Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

I FONDAMENTI DEL CRISTIANESIMO

Ultimo Aggiornamento: 18/10/2018 14:41
Autore
Stampa | Notifica email    
19/04/2010 23:37
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

L' interpretazione
del "vangelo" di Gesù
L'INFALLIBILITA'




In questo capitolo vedremo:
1. I problemi
2. La risposta
3. La Chiesa è infallibile
4. L'infallibilità nella Chiesa
a) il Concilio Ecumenico
b) il Papa
5. Il cristiano e l'infallibilità
6. I dogmi ed il magistero ecclesiastico



1. I problemi

Il cristiano deve seguire l'insegnamento di Gesù.

Ma, tenuto conto che

- Gesù ha parlato in ebraico/aramaico e per i suoi contemporanei ebrei,

- il Nuovo Testamento è giunto a noi scritto in greco: dunque c'è stata una traduzione,

- ogni testo scritto va interpretato,

si sono posti assai presto nella Chiesa due problemi:

* come stabilire il senso esatto dell'insegnamento di Gesù?

* come attuare il suo insegnamento in caso di situazioni nuove?

Equivalentemente: chi ha l'autorità di interpretare in modo sicuro il pensiero di Gesù? Facciamo due esempi:

1) Dice Gesù: "Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, [...] non può essere mio discepolo" (Lc 14, 26).

Come intendere questa frase? alla lettera?

2) Che cosa insegna Gesù a proposito delle pillole anticoncezionali? Resta difficile trovare nel Nuovo Testamento una risposta a questo problema, dato che non esisteva ai tempi di Gesù e degli apostoli!


2. La risposta

Per rispondere a questi delicati problemi procediamo per gradi.

a) La testimonianza dei primi cristiani

Se vogliamo conoscere oggi il pensiero di Gesù di Nazareth, non possiamo rivolgerci direttamente a Lui, poiché non possediamo documenti scritti da Lui; dobbiamo allora rivolgerci a coloro che furono vicini a Lui e che divennero i fondatori del Cristianesimo: gli apostoli.

Molti di essi però hanno preferito raccontare a voce i fatti e i detti di Gesù, anziché scriverli.

Coloro che hanno ascoltato gli apostoli ed hanno creduto alla loro parola sono diventati cristiani e, pur non avendo conosciuto Gesù, si sono messi a loro volta a predicare ad altri il suo vangelo, così come essi stessi lo avevano imparato dagli apostoli.

Si è creata in questo modo una tradizione orale su Gesù, tradizione che si è sviluppata nell’arco di almeno venti anni.

Alla radice di questa tradizione c’era comunque l’insegnamento degli apostoli, in grado di intervenire, a voce o per scritto, per correggere eventuali deviazioni, rettificare errate interpretazioni, completare insegnamenti lacunosi (così infatti è successo più volte a Pietro e a Paolo).

Questa tradizione è comunemente chiamata «costitutiva», in quanto è l’unica sostanziale fonte delle nostre conoscenze su Gesù e finisce con la morte dell’ultimo apostolo. Dopo tale data infatti non può più essere accolta nessuna affermazione «nuova» su Gesù, in quanto non potrebbe più esserne controllata la veridicità.
Inizia il tempo della tradizione «conservativa» (orale o scritta) che può soltanto tramandare l’insegnamento di e su Gesù.

Siccome c'era il rischio che la tradizione orale si alterasse, sorse la necessità di metterla per scritto.

Furono perciò prodotti e cominciarono a circolare nelle comunità cristiane vari scritti,

- o di apostoli che erano stati con Gesù fin dall’inizio della sua attività,

- o di Paolo che si era convertito dopo la morte di Gesù e che confermava di averlo visto risorto,

- o di discepoli che avevano raccolto direttamente l’insegnamento orale di qualche apostolo.

La necessità di mettere per scritto le tradizioni su Gesù nasceva anche dal fatto che la fine del mondo, che qualche cristiano attendeva come imminente, in realtà non veniva e intanto gli apostoli cominciavano a morire.

Poiché questi scritti sorsero in comunità cristiane che avevano udito gli apostoli, sarebbero stati rifiutati, se il loro discorso fosse stato diverso dall'insegnamento apostolico. Così è successo per almeno una lettera falsamente attribuita a Paolo (cfr. 2 Tess 2,1), per tutti i vangeli dichiarati «apocrifi», per la Didaché, ecc.

Furono dunque le comunità cristiane a giudicare quali fossero i libri da accettare come vincolanti per la fede e lo fecero in base alla conformità di essi con la tradizione orale apostolica: il Nuovo Testamento.

