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SCRITTI PATRISTICI PER LA LITURGIA FESTIVA (anno A)

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2017 10:21
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12/05/2011 08:52
 
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IV DOMENICA DI PASQUA


Letture: Atti 2,14a.36-41   1 Pietro 2,20b-25       Giovanni 10,1-10

1. Gesù è la porta

"In verità, in verità vi dico, chi non entra per la porta nell`ovile delle pecore, ma vi sale da qualche altra parte, è ladro e malandrino" (Gv 10,1).

Essi avevano detto di non essere ciechi: e in effetti avrebbero potuto vedere, se fossero stati pecore di Cristo. Ma come potevano pretendere di avere la luce, coloro che si scagliavano con furore contro il giorno? E` proprio alla loro vana, superba e incurabile arroganza, che il Signore oppone questo discorso, nel quale noi possiamo trovare, se staremo attenti, salutari insegnamenti. Sono molti infatti coloro che ordinariamente sono considerati uomini dabbene, uomini virtuosi, oppure donne irreprensibili e innocenti. Essi sembrano osservare tutti i comandamenti della legge, onorano i loro genitori, non commettono fornicazione, né omicidio, né furto, non rendono contro nessuno falsa testimonianza, e rispettano tutti gli altri precetti della legge e tuttavia cristiani non sono, e spesso con fierezza ci dicono, come quei farisei a Gesú: "Forse che anche noi siamo ciechi?" (Gv 9,40).

Il Signore, nel passo del Vangelo che ci è stato letto oggi, parlando del suo gregge e della porta per cui si entra nell`ovile, suggerisce un paragone, per dimostrare la inutilità delle cose che fanno costoro, in quanto essi non sanno per qual fine le compiono. Dicano pure i pagani: Noi viviamo rettamente. Se non entrano per la porta, a che giova loro gloriarsene? Vivere rettamente deve assicurare a ciascuno il dono di vivere per sempre: e a chi non è dato di vivere per sempre, a che giova vivere rettamente? Costoro non possono neppure affermare di vivere nel bene, se per cecità non conoscono il fine che deve avere una vita onesta, oppure per orgoglio lo disprezzano. E nessuno può avere speranza vera e certa di vivere in eterno, se non riconosce che Cristo è la vita, e non entra per la porta nell`ovile...

Avete capito fratelli la profondità di tale qucstione. Io dico: "Il Signore conosce i suoi" (2Tm 2,19). Li conosce nella sua prescienza, conosce i predestinati. E` di Dio che l`Apostolo dice: "Quelli che ha distinti nella sua prescienza, li ha anche predestinati a essere conformi all`immagine del Figlio suo, affnché egli sia il primogenito tra molti fratelli. Coloro poi che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificati li ha anche glorificati. Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?" (Rm 8,29-31). E aggiunge anche: "Lui che neppure risparmiò il suo Figlio, ma lo diede per tutti noi, come non ci accorderà ogni altra cosa insieme con lui?" (Rm 8,32).

Di chi parla dicendo: noi? Parla di quelli che Dio ha conosciuti nella sua prescienza, dei predestinati, dei giustificati, dei glorificati, e di questi ancora dice: "Chi accuserà gli eletti di Dio?" (Rm 8,33). Dunque «il Signore conosce i suoi»: essi sono pecore. Qualche volta neppure essi sanno di esserlo, ma lo sa il pastore, in forza di questa predestinazione, in forza della prescienza di Dio, della scelta fatta tra le pecore prima della creazione del mondo, secondo quanto ancora dice l`Apostolo: "come in lui prima della fondazione del mondo ci ha eletti" (Ef 1,4). Secondo questa prescienza e predestinazione di Dio, quante pecore fuori e quanti lupi dentro l`ovile! Cosí come ci sono pecore dentro e lupi fuori. Cosa vuol dire che ci sono molte pecore fuori? Vuol dire che molti, che ora sono preda della lussuria, saranno casti; molti, che ora bestemmiano Cristo, crederanno in Cristo; molti, che si ubriacano, saranno sobri; molti, che oggi rubano i beni altrui, doneranno i propri! Ma, purtuttavia, ora ascoltano la voce estranea, e la seguono.

Ugualmente, molti che oggi dentro l`ovile levano lodi al Signore, lo bestemmieranno, sono casti e saranno fornicatori, sono sobri, e poi affogheranno nel vino, stanno in piedi e cadranno!...

Ma che diremo del mercenario? Egli non è certo considerato tra i buoni: "Il buon pastore dà la sua anima per le pecore. Il mercenario, che non è il pastore, e che non è proprietario delle pecore, vede venire il lupo e abbandona le pecore e fugge; e il lupo rapisce e disperde le pecore" (Gv 10,11-12).

Il mercenario non fa qui la figura dell`uomo dabbene, ma tuttavia a qualcosa è utile: non si chiamerebbe mercenario se non ricevesse una mercede da chi lo ha assunto. Chi è dunque questo mercenario, che è insieme colpevole e utile? Che il Signore, fratelli, ci illumini, in modo che noi si intenda chi è questo mercenario, e non si divenga a nostra volta mercenari. Chi è dunque il mercenario? Vi sono alcuni nella Chiesa che sono preposti in autorità, e di cui l`apostolo Paolo dice: "Cercano gli interessi loro e non quelli di Cristo" (Fil 2,21). Che vuol dire: «cercano i loro interessi»? Vuol dire che il loro amore per Cristo non è disinteressato, non cercano Dio per Dio; cercano vantaggi e comodità temporali, sono avidi di denaro, desiderano gli onori terreni. Costoro che amano queste cose e per esse servono Dio, sono dei mercenari; non si tengano in conto di figli. Di essi il Signore dice: "In verità, vi dico che essi hanno già ricevuto la loro ricompensa" (Mt 6,5)...

