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MOLTI I CREDENTI MA POCHI I PRATICANTI (M.Introvigne)

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2012 15:06
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18/05/2011 19:35
 
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Non crede che ormai i princìpi della religione cattolica siano limitati a “quattro formulette” impartite nelle ore di religione a scuola oppure a catechismo, ma che fondamentalmente la conoscenza resti molto superficiale?

“Non bisogna generalizzare. Ci sono nei movimenti cattolici (che in Italia coinvolgono almeno il dieci per cento dei praticanti, un record mondiale) forme di catechesi di eccellente qualità. Altrove, purtroppo, non si insegnano neppure più le quattro formule, ma ci si limita a un generico buonismo o pacifismo. Se si utilizzasse per esempio il nuovo e bellissimo “Catechismo della Chiesa Cattolica” la formazione sarebbe di una qualità del tutto adeguata ai tempi: ma lo si usa ben poco”.

Perché?

“Anche qui senza generalizzare, da una parte gli insegnanti di religione spesso non sono sufficientemente formati. Ma dall’altra una materia senza voto resta una materia che gli alunni prendono poco sul serio”.

Parliamo di crisi delle vocazioni. Un fenomeno preoccupante o no?

“In Italia c’è – anche su questo punto – una piccola ripresa. La crisi è assai più preoccupante in Francia e in Spagna. Vorrei sfatare un mito: abolire il celibato non servirebbe a nulla. In Inghilterra c’è una crisi delle vocazioni cattoliche, celibatarie, e ce n’è una ancora più grave delle vocazioni anglicane: eppure i pastori anglicani si sposano. La stessa crisi tocca ovunque le vocazioni al pastorato protestante, che è un pastorato di uomini sposati e aperto quasi sempre anche alle donne”.

Parliamo della presenza delle Chiese cristiane nel Terzo Mondo. Qual è l’approccio della Santa Sede verso popoli che professano altre religioni, ad esempio il rapporto tra Cristianesimo e sètte in Sudamerica, e tra Cristianesimo e Islam in Africa?

“L’espressione ‘sètte’ è molto imprecisa. In Sudamerica quelle che i giornali e molti preti chiamano ‘sètte’ altro non sono che comunità protestanti, in genere pentecostali, passate dal 5% di vent’anni fa al 20% della popolazione. Ma questo ritorno di interesse per la religione istituzionale in Sudamerica ha fatto aumentare anche il numero non dei battezzati bensì dei cattolici che praticano veramente la loro religione. In genere, come per altri beni materiali o simbolici, il mercato e la concorrenza fanno bene anche alla religione. Diverso è il discorso nel mondo a maggioranza islamica, dove la concorrenza non c’è perché l’islam, con rare eccezioni, tollera ben poco i concorrenti e le minoranze, qualunque cosa il già citato buonismo pacifista preferisca dire – o non dire – sul punto”.

Un altro argomento scottante: perché secondo lei romanzi come “Il Codice Da Vinci” e i suoi cloni hanno tanto successo?

“I motivi sono diversi. Il primo è il gusto in periodi di crisi, quando la storia si fa complicata, per teorie del complotto che la semplificano. Il secondo è la voga anticattolica, che oggi non viene più tanto dal mondo protestante (che anzi è stato il primo a sollevarsi contro “Il Codice Da Vinci”) ma dai soloni del politicamente corretto femminista, abortista e pro-gay. Il terzo è che il “Codice Da Vinci” è un po’ il manifesto di coloro che vogliono credere ma non vogliono appartenere a istituzioni religiose né derivare dalle religioni codici e norme di comportamento. Come abbiamo visto, si tratta della maggioranza degli occidentali”.

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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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