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CRISTIANESIMO E GIUDAISMO A CONFRONTO

Ultimo Aggiornamento: 25/04/2021 19:53
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18/12/2012 15:39
 
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Una svolta dell’ebraismo di Gesù: era atteso da sempre

 

di Marco Fasol*
*saggista e professore di storia e filosofia

 

Daniel Boyarinè una delle voci più autorevoli dell’ebraismo contemporaneo. E’ professore di Cultura talmudica e di Retorica all’Università di Berkeley in California ed è riconosciuto a livello internazionale come uno dei maggiori, se non il maggiore esperto del Talmud e come un grande divulgatore della cultura ebraica. Nei mesi scorsi ha pubblicato a New York il testo “Il vangelo ebraico” (ed. italiana Castelvecchi, Roma, settembre 2012) che ha avuto un grande successo negli Usa.

Come ha scritto Elliot Wolfson, professore di lingua e storia ebraica all’Università di New York, “Quest’affascinante ricostruzione della storia di Gesù cambierà l’idea delle persone sulle origini del cristianesimo e sul suo complicato rapporto con l’ebraismo.” Qual è la grande novità scoperta da questa autorità mondiale  dell’ebraismo? Boyarin sostiene che i vangeli cristiani hanno una profonda continuità con le tradizioni ebraiche, in particolarecon le profezie messianiche dell’Antico Testamento.

Riassumo brevemente le sue tesi principali che segnano una svolta nell’interpretazione delle aspettative dell’ebraismo ai tempi di Gesù e rimettono in discussione la divisione millenaria tra ebraismo e cristianesimo.

Partiamo con alcune importantissime profezie messianiche che hanno alimentato per secoli la speranza di Israele. Il Salmo 2collocato proprio all’inizio delle preghiere israelitiche ufficiali, presenta il Messia, in greco il Cristo, cioè l’unto con olio di consacrazione, quale re terrestre d’Israele, adottato da Dio. “Io oggi ti ho generato”, dice Dio al re, e questo significa: “Tu sei stato posto sul trono”. Infatti quell’”oggi” può solo significare il giorno dell’intronizzazione. Questa figliolanza divina del Messia viene ripresa nel Salmo 110che fissa l’idea di un Messia elevato in cielo e seduto alla destra della potenza di Dio.  Anche qui Dio dice al re “Io ti ho generato… siedi alla mia destra finchè io non ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi”. Questi due Salmi sono citati di frequente nei Vangeli e questo ci lascia intuire che si trattava di profezie molto importantiper le aspettative giudaiche dei contemporanei di Gesù.

In seguito, prosegue Boyarin, accadde qualcosa di drammatico nella storia d’Israele. Nel587 a.C. Nabucodonosr espugnò Gerusalemme, che fu rasa al suolo, mentre gli Israeliti vennero deportati in esilio. Il popolo pregava allora il Signore che concedesse un nuovo re, del casato di David, e nacque così la nozione di redentore promesso. E’ in questo contesto post-esilico che si colloca un’altra celeberrima profezia, nel libro del profeta Daniele:  “Guardando ancora nelle visioni notturne ecco apparire uno simile ad un figlio di uomo; giunse fino al Vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno. Tutti i popoli nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto” (Dn 7,13-14).

Questo testo “divenne uno dei più influenti dell’ebraismo moderno”  scrive Boyarin e prosegue con un’impressionante descrizione analitica: il profeta ha una visione in cui vi sono due figure divine, una descritta come un uomo anziano, Antico di Giorni che siede sul trono. Ma Daniele ci informa che vi è un altro trono ed un’altra figura divina in forma “simile a un figlio di uomo” , portato tra le nuvole ed investito dall’Antico di Giorni, nel corso di una cerimonia che assomiglia moltissimo al passaggio della torcia da un vecchio re ad uno giovane, secondo un cerimoniale del vicino oriente. A questa seconda figura divina verrà dato il potere e il regno, ed un eterno dominio sul mondo intero, in accordo definitivo e completo con l’Antico di giorni. Questa visione diverrà nel corso del tempo la storia del Padre e del Figlio.  Ricapitoliamo le caratteristiche di questo Figlio dell’Uomo: è divino; è in forma umana; potrebbe essere raffigurato come una Divinità più giovane rispetto all’Antico di giorni; sarà intronizzato nell’alto dei cieli; riceverà potere e dominio, persino sovranità sul mondo intero.

