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L'ANIMAZIONE MUSICALE LITURGICA

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2010 23:34
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03/09/2010 23:22
 
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13. Il salmo responsoriale

È stata già posta in evidenza la dimensione dialogica della celebrazione liturgica e soprattutto di quella parte della messa nella quale viene proclamata la parola di Dio. Si potrebbe parlare di una “responsorialità liturgica” che intende manifestare lo stupore e l’adesione a Dio che si comunica all’uomo attraverso la parola e i sacramenti. Il salmo responsoriale è un momento privilegiato di risposta assembleare. L’introduzione al lezionario ne pone in rilievo il valore: “Il salmo responsoriale, chiamato anche graduale, essendo parte integrante della liturgia della Parola, ha grande importanza liturgica e pastorale. Si devono pertanto istruire con cura i fedeli sul modo di accogliere la Parola che Dio rivolge loro nei salmi e di volgere i salmi stessi in preghiera della Chiesa. Senza dubbio questo avverrà più facilmente se sarà promossa tra il clero ed estesa con opportuna catechesi a tutti i fedeli una più approfondita conoscenza dei salmi nel significato che assumono quando sono cantati nella liturgia” (n. 19).

Il salmo responsoriale è strettamente legato soprattutto alla lettura che lo precede, non è quindi opportuno indulgere ad arbitrarie sostituzioni, non si tratta di un canto qualsiasi ma di una appropriata risposta assembleare a un preciso invito della parola di Dio. A tale scopo “potranno recare un certo aiuto brevi monizioni che illustrino la scelta del salmo e del ritornello e la loro concordanza tematica con le letture” (Introduzione al lezionario, n. 19).

Nonostante l’uso comune di proclamare in lettura il salmo responsoriale, l’introduzione al lezionario indica come “norma” (Cf n. 20) l’esecuzione in canto: “Il canto del salmo o anche del solo ritornello è un mezzo assai efficace per approfondire il senso spirituale del salmo stesso e favorirne la meditazione” (n. 21). Inoltre vengono proposte due modalità esecutive: il modo diretto e il modo responsoriale.

Il modo diretto elimina la responsorialità, infatti il salmo viene cantato di seguito dal salmista o dall’assemblea, senza l’intervento col ritornello. Si tratta di una forma esecutiva da non prediligere.

Il modo responsoriale — afferma l’introduzione al lezionario — è quello, sempre che sia possibile, da preferirsi, allorché il salmista o il cantore del salmo ne pronunzia i versetti, e tutta l’assemblea partecipa col ritornello” (n. 20).

Le modalità esecutive del salmo responsoriale esigono l’esercizio di un ruolo ministeriale ben preciso identificabile nel “salmista”. Nel documento pastorale dei vescovi italiani I ministeri nella Chiesa a proposito si afferma: “Il cantore-salmista è un ministero conosciuto dalla tradizione e richiesto dalla liturgia. Accanto ad un impegno costante ed ecclesiale esige una conoscenza dei testi e delle celebrazioni” (n. 39b). La specifica competenza di questo ministro è richiesta dall’introduzione al messale: “Per adempiere convenientemente il suo ufficio, è necessario che il salmista possegga l’arte del salmodiare e abbia una buona pronuncia e una buona dizione” (PNMR 67).

Il salmista è “servo” della Parola. Non basta una voce impostata, è necessario anzitutto saper proporre in canto la parola di Dio e non tanto esibire una “bella voce”. È quanto mai inopportuna una impostazione vocale melodrammatica. Il primato della Parola è ancora una volta da confermare. I versi salmodici devono essere proposti in canto attraverso la giusta valorizzazione degli accenti delle parole e della pronuncia delle sillabe. Il testo deve fluire attraverso il canto e non deve essere frammentato: ogni parola ha un suo valore preciso nel contesto di una frase e ogni sillaba nell’espressione di ogni singola parola. La proposta del ritornello deve essere chiara e coinvolgente, deve cioè suscitare l’intervento immediato dell’assemblea. Tutto ciò prevede un’attività di preparazione ben accurata ed esclude in ogni modo l’opportunità di improvvisare l’esecuzione in canto del salmo responsoriale.

