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LA TELEOLOGIA e il DISEGNO INTELLIGENTE (ID)

Ultimo Aggiornamento: 06/08/2018 19:21
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20/04/2010 15:04
 
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Il dibattito suscitato dal ricercatore Antonio Lima De Faria con la sua opera, EVOLUZIONE SENZA SELEZIONE:

Tratto dal sito:
itis.volta.alessandria.it/episteme/ep7/ep7-far.htm

...
In una recente sintesi del darwinismo ortodosso, che si trova nel volume del filosofo Daniel Dennett dal titolo emblematico: Darwin dangerous idea, viene illustrato come un processo iterativo articolato sugli stadi complementari di mutazione e selezione possa giustificare l'esistenza della molteplicità degli organismi che popolano la biosfera. Si tratta di un meccanismo corrosivo che non offre scampo ad un'implacabile e continua trasformazione degli organismi viventi. Tutto ciò in accordo ad un paradigma in base al quale le forme delle strutture viventi possono essere attinte da un serbatoio di dimensioni infinite, che contiene tutte quelle possibili, lasciando alla selezione il privilegio della scelta. Ad esempio S.J. Gould nel suo libro dal titolo accattivante, Wonderful life, portando indietro l'orologio di quasi 600 milioni di anni ci offre uno stupefacente panorama della diversità presente nelle forme dei fossili del periodo Cambriano.

Il determinismo genetico, attualmente predominante, rafforza ulteriormente tale impostazione sfociando in un riduzionismo radicale, propagandato da Richard Dawkins, [The Blind Watchmaker, Longman, Harlow, 1986] in base al quale le forze evolutive agiscono unicamente sul gene mentre la sua espressione fisica, il fenotipo, si limita a veicolarlo. Non si può negare che questo scenario abbia la capacità di coordinare i singoli fatti biologici in un insieme coerente, apparentemente tetragono alle più valide obiezioni. E ciò anche se sfuggono le ragioni in virtù delle quali dal materiale inorganico si siano formate delle cellule che a loro volta si sono unite o coordinate in strutture dotate di un livello sempre più elevato di organizzazione.

L'automatismo dei processi evolutivi esclude la presenza di un progresso che tenda ad un fine ultimo della creazione che si identifichi ad esempio con l'uomo e con le creature che lo circondano. A questa osservazione si può obbiettare che, senza appellarsi alle "cause finali" della teleologia, la differenziazione e l'aumento di complessità che si riscontra nella articolata gerarchia di strutture che presentano gli organismi viventi richiede una giustificazione che vada al di là della semplice casualità.

In realtà la teoria dell'evoluzione tende a generare atteggiamenti manicheistici. Ad esempio già dalla pubblicazione della Origine della specie, nel 1859, si è avviata una controrivoluzione che successivamente si è coagulata in quella linea di pensiero nota come Creazionismo che anche oggi, in una sua forma più moderna chiamata Intelligent Design, raccoglie adepti e simpatizzanti fra sofisticati intellettuali, inclusi alcuni scienziati.

Purtroppo la dura reazione da parte del mondo scientifico ortodosso rischia di esorcizzare anche coloro che, obbedendo semplicemente agli stimoli della curiosità intellettuale, osano mettere in discussione il rigido determinismo evoluzionistico, dimenticando che non è necessario essere cattolici integralisti per chiedersi come un organismo così complesso quale un essere umano possa essere solamente il risultato di una successione di eventi casuali.

Sin dalla sua nascita la teoria dell'evoluzione ha generato uno scontro fra la scuola di pensiero allora dominante, chiamata morfologia razionale, che cercava nelle leggi fisiche la spiegazione della tendenza della natura a generare alcune particolari strutture, e quella che individua nella selezione una adeguata spiegazione della loro esistenza. Con il passare del tempo la seconda ha prevalso sulla prima.

