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EVOLUZIONE E ORIGINE DELL'UOMO

Ultimo Aggiornamento: 05/06/2016 17:52
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02/09/2010 22:30
 
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Il martellamento evoluzionista a tappeto


Dogmatismo pieno in tutte le opere più o meno divulgative, televisive, ecc. Per esempio, secondo la Enciclopedia delle scienze De Agostini, "l'idea evoluzionista è sostenuta da ampie prove; i risultati della genetica inoltre la confermano al di là di ogni dubbio". Secondo l'Enciclopedia delle scienze e della tecnica, Mondadori, "la teoria della evoluzione ha ricevuto dalla genetica la dimostrazione decisiva": mentre, come vedremo, è vero precisamente il contrario.

Non v'è settore, nel piano della divulgazione, in cui non venga immancabilmente o affermata o presupposta la verità della evoluzione radicale, come dato ormai acquisito dalla scienza. Qualche mese fa alla TV per i ragazzi, quando un docente ha mostrato l'immagine dei globuli rossi del sangue di rana con i nuclei, ha subito spiegato, con sicurezza, che tale anomalia dipendeva dal fatto che quei globuli non si erano ancora "evoluti" come quelli del sangue umano che non hanno nucleo. E così via. L'opinione pubblica non ha in generale, ormai più dubbi in proposito.


Penetrazione dell'idea nel campo cattolico


La forza di questa pressione psicologica, esercitata da una così unanime divulgazione, è sintomaticamente indicata dalla notevole penetrazione dell'idea evoluzionista anche in campo cattolico, in conseguenza dell'alta considerazione in cui giustamente sono tenuti gli sviluppi delle scienze. Si è finito per pensare infatti che si tratti di vera acquisizione scientifica. Vedemmo, d'altra parte, che, con le debite integrazioni, l'evoluzione è compatibile con fondamentali principi filosofici e con gli stessi dati della fede.

Tuttavia, come effetto del martellamento evoluzionista, l'accettazione di tale dottrina si è spinta, anche nel campo cattolico, sempre più avanti. Ci si è preoccupati sempre meno di quelle necessarie integrazioni e si sono accettate enunci azioni sempre più generali. Tale principio evolutivo si è inoltre proiettato, come fattore fondamentale dell'esistenza, in tutti gli altri settori, antropologico, morale, sociale, culturale, ecc.

Indubbiamente anche il fascino dell'idea, quell'apparente grandiosità e semplicità unitaria del suo dinamismo e progressismo, quel senso di liberazione dalla fissità delle cose e delle leggi, ha facilitato la penetrazione di tale dottrina nel campo cattolico, sospingendo anche taluni oltre i limiti delle verità di fede.


Agli estremi è giunto Teilhard de Chardin (1881­1955), gesuita, geologo e paleontologo di valore (ma non altrettanto valido biologo e tanto meno filosofo e teologo), che ha riassunto tutto l'universo in un'unica visione evolutiva monistica, per cui "esiste soltanto la materia che [evolutivamente] diventa spirito" (in La Energia umana). Egli è emblematico del dogmatismo evoluzionista, addirittura fanatico: "Non esiste più la questione trasformi sta [nel senso più radicale]", "gli scienziati sono tutti oggi d'accordo" v'è, per l'evoluzione, "la certezza del radar"! (da Il fenomeno umano). E' emblematico anche per il distacco tra l'ideologia e i fatti, come è, del resto, di tutto il movimento evoluzionista. Egli infatti per spiegare l'evoluzione, accettata a priori, ipotizza misteriose potenzialità immanenti della materia, sottratte 'a qualsiasi controllo sperimentale: una pura tautologia. Giustamente perciò Rostand, da questo punto di vista, colloca "Teilhard fuori della scienza, in quanto puramente congetturale e che sfugge ad ogni tentativo di verifica", appellandosi ad "energie misteriose" non sperimentabili; perciò - conclude Rostand - "Teilhard non ha gettato alcuna luce sul grande problema dell'evoluzione organica" (Una mistificazione, Roma 1967).

Ma anche il campo cattolico più ponderato si è fatto non poco influenzare (3), benché vi si stia oggi delineando una forte reazione. Questa, del resto, si va delineando anche fuori del campo cattolico.


