È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva

SCRITTI PATRISTICI PER LA LITURGIA FESTIVA (anno A)

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2017 10:21
Autore
Stampa | Notifica email    
01/05/2011 08:34
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

II DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 2,42-47

1 Pietro 1,3-9

Giovanni 20,19-31


1. L`autorità conferita ai sacerdoti

Se qualcuno riflettesse cosa è mai per chi è ancor uomo e circondato di carne e sangue poter star cosí vicino a quella natura beata e illibata, potrebbe vedere bene quale onore la grazia dello Spirito ha fatto ai sacerdoti. Per opera loro, infatti, si compiono questi misteri - e altri non inferiori -: per la loro dignità e la nostra salvezza. Ad uomini che vivono sulla terra, che hanno quaggiú la loro dimora, è stata affidata l`amministrazione dei tesori celesti ed è stato dato un potere che Dio non ha concesso né agli angeli né agli arcangeli. Mai infatti ha detto loro: "Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo; e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo" (Mt 18,18). Certo, anche i dominatori sulla terra hanno il potere di legare, ma solo i corpi; quest`altro vincolo invece tocca l`anima stessa e trascende i cieli: quello che i sacerdoti compiono quaggiú, Iddio lo conferma lassú. Il Padrone convalida la decisione dello schiavo. Che altro infatti gli ha dato se non tutto il potere del cielo? Infatti: "A coloro cui rimetterete i peccati, saranno rimessi; e a coloro cui non li rimetterete, non saranno rimessi" (Gv 20,23). Quale potere sarà maggiore di questo? Il Padre ha dato ai Figlio ogni decisione (cf.Gv 5,22): ma vedo che il Figlio l`ha concessa ai sacerdoti. Come se già fossero stati accolti nel cielo e avessero superata l`umana natura e fossero liberati dalle nostre passioni, a tanto potere sono stati elevati.

Inoltre, se un imperatore concedesse a qualcuno dei suoi sudditi questo onore: cacciare in prigione chi vuole o di liberarne chi vuole, tutti ammirerebbero e rispetterebbero quel tale; ma colui che ha ricevuto da Dio un potere tanto maggiore, quanto il cielo è piú augusto della terra e quanto l`anima lo è del corpo, sembrerà forse ad alcuni che abbia ricevuto un piccolo onore, tanto da ritenere di poter disprezzare lui, cui è stato affidato questo dono? Ma è una pazzia! E una pazzia conclamata disprezzare questa autorità, senza di cui non ci è possibile raggiungere né la salvezza né i beni promessi.


(Giovanni Crisostomo, De sacerd. 3, 5)



2. L`unità della Chiesa


Il Signore dice a Pietro: "Io ti dico: tu sei Pietro, e sopra qnesta pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell`inferno non prevarranno contro di essa. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli ciò che tu legherai sulla terra, sarà legato anche in cielo, e ciò che tu scioglierai sulla terra, sarà sciolto anche in cielo" (Mt 16,18s). Su uno solo egli edifica la Chiesa, quantunque a tutti gli apostoli, dopo la sua Risurrezione, abbia donato uguali poteri dicendo: "Come il Padre ha mandato me, cosí io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo! A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, e a chi li riterrete, saranno ritenuti" (Gv 20,21-23). Tuttavia, per manifestare l`unità, costituí una cattedra sola, e dispose con la sua parola autoritativa che il principio di questa unità derivasse da uno solo. Quello che era Pietro, certo, lo erano anche gli altri apostoli: egualmente partecipi all`onore e al potere; ma l`esordio procede dall`unità, affinché la fede di Cristo si dimostri unica. E a quest`unica Chiesa di Cristo allude lo Spirito Santo nel Cantico dei Cantici quando, nella persona del Signore, dice: "Unica è la colomba mia, la perfetta mia, unica di sua madre, la prediletta della sua genitrice" (Ct 6,9). Chi non conserva quest`unità della Chiesa, crede forse di conservare la fede? Chi si oppone e resiste alla Chiesa, confida forse di essere nella Chiesa? Eppure è anche il beato apostolo Paolo che lo insegna, e svela il sacro mistero dell`unità dicendo: "Un solo corpo e un solo spirito, una sola speranza della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio" (Ef 4,4-6).

Quest`unità dobbiamo conservare salda e difendere soprattutto noi, vescovi, che nella Chiesa presidiamo, dimostrando cosí che lo stesso nostro episcopato è unico e indiviso. Nessuno inganni i fratelli con la menzogna, nessuno corrompa la loro fede nella verità con perfida prevaricazione! L`episcopato è unico, e i singoli ne possiedono ciascuno una parte, ma «in solido». Anche la Chiesa è unica, e si propaga in una moltitudine vastissima per la sua feconda prolificità, proprio come i raggi del sole sono molti, ma lo splendore è unico, i rami degli alberi sono molti, ma unico è il tronco saldamente attaccato alla radice, e come dalla sorgente unica defluiscono molti ruscelli e quantunque sembri che una numerosa copia di acqua largamente si diffonda tuttavia essa conserva alla sua origine l`unità. Dalla massa dei sole togli un raggio: l`unità della luce non ammette divisione; dall`albero stacca un ramo: il ramo non potrà piú germogliare; dalla fonte isola un ruscello: questo subito seccherà.

