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CHIARIMENTI SU PAGINE DI STORIA

Ultimo Aggiornamento: 10/04/2022 15:30
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03/07/2012 23:23
 
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IL SOLE, SIMBOLO DELLA DIVINITA' E NON SOLO ASTRO LUMINOSO

Per la scienza accademica, il sole rappresenta una normale stella della serie principale del diagramma Hertzsprung e Russel, il tipo più frequente delle stelle visibili, e via dicendo. Niente di più. Ogni riferimento ad un aspetto spirituale del sole è ovviamente ritenuto del tutto fuori luogo, nonché assurdo, in tale ambito. D’altronde, in modo altrettanto ostinato, fino all’avvento della stessa scienza induttiva, si negava il contrario. Cioè, era ritenuto inammissibile, se non proprio blasfemo, che il sole potesse avere un aspetto quantificabile, simile a quello dei corpi terrestri. E questo perché la significativa e fondamentale attività dell’astro era ritenuta come una manifestazione della presenza divina nel cosmo. L’atteggiamento critico nei confronti della metafisica solare e della cultura magica ad essa collegata assunto dalla scienza moderna, gigante con i piedi d’argilla, non serve tuttavia ad illuminare le ombre relative alle proprie origini. Le quali in gran parte presero avvio proprio da quel ceppo metafisico irrazionale e magico che oggi con tanto rigore la scienza disconosce e nega. Ma che continua comunque ad essere vivo ed operante nelle stesse fasce della società, “alte” e “riservate”, che hanno propiziato nel corso di lunghi secoli l’avvento dell’attuale società tecnocratica e massonica.

L’aspetto spirituale del sole ed il suo rapporto con la dimensione magica è invece così fondamentale, per i suoi risvolti negativi, da trovare riferimenti persino in ambito biblico, nel senso di un rapporto contrario rispetto alla storia della salvezza. Secondo tale prospettiva infatti ci è parso possibile interpretare un passo alquanto noto dell’Apocalisse di San Giovanni, nel quale viene profetizzata la segregazione del diavolo per “mille anni”.

Testualmente: <> (Ap 20, 1-3).

I “mille anni” profetizzati dall’Apostolo hanno dato luogo nel corso del tempo alle note interpretazioni di tipo millenaristico ed a varie eresie ad esse collegate. Non solo Gioacchino da Fiore (1130-1202) pronosticò il prossimo avvento di una terza epoca storica detta dello Spirito Santo. Ma anche Kant dissertò intorno ad un millenarismo filosofico di stampo massonico <> (Religion, 1, 3).

Al di là di ogni attesa e di ogni aspettativa riguardo agli anni fatidici profetizzati dal Prigioniero dell’isola di Patmos, non ci sembra affatto azzardato porre in relazione tale profezia, più che con un incerto e più o meno prossimo futuro, con un millennio invece già concluso e per molti tratti da rivalutare. Ci riferiamo naturalmente al periodo d’oro della Cristianità, il Medioevo. È in questo millennio che il demonio, riuscito a farsi adorare fino allora come divinità solare nei classici culti imperiali, venne effettivamente relegato nell’Abisso, dall’imporsi della fede cristiana.

L’accostamento fra Medioevo e “millennio” sembra possibile non solo per la pur significativa coincidenza cronologica. Ma anche e soprattutto perché in questo lasso di tempo la religiosità pagana, di tipo solare, nel senso di Elios e di Eros, venne ridotta a strato carsico dal Magistero ecclesiastico e dalla Patristica. Tale soggezione si determinò cronologicamente a partire dalla vittoria di Costantino (regno 306-337) sulle truppe di Licinio e Massenzio (312), che combattevano sotto i labari del sol invictus, fino al risveglio della metafisica e del rispettivo demone solare avvenuto al tramonto della Scolastica. Mille anni denominati dagli apostoli dell’illuminismo “età di mezzo” fra un paganesimo decadente e quello che sarebbe rinato dopo un millennio, sotto nuovi auspici “magici” e nuovi paradigmi “solari”, nel periodo umanistico rinascimentale.

In questi mille anni il Magistero ecclesiastico, attraverso il contributo degli Apologisti e dei Padri della Chiesa (Sant’Agostino terminò gli ultimi capitoli de La Città di Dio, intorno al 418), del monachesimo e dell’azione esemplare di innumerevoli sconosciuti fedeli che contribuirono silenziosamente a dilatare il regno di Dio con l’adesione integrale alla Dottrina ed alla sacra Liturgia, riuscì gradualmente ad affermare la teologia cristiana in tutti gli ambiti sociali e politici della nascente Europa. Affermando così il primato universale di Cristo e della Societas Perfecta.

