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LA CUSTODIA DEL CREATO

Ultimo Aggiornamento: 08/10/2014 14:25
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03/09/2011 16:55
 
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Il punto di partenza per una riflessione teologica cristiana sulla “questione ambientale”

Precisata la questione se direttamente e conseguentemente la prospettiva biblica stia alla base dell’odierno “scompenso ecologico”, ed indicata la posizione di fondo dei testi sacri, è bene, però, rimarcare il “luogo”, la “rilevanza” della “questione ecologica” all’interno della prospettiva cristiana, sia dal versante più specificatamente teologico, sia dal versante più pastorale.

Due paiono essere le questioni cruciali – interdipendenti - attorno a cui muoversi per comprendere l’uomo come custode del creato:

  1. Anzitutto, che rilievo ha la crisi ecologica per il mondo e la coscienza cristiana? Essa esiste, non vi è dubbio. Ma è solo uno dei problemi che si agitano in un'epoca assillata da cento altri, o è una sfida decisiva, un kairós per i cristiani?

  2. Secondo: è superabile l'opzione antropocentrica della visione cristiana della natura e del mondo? Se, come afferma quasi la totalità dei filosofi e teorici «verdi» un'etica ecologica deve necessariamente prescindere da una concezione antropocentrica, è possibile per il cristianesimo, caratterizzato da una visione «forte» dell'uomo, sottostare ad una simile condizione?


Per Moltmann1 la riflessione su Dio creatore è inestricabilmente legata alla riflessione sul creato stesso; la crisi dell'ambiente è crisi stessa degli esseri umani e pone in primo piano nuove questioni, prima d’oggi sconosciute: che cosa significa la fede in Dio creatore e nel mondo come sua creazione, se riferita allo sfruttamento industriale progressivo e alla distruzione di una natura che non tornerà mai come prima? La risposta va cercata, secondo Moltmann, in una teologia «non gerarchica», decentralizzata, comunionale, in altri termini liberata dall'opzione antropocentrica, tale da considerare anche in sé il cosmo creato, per cogliervi i segni della «inabitazione» di Dio:


«Una dottrina ecologica della creazione implica un nuovo modo di pensare Dio, dove al centro non sta più la distinzione tra Dio e mondo, bensì la conoscenza del fatto che Dio è presente nel mondo e il mondo in Dio»2.


Per Moltmann, quindi, l'emergenza ecologica diviene il «momento decisivo» che interpella i cristiani ad un ripensamento complessivo non solo del proprio agire ed operare, ma della comprensione stessa della propria fede; solo rivisitando l'immagine stessa di Dio, è possibile anche sviluppare una parallela concezione comunionale e non di, dominio del rapporto dell'uomo con la natura, in ciò fornendo il contributo specifico del cristianesimo ad una più generale metanoia del mondo moderno.


Ma la prospettiva teologica3 e magisteriale cattolica parte dal presupposto che la teologia della creazione si può impostare adeguatamente solo nella cornice dell'antropologia teologica; l'aspetto cosmologico è sempre stato letto antropologicamente dalla tradizione cristiana, e un discorso autonomo sul cosmo in sé non sarebbe di competenza della teologia. Tutto questo presuppone un «ordinamento gerarchico» della natura funzionalmente antropocentrico (e, più oltre, teocentrico). Tale pensiero (che non è esente da critiche) è stato ampiamente sviluppato da S. Tommaso e la sua sintesi può esprimersi nella frase «plantae sunt propter animalia; animalia vero propter hominem»4.

Quindi, ogni riflessione in questo campo è subordinata ad una precisa visione caratterizzata da un’opzione antropocentrica non rinunciabile; indubbiamente deve essere corretto dalle pretese assolutizzanti della tecnica (da subordinarsi sempre alla dimensione etica) e riconsiderato a partire dagli squilibri che si sono venuti a creare; tuttavia esso trova il suo fondamento nella Scrittura (e a questo punto l'esegesi del Genesi diviene elemento discriminante) e nella tradizione costante dalle origini cristiane sino ai nostri giorni. La creazione dell'uomo e il mandato di Gen 1,28 («Soggiogate e dominate la terra») diventano così i momenti fondanti ed ineludibili del rapporto dell'uomo con il mondo e la natura. Questo per affermare il valore di riferimento fondamentale, dunque, (in questo come in ogni altro ambito etico) che è la persona umana. Da un punto di vista generale, pertanto, e in un'etica personalista possiamo dire che è bene tutto ciò che aiuta a realizzare compiutamente la persona senza recare danni significativi ad altre realtà, in quanto questi, a loro volta, si tradurrebbero in danno per altre persone.