Cosí, anche la Chiesa del Signore diffonde luce per tutta la terra, dappertutto fa giungere i suoi raggi; tuttavia unico è lo splendore che dappertutto essa diffonde, né si scinde l`unità del corpo. Estende i suoi rami frondosi per tutta la terra riversa in ogni direzione le sue acque in piena, ma unico è il principio unica è l`origine, unica è la madre ricca di frutti e feconda. Dal suo grembo nasciamo, dal suo latte siamo nutriti, dal suo Spirito siamo vivificati.


(Cipriano di Cartagine, De Eccl. unitate, 4-5)



3. Comunione d`amore tra Cristo e i discepoli


[Gesú] disse loro: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch`io mando voi" (Gv 20,21). Cioè, come il Padre, che è Dio, ha mandato me, anch`io, che sono uomo, mando voi che siete uomini. Il Padre mandò il Figlio, quando stabilí che egli s`incarnasse per la redenzione del genere umano. Egli volle che il Figlio venisse nel mondo a patire, e tuttavia, pur mandandolo a patire, lo amava. Cosí, il Signore manda gli apostoli che si è scelto non a godere del mondo, ma, come fu mandato lui stesso, a patire nel mondo. Poiché il Figlio è amato dal Padre, pur essendo mandato a patire, cosí anche i discepoli sono amati dal Signore, pur essendo mandati a patire nel mondo. Per questo, è detto: "Come il Padre ha mandato me, anch`io mando voi"; cioè: Quando vi mando tra gli scandali dei persecutori, vi amo di quello stesso amore con il quale il Padre ama me, pur inviandovi a sopportare tante sofferenze.


(Gregorio Magno, Hom. 26, 2)



4. Tommaso, modello di fede per noi


"Ma Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesú" (Gv 20,24). Questo discepolo fu l`unico assente; al suo ritorno sentí ciò che era avvenuto, ma non volle credere a quel che aveva udito. Il Signore ritornò e presentò al discepolo incredulo il costato perché lo toccasse, mostrò le mani e, facendo vedere le cicatrici delle sue ferite, sanò la ferita della sua infedeltà. Cosa, fratelli carissimi, cosa notate in tutto ciò? Credete dovuto a un caso che quel discepolo fosse allora assente, e poi tornando udisse, e udendo dubitasse, e dubitando toccasse, e toccando credesse? Non a caso ciò avvenne, ma per divina disposizione. La divina clemenza mirabilmente stabilí che quel discepolo incredulo, mentre toccava le ferite nella carne del suo Maestro, sanasse a noi le ferite dell`infedeltà. A noi infatti giova piú l`incredulità di Tommaso che non la fede dei discepoli credenti perché mentre egli, toccando con mano, ritorna alla fede, l`anima nostra, lasciando da parte ogni dubbio si consolida nella fede. Certo, il Signore permise che il discepolo dubitasse dopo la sua risurrezione, e tuttavia non lo abbandonò nel dubbio... Cosí il discepolo che dubita e tocca con mano, diventa testimone della vera risurrezione, come lo sposo della Madre (del Signore) era stato custode della perfettissima verginità.

[Tommaso] toccò, ed esclamò: "Mio Signore e mio Dio! Gesú gli disse: Perché mi hai veduto, Tommaso, hai creduto" (Gv 20,28-29). Quando l`apostolo Paolo dice: "La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (Eb 11,1), parla chiaramente, perché la fede è prova di quelle cose che non si possono vedere. Infatti delle cose che si vedono non si ha fede, ma conoscenza (naturale). Dal momento però che Tommaso vide e toccò, perché gli viene detto: "Perché mi hai veduto, hai creduto?" Ma altro vide, altro credette. Da un uomo mortale certo la divinità non può essere vista. Egli vide dunque l`uomo, e confessò che era Dio, dicendo: "Mio Signore e mio Dio"! Vedendo dunque credette, lui che considerando (Gesú) un vero uomo, ne proclamò la divinità che non aveva potuto vedere.

Riempie di gioia ciò che segue: "Beati quelli che non hanno visto, e hanno creduto" (Gv 20,29). Senza dubbio in queste parole siamo indicati in special modo noi che non lo abbiamo veduto nella carne ma lo riteniamo nell`anima. Siamo indicati noi, purché accompagniamo con le opere la nostra fede. Crede veramente colui che pratica con le opere quello che crede. Al contrario, per quelli che hanno la fede soltanto di nome, Paolo afferma: "Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti" (Tt 1,16). E Giacomo aggiunge: "La fede senza le opere è morta" (Gc 2,26).


(Gregorio Magno, Hom. 26, 7-9)

24

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 05:41. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com