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LA CUSTODIA DEL CREATO

Ultimo Aggiornamento: 08/10/2014 14:25
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03/09/2011 16:57
 
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I vescovi lombardi non esitano a parlare di «una vera e propria conversione ecologica» che è personalmente richiesta ad ogni credente:


«La sensibilità ecologica rettamente intesa non è altro che un aspetto dell'ascesi cristiana. Essa richiede, dunque, che i singoli prendano coscienza dei problemi dell'ambiente e dei valori a esso connessi e che, se è necessario, cambino mentalità nel loro atteggiamento verso la natura. Ciò deve indurre ad uno stile di vita più sobrio, più attento all'uso di certi beni, più preoccupato per gli sprechi o per gli eccessi del consumismo (...). Il problema ecologico richiede scelte che coinvolgono un progetto globale di società, ma nello stesso tempo questo non sarà possibile se i singoli non sviluppano un nuovo stile di vita (...). In questo campo le comunità cristiane, soprattutto parrocchiali, hanno una grande responsabilità: sostenere e promuovere scelte ecologicamente impegnate e autenticamente evangeliche, reagendo nei confronti di un consumismo che lisce col soffocare le coscienze anche più disponibili. Per loro natura queste scelte, anche se producono cambiamenti limitati, agiscono come stimolazioni coraggiose e profetiche, che scuotono ampi strati di persone e invitano a riflettere» (C, n. 2).



Così, in sintesi, potremmo individuare alcuni orientamenti etici che possano poi tradursi in concrete politiche ambientali. A tal riguardo riportiamo alcune possibili linee-guida:

  • protezione e tutela prioritaria delle realtà che costituiscono il fondamento per la vita rispetto alle altre che su di esse si basano;

  • garanzia degli interessi vitali delle generazioni future anche a costo di mettere da parte interessi meno urgenti degli uomini che vivono oggi;

  • in caso di interventi che prevedano danni, priorità a quelli che causano danni reversibili e scelta di interventi con danni irreversibili solo se in grado di evitare danni ancora più gravi;

  • reintroduzione nel ciclo biologico dei rifiuti, specie se prodotti in gran quantità;

  • priorità, a parità di altre condizioni, delle fonti di energia rigenerabili rispetto all'energia non rinnovabile.


Dagli scritti di Paolo VI (Pensiero alla morte, Ed. Vaticana, Roma '79)

Questo mondo immenso, misterioso, magnifico, questo universo dalle mille forze, dalle mille leggi, dalle mille bellezze, dalle mille profondità. E’ un panorama incantevole. Pare prodigalità senza misura. Assale, a questo sguardo quasi retrospettivo, il rammarico di non averlo ammirato abbastanza questo quadro, di non aver osservato quanto meritavano le meraviglie della natura, le ricchezze sorprendenti del macrocosmo e del microcosmo. Perché non ho studiato abbastanza, esplorato, ammirato la stanza nella quale la vita si svolge? Quale imperdonabile distrazione, quale riprovevole superficialità! Tuttavia, almeno in extremis, si deve riconoscere che quel mondo, qui per Ipsum factus est, che è stato fatto per mezzo di Lui, è stupendo. Ti saluto e ti celebro all'ultimo istante, sì, con immensa ammirazione; e, come si diceva, con gratitudine: tutto è dono; dietro la vita, dietro la natura, l'universo, sta la Sapienza; e poi, lo dirò in questo commiato luminoso, (Tu ce lo hai rivelato, o Cristo Signore) sta l'Amore! La scena del mondo è un disegno, oggi tuttora incomprensibile per la sua maggior parte, d'un Dio Creatore, che si chiama il Padre nostro che sta nei cieli! Grazie, o Dio, grazie e gloria a Te, o Padre! In questo ultimo sguardo mi accorgo che questa scena affascinante e misteriosa è un riverbero, è un riflesso della prima ed unica Luce; è una rivelazione naturale d'una straordinaria ricchezza e bellezza, la quale doveva essere un’iniziazione, un preludio, un anticipo, un invito alla visione dell'invisibile Sole, quem nemo vidit umquam, che nessuno ha mai visto (cf. Gv 1,18): unigenitus Filius, qui est in sinu Patris, Ipse enarravit, il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato. Così sia, così sia.








































307 Dio dà agli uomini anche il potere di partecipare liberamente alla sua Provvidenza, affidando loro la responsabilità di «soggiogare» la terra e di dominarla [Cf Gen 1,26-28 ]. In tal modo Dio fa dono agli uomini di essere cause intelligenti e libere per completare l'opera della creazione, perfezionandone l'armonia, per il loro bene e per il bene del loro prossimo. Cooperatori spesso inconsapevoli della volontà divina, gli uomini possono entrare deliberatamente nel piano divino con le loro azioni, le loro preghiere, ma anche con le loro sofferenze [Cf Col 1,24 ]. Allora diventano in pienezza «collaboratori di Dio» ( 1Cor 3,9; 1Ts 3,2 ) e del suo Regno [Cf Col 4,11 ].


306 Dio è il Padrone sovrano del suo disegno. Però, per realizzarlo, si serve anche della cooperazione delle creature. Questo non è un segno di debolezza, bensì della grandezza e della bontà di Dio onnipotente. Infatti Dio alle sue creature non dona soltanto l'esistenza, ma anche la dignità di agire esse stesse, di essere causa e principio le une delle altre, e di collaborare in tal modo al compimento del suo disegno.


