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TERTULLIANO (155-230 d.C.)

Ultimo Aggiornamento: 06/05/2011 13:10
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06/05/2011 12:40
 
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Quinto Settimio Fiorente Tertulliano

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
  « Persegui la verità, ma diffida di coloro che sostengono di averla trovata »
 
(Tertulliano)
Tertulliano

Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (in latino Quintus Septimius Florens Tertullianus; Cartagine, 155 circa – 230 circa) è stato un apologeta latino.

Indice

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Biografia

Tertulliano nacque a Cartagine verso la metà del II secolo (intorno al 155) da genitori pagani (patre centurione proconsulari[1], figlio di un centurione proconsolare) e, dopo essere stato verosimilmente iniziato ai misteri di Mitra, compì gli studi di retorica e diritto nelle scuole tradizionali imparando il greco.

Dopo aver esercitato la professione di avvocato dapprima in Africa e in seguito a Roma, ritornò nella città natale e probabilmente verso il 195 si convertì al Cristianesimo. Nel 197 scrisse la sua prima opera, Ad nationes ("Ai pagani").

Presi gli ordini sacerdotali, adottò posizioni religiose molto intransigenti e nel 213 aderì alla setta religiosa dei montanisti, nota proprio per la sua intransigenza e il suo fanatismo[2].

Negli ultimi anni della sua vita abbandonò il gruppo per fondarne uno nuovo, quello dei Tertullianisti. Quest'ultima setta era ancora esistente all'epoca di Sant'Agostino, che riferisce di averla fatta rientrare nell'alveo dell'ortodossia. Le ultime notizie che si possiedono su Tertulliano risalgono al 220. La sua morte si data dopo il 230.

Opere

Sono pervenute trenta opere teologiche e polemiche contro i pagani, contro gli avversari religiosi e contro i cristiani che non condividevano le sue tesi.

Periodo cattolico (197-206)

  • Ad nationes (197): in difesa del Cristianesimo contro i pagani;
  • Apologeticum (197): una impetuosa difesa in nome della libertà di coscienza, sia contro i delitti manifesti imputati ai cristiani, sia contro i cosiddetti crimina occulta, come incesti, infanticidi e altre depravazioni morali pagane;
  • De testimonio animae (198/200);
  • Adversus Iudaeos (prima del 207); opera di polemica dottrinale contro gli Ebrei;
  • Ad martyras: esortazione ad un gruppo di cristiani incarcerati e condannati a morte;
  • De spectaculis: opera in cui vengono considerati immorali gli spettacoli teatrali e circensi;
  • De oratione;
  • De patientia;
  • De cultu feminarum;
  • Ad uxorem;
  • De praescriptione haereticorum: contro i cristiani che contaminano la fede con filosofie pagane e con interpretazioni troppo libere della Bibbia;
  • Adversus Hermogenem;
  • De baptismo;
  • De Paenitentia.

Periodo influenzato dal montanismo (207-212)

  • Ad Scapulam (212): l'opera è indirizzata al governatore dell'Africa proconsolare che stava conducendo una campagna contro i cristiani;
  • De idolatria: contro quelle attività economiche legate in qualche modo al paganesimo;
  • De corona: contro il servizio militare che non poteva essere compatibile con chi si professava cristiano;
  • De exhortatione castitatis;
  • De virginibus velandis: opera in cui vengono fatte considerazioni sulla donna, considerata alla stregua di un essere inferiore; per esempio, secondo Tertulliano, deve apparire rigorosamente velata;
  • Adversus Marcionem, Adversus Praxean e altre: opere (trattati) di carattere violentemente polemico contro avversari religiosi;
  • Adversus Valentinianos;
  • De Scorpiace;
  • De anima: è l'opera più importante, nella quale Tertulliano rielabora anche fonti pagane;
  • De carne Christi;
  • De resurrectione mortuorum.

Periodo apertamente montanista (213-220)

  • De fuga in persecutione;
  • De pallio;
  • Adversus Praxean;
  • De ieiunio;
  • Adversus psychicos;
  • De Monogamia;
  • De pudicitia: contro i rapporti sessuali all'infuori del matrimonio.

Pensiero

È considerato un grande teologo cristiano e introduce la teologia trinitaria attraverso una terminologia latina rigorosa. A lui si deve il concetto di "persona", fondamentale anche nella civiltà occidentale, che ci permette di vedere ogni uomo come partecipe della natura umana ma nello stesso tempo persona unica e inalienabile.[senza fonte] Come Dio è unico e distinto in Persone divine che sono "relazioni sussistenti", il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, allo stesso modo ogni uomo partecipa alla natura umana ma è distinto nella sua dignità di persona. Questo è il germe che distruggerà le disuguaglianze "pagane" e permetterà l'invenzione cristiana degli Ospedali. Tertulliano è un grande teorico e un acuto pensatore che assume un posto di rilievo nel panorama letterario del suo tempo.

È attribuita a Tertulliano la famosa locuzione latina Credo Quia Absurdum. In realtà la frase esatta è "Natus est Dei Filius; non pudet, quia pudendum est: et mortuus est Dei Filius; prorsus credibile est, quia ineptum est" (De Carne Christi) che si traduce in: "Nato Figlio di Dio; non si vergogna, perché v'è da vergognarsi: e il Figlio di Dio è morto: che è del tutto credibile, poiché è del tutto incredibile".

