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ABIOGENESI

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2023 18:42
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18/02/2017 12:45
 
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L’abiogenesi e la debole tesi sull’origine casuale della vita



giulio dante guerra Il nuovo libro di Giulio Dante Guerra, chimico dei biomateriali e ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), intitolato L’origine della vita (D’ettoris Editori 2016), risulta essere una sintesi ben documentata della debolezza delle ipotesi che asseriscono la nascita della vita come dovuta al “caso”.


Nell’introduzione, Guerra afferma che «per quanto riguarda l’origine della vita, si può dire che con certezza si sa che essa è stata assente dal nostro pianeta per lunghe ere geologiche, e che a un certo momento ha cominciato ad esistere. Qui cercherò di dimostrare che ciò non è avvenuto per puro caso». Inizialmente l’autore prende in considerazione le diverse teorie che hanno sostenuto la nascita della vita dalla “non vita” e che sono alla base della teoria dell’evoluzione. Mentre quelle più antiche ritenevano causa di questa nascita le “influenze astrali”, quelle più moderne non adducono ad essa alcuna causa. Queste ultime sono sorte nell’Ottocento illuminista e considerate una necessità alla base del materialismo.


L’autore si interessa del pensiero di Jacques Monod, espresso nel famoso Il Caso e la Necessità, evidenziando il fatto che il biologo francese parte da un assioma, come tale non dimostrato e non dimostrabile, secondo il quale “non esiste un progetto”, mettendone in luce così il carattere non scientifico e non filosofico. Il pensiero contemporaneo è permeato dalla stessa impostazione e l’assioma è diventato automaticamente certezza scientifica.


Il chimico Dante Guerra spiega che per quanto riguarda la nascita spontanea della vita, «l’atteggiamento moderno non è cambiato, è stata variata solo la semantica usando parole più sofisticate tipo “abiogenesi” e si è retrodatata questa “nascita” a lontanissime ere geologiche con supposte condizioni ambientali non verificate e non verificabili ma “ricostruibili in laboratorio” in cui sarebbe potuto avvenire quello che oggi è impossibile». E’ così che l’autore passa ad una analisi del famoso esperimento di Miller e di quelli seguenti che ad esso si sono ispirati, mettendone in evidenza il punto debole, cioè l’ipotesi non provata della composizione dell’atmosfera primordiale e il fatto che i prodotti ottenuti sono solo degli aminoacidi i quali, essendo solamente parti di complesse strutture chiamate proteine, tutto si possono ritenere fuorché “vita”. «Il passaggio dagli aminoacidi, che avrebbero dovuto interagire tra loro per formare polisaccaridi, polipeptidi, poi proteine, poi polinucleotidi e poi acidi nucleici, che messi assieme avrebbero dovuto formare i primi organismi, appare talmente complicato e improbabile che il sostenere che sia avvenuto per “caso” sembra più un atto di fede che una seria supposizione scientifica».


Una delle più grandi difficoltà nella costruzione di queste strutture organiche è la “chiralità” della maggior parte delle sostanze di origine biologica, dovuta alla dissimmetria sferica delle molecole. Parecchie di queste molecole possono cioè esistere in due versioni simili ma non non equivalenti, come lo sono la mano destra e la mano sinistra. L’origine di questa asimmetria è ancora avvolta nel mistero e visto che la composizione dell’atmosfera terrestre primitiva non poteva portare a ciò,  alcuni hanno proposto l’origine extraterrestre della vita, spostando il problema sugli altri pianeti dove si sarebbero potute avere condizioni diverse da quelle presenti sulla Terra.


Un altro problema evidenziato dal chimico italiano è che la sequenza degli aminoacidi per formare le proteine, come pure la sequenza delle basi negli acidi nucleici, è tutt’altro che casuale. Infatti, è evidente un contenuto di informazione in tali sequenze e -sostengo io-, il caso per definizione non può creare informazione. Inoltre, anche la sequenza del codice genetico «non può essere casuale perché deve rispondere a precise funzioni biologiche». Tale codice è pressoché universale e il problema consiste proprio nella sua origine e quella del suo codice di traduzione, con un meccanismo attuato solo dai composti codificati dallo stesso DNA: ciò appare come una clamorosa autoasserzione del detto “omne vivum ex ovo”, come ammise lo stesso Monod definendolo un “enigma”.