Evoluzionismo politico


Scrivendo, nel sopraccitato articolo, contro le critiche del prof. Sermonti, l'evoluzionista prof. Brignoli termina, inaspettatamente, con un richiamo alle "implicazioni sociali e politiche" dell'evoluzionismo. Vi sono, di fatto, implicazioni marxiste.

E' un'altra effettiva componente del preconcetto evoluzionista. Alla pregiudiziale materialista del marxismo che esclude ogni intervento creatore si aggiunge il mito, pure marxista, del potere umano di trasformare, evolutivamente, a fondo, la natura, mediante il nuovo assetto sociale, in conformità al "materialismo dialettica". Così si spiega la tragicommedia del biologo russo Trofim Lysenko (1898-1976). Divenne Presidente dell'Accademia Lenin di Scienze agrarie (1938), al posto del grande genetista e agronomo N. I. Vavilov, che fu defenestrato (perché accusato di essere ligio alla scienza borghese e di avere quindi danneggiato l'agricoltura) ed esiliato in Siberia, dove morì (1942). Sfruttando tale alta posizione, si oppose a fondo, in nome della rivoluzione di Marx e Lenin e della particolare "approvazione di Stalin", alla classica dottrina genetica. Questa afferma, sulla base della costante esperienza, che i cambiamenti ("caratteri acquisiti") prodotti negli individui per influsso dell'ambiente (pigmentazioni, sviluppo di muscoli, amputazioni, ecc.) non possono essere trasmessi alle generazioni successive (cioè divenire "caratteri ereditari"), restando regolata la 'ereditarietà dei caratteri da certe costanti leggi, scoperte da Mendel. Lysenko invece sostenne - sulla linea dell'orticultore russo LV. Micurin (1855­1935) - la trasmissione di quei cambiamenti "acquisiti", ottenuti artificialmente mediante modificazioni di ambienti, nutritizie, innesti, selezioni di semi. Vi insisté, nonostante clamorosi insuccessi pratici, presentando tale principio come il segreto della evoluzione delle specie. Considerando anche l'uomo frutto dell'ambiente, promise lo sviluppo in Russia di una razza umana infinitamente superiore. Fu salutato come il "liberatore della biologia dalle contaminazioni reazionarie". Animò per molti anni la persecuzione dei genetisti classici - e anche di personalità di altri settori scientifici - distruggendone Istituti e pubblicazioni. Quasi trent'anni di fanatismo e oscurantismo evoluzionista. Fallite le sue vane promesse, cadde in disgrazia alla morte di Stalin (1953). Riabilitato da Kruscev (1960), fu definitivamente allontanato alla caduta di questi (1964).

Simile è il caso della ben nota biologa russa Olga Borisovna Lepesbinskaja (1871-1963), che divenne capo della sezione di evoluzione della materia vivente dell'Accademia di medicina (1949). Fu grande protetta di Lysenko, con cui si allineò dottrinalmente, e di Stalin stesso. Anch'essa si lanciò contro i biologi "reazionari". Sostenne, contro le scoperte di Pasteur, la possibile generazione spontanea di microrganismi, come gli infusori da infusi di fieno; sostenne anche la generazione di cellule viventi da albume di uovo e di veri e propri vasi sanguigni dal tuorlo; senza dire di un suo metodo di ringiovanimento umano con bagni in acqua e soda: tutte cose rivenute oggi prive di ogni serietà scientifica. In cambio - come ella stessa scrisse - ebbe un "intimo e caro" incoraggiamento telefonico da Stalin. Di questi lodò l’"assennato consiglio", la "grande cristallina chiarezza", il "grande potere di previsione scientifica", per cui "tutte le complesse questioni dei problemi erano un libro aperto e lo schema di sviluppo della scienza progressista sovietica era chiaro fin nei particolari" (G. Goglia, Osservatore Romano, 1° aprile 1977).

 


FALSIFICAZIONI ED EQUIVOCI


Esperienze


Prima di affrontare più direttamente il problema è utile puntualizzare ancor meglio la psicosi di "partito preso" di certi evoluzionisti, ricordando alcune famose falsificazioni fatte da scienziati, dietro lo schermo della apparente obiettività scientifica.