Le indicazioni magisteriali

Anche il Magistero ecclesiale è decisamente orientato a considerare il problema più che come generica “questione ambientale” nel suo risvolto antropologico etico – spirituale: per questo – giustamente – ci si sofferma maggiormente sull’uomo quale “custode del creato”. E il Magistero ecclesiale, proprio perché parte da una precisa visione teologica del “creato” riesce ad indicare una precisa etica del “custode” di questo “creato”. Per questo, gli interventi mirano più a sottolineare le responsabilità dell’uomo nei confronti del creato, piuttosto che parlare del creato “in se stesso”. Come a dire – ancora una volta – che la prospettiva antropocentrica nell’affrontare la questione è decisiva, seppur all’interno di una chiara visione teocentrica che impedisce ogni assolutizzazione dell’uomo nei confronti della creazione.


Così Giovanni Paolo Il:


«L'impegno del credente per un ambiente sano nasce direttamente dalla sua fede in Dio Creatore, dalla valutazione degli effetti del peccato originale e dei peccati personali e dalla certezza di essere stato redento da Cristo. Il rispetto per la vita e la dignità della persona umana include anche il rispetto e la cura del creato, che è chiamato ad unirsi all'uomo per glorificare Dio»5


Già la già citata dichiarazione Futuro della creazione e futuro dell'umanità della Conferenza episcopale della Germania Occidentale del 23 Settembre 1980 sostiene che da un punto di vista teologico il tema ritenuto centrale per un’interpretazione cristiana della questione ambientale è quello della «creazione». In tale prospettiva è possibile una visione del mondo nuova rispetto a quella suggerita dalla diffusa mentalità tecnocratica:


«Se noi vediamo il mondo come creazione di Dio, esso ci appare diversamente e diventa nuovo. È il dono di un Dio che ama, ed ecco crescere per il mondo la sua preziosità. Colui che dona è più grande del dono e quindi il mondo diventa relativo. Il dono è nello stesso tempo anche un compito di cui dobbiamo rendere conto; però la nostra responsabilità diventa maggiore» (Il, n. 1).


«Da tali premesse teologiche - riconoscono i vescovi tedeschi - certo non possiamo ricavare direttamente singole risposte su singoli problemi. Ma forse è qualcosa d'altro, a prima vista molto poco appariscente e necessario: una spiritualità del nostro rapporto col mondo» (III, n. 1).


I tratti essenziali di tale spiritualità, entro cui sono reinterpretate anche le tradizionali categorie morali delle virtù cardinali e dei consigli evangelici, sono quelli dell'atteggiamento di «accettazione» e di «risposta», illustrato con alcuni esempi:


«Occorre accettare i rapporti fondamentali che sono propri dell'ordinamento della creazione. Di essi fa parte la priorità dell'uomo sulle cose, ma anche l'indispensabilità delle cose per l'uomo. Di essi fa parte anche l'assunzione di una responsabilità amorosa verso il mondo delle piante e degli animati; gli animali sono animati e non semplicemente un mezzo per l'alimentazione, oggetto di sfruttamento o merce; il paesaggio è paesaggio e non semplicemente terreno per la nostra progettazione. Occorre accettare il fatto che dobbiamo rinunciare alle nostre pretese e possibilità e che dobbiamo condividere con altri, affinché tutti vivano e si sviluppino in maniera degna dell'uomo ... » (III, 1).