La fede cristiana perciò non potè fondarsi sul Nuovo Testamento, ma sulla Tradizione (di cui il Nuovo Testamento era certamente una parte):

- sia perché, almeno da vent'anni, il Cristianesimo c'era già, senza che ci fossero i libri che poi formeranno il Nuovo Testamento;

- sia perché non era scritto nella Bibbia quali fossero i libri della Bibbia.


Conclusione

I libri del N.T. contengono la genuina tradizione apostolica su Gesù. Ma questo si può accettare ciò solo se si dà fiducia alla Chiesa del I-II secolo, che abbia selezionato bene questi libri e li abbia garantiti e tramandati lungo i secoli.

(Chi non accetta questo non riuscirà ad arrivare a conoscere con sicurezza i fatti e i detti di Gesù).


b) La testimonianza degli apostoli su Gesù

Leggendo ora i documenti del Nuovo Testamento, si vede che il punto fondamentale che gli apostoli hanno tramandato su Gesù è che egli è risorto.

Però, per gli apostoli, la risurrezione di Gesù non è solo importante come fatto realmente successo, ma anche come garanzia che Gesù stesso ha dato per essere creduto quando diceva

- di essere Figlio di Dio;

- di portare la parola di Dio (verità): cfr. Mt 12,38-40; 16,4; Lc 11,29-32; Gv 2,18-22; At 2,36; 10,36-43; Rom 10,9-10 (riprende un’idea di Deut 18,18-22: "Dio susciterà un profeta come Mosè").

Atto di fede negli apostoli è essenzialmente accogliere questa testimonianza.

Chi sceglie di dar fiducia agli apostoli che trasmettono il fatto eccezionale della risurrezione di Gesù non ha più difficoltà a fidarsi di loro per tutto quanto raccontano su Gesù.

E perciò accetta che gli apostoli abbiano

1. tramandato in modo sostanzialmente fedele i fatti e i detti di Gesù;

2. interpretato correttamente il senso delle sue parole (anche nell’adattarle alle esigenze delle varie comunità in cui le hanno predicate);

3. fatto su Gesù un discorso vero, quando dissero che parlava a nome di Dio (profeta) e quindi portava la verità di Dio.

Ciò vale anche per Paolo, in quanto le comunità del I-II secolo hanno accettato i suoi scritti al pari di quelli degli altri apostoli (cfr. 2 Pt 3,15-16).

È abbastanza frequente oggi, soprattutto negli ambienti ebraici, sentir dire che Gesù era un rabbino che ha operato ed insegnato all'interno dell'ebraismo e che è stato Paolo ad alterare il suo messaggio, presentando un Cristianesimo diverso da quello di Gesù.

A chi afferma questo è necessario fare i complimenti: per poter dire che Paolo ha alterato il messaggio di Gesù, egli deve conoscere il messaggio di Gesù! Ma da quali documenti? I vangeli non sono certo stati scritti da Gesù!

Gesù non ha scritto nulla che ci sia giunto e perciò il suo messaggio lo conosciamo solo da quelle comunità che hanno accettato come fondamentale per il Cristianesimo anche l’insegnamento di Paolo: evidentemente l'hanno visto come omogeneo all'insegnamento di Gesù. Il sospetto che queste comunità non abbiano capito le differenze fra i due messaggi ne farebbe sorgere legittimamente un altro, che cioè non abbiano neanche capito quello di Gesù.



c) Le risposte del Nuovo Testamento

Alla domanda: Chi ha autorità di interpretare in modo sicuro il pensiero di Gesù? il Nuovo Testamento risponde:

1. Lo Spirito Santo

Interprete autorevole del pensiero di Gesù è lo Spirito Santo, dato da Gesù risorto ai discepoli, cioè alla Chiesa.

Documentazione

q «Io pregherò il Padre che vi darà un altro Paràclito (difensore), affinché (sia) con voi nei secoli, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere perché non lo vede né lo conosce. Voi lo conoscete, perché rimane presso di voi e sarà in voi... il difensore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel nome mio, egli vi insegnerà tutto e vi farà ricordare tutte le cose che io dissi a voi» (Gv 14,16-26).

q «Quando sarà venuto Lui, lo Spirito della verità, vi guiderà verso tutta la verità; infatti non parlerà da se stesso, ma dirà (lett. parlerà) quanto ascolta e vi annuncerà le cose a venire» (Gv 16,13).


2. La coscienza del cristiano

Lo Spirito Santo opera anzitutto attraverso la coscienza del cristiano. Il cristiano infatti ha ricevuto lo Spirito di Gesù e perciò in generale sa come attuare concretamente il pensiero di Gesù nella sua vita.

