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EVOLUZIONE E ORIGINE DELL'UOMO

Ultimo Aggiornamento: 05/06/2016 17:52
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02/09/2010 22:32
 
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Questo evoluzionismo universale, scendendo ai fatti concreti, s'imbatte fatalmente nel problema dell'origine della vita, che esso è obbligato a risolvere come naturale transito della materia alla vita, per generazione spontanea: intesa questa, dai più coerenti, come qualcosa che possa sempre ripetersi. Per quelli che credono all'impulso divino dato all'evoluzione, essa è fatta dipendere da un intrinseco potere infuso nella materia, senza però un atto creativo diretto. Questo è l'aspetto più arcaico dell'evoluzionismo a cui ho accennato.

Anassimandro (VI s.a. Cr.) riteneva che dall'umido abbiano avuto origine i primi viventi acquatici e da essi gli uomini. Aristotele, S. Agostino, S. Tommaso l'ammisero. Era opinione comune che mosche insetti, vermi, rane, anguille, perfino topi, derivassero da sostanza in decomposizione o dalla melma, sia pure in virtù di forze naturali e potenzialità immesse dal Creatore (4).

Finalmente è scientificamente crollato questo mito della generazione spontanea: ma non senza tenacissime resistenze di buona parte dell'antico mondo scientifico. Fu merito di Francesco Redi (1628-1698) di escluderla per gl'insetti, del sacerdote Lazzaro Spallanzani (1729­1799), uno dei più illuminati fondatori della biologia moderna, di escluderla per gli infusori, e di Louis Pasteur (1882-1895), tenacemente avversato dal pur dotto naturalista P.A. Pouchet, di escluderla anche per i batteri. Risultò quindi confermato e generalizzato lo aforisma: "omne vivum e vivo", ogni vivente da vivente.

Il moderno evoluzionismo ha fatto un bel passo indietro.


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DUE DISTINTI PROBLEMI


Dopo le preliminari considerazioni precedenti entriamo ora nel vivo del problema, tenendo ben presente, per una soluzione critica veramente imparziale, lo evoluzionismo radicale che esclude qualsiasi intervento creativo, e risolve tutto nel gioco fisico-chimico della materia, senza alcuna intelligenza direttrice.

Questo, di fatto, è l'unico evoluzionismo concepibile dai materialisti. E' chiaro infatti che, escluso per principio un Essere trascendente (ed escluse anche misteriose forze immanenti gratuitamente affermate e non sperimentabili della materia), non si può pensare che a un processo evolutivo meccanicistico e spontaneo della materia stessa. Abbiamo visto antecedentemente che nell'accettare questo evoluzionismo lo scienziato materialista non può essere veramente imparziale e libero. Egli non ha altro scampo che in questa dottrina.

Tali scienziati, pur obbligati nella scelta dalla loro aprioristica pregiudiziale, fanno naturalmente di tutto per cercare di giustificarla in base all'esperienza, anche s,e poi confessano, in genere, lealmente, gli insuccessi della loro ricerca, come già vedemmo.

In questi tentativi di giustificazione vanno ben distinti due problemi. Uno riguarda il fatto della asserita evoluzione, l'altro il meccanismo che l'avrebbe prodotta. In generale questi evoluzionisti dichiarano che le prove del fatto sono ormai sicure, mentre resta tuttora incerto il modo, ossia il meccanismo che l'avrebbe prodotto.

Analizziamo ora, una ad una le pretese prove sicure del fatto. Poi analizzeremo il presunto meccanismo.

Le prove fondamentali del fatto sarebbero date dalla anatomia comparata, che ha scoperto le rassomiglianze e gradualità strutturali dei viventi e gli organi "rudimentali"; la paleontologia che avrebbe mostrato il succedersi progressivo, nei lunghissimi tempi antichi, delle specie, dalle meno alle più perfette; l'embriologia, che sottolineerebbe l'unità di origine; la genetica che da un lato sottolineerebbe ancor più tale unità e dall'altro permette di ottenere, di fatto, variazioni sperimentali.



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ANATOMIA COMPARATA


Gradualità e rassomiglianze dei viventi


Limito la considerazione al regno animale che più interessa perché comprende l'uomo.

Il fatto primario che risalta in questo mondo vivente e che avvinse Darwin, padre dell'evoluzionismo moderno, è che catalogando centinaia di milioni di diverse specie estinte e viventi si ottiene una meravigliosa scala di esseri che, a piccoli gradini, vanno dalla unicellulare ameba alle scimmie antropomorfe e all'uomo. Come spiegare l'esistenza di tale sconfinata varietà e gradualità di specie, talora anche così vicine tra loro? Non è naturale spiegarlo con il fatto di un lento processo evolutivo, secondo varie linee di trasformazione, una delle quali è giunta fino all'uomo?