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06/05/2011 12:50
 
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Riportiamo qui di seguito gli indici di alcune opere di Tertulliano, che si potranno leggere nella versione integrale al seguente link:
http://www.tertullian.org/articles/mazzoni_trattati/

 


DE IDOLATRIA

CAP. I. --- Tutte le colpe hanno come loro base l'idolatria

CAP. II. --- Varie sono le specie d'idolatria 

CAP. III. --- Origine dell'idolatria

CAP. IV. --- E' severamente proibito dalle Sacre Scritture la formazione e l'adorazione degli idoli

CAP. V. --- Ma pure si potrebbero trovare obiezioni favorevoli ai fabbricatori di idoli; ma Tertulliano ribatte energicamente qualsiasi eventuale tentativo di difesa

CAP. VI. --- Dal solo sacramento del battesimo si deduce quanto sia ripugnante ai principì della fede fabbricare idoli

CAP. VII. --- E che cosa la fede potrebbe dire contro tanta aberrazione nei riguardi degli idoli?

CAP. VIII. --- Qualunque altra arte, che, in certo modo, abbia relazione coll'idolatria, non è permessa ai Cristiani 

CAP. IX. --- In servigio di quali potenze agiscono gli indovini, gli astrologi, i maghi, se non delle potenze demoniache? 

CAP. X. --- Cristiani non possono insegnare pubblicamente: ciò include soggiacere ad atti e a cerimonie idolatre 

CAP. XI. --- Quelli che trafficano, vendendo e comprando merci che servono poi al culto delle false divinità, peccano di idolatria

CAP. XII. --- Nessuna scusa per chi ha avuto il sacramento del battesimo, di cadere in pratiche idolatre

CAP. XIII. --- Intervenire alle feste pagane è proibito ai Cristiani

CAP. XIV. --- Cercando di nascondere la credenza cristiana, non può esser lecito frequentare le radunanze dei pagani ed assistere alle loro cerimonie

CAP. XV. --- Perché festa di luci e di frondi sulle facciate delle case nel giorno natalizio degli imperatori? Non è questa forse idolatria?

CAP. XVI. --- Al Cristiano si può permettere di frequentare le pubbliche e le private radunate dei pagani

CAP. XVII. --- E qual'è il modo di comportarsi cogli idolatri, per non incappare nella colpa della quale essi sono macchiati?

CAP. XVIII. --- Non ci possono essere ragioni, a giustificare la pomposità e gli sfarzi, che i Cristiani debbono senz'altro condannare

CAP. XIX. --- Il Cristiano non deve attendere alla milizia

CAP. XX. --- Si può incappare nella colpa d'idolatria anche colle semplici parole

CAP. XXI. --- Non si debbono temere le calunnie dei pagani: quanti si rendono colpevoli d'idolatria per umidità e mancanza di coraggio!

CAP. XXII. --- Non è accettabile la benedizione nel nome degli Dei; il solo Dio può rivolgere la sua parola benedetta all'uomo

CAP. XXIII. --- Non si può usare giuramento né orale né scritto, per assicurare chi ci desse a prestito denaro, delle nostre intenzioni leali ed oneste

CAP. XXIV. --- La Fede è paragonabile ad una nave

[Modificato da Coordin. 06/05/2011 12:53]
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06/05/2011 12:55
 
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DE SPECTACULIS

CAP. I. --- I cristiani respingono gli spettacoli di cui i pagani si dilettano; né ci possono essere ragioni che li convincano ad assistere a cerimonie così sacrileghe ed empie

CAP. II. --- C'è chi difende gli spettacoli, sostenendo che ciò che viene usato in tali rappresentazioni ci viene dato da Dio e quindi ha un principio di bene: tutte queste argomentazioni sono false

CAP. III. --- Gli spettacoli sono proibiti dalle Sacre Scritture

CAP. IV. --- Già col battesimo, noi Cristiani abbiamo rinunziato agli spettacoli teatrali

CAP. V. --- L'origine degli spettacoli: le loro denominazioni: gli Dei ai quali essi venivano dedicati

CAP. VI. --- O che gli spettacoli siano dedicati agli Dei o agli spiriti dei trapassati, essi vanno considerati come qualcosa di falso e di sacrilego

CAP. VII. --- Anche tutto l'apparato esterno di que-sti giochi, tradisce la loro origine e natura idolatra

CAP. VIII. --- Tutto nel Circo, parla esplicitamente d'idolatria, né valgono tentativi di dimostrazione

CAP. IX. --- Anche nei giochi equestri s'annida un principio idolatra

CAP. X. --- E i giochi scenici non sono forse imbevuti di principi idolatri? Tutto riveste questo carattere: anche l'ossequio prestato ai morti, non è che idolatria

CAP. XI. --- I giochi agonali sono consacrati agli Dei, ma appunto, hanno un carattere prettamente idolatra

CAP. XII. --- Quale l'origine dei gladiatori; dei loro combattimenti colle fiere e come costoro partecipino dei principi idolatri

CAP. XIII. --- Ogni ombra d'idolatria va sfuggita

CAP. XIV. --- Donde venga ricavata la proibizione degli spettacoli fatta da Dio ai cristiani

