Dalla prefazione al libro: LA VERGINE MARIA in S.Agostino
Come ben sa chiunque ha familiarità con l'opera di Agostino, la Vergine Maria occupa una posizione di primo piano nella sua meditazione teologica e nella sua parenesi pastorale, tanto che si può dire, senza timore di esagerazione, che la sostanza del culto mariano cattolico trova nell'opera agostiniana una delle più convinte e calde affermazioni. Occorre però tener presente che Agostino non affronta la mariologia come tema specifico: le sue considerazioni su Maria si sviluppano per lo più occasionalmente, come corollari della sua speculazione cristologia o nel corso delle sue esortazioni di carattere morale, spirituale e ascetico. Il carattere occasionale e l'assenza di sistematicità fanno sì che, mentre l'enunziazione di certi punti è molto esplicita, su altri punti il pensiero mariologico di Agostino si deve ricavare indirettamente, da accenni e allusioni, o interpretando certi silenzi (si pensi, in particolare, all'assunzione di Maria) oppure ancora tenendo presenti certe sue affermazioni apparentemente contraddittorie (è il caso, su cui ci soffermeremo più avanti, dell'Immacolata Concezione).
Tenendo presente quanto sopra si è detto a proposito della grande presenza di Maria nell'opera agostiniana non fa meraviglia che la speculazione mariologica successiva, nel corso della sua evoluzione, si sia rifatta spesso alle affermazioni di Agostino. Ma quanto abbiamo aggiunto sulla mancanza di sistematicità della sua trattazione mariologica ci rende anche conto del fatto che ne siano derivate interpretazioni diverse.
Sotto questo aspetto la raccolta curata da Pellegrino, costituisce uno strumento prezioso per la ricostruzione del pensiero mariologico di Agostino in se stesso e un punto di partenza indispensabile per la comprensione del dibattito che intomo a esso si è svolto. Riassumendo, nella conclusione della sua Introduzione, i risultati della sua lucida e documentata analisi dei testi agostiniani relativi a Maria, Pellegrino crede di poter individuare nel pensiero di Agostino la presenza, esplicita o implicita, dei vari elementi che costituiscono la mariologia cattolica attuale, salvo per quanto riguarda i dogmi dell'Assunzione e dell'Immacolata Concezione. Quanto all'assunzione egli però osserva che Agostino semplicemente non ne parla e che, quindi, «nulla si può argomentare da tale silenzio ». Per quanto riguarda invece l'immacolato concepimento di Maria (in altre parole, la sua esenzione dal peccato originale), Pellegrino ritiene che, sebbene tale dogma abbia « un 'eco abbastanza chiara in S. Agostino », esso sia però « inconciliabile con la sua interpfetazione del peccato originale ». Con queste parole Pellegrino sembra schierarsi abbastanza risolutamente tra gli interpreti di Agostino che vedono in lui un oppositore nei riguardi del dogma. Ma all'intemo di questa schiera d'interpreti la posizione di Pellegrino si distingue per alcune sfumature su cui vale forse la pena di spendere qualche parola.
Riassumiamo brevemente i termini del dibattito. In un testo famoso (De natura et grafia: n. 60) Agostino afferma l'assoluta estraneità di Maria al peccato in conseguenza del fatto di esser stata scelta come madre di Gesù, il santo per eccellenza, che non può aver alcun rapporto con il peccato. Ma in altri testi, risalenti alla fase più acuta della sua polemica contro ipelagiani, egli affermò l'universalità del peccato originale legandola alla concupiscenza che si accompagna all'atto della procreazione, cioè all'atto sessuale^.
Per cui soltanto il corpo di Cristo, non concepito mediante il congiungimento di uomo e donna, fu esente dal peccato, mentre il corpo di Maria, come espressamente sottolinea Agostino, ebbe origine «di là» (Inde,), cioè dalla concupiscenza2. « Non si vede — commenta Pellegrino — come l'esenzione di Maria dal peccato originale potrebbe conciliarsi con una tesi esposta in un linguaggio così chiaro e perentorio ». L'accenno di Agostino a Maria, in quel contesto relativo all'universalità del peccato originale, non sfuggì neanche ai suoi contemporanei. Usuo avversario, ilpelagiano Giuliano di Belano, gli rinfacciò di aver consegnato «Maria stessa in potere del diavolo in conseguenza della sua nascita ». Agostino rispose. Ma la sua risposta, come fa notare ancora Pellegrino, non soltanto non cancella i dubbi sull'esenzione di Maria dal peccato originale ma sembra ribadire l'unicità dell'esenzione di Cristo fOpus imperfectum contra lulianum 4,122; 6,22: nn. 66 e 67).
