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EVOLUZIONE E ORIGINE DELL'UOMO

Ultimo Aggiornamento: 05/06/2016 17:52
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02/09/2010 22:33
 
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PALEONTOLOGIA



La progressiva comparsa delle specie viventi


La geologia ha scoperto il modo di determinare l'età dei vari strati terrestri. I fossili, cioè i resti dei viventi trovati negli scavi (il nome deriva dal latino fodere) scavare), svelano quindi le specie che vivevano nelle epoche dei rispettivi strati. Tali strati geologici costituiscono cioè come un museo storico degli antichi viventi, distribuiti nei padiglioni delle singole epoche. Se si scopre pertanto la comparsa successiva di specie viventi via via più vicine alle attuali, fino all'uomo, sembra legittimo spiegare il fatto con una progressiva e perfettiva evoluzione, a partire da una primordiale comparsa della vita. Così pensano gli evoluzionisti. Ma arbitrariamente.

Anche nell'ipotesi infatti (data e non concessa, perché non è esatta, come dirò) che i reperti fossili comparissero proprio secondo il suddetto ordine progressivo, arrivando anche a scimmie antropomorfe e, per anelli intermedi, all'uomo attuale, il concatenamento generativo successivo resterebbe ancora tutto da provare. Ciò perché lo stesso dovrebbe risultare anche nella piena prospettiva creazionista.

Se il Creatore infatti ha voluto arricchire della vita le antiche epoche della terra, avrà dovuto fare successivamente sorgere viventi adatti a quelle progressive condizioni ambientali, lungo tutto il corso evolutivo fisico, fino all'epoca presente. Tali viventi dovevano poi scomparire, al cessare della corrispondente adattabilità.

Con la differenza che, mentre nell'ipotesi spontaneamente evolutiva la successiva comparsa, senza alcun salto, nei singoli filoni evolutivi, di tutte le progressive specie intermedie (comprese quelle incomplete, di transizione) sarebbe necessaria, non lo è ugualmente nella prospettiva creazionista, secondo cui, pur con ordinata corrispondenza all'ambiente, possono aversi, per libera volontà del Creatore, improvvise comparse di nuove specie (tutte perfette) e anche affiancamento di specie diversissime.


***


Ebbene, la paleontologia moderna, in realtà, presenta le sempre più numerose scoperte fossili molto più in armonia con la prospettiva creazionista che con quella evoluzionista. Il grande paleontologo americano G. G. Simpson (n. 1902) riconosce che "molte specie e generi compaiono improvvisamente differendo in modo notevole e multiplo da qualunque altro gruppo più antico". G. Sermonti, che lo cita, precisa che ciò vale ancor più per "le famiglie, gli ordini, le classi, i tipi [gruppi cioè sempre più vasti]. Tutti i tipi degli invertebrati compaiono in breve tempo nel Cambriano, senza tracce di ascendenti in strati precedenti" (art. cit. del 6 luglio). Per il paleontologo R. Fondi la "brusca e improvvisa comparsa" di gruppi "complessi ed eterogenei", "bruscamente seguita" da gruppi "via via sempre meno complessi ed eterogenei" (capovolgimento dell'ordine di comparsa), la mancanza di rispettivi "antenati comuni" dei suddetti gruppi e di "forme intermedie di passaggio tra essi", provano che "la concezione evoluzionista della vita va considerata come scientificamente fallita" (art. cit. del 22 luglio). Ricorderò, tra gli spettacolari capovolgimenti delle presunte successioni evolutive il caso degli Elefanti che si sogliano far risalire ad antenati, con proboscide appena iniziata, piccoli come Tapiri. In Sicilia si è invece recentemente scoperta una successione fossile inversa, prima di una specie gigante, poi di una specie piccola di meno di due metri e poi di una piccolissima di nemmeno 90 cm., con numerosissimi esemplari.

Lo stesso deve dirsi per il preteso filone evolutivo dell'uomo. A tale riguardo le scoperte fossili si succedono così frequentemente che non esiste in materia un testo che possa dirsi aggiornato: ma comunque esse infirmano, anziché confermare, le antecedenti prospettive evoluzioniste. Dopo la scoperta (1856) della razza arcaica certamente umana di Neanderthal i reperti di tali individui fossili si sono moltiplicati; poi altri reperti hanno fatto recedere di varie centinaia di migliaia di anni l'esistenza di veri uomini, più rassomiglianti agli attuali dei Neanderteliani, come quelli di Swanscombe (1935) e di Fontechévade (1947). Dall'origine asiatica dell'uomo (di cui si era creduto di trovare la prova prima nel Pitecantropo e poi nel Sinantropo, dei quali vedemmo la inconsistenza) si è passati all'origine africana, dove si è creduto di trovare finalmente i veri "Antropoidi", precursori dell'uomo. Ma dopo la scoperta della scimmia antropomorfa Australopiteco, nell'Africa australe (R. Dart 1924), di oltre 1 milione di anni, capacità cranica 500 cmc., si sono trovati reperti sempre più antichi, fino a quelli della Gola di Ulduwai (Louis Leakey, 1903-1972) in Tanzania: il Zinjanthropus (1959), di quasi 2 milioni di anni e quasi 600 cmc. e il contemporaneo e rassomigliante Homo habilis (1964). Poi si sono avuti i rinvenimenti clamorosi del lago Rodolfo (Richard Leakey), nel Kenya: l'Uomo del lago Rodolfo (1972) di circa 3 milioni di anni, 880 cmc; e ulteriori rinvenimenti si annunciano.

