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EVOLUZIONE E ORIGINE DELL'UOMO

Ultimo Aggiornamento: 05/06/2016 17:52
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12/09/2010 20:12
 
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Vogliamo citare dei nomi importanti di personalità scientifiche che criticarono e criticano il monologismo darwiniano, e delle quali per ragioni di spazio non potremo trattare qui, affinché restino come uno stimolo agli interessati. Si rammentino dunque, oltre a quelli già citati, i nomi di Georges Cuvier (1769-1832),[8] Karl Ernst von Baer (1792-1876),[9] Rudolf Virchow (1821-1902),[10] Giovanni Virginio Schiaparelli (1835-1910),[11] Hans Driesch (1867-1941),[12] Daniele Rosa (1857-1944)[13], D’Arcy Wentworth Thompson (1860-1948),[14] Conrad Hal Waddington (1905-1975),[15] Léon Croizat (1894-1982),[16] Adolf Portmann (1897-1982),[17] Pierre Grassé (1895-1985),[18] Kinji Imanishi (1902-1992),[19] Søren Lövtrup,[20] Brian C. Goodwin,[21] Colin Paterson,[22] Roberto Fondi[23], Marcello Barbieri[24]. Come si può notare, la scuola italiana conta una significativa rappresentanza.

Ora, questa è soltanto una lista parziale; oltre a quello dello spazio disponibile, essa ha il grande limite dell’ignoranza di chi scrive, e un po’ anche quello della difficoltà di rintracciare Autori poco noti ai manuali nelle loro idee più originali, nonché le loro opere.

Per le note di riferimento numerato, si veda qui di seguito:



[8] Naturalista francese, padre del catastrofismo, la teoria opposta al gradualismo geologico di Charles Lyell , che spiega la presenza dei fossili di creature non più esistenti con improvvisi eventi distruttivi che avrebbero sconvolto, in varie ere, il nostro pianeta. Si occupò approfonditamente della classificazione e della struttura dei molluschi, dei pesci, e dei fossili di mammiferi e rettili. Quest’ultimo settore lo portò a fondare la paleontologia dei mammiferi. Importanti le ricerche di osteologia e delle strutture animali. Ricoprì alti incarichi pubblici nelle istituzioni scientifiche francesi, e poco prima della morte venne addirittura nominato ministro degli interni di Francia.

[9] Il grande embriologo tedesco si oppose da subito alla teoria di Darwin, entro la quale il suo giovane avversario Ernst Haeckel incorporò invece la sua teoria embriologica (“L’ontogenesi ricapitola la filogenesi”) tanto da diffonderla come “prova” del darwinismo. Al contrario von Baer riteneva che gli organismi si sviluppassero dal generale al particolare, e che i caratteri generali apparissero nell’embrione prima dei caratteri specifici; da essi sorgeranno poi le caratteristiche più specifiche, fino alle singole specializzazioni morfologiche e funzionali. Egli denunciò le incongruenze della teoria di Haeckel, divenuta nel frattempo una sorta di cavallo di battaglia darwinista.

[10] Uno dei più grandi fisiologi del XIX sec., premio Nobel per la medicina, e Medaglia Copley. Fu anche un appassionato antropologo, fondatore della Società Antropologica Tedesca e dell’Associazione Antropologica di Berlino, pubblicando ricerche etnologiche di grande interesse, a seguito delle sue spedizioni internazionali. Di non minore rilievo fu la sua attività politica: membro del parlamento prussiano, fondò il Partito Progressista e fu un acerrimo avversario di Bismarck, che giunse persino a sfidarlo a duello. Dal 1880 al 1893 fu membro del Reichstag tedesco. A lui si devono la scoperta di diversi apparati anatomici, di un metodo standard per le autopsie, dei processi di trombosi ed embolia, e la determinazione che la genesi cellulare può avvenire solo a partire da altre cellule, e non da materia amorfa. La sua opposizione alla teoria darwiniana si basava su varie considerazioni, ma si tenne solida sull’argomento metodologico, sostenendo che essa dovesse essere considerata un’ipotesi e nulla più.

[11] Astronomo e senatore del Regno Sabaudo, fu il primo ad osservare i canali di Marte (1877). I suoi molti interessi lo portarono a occuparsi di molti rami dello scibile, tra i quali la teoria dell’evoluzione, sulla quale aveva un’interessante opinione ortogenetica.

[12] Allievo di Ernst Haeckel, che contesterà, filosofo vitalista e scienziato, pioniere dell’embriologia sperimentale, condusse importanti ricerche sui ricci di mare presso la famosa Stazione zoologica di Napoli tra il 1891 e il 1900. Ipotizzò un principio vitalistico che denominò entelechia, quale causa dello sviluppo e dell’evoluzione dei viventi. Insegnò filosofia nelle Università di Heidelberg, Colonia e Lipsia. Dal 1926 al 1927 presiedette la Society for Psychical Research. Tra le sue pubblicazioni: Teoria analitica dello sviluppo organico, 1894; Storia del vitalismo, 1905; Filosofia dell’organismo, 1908; Corpo ed anima, 1916; Parapsicologia, 1932.