CAP. XV. --- Lo spirito prova un turbamento e una commozione grande, di fronte alle impurità e alle vergogne cui si assiste negli spettacoli

CAP. XVI. --- Tutto è furore negli spettacoli del Circo: i cristiani ne debbono stare ben lontani

CAP. XVII.. --- I teatri sonò sentine d'impurità e di disonestà

CAP. XVIII.. --- Le tragedie, le commedie hanno in loro qualcosa d'illecito e di empio

CAP. XIX. --- Quali crudeltà sono quelle che si vedono compiute nell'anfiteatro

CAP. XX. --- Si possono fare delle obiezioni in difesa degli spettacoli: ebbene, opponiamo ad esse forza e sicurezza di risposta

CAP. XXI. --- Il bene e il male sono tali per loro natura non possono tali principi assoluti andar soggetti a luoghi e a circostanze

CAP. XXII. --- Gli uomini non seguono un'eguaglianza di criterio nel giudicare: le stesse azioni appaiono loro ora buone, ora malvagie

CAP. XXIII. --- Come dovrà giudicarli Iddio, gli spettacoli, se gli uomini pure hanno per essi parola di riprovazione e di condanna?

CAP. XXIV. --- Col sacramento del battesimo si rinun-zia a qualsiasi genere di spettacoli: chi v'assiste, in certo modo, rinnega il battesimo

CAP. XXV. --- Come è possibile nutrire santità di pensieri, in mezzo all'obbrobrio degli spettacoli?

CAP. XXVI. --- Il teatro è cosa che ha in sé carattere demoniaco

CAP. XXVII. --- Ogni godimento che può esser dato dagli spettacoli, è intimamente unito con qualcosa di empio, di sacrilego, di diabolico

CAP. XXVIII. --- E' nella vita dell'al di là che i Cristianti troveranno le gioie più intinse e più piene

CAP. XXIX. --- Anche i Cristiani possono avere tanti spettacoli di gioia e di grandezza su questa terra!

CAP. XXX. --- Il Giudizio Universale

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06/05/2011 12:59
 
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CLASSICI CRISTIANI
ALTO ASSISTENTE: CARD. PIETRO MAFFI

TERTULLIANO

ESORTAZIONE AI MARTIRI
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a cura di Gino Mazzoni



ANNO DOMINI MCMXXIX

EZIO CANTAGALLI - SIENA
ESORTAZIONE AI MARTIRI

1. ¶ O creature benedette, che siete state chiamate alla gloria del martirio, a voi la Chiesa, madre e signora, dalle sue viscere stesse dà il nutrimento dell'amore suo infinito, che vi tiene ancora in vita; ma anche i fratelli vostri sono pronti a somministrarvi, ciascuno dalle proprie risorse, quanto può esservi sufficiente a sostentare il povero corpo vostro; e da noi pure ricevete qualcosa che serva a sollevarvi e a nutrire l'anima, A che poi prosperare il corpo, quando l'animo giaccia in un languore mortale? Se noi usiamo fervore di cura per ciò che, come il corpo, ha natura inferma, è a buona ragione che non dobbiamo trascurare ciò che presenta carattere di ancor maggiore |6 debolezza. Ma forse io non sono da tanto da poter rivolgere a voi la parola; ma noto che anche ai gladiatori, che pur sono abilissimi, perfetti anzi nell'esercizio dell'arte loro, non soltanto i maestri e chi alle loro esercitazioni presiede, ma anche gente qualunque e chi non ha conoscenza alcuna di ciò che essi stanno facendo, rivolgono a costoro esortazioni e consigli; e le parole stesse che escono così alla buona dalla bocca del popolo, talvolta non sono dette invano.

¶ Per prima cosa io vi dirò, o spiriti eletti: non vogliate contristare lo Spirito Santo, che con voi è entrato in questa vostra prigione. Oggi non sareste costì, se lo Spirito non vi avesse seguito e non fosse con voi; cercate in ogni modo che Egli resti costà, così che dopo, da codesto luogo, vi conduca su fino al Signore. La casa del diavolo è la carcere, e in questa egli raduna chi è familiare a lui, che è lo spirito del male. Ma voi è proprio a questo scopo che siete giunti ad esser rinchiusi nell'oscura prigione: perché in casa del diavolo, nel suo pieno dominio, voi ne abbiate a schiacciare la malvagia natura. Già ne avevate avuto ragione fuori di costì; il |7 diavolo non dovrà dire, dunque: eccoli in mano mia, io li metterò alla prova in ogni modo, usando di ogni insidia, di ogni adescamento, di ogni mezzo di dissensione e di discordia. Lo spirito del male non ardisca resistere al cospetto vostro; vada ad inabissarsi nei suoi regni bui e, come un serpe sul quale siano stati fatti incantesimi e magie o che abbia avuto intorpiditi i sensi per essersi trovato avvolto dal fumo, costui se ne stia come un ebete, irrigidito. E non abbia nel suo stesso regno, su di voi, vanto alcuno, per riuscire a trascinarvi alla lotta e alla discordia, ma vi trovi uniti, concordi, pronti ad una ben salda difesa, perché sono proprio la pace e la serenità vostra che rappresentano guerra per lui,

