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L'ANIMAZIONE MUSICALE LITURGICA

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2010 23:34
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03/09/2010 23:20
 
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9. Cantare i “riti di accoglienza”

La messa è costituita da due momenti rituali fondamentali: la liturgia della Parola e la liturgia eucaristica. Questi due parti sono “incorniciate” dai riti di introduzione e dai riti di conclusione. Iniziamo a considerare questi diversi momenti della messa dal punto di vista dell’animazione musicale. Il punto di partenza della nostra riflessione è costituito dai riti di introduzione. I praenotanda del messale descrivono così questi riti: “La parti che precedono la Liturgia della Parola (...) hanno un carattere di inizio, di introduzione e di preparazione. Scopo di questi riti è che i fedeli, riuniti insieme, formino una comunità, e si dispongano ad ascoltare con fede la parola di Dio ed a celebrare degnamente l’Eucaristia” (PNMR 24). La prima parte dei riti di introduzione potrebbe essere definita “riti di accoglienza”. Essa è costituita dal canto di ingresso, dal segno della croce e dal saluto.

1. Il canto di ingresso. Questo canto si prefigge quattro scopi fondamentali: a) dare inizio alla celebrazione, b) favorire l’unione dei fedeli riuniti, c) introdurre nel mistero del tempo liturgico o della festività, d) accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri (Cf. PNMR 25). Tali funzioni non sempre possono essere concomitanti, ma è importante che il canto che dà inizio alla celebrazione costituisca un primo coinvolgimento assembleare che ponga in evidenza l’unione non solo fisica dei fedeli, li introduca in un ambiente accogliente e li disponga a realizzare un’esperienza di fede veramente comunitaria. Sarà dunque opportuno utilizzare un canto ben noto o facilmente apprendibile affinché tutti vi possano prendere parte con la propria partecipazione. In tempi particolari è bene proporre un canto-segno che caratterizzi tutto il periodo liturgico che si sta celebrando. Ciò è utile soprattutto nei tempi cosiddetti “forti” (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua). Purtroppo ci si espone facilmente alla tentazione della novità frenetica: ogni domenica un canto diverso. Questo comporta confusione, difficoltà di partecipazione da parte dell’assemblea, enorme impegno tecnico (prove del coro, dei solisti e dell’assemblea, utilizzazione di strumenti adeguati, ampio repertorio...). Spesso ci si chiede quali siano i criteri da seguire per la scelta del canto di ingresso. Anzitutto non si può prescindere dalle caratteristiche già indicate, inoltre è necessario prendere coscienza dei contenuti teologico-spirituali di tutta le celebrazione. L’antifona di ingresso (da proclamare solo se non si esegue una canto, anche se testualmente non fosse affine all’antifona) è il primo punto di riferimento. Sarebbe opportuno consultare anche il “Graduale romanum” o il “Graduale simplex” (sono i libri di canto gregoriano per le parti dell’ordinario e del proprio della celebrazione eucaristica) per constatare l’indicazione del salmo da accompagnare all’antifona. Altro punto di riferimento fondamentale sono le lettura bibliche che, prime fra tutte le sequenze celebrative, tematizzano la liturgia.

2. Il segno della croce. Tutta la liturgia si fonda sul mistero della croce e della risurrezione di Cristo, per questo le celebrazioni cristiane iniziano sempre con questo segno. I fedeli si segnano insieme al presidente che pronuncia o canta da solo le parole “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” che evocano la fede battesimale dei presenti. L’assemblea pronuncia o canta il suo primo intervento acclamante: amen! La realizzazione in canto del segno di croce e dell’amen assembleare è senz’altro più pregnante e realizza una partecipazione più ricca (e soprattutto veramente acclamante) da parte dei fedeli.

3. Il saluto. La formula più comune del saluto è “Il Signore sia con voi” e la successiva risposta “E con il tuo spirito”. È un augurio gioioso da parte del presidente nei riguardi dei fedeli i quali acclamano contraccambiandolo. Questo dialogo rivela la profonda natura della liturgia che mistero nel quale Dio si dona attraverso la mediazione dei suoi ministri e a tale dono risponde la fede del popolo. Anche in questo caso il canto consente una realizzazione più coerente e coinvolgente.

