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SCRITTI PATRISTICI PER LA LITURGIA FESTIVA (anno A)

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2017 10:21
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05/04/2011 09:04
 
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I DOMENICA DI OUARESIMA

Letture: Genesi 2,7-9; 3,1-7
Romani 5,12-19
Matteo 4,1-11

1. Le tentazioni del Redentore

Non era indegno del nostro Redentore il voler essere tentato, lui che ;era venuto per essere ucciso. Era anzi giusto che vincesse le nostre tentazioni con le sue tentazioni, dato che era venuto a vincere la nostra morte con la sua morte. Ma dobbiamo sapere che la tentazione passa per tre stadi: la suggestione, la dilettazione e il consenso. Noi, quando siamo tentati, cadiamo per lo più nella dilettazione o addirittura nel consenso, perchè siamo nati da una carne di peccato e portiamo in noi stessi ciò che ci muove tante battaglie. Ma Dio, che s`incarnò nel grembo della Vergine, venne nel mondo senza peccato e non provò in sè alcuna contraddizione. Egli poté dunque essere tentato per suggestione, ma l`anima sua non provò la compiacenza del peccato. Pertanto tutta quella tentazione diabolica fu all`esterno, non all`interno.
Ma se guardiamo l`ordine secondo cui fu tentato, capiremo quanto bene noi siamo stati liberati dalla tentazione. L`antico avversario si rivolse contro il primo Adamo, nostro padre, con tre tentazioni, poich‚ lo tentò di gola, di vanagloria e di avarizia; ma tentandolo lo vinse, perchè lo sottomise a sé mediante il consenso. Lo tentò di gola quando gli mostrò il frutto delI`albero proibito, perchè ne mangiasse. Lo tentò poi di vanagloria quando disse: "Sarete simili a Dio" (Gen 3,5). Lo tentò di avarizia quando disse: "Conoscerete il bene e il male". L`avarizia infatti non riguarda soltanto il denaro, ma anche gli onori. Giustamente si dice avarizia il desiderio smodato di stare in alto. Se il carpire onori non appartenesse all`avarizia, Paolo non direbbe, riguardo al Figlio unigenito di Dio: "Non stimò una rapina la sua uguaglianza con Dio" (Fil 2,6). In ciò poi il diavolo attrasse il nostro padre alla superbia, poichè lo spinse a quel tipo di avarizia che è il desiderio di eccellere.
Ma con quegli stessi mezzi coi quali abbatt‚ il primo Adamo, fu vinto dal secondo Adamo da lui tentato. [Il diavolo] lo tenta infatti nella gola quando dice: "Comanda che queste pietre diventino pane". Lo tenta di vanagloria quando dice: Se tu sei figlio di Dio, gettati di sotto. Lo tenta con l`avarizia degli onori quando mostra tutti i regni del mondo, dicendo: "Tutto io ti darò, se ti prostri e mi adori". Ma è vinto dal secondo Adamo proprio con quei mezzi coi quali si vantava di aver vinto il primo, così da uscire dai nostri cuori, scornato, passando per quella stessa strada per la quale si era introdotto, per dominarci. Ma c`è un`altra cosa, fratelli carissimi, che dobbiamo considerare in questa tentazione del Signore; tentato dal diavolo, il Signore risponde con i precetti della Sacra Scrittura, e colui che, essendo quella Parola, poteva cacciare il tentatore nell`abisso, non mostrò la virtù della sua potenza ma soltanto ripeté i divini comandi della Scrittura, per darci così l`esempio della sua pazienza; di modo che, tutte le volte che soffriamo a causa di uomini malvagi, siamo portati a rispondere con la dottrina piuttosto che con la vendetta. Pensate quanto è grande la pazienza di Dio e quanto è grande la nostra impazienza! Noi, se siamo provocati con qualche ingiuria o con qualche offesa, ci infuriamo e ci vendichiamo quanto possiamo, o minacciamo ciò che non possiamo fare. Invece il Signore sperimentò l`avversità del diavolo e non gli rispose se non con parole di mitezza. Sopportò colui che poteva punire, affinchè gli tornasse a maggior gloria il fatto di aver vinto il nemico non annientandolo, ma bensì sopportandolo.
Bisogna fare attenzione a quello che segue, che cioè gli angeli lo servivano dopo che il diavolo se ne fu andato. Cos`altro si ricava da ciò se non la duplice natura nell`unità della persona? E` un uomo, infatti, colui che il diavolo tenta, ma è anche Dio colui cheè servito dagli angeli. Riconosciamo dunque in lui la nostra natura, in quanto se il diavolo non l`avesse conosciuto uomo, non l`avrebbe tentato, adoriamo in lui la divinità, in quanto se non fosse Dio che è al di sopra di tutte le cose, gli angeli non lo servirebbero.
Ma poiché questa lettura si adatta al presente periodo - infatti, noi che iniziamo il tempo quaresimale, abbiamo udito che la penitenza del nostro Redentore è durata quaranta giorni -, dobbiamo cercar di capire perché questa penitenza è osservata per quaranta giorni... Mentre l`anno è composto di trecentosessantacinque giorni, noi facciamo penitenza per trentasei giorni, come se dessimo a Dio la decima sul nostro anno, affinché, dopo aver vissuto per noi stessi il resto dell`anno, ci mortifichiamo nell`astinenza in onore del nostro Creatore per la decima parte dell`anno stesso. Perciò, fratelli carissimi, come nella Legge ci è imposto di offrire le decime di tutte le cose (cf.Lv 27,30s), così dovete cercare di offrire a lui anche la decima dei vostri giorni. Ognuno, secondo quanto gli è possibile, maceri la sua carne e ne affligga le brame, ne uccida le concupiscenze disoneste, affinché, secondo la parola di Paolo, divenga una vittima viva (cf.Rm 12,1). Certo la vittima è immolata ed è viva, quando l`uomo non muore e tuttavia uccide se stesso nei desideri carnali. La nostra carne, soddisfatta, ci portò al peccato; mortificata, ci conduca al perdono. Colui che fu autore della nostra morte trasgredì i precetti della vita mediante il frutto dell`albero proibito. Noi dunque, che ci siamo allontanati dalle gioie del paradiso per colpa del cibo, procuriamo di tornare ad esse grazie all`astinenza.
Ma nessuno creda che l`astinenza da sola possa bastargli dal momento che il Signore dice per bocca del Profeta: "Non è forse maggiore di questo il digiuno che bramo?", aggiungendo: "Dividi il pane con l`affamato, e introduci in casa tua i miseri, senza tetto; quando vedrai uno nudo, soccorrilo, e non disprezzare la tua carne" (Is 58,6.7). Dio dunque gradisce quel digiuno che una mano piena di elemosine presenta ai suoi occhi, quel digiuno che si congiunge all`amore del prossimo ed è ornato dalla pietà. Ciò che togli a te stesso, dallo a un altro, afffinché cio di cui si affligge la tua carne serva di ristoro alla carne del povero. Così infatti dice il Signore per bocca del Profeta: "Quando avete fatto digiuni e lamenti, forse avete digiunato per me? E quando avete mangiato e bevuto, forse non avete mangiato bevuto per voi stessi?" (Zc 7,5-6). Infatti mangia e beve per sé chi prende i cibi del corpo, i quali sono donati a tutti dal Creatore, senza parteciparli ai bisognosi. E digiuna per sé chi non distribuisce ai poveri quelle cose di cui si è privato temporaneamente, ma anzi le serba per darle al suo ventre in altra occasione. Perciò è detto per bocca di Gioele: "Santificate il digiuno" (Gl 1,14; 2,15). Santificare il digiuno significa offrire un`astinenza dalle carni degna di Dio, dopo aver aggiunto altri doni. Cessi l`ira, si plachino i litigi. Invano la carne è afflitta, se l`animo non si frena nei suoi malvagi desideri, come dice il Signore per bocca del Profeta: "Ecco, nel giorno del vostro digiuno si trova la vostra volontà. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui, e ricercate tutti i vostri debitori" (Is 58,3). Né commette ingiustizia chi richiede dal suo debitore quanto gli aveva prestato; è bene tuttavia che quando uno si macera nella penitenza, si astenga anche da ciò che gli spetta con giustizia. Così Dio perdona a noi, afflitti e penitenti, ciò che abbiamo fatto di male, se per amor suo rinunciamo anche a ciò che giustamente potremmo esigere.