373 Nel disegno di Dio, l'uomo e la donna sono chiamati a «dominare» la terra [Cf Gen 1,28 ] come «amministratori» di Dio. Questa sovranità non deve essere un dominio arbitrario e distruttivo. A immagine del Creatore, «che ama tutte le cose esistenti» ( Sap 11,24 ), l'uomo e la donna sono chiamati a partecipare alla Provvidenza divina verso le altre creature. Da qui la loro responsabilità nei confronti del mondo che Dio ha loro affidato.


378 Il segno della familiarità dell'uomo con Dio è il fatto che Dio lo colloca nel giardino, [Cf Gen 2,8 ] dove egli vive « per coltivarlo e custodirlo » ( Gen 2,15 ): il lavoro non è una fatica penosa, [Cf Gen 3,17-19 ] ma la collaborazione dell'uomo e della donna con Dio nel portare a perfezione la creazione visibile.


226 Usare rettamente le cose create: la fede nell'Unico Dio ci conduce ad usare tutto ciò che non è lui nella misura in cui ci avvicina a lui, e a staccarcene nella misura in cui da lui ci allontana [Cf Mt 5,29-30; Mt 16,24; Mt 19,23-24 ].


Mio Signore e mio Dio, togli da me quanto mi allontana da te.

Mio Signore e mio Dio, dammi tutto ciò che mi conduce a te.

Mio Signore e mio Dio, toglimi a me e dammi tutto a te [San Nicolao di Flüe, Preghiera].


1604 Dio, che ha creato l'uomo per amore, lo ha anche chiamato all'amore, vocazione fondamentale e innata di ogni essere umano. Infatti l'uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio [Cf Gen 1,27 ] che è Amore [Cf 1Gv 4,8; 1Gv 4,16 ]. Avendolo Dio creato uomo e donna, il loro reciproco amore diventa un'immagine dell'amore assoluto e indefettibile con cui Dio ama l'uomo. E' cosa buona, molto buona, agli occhi del Creatore [Cf Gen 1,31 ]. E questo amore che Dio benedice è destinato ad essere fecondo e a realizzarsi nell'opera comune della custodia della creazione: «Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela"» ( Gen 1,28 ).


2402 All'inizio, Dio ha affidato la terra e le sue risorse alla gestione comune dell'umanità, affinché se ne prendesse cura, la dominasse con il suo lavoro e ne godesse i frutti [Cf Gen 1,26-29 ]. I beni della creazione sono destinati a tutto il genere umano. Tuttavia la terra è suddivisa tra gli uomini, perché sia garantita la sicurezza della loro vita, esposta alla precarietà e minacciata dalla violenza. L'appropriazione dei beni è legittima al fine di garantire la libertà e la dignità delle persone, di aiutare ciascuno a soddisfare i propri bisogni fondamentali e i bisogni di coloro di cui ha la responsabilità. Tale appropriazione deve consentire che si manifesti una naturale solidarietà tra gli uomini.


Il rispetto dell'integrità della creazione


2415 Il settimo comandamento esige il rispetto dell'integrità della creazione. Gli animali, come le piante e gli esseri inanimati, sono naturalmente destinati al bene comune dell'umanità passata, presente e futura [Cf Gen 1,28-31 ]. L'uso delle risorse minerali, vegetali e animali dell'universo non può essere separato dal rispetto delle esigenze morali. La signoria sugli esseri inanimati e sugli altri viventi accordata dal Creatore all'uomo non è assoluta; deve misurarsi con la sollecitudine per la qualità della vita del prossimo, compresa quella delle generazioni future; esige un religioso rispetto dell'integrità della creazione [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 37-38].


2416 Gli animali sono creature di Dio. Egli li circonda della sua provvida cura [Cf Mt 6,26 ]. Con la loro semplice esistenza lo benedicono e gli rendono gloria [Cf Dn 3,79-81 ]. Anche gli uomini devono essere benevoli verso di loro. Ci si ricorderà con quale delicatezza i santi, come san Francesco d'Assisi o san Filippo Neri, trattassero gli animali.


2417 Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a sua immagine [Cf Gen 2,19-20; Gen 9,1-4 ]. E' dunque legittimo servirsi degli animali per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti. Possono essere addomesticati, perché aiutino l'uomo nei suoi lavori e anche a ricrearsi negli svaghi. Le sperimentazioni mediche e scientifiche sugli animali, se rimangono entro limiti ragionevoli, sono pratiche moralmente accettabili, perché contribuiscono a curare o salvare vite umane.


2418 E' contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita. E' pure indegno dell'uomo spendere per gli animali somme che andrebbero destinate, prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini. Si possono amare gli animali; ma non si devono far oggetto di quell'affetto che è dovuto soltanto alle persone.


2427 Il lavoro umano proviene immediatamente da persone create ad immagine di Dio e chiamate a prolungare, le une con e per le altre, l'opera della creazione sottomettendo la terra [Cf Gen 1,28; Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 34; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 31]. Il lavoro, quindi, è un dovere: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi» ( 2Ts 3,10 ) [Cf 1Ts 4,11 ]. Il lavoro esalta i doni del Creatore e i talenti ricevuti. Può anche essere redentivo. Sopportando la penosa fatica [Cf Gen 3,14-19 ] del lavoro in unione con Gesù, l'artigiano di Nazaret e il crocifisso del Calvario, l'uomo in un certo modo coopera con il Figlio di Dio nella sua opera redentrice. Si mostra discepolo di Cristo portando la croce, ogni giorno, nell'attività che è chiamato a compiere [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 27]. Il lavoro può essere un mezzo di santificazione e un'animazione delle realtà terrene nello Spirito di Cristo.

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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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