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L'ANIMAZIONE MUSICALE LITURGICA

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2010 23:34
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03/09/2010 23:16
 
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2. Il coro liturgico

Il numero più cospicuo di persone impegnate nell’animazione liturgico-musicale si concentra nei cori parrocchiali che, con maggiore o minore impegno e competenza, si pongono a servizio delle assemblee celebranti. È bene soffermasi a riflettere su questa struttura ministeriale affinché possa essere sempre meglio valorizzata.

Cerchiamo innanzitutto di fornire una definizione di coro liturgico. Per coro liturgico intendiamo qualunque gruppo di cantori costituito per iniziare, educare, guidare un’assemblea che celebra in canto e per raggiungere quelle note di solennità e di bellezza che aiutano il fedele a vivere il clima della festa.

A partire da questa definizione possiamo proporre un’analisi più ampia e dettagliata.

Il coro è l’attore liturgico specializzato nel canto di gruppo; esso corrisponde al gruppo base animatore del canto rituale. Dal punto di vista strettamente musicale, un coro può essere di varia struttura:

· a una voce:

- UNICA: solo voci bianche, solo femminili, solo maschili

- MISTA: voci bianche+ maschili, femminili+maschili

· a 2,3,4 o più voci:

- PARI: solo voci bianche, solo femminili, solo maschili

- MISTE o DISPARI: voci bianche+maschili, femminili+maschili

Circa le funzioni del coro liturgico è bene dire che esse si esplicano attraverso alcuni compiti specifici.

1 - Introdurre, sostenere, alternare e animare il canto di tutta l’assemblea.

2 - Arricchire alcuni canti con forme polifoniche (ad esempio all’inizio e alla comunione).

3 - Sovrapporsi a più voci mentre l’assemblea canta all’unisono (ad esempio l’Alleluia e il Santo).

4 - Sostituire l’assemblea quando essa non sia in grado di rendere bene un determinato rito (ad esempio l’inno Gloria a Dio). In questo caso l’assemblea partecipa con l’ascolto. È importante non assolutizzare e non prediligere questa funzione del coro che potrebbe andare a discapito dell’assemblea celebrante e della stessa liturgia. L’istruzione Musicam Sacram (5/3/1967) ricorda che: “non è da approvarsi l’uso di affidare per intero alla sola “schola cantorum” tutte le parti cantate del “Proprio” e dell’“Ordinario”, escludendo completamente il popolo dalla partecipazione nel canto” (n. 16). Il coro può intervenire in maniera appropriata nei momenti in cui l’assemblea è in movimento, ad esempio durante la distribuzione dell’Eucaristia: l’assemblea in movimento canta meno volentieri e, comunque, con maggiore difficoltà.

5 - Creare un momenti di meditazione, ad esempio dopo la proclamazione del Vangelo o dopo la distribuzione dell’Eucaristia.

Il coro assume quindi una chiara importanza liturgica poiché costituisce uno stimolo e un aiuto ritmico-melodico per tutta l’assemblea, affinché la Parola che si fa canto possa risuonare nella sua esattezza e nella sua bellezza, esprimendo nel miglior modo la verità che essa contiene.

Esso inoltre è il mezzo indispensabile per realizzare una forma di differenza-contrasto (pochi-tutti) che esprima l’immagine vera della Chiesa che è articolata, non statica né uniforme. Non è da sottovalutare anche il fatto che il coro liturgico è un’opportunità determinante per creare varietà, qualità, vivacità di forme musicali rituali in conformità con l’articolazione rituale di tutta la celebrazione.

Il coro non deve essere mai elemento estraneo, di contorno, di lusso e meno ancora deve appropriarsi tutti i canti della celebrazione.

Per compiere bene questo servizio sarà pure indispensabile trovare il luogo più idoneo all’interno dell’aula della chiesa. Non è cosa da sottovalutare, e... non solo per “motivi acustici”, il coro infatti è parte integrante dell’assemblea, e il luogo nel quale svolge il proprio ministero deve porre in risalto tale appartenenza (Cfr. Musicam Sacram, 23).

