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ESPERIENZE di NDE: Oltre la vita

Ultimo Aggiornamento: 30/08/2023 18:59
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23/05/2010 21:58
 
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ESPERIENZE DI PRE-MORTE (N.D.E.)


Le esperienze di pre-morte (EPM), indicate spesso con l'acronimo NDE (dall'inglese Near Death Experiences) costituiscono un fenomeno molto diffuso che si va a poco a poco imponendo all'attenzione di studiosi di tutto il mondo.
Tali esperienze riguardano per lo più persone che, per circostanze diverse (incidenti stradali, annegamenti, ferite da armi da fuoco, cadute, tentativi di suicidio, interventi chirurgici, gravi malattie), sono venute a trovarsi in condizioni di morte clinica, con perdita totale della coscienza ordinaria, e sono state successivamente riportate in vita.
I resoconti dei soggetti che hanno avuto delle NDE sono abbastanza diversi tra loro; è possibile tuttavia estrarre da tali esperienze alcuni elementi che tendono a ripetersi nella maggioranza dei casi e giungere così una sorta di modello di riferimento.
Sulla base di tale modello, una tipica NDE attraversa le seguenti fasi:

1) Il soggetto si trova improvvisamente a fluttuare al di fuori del proprio corpo, a un lato di esso o, più spesso, al di sopra. Può osservare l'ambiente circostante, guardare con distacco il luogo dell'incidente o assistere ai tentativi di rianimazione che i medici stanno effettuando. In certi casi si spinge in altre stanze dell'ospedale, o all'interno della propria abitazione. La percezione è molto intensa e chiara, tanto che il soggetto, una volta rianimato, è in grado di descrivere nei dettagli tutto ciò che è avvenuto intorno a lui mentre si trovava in stato di incoscienza.

2) In seguito c'è l'ingresso in una sorta di tunnel buio, che si percorre a gran velocità in direzione di una estremità in cui si intravede una luce abbagliante.

3) Giunto al termine del tunnel, il soggetto viene sommerso dalla luce che sembra permeare ogni cosa e alla quale vengono attribuite qualità positive, descritte generalmente in termini di amore, bontà, serenità. E' qui che egli incontra spesso parenti e amici defunti o esseri extra-umani (angeli), i quali a volte gli danno informazioni riguardanti il luogo in cui si trova.
Durante l'attraversamento del tunnel o, più frequentemente, mentre si trova immerso nella luce abbagliante, il soggetto vede spesso scorrere le proprie esperienze passate come in un film, sentendosi spinto a compiere una sorta di bilancio della propria esistenza. Tale visione retrospettiva ricorda molto da vicino la scena del giudizio nell'aldilà di cui parlano molte religioni del mondo. C'è tuttavia una differenza importante: tutti coloro che hanno avuto esperienze di pre-morte non parlano mai in termini di giudizio (che implica punizione o ricompensa), bensì di accettazione e comprensione, tese a un'autovalutazione del soggetto che riguardano la propria vita passata.

4) Una caratteristica comune alla maggioranza delle esperienze di pre-morte è che a un certo istante qualcuno o qualcosa fa capire al soggetto che deve tornare indietro nel mondo dei vivi, perché il suo momento non è ancora venuto. Ciò può capitare in una qualsiasi delle fasi precedentemente descritte.
Il ritorno alla vita viene in genere vissuto come sgradevole perché l'esperienza del distacco dal corpo è associata a benessere, pace e profonda armonia, uno stato ben lontano da quello sperimentato nella vita ordinaria.

Le interpretazioni del fenomeno
Riguardo al significato da attribuire alle esperienze di pre-morte, si possono dividere le spiegazioni in due grandi classi:

1) Concezioni spiritualiste, che considerano le NDE come una prova dell'esistenza di una parte immateriale dell'uomo, la quale si separerebbe dal corpo al momento della morte. In questo senso andrebbero interpretate anche la luce abbagliante (considerata una emanazione della divinità) e il rivivere come in un film la propria vita (considerato, invece, come la manifestazione del "giudizio" che ogni anima dovrà subire al suo ingresso nell'aldilà).