(Gregorio Magno, Hom. 16, 1-6)


2. Non c`indurre in tentazione

«E non c`indurre in tentazione» Signore. C`insegna forse il Signore a pregare di non essere mai tentati? Perché dice altrove: "L`uomo non tentato non è provato" (Sir 34,10; Rm 5,3-4) e di nuovo: "Considerate fratelli suprema gioia quando cadete in diverse tentazioni" (Gc 1,2)? Però entrare in tentazione non è farsi sommergere dalla tentazione. Infatti la tentazione sembra come un torrente di difficile passaggio. Alcuni che nelle tentazioni non si lasciano sommergere l`attraversano. Sono bravi nuotatori che non si fanno trascinare dal torrente; Gli altri che tali non sono, entrati ne vengono sommersi. Così, ad esempio, Giuda entrato nella tentazione dell`avarizia non la superò, ma sommerso materialmente e spiritualmente si impiccò. Pietro entrò nella tentazione di rinnegamento, ma superandola non ne fu sommerso. Attraversò [il torrente] con coraggio e non ne fu trascinato.
Senti ancora in un altro passo il coro di santi perfetti, che ringrazia di essere scampato alla tentazione. "Tu ci hai provato, o Dio, come l`argento ci passasti al fuoco. Tu ci hai spinto nella rete, tu hai posto sulle nostre spalle le sofferente; tu hai fatto passare gli uomini sulle nostre teste. Abbiamo attraversato il fuoco e l`acqua e ci hai sospinto verso il refrigerio" (Sal 66,10-12). Vedi che parlano della loro traversata senza essere andati a fondo? (cf.Sal 69,15). E tu «ci hai sospinto al refrigerio». Entrare nel refrigerio è essere liberato dalla tentazione.

(Cirillo di Gerus., Catech. V Mistag. 17)


3. La tentazione nel deserto (Lc 4,1-13)

In cambio della triplice vittoria
Quando fosti tentato nel deserto,
Fa` che l`infausto Principe io vinca,
Il Tiranno che rendesi invisibile.

Sulla parola del tuo comandamento
Ch`io cammini sull`aspide e la vipera;
Ch`io schiacci sotto la pianta dei piedi
La testa del Drago attorcigliato.

(Nerses Snorhalì, Jesus, 343-344)
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