Tutto questo, nonostante le difficoltà ed i travagli che nel frattempo tormentavano l’alto Clero, alle prese con le molteplici contraddizioni interne (simonia, nepotismo …) e tensioni esterne (eresie, rapporti conflittuali con l’impero, lotta per le investiture, indulgenze …). Ma come ben sanno i Cristiani, contrariamente ad ogni logica ed aspettativa umana, è nella debolezza che si manifesta il mistero della potenza di Cristo. Pertanto, proprio in un momento di grande sofferenza, la Chiesa Romana si rafforzava, crescendo <> (Lc 2, 52), nonostante la gravità di alcuni suoi scandali puramente umani.

D’altra parte, occorre tenere presente il fatto che <> (A. Piolanti, La comunione dei santi e la vita eterna, L.E.V., Città del Vaticano 1992, p. 624). E quindi sbaglierebbe chi si attendesse un trionfo evidente ed assoluto della Chiesa nel tempo storico, prima cioè della chiusura della storia. Che avverrà secondo san Tommaso dopo la conflagrazione finale, durante la quale il fuoco purificherà tutti i corpi e gli elementi che si trovano entro l’atmosfera che circonda la terra, prima del ritorno definitivo del Cristo glorioso (Summa Th., Suppl., q. 74).

Nel frattempo, leggende di ogni tipo sono nate intorno al Medioevo, per screditarlo. Famoso il luogo comune che riguarda la paura del fatidico anno Mille, creato a tavolino per ridicolizzare ed <>. (M. Introvigne,Millenarismo e nuove religioni alle soglie del duemila – Mille e non più mille, Gribaudi, Milano 1995, p. 11). Anche se in quel periodo non esistevano calendari, né tantomeno giornali quotidiani con oroscopi e pubblicità di maghi e cartomanti da consultare ad ogni ora. Il computo del tempo era riservato agli ambienti ecclesiastici ed ai calendari liturgici. Che non contemplavano il “capodanno” in senso moderno, con tutto il corredo di innumerevoli e consolidate nostre superstizioni (mutande rosse, oroscopi, lenticchie, uva ed altre sciocchezze) inconcepibili per la mentalità medievale.

La linea dei dileggi e distorsioni intorno all’epoca medievale venne inaugurata da una schiera ben preparata di intellettuali anticattolici ed anticlericali in genere, che a partire dal XVII secolo si impegnò a creare ad arte la falsa idea di una lunga stagnazione culturale, sociale e religiosa attuatasi nell’Europa medievale. Questi pregiudizi risuonano ancora oggi, specialmente nelle larghe fasce della cultura popolare e nei settori laicisti “a prescindere”, che rifiutano di principio di considerare senza pregiudizi un’epoca verso la quale siamo debitori ed alla quale siamo ancora collegati.

Tuttavia, nonostante la medievistica universitaria si sia incaricata di smentire la faziosità delle leggende nere antimedievali, tale epoca ancora oggi continua ad essere un periodo bistrattato e frainteso nell’ambito della concezione comune. Peraltro, già Etienne Gilson stigmatizzò l’abitudine di tirare in ballo personaggi come Lutero, Calvino o Cartesio come simbolo del libero pensiero da contrapporre a S. Alberto Magno, considerato invece come il primo degli oscurantisti medievali. Lo studioso francese si spinse a dire che: <> (E. Gilson, La philosophie au Moyen Age, Payot, 1947, p. 504).

A fatica pertanto si sta facendo strada un’immagine più consona ed obiettiva riguardo al periodo compreso fra la vittoria di Costantino e l’avvento dell’Umanesimo, da molti specialisti ritenuto tutto il contrario di un tempo oscuro e retrivo. Anche <> (R. Stark, La vittoria della Ragione, Landau, Torino 2006, p. 70).

Paolo Rossi afferma a riguardo la necessità di superare <>, (sito <>, Le Stagioni della Follia).

Le leggende nere relative al Medioevo cristiano stanno dando dunque segni di cedimento. E finalmente emergono anche se in modo soffuso i tratti relativi a prospettive finora sottaciute che investono i periodi successivi, l’Umanesimo ed il Rinascimento. Queste due epoche, contrariamente a quanto si dice <> (B. Mondin, Epistemologia cosmologia, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1999, p. 15).

Alexandre Koiré riconosce senza esitazioni che <> (in P. Zambelli, L’ambigua natura della magia, Marsilio, Venezia 1996, p. 128, corsivi nostri).