La letteratura è ricca di esemplificazioni dalle quali appare che l'interazione fra le fluttuazioni casuali dell'ambiente e le scelte condizionate dal filtro selettivo sia sufficiente per giustificare la comparsa e scomparsa nel tempo delle molteplici specie viventi, anche se alcune di esse appaiono come delle narrazioni avvincenti ma talora tautologiche poiché sembrano fabbricate ad hoc. In sostanza la vita in tutti i suoi diversi e molteplici aspetti costituirebbe una successione di contingenti colpi di fortuna, per cui allo scienziato resterebbe unicamente la possibilità di annotare, per quanto sia possibile, gli eventi che si sono succeduti e raccontarne la storia.

In realtà la morfologia razionale non è mai scomparsa del tutto ma è rimasta latente sino a riemergere nel secolo scorso grazie ai lavori di biologi teorici, quali Conrad Waddington [The strategy of the Genes, Allen and Unwin, London, 1957] e più recentemente Brian Goodwin, ["Structuralism in Biology", Science Progress (Oxford) 74 (1990), pp. 227-244; Development, Hodder & Stoughton and The Open University, London, 1991] i quali ritengono che i fattori che condizionano l'evoluzione delle forme biologiche siano riconducibili alle leggi della fisica matematica e della chimica.

Questo atteggiamento trae convincimento dal fatto che l'osservazione delle forme naturali rivela la presenza di alcune tipologie particolari, comuni ad oggetti inanimati e ad organismi viventi, la cui formazione non può essere del tutto giustificata attraverso un meccanismo selettivo. Questi problemi erano già stati pionieristicamente affrontati in modo sistematico dallo zoologo scozzese D'Arcy Thompson ed esposti in un libro dal titolo On Growth and Forni, pubblicato nel 1917. La sua influenza sul panorama culturale scientifico si è affermata lentamente e solo oggi viene adeguatamente riconosciuta. Il punto di partenza della sua indagine nasce dal presupposto che per interpretare i fenomeni naturali si debba applicare il rasoio di Ockham facendo giustizia delle ipotesi non necessarie. E poiché è possibile constatare, o dimostrare, che molte forme naturali incluse quelle biologiche, sono compatibili con le leggi della chimica fisica non dovrebbe essere necessario ricorrere a meccanismi alternativi.

D'Arcy Thompson era del tutto consapevole che tale impostazione lo avrebbe collocato ai limiti dell'eresia poiché si opponeva esplicitamente a quel dogma selettivo che veniva considerato dal convenzionale darwinismo come la risposta universale a tutti i problemi della biologia. Attualmente egli dovrebbe combattere contro la più agguerrita forma moderna dell'idea darwiniana, alimentata dalla genetica e dalla biologia molecolare.

In realtà l'opera di D'Arcy Thompson ha aperto un programma di ricerche che ha acquistato un respiro sempre più ampio coinvolgendo matematici, fisici, chimici e biologi, inteso ad approfondire la natura di quei processi di auto organizzazione che riflettono la capacità dei sistemi termodinamici aperti ad evolversi spontaneamente, in determinate condizioni, verso stati con un più elevato grado di organizzazione.

Dal punto di vista matematico esso ha preso l'avvio da un lavoro pionieristico di Alan Turing del 1952, ["The chemical basis of morphogenesis", Philosophical Transactions of the RoyaI Society, B 327 (1952), pp. 37-72.] che può essere considerato uno dei più importanti contributi alla biologia teorica sino ad ora apparsi.

Il problema da lui affrontato è quello della morfogenesi, intesa ad interpretare il meccanismo della formazione spontanea di strutture coerenti nel tempo e nello spazio. In particolare egli è riuscito a dimostrare che esse si possono generare nei sistemi nei quali abbiano luogo particolari reazioni chimiche la velocità delle quali è limitata dai processi diffusivi dei reagenti e soggetti a ben definite condizioni dal contorno.