Anche i vescovi lombardi - autori del significativo intervento del 1988 La questione ambientale – partono da una teologia della creazione, anche se più decisamente ricentrata su Gesù Cristo:


«L'equivoco fondamentale che minaccia i rapporti dell'uomo con i beni della terra è denunciato in forma concisa, e insieme assai efficace, dal discorso della montagna, là dove è proposto all'attenzione di discepoli il modello di vita offerto dagli uccelli dei cielo e dai gigli del campo. La cura per la vita, dice Gesù, non può essere scambiata con la più scadente cura per il cibo, né la cura per il corpo con la più scadente cura per il vestito (...). La semplice soddisfazione dei bisogni non basta a realizzare la vita dell'uomo; di pane soltanto l'uomo non vive; per vivere egli ha bisogno di una parola, e cioè di un senso o di una speranza, che la cultura odierna spesso cerca con serietà e che la parola di Dio dischiude in pienezza» (B, n. 2).


Da quest’impostazione teologica deriva un’etica cristiana precisa nei confronti del creato. Intervento autorevole rimane ancora quello di Giovanni Paolo Il proposto nell'enciclica Sollicitudo rei Sociali (1987) che intende prolungare ed aggiornare la riflessione di Paolo VI nella Populorum progressio circa le condizioni e i criteri morali per un autentico sviluppo economico sociale. Tra essi Giovanni Paolo Il colloca anche il rispetto dell'ambiente:


«Il carattere morale dello sviluppo non può prescindere neppure dal rispetto per gli esseri che formano la natura visibile e che i Greci, alludendo appunto all'ordine che la contraddistingue, chiamavano il 'cosmo'. Anche tali realtà esigono rispetto, in virtù di una triplice considerazione, su cui giova attentamente riflettere.


La prima consiste nella convenienza di prendere crescente consapevolezza che non si può fare impunemente uso delle diverse categorie di esseri, viventi o inanimati - animali, piante, elementi naturali - come si vuole, a seconda delle proprie esigenze economiche. Al contrario occorre tener conto della natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato, ch'è appunto il cosmo.


La seconda considerazione, invece, si fonda sulla costatazione, si direbbe più pressante, della limitazione delle risorse naturali, alcune delle quali non sono, come si dice, rinnovabili. Usarle come se fossero inesauribili, con assoluto dominio, mette seriamente in pericolo la loro disponibilità non solo per la generazione presente, ma soprattutto per quelle future.


La terza considerazione si riferisce direttamente alle conseguenze che un certo tipo di sviluppo ha sulla qualità della vita nelle zone industrializzate. Sappiamo che risultato diretto o indiretto dell'industrializzazione è, sempre più di frequente, la contaminazione dell'ambiente, con gravi conseguenze per la salute della popolazione. Ancora una volta risulta evidente che lo sviluppo, la volontà di pianificazione che lo governa, l'uso delle risorse e la maniera di utilizzarle non possono essere distaccati dal rispetto delle esigenze morali. Una di queste impone senza dubbio limiti all'uso della natura visibile» (n. 34).


E anche il primo documento pontificio dedicato per intero al tema dell'ambiente6 conferma che secondo Giovanni Paolo Il la prospettiva essenziale per comprendere e risolvere il problema ecologico è quella morale.

La crisi ambientale è, infatti, conseguenza di irresponsabilità nella gestione del potere tecnologico, giacché si trascura di considerare «le sue conseguenze in altre aree e, in generale, sul benessere delle future generazioni» (n. 6), e frutto del prevalere delle «ragioni della produzione» e degli «interessi economici sul bene delle singole persone se non addirittura di intere popolazioni» (n. 7).


I criteri morali pertinenti sono indicati anzitutto


«nella visione di un universo armonioso, cioè di un vero 'cosmo', dotato di una sua integrità e di un suo interno e dinamico equilibrio. Questo ordine deve essere rispettato: l'umanità è chiamata ad esplorarlo, a scoprirlo con prudente cautela e a farne poi uso salvaguardando la sua integrità. D'altra parte la terra è essenzialmente un'eredità comune, i cui frutti devono essere a beneficio di tutti» (n. 8).


«I concetti di ordine nell'universo e di eredità comune mettono entrambi in rilievo che è necessario un sistema di gestione delle risorse della terra meglio coordinato a livello internazionale» (n. 9).