3. A proposito di cori parrocchiali...

È molto difficile, se non addirittura impossibile, trovare una comunità ecclesiale sprovvista di un gruppo di persone, anche limitato nel numero, che presti il suo impegno per l’animazione delle celebrazioni attraverso il canto. Possiamo dire che ogni parrocchia ha almeno un coro, e spesso più di uno. Il modo in cui un coro nasce e svolge il suo servizio varia profondamente a seconda della maturità (o immaturità) ecclesiale e spirituale raggiunta da ciascuno dei suoi membri. Proviamo a descrivere una prima tipologia di coro parrocchiale. Il tono può apparire scherzoso, ma non ha alcuna intenzione di esserlo. È chiaro che il riferimento a situazioni veramente realizzatesi è puramente casuale. Il problema di fondo è che tali situazioni si realizzano troppo spesso.

Un gruppo di zelanti cantori — di diverse età e magari nostalgici di antiche e fauste liturgie durante le quali, nei tempi della giovinezza, avevano cantato “tutto” il repertorio perosiano — decide di ricostituire una corale. Si chiede il “permesso” al parroco e, ottenutolo (o strappatolo) si dà il via alle prove. Prima difficoltà da superare: ottenere dal parroco un locale adeguato per incontrarsi. Ottenuto il locale e fatte le debite precisazioni (Parroco: “Questa sala potreste utilizzarla, ma... mi raccomando... non fate tanto chiasso, non concludete in orari “proibitivi”, e... se potete datemi una mano... le lampadine sono alimentate dalla corrente elettrica!”. Responsabile coro “Sarà fatto!”) il coro incomincia a crearsi un repertorio base a partire dai testi dell’ordinario (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei) in rigorosissima lingua originale (latino e greco) ed espressi attraverso le forme musicali che sono andate per la maggiore sino alla riforma liturgica del Vaticano II (questi sono gli autori più visitati: Perosi, Campodonico, Caudana, Tosi, Oltrasi. Per coloro che vogliono ardire di più, c’è spazio anche per Palestrina). Più si va avanti con le prove e più i coristi hanno l’impressione di essere “bravi”, finché possono finalmente osare di “apparire in pubblico”. In realtà “in pubblico” non appaiono mai perché l’unico posto nel quale possono cantare durante la celebrazione è dietro l’altare maggiore: l’organo e lì! Il coro prosegue le sue attività: mai un invito al parroco per avere qualche incontro formativo, qualche momento di spiritualità, mai e poi mai la richiesta di aiuto per capire meglio come si realizza un repertorio di canti per la liturgia, ambiguo o fasullo l’inserimento nella comunità... Il tempo passa, non sempre i cantori diventano molto più “bravi” di quanto non lo fossero dopo la quinta o la sesta prova, il repertorio liturgico-musicale tende, più che a crescere e maturare, a cristallizzarsi e a rivelarsi inefficace dal punto di vista celebrativo. Intanto nelle parrocchie vicine cresce la fama di cotal complesso musicale che tutti ne parlano e specialmente tutti lo vorrebbero. È così che il “disponibilissimo” parroco incomincia ad avere i suoi dubbi, e viene a sapere per le solite ma provvidenziali “vie traverse” che il suo coro ha avuto modo di esibirsi più volte anche fuori porta, mentre in parrocchia lo si vede solo per alcune feste comandate... Una sera arriva dal parroco un gruppo di persone sedicenti “responsabili del coro parrocchiale”. Uno di essi ha in mano un fascicoletto di circa venti pagine: è il tanto agognato “regolamento” o “statuto” che finalmente chiarirà ogni cosa (reclutamento delle voci, prove di canto, circostanze nelle quali ci si deve “esibire” in parrocchia, scadenze da rispettare quando si è invitati a prestare servizio, funzione ed elezione del direttore e del presidente, funzione dell’organista, eventuale “giurisdizione” del parroco...) e sul quale il parroco “deve” apporre un’autorevole firma...

Pare inutile continuare la descrizione e tanto meno proporre alcun commento. L’invito rivolto ai lettori è quello di fare un esercizio personale: rileggere l’articolo apparso su questa rubrica nel numero precedente (n. 25, del 23/6/1996: Il coro liturgico) e tentare comprendere quali sono le caratteristiche che un coro di questo tipo è stato incapace di incarnare. Buon lavoro!

[Modificato da Credente 03/09/2010 23:32]
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CANTATE AL SIGNORE UN CANTO NUOVO, SUONATE LA CETRA CON ARTE E ACCLAMATE (Sal.32,3)
 
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