14. Alleluia!

Il termine “alleluia” è una acclamazione in lingua ebraica che significa “lodate il Signore”. “Hallelù” è l’imperativo del verbo “halal” che significa lodare, celebrare, esaltare. “Yah” invece è una forma contratta del termine esteso “Yahvè”, il nome divino. Una breve espressione letteraria attraverso la quale l’uomo eleva a Dio con immediatezza la propria lode e il proprio stupore. Nell’Antico Testamento è riscontrabile almeno 28 volte, soprattutto nei salmi (26 volte: Sl 105-107; 111-114; 116-119; 135-136; 146-150). Nel Nuovo Testamento questa acclamazione è presente solo nell’Apocalisse (4 volte). È importante sottolineare il fatto che l’espressione “alleluia” nei testi biblici ha sempre un riferimento più o meno esplicito a un contesto celebrativo, e corrisponde ad un intervento corale del popolo o di una grande folla (Cf 1Cr 16,36; Tb 13,18; Ap 19,1-6). Si tratta quindi di un “gesto” liturgico privilegiato anche nell’ambito del contesto biblico. La liturgia giudaica fa grande uso di questa acclamazione e la prassi celebrativa cristiana la eredita proprio da questo ambiente cultuale.

Trattandosi di un intervento acclamante l’Alleluia deve esprimere una reazione immediata dell’assemblea. La musicologa Maria Stella Grandi riassume schematicamente le caratteristiche della “realizzazione orale tipica” dell’acclamazione:

1. consenso orale espresso nella forma del “grido”;

2. consenso collettivo tendente a coinvolgere tutti i presenti;

3. partecipazione emotiva, con lo scopo di dar voce alle emozioni;

4. ripetitività incalzante dell’intervento vocale;

5. brevità dell’intervento, per non disperdere l’espressività.

L’acclamazione-grido non è esclusiva degli ambienti cultuali, essa è riscontrabile anche in altri ambiti “rituali” posti in atto da grandi folle, si pensi ad esempio alle partite di calcio nei grandi stadi dove la ripetitività dei gesti e degli interventi corali dei presenti ha una finalità acclamante.

L’introduzione al lezionario presenta l’acclamazione alleluiatica prima del vangelo come un rito a sé: “Anche l’Alleluia o, secondo il tempo liturgico, il versetto prima del vangelo, costituisce “un rito a sé stante”, col quale l’assemblea dei fedeli accoglie e saluta il Signore che sta per rivolgere ad essa la sua Parola, ed esprime col canto la sua fede. Al canto dell’Alleluia e del versetto prima del vangelo tutti devono stare in piedi, in modo che non solo il cantore o il coro che lo intona, ma tutto il popolo unisca nel canto le sue voci” (n. 23).

Oltre avere una finalità rituale propria, l’Alleluia si può sovrapporre ad un altro gesto liturgico: la processione dell’evangeliario (libro dei vangeli splendidamente ornato e distinto dai libri delle altre letture) verso la sede della proclamazione (ambone). In questo caso l’intervento acclamante deve essere sufficientemente lungo e articolato per accompagnare tutta la processione. È utile notare che l’Alleluia può sostituire anche l’acclamazione che segue la proclamazione del vangelo, così come è indicato dal nuovo messale romano nella prima melodia per il rito della messa (ultima riga di pag. 1059).

Musicalmente l’Alleluia deve essere caratterizzata da una sonorità ricca, immediata e coinvolgente. Non basta cantare il termine “alleluia”, è fondamentale il “modo” in cui lo si canta: l’intento è quello di “compiere un gesto liturgico” e non di “pronunciare in canto una parola”. Per la realizzazione di un’acclamazione alleluiatica prolungata è preferibile una forma litanica ritmica che consenta uno scambio di interventi tra assemblea e solista (o piccolo coro). La formula esecutiva “solo-tutti” contribuisce alla realizzazione di un gesto acclamante molto ricco e appropriato. L’uso degli strumenti deve essere senza fronzoli ma incisivo. Un preludio breve può risultare di grande effetto nel suscitare l’immediato intervento dell’assemblea. L’aspetto ritmico-melodico è di fondamentale importanza: un’Alleluia trascinata in maniera pesante o insicura nel suo sviluppo snatura la finalità stessa di tale acclamazione.

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CANTATE AL SIGNORE UN CANTO NUOVO, SUONATE LA CETRA CON ARTE E ACCLAMATE (Sal.32,3)
 
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