[13] Docente nelle più importanti università italiane e zoologo di gran fama, concentrò i suoi studi sugli invertebrati, e sulla teoria generale dell’evoluzione, della quale sviluppò, a partire dal 1909, una visione originale che lui stesso battezzò “ologenesi”. Tra i suoi estimatori contemporanei citiamo L. Croizat e G. Montandon, il quale ultimo applicò l’ologenesi all’uomo fondando lo “ologenismo”. L’ologenesi nasce dall’insoddisfazione nei confronti di tre grandi difficoltà del neo-darwinismo, e cioè: il salto tra microevoluzione e macroevoluzione; la difficoltà di spiegare le estinzioni in meri termini di sopravvivenza del più adatto; l’inverosimiglianza degli schemi evolutivi conosciuti come risultato di semplici mutazioni casuali. Secondo Rosa, l’evoluzione non obbedisce al caso instradato dalla selezione, ma a ben definite “leggi intrinseche”. Il ruolo della selezione naturale è sottomesso a tali leggi.

[14] È molto interessante che il grande biologo e matematico scozzese D’Arcy W. Thompson sia stato anche uno studioso della classicità, e che in tale veste abbia tradotto in inglese le opere biologiche di Aristotele. La sua fama si deve al libro, meravigliosamente ben scritto e illustrato, On Growth and Form, Cambridge University Press, Cambridge 1917, 19422 (riedito da Dover, 1992): oltre mille pagine dedicate all’autoorganizzazione intesa come la forza sorgiva delle forme dei viventi, in opposizione alla selezione. La biologia, per Thompson, deve rivolgersi alle leggi della fisica e della meccanica e penetrare l’ordine sottostante le forme. I suoi esempi sono di una eleganza straordinariamente rivelatrice: ad es. la scoperta delle relazioni numeriche fra le strutture spirali nelle piante (fillotassi) e la serie di Fibonacci.

[15] Dopo la prima formazione come geologo, rivolse i suoi interessi alla genetica e all’embriologia sperimentale. Collaborando con Joseph Needham sviluppò i concetti di Evocazione e Individuazione. Trasferitosi all’Università di Edimburgo, dove dirigeva l’Unità di Riproduzione animale e Genetica, dedicò la vita all’integrazione della genetica con la teoria dello sviluppo. Ha dimostrato la realtà dell’assimilazione genetica. Le sue riflessioni e i suoi esperimenti  hanno impostato il quadro attuale dell’embriologia, con i suoi concetti di canalizzazione, epigenetica, epigenotipo, fino all’organizzazione epigenetica, sopragenomica, integrata ed ereditabile dello sviluppo embrionale. Ha recuperato alcune importanti idee di Lamarck per riconciliarle con la biologia contemporanea.

[16] Nato a Torino da una ricca famiglia di industriali, ebbe una vita tempestosa e commovente condotta fra l’Italia, gli USA, la Francia e il Venezuela (vale decisamente la pena di leggere la nota biografica di R. C. Craw, “Never a serious scientist: the life of Leon Croizat”, Tuatara 27 (1984) 1, pp. 5-7 recuperabile anche in Internet). Botanico di rara profondità, si oppose nonostante le convenienze accademiche alla biogeografia darwiniana, sostenendo la tesi secondo la quale le barriere geografiche e gli insiemi biologici localizzati coevolvono («La vita e la terra evolvono assieme»). Nasce così la panbiogeografia, un metodo di trasferimento su mappe delle distribuzioni degli organismi, capace di rivelare le antiche connessioni fra aree di distribuzione disgiunte, cioè la preesistenza di biota ancestrali, successivamente divisi da eventi tettonici o climatici. Nonostante le dure opposizioni alle sue teorie, Croizat è considerato uno dei più originali pensatori della moderna biologia comparativa.

[17] Biologo svizzero, direttore dell’Istituto zoologico dell’Università di Basilea, della quale fu anche rettore. Ha lasciato una quantità impressionante di studi sui cefalopodi, ma la sua fama è dovuta all’approccio allo studio della forma, principio che egli stesso fa risalire al Metamorphose der pflanzen di Goethe (cfr. A. Portmann, Le forme viventi, trad. It. Adelphi, Milano 1989). «L’ordine che domina i processi vitali [è un] ordine appartenente a un regno assai diverso da quello della nostra logica e i cui rapporti con quest’ultima rimangono profondamente enigmatici», scrive in “L’arte nella vita dell’uomo”, in: AA.VV., Dibattito sull’arte contemporanea, Comunità, Milano 1954, p. 133. Rifiuta il caso nella scienza, che ritiene un elemento di ignoranza; rifiuta il riduzionismo e l’utilitarismo in cui le discipline della vita si sono impastoiate.