Tutte queste caratteristiche di Gesù Cristo compariranno nei Vangeli ed appaiono in questo testo almeno più di un secolo prima di Gesù. Ad un certo punto, prosegue Boyarin, nella mentalità ebraica, questa profezia si fuse con quella di un re davidico e così nacque l’idea di un Messia umano e divino. Tale figura fu poi battezzata come Figlio dell’Uomo, con un’allusione alla figura divina simile ad un Figlio dell’Uomo del profeta Daniele. Bisogna aggiungere poi che l’evangelista Marco sottolinea fin dall’inizio, nel capitolo secondo del suo vangelo, che questo Figlio dell’Uomo ha caratteri divini: ha il potere di rimettere i peccati, come si vede nella guarigione del paralitico, ed è il Signore del Sabbath, come si vede nella sua difesa dei discepoli che raccoglievano il grano in giorno di sabato. Evidentemente non ha caratteri umani!

E quando il sommo sacerdote Caifa chiede a Gesù: “Sei tu il Cristo, il figlio di Dio benedetto?” Gesù risponde: “Io lo sono. Vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo”. Le nubi del cielo, nella simbologia del giudaismo dell’epoca, si riferiscono ad una teofania, cioè all’apparizione di un essere divino. Se la visione di Daniele non si riferisse ad un essere divino, allora sarebbe l’unica eccezione su circa settanta passi dell’Antico Testamento!

Allora possiamo concludere che “l’idea di un secondo Dio che fungesse da vicerè per Dio Padre è una delle concezioni teologiche più antiche in Israele.” (Boyarin, pag. 55). Riprendiamo infatti la visione del capitolo settimo di Daniele, alla luce del Vangelo di Marco. Vi riconosciamo questi elementi: i due troni; le due figure divine, una anziana e una giovane di aspetto; la figura giovane è destinata ad essere il Redentore e l’eterno padrone del mondo. Allora abbiamo tutti gli elementi per concludere il ragionamento. Leggiamo le parole stesse di Boyarin: “E’ già presente in Daniele, l’idea di un re divino, di divina designazione, che governa la terra… Ci sono molti elementi del Messia… La figura del secondo Dio e redentore proviene quindi, a mio avviso, dai primordi della religione di Israele” (Boyarin, p. 57).   “Se Daniele è la profezia, i Vangeli sono il suo compimento” (p 61).  “Io ritengo che sia possibile comprendere il Vangelo solo nell’ipotesi che sia Gesù sia gli ebrei che lo circondavano sostenessero una cristologia alta (che considera Gesù come Dio) secondo la quale lo status messianico coincidesse con una condizione umana e divina” (p. 62-63). La ragione per cui molti ebrei arrivarono a credere che Gesù fosse divino era che stavano già aspettando un Messia / Cristo di natura umana e divina.“Questa aspettativa era parte integrante della tradizione ebraica” (p. 64).

Ricapitolando, Boyarin arriva a sostenere che già nell’antico ebraismo erano presenti, anche se in forma misteriosa e profetica, le idee dell’Incarnazione divina e della Trinità. Mi sembra che si tratti proprio di una svolta interessantissima per i rapporti contemporanei tra ebraismo e cristianesimo. Le tesi di questa “autorità rabbinica” di fama mondiale possono aprire la porta ad un dialogo tra ebraismo e cristianesimo capace di trovare un terreno comune molto più ampio di quanto si è creduto finora. Leggiamo le testuali parole di Boyarin: “Gli ebrei dovranno smetterla di svilire le idee cristiane su Dio, considerandole una congerie di fantasie ‘non ebree’, forse pagane, sicuramente strampalate… le idee cristiane non sono del tutto aliene alle nostre, sono nate dalle nostre, ed a volte , forse, da alcune antichissimo idee ebraico-israelitiche.” (p. 27). “Oggigiorno quasi tutti riconoscono che il Gesù storico è stato un ebreo che viveva secondo gli antichi dettami ebraici. Sta inoltre aumentando il consenso nell’intendere gli stessi Vangeli e persino le lettere di Paolo come parte integrante della religione del popolo di Israele nel primo secolo d. C.” (p 38)

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