¶ Ed è questa serena pace che alcuni non trovano nel seno della comunità, e vengono allora a chiederla ai Martiri nelle tenebre delle loro prigioni; per questa ragione appunto voi dovete custodirla intimamente questa pace serena e alimentarla col fuoco della vostra fede e mantenerne la fiamma gelosamente, perché ne possiate far dono ad altri, che a voi ricorrono per ottenerla. |8

2. ¶ E fino alla soglia della vostra prigione vi avranno, ed è del resto naturale, accompagnato i pensieri, le preoccupazioni inerenti alla vita, come anche fino a questo punto vi hanno seguito i parenti vostri. Voi siete stati segregati, allontanati dal mondo; ma se pensiamo che il mondo è un'immensa prigione, noi comprendiamo bene come dovremmo dire che siete usciti dal carcere, piuttosto che entrati» Maggiori di quelle che non circondino voi costì, sono le tenebre in cui è avvolto il mondo, e gli animi degli uomini ne sono turbati e sconvolti; più strette catene delle vostre vincolano e tormentano il mondo, e le anime degli uomini ne sono dolorosamente oppresse; non è da codesto vostro carcere, ma è dal mondo che si sollevano i miasmi più pestilenziali, che sono appunto le sfrenate passioni umane. È il mondo proprio che ha in sè il maggior numero di colpevoli; il genere umano, nel suo complesso, è degno di biasimo, e non è il giudizio del Proconsole che il mondo deve temere, ma il giudizio che scenderà direttamente da Dio. E voi, o eletti, pensate pure d'essere ormai passati da un carcere a un luogo di ritiro sereno e |9 tranquillo, e se pure la tenebra vi opprime, voi stessi rappresentate la luce; se vincoli dolorosi vi stringono, voi ve ne dovete sentire sciolti per opera e per volere di Dio; se da codesto luogo giungono ai vostri sensi esalazioni non buone, sappiate che siete voi stessi il profumo d'ogni soavità; voi ora attendete che taluno vi giudichi, ma sorgerà giorno in cui voi darete il vostro giudizio su coloro che ora sono i giudici vostri. In codesto carcere provi tristezza ed intimo rincrescimento chi aspira ancora, chi agogna ai beni del mondo: ma il Cristiano, anche fuori del carcere, ha ormai rinunziato al mondo. Entrando in prigione, poi, avete sfuggito in certo modo prigionia più dura, che è appunto il mondo stesso. Non importa nulla affatto in quali condizioni o dove voi vi troviate nel mondo: voi siete fuori del mondo, ormai! Ammettiamo che veniate a perdere qualche godimento della vita: ma è sempre un buon affare perdere qualcosa per guadagnare ciò che è di gran lunga superiore: e intendiamoci che non voglio qui alludere al premio al quale Iddio chiama i Martiri Suoi.

¶ Intanto però stabiliamo un paragone fra |10 la vita che si conduce nel mondo e quella che si trascorre in carcere, e vediamo se non ne sia maggiore il vantaggio che ne viene ad avere il nostro spirito dall'esistenza che vien trascorsa in prigione, che il danno che ne possa risentire il nostro corpo.

¶ Anzi, io potrei dire, se volessi parlare seguendo norma di giustizia, che il corpo non viene a subirne danno alcuno. È la Chiesa, nella Sua infinita carità, che vi pensa, sono i fratelli di fede che, nella pietà loro affettuosa, somministrano quanto a lui è necessario: ma lo spirito invece v'acquista quanto è utile per rafforzare, per rinsaldare fermezza e saldezza di fede. Non avete contatto o relazione alcuna con quelle che sono le divinità false e bugiarde; non ti succede mai d'incappare nelle immagini loro; ecco che non ti trovi nella circostanza di partecipare alle feste che si celebrano in loro onore, se non altro per trovarti mescolato al popolo festante. Non siete colpiti da qualche cosa che vi offende o vi nausea; non andate soggetti a manifestazioni inconsulte di stolto giubilo negli spettacoli che presentano atrocità d'ogni genere e ogni pazza bestialità o scompostezze o libertà |11 colpose; e gli occhi vostri infine non sono costretti a fermarsi sulla sentina pubblica di ogni più turpe e vergognoso vizio. Lontani così siete da ogni fonte di scandalo, da ogni tentazione, da ogni ricordo vergognoso ed osceno, e anche, oramai, da ogni persecuzione. È tutto questo complesso di vantaggi che il carcere offre a chi è Cristiano, come perfettamente accadde ai Profeti nel deserto. E il Signor nostro, per poter rivolgere con maggior libertà e serenità la voce della preghiera a Dio, non cercava frequentemente i luoghi dove potesse godere di un senso grande di solitudine? In questa Egli si sarebbe meglio allontanato, diviso dal mondo; e il fulgore della Sua gloria fu proprio in solitudine, ove il Signore lo rese manifesto ai Discepoli Suoi, Non chiamiamo dunque carcere, il vostro; non usiamo un tal nome; diciamolo piuttosto ritiro. Il corpo, si, vi si trova chiuso, e la carne nostra è stretta in esso carcere da vincoli dolorosi; ma lo spirito vi è libero, dovunque esso può spaziare. Può dunque l'animo nostro in tutta libertà andar vagando, non certo per viali riparati, freschi e ombrosi e per lunghi portici, ma per quella strada che conduce |12 fino al Signore» E tu, non ti sentirai mica nel carcere, sai, quando tu volgerai a quella strada, coll'animo tuo, liberamente i tuoi passi. II piede potrà benissimo essere stretto dalla catena, ma nulla avvertirai, quando l'animo è in Cielo. È l'animo che trasporta seco l'uomo, interamente: dove esso vuole, lo rapisce. È stato scritto: il tuo cuore sia proprio colà dove sarà il tuo tesoro; e quindi il nostro cuore voli colà, dove vogliamo che sia riposto il nostro tesoro.