Il contrasto tra l'affermazione dell'assoluta estraneità di Maria al peccato e quelle relative all'universalità del peccato originale, escluso il solo Gesù Cristo, ha alimentato e continua ad alimentare la polemica tra gli interpreti di Agostino. Occorre ammettere in lui una contraddizione? Gli interpreti, sia quelli che sostengono la preminenza della prima affermazione, sull'assoluta estraneità di Maria al peccato, sia quelli che ritengono più conformi alla mentalità agostiniana le affermazioni sull'universalità del peccato originale, tendono per lo più a escludere che esista contraddizione. Ma, parlando in generale, essi giungono a tale conclusione interpretando, a seconda dei punti di vista, le due affermazioni alla luce l'una dell'altra. E dò ha la sua giustificazione nel fatto che in Agostino entrambe le affermazioni sono fatte in termini perento-ri e assoluti. Anche Pellegrino esclude che vi sia contraddizione tra le due affermazioni, in quanto egli pensa che la concezione del-l'universalità del peccato originale e della sua propagazione attraverso la concupiscenza preesista in Agostino alla polemica antipelagiana. Come si spiega, allora, la sua proclamazione circa l'assoluta santità di Maria? Pellegrino ammette che le parole di Agostino, dato il contesto in cui si trovano, si riferiscono soltanto ai peccati attuali. E una spiegazione che si trova anche in coloro che fanno di Agostino un oppositore dell'immacolato concepimento della Vergine. A differenza di questi ultimi però Pellegrino non cerca di ridurre la portata dell'affermazione agostiniana: presa come suona, e tenute presenti le ragioni con cui Agostino la giustifica (rapporto reale e fisico tra Maria e il Figlio suo che esclude ogni possibile contatto con il peccato), essa non consente eccezione alcuna, neppure per il peccato originale. Restano, allora, da spiegare le successive affermazioni sull'universalità del peccato originale da cui Maria sembra non essere esclusa. La ragione dell'apparente contraddizione, secondo Pellegrino, è la seguente. Quando Agostino afferma l'assoluta estraneità di Maria al peccato (anche se, tome si è accennato in precedenza, ciò sarebbe da intendere relativamente ai peccati attuali), egli si riallaccia a una convinzione che trovava ben radicata e diffusa nella tradizione e nella coscienza cristiana. Il radicalizzarsi della polemica antipelagiana però lo indusse a portare alle estreme conseguenze la concezione, in lui già presente in certe premesse, dell'universalità del peccato originale « che si propaga a causa della concupiscenza inerente al rapporto sessuale».
Come si vede, per Pellegrino il problema non è di stabilire quale delle due contrastanti affermazioni di Agostino abbia la preminenza ne è necessario armonizzarle tra loro a tutti i costi, attenuando la portata dell'una o dell'altra. E non è neppure sfiorato dalla preoccupazione che la contrarietà del grande Dottore al dogma, emergente dall'evidenza dei testi, possa inficiarne la verità e la validità. L'opposizione scaturisce in lui da una premessa, quella appunto della propagazione del peccato originale attraverso fatto della procreazione, di cui Pellegrino, nonostante la ben nota ammirazione per il grande vescovo d'Ippona, non esita a sottolineare «la debolezza » che basta da sola «a infirmare le conseguenze che essa implica per Maria ». E c'è di più. L'affermazione relativa all'estraneità assoluta di Maria al peccato e il tono perentorio con cui è enunziata sono una testimonianza del fatto che Agostino, su questo punto, si rifaceva a una comune persuasione della comunità cristiana e non parlava a titolo per-sonale. Personali erano invece le convinzioni sulla base delle quali egli fu indotto, a un certo momento, a esprimere dubbi o contrarietà.
La posizione assunta da Pellegrino nella controversia su Agostino è esemplare del suo comportamento di studioso della letteratura cristiana antica: la verità, filologica e storica, relativa ai testi deve venir prima di ogni considerazione di opportunità e di qualsiasi preoccupazione, pur legittima, di difesa di altre verità. Egli era convinto che la verità — e per lui la verità era una sola, quella che si riassume in Cristo e nel suo messaggio — non ha bisogno di esser protetta dagli errori umani con piccoli accorgimenti o sotterfugi: essa viene incontro da sola a chiunque la cerca senza pregiudizi, con umiltà e buona volontà.
Questa convinzione governò la sua vita sia di studioso e di docente sia di vescovo e di pastore. Tra le due attività non ci fu differenza se non di mansioni. Infatti anche durante il suo magistero di docente, pur esercitando la sua professione con il rigore e il distacco di cui prima si è dato un saggio, egli non dimenticò mai la sua missione di sacerdote che trovava, anzi, sempre più motivata e rinvigorita dallo studio approfondito e rigoroso delle antiche testimonianze della sua fede. Durante il suo episcopato poi numerosi furono i suoi gesti che suscitarono il perplesso stupore di alcuni o l'interessato apprezzamento di altri: si parlò, da una parte e dall'altra, di rottura con il passato, di rivoluzione, borse non si e badato olfatto che quel nuovo che veniva improvvisamente alla luce aveva radici molto antiche, era il volto antico della Chiesa come egli lo ritrovava attraverso un incessante, infaticabile lavoro di scavo e di restauro. Di tale lavoro, che univa insieme il rigore severo dello studioso e le esigenze profonde dell'uomo di fede, la raccolta di testi che qui si ripropone costituisce uno dei più riusciti e luminosi esempi.
1 De nuptiis et concupiscentia, 2,15, n. 65.
2 Contra ]ulianufn 5,15,52, n. 65.
EUGENIO CORSINI Università di Torino
[Modificato da Credente 19/06/2010 11:46]