Documentazione

q Pietro a loro: «Cambiate mentalità e sia battezzato ciascuno di voi nel nome di Gesù Cristo per la remissione dei vostri peccati e riceverete il dono del Santo Spirito» (Atti 2,38-39).

q Avendo udito allora gli apostoli che erano in Gerusalemme che la Samaria aveva accolto la parola del Dio, mandarono a loro Pietro e Giovanni, i quali, arrivati, pregarono per loro perché ricevessero Spirito Santo; infatti non era ancora disceso su nessuno di essi, ma soltanto erano stati battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano le mani su di essi e ricevevano Spirito Santo (Atti 8,14-17).

q Voi però non siete ne(lla) carne ma ne(llo) spirito, se veramente (lo) Spirito di Dio abita in voi. Se poi qualcuno non ha (lo) Spirito di Cristo, questo non è di lui. Se invece Cristo (è) in voi, il corpo (è) morto a causa de(l) peccato, mentre lo Spirito (è) vita per giustificazione.

Se poi lo Spirito di colui che risuscitò Gesù da morti abita in voi, colui che risuscitò Cristo da morti vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito inabitante in voi (Rom 8,9-11).


3. Gli apostoli - Pietro - la Chiesa

La coscienza però non è la norma ultima per interpretare con sicurezza il pensiero di Gesù. Essa infatti può avere dei dubbi nel realizzarlo concretamente (cfr. Rom 14, 23: "Chi è incerto,...").

Tale autorità invece Gesù l'ha data:


a) agli apostoli

Essi erano la fonte autentica per interpretare l'insegnamento di Gesù. Egli infatti aveva detto loro:

q «Chi riceve voi riceve me e chi riceve me riceve Colui che mi ha mandato» (Mt 10,40).

q «Chi ascolta voi, ascolta me; e chi disprezza voi, disprezza me; chi poi disprezza me, disprezza Colui che mi ha mandato» (Lc 10,16).

q (Disse Gesù): «Io ho comunicato loro la tua parola e il mondo li ha odiati... Santificali per la verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato nel mondo me, anch'io ha mandato nel mondo loro: E per essi io santifico me stesso, affinché essi pure siano santificati per la verità» (Gv 17,14-19).

Inoltre gli apostoli affermano di agire con l’autorità dello Spirito Santo nel decidere per es. la non necessità della circoncisione (At 15,28).


b) a Pietro

Secondo le parole di Gesù, gli apostoli avevano bisogno di essere confermati nella fede. Questa funzione Gesù l`ha data a Pietro:

q (Disse Gesù a Pietro): «Io a te dico che tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte dell'ade non prevarranno contro di lei. Darò a te le chiavi del regno dei cieli e ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,18-19).

Secondo la mentalità ebraica, «legare» e «sciogliere» vuol dire valutare se una determinata azione cade o no sotto la legge. Cfr. Gv 5,18: "Gesù scioglieva il sabato".

Comunemente gli ebrei riconoscevano questa prerogativa di «legare e sciogliere» ai loro rabbini.

Secondo alcuni esegeti è anche il potere di assolvere o no i peccati, ma questo è meno documentabile.

q «Simone, Simone, ecco il satana cercò di vagliarvi come grano; io pregai per te affinché non venga meno la tua fede; e tu una volta convertito conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32).

Si ritiene che i «fratelli» siano gli altri apostoli.

Quando dunque ebbero mangiato dice a Simon Pietro Gesù: «Simone di Giovanni mi ami più di questi?». Dice a lui: «Certamente, Signore, tu sai che ti voglio bene». Dice a lui: «Pasci i miei agnellini». Dice a lui nuovamente una seconda volta: «Simone di Giovanni mi ami?». Dice a lui: «Certamente, Signore, tu sai che ti voglio bene». Dice a lui: «Pasci le mie pecorelle». Dice a lui per la terza volta: «Mi vuoi bene?». E disse a lui: «Signore, tutto tu sai, tu conosci che ti voglio bene». Dice a lui Gesù: «Pasci le mie pecorelle» (Gv 21,15-17).

«Agnellini» e «pecorelle» si ritiene che significhino gli altri apostoli o/e tutti i fedeli.


Ma, dopo la morte degli apostoli, a chi riferirsi per avere un'interpretazione autentica?


c) ai discepoli, cioè alla Chiesa

Il Nuovo Testamento riconosce l'autorità di interpretare infallibilmente il pensiero di Gesù alla Chiesa, cioè all'insieme dei discepoli di Gesù.