Gli studiosi della storia del pensiero sono dunque concordi nell’affermare, pur senza approfondirne in modo adeguato le ragioni, che la ripresa della cultura magica cominciò a delinearsi in modo concreto con il tramonto della scolastica e della cultura medievale. Ma quanto gli accademici per forza di cose esprimono in modo allusivo e sfuggente, è dichiarato invece senza possibilità di equivoco in ambiti forse meno autorevoli, ma altrettanto degni di attenzione. Ad esempio, l’enciclopedia, L’uomo e l’ignoto (vol. 4, Armenia, Milano 1978), sotto la voce satana, riporta affermazioni dense di significati oscuri.

Si asserisce cioè che nell’epoca umanistica i primi scienziati, in genere medici, sotto l’influsso di una insolita brama del sapere diedero inizio a pratiche demoniache <>, cercando di assumere il ruolo di Dio nel governo del mondo e degli uomini.

Se il Rinascimento fosse davvero <> durante la quale il Menzognero s’incaricò di istruire i suoi seguaci nel corso di cerimonie celebrate nella segretezza delle corti aristocratiche, come quella fiorentina dei Medici, bisognerebbe davvero ripensare a quest’epoca, ed ai suoi frutti, in termini diversi, se non proprio allarmanti. Per il momento, si può soltanto considerare la diffusione che in questo periodo registrò la bibbia della tradizione magica, il Corpus Hermeticum, tradotto dal Ficino nel 1463, per ordine di Cosimo de’ Medici. In pochi anni, vennero diffuse sedici edizioni di tale opera che proponeva i temi propri della magia egizia, sulla base di una visione della realtà nella quale gli opposti non si escludono a vicenda, ma si compenetrano in un rapporto di reciproca “attrazione” e “simpatia”.

La natura in questo quadro irrazionale è concepita come un “Tutto” avente in sé un’anima, ritenuta <> (P. Rossi, Il fascino della magia e l’immagine della scienza, in Storia della scienza moderna e contemporanea, volume primo, UTET, Torino 1989, pag. 32 e sgg.). Persino i metalli vengono trattati dagli maghi rinascimentali come involucri di elementi spirituali. Senza parlare della cosiddetta “materia prima” alchemica, o Mysterium Magnum, di natura acquea, che oltre ad essere ritenuta la mater, matrice di tutte le cose, è anche concepita come “luogo” primario ove ritrovare tutti gli spiriti.

Nel Rinascimento dunque, ed in particolare nella corte fiorentina dei Medici, prese piede e si diffuse in tutta Europa la tradizione egizia, interpretazioni cabalistiche incluse, fondata su una logica ambigua, conciliante sia verso gli sviluppi del pensiero magici, sia verso quelli razionalistici. Matematica e cabala unite nella logica ambigua del “si e no”, che fa capo alla dialettica eraclitea, all’interno della quale risuonano armonicamente le regole delle omologie, degli influssi e delle corrispondenze. Ma disarmonicamente rispetto al classico rapporto fra causa ed effetto. La logica costituisce infatti come un muro di cinta, per la mente dell’uomo.

Diversi studiosi sono propensi ad individuare concrete linee di continuità fra Medioevo e Rinascimento, basate quasi su un rapporto di tipo causa effetto. I risultati positivi raccolti nel periodo rinascimentale, costituirebbero così gli sviluppi naturali del lavoro silenzioso dei pensatori medievali. In questa prospettiva, il filosofo francese Nemo afferma che il tracciato rigoroso ed oggettivo relativo al <> (P. Nemo, Che cos’è l’Occidente?, Universale Rubettino, Sovera Mannelli, 2009, p. 12 e sgg.).

Ovviamente, non esiste solo continuità fra Medioevo e Rinascimento. Il contrasto fra queste due epoche per certi tratti è insanabile. Basti pensare alle rispettive articolazioni che hanno dato luogo a due inconciliabili immagini del mondo, geocentrica ed eliocentrica. Una ordinata a Dio ed al dogmatismo religioso. L’altra centrata sulla ragione umana, intesa come spiritus rector. È proprio quest’ultima che dopo le ottimistiche utopie scientiste, al giorno d’oggi sta svelando le sue contraddizioni, e la sua fase discendente.