Molto significativi sono anche alcuni celebri equivoci, che pure esemplificherò in questo capitolo.

Il celebre zoologo Ernesto H. Haeckel (1834­1919) fu uno dei più appassionati sostenitori di Darwin e propagatore del più radicale evoluzionismo materialista inteso in tutta la linea: dalla spontanea formazione della "monera", (dal gr. moneres, unico) primo grumo vivente, precellulare, fino all'uomo. Egli presentò e divulgò, come principale prova della evoluzione stessa, quella che chiamò "Legge biogenetica fondamentale" (1866), secondo cui gli stadi di sviluppo embrionale di un individuo ("ontogenesi") ricapitolano gli stadi di sviluppo della sua specie, a partire dalle specie inferiori ("filogenesi"). Tale legge risulterebbe provata dalla rassomiglianza dei primi stadi dell'embrione umano con quelli degli animali inferiori.

A parte che tali esterne rassomiglianze (come vedremo) non dimostrano niente, Haeckel, per avvalorare la sua tesi, compi sugli schemi e le fotografie sperimentali embriologiche, da lui presentate, delle falsificazioni che furono denunciate da A. Brass e A. Gemelli (Le falsificazioni di Ernesto Haeckel, Firenze 1911).

Paolo Kammerer (1880-1926), brillante biologo viennese, diede nel 1909 e poi confermò, dopo molte esperienze sue e di altri (queste ultime però sempre negative), davanti agli scienziati della Società linneiana di Londra, nel 1923, la clamorosa notizia di avere ottenuto sperimentalmente la trasmissione ereditaria, cioè per generazione, di caratteri acquisiti da individui per esigenze ambientali: ciò in conformità della vecchia teoria del Lamarck, considerata allora cardine dell'evoluzione. Soprattutto presentò un rospo della specie che compie l'accoppiamento fuori dell'acqua, il quale, obbligato a compierlo in acqua, avrebbe sviluppato certe callosità. digitali caratteristiche delle specie che si accoppiano in acqua, le quali servono per tenere la femmina. Alla seduta di Londra era presente uno dei fondatori della genetica classica, W. Bateson (1861-1926), che insinuò la possibilità di una frode: poteva essere stato iniettato inchiostro di china sotto la pelle del rospo, dando l'apparenza delle callosità. Ma a Mosca spirava naturalmente corrente favorevole. Nel 1925 (primo anno di Stalin) Kammerer fu chiamato a fondarvi un Istituto di Biologia sperimentale. Sennonché nel 1926 un accurato esame microscopico, condotto con l'autorizzazione del Direttore dell'Istituto di biologia sperimentale di Vienna, scoprì che veramente era stato iniettato sotto la pelle l'inchiostro di china. Qualche settimana dopo Kammerer si uccise.

Il Bathybius Haeckelii. Ho sopra accennato alla "monera" di Haeckel, primo grumo vivente, da lui ipotizzato, che si sarebbe, via via, evoluto fino all'uomo. Ed eccoci, se non proprio a una mistificazione, a un colossale equivoco. Nel 1868 il grande zoologo T. H. Huxlei (1825-1895), fervente sostenitore del darwinismo, scandagliando le profondità oceaniche, estrasse una sostanza colloidale, gelatinosa, trasparente, che presentava lenti movimenti. La interpretò quale "monera" ossia prima formazione di materia vivente, a conferma dei principi di Haeckel. In onore di questi la chiamò Bathybius ("vivente delle profondità") Haeckelii ("di Haeckel"). Ma non si trattava, in realtà - come provò, qualche anno dopo, W. Thomson (spedizione oceanografica sul Challenger: 1872-1876) - che di un precipitato colloidale di solfato di calcio, prodotto dall'aggiunta di alcole all'acqua marina per conservare il materiale raccolto. Da notare che, mentre Huxley ne prese atto, Haeckel si ostinò a negarlo.

I semi di S. Leduc. La suggestione della ipotizzata "monera" era così tenace che fecero clamore perfino gli apparenti semi, che Leduc formò con pura gelatina, solfato di rame e zucchero. Gettati in soluzione di gelatina e ferrocianuro di potassio, emettevano delle specie di radici e fronde, come piantine (1910-1912). Ma non era, al solito, che un semplice effetto fisico d'incorporazione della soluzione, per osmosi.