3. ¶ Ma, o voi benedetti, ammettiamo che anche pei Cristiani il carcere sia ragione di dolore. Ma noi siamo pure chiamati alla milizia, del Dio vivente, già allora quando abbiamo risposto con fede ai principi fondamentali dei Sacramenti. Non v'è soldato che corra in guerra, dopo essersi elegantemente e femminilmente preparato; non si avanza in mezzo alle schiere, dopo essersi alzati da comodo letto, ma dopo essere stati sotto tende scomode, mal fatte, nelle quali avevano quasi preso dimora ogni asprezza, ogni difficoltà di vita e ogni dolorosa sofferenza. Anche in tempo di pace, dalle fatiche, dalle difficoltà, i soldati imparano a sopportare le asprezze del tempo |13 di guerra. Eccolo a far lunghe marce sotto il peso delle armi, e a correr qua e là per il campo; eccolo a scavar trincee, e a preparare quanto è necessario per la formazione della testuggine. E tutto richiede fatica e sudore; e questo, s'intende, perche il corpo non s'indebolisca, né l'energia dello spirito s'affievolisca. Eccolo passare dall'ombra al sole, dal sole affrontare stagione inclemente; ecco che si riveste della corazza, deponendo così, semplicemente, la veste indossata poco prima; eccolo pronto a passate dal silenzio al clamore guerresco, dalla quiete e dalla serenità al tumulto delle armi tempestoso e violento. E a voi, anime elette, si, lo credo, può essere aspra e dolorosa la prova; ma stimate pure che essa è scuola di virtù per il corpo e per l'anima vostra. Voi state per prepararvi all'agone supremo e magnifico; e l'ordinatore di questo è Iddio vivente e chi l'assiste è lo Spirito Santo: corona di vittoria è l'eternità; come premio, il Regno dei Geli: la gloria durerà poi eterna nei secoli. E Gesù Cristo, che è vostro maestro e guida suprema, che del Suo Spirito vi segnò ed ha trovato a voi il luogo della vostra prova, volle, prima del giorno del |14 supremo cimento, allontanarvi da quella che sia libertà di vita, per sottoporvi ad un regime più aspro e più rigido assai. Così le forze si sarebbero in voi rinvigorite e accresciute. Lo stesso succede agli atleti: essi sono tenuti ben lontani da tutto ciò che possa affievolire le loro forze. È una disciplina severa di vita che si usa con loro, perche possano accrescere la loro resistenza fìsica: e a loro viene impedito l'abbandonarsi, s'intende, ad ogni sfrenatezza di passione, ad ogni incontinenza nel bere o nel prender cibo. Sopportano anche sofferenze, tormenti, fatiche d'ogni specie: ed è naturale che quanto più costoro sono abituati a tal genere di vita, tanto maggiore è la speranza dì vittoria che si può concepire su di loro. E tutte queste sofferenze l'affrontano, dice l'Apostolo, per conquistare corona di gloria terrena, e corruttibile quindi. E noi, che faremo dunque noi, che siamo per ottenere fulgore di gloria imperitura?