Si stanno scontando attualmente le conseguenze del baratto rinascimentale del reale con il razionale, del mondo percepito con il mondo immaginato, se pur attraverso i rigorosi (sulla carta) canoni della metodologia scientifica. L’inversione del processo di acquisizione della conoscenza avvenuta con l’adozione del modello eliocentrico ha infatti aperto le porte alla fantasia razionale (scienza) ed irrazionale (magia). Basti pensare che insieme a Galilei, fu Giordano Bruno a sostenere da altre angolature l’ipotesi copernicana. Due modi formalmente opposti, ma non disgiunti, di applicare la ragione alla filosofia della natura. Sia Galileo che Bruno infatti ragionavano non sul mondo percepito dai sensi (la terra ferma) che lascia poco spazio a supposizioni astratte. Ma sul mondo immaginato pitagoricamente sulla base di ipotesi indimostrate e forse indimostrabili (il presunto moto della terra).

Questi due personaggi, epigoni di Pitagora e di Ermete, rappresentano non solo le due colonne della cultura iniziatica, ma anche i due poli che hanno indirizzato la cultura propria della società moderna, da una parte estremamente razionale e tecnologica, scientifica, emancipata. Dall’altra, irrazionale, superstiziosa, collegata in modo carsico alla tradizione egizia ed alle simbologie iniziatiche trasmesse dalle “obbedienze” segrete che svolgono come un ruolo di collegamento fra le sfere “note” ed “ignote” della realtà.

Tramontate dunque definitivamente le sfere planetarie medievali, ordinate ad una dinamica spirituale regolata dalle intelligenze celesti disposte in cori concentrici sfocianti nell’empireo divino, ne sono state create altre, meno innocue, presiedute da arconti planetari e dalle intelligenze infere, ruotanti intorno al demiurgo, regolatore di un mondo eterno, che esisterebbe di per sé. Non solo Pitagora, ma anche Ermete ne prospetta l’immagine, poi ripresa da Copernico e “soci”: <> (Poimandres XVII, 17).

Questo è il senso spirituale, esoterico, bruniano, del modello eliocentrico, così come chiaramente espresso da Ermete Trismegisto nell’Asclepius, non a caso citato da Copernico nel famoso capitolo X della sua opera, De revolutionibus: <>.

Come dicevamo, queste considerazioni metafisiche che si snodano intorno ai significati allegorici del sole sono estranee all’ambito della cultura accademica, sempre poco propensa ad accogliere spigolature “borderline”. Peraltro, è anche vero che i numeri costituiscono effettivamente indici di corrispondenze strumentali e che i loro risvolti esoterici e cabalistici non rappresentano una disciplina razionalmente certa. Di conseguenza, molto difficilmente la scienza ammetterebbe l’esistenza al suo interno di una sorta di vibrazione comune con la dimensione e la cultura magica.

D’altra parte, ogni epoca costruisce l’immagine del mondo in base ad una fede. O se vogliamo a un dogma. Infatti, non esiste posizione filosofica o scientifica senza dogmi: <>(M. Malatesta, Fondazione della logica pragmatica transculturale, Volume I, Logica dei deittici – I pronominali personali, Nova Millennium Romae, Roma 2006, p. 10). Nessuna posizione esistenziale può dunque determinarsi senza solidi appoggi dai quali prendere avvio. Scienza compresa.

Uno degli irrinunciabili dogmi della fisica moderna è senz’altro costituito dal modello eliocentrico, nonostante i suoi rimandi carsici alla metafisica solare che lo sottende. Nonostante il suo difficile rapporto con la realtà dei sensi (i quali non registrano moti terrestri) e con la realtà dei fatti (che non producono prove evidenti del moto terrestre, al contrario di quello del sole forse fin troppo evidente). Peraltro, l’immagine eliocentrica si è rafforzata in questi secoli alimentandosi del “cibo sottile” della ragione umana, strutturata secondo gli indirizzi culturali moderni, diventando così sempre più “concreta”, rispetto ad una realtà sempre più “idealizzata”.

Il sole tuttavia non ha perso quei riferimenti “mistici” ai quali abbiamo alluso. La nostra stella, oltre ad essere rappresentata formalmente come una normale “nana gialla” in equilibrio stabile ecc., in certi ambiti continua ad essere intesa in base al proprio risvolto magico. Ossia, come: <> (M. D. Bailey, Magia e superstizione in Europa dall’Antichità ai nostri giorni, Lindau, Torino 2008).

Grande errore dunque ritenere che il misticismo solare sia un retaggio appartenente ad un passato ormai finito. È vero che gli imperi classici e le figure imperiali sono in disuso e difficilmente riproponibili nello stato attuale delle cose. Ma è anche vero che il demone solare non è scomparso dalla circolazione, il suo tempo non è ancora concluso, anche se è prossimo alla fine.

Giancarlo Infante
[Modificato da Credente 03/07/2012 23:25]
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