2) Concezioni scientifiche, sostenute da coloro che rifiutano le concezioni extra-fisiche per le esperienze di pre-morte. Per i sostenitori di questo tipo di tesi, le NDE non sarebbero altro che immagini provocato dallo stato di mancanza di ossigeno e di sostanze nutritive nei neuroni cerebrali, oppure il prodotto di certi farmaci somministrati ai pazienti in condizioni cliniche disperate o, infine, visioni provocate dalle endorfine che si liberano nel cervello in una fase critica delle funzioni vitali.
Bisogna osservare che questo secondo tipo di concezioni, nelle sue diverse versioni, è tipica di quegli studiosi che si sono pronunciati sul fenomeno utilizzando resoconti di seconda mano, cioè senza aver partecipato a ricerche dirette su pazienti. D'altra parte, quasi tutti coloro che, per motivi di lavoro, sono stati a diretto contatto con pazienti che hanno avuto NDE (medici, infermieri, anestesisti), anche se inizialmente scettici sulla natura extra-sensoriale del fenomeno, si sono successivamente ricreduti. Certi particolari riferiti dai pazienti, infatti, pur sorvolando sul fatto che in uno stato clinico di encefalogramma piatto non si dovrebbe avere alcun tipo di esperienza cosciente, non avrebbero potuto essere percepiti dalla collocazione spaziale e nelle circostanze in cui i pazienti stessi si trovavano.

NDE e bambini
Un filone tutto particolare è rappresentato dalle esperienze di pre-morte che coinvolgono bambini. Dobbiamo soprattutto al pediatra americano Melvin Morse la raccolta di numerosi casi di tali esperienze che riguardano bambini dai 3 agli 11 anni.
Morse, inizialmente scettico su una interpretazione extra-corporea del fenomeno, dopo aver studiato molta della letteratura disponibile sull'argomento, e dopo aver esaminato molti casi di NDE nei bambini, giunse alla conclusione che le diverse spiegazioni tendenti a ricondurre le esperienze ai fenomeni fisici del cervello erano inadeguate.
Secondo Morse, il fatto che un bambino clinicamente morto sia in grado di raccontare (a parole o con disegni) con ricchezza di particolari le diverse fasi della sua rianimazione, di descrivere le persone che si sono avvicendate accanto a lui, o addirittura di descrivere i nonni, morti prima dela sua nascita, avendoli incontrati mentre era del tutto incosciente, chiama in causa una realtà diversa da quella a cui siamo abituati.

Breve prospettiva storica
Convenzionalmente si fa risalire l'inizio degli studi sulle esperienze di pre-morte al 1975, anno in cui Raymond Moody, medico, pubblicò un libro in cui venivano raccolte molte testimonianze dei suoi pazienti che avevano vissuto esperienze riconducibili alle NDE.
Poco dopo, Elisabeth Kubler-Ross rivelò di aver condotto quasi contemporaneamente una ricerca analoga e di aver fatto più o meno le stesse scoperte di Moody.

Nel 1977 Karlis Osis ed Erlendur Haraldsson posero a confronto quasi 900 casi di NDE riferiti da pazienti a dottori o altro personale medico, sia negli Stati Uniti che in India, senza trovare grandi differenze nei resoconti, nonostante le forti differenze culturali.

Agli inizi degli anni Ottanta, ricercatori come Bruce Greyson e Melvin Morse svolsero nuove indagini, costituendo lo IANDS (International Association for Near-Death Studies), a cui aderivano medici, neurologi, psicologi e psichiatri, con l'obiettivo di portare avanti una ricerca interdisciplinare sul fenomeno delle NDE.

Dagli anni Novanta in poi vengono periodicamente organizzati congressi internazionali nei quali sono presentati nuovi studi e ipotesi sulle esperienze di pre-morte.

Nel 2001, la rivista scientifica "The Lancet" ha pubblicato una ricerca dell'olandese Pin van Lommel e collaboratori, dove viene descritto un primo protocollo scientifico applicato su larga scala (344 pazienti) nella valutazione delle NDE.

Secondo i dati raccolti finora sembrerebbe che circa il 30-40 % delle persone rianimate abbia vissuto delle esperienze di pre-morte; inoltre, gli studi non mostrano alcuna relazione tra il fenomeno e l'età, il sesso, la razza, la religione, la classe sociale o il livello d'istruzione.

Sebbene tali fenomeni si siano imposti all'attenzione dei ricercatori solo negli ultimi 30 anni, essendo divenuti assai frequenti grazie ai progressi delle tecniche di rianimazione, esperienze simili, sia pur molto più rare, sono note da moltissimo tempo. Esse vengono descritte, con abbondanza di particolari, nel Libro egiziano dei morti (500 a.C.), negli scritti yogici del saggio Patanjali (risalenti a 2000 anni fa) e nel Libro tibetano dei morti (VIII secolo).


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