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MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol.2)

Ultimo Aggiornamento: 30/06/2011 08:20
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17/04/2011 08:27
 
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Giunti al valico della fede
Quanto è bello camminare in montagna lungo un sentiero che porta verso un passo. Se il sentiero che percorriamo, infatti, ci svela ad ogni passo prospettive nuove, panorami piacevoli alla vista e anche momenti di riposo che ci permettano di riprenderci dalla fatica fino allora compiuta, mentre stiamo per giungere al punto che a noi pare il vertice del nostro cammino ci rendiamo conto, proprio perché ci troviamo in cima ad un passo, che non siamo alla fine del percorso, ma che ci si apre dinnanzi un orizzonte nuovo, spesso ancor più suggestivo, di fronte al quale abbiamo la possibilità di scegliere se proseguire in una direzione piuttosto che in un'altra, oppure fermarci a contemplare il paesaggio prima di intraprendere la strada del ritorno. Gli appassionati della montagna, giunti su un passo, difficilmente si fermano lì: quantomeno scollinano, vanno dall'altra parte a vedere cosa c'è, si dirigono su altri sentieri magari un po' più pianeggianti, o ancora meglio si fanno attrarre dalle vette circostanti e intraprendono le non facili tracce di sentiero che lungo le creste li portano ancor più in alto.
Entrare nel meraviglioso Mistero della nostra Redenzione, che i suggestivi riti della Settimana Santa rendono ogni anno nuovo e attuale, è un po' come camminare lungo un sentiero di montagna per dirigerci verso un passo, verso un valico. Si percorre il cammino della Quaresima, lo si gusta in tutta la sua bellezza, ma quando poi ci si avvicina all'ultima settimana che ci separa dalla Solennità Pasquale ci si rende conto della molteplicità e della grandezza del Mistero che siamo chiamati a contemplare e verso il quale siamo nuovamente invitati ad incamminarci. La Domenica delle Palme, in virtù dello stesso avvenimento che vuol commemorare, costituisce proprio questa "porta d'ingresso" ai Misteri della nostra Salvezza. E credo che essa assuma il suo più profondo significato nella misura in cui significativo è stato il cammino percorso durante la Quaresima.
I Vangeli del ciclo liturgico di questa Quaresima, per il loro carattere prevalentemente battesimale con il quale siamo stati invitati a riscoprire il sacramento della nostra identità cristiana, credo abbiano perseguito fondamentalmente l'obiettivo di farci capire l'essenzialità appunto del nostro essere cristiani, ossia l'incontro con Gesù Cristo. Un incontro che non ci può lasciare indifferenti, ma che viene a cambiarci profondamente l'esistenza nella misura in cui siamo capaci di lasciarci mettere in discussione dall'incontro con il Maestro.
Non è certo un incontro facile o scontato. Molte sono le resistenze che opponiamo, perché da subito si comprende che il Maestro scomoda le nostre certezze. Ci arrangiamo spesso da soli, siamo convinti che la salvezza sia qualcosa che possiamo ottenere da noi stessi con una serie di comportamenti autosufficienti. Qualcosa da mettere sotto i denti, e la Parola di Dio risulta del tutto superflua. Ma "non di solo pane vive l'uomo". Magari, ci capita pure di fare riferimento alla Parola di Dio, ma a patto che ci aiuti a realizzare i nostri progetti, assoggettando il volere di Dio alla nostra volontà. E invece "sta scritto: Non tenterai il Signore Dio tuo". Quando poi ci troviamo di fronte al bivio tra una vita fatta di successo, potere e denaro e una vita fatta di affidamento alla provvidenza di Dio, è dura resistere alla tentazione dell'avversario, e dirgli: "Vattene, satana! Perché sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto".
Per farci capire cosa vuole da noi, il Maestro ci mette ulteriormente a dura prova, ci fa camminare con fatica verso un alto monte e ci si manifesta in tutta la sua gloria; ma non ci nasconde affatto che il cammino del discepolo è fatto di croci. Ci parla di quella che sarà la sua Passione e Morte a Gerusalemme, e di fronte al nostro timore (perché comunque la croce ci fa paura), ci risolleva da terra e ci dice: "Alzatevi, non temete".
Ci prende per mano, ci fa scendere dal monte dove era certamente più comodo stare a contemplare la bellezza della sua gloria, e ci invita a camminare tra l'arsura del deserto per sederci ai bordi di un pozzo, da cui lui attinge per noi un'acqua bevendo la quale l'uomo "non avrà mai più sete". In realtà, quest'acqua ci fa venire ancor più sete, ma sete di lui. Poco a poco cominciamo a dire, balbettando, il nostro "Credo". Cominciamo a dire al Maestro che ci rendiamo conto, che "sappiamo che deve venire il Messia, e che quando verrà ci annuncerà ogni cosa".
Ma forse questa affermazione di fede non è ancora sufficiente. Siamo molto materialisti, e abbiamo bisogno che il Maestro faccia per noi qualcosa di straordinario ma anche di molto concreto, abbiamo bisogno che ci riapra gli occhi alla fede in lui, che ci porti ai bordi della piscina di Siloe, che ci spalmi un po' di fango sugli occhi, perché riusciamo finalmente a dire - nonostante le opposizioni di chi vuole farci affermare il contrario - "Io credo, Signore!".
Credere quando Dio ci fa una grazia, oltre che doveroso è facile, ed è anche gratificante. Tutto si complica quando alla nostra fede è chiesto di passare attraverso la prova della croce, del Calvario, della sofferenza, in particolare della malattia e della morte. Continuare a sperare nel Dio della Vita quando tutto parla di morte non è cosa da poco. È molto meglio affrontare con rassegnazione la prova, accettarla, e poi rinchiuderci nel nostro dolore, mettendoci una pietra sopra e cercando di ripartire. Il Maestro, però, ci chiedere di "togliere la pietra", come egli farà il giorno di Pasqua. Ma ancora prima, ci chiederà di professare la nostra fede in lui, che è la Risurrezione e la Vita: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Figlio di Dio che deve venire nel mondo".
Ci siamo lasciati alle spalle un cammino, convinti di essere giunti alla meta. Ora però ci si apre davanti nuovamente una porta: sta a noi accettare, con fede, la sfida di Pasqua.
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