4. ¶ Accettiamo e riconosciamo il carcere, che ci viene inflitto, come nobile palestra per noi, perché possiamo, ormai bene abituati ad ogni sorta di patimenti, scendere nello stadio, che per noi è il tribunale. E cosa che ben si sa, |15 ormai, che la virtù trova sua forza e sua luce in una vita di dolore e di sofferenze, ma si affievolisce e vien meno in chi conduce vita inerte ed effemminata. Dal divino precetto sappiamo che lo spirito è pronto, desideroso, ma che la carne è debole e inferma. Ma non ci culliamo su questo punto, pensando che il Signore ha riconosciuto la debolezza della carne. Egli ha detto che lo spirito è pronto, desideroso, attivo, per indicare chiaramente quale dei due elementi debba esser soggetto e a chi: e disse proprio così, che la carne debba servire allo spirito; il più debole al più forte, perché da questo appunto acquisti forza ciò che è per natura più fragile e caduco. Intorno alla comune salvezza, vengano un po' a colloquio spirito e carne, non facendo alcuna considerazione sugli incomodi che possono venire dal carcere; ma avendo soltanto di mira la lotta e la battaglia che intraprendono. La carne, ecco, che temerà forse dell'asprezza dei colpi delle spade e il supplizio della croce. Vi saranno poi per essa e il furore delle fiere, il terribile strazio delle fiamme, ogni più raffinata crudeltà dei carnefici nell'applicar le torture; ma lo spirito sorga |16 incontro alla carne e a se stesso dica: Si: queste prove sono aspre e dolorose, ma tuttavia già molti ci furono che con animo sereno e tranquillo le sopportarono; anzi anche da taluni, desiderate, volute spontaneamente, e questo per amor di fama e di gloria» E non furono solamente uomini che così si comportarono, ma donne, anche! Così lo spirito parli, perché anche voi donne, o benedette, vi sappiate mantenere degne del sesso cui appartenete. ¶ Troppo per le lunghe io anderei se dovessi ricordare, uno per uno, coloro che si sono dati spontaneamente la morte. Fra le donne mi vien subito al pensiero Lucrezia, che, dopo aver sopportato offesa di violenza, sotto gli occhi dei parenti, si colpì coraggiosamente per avvolgere l'aureola della gloria intorno alla castità sua violata. Muzio Scevola dette alla fiamma la sua destra per acquistarsi fulgore di fama. E i filosofi fecero sovente qualcosa che può stare a confronto: Eraclito, che si lasciò bruciare dopo essersi coperto di stereo di bue; Empedocle, che si precipitò negli ignei abissi del M. Etna; Peregrino, che non una volta sola ascese le fiamme del rogo; e donne pure vi furono che ebbero disprezzo per gli |17 strazi della fiamma. Didone, ad esempio, per non esser costretta a nuovo vincolo di nozze dopo la morte del primo marito, da lei fatto oggetto di sincerissimo amore; e così pure possiamo ricordare la moglie di Asdrubale, che, vedendo ormai Cartagine in preda alle fiamme fatali e scorgendo il marito in atteggiamento di supplice davanti a Scipione vincitore, insieme ai figli si precipitò nelle fiamme, che distruggevano la patria sua. E che dire di Regolo? Questi, fatto prigioniero dai Cartaginesi, non avendo voluto cambiare la sua vita con quella di molti nemici della patria sua, preferì restituirsi a chi gli era ostile, e là, chiuso in una specie di botte, trafitto in tutto il suo corpo da chiodi, soffrì tutto l'inaudito tormento. Ed è ancora una donna che andò incontro, così, spontaneamente alle fiere: dico, precisamente, aspidi, serpenti, che sono più terribili assai dei tori e degli orsi. Fu costei Cleopatra, che da se, colle sue mani, li trattò e li fece strisciare sul suo corpo, piuttosto che cadere nelle mani del nemico.

¶ Ma il timore della morte non è poi tanto grande come il timore dei tormenti. Ebbene: ricordiamo quella famosa femmina ateniese, |18 che, pur conoscendo esattamente i fili della congiura ed essendo perciò, appunto, sottoposta ai tormenti dal tiranno, non pronunziò mai i nomi di coloro che facevano parte della congiura stessa; ma in ultimo ella, staccatasi con un morso la lingua, la sputa in faccia al tiranno, perché si sapesse, così, che i tormenti non avrebbero potuto nulla su di lei, anche se fossero continuati più a lungo. E non è sconosciuto neppure quello, che, presso gli Spartani, è considerato un rito di grandissima importanza: la flagellazione. In questa sacra cerimonia i giovani più nobili, dinanzi ad un altare, vengono flagellati sotto gli occhi dei genitori e dei parenti, i quali fanno opera di esortazione viva, perché essi sopportino il dolore. E sarà maggior titolo di decoro e di gloria, se piuttosto il corpo perirà sotto le sofferenze, che il loro animo emetta grido alcuno di dolore. Se dunque è pur lecito, in vista di luce di gloria terrena, richiedere tale prova di vigoria di animo e di sensi, così che essi possano mostrare la loro noncuranza per offese di armi, per strazio di fiamme, per tormenti di croce, per furore di belve, per raffinatezza di torture, e tutto questo, dico, solo col miraggio di umana lode, io posso ben dire allora che ben piccole sono le sofferenze vostre di fronte al fulgore di gloria divina e di ricompensa celeste. Se tanto si stima il vetro, in quale maggior considerazione non dovremo tenere la perla? E chi sarà mai che non voglia dare per la verità quanto altri offre volentieri per ciò che è menzogna?

5. ¶ Tralascio di dire ora di colui che è causa di tanta gloria. Queste medesime gare, in quel che sia tolleranza di tormenti, si è riscontrato come presso alcuni uomini siano state compiute o per un certo spìrito di semplice ostentazione o per una data condizione morbosa e anormale del loro spirito. Quanta gente vi è che, per un certo desiderio di far mostra di valore bellico, non compie proprio il mestiere delle armi e mette a prezzo la propria spada? E per questa loro ambizione di comparire scendono a lottare colie fiere, e più grandi sono le ferite e maggiori sono gli scempi che ricevono dal loro furore, e più essi credono di crescere in bellezza. Altri poi si riscontrano che si sono dedicati quasi a prove col fuoco, e intendono di percorrere uno spazio determinato avvolti in una tunica in |19 fiamme; altri ancora, e bisogna che abbiano davvero le spalle ben resistenti, camminano fra chi li vuol colpire con nervi di bue, O anime elette, non fu senza una ragione che il Signore permise che nel mondo tali cose avvenissero: perché noi traessimo da esse forza ed energia, perché esse parlassero a noi il linguaggio dell'esortazione più viva, e perché anche queste stesse cose servissero per confonderci quel giorno, nel quale noi temessimo di sopportare, per la verità e col miraggio della nostra salvezza, quello che altri pur s'affrettarono a patire, per ciò che era vano e bugiardo e per la loro perdizione.