Documentazione

- Parole dette da Gesù

q «Amen dico a voi: quanto legherete sulla terra sarà legato in cielo e quanto scioglierete sulla terra, sarà sciolto in cielo» (Mt 18,18).

È il potere dato ai discepoli di Gesù (la Chiesa) di interpretare la legge cristiana, parallelo a quello dato a Pietro in Mt 16,19.

q «Io pregherò il Padre che vi darà un altro Paràclito (difensore), affinché (sia) con voi nei secoli, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere perché non lo vede né lo conosce. Voi lo conoscete, perché rimane presso di voi e sarà in voi... il difensore, lo Spirito santo che il Padre manderà nel nome mio, egli vi insegnerà tutto e vi farà ricordare tutte le cose che io dissi a voi» (Gv 14,16-26).

q «Quando sarà venuto Lui, lo Spirito della verità, vi guiderà verso tutta la verità; infatti non parlerà da se stesso, ma dirà (lett. parlerà) quanto ascolta e vi annuncerà le cose a venire» (Gv 16, 13).

- Parole dette dagli apostoli

* Paolo

q «...la casa di Dio, che è (la) Chiesa (= assemblea) di Dio vivente, colonna e fondamento della verità» (1 Tim 3,15).

q «Sapete quali istruzioni abbiamo dato a voi da parte del Signore Gesù... Pertanto chi disprezza (questi precetti) non disprezza un uomo, ma il Dio che ha anche donato a voi il suo Spirito santo» (1 Tess 4,2-8).

* Giovanni

q «Quanto a voi, l’unzione che avete ricevuto da lui (= Gesù) rimane in voi e non avete necessità che qualcuno insegni a voi; ma come la sua unzione insegna a voi riguardo a tutte le cose, ed è vera e non è menzognera, e come insegnò a voi, così rimanete in lui» (1 Gv 2,27).

q «... per la verità che rimane in noi (= i cristiani) e sarà con noi in eterno» (2 Gv 2).



3. La Chiesa è infallibile

Da questi testi del Nuovo Testamento deriva che lo Spirito di verità, che è lo Spirito di Gesù, è costantemente presente nei discepoli di Gesù e li assiste in modo che essi non errino nell’interpretare quanto Gesù ha insegnato ed è contenuto nella tradizione orale e scritta: questa è l’infallibilità della Chiesa.

NB. L'affermazione che "la Chiesa è infallibile" stupisce i non cristiani. Infatti, se la Chiesa è l'insieme di tutti i cristiani, come può la somma di tante persone, ognuna delle quali fallibile, dare origine ad un organismo infallibile? La somma è della stessa natura degli addendi!

La risposta si può dare solo alla luce della fede: Gesù ha garantito che nella Chiesa è presente il suo Spirito che guida la Chiesa verso tutta la verità.

La Chiesa qui non è più vista nella sua realtà sociologica, (= l'insieme dei cristiani), ma nel suo mistero: la presenza nel tempo dello Spirito di Gesù.

Ecco perché vale il principio teologico: "La Chiesa ha i poteri che agendo dimostra di avere"!

L’infallibilità è il servizio (a volte si dice "potere") di interpretare con sicurezza il senso delle affermazioni di Gesù e degli apostoli in relazione alla vita del cristiano. Riguarda perciò solo la fede e la morale.


Documentazione Patristica

L'infallibilità-inerranza della Chiesa fu riconosciuta, fra gli altri, da

1. Melitone di Sardi, verso la metà del II sec.:

«La Chiesa è deposito della verità» (Omelia per la Pasqua, 40).

2. Ireneo di Lione, verso il 170:

- «Ricevuto il messaggio e la fede, la Chiesa lo custodisce (...) e proclama, insegna e trasmette la verità» (Adversus hæreses, l. 1, 10,2).

- «Questa (fede) l’abbiamo ricevuta dalla Chiesa e la custodiamo: essa, per opera dello Spirito di Dio, come un deposito prezioso contenuto in un vaso di valore, ringiovanisce e fa ringiovanire anche il vaso che la contiene.

Alla Chiesa infatti è stato affidato il dono di Dio...; e in lei è stata deposta la comunione con Cristo, che è lo Spirito Santo, conferma della nostra fede... Dove è la Chiesa, lì è anche lo Spirito di Dio; dove è lo Spirito di Dio, lì è la Chiesa e ogni grazia. Lo Spirito poi è verità» (Adversus hæreses, l. 3, 24,1).

- «Dio giudicherà tutti coloro che sono al di fuori della verità, cioè fuori dalla Chiesa» (Adversus hæreses, l. 4, 33,7).