Ascoltate ora perché anche i mercenari sono necessari.

Molti sono coloro che nella Chiesa cercano vantaggi materiali, e tuttavia annunziano Cristo e per loro mezzo la voce di Cristo si fa sentire. Li seguono le pecore, che sentono non la voce del mercenario, ma per mezzo di questa la voce del pastore. Ascoltate cosa dice lo stesso Signore di costoro: "Gli scribi e i farisei sono seduti sulla cattedra di Mosè: fate ciò che dicono, ma non fate ciò che fanno" (Mt 23,2). In altre parole, egli dice: Ascoltate la voce del pastore per mezzo del mercenario. Sedendo sulla cattedra di Mosè, insegnano la legge di Dio; quindi per loro mezzo Dio insegna. Ma se essi vogliono insegnare le loro idee e non la Legge, non ascoltateli e non imitateli. Certamente costoro cercano i loro interessi, e non quelli di Gesú Cristo; tuttavia nessun mercenario ha mai osato dire al popolo di Cristo: occupati dei tuoi interessi e non di quelli del Signore. Quanto egli fa di male, non lo annunzia dalla cattedra di Cristo; il male che fa è nocivo certamente, ma non lo è il bene che dice. Cogli l`uva, ma stai attento alle spine.


(Agostino, In Ioan. 45, 2.12; 46, 5 s.)



2. Il Logos salvatore, pastore, pedagogo


Le persone in buona salute non hanno bisogno del medico (cf. Mt 9,12 e parall.), almeno finché stanno bene; i malati al contrario richiedono la sua arte. Allo stesso modo, noi che in questa vita siamo malati di desideri riprovevoli, di intemperanze biasimevoli, di tutte le altre infiammazioni delle nostre passioni, abbiamo bisogno del Salvatore. Egli ci applica dolci medicamenti, ma del pari amari rimedi: le radici amare del timore bloccano le ulcere dei peccati. Ecco perché il timore, anche se amaro, è salutare.

Dunque noi, i malati, abbiamo bisogno del Salvatore; gli smarriti, di colui che ci guiderà; i ciechi, di colui che ci darà la vista; gli assetati, della sorgente di acqua viva, e coloro che ne berranno non avranno piú sete (cf.-Gv 4,14); i morti, abbiamo bisogno della vita; il gregge, del pastore; i bambini, del pedagogo; e tutta l`umanità ha bisogno di Gesú: per paura che, senza educazione, peccatori, cadiamo nella condanna finale; è necessario, al contrario, che siamo separati dalla paglia ed ammassati "nel granaio" del Padre. "Il ventilabro è nella mano" del Signore e con esso separa il grano dalla pula destinata al fuoco (cf. Mt 3,12).

1) Se volete, Possiamo comprendere la suprema sapienza del santissimo Pastore e Pedagogo, che è il Signore di tutto e il Logos del Padre, quando impiega un`allegoria e si dà il nome di pastore del gregge (cf. Gv 10,2s); ma è anche il Pedagogo dei piccolini.

2) E` cosí che egli si rivolge diffusamente agli anziani, attraverso Ezechiele, e dà loro il salutare esempio di una sollecitudine quanto mai accorta: "Io medicherò colui che è zoppo e guarirò colui che è oppresso; ricondurrò lo smarrito (Ez 34,16) e lo farò pascolare sul mio monte santo" (Ez 34,14). Tale è la promessa di un buon pastore. Facci pascere, noi piccolini, come un gregge;

3) sí, o Signore, dacci con ahbondanza il tuo pascolo, che è la giustizia; sí, Pedagogo, sii nostro pastore fino al tuo monte santo, fino alla Chiesa che si eleva, che domina le nubi, che tocca i cieli! (cf. Sal 14,1; Ap 21,2). "E io sarò", egli dice, "loro pastore e starò loro vicino" (Ez 34,23), come tunica sulla loro pelle. Egli vuole salvare la mia carne, rivestendola con la tunica dell`incorruttibilità (cf. 1Cor 15,53); ed ha unto la mia pelle.


(Clemente di Aless., Paedagogus, 83, 2 - 84, 3)



3. Le porte del Logos


Quanto a voi, se desiderate davvero vedere Dio, prendete parte a cerimonie di purificazione degne di Dio, senza foglie di lauro, né nastri ornati di lana e di porpora; essendovi coronati di giustizia e con la fronte cinta delle foglie della continenza, occupatevi con cura di Cristo; poiché "io sono la porta" (Gv 10,9), dice egli in un certo passo; porta che occorre imparare a conoscere, se si vuol conoscere Dio, in modo tale che egli apra davanti a noi tutte le porte del cielo.

Sono infatti ragionevoli, le porte del Logos, che la chiave della fede ci apre: "Nessuno conosce Dio, se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo ha rivelato" (Mt 11,27). Questa porta chiusa fino ad ora, ne sono sícuro, rivela inoltre a chi la apre ciò che sta all`interno e mostra quel che non si poteva conoscere in precedenza, senza essere passati per il Cristo, unico intermediario che conferisce l`iniziazione rivelatrice di Dio.


(Clemente di Aless., Protrepticon, I, 10, 2-3)


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