6. ¶ Ma noi non vogliamo considerare questi esempi di fermezza, che derivano da una certa tendenza all'ostentazione vana. Volgiamo il pensiero nostro a quella che sia la condizione in cui ci troviamo qui sulla terra: e questo, perché noi impariamo ad affrontare con costanza e con serenità, se pur qualcosa noi dovremo sopportare, ciò che è stato sempre pur necessario soffrire anche a coloro che non l'hanno con tranquillità e con pazienza. accettato. Quanti non sono stati coloro, che le fiamme hanno divorato vivi? Quanti non |20 hanno visto la loro fine per furore di fiere o nelle selve, o anche in mezzo alle città, quando esse fuggivano talvolta dalle loro gabbie? Quanti non perirono colpiti dalle armi di assassini, e quanti i nemici non posero al supplizio della croce? E ciò dopo essere stati, magari, prima sottoposti ad ogni sorta di tormenti e coperti delle ingiurie e delle contumelie più vili? Ma non vi può essere alcuno che soffra tutto questo per un uomo, ed esiti poi ad incontrare queste stesse sofferenze per un Dio! Oh, dopo tutto, almeno questi tempi nostri ci servano di ammaestramento, e sappiamo trarre esempio da tanti che, forniti pure di autorità e dignità, sortirono una fine che mai si sarebbero potuti attendere, data la loro nobiltà di natali, le cariche e le dignità da loro ricoperte, dato il loro pieno vigore fisico, la freschezza e l'energia dell'età. E ricordiamo che tutto questo essi lo soffrirono magari per un uomo, o per mano dì lui stesso, se qualche cosa avessero osato compiere ai suoi danni, oppure dagli avversarî suoi, se avessero abbracciato le parti di lui.
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06/05/2011 13:02
 
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La versione completa dell'APOLOGETICO si trova al seguente link:

http://www.tertullian.org/italian/apologeticum.htm




INTRODUZIONE

1. - Subito dopo la morte di Cristo (avvenuta l'anno 29, 15esimo dell'impero di Tiberio), la sua religione si propagò rapidamente fuori della Giudea, per tutte le parti dell'Impero romano. L'anno 64, in cui ebbe luogo la famosa persecuzione di Nerone contro i Cristiani, essa aveva da un pezzo, come dice Tacito (Annali 15,44,5), fatto irruzione anche nell'Urbe. Cristiani esistevano in Roma al tempo di Claudio (41-54), secondo che attesta Svetonio (Claud. 25,2), il quale parla di misure repressive prese da questo imperatore contro di loro; e secondo che attestano gli Atti degli Apostoli (18,2), dove si narra di un incontro di Paolo, nel 52, a Corinto con i Cristiani Aquila e la moglie sua Priscilla, dovuti uscir di Roma in seguito all'editto dell'imperatore. Inoltre dall'epistola di Paolo ai Romani (15,24), che è del 58, si ricava che da parecchi anni esisteva in Roma una Comunità di Cristiani. Come questa Comunità sorgesse e per opera di chi, è ignoto. Quando Paolo venne a Roma nel 61, trovò Cristiani a Pozzuoli, e Cristiani dall'urbe vennero a incontrarlo a Foro Appio (Atti degli Apost. 28,14 seguenti): durante la dimora in Roma di Paolo, venne a stabilirvisi Pietro. La tradizione congiunse la morte dei due Apostoli durante la persecuzione di Nerone (DUCHESNE, Hist. ancien. de l'église, Paris, 1923, 1-64).
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06/05/2011 13:04
 
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La versione completa de "IL PALLIO"  si trova al seguente link:

http://www.tertullian.org/italian/blasone_de_pallio.htm



1.   Cittadini di Cartagine, da sempre i primi dell'Africa, nobili dall'antichità e felici nel presente, mi compiaccio che non vi manchi il tempo per potervi interessare all'abbigliamento con agio, con gusto, con discernimento. Tra gli effetti della pace e del benessere, simili oziose occupazioni vi sono elargite dal cielo e dal governo. Così sta bene. Tuttavia, il vostro abito è diverso da quello di una volta. Allora, si trattava di tuniche. Ed è vero che esse erano famose per la qualità del tessuto, per lo splendore e per l'accordo delle tinte, per le giuste proporzioni. Infatti, non eccedevano per lunghezza al di sotto dei polpacci, né erano sconvenienti essendo corte al di sopra dei ginocchi. Non erano risicate alle braccia, né strette intorno ai polsi. Senza l'invenzione di una cintura che formasse delle pieghe, esse scendevano con eqilibrio sui corpi degli uomini, squadrate e comode. Sulle spalle si adagiava il mantello del pallio, questo pure quadrato, gettato all'indietro sui due lati e fermato intorno al collo con una spilla.
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06/05/2011 13:10
 