Reperti fossili ingannatori


Il Pitecantropo. Il nome vuol dire (dal greco: pìthe­cos-ànthropos) "scimmia-uomo". Questo essere fu preannunciato e così chiamato dall'Haeckel. Avrebbe dovuto essere l'anello evolutivo di transizione tra la scimmia e l'uomo. Il naturalista olandese M.E. Dubois (1854-1941 ) pretese di averlo effettivamente scoperto in una campagna di scavi (1890-82) appositamente intrapresi nell'isola di Giava (per cui oggi viene piuttosto chiamato l’"uomo di Giava").

Ma si trattò di una sola calotta cranica che suggeriva una cubatura intermedia tra quelle delle scimmie e dell'uomo - calotta che lo stesso scopritore ammise in seguito poter essere quella di un gibbone - e di un femore certamente umano trovato a 15 metri di distanza che arbitrariamente fu attribuito al medesimo individuo, il quale sarebbe risultato un mostruoso gigante microcefalo, inammissibile. Altri reperti non chiarirono la cosa. Vi furono discussioni senza fine. Lo stesso Dubois cambiò più volte e a lunga distanza di anni, parere. Un bel sogno.


***


L'uomo di Piltdown. In questa località dell'Inghilterra meridionale alcuni scavi fecero trovare frammenti di due crani con caratteri primitivi, una mandibola nettamente scimmiesca e due denti (1909-1915). Dal geologo dilettante Charles Dawson che li raccolse e da A.S. Woodward, direttore dei British Museum furono attribuiti al medesimo individuo. Esso presentava caratteri misti umano scimmieschi, quali appunto doveva avere il tanto ricercato anello di congiunzione tra gli antropoidi e l'uomo. L’epoca fu fissata a circa 300.000 anni or sono. Contribuì alla scoperta anche Teilhard de Chardin. Fu chiamato Eoanthropus ("uomo dell'aurora") Dawsoni (dal nome dello scopritore). Tali resti costituirono per quarant'anni un particolare titolo di gloria del Museo Britannico. V'era stato anche, a garanzia di autenticità, uno studio accurato del Tedesco Weinert, venti anni dopo la scoperta. L'Enciclopedia Treccani li dà come sicuri, con ampia trattazione.

Ma una revisione compiuta da una commissione scientifica nel 1953 scoprì che i pezzi erano stati presi da un fossile umano e da un giovane orango recente, erano stati opportunamente trattati per simulare l'antichità e poi artificiosamente ivi sotterrati, come il mistificatore stesso infine confessò. Un comunicato dell'Accademia delle Scienze sigillò tale responso (accolto bensì, ma questa volta con un solo brevissimo cenno, nella terza Appendice Treccani).

Fu definita la più grande mistificazione scientifica del secolo.


***


L'uomo di Pechino (Sinantropo). E' il ritrovamento fossile forse più studiato dai paleontologi. Vi è largamente legato il nome di Teilhard de Chardin. Intorno al 1930 nella cava di Choukoutien, vicino a Pechino, furono trovati i resti di oltre una trentina d'individui di caratteristiche umane estremamente primitive. Risalivano a circa tre centinaia di migliaia di anni (Pleistocene medio). Era il famoso anello di congiunzione. Nei testi è ordinariamente dato come sicuro.

Ma con quanta imparzialità critica? Il primo scopritore, il medico e biologo canadese Black Davidson (1885-1934) era un evoluzionista entusiasta, smanioso di trovare questa nuova specie uomo-scimmia; era così ricco di fantasia che credette di averla scoperta fin dall'inizio, in base al ritrovamento di un solo dente; era così poco preoccupato del rigore scientifico che nel modellare, in base a quei reperti, una mandibola di adulto, di cui vantò la somiglianza con le mandibole umane, riunì due eterogenee porzioni, una di giovane e una di adulto, come rilevò il suo successore, l'antropologo F. Weidenreich (1873-1948). Tutti gli originali, forse per vicissitudini belliche, sono spariti e gli scavi sono stati proseguiti con l'unica garanzia dell'autorità comunista, interessata a valorizzare questa gloria di Pechino. Tutte le misure sono state fatte non su calchi dei pezzi originari, ma su modelli plasmati dal succitato Black, in base a parziali resti cranici (calotte craniche, ossa mascellari, denti), da cui Black ed altri trassero disparate capacità craniche (Black 960, Weidenreich 915, Teilhard oltre 1000). Colpo di scena quando furono trovati anche dei fossili di uomini attuali, centinaia di pietre di quarzo affumicate ed enormi mucchi di cenere (non solo "tracce" di fuoco, come è riportato ancor oggi nei libri). Dopo accurati sopralluoghi l'ipotesi del Sinantropo fu scartata dal grande Paleontologo H. Breuil (1877-1961). Il geopalentologo e antropologo B. M. Baule (1861­1942) definì tale ipotesi "fantastica".