10. Kyrie eleison!

Kyrie eleison: Signore, abbi pietà! Due brevi parole in lingua greca per implorare la misericordia divina. Un intervento scarno, essenziale, immediato, che esprime in maniera istintiva il desiderio di essere accolti dall’abbraccio di bontà di Cristo. Si tratta di una breve litania attualmente situata dopo l’atto penitenziale o al suo interno. Ecco cosa dice a riguardo l’introduzione al messale: “Dopo l’atto penitenziale ha inizio il Kyrie eleison, a meno che non sia già stato detto durante l’atto penitenziale. Essendo un canto col quale i fedeli acclamano il Signore e implorano la sua misericordia, di solito viene eseguito da tutti, in alternanza tra il popolo e la schola o un cantore. Ogni acclamazione di solito si dice due volte; ma non si esclude che, in considerazione dell’indole delle diverse lingue o della composizione musicale o di circostanze particolari, sia ripetuto un maggior numero di volte, o intercalato da un breve “tropo”. Se il Kyrie eleison non viene cantato, si recita” (PNMR 30).

Poiché ci si trova di fronte a una delle tre litanie della celebrazione eucaristica (1.Kyrie eleison, 2.Preghiera dei fedeli, 3.Agnello di Dio) è bene soffermarsi a riflettere più a fondo su questo genere letterario e musicale. La litania è una forma di preghiera collettiva, consistente di solito in una serie di invocazioni brevi e diverse l’una dall’altra, proclamate da un ministro (presidente, diacono, lettore) e alternate a una breve formula di risposta dei fedeli. Musicalmente ha i caratteri di un recitativo su una o più corde musicali terminanti con una cadenza alla quale segue l’incalzante risposta assembleare. Forme litaniche sono state composte, secondo un semplice stile omofono da G. Pierluigi da Palestrina, Orlando Lasso e Claudio Monteverdi; W.A. Mozart musicò, con una sonorità particolarmente ricca, le Litanie lauretane per quattro voci, orchestra e organo.

L’esecuzione litanica del Kyrie eleison è stata riscoperta recentemente, dopo secoli di attività compositiva che aveva reso questo testo dell’ordinario secondo forme musicali differenti ma mai litaniche. È tipica la forma fugata o comunque contrappuntistica che caratterizzò le stesse messe di Lorenzo Perosi. Attualmente si indulge ancora con molta frequenza a “comporre” dei Signore pietà secondo forme non litaniche. La ritualità di tale invocazione risulta pertanto alterata. L’insistenza della risposta assembleare ha una forte valenza simbolica ed espressiva che non può essere resa se non con la forma proposta-solo/risposta-tutti. Non basta cantare un testo liturgico, bisogna associare ad esso la forma musicale più adatta affinché il possa realizzarsi efficacemente e coerentemente. Si deve ancora una volta constatare la tendenza (tipicamente italiana) di esprimersi in canto secondo lo schema esecutivo tutto/tutti, che massifica, crea pesantezza e monotonia, non pone in rilievo la differenziazione ministeriale della liturgia, non conferisce il giusto ritmo alla celebrazione.

Si è accennato al fatto che il Kyrie eleison anziché seguire l’atto penitenziale possa costituirlo. Si tratta della terza formula dell’atto penitenziale (Messale Romano, p. 296 ss.) che è realizzata dal Signore pietà “tropato”. Le invocazioni a Cristo sono arricchite da un “tropo” cioè da uno sviluppo letterario che esprime suppliche particolari (ad esempio: Signore, mandato dal Padre a salvare i contriti di cuore [tropo], abbi pietà di noi). Il fatto che il Kyrie sia tropato non fa decadere la caratterizzazione litanica di questo testo.

Anche a livello strumentale il Signore pietà deve essere espresso tenendo conto della natura del rito. È opportuno un accompagnamento discreto, che dia il giusto risalto alle parole cantate dal solista o da un piccolo gruppo di cantori, e sostenga con decisione, ma non con enfasi, il breve intervento dell’assemblea. Nessuno chiede perdono urlando e a “suono di tromba”, ma con voce sommessa, che sgorga da un cuore umile e penitente.

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CANTATE AL SIGNORE UN CANTO NUOVO, SUONATE LA CETRA CON ARTE E ACCLAMATE (Sal.32,3)
 
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