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L'opera più nota di Tertulliano è LA PRESCRIZIONE CONTRO GLI ERETICI, che si trova in forma integrale al seguente link:



http://www.tertullian.org/italian/de_praescriptione_haereticorum.htm



Cogli eretici noi non possiamo nè dobbiamo entrare in rapporto alcuno: essi brancolano nel buio, fra l'incertezza, la stranezza delle loro dottrine e non sono stati affatto capaci di fissare alcun principio di fede: e il bello è che nelle alterazioni e nelle correzioni che apportano alla sacra dottrina, essi hanno il |xxiv coraggio di portare, come sostegno, la testimonianza dei Sacri Libri: oh, ma a loro non è lecito servirsene per scopi particolari di interpretazione e di falsificazione: nessun diritto possono avere sui Libri Sacri, che sono possesso e vanto unicamente della Chiesa Cattolica. Cristo ha predicato una Sua dottrina e gli Apostoli ne sono siati i depositarî: sono essi che hanno fondato le prime Chiese e da queste, in una fioritura magnifica, si è andata formando la grande Famiglia Cristiana: e si dicono Chiese Apostoliche, perchè dagli Apostoli traggono direttamente la loro origine o ad essi indirettamente si ricongiungono: e sono queste le depositane della dottrina vera, che è la rivelazione fatta agli Apostoli da Gesù Cristo: interroghiamo dunque la vera tradizione ecclesiastica, che riporta la dottrina di Cristo per bocca degli Apostoli e saremo nella verità: il resto è falso: "La nostra credenza è quella stessa della primitiva Chiesa Apostolica, matrice e sorgente della fede: ecco la testimonianza della verità,,. Dicono gli eretici che non è integra la conoscenza che ebbero gli Apostolì della dottrina, del Cristo, o se questa pure sia completa, che essi non hanno tramandato ai posteri per intero |xxv quanto era a conoscenza loro; ciò è falso; l'unità, l'armonia assoluta di tutte le comunità ecclesiastiche su un medesimo simbolo di fede, dimostra la luce della verità: nel campo dell'errore esiste differenza e scisma; la verità rifulge sempre nella piena, organicità assoluta della sua dottrina: la verità evangelica, secondo la dottrina tramandata dagli Apostoli, è stata poi guastata dalle dottrine eretìche che sono seguite e su di essa si sono innestate, falsificandola poi e adulterandola in ogni modo. Eppoi, hanno forse l'eresie la pretesa di vantare una tradizione apostolica? di risalire fino ad essa? ebbene, ci dicano il nome dei loro vescovi e provino come il primo di essi si ricongiunga alla luce Apostolica direttamente: siamo noi, non loro, che possiamo far ciò: Giovanni prepose; ad esempio, come vescovo alla Chiesa di Smirne, Policarpo; e Pietro elevò al seggio episcopale di Roma, Clemente: gli eretici può essere pur vero che possano vantare precursori che risalgano all'epoca Apostolica, ma furono proprio coloro che cominciarono a spacciare dottrine che gli stessi Apostoli condannarono. Così noi possiamo, lungi da ogni dubbio d'errore, stabilire che l'eresie non |xxvi possono risalire all'età Apostolica, ma sono ad essa posteriori; oppure che, se risalgono fin là, esse ebbero dagli Apostoli stessi la loro condanna, per le aberrazioni cui si abbandonavano, nei rispetti della più perfetta dottrina.

Dunque, solo la Chiesa ha l'assoluto possesso delle Scritture, alle quali gli eretici non possono in alcun modo ricorrere o attingere.

Passiamo poi a considerare tutto il modo di vivere e di procedere degli eretici, e scorgeremo facilmente che, mentre fra i Cristiani tutto è ordine, è armonia, è concordia, è unità, dall'altra parte regnano la discordia più assoluta, la contradizione, il capriccio, il dissenso; tutto nel campo loro è falsità e alterazione d'ogni più sano, più puro, più saldo principio di fede. Manca fra loro ogni disciplina, ogni spirito di organizzazione; ogni regola circa le diverse cariche e attribuzioni. Il punto più strano degli eretici è il sistema che costoro seguono nella predicazione, colla quale, invece di perseguire lo scopo di convertire i pagani, cercano di deviare dalla retta via i seguaci della vera fede: è un'opera negativa, deleteria che essi compiono, |xxvii propria, appunto di chi, non adendo nulla di proprio da potere saldamente affermare, tutto poi fa consistere nello scalzare il fondamento della credenza vera. 

Scismi presso gli eretici si può dire che non esistano, perchè il carattere della loro dottrina è lo scisma di per sè stesso, in quanto, nella mancanza assoluta di unità, è un dissenso continuo; ciascuno pensa a capriccio suo, modificando la credenza di colui che ha tramandato quella medesima: tutto dunque è arbitrio e licenza presso gli eretici, dai quali si deve star lontani e seguire, nella purità dell'animo nostro, il più saldo, severo principio di fede, avendo rocchio a quel momento nel quale, dinanzi alla figura di Cristo giudicante, dovremo dar conto della fede nostra e di come abbiamo saputo serbare nell'anima la fiamma vivificatrice e animatrice d'ogni migliore energia.

di   G. MAZZONI

 

 

 



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POTRESTE AVERE DIECIMILA MAESTRI IN CRISTO, MA NON CERTO MOLTI PADRI, PERCHE' SONO IO CHE VI HO GENERATO IN CRISTO GESU', MEDIANTE IL VANGELO. (1Cor. 4,15 .
 
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