3. Cipriano di Cartagine, nel 251:

«La sposa di Cristo non sarà mai adultera... Lei ci conserva per Dio... Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per madre» (De Ecclesiae unitate, 6).

4. Origene, verso la metà del III sec.:

«La Sacra Scrittura afferma che tutta la Chiesa di Dio è il corpo di Cristo, animato dal Figlio di Dio (...); come l’anima vivifica e muove il corpo (...), così il Logos muove come si conviene ed anima l’intero corpo che è la Chiesa» (Contro Celso, VI, 48).

5. Tertulliano da Cartagine, nel III sec.:

«è vero che ogni dottrina (insegnamento) che sia in accordo con le Chiese fondate dagli apostoli, sorgenti della fede, è da considerare fondata sulla verità, poiché è la verità che conserva quanto le Chiese hanno ricevuto dagli apostoli, gli apostoli da Cristo, e Cristo da Dio (Padre); invece, ogni dottrina che contraddice la verità delle Chiese e degli apostoli e di Cristo e di Dio deve essere giudicata come proveniente dalla menzogna» (De præscriptione hæreticorum, 21).


Concretamente l'infallibilità della Chiesa è stata espressa in modo felice da Vincenzo di Lérins (430 circa), mediante il seguente principio tradizionale:

«È norma di fede ciò che è stato creduto
- da tutti,
- dovunque
- sempre».

E in caso di controversia, cioè quando le Chiese siano divise?


4. L'infallibilità nella Chiesa

I cristiani (= la Chiesa, che è infallibile) hanno (sempre e dovunque ) riconosciuto come infallibili

- il vescovo di Roma in quanto successore di Pietro,

- il Concilio Ecumenico, cioè l'insieme dei vescovi riuniti, in quanto successori degli apostoli.



Sviluppiamo queste idee.

a) L'infallibilità del Concilio e del Papa

Come si è visto, Gesù ha dato l'infallibilità agli Apostoli e a Pietro.

La Chiesa, infallibile, ha sempre e dovunque interpretato che quelle frasi di Gesù vadano applicate anche

- ai successori di Pietro, cioè i vescovi di Roma (papi);

- ai successori degli apostoli, cioè i vescovi riuniti nel Concilio Ecumenico.







Su questo punto non sono d’accordo i Protestanti ed in parte anche gli Ortodossi.

- Per i Protestanti la fede si fonda sulla "sola Scrittura" e nella sacra Scrittura non è scritto che i testi citati a favore dell’infallibilità di Pietro e degli apostoli si possano estendere al Papa ed al Concilio Ecumenico.

- Per gli Ortodossi è infallibile il Concilio Ecumenico, ma non il papa, vescovo di Roma. Quantunque in antico essi accettassero l'infallibilità del papa (almeno fino al tempo del patriarca Fozio, sec. IX), dal sec. XI di fatto non l'accettarono più

.

Vediamo in dettaglio.

La Chiesa ha giudicato infallibili:

1. Il Collegio Episcopale (= Conc. Ecumenico)

La Chiesa ha sempre e dovunque riconosciuto che i vescovi riuniti insieme e sotto il primato del vescovo di Roma (successore di Pietro e primo dei vescovi) sono infallibili in quanto successori degli apostoli e portavoci della fede di tutta la Chiesa: Concilio Ecumenico.

Le prove di questa affermazione si ricavano dalla storia dei Concili Ecumenici. Solo piccoli gruppi di cristiani hanno rifiutato di riconoscere come infallibili alcune loro decisioni.

2. Il vescovo di Roma

Potrebbe darsi il caso (e storicamente si è dato) che intere comunità, magari con i loro vescovi, diano interpretazioni divergenti su qualche punto della fede cristiana.

Per esempio nel sec. XVI le Chiese di Germania, con Lutero e molti vescovi, davano dei cap. 5-8 della lettera ai Romani interpretazioni opposte rispetto alle chiese italiane.

In questi casi chi ha ragione? Il cristiano chi deve seguire, dato che l’unanimità (= tutti, dovunque e sempre!) non c’è più?

Siccome è difficile riunire un Concilio Ecumenico, ecco allora l’utilità o la necessità dell’infallibilità del papa.

La Chiesa ha infatti sempre e dovunque riconosciuto che il vescovo di Roma è infallibile, in quanto successore di Pietro e portavoce della fede di tutta la Chiesa.

Le prove storiche di questa affermazione sono molte, almeno fino al sec. XI. Poi, con la divisione fra Roma e Costantinopoli (1054), l’affermazione venne contestata in Oriente.

Basta citare, tra i tanti, i seguenti pochi dati:

- Verso il 96, Clemente, vescovo di Roma, interviene nelle questioni interne alla Chiesa di Corinto, senza che nessuno metta in discussione il suo diritto di farlo.