Prendendo in considerazione le teorie dell’origine della vita alternative rispetto a quelle che postulano il “brodo primordiale”, viene citata quella del biologo italiano Marcello Barbieri, detta “la teoria semantica dell’evoluzione” e criticata da molti perché evocherebbe «un fantasma di Progetto». Barbieri ha individuato una terza realtà presente nei sistemi biologici oltre alle due comunemente accettate: oltre alla chimica, tipica delle proteine, e l’informazione, tipica del DNA, anche “il significato”, tipico del codice genetico. Soltanto questo permetterebbe di trasferire alle proteine l’informazione del DNA. Tale teoria, seppur anch’essa abiogenetica, invoca come “causa” dei processi non il caso di Monod ma la necessità, cioè una struttura matematica anteriore e lo sviluppo della vita come conseguenza necessaria dalle leggi di questa struttura.


Dante Guerra non manca di analizzare i molteplici tentativi di creare in laboratorio la vita artificiale, sottolineando che, per quanto sofisticate potessero essere le procedure, non si mai riusciti a non usare parti vitali già esistenti, inoltre con risultati abbastanza deludenti. Si è finora trattato, quando c’è stato un minimo successo, di creazione di OGM, ben lontani quindi dalle caratteristiche che dovrebbe possedere una vera “vita artificiale”.  L’ultimo capitolo si apre con l’affermazione di San Tommaso, per il quale “l’ordine non può nascere dal caos”. Se nella fisica dei sistemi caotici si è visto che possono nascere degli stati di ordine, in biologia -spiega l’autore- “ordine” va inteso «non come una semplice aggregazione di molecole e macromolecole ma l’esistenza di una forma organizzatrice, l’essere vivente, che costruisce e ordina queste molecole secondo un progetto strutturale; è un sistema cibernetico dotato di un grado di informazione superiore a quello delle singole parti che lo compongono». Il biofisico Michael Polanyi aveva un concetto chiaro di questo problema nel momento in cui diceva: «quando affermo che la vita trascende la fisica e la chimica intendo dire che la biologia non può spiegare la vita in termini di semplici azioni di leggi fisiche e chimiche. Un libro o qualunque altro oggetto recante un modello che comunica informazione, è irriducibile nella sua essenza alla fisica o alla chimica. Ne segue che dobbiamo rifiutarci di considerare lo schema attraverso il quale il DNA diffonde informazione come parte delle sue proprietà chimiche».


Dante Guerra critica comunque anche le teorie creazioniste in quanto troppo legate ad una interpretazione letterale della Bibbia. L’Intelligent Design, concetto elaborato dal biochimico statunitense Michael Behe, non fa queste considerazioni temporali anche se riceve le stesse critiche da parte degli antisoprannaturalisti. In ogni caso la complessità degli organismi viventi è così evidente che ultimamente anche alcuni “abiogenisti” stanno attuando lo stesso cambiamento nella semantica, parlando di “teleonomia” e reintroducendo con un altro termine la ‘finalità’, oppure di “informazione funzionale” invece di complessità irriducibile.  L’autore ritiene che il dibattito sull’origine della vita è uscito dall’ambito scientifico per entrare in quello filosofico, sostenendo che il preconcetto antisoprannaturalistico del mondo accademico ha in più casi tagliato le gambe a valenti ricercatori che si sono discostati anche se di poco da tale impostazione.


La conclusione del chimico Dante Guerra è questa: «Le condizioni postulate dagli stessi abiogenisti, per un qualsiasi meccanismo ‘plausibile’ di passaggio dall’inorganico al biologico, sono talmente specifiche, che invocare il puro “caso” come “causa”, o meglio “non-causa” del loro verificarsi, è una offesa al buon senso e alla logica più elementare». Il libro risulta interessante anche se per poterlo apprezzare pienamente richiede alcune conoscenze di chimica organica e di biologia. A mio avviso risulta una sintesi molto valida ed esaustiva dei risultati finora ottenuti, dei dubbi non risolti e delle difficoltà in cui si trova la teoria dell’origine casuale della vita. L’autore riesce a destreggiarsi con sicurezza tra numerosissimi articoli scientifici, manifesta spirito critico, una buona preparazione e fornisce, fra l’altro, una notevole bibliografia.


Salvatore Canto



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