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APPARIZIONI MARIANE

Ultimo Aggiornamento: 28/02/2020 12:17
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04/11/2012 22:39
 
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I MIRACOLI 

(di padre Raniero Cantalamessa)
1.
Molti brani evangelici riferiscono miracoli operati da Gesú, soprattutto guarigioni da malattie; è bene perciò dedicare una volta la nostra riflessione non su questo o quel miracolo particolare, ma sul fatto in sé dei miracoli, sul loro significato e scopo, tanto più che esso è anche oggi uno dei punti più controversi nel dialogo tra scienza e fede.
2.
Diciamo anzitutto che la prerogativa di fare miracoli è tra le più attestate nella vita di Gesù. Gli Atti degli apostoli descrivono Gesù come "un uomo accreditato da Dio per mezzo di miracoli, prodigi e segni" (At 2,22). Gesù stesso presenta i miracoli da lui operati come prova della sua messianicità: "I ciechi vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti sono risuscitati" (cfr. Mt 11,5). Non si può eliminare il miracolo dalla vita di Gesù, senza smagliare tutta la trama del vangelo.
Ma domandiamoci: perché il miracolo? Che pensare di questo fenomeno che ha accompagnato tutta la storia della salvezza e continua ad accompagnare, oggi, la vita della Chiesa? Come ogni carisma, esso è una "manifestazione dello Spirito"; non, dunque, qualcosa lasciato al nostro gusto, o in potere della critica di accettare o meno. Fa parte di un atteggiamento di fede; non, s'intende, il credere a tutto ciò che viene spacciato per miracolo, ma almeno ammettere la possibilità e anche l'esistenza di miracoli autentici.
Insieme con i racconti di miracoli, la Scrittura ci offre anche i criteri per giudicare della loro autenticità e del loro scopo. Il miracolo non è mai, nella Bibbia, fine a se stesso; tanto meno deve servire ad innalzare chi lo compie e a mettere in luce i suoi poteri straordinari, come quasi sempre avviene nel caso di guaritori e maghi che fanno la pubblicità di se stessi. Esso è incentivo e premio della fede. È un segno (così infatti chiama di preferenza il miracolo Giovanni); deve servire a elevare a un significato. Per questo Gesù si mostra così rattristato quando, dopo aver moltiplicato i pani, si accorge che non hanno capito di che cosa ciò era "segno" (cfr. Mc 6,51).
3.
Alcuni recenti dibattiti suscitati dal "fenomeno Padre Pio" hanno messo in luce quanta confusione c'è ancora in giro circa il miracolo. Non è vero, per esempio, che la Chiesa considera miracolo ogni fatto inspiegabile (di questi, si sa, è pieno il mondo e anche la medicina!). Considera miracolo solo quel fatto inspiegabile che, per le circostanze in cui avviene (e rigorosamente accertate), riveste il carattere di segno divino; cioè di conferma data a una persona, o di risposta a una preghiera.
Se una donna, priva dalla nascita delle pupille, a un certo punto comincia a vederci, pur continuando a mancare delle pupille, questo può, al limite, essere catalogato come fatto inspiegabile. Ma se ciò avviene proprio mentre si confessa da Padre Pio (come raccontò l'interessata in una trasmissione televisiva fatta da questa piazza), allora non basta più parlare semplicemente di "fatto inspiegabile".
I nostri amici "laici", senza volerlo, danno un contributo prezioso alla stessa fede, con il loro atteggiamento critico nei confronti dei miracoli, perché rendono attenti alle falsificazioni possibili in questo campo. Devono però, anch'essi, guardarsi da un atteggiamento acritico. È ugualmente sbagliato sia il credere a priori a tutto quello che viene spacciato come miracoloso, sia il rifiutare a priori tutto, senza neppure darsi pena di esaminarne le prove. Si può essere dei creduloni, ma anche degli...increduloni, che non è poi tanto diverso.
Il giornalista Saverio Gaeta ha scritto recentemente un libro in cui raccoglie le prove mediche di una serie di miracoli riconosciuti dalla Chiesa. Nel frontespizio riporta questa frase di Chesterton: "Chi crede ai miracoli lo fa perché ha delle prove a loro favore. Chi li nega è perché ha una teoria contraria ad essi". Molto spesso è proprio così.
Le scienze profane si comportano, talvolta, nei confronti della religione e della fede, esattamente come rimproverano alla religione di essersi comportata, nei secoli passati, nei confronti della scienza, per esempio nel caso di Galileo. Le rimproverano infatti (e giustamente) che, nel valutare i risultati della scienza, la religione non si basava su osservazioni dirette, su verifiche ed esperienze, ma piuttosto su teorie di carattere astratto e deduttivo, o sull'autorità indiscussa di qualche grande del passato, come Aristotele.
Ma non è quello che una certa scienza positiva fa oggi quando si esprime intorno a cose di fede? Quanti di quelli che negano l'esistenza e la possibilità stessa del miracolo si sono dati la pena di esaminare - non fosse che per contestarla -, la documentazione medica esistente a Lourdes o presso la congregazione delle cause dei santi intorno ai miracoli?
4.
Detto questo, devo però aggiungere una cosa. Il miracolo appare, nel Vangelo stesso, come ambiguo. È visto ora positivamente, ora negativamente. Positivamente, quando esso è accolto con gratitudine e gioia, suscita fede in Cristo e apre alla speranza di un mondo futuro senza più né malattia né morte; negativamente, quando è richiesto, o addirittura preteso, per credere. "Quale segno fai, perché possiamo crederti?" (Gv 6, 30). "Se non vedete segni e prodigi non credete", diceva con tristezza Gesù ai suoi ascoltatori (Gv 4,48).
L'ambiguità continua, sotto altra forma, nel mondo d'oggi. Da una parte c'è chi ricerca il miracolo a tutti i costi; è sempre a caccia di fatti straordinari, si ferma ad essi e alla loro utilità immediata. Cercano i miracoli di Dio, più che il Dio dei miracoli. Anche a Padre Pio ricorrono per ottenere le grazie di Dio, più che la Grazia di Dio. Al versante opposto, ci sono quelli che non fanno alcun posto al miracolo; lo guardano anzi con un certo fastidio, come si trattasse di una manifestazione deteriore di religiosità, senza accorgersi che, in tal modo, si pretende insegnare a Dio stesso cos'è vera religiosità e cosa no.
Nell'episodio del Vangelo di oggi vediamo riflessi i due atteggiamenti possibili di fronte al miracolo. Nei nove lebbrosi che non tornano indietro, è denunciato l'atteggiamento utilitaristico di chi cerca il miracolo per il miracolo, e poi "fatta la grazia, gabbato lo santo"; nell'unico lebbroso che è tornato a ringraziare, si addita l'atteggiamento giusto che fa servire il miracolo per avvicinarsi a Dio. Costui non ha ottenuto solo la salute, ma anche la salvezza. Gesù lo congeda infatti con le parole: "Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato!".

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Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle...Lu 21,25
 
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