- La presidenza dei primi Concili Ecumenici (IV-V sec.), anche se tenuti in Oriente, è stata affidata al vescovo di Roma, che la esercitava attraverso suoi delegati.

- Al concilio di Calcedonia, un sobborgo di Costantinopoli, (anno 451), dopo la lettura del tomo a Flaviano di papa Leone Magno, i vescovi applaudirono dicendo: «Questa è la fede dei Padri. Pietro ha parlato per bocca di Leone».


Il Concilio Vaticano I il 18.7.1870 ha sintetizzato così la fede tradizionale:

«Il romano pontefice, quando parla "ex cathedra", cioè quando, adempiendo il suo compito di pastore e dottore di tutti i cristiani in base alla sua suprema autorità apostolica, definisce una dottrina riguardante la fede o la morale che tutta la Chiesa deve ritenere, per l’assistenza divina a lui promessa nel beato Pietro, gode di quella infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto dotare la sua Chiesa nel definire una dottrina riguardante la fede o la morale.

Perciò le definizioni dello stesso romano pontefice sono irreformabili di per sé e non per il consenso della Chiesa.

Se qualcuno osa contraddire questa definizione sia scomunicato».

Riflessioni su questa definizione:

a) Il vescovo di Roma ha la stessa infallibilità che ha la Chiesa.

b) Fondamento: il papa non è infallibile perché l’ha detto egli stesso (sarebbe un circolo vizioso!) e neppure perché gli ha dato l’infallibilità il Concilio Ecumenico, ma perché la Chiesa gliel’ha sempre riconosciuta (compresa la Chiesa di Costantinopoli, almeno fino ai tempi di Fozio - sec. IX).

c) L’infallibilità del papa è funzionale, cioè non legata alla persona, ma alla funzione-servizio che il vescovo della Chiesa di Roma svolge nei confronti della comunione di tutte le Chiese.

d) L'importanza del vescovo di Roma è dovuta al fatto che egli è il successore dell’apostolo Pietro, al quale Gesù ha garantito che non andrà fuori strada nella fede (cfr. Lc 22,31-32; Mt 16,16-19; Gv 21,15-17). La fede della Chiesa di Roma (che si esprime attraverso il suo vescovo) è dunque il metro su cui misurare la fede di tutte le altre Chiese.

L'importanza del vescovo di Roma non viene dal fatto di essere stata Roma la capitale dell'impero, ma dalla presenza di Pietro 1, anche se è logico che Pietro, per diffondere meglio la fede abbia scelto le città più grandi dell'impero, come Antiochia e Roma.

e) Le decisioni del papa sono irreformabili di per sé e non per il consenso della Chiesa, perché c’è bisogno dell’infallibilità del papa soprattutto quando la Chiesa è divisa nell’interpretare qualche punto della fede.



b) I limiti all'infallibilità del Concilio ecumenico e del vescovo di Roma

La Chiesa ha messo alcune limitazioni nell'esercizio dell'infallibilità:

1. Per il Concilio

- deve essere "ecumenico", cioè universale (tutti i vescovi devono essere stati invitati);

- può definire solo verità che riguardino la fede o la morale, non la storia, le scienze,...;

‑ deve dire espressamente, in modo inequivoca-bile, che intende vincolare la fede di tutti i cristiani (la formula usata spesse volte è «anátema sit» = "sia scomunicato", ma possono essere usate formule equivalenti);

- deve procedere all’unanimità (o a stragrande maggioranza 2);

- deve essere in armonia col vescovo di Roma.

2. Per il vescovo di Roma

Come per il Concilio Ecumenico, la Chiesa ha messo alcune limitazioni nell’esercizio della sua infallibilità:

- può definire solo verità che riguardano la fede o la morale (questo è detto anche nella definizione del Concilio Vaticano I);

- deve dire espressamente, in modo inequivocabile, che intende vincolare la fede di tutti i cristiani.


c) Precisazioni

1. Sull'infallibilità in generale

a) Il cristiano ha il dovere di essere, nella sua vita, in armonia con Gesù Cristo.

Il Magistero nella Chiesa e, in particolare, il vescovo di Roma o il Concilio sono strumenti che lo aiutano a scoprire qual è il genuino insegnamento cristiano in tante situazioni, anche nuove, che la vita (Provvidenza?) presenta. Non possono sostituirsi a lui nella decisione da prendere.

b) Occorre notare che, quando il vescovo di Roma o il Concilio ecumenico fanno una affermazione che riguarda la fede o la morale,

- o intendono usare la loro infallibilità (ma lo devono dire espressamente);

- o non intendono usarla.