A parte le incertezze di queste forme e misure di crani, ricostruiti spesso con troppo incompleti e minuti frammenti, e a parte la problematica attribuzione di caratteri umani a queste misteriose creature, resta capovolta la presunta progressività evolutiva della capacità cranica, che risulterebbe invece accresciuta col retrocedere degli anni. E la dipendenza evolutiva dalle scimmie antropomorfe è infirmata.


Gli insignificanti anelli di congiunzione


Se la generazione evolutiva dei viventi è vera, la sua progressività deve essere indubbiamente caratterizzata (a parte le forme di transizione incomplete e imperfette che ora non considero e di cui comunque non si hanno tracce) da specie intermedie, quali "anelli di congiunzione". Essi sono perciò sempre appassionatamente ricercati dagli evoluzionisti. Ma la paleontologia è invece quanto mai avara di tali forme intermedie.

Bisogna tuttavia riflettere che, anche se abbondassero, positivamente non proverebbero niente. Una forma intermedia infatti o sarebbe tanto vicina alla precedente da rientrare nelle sue "varietà" (che non mutano specie) e rientrerebbe in quella, o costituirebbe un'altra specie e si ripresenterebbe interamente, per la sua comparsa, la doppia prospettiva o creazionista o evoluzionista. Chi nega che una pietra possa spontaneamente saltare un gradino di un metro deve negare anche che possa saltarne molti, intermedi, di pochi centimetri. Chi vede nella mirabile scala dei viventi l'opera del Creatore, non la vedrà che più arricchita da tali specie intermedie.


***


Un esempio molto istruttivo è dato dalla scoperta del più antico genere di uccelli fossili, l'Archaeopteryx (da archaios) antico e ptéryx, ala), trovato nel 1861 nel calcare litografico di Solenhofen in Baviera. La finissima grana di questo calcare ha permesso di conservare preziosi particolari strutturali. Un altro esemplare fu trovato nel 1877. Lo strato geologico è del Giurassico superiore, sicché risale a circa 120 milioni di anni. Grande come un piccione, aveva una lunga coda e due grandi ali l'una e le altre largamente pennute, una testa con molti denti e spiccate affinità scheletriche con i rettili per riguardo al cranio e alla colonna vertebrale. Viene perciò comunemente presentato come "evidente prova" di derivazione dai rettili e conseguentemente come "prova decisiva" a favore dell'evoluzione.

Ma è una affermazione arbitraria che nasce dal gratuito presupposto che quando una certa forma vivente possiede alcune caratteristiche di un'altra precedente deve averle derivate da quella.

In realtà da questo ritrovamento si può dedurre solo l'esistenza, in quei tempi, di questo speciale ordine di uccelli (chiamati Saururi) che univano, insieme alle caratteristiche nettissime di uccello, alcune caratteristiche di rettile. Si chiamino pure, se si vuole, forme di transizione, ma non di derivazione; né si ritengano incomplete e imperfette. Una tale combinazione di disparate caratteristiche rientra nella grandiosa varietà, talora bizzarra, delle forme viventi.

Che dire, per esempio (passando a tutt'altra classe animale) di quell'unico strano mammifero volante che è il Pipistrello, diffusissimo (se ne contano oltre 1000 specie), mezzo topo e mezzo uccello (a volerlo chiamare così, benché mammifero, per il volo)? Né si tratta di una forma male strutturata, rudimentale, transitoria. E' invece perfezionatissima e magnificamente dotata per il suo modo di vita. Si è perfino scoperto che, per evitare gli ostacoli nel suo notturno volo saltellante (dovuto alle ali membranacee e particolarmente idoneo per catturare gli insetti), emette degli ultrasuoni di cui percepisce l'eco, riflesso da quei corpi: un radar acustico. Un capolavoro! E' forse "derivato" dal topo? O, viceversa?


I "fossili viventi" smentiscono l'evoluzionismo


Si chiamano "fossili viventi" le specie attualmente viventi, conservatesi uguali alle antichissime loro forme fossili, che erano coeve di altre forme fossili da tempo estinte. Non si tratta di pochi casi, spiegabili come eccezioni dovute a circostanze ambientali forse specialissime.