[18] Cattedratico alla Facoltà di Scienze di Parigi, si occupò principalmente di protozoologia, entomologia e fitologia, curando anche un monumentale Traité de Zoologie in 35 volumi. La sua critica al darwinismo è presentata in L’Evolution du vivant. Matériaux pour une nouvelle théorie transformiste, 1973, trad. It. L’evoluzione del vivente, Adelphi, Milano 1979, dove tra l’altro sostiene che la fonte del flusso evolutivo va cercata fuori della mutazione; e che l’evoluzione procede per una linea principale che definisce «delle madri», dalla quale si sviluppano come stoloni le singole specie.

[19] Ecologo e primatologo giapponese, critico del darwinismo (disciplina peraltro già rifiutata in Giappone fino alla sconfitta bellica del 1945), del quale rinnegava selezionismo e gradualismo, sottolineando gli aspetti cooperativi del mondo naturale in un’ottica olistica. Le sue teorie rappresentano la risposta “orientale” alla scienza dell’Occidente ispirata all’economia. Durante il suo primo viaggio negli USA, dove espose le sue ricerche sui primati, venne ridicolizzato per i metodi “antromorfizzanti” nel trattare gli animali che studiava. Oggi la primatologia riconosce in lui un precursore.

[20] Nel suo famoso libro Darwinism: The Refutation of a Myth, Croom Helm, Beckingham 1987, l’eminente embriologo svedese sottolinea che la maggioranza degli oppositori di Darwin lo attacca da posizioni scientifiche, e ha poco a che spartire con la religione. La principale critica a Darwin, consiste per lui nell’impossibilità delle innovazioni senza un accumulo progressivo di tanti piccoli passi intermedi, la cui esistenza non reca però alcun vantaggio selettivo, e non si spiega dunque con la teoria. Egli accetta l’evoluzione, di cui però nega a Darwin la paternità, ma rifiuta il meccanismo della selezione. Anch’egli si ispira a von Baer.

[21] Negando l’utilità della spiegazione in termini di «funzione e costo», l’embriologo inglese B. C. Goodwin (Schumacher College) vorrebbe una biologia più teoretica e meno storica, dunque più concentrata sui meccanismi fisici dell’evoluzione e sui principi generali dell’organizzazione biologica, capaci di dar conto del perché delle forme. La genetica ha infatti allontanato la biologia dal suo vero oggetto di studio: gli organismi. Al paradigma evolutivo egli contrappone un paradigma generativo. La dinamica dei sistemi complessi, la fisica del caos e l’autoorganizzazione sono le chiavi di accesso a questa nuova scienza della vita.

[22] Paleontologo del British Museum of Natural History, specializzato nella sistematica dei pesci, si dichiara «agnostico» nei riguardi dell’evoluzione. Ha scritto: «I gruppi parafiletici estinti, mi paiono oscurare, piuttosto che illuminare le relazioni, perché non esistono in natura, ma nella mente degli evoluzionisti. Questi gruppi portano a uno sterile rovesciamento del problema delle relazioni, che diventa non più dipendente dall’analisi comparativa di ciò che è accessibile – i biota recenti – ma piuttosto dal fare i prestigiatori con ciò che è inaccessibile, cioè le indefinibili astrazioni tratte dai dati fossili» (“Significance of Fossils in Determining Evolutionary Relationships”, Annual Review of Ecology and Systematics, 12 (1981), pp. 195-223: p. 219). I gruppi parafiletici estinti vengono disonestamente usati, secondo Paterson, in luogo delle “forme transizionali” nei ragionamenti evoluzionistici, in mancanza di prove reali.

[23] Paleontologo dell’Università di Siena si è occupato di vertebrati e di metodologie tassonomiche a base quantitativa. È autore con G. Sermonti del volume “eretico” Dopo Darwin. Critica all’evoluzionismo, Rusconi, Milano 1980. Ritiene che l’evidenza paleontologica imponga di rifiutare la contiguità fra le diverse specie estinte, e ancor più la loro presunta derivazione l’una dall’altra.

[24] Biologo dello sviluppo presso l’Università di Ferrara, fondatore e presidente dell’Associazione Italiana per la Biologia Teorica (www.biologiateorica.it), ha aperto un cammino molto promettente nel campo della biosemiotica. Cfr. il suo The Semantic Theory of Evolution, Harwood Academic Publishers, London 1985.

Il testo completo è possibile scaricarlo dalla pagina dei documenti.

[Modificato da Credente 12/09/2010 20:14]
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