In questo quadro la formazione di modelli spaziali è dovuta a perturbazioni instabili che promuovono trasformazioni verso stati con minore simmetria ma maggiore contenuto organizzativo. I modelli matematici così elaborati offrono pertanto una descrizione convincente dei processi nei quali emerge un ordine spaziale. E' allora legittimo chiedersi se i risultati ottenuti da tali indagini possano avere una ricaduta sulla teoria dell'evoluzione poiché sembrano indicare che la gamma delle variazioni a disposizione della selezione naturale non è infinita, poiché i processi morfologici favoriscono lo sviluppo di particolari e ben definite forme.

Gli studi sui processi di autorganizzazione hanno ormai acquistato una piena collocazione nella scienza della complessità traendo vantaggio dalla affermazione di nuove metodologie matematiche come quella degli automi cellulari e dallo sviluppo del calcolo elettronico. Ad esempio nel centro di ricerche più avanzato nel settore, che si trova a Santa Fé, è stata realizzata la simulazione dinamica di sistemi contenenti centinaia di reti interconnesse fra di loro. Si è così constatato che di fronte alle illimitate possibilità finiscono per prevalere alcuni comportamenti privilegiati.

In sostanza il comportamento dinamico della rete si assesta su un numero limitato di particolari cicli, o attrattori, indipendentemente dalle condizioni iniziali. Se si trasferisce tale risultato al comportamento dei genomi se ne può trarre la conclusione che essi non si limitino a riflettere le pressioni dell'ambiente ma che possano anche generare mutamenti e strutture.

Nel libro menzionato Gould, dopo averci stupefatti con la descrizione di creature scomparse, le cui forme sono del tutto aliene a quelle degli attuali organismi viventi, riconosce però che l'esistenza di principi organizzatori renda inevitabile un particolare tipo di vita. E ciò anche se trova molto difficile individuare il confine che demarca l'influenza delle leggi fisiche da quella dei fattori ambientali specifici.

In sostanza anche se tutti hanno capito la teoria dell'evoluzione le ricerche in corso sui sistemi complessi sembrano indicare che essa rimarrebbe incompleta se venissero del tutto ignorati i fenomeni di auto organizzazione. Se viceversa si vogliono approfondire le relazioni fra auto organizzazione e selezione naturale si presentano allora diverse opzioni di indagine fra le quali meritano di essere considerate le seguenti:

� la selezione e l'auto organizzazione non hanno nessuna relazione;

� l'auto organizzazione svolge solo un'azione ausiliaria alla selezione;

� l'auto organizzazione pone alla selezione dei vincoli che guidano i processi evolutivi;

� la selezione è in grado di generare auto organizzazione;

� la selezione e l'auto organizzazione sono aspetti di un unico processo.

Ciascuno degli aspetti precedenti ha un'ampiezza tale da poter ospitare posizioni teoriche in competizione o intese a conciliare le due correnti di pensiero. Questi aspetti sono chiaramente illustrati nel recente volume di D.J. Depew e B. H. Weber, Darwinism evolving.

Il professor Lima-de-Faria, scienziato di riconosciuta fama e convinto evoluzionista, ci offre con questo volume un contributo personale alla teoria della evoluzione nel quale attraverso una analisi puntigliosa e dettagliata di diversi fatti mette in profonda discussione il ruolo della selezione naturale. La sua drastica posizione che rifiuta ogni compromesso dialettico fra strutturalismo e selezione, ritenendola del tutto inutile, lo colloca però in una posizione isolata nell'attuale panorama scientifico.

Pertanto non c'è alcun dubbio che quest'opera sia destinata a suscitare discussioni. Tuttavia proprio per il suo contributo anticonformista essa merita un'attenzione libera da atteggiamenti pregiudiziali, intesa ad evidenziare quegli spunti che possono contribuire al dibattito menzionato>>.

[Modificato da Credente 20/04/2010 17:04]
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