Nel primo caso quell'affermazione deve essere da tutti i cristiani riconosciuta come verità e quindi vincolante in coscienza.

Nel secondo invece, il cristiano non è vincolato (a meno che citino affermazioni già precedentemente definite come infallibili da Concili Ecumenici o da papi).

In questi casi, se un cristiano ha delle valide ragioni per dissentire, può farlo (mantenendo però sempre il rispetto dovuto all'autorità), a suo rischio di andare contro Gesù Cristo.

Se invece è nel dubbio, ma segue quanto dice l'Autorità, presumibilmente non va contro gli insegnamenti di Gesù Cristo. C'è infatti da presumere che, prima di pronunciarsi, l'Autorità abbia indagatato a fondo per scoprire qual è la genuina tradizione cristiana.

c) Occorre notare che tra infallibilità e non-infallibilità, non esiste una mezza infallibilità (= l'Autorità non è infallibile, ma è come se lo fosse!).

d) È importante precisare che le definizioni conciliari o pontificie non creano nuove verità di fede, ma le riconoscono come tali, soprattutto quando vengono negate da qualcuno.

La Chiesa infatti non ha una dottrina propria, ma conserva quella di Gesù.


2. Sull'infallibilità del vescovo di Roma

a) A volte si sente fare questa obiezione: "E se un papa impazzisse e definisse infallibilmente come verità di fede un'affermazione che la Chiesa non ha mai creduto?".

La risposta può venire solo da un atto di fede: lo Spirito Santo (e solo lui!) garantisce che questo non avverrà mai, cioè non è possibile che ci sia contraddizione fra papa e Chiesa.

Parallelamente non è possibile che ci sia contraddizione fra un papa e un altro, o fra un papa e un Concilio Ecumenico, o fra un Concilio Ecumenico ed un altro, quando si tratta di definizioni infallibili... lo Spirito Santo non va in vacanza!

b) Quando si dice che il papa è infallibile, non si intende dire che è impeccabile (= non può peccare): il papa può peccare come qualsiasi altro cristiano.

c) Occorre distinguere tra infallibilità e primato del vescovo di Roma.

Primato significa che il vescovo di Roma, in quanto successore di Pietro (che nella prima comunità aveva una funzione di capo degli apostoli), è il primo dei vescovi, il capo del collegio episcopale, il presidente naturale del concilio ecumenico, colui che ha la responsabilità della comunione fra tutte le Chiese (ciò era accettato anche dagli ortodossi - cfr. la questione storica di Fozio e di Cerulario).

Giovanni Paolo II, nell'enciclica Ut unum sint del 25.05.1995, si è detto disposto a rivedere il modo di intendere il primato: "Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particolare, soprattutto nel constatare l’aspirazione ecumenica della maggior parte delle Comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova" (n. 95).

d) Primato non vuol dire però che il papa sia il "capo della Chiesa cattolica" o una sorta di "supervescovo".

Per la propria diocesi, capo nella Chiesa è ogni vescovo.

Il Concilio Vaticano II infatti ha insegnato che «l’episcopato è sacramento» (cfr. Lumen Gentium, n. 21).

Ciò significa che il vescovo riceve l' autorità da Gesù Cristo, di cui è vicario, non dal papa (che pure in Occidente nomina i vescovi) e celebra i sacramenti a nome proprio, non a nome del papa.

Due citazioni "romane" confermano questa idea:

* l'iscrizione della basilica di S. Sabina in Roma (V sec.).

Sopra l'ingresso vi è un mosaico di dedica della basilica. Il testo latino è in oro su sfondo azzurro e dice testualmente:

"Quando Celestino aveva il sommo grado apostolico e rifulgeva nel mondo intero come il primo dei vescovi, questa (Chiesa) che tu contempli costruì un prete dell'Urbe (Roma) (nato) da stirpe Illiria, Pietro, uomo degno di tanto nome, (perché) dalla nascita nutrito nell'aula di Cristo, ricco per i poveri, povero per se stesso, che, fuggendo dai beni della vita presente, meritò di sperare (di ricevere) la futura".

* lettera di papa Gregorio Magno (590 - 604), in risposta ad una lettera di Eulogio, patriarca di Alessandria d'Egitto.

«Gregorio ad Eulogio, vescovo di Alessandria.

