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PENSIERI DI CHARLES DE FOCAULD

Ultimo Aggiornamento: 05/02/2013 06:39
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06/12/2010 08:58
 
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Il 1 dicembre 1916, il giorno della sua morte, fr. Charles scrive: Cancellarci, annullarci, ecco il mezzo più potente che possediamo per unirci a Gesù e far del bene alle anime; san Giovanni della Croce lo ripete ad ogni riga. Quando si vuol soffrire e amare, si può molto, si può molto, si può il massimo che si possa al mondo. Si sente che si soffre; non sempre si sente che si ama ed è una grande sofferenza in più; ma si sa che si vorrebbe amare e voler amare significa amare. Si trova che non si ama abbastanza ed è verissimo: ma si amerà abbastanza; ma il Signore, che sa con che fango ci ha impastati e che ci ama più di quanto una madre possa amare il suo figliuolo, ci ha detto, Lui che non mente, che non avrebbe respinto chi a Lui venisse.
Lo stesso giorno scrive anche all’amico Luigi Massignon che è al fronte:
Non bisogna mai esitare a domandare i posti dove maggiori siano pericolo, sacrificio, possibilità di dedizione: lasciamo l’onore a chi lo vuole, ma rischio e pena reclamiamoli sempre.
Come cristiani siamo tenuti a dare l’esempio del sacrificio e della dedizione. È un principio al quale bisogna essere fedeli sempre, con semplicità, senza domandarci se in una simile condotta s’insinui l’orgoglio. È il nostro dovere; quindi compiamolo e preghiamo il nostro Diletto, lo Sposo della nostra anima, che ci conceda di compierlo in totale umiltà e con pienezza d’amore per Dio e per il prossimo.

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Solo guardando al di là di questo mondo in cui tutto passa e muore, si trova la vera gioia nella speranza di un’altra vita di cui questa è solo il preludio; vita in cui il bene fatto, l’amore di cui sono assetati i nostri spiriti e i nostri cuori, saranno pienamente ed eternamente soddisfatti.
In questa speranza e nella fede nelle verità che Dio ci ha rivelate e che sono belle come un poema, come il più bello dei poemi non v’è poema più bello d’un semplice trattato di teologia dogmatica, è il poema dell’amore divino, ben più meraviglioso e avvincente dei nostri poemi pieni dei nostri poveri amori terrestri - in questa fede, in questa speranza, nella contemplazione di queste bellezze e nel compimento della legge di carità - “ama gli uomini come Dio li ama” - che è la base della morale cristiana, sono felice, molto felice, e i miei giorni trascorrono in una pace profonda.

21
Il mio più grande sacrificio è stata la separazione dalla mia famiglia. Una volta alla trappa, ho sofferto molto. Non per via della comunità, dove tutti erano molto buoni con me. Ma il pensiero della mia famiglia mi torturava. Talvolta dicevo tra me e me: sempre, sempre; mai, mai, mai. Sempre vivere qui, mai più rivederli.

22
Ho un grande fondo di orgoglio. Non tengo conto a sufficienza della presenza di Dio. Mi lascio assorbire da ciò che faccio o dalle distrazioni, dalle fantasie. Non ho sufficientemente lo sguardo rivolto a Gesù, che è qui. Non lo vedo a sufficienza in ogni  uomo.  Non sono sufficientemente sovrannaturale con loro. Né sufficientemente dolce né sufficientemente umile, e neppure accurato come si dovrebbe nel fare loro del bene ogni volta che lo potrei.  Gli esercizi di pietà lasciano a desiderare. Li faccio tiepidamente, talvolta in modo breve oppure troppo rapido, pieno di distrazioni. Mi capita in certi casi di essere vinto dal sonno o di rinviare di ora in ora le cose da fare. Una così grande tiepidezza che mi fa soffrire fino ad umigliarmi. Ometto le piccole penitenze, curo troppo il mio corpo. Invece di amare il disprezzo, mi compiaccio degli atti buoni.

23
Se una parte di me è nel cielo purissimo che sovrasta le nubi, se io resto in una terra sempre illuminata dal sole e al di sopra delle nubi, però con l’altra parte io amo, io devo amare, ho l’imperioso dovere di amare appassionatamente gli uomini.

24
Mio Dio, quanto siete divinamente tenero! Quanto siete amante, quanto siete buono!... Risorto, le vostre prime apparizioni sono due apparizioni di consolazione alle due anime più afflitte dalla vostra Passione e Morte. A vostra Madre dapprima, “alla quale appariste per primo e presso la quale rimaneste lungo tempo”, come avete detto a santa Teresa; a Maria Maddalena in seguito... Con quale dolcezza apparivate a questa cara santa, a questa vostra “appassionata adoratrice”, come vien chiamata! Quale dolcezza in quel “Maria”!... Con quale voce dovette essere detto!... E infine, mio Dio, quale divina tenerezza per tutti noi, per tutti gli uomini di tutte le età, nelle parole che pronunciate: “Va’ a dire ai miei fratelli”. Voi ci chiamate tutti “vostri fratelli”! Quanto è dolce ciò, quanto siete buono!
Siamo teneri come Gesù, amanti come lui... Consoliamo gli afflitti come lui, e dapprima coloro ch’egli stesso ci ha messo più vicino nella vita, una madre, un’anima cara; e coloro che hanno più bisogno di consolazione, coloro che, più deboli, stanno per piegare sotto un dolore pungente...
Consoliamo, consoliamo come lui e i suoi fratelli, che sono anche i nostri, consoliamo le sue membra, le parti del suo corpo, quelle membra delle quali egli dice: “Ciò che farete a uno di questi piccoli, lo farete a me”. Siamo, come lui, dei teneri consolatori, dei fratelli amanti di tutti gli uomini afflitti, di tutti gli uomini, ma di tutti, perché di tutti ha detto: “Ciò che voi farete a uno di questi piccoli, lo farete a me”.

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