Suggestivo è anche il richiamo al


«valore estetico del creato: il contatto con la natura è di per sé profondamente rigeneratore, come la contemplazione del suo splendore dona pace e serenità».


In nome di esso il Papa afferma che


«una buona pianificazione urbana è un aspetto importante della protezione ambientale, e il rispetto per le caratteristiche morfologiche della terra è indispensabile requisito per ogni insediamento ecologicamente corretto» (n. 14).


Oltre che la necessità di cambiamenti «strutturali» (in particolare quelli concernenti la distribuzione a livello mondiale di ricchezza: n. 11) il documento afferma quella di un’appropriata azione educativa:


«La società odierna non troverà soluzione al problema ecologico, se non rivedrà seriamente il suo stile di vita. In molte parti del mondo essa è incline all'edonismo e al consumismo e resta indifferente ai danni che ne derivano (... ). Se manca il senso della persona e della vita umana, ci si disinteressa degli altri e della terra. L'austerità, la temperanza, l'autodisciplina e lo spirito di sacrificio devono informare la vita di ogni giorno, affinché non si sia costretti da parte di tutti a subire le conseguenze negative della noncuranza dei pochi. C'è dunque l'urgente bisogno di educare alla responsabilità ecologica» (n. 13).


Tale compito educativo coinvolge direttamente la chiesa e sollecita una morale alimentata alla visione di fede:


«L'impegno del credente per un ambiente sano nasce direttamente dalla sua fede in Dio creatore, dalla valutazione degli effetti del peccato originale e dalla certezza di essere redento da Cristo. Il rispetto per la vita umana include anche il rispetto e la cura del creato, che è chiamato ad unirsi all'uomo per glorificare Dio» (n. 16).


Questo atteggiamento di fondo è confermato ancora anche dal documento dei vescovi lombardi (La questione ambientale): l’'insistenza è più sulla componente etico - spirituale del problema. La dimensione di senso o etica in cui l'uomo deve vivere il suo rapporto con la natura è determinata mediante l'illustrazione di tre criteri più specifici:


«Il primo è quello del rispetto. Rispettare l'ambiente naturale significa custodire le possibilità che il Creatore vi ha immesso e dalle quali l'intervento umano procede. L'ambiente naturale è un tutto ordinato, ed è fondandosi su quest’ordine voluto da Dio stesso che l'uomo ha sviluppato il suo progresso e la sua civilizzazione.


Un secondo criterio è quello della moderazione. Questo criterio della moderazione è richiesto dalle esigenze di bene comune dell'intera umanità, in particolare, dalla preoccupazione per i paesi in via di sviluppo ed economicamente più poveri: l'ecologia deve diventare solidarietà e la moderazione nel consumo condivisione. E non si deve dimenticare neppure che l'umanità attuale è responsabile delle possibilità di sviluppo delle generazioni future, che verrebbero compromesse dalla mancanza di quelle risorse che oggi vengono improvvidamente consumate.


Infine un terzo criterio è l'attenzione alla qualità della vita. L'intervento dell'uomo non deve solo essere rispettoso dell'ambiente naturale, ma anche dell'ambiente vitale quotidiano, con particolare riferimento ai fenomeni di urbanizzazione selvaggia delle periferie metropolitane, alle zone di alta densità di popolazione e a quelle fortemente industrializzate» (C, n. 1).

1 vedi in particolare Dio nella creazione. Dottrina ecologica della creazione, Brescia 1986

2 Dio nella creazione. Dottrina ecologica della creazione, Brescia 1986, p. 26

3 vedi, seppur con linee e prospettive diverse, la fondamentale impostazione di Alfons Auer (Etica dell’ambiente, Brescia 1988), di J.N. Ruiz de la Pena (Teologia della creazione, Borla 1988), di Giuseppe Angelini (Questione ecologica e coscienza cristiana, Brescia 1988)

4 Summa contra Gentiles, III, 22,2030


5 Messaggio per la giornata mondiale per la Pace 1992, n. 16

6 Il messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1990: Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato

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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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