La santità vostra, a me molto cara, ha parlato molto diffusamente nelle sue lettere della cattedra di san Pietro, dicendo che quell’apostolo in persona siede ora su di essa fino a che avrà dei successori. A dire il vero, io riconosco la mia indegnità non solo nell’onore dei capi, ma anche nel numero dei fedeli: tuttavia, ho accettato di buon grado tutto ciò che è stato detto in rapporto alle affermazioni sulla cattedra di Pietro fatte da colui che detiene la cattedra di Pietro.

E per quanto gli onori distintivi non mi entusiasmino affatto, mi sono tuttavia molto rallegrato perché voi, o santissimi, avete dato a voi stessi ciò che avete speso per me.

Chi mai non sa che la santa Chiesa è stata resa stabile sulla solidità del capo degli apostoli, che ricevette nel nome la fermezza dell’animo, tant’è vero che Pietro trae il suo nome da "pietra"? A chi la voce della Verità dice: "Ti darò le chiavi del Regno dei cieli"? A chi dice ancora: "E tu, una volta che avrai mutato d’animo, da’ forza ai tuoi fratelli" e, poi, di nuovo: "Simone di Giovanni, mi ami? Pasci le mie pecore"?

Pertanto, anche se gli apostoli sono molti, proprio in virtù di quel primato spiccò per autorità la sola sede del capo degli apostoli, che, in tre luoghi (cioè Roma, Alessandria e Antiochia - nota nostra), è di una sola persona. Egli glorificò la sede, ove accettò di fermarsi per sempre e di terminare la vita terrena; egli diede prestigio alla sede, ove inviò il suo discepolo evangelista; egli diede stabilità alla sede, ove sedette per sette anni, anche se avrebbe poi dovuto allontanarsene. Poiché, dunque, una sola e di un solo apostolo è la sede a capo della quale, per l’autorità divina, siedono ora tre vescovi, tutto il bene che sento dire di voi, lo ascrivo a me».

e) Il Concilio Vaticano II ha parlato inoltre di collegialità dei vescovi: ciò vuol dire che i vescovi, uniti al vescovo di Roma, oltre che la responsabilità sulla loro diocesi, hanno anche una corresponsabilità ed un certo controllo sulle altre Chiese (Lumen Gentium, n. 20-23).





5. Il cristiano e l'infallibilità

In concreto, come fa il cristiano a sapere se una certa affermazione riguardante la fede cristiana è vera?

La Tradizione cristiana risponde:

un'affermazione riguardante la fede cristiana è sicuramente vera se

- o è scritta inequivocabilmente nel N.T. (con unanimità di interpretazione da parte della Chiesa);

- o è stata creduta come verità di fede da tutti, dovunque e sempre (il "sensus Ecclesiae" = il sentire cristiano);

- o è stata definita infallibilmente da un vescovo di Roma o da un Concilio ecumenico.

Al di fuori di questi casi, il cattolico può personalmente accettare come verità di fede anche altre affermazioni contenute nella tradizione, ma non ha il diritto di imporle come tali ad altri o di giudicare come eretico (scomunica) chi non la pensa come lui 1.





6. I dogmi e il magistero ecclesiastico

a) Si chiama dogma una verità della fede cristiana che tutti i cristiani devono ritenere.

La negazione di essa costituisce una eresia (v. p. 173) e pone fuori della Chiesa.

I dogmi possono essere di due tipi:

- definiti: quando c'è stato un pronunciamento infallibile di un papa o di un concilio ecumenico (es. la divinità di Gesù, che fu definita dal concilio di Nicea del 325).

Una verità cristiana, importante per la fede, diventa dogma definito quando qualche gruppo di cristiani la nega, facendo nascere una spaccatura nella Chiesa. In tal caso l'Autorità (papa o concilio ecumenico) interviene a definire infallibilmente.

- non definiti: quando si tratta di verità pacificamente credute da tutti, dovunque e sempre (es. la risurrezione di Gesù è un dogma che non è mai stato definito, perché non è mai stato messo in discussione da cristiani).

Occorre notare che non tutte le affermazioni che si insegnano al catechismo sono dogmi di fede. Ci sono anche punti che è possibile credere come verità, senza che la loro negazione costituisca un'eresia ed escluda dall'appartenenza alla Chiesa (es. le apparizioni di Lourdes, il limbo dei bambini,...).

b) Si intende per magistero ecclesiastico l'insegnamento pubblico dato dai vescovi.

Si distingue in

- magistero ordinario: è l'insegnamento comunemente trasmesso attraverso la predicazione dei vescovi;

- magistero straordinario: è l'insegnamento dato solennemente attraverso una definizione dogmatica di un Concilio ecumenico o di un vescovo di Roma.

Come il cristiano deve valutare tale insegnamento?

Lo specchietto che segue, servirà a chiarire meglio le idee:
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 00:26. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com