In realtà tutto lascia supporre che sul luogo vi fosse una grande cava e una fornace per la fabbricazione della calce, in età di pieno sviluppo umano. Quei fossili pienamente umani erano gli operatori. I crani più piccoli erano di grosse scimmie, cadute sotto i loro colpi: essi presentano infatti i segni di colpi contundenti; e tutti hanno un buco, probabilmente per estrarne il gustoso cervello.

Quello che Teilhard de Chardin chiamò il "cugino" del Pitecantropo sembra che vi si ricolleghi effettivamente nel sogno.


***


L'uomo di Neanderthal. Questo tipo di vero uomo è certamente esistito, centinaia di migliaia di anni fa. E' così chiamato per la prima scoperta di una sua calotta cranica, nella "Valle di Neander" della Prussia renana, nel 1856. Se ne sono scoperti poi molti in varie zone, come in Francia a Chapelle-aux-Saints, dove nel 1908 fu trovato uno scheletro quasi completo.

Ma anche qui non manca l'equivoco. Il grande M. Boule ne fece una ricostruzione che è restata classica ed è riprodotta in tutti i testi, con la testa pendente alquanto in avanti, a modo abbastanza scimmiesco. Ma è stato un errore. Sergio Sergi (1878-1972) ha dimostrato che Boule aveva innestato male il cranio, per mancanza di alcuni frammenti e che in realtà la testa di quell'uomo era eretta come quella dell'uomo moderno.

Il sogno del pre-uomo sfugge sempre più. Le recentissime scoperte paleontologiche, di cui parlerò in seguito, lo confermano.

 

Evoluzionismo arcaico


Molti pensano alla dottrina evoluzionista come ad espressione di dinamismo, di progresso, di novità, in contrapposto alla staticità e antichità della concezione fissista e creazionista. In realtà essa è invece, per molti aspetti, un ritorno al passato, in contrasto con il progresso scientifico.

L'evoluzionismo cosmico generale rientra nelle più antiche concezioni del pensiero filosofico, come quella dei pitagorici, secondo i quali il cosmo sarebbe sospinto da una interiore tendenza verso il progresso; e, già prima, Esiodo se l'era rappresentato come un immenso organismo sospinto da slancio vitale (siamo nel VII s.a. Cr.). Teilhard de Chardin non ha fatto che ripresentare oggi qualcosa di simile.

Ebbe anche credito tra buoni pensatori credenti, - prima e dopo Darwin - supposto l'intervento iniziale di Dio (oltre che in altri opportuni momenti), rendendo cioè Dio, in qualche modo, fonte e guida dell'evoluzione stessa. Si può risalire, per esempio, ai "principi seminali" di S. Agostino (354-430) (benché d'interpretazione un poco oscura) e a S. Gregorio Nisseno (335-394): "Dopo la creazione della materia, una sorta d'impulso divino imprime al mondo un'evoluzione che mette capo alla produzione dei vegetali e degli animali, i quali non erano contenuti se non virtualmente nella creazione primitiva" (da M. Périer, Le Transformisme) Beauchesne, 1938). Più tardi si può ricordare il dotto gesuita A. Kircher (1601-1680) e poi il grande naturalista G. Buffon (1707­1788) per i quali tutti i viventi potevano derivare da poche specie iniziali. Quanto ai naturalisti Richard Owen (1804-1892) e G. Mivart (1827-1900), erano grandi avversari di Darwin solo in quanto sottoponevano la evoluzione alla diretta guida dell'Essere supremo.


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