Ma v'è di più. Tale unità di origine evolutiva sembra validamente confermata dalle impressionanti rassomiglianze delle strutture di base - anche in viventi disparatissimi - per le funzioni di respirazione, nutrizione, generazione, movimento, per le strutture scheletriche, lo sviluppo ,embrionale, ecc. Per esempio, si pensi alla suggestiva corrispondenza ("omologia") di struttura e articolazione dello scheletro delle braccia umane e delle ali degli uccelli. Le due parti dell'arto superiore umano sono il braccio, con l'omero articolato alla scapola, e l'avambraccio, con la coppia ossea radio e ulna, articolata al gomito, in modo da ruotare solo in avanti: la medesima successione e articolazione di ossa si nota nell'uccello. Per la mano, articolata all'avambraccio, con le sue 24 piccole ossa, 8 nel polso (carpo), 5 nel palmo (metacarpo) e 14 nelle dita (falange, falangina e falangetta) la corrispondenza viene bensì a mancare. Ma non del tutto, perché, al termine del1a coppia ossea si articola nell'ala dell'uccello, in altro modo idoneo, il lungo sostegno osseo longitudinale, in cui si ritrovano appunto alcune vestigia del carpo, del metacarpo e delle falangi.

A ben riflettere però, tale scala di perfezioni e tali rassomiglianze dei viventi non provano minimamente un processo evolutivo di formazione. Tutto ciò anzi si inquadra molto meglio nella opposta prospettiva creazionista.

Supposta infatti la creazione di una varietà di esseri, essi debbono ovviamente presentare diversità di perfezioni, in modo da costituire, confrontati tra loro, una scala graduale. Mentre però nell'ipotesi evolutiva dovrebbero necessariamente prodursi (come rivedremo più a lungo in seguito), lungo il lento cammino, numerose specie di transizione non ancora completate e quindi mal formate, esse debbono invece mancare del tutto nell'ipotesi della creazione. E questo infatti risulta in realtà. Anche la minima Ameba risulta, nel suo modo di essere, perfetta.

Quanto, in particolare, alle rassomiglianze strutturali di base esse non potevano mancare, in una "economia" creativa di vasta concezione, per una varietà di esseri destinati a vivere sul medesimo pianeta. Ma, mentre l'ipotetica produzione evolutiva non può spiegare l'esistenza, insieme alle rassomiglianze, delle profonde differenze strutturali specifiche, che si manifestano entro il grande quadro comune, la prospettiva creazionista ne dà la più ovvia spiegazione, esaltando in tale unità di base, capace di attuarsi in tanta diversità la sapienza dello Artefice sommo.

Queste diversità specifiche, veramente profonde, congiunte alle rassomiglianze, sono troppo spesso sfuggite agli evoluzionisti. Rifacciamoci, per esempio, alle suddette ali. A parte la profonda differenza strutturale della mano, già accennata, nello scheletro dell'uccello vi è, rispetto all'uomo, la radicale differenza delle ossa pneumatizzate, provviste cioè di cavità piene di aria, collegate a sacchi aeriferi comunicanti con i polmoni, che realizzano la necessaria leggerezza per il volo. L'articolazione ("omologa") alla scapola del primo osso lungo (omero) è inquadrata in una impostazione scheletrica tutta diversa dall'uomo (e in genere dai mammiferi); è posta cioè in modo che il punto di attacco si trovi al di sopra del centro di gravità di tutto il corpo, senza di che questo girerebbe continuamente su se stesso. E ben più intime ci apparirebbero le differenze se potessimo attardarci nei particolari.

 

***


L'unica deduzione logica dunque che si presenta è che tale enorme numero di specie di graduale perfezione sia dipesa dall'onnipotente volontà del Creatore per dilatare, con tanta molteplicità, il segno della sua potenza. E la sapienza del sommo Artefice risalta proprio dalla creazione di quei grandi e comuni piani strutturali, di base, da un lato conformi unitariamente alle esigenze della comune vita sul nostro globo e dall'altro disponibili ad essere attuati tanto diversamente, secondo le differenti specie.

La logica degli evoluzionisti invece, tutto sommato, è come di chi, considerando, per esempio, una serie di pietre preziose, della stessa materia, ma di diversa lavorazione, disposte in ordine progressivo di grandezza e pregio, ne deducesse che ognuna è derivata dalla precedente.


