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ESPERIENZE di NDE: Oltre la vita

Ultimo Aggiornamento: 30/08/2023 18:59
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24/02/2020 22:22
 
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Le esperienze di pre-morte dal punto di vista della scienza



Da un punto di vista formale un’esperienza di pre-morte si dovrebbe verificare nei primi attimi in cui il paziente rientra dalla diagnosi di morte clinica o quantomeno negli ultimi istanti che precedono la morte; tuttavia non vi è ad oggi nessun mezzo per stabilire con esattezza quando si verifica questo tipo di esperienze. È possibile che i fenomeni sensoriali avvengano durante le operazioni di rianimazione, quando ad esempio l’elettroencefalogramma è lontano dall’essere piatto, ma che al risveglio vengano attribuiti arbitrariamente al momento di massima vicinanza con la morte.

I neuroscienziati poi sono soliti ricordare che, anche quando si ottiene un tracciato elettroencefalografico piatto, questo non implica che tutto il cervello non sia più in funzione.

La corteccia cerebrale è inattiva ma l’elettroencefalogramma    non è uno strumento molto sensibile per rilevare il funzionamento delle strutture sottocorticali, per cui sarebbe più cauto considerare un tracciato piatto come il segnale di un’inattività della corteccia cerebrale piuttosto che dell’intero cervello, e non si può escludere che parte dei fenomeni sensoriali vissuti nelle esperienze di pre-morte abbiano origine dall’attività di alcune strutture  sottocorticali. 

Anche ipotizzando che le esperienze si verifichino in uno stato completo di morte cerebrale, resterebbe da risolvere un importante dilemma legato al luogo in cui si conserverebbe il ricordo di queste visioni. Perché un evento possa essere ricordato, la memoria umana deve in primo luogo codificare l’esperienza ed elaborarla a livello neurale (almeno sulla base delle attuali conoscenze sulla mente). Applicato al caso delle esperienze pre-morte, questo implica che nel momento in cui si vive un tale fenomeno vi dovrebbe essere un’attività neurale almeno sufficiente per la rappresentazione e la successiva rievocazione dell’intero evento. Se il cervello fosse troppo danneggiato per compiere questo tipo di operazione, diventerebbe allora difficile spiegare come mai, una volta rianimati, i pazienti presentino circuiti neurali che hanno mantenuto tali informazioni in memoria. Al riguardo merita di essere menzionato  lo studio  pubblicato sulla rivista PNAS nel 2013 (Surge of neurophysiological coherence and connectivity in the dying brain) da ricercatori   della Università del Michigan effettuato  su ratti.  Utilizzando un elettroencefalogramma i ricercatori hanno analizzato le attività cerebrali di nove ratti anestetizzati e sottoposti ad arresto cardiaco indotto sperimentalmente. Entro i primi 30 secondi dopo l’arresto cardiaco, quando il cuore smette di battere e il sangue smette di fluire verso il cervello, in tutti i ratti è stata riscontrata una attività cerebrale con una diffusa sovratensione, caratteristica questa associata ad un cervello altamente eccitato e dalla percezione cosciente. Le onde gamma che si sono manifestate sull’EEG dei ratti  sono quelle di frequenza particolarmente alta (oltre i 25 Hz) caratterizzanti lo stato di veglia e in particolare uno stato di tensione, mentre le onde che caratterizzano lo stato del sonno in cui si verificano i sogni sono le theta che si collocano tra i 4 e gli 8 Hz.  Questo porta a ritenere che le immagini che potrebbero comparire associate all’attività cerebrale registrata dai ricercatori non sono dei sogni e quindi:

  • se questi fenomeni dovessero verificarsi anche nell’uomo,
  • se le NDE si manifestano subito dopo l’arresto cardiaco,

tali esperienze avvengono durante l’attività di veglia del cervello. E’ chiaro che ad oggi l’importanza di una simile scoperta rimane tutta da dimostrare.

Merita altresì di essere riportato lo studio “AWARE”, (Sam Parnia et al. “Aware -Awareness during resuscitation – A prospective study), indagine  iniziata nel 2008 da un gruppo di ricercatori   i cui primi risultati sono stati pubblicati sulla rivista  Resuscitation, vol. 85, issue 12, Dec.2014.

Il Dott. Parnia alla guida del Progetto “Aware” (Consapevolezza durante la rianimazione).

Lo studio AWARE ha due obiettivi:

1- valutare l’incidenza della consapevolezza e la varietà delle “esperienze mentali” durante la rianimazione in persone che hanno subito un arresto cardiaco,

2- sviluppare una metodologia per testare l’accuratezza delle esperienze visive ed uditive .

Lo studio, iniziato nel 2008, finora  ha esaminato 2.060 pazienti provenienti da 15 ospedali del Regno Unito, degli Stati Uniti e dell’Austria. I sopravvissuti all’ arresto cardiaco sono stati intervistati in tre fasi:

  •  per determinare se in loro erano presenti  ricordi  o percezioni  comparse durante l’arresto cardiaco,
  • per determinare se i ricordi  o le percezioni costituivano un NDE (con o senza consapevolezza   uditivo / visiva),
  • per verificare la corrispondenza con la realtà delle percezioni uditive / visive  “vissute”  durante la NDE.

Per valutare quest’ultimo aspetto , nella maggior parte degli ospedale sono stati installati dei ripiani in prossimità del soffitto delle sale dove si praticano le rianimazioni. Su ogni scaffale è stato posizionato  un oggetto visibile solo dall’alto. Il tutto per verificare la validità delle percezioni visive riferite dai pazienti durante le esperienze extracorporee.