Sono troppi.

L'evoluzionismo spontaneo non ammette specie fisse, cioè non soggette a evoluzione, eccetto quelle fossili scomparse, che costituiscano le forme ultime di rami evolutivi essiccatisi. Le altre specie scomparse vengono considerate come poste nella linea o alla radice di altre specie progredite, alcune delle quali giunte alle forme attuali. Le attuali, d'altra parte, apparirebbero fisse soltanto per il breve periodo di tempo della nostra osservazione.

In via generale pertanto - si badi bene - di nessuna specie è stato osservato sperimentalmente il comportamento lungo centinaia di milioni di anni, durante i quali sarebbe avvenuto il presunto passaggio evolutivo ad altra specie. Dagli evoluzionisti tale passaggio è stato postulato soltanto in base al confronto di specie estinte con altre estinte successive e con le attuali.

Le uniche specie sperimentalmente controllabili nel loro comportamento, lungo tali lunghissimi tempi geologici, sono questi cosiddetti "fossili viventi", di cui possiamo analizzare e direttamente confrontare, sia le vestigia fossili sia gli attuali esemplari viventi.

Ora questi esemplari si dimostrano, in modo impressionante, uguali alle loro vestigia fossili, in drastica contraddizione al postulato evoluzionista.

Qualche suggestivo esempio. La Lingula, molluscoide bivalve, appartenente ai brachiopodi "ecardini" (cioè con valve senza cardine), con adeguatissima struttura interna, diffusissimo nelle numerose specie viventi (160), si riallaccia immutata nelle migliaia di specie fossili, antiche fino a 500 milioni di anni. Il genere Limus, apparentemente crostaceo, ma meglio considerato come aracnide, anch'esso vivente in varie specie in tutto il mondo a diverse profondità marine (di struttura così bene organizzata che a1cuni evoluzionisti lo pongono all'origine delle primitive forme di vertebrati), è uguale ai fossili di 200 milioni di anni. Gli Scorpioni si sono conservati così per centinaia di milioni di anni. Lo scrigno prezioso di un blocco di ambra ci ha perfino conservato un Ragno con le sue fini strutture e una Cicala come le attuali, che risalgono a 30 milioni di anni. Nei depositi calcareo marmosi di Bolca (monti Lessini, Verona) che hanno 50 milioni di anni si seguitano a scoprire magnifici pesci fossili, con finissimi particolari, uguali a quelli che si ritrovano oggi nelle acque tropicali. m piccolo marsupiale Opossum della Virginia ricorda strettamente i corrispondenti fossili del cretaceo superiore, che risalgono a 100 milioni di anni.

E ogni tanto si fanno nuove scoperte e si hanno nuove sorprese. Nel 1830 fu trovato in un isolotto della N. Zelanda il vivente lucertolone (60 cm.), col muso a becco, Tuatara (nome neozelandese della Hatteria - o Sphenodon - punctata) che si riallaccia a simili rettili di 200 milioni di anni e che si riteneva estinto da circa 100 milioni. Nel 1914 si è scoperto che il Varano gigante (può superare i 4 metri), che richiama i fossili Sauri di 200 milioni di anni, vive ancora in un'isola della Sonda.

Forse la sorpresa più clamorosa, che fu definita "una delle più grandi scoperte zoologiche del nostro secolo" avvenne h vigilia di Natale del 1938, quando si ebbe la prova della sopravvivenza dei pesci Celacantidi (il nome viene da koilos, cavo, akantha, spina: perché hanno delle spine cave), vissuti per due o trecento milioni di anni nell'era paleozoica e che si ritenevano estinti nel periodo cretaceo da oltre 70 milioni di anni: lunghezza circa un metro e mezzo, coda che sembra piuttosto un prolungamento del corpo, pinne articolate al corpo con peduncoli che sembrano abbozzi di veri e propri arti, addome con una specie di grande polmone degenerato che sembra indicarne una tendenza anfibia. Era ritenuto una tappa evolutiva verso i rettili, gli uccelli, i mammiferi. Ma quel giorno, alla foce del piccolo fiume sudafricano Chalumna, ne fu pescato uno che fu sistemato per la conservazione e analizzato dalla dottoressa Courtenay-Latimer, dal nome della quale, insieme a quello del luogo fu coniato il nome di questa specie: Latimeria-Chalumnae. La conservazione di quel pesce e l'analisi non riuscirono molto soddisfacenti. Ma nel 1925 ne fu pescato un altro esemplare (di specie quasi identica) presso le isole Comore e nei tre anni successivi altri dieci, studiati a fondo. Quei Celacantidi in tutto questo lunghissimo periodo, evoluzionisticamente più che sufficiente a determinare la trasformazione progressiva della specie, sono restati tali e quali.



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