesa Cattolica.

 

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27/08/2013 21:57
 
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ULTIMA DOMANDA

 

450) Padre Antonio, questa vita è una lotta e chi perde non si salva. L'interrogativo è la salvezza di tanti, che non pregano e non osservano i Comandamenti. La domanda che risuona dolorosamente nei cuori è questa: si salveranno?

È una preoccupazione santa che, oltre a dover essere partecipata da tutti i figli della Chiesa, dovrebbe spingere a pregare, a fare apostolato e a fare l'impossibile per illuminare tutti i nostri fratelli che sono fuori della Chiesa. Detto questo, però, non sarei molto pessimista. Noi sappiamo che molti di quelli che sono fuori della Chiesa, e perfino molti di quelli che dichiaratamente La rifiutano, sono in buona Fede. Forse noi, educati da sempre nel grembo della Chiesa, non ci renderemo mai esattamente conto di cosa producano nella mentalità e nel cuore secoli di odi e di rancori e di menzogne assorbite come verità. Non si insisterà, perciò, mai abbastanza sulla necessità soprattutto di pregare perché il Signore illumini questi nostri fratelli, e sia Lui ad affrettarne il ritorno alla luce e alla pienezza della verità .

 

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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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