Dei 2.060 pazienti esaminati nello studio, solo 140 sono sopravvissuti e sono stati in grado di partecipare alla fase 1 dello studio (verifica della presenza di ricordi  o percezioni  comparse durante l’arresto cardiaco ). Di questi, 39 non sono stati in grado di completare l’intervista di fase 2  per investigare se i ricordi  o le percezioni costituivano un NDE. Dei restanti 101 pazienti intervistati in fase 2, solo 9 hanno riferito  di avere vissuto  una NDE (9%) e di questi  solo due hanno riportato esperienze uditive / visive dell’ambiente fisico. Di questi due, uno non è stato in grado di partecipare  ad una intervista di fase 3 (per verificare l’esattezza di tutte le percezioni uditive / visive dell’ambiente fisico “vissute” durante la NDE), mentre l’altro paziente  è stato in grado di partecipare ad una intervista di fase 3 riportando la sua personale esperienza.

Durante la NDE, il paziente si sentiva piuttosto euforico. Riferisce di aver udito  una voce automatica che diceva ” paziente in shock , paziente in shock “. Subito dopo presenta una OBE, “esce” cioè dal proprio corpo e fluttuando vicino al soffitto vede il proprio corpo l’infermiera e un altro uomo, calvo e “abbastanza grosso “, che indossava un cappello blu. Dal riscontro è stato possibile accertare che effettivamente era stato utilizzato un   Defibrillatore Esterno che forniva le istruzioni in modalità automatica e che l’uomo descritto corrispondeva all’anestesista che lo ha rianimato.
Purtroppo, la rianimazione di questo paziente è avvenuta in una sala che non era attrezzata  con gli scaffali e quindi non è stato possibile analizzare  ulteriormente l’accuratezza del vissuto “visivo” del paziente.

Sicuramente per ora i dati non permettono di trarre conclusioni o quantomeno indizi di una certa consistenza. Lo studio Aware continua e nei prossimi anni  si spera possa fornire ulteriori dati.

L’apparente capacità di essere in grado di mantenere la propria identità, la percezione, la coscienza, mentre si è in coma o in arresto di circolo appare certamente paradossale;

E’ possibile affermare  che per quanto ne sappiamo fino ad oggi il solo disordine cerebrale organico non sembra possa   essere  considerato  come unico meccanismo  alla base di  esperienze ben organizzate, universali e di significato essenzialmente positivo come sono le NDE. Anche i meccanismi neurobiologici finora ipotizzati possono solo parzialmente spiegare la fisiopatologia delle NDE, ma non possono fornire indicazioni sul loro significato.

E’ certo che la forte implicazione di questi fenomeni sulla conoscenza della natura umana   e della sua  stessa  coscienza   rappresenta senz’altro uno stimolo per la scienza  ad operare  ulteriori sforzi per l’approfondimento della loro comprensione.

FONTE : www.alessandrolivistudiomedico.it/le-esperienze-pre-morte-dal-punto-vista-della-...
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Dopo la morte c’è l’aldilà? Rispondono i pazienti che hanno subito un arresto cardiaco

 
 
C’è “vita” dopo la morte? L’argomento è molto controverso, ma è di questi giorni però la pubblicazione di uno studio inglese, diffuso qualche tempo dal giornale inglese Daily Telegraph, che comproverebbe il mantenimento di un certo grado di coscienza da parte di persone in arresto cardiaco.

Si ferma il cuore, non la coscienza

Per quattro anni i ricercatori della Southampton University hanno esaminato i casi di 2.060 persone, tutte vittime di arresto cardiaco, in 15 ospedali sparsi tra la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l’Austria. Secondo i dati in possesso degli studiosi inglesi, circa il 40 per cento dei sopravvissuti ha descritto esperienze coscienti provate mentre il loro cuore aveva smesso di battere. In cifre, dei 330 scampati alla morte 140 hanno raccontato di essere rimasti parzialmente coscienti durante la rianimazione.

eutanasia
CC

L’esperienza “extra-corporea”

E’ emerso che circa il 40% dei sopravvissuti avevano “ricordi” di quella esperienza nei minuti in cui erano clinicamente morti. Un 57enne di Southampton ha detto di aver vissuto una sorta di esperienza extracorporea, e di aver assistito alle azioni dei medici che cercavano di rianimarlo.

«Sappiamo che il cervello non può funzionare quando il cuore smette di battere – ha detto Sam Parnia, ricercatore che ha guidato lo studio – Ma in questo caso la consapevolezza cosciente sembra essere rimasta attiva fino a tre minuti dopo che il cuore non funzionava più, anche se il cervello di solito “si spegne” dopo 20-30 secondi da quando il cuore si ferma».

Ricordi positivi e negativi

Sebbene molti dei sopravvissuti intervistati non ricordino dettagli specifici, ci sono comunque una serie di temi ricorrenti. Come ha evidenziato La Repubblica (7 ottobre 2014), che ha rilanciato lo studio, una persona su cinque afferma di aver provato un grande senso di serenità, mentre circa un terzo ha percepito una accelerazione o un rallentamento nello scorrere del tempo.

Altri reputano di aver visto una forte luce o un sole che splendeva. Mentre per alcuni le sensazioni erano negative, simili all’annegamento o all’essere trascinati sott’acqua. Secondo Parnia, potrebbero essere molti di più i casi di esperienze dopo la morte ma molti non le ricordano a causa dei danni al cervello o ai sedativi che sono stati somministrati.

Clinicamente morti


[Modificato da Credente 15/05/2021 16:06]
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