Gli organi rudimentali


Sempre nel quadro dell'Anatomia comparata, gli evoluzionisti insistono sulla esistenza dei cosiddetti "organi rudimentali" che in alcune specie sembrano non avere più alcuna funzione e non sarebbero che residui di specie antiche che si sono evolute. (Per l'Enciclopedia delle scienze, De Agostini - 1969 - costituirebbero addirittura una prova "inconfutabile" dell'evoluzione).

Citano, per esempio, i germi dentari del feto di balena, la quale da adulta è priva di denti e così un suo rudimentale arto posteriore. Nell'uomo, citano l'appendice vermiforme che pende dal fondo dell'intestino cieco; citano il coccige, piccolo osso, rivolto indentro, articolato al termine dell'osso sacro, che negli animali è sviluppato come scheletro della coda e nell'uomo costituirebbe quindi un puro vestigio.

Al principio del secolo l'elenco degli organi rudimentali dell'uomo era numerosissimo, tanto da comprendervi perfino le glandole cerebrali epifisi ed ipofisi, poi dimostratesi importantissime. Di tutti si sono, via via, scoperte le funzioni per lo meno utili, quando non necessarie, anche se compensabili da altri organi (come per l'appendice, per esempio), così da perdere il significato di organi rudimentali di puro vestigio arcaico, quali cioè reliquie di antichi organi funzionali.

In alcuni casi si è scoperto che si tratta di residui embrionali che non hanno niente a che fare con residui di organi scomparsi. L'embrione infatti, secondo un sapiente principio di organizzazione costruttiva, riunisce in un piano di base molteplici abbozzi preparati per diverse attualizzazioni mature. (Per esempio, alle 24.000 specie tra uccelli e pesci teleostei corrispondono due soli tipi fondamentali di organizzazioni embrionali.) Certi sviluppi pertanto non utili per una specie, ma con radici comuni o colleganze embrionali con sviluppi richiesti dalla specie stessa possono o compiere funzioni provvisorie a vantaggio di essa o restare semplicemente immaturi.

Così, per esempio, quanto ai suaccennati germi dentari del feto di balena. Darwin non si accorse che, così grossi e moltiplicati e adattati alla lunghezza della mascella, hanno una funzione importante nella formazione matura della mascella stessa che vi si appoggia e vi si modella. Quanto al rudimentale arto posteriore della balena, basta notare che anche nei cetacei il bacino, pur molto ridotto, non è privo di funzione ed esso è normalmente prodotto dalla proliferazione embrionale verso il tronco dell'abbozzo precartilagineo dell'arto. Anche nella balena in crescita questo è quindi provvisoriamente utile; poi in parte rimane (L. Vialleton, Membres et cintures des vertébrés tétrapodes, Paris 1924).

Una parola ancora, a puro titolo di esempio, su quei due organi umani, ordinariamente presentati dagli evoluzionisti come residui evoluti di organi la cui antica funzione sarebbe poi cessata. L'appendice è bensì molto più sviluppata negli animali erbivori, nei quali ha la funzione di decomporre l'abbondante cellulosa, mediante la propria flora batterica. Tale funzione è ovviamente ridotta nell'uomo, onnivoro. Tuttavia anche nell'uomo essa è capace di movimenti peristaltici e per il suo abbondante tessuto linfoide e la speciale secrezione (muco, linfociti, cellule epiteliali) ha utile funzione antibatterica e antitossica (sia pure surrogabile, in caso di asportazione), anche più importante nell'embrione e nel neonato, nei quali presenta perciò dimensioni relativamente maggiori. Quanto al coccige, la sua importante funzione appare subito appena si analizzi uno scheletro. Esso costituisce l'ultima punta della colonna vertebrale, opportunamente rientrante per funzionare, avvicinandosi diametralmente alla sinfisi pubica, come importante punto di inserzione e sostegno del pavimento muscolare del bacino (perineo). In particolare vi si inseriscono il muscolo elevatore, lo sfintere esterno dell'ano e l'ischiococcigeo e nella parte posteriore alcune fibre del grande gluteo. (Da notare, nei confronti dei quadrupedi, lo spedale bisogno dell'uomo del sostegno del pavimento del bacino per la sua posizione quasi orizzontale.) Non quindi vestigio di antica coda, ma utile organo, inquadrato bensì sapientemente nel piano comune strutturale del prolungamento della colonna vertebrale, ma con specifici caratterizzazione umana.

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