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I FONDAMENTI DEL CRISTIANESIMO

Ultimo Aggiornamento: 18/10/2018 14:41
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19/04/2010 23:35
 
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Il CRISTIANO
discepolo di Cristo



In questo capitolo tratteremo:
1. il cristiano adulto
2. vita cristiana e leggi eterne
3. la "legge" di Gesù
4. il peccato

Appendice:
la vita umana alla luce
della risurrezione di Gesù



1. Chi è il cristiano (adulto)

Il cristiano (adulto) è colui che ha deciso

1. di prestar fiducia alle comunità cristiane (= la Chiesa),
che presentano il Nuovo Testamento come l'autentico insegnamento degli apostoli, fedelmente tramandato ed interpretato (tradizione orale e tradizione scritta);

2. di prestar fiducia agli apostoli,
che stanno all'origine della tradizione: accettare perciò che abbiano visto e riferito bene quanto Gesù ha fatto e detto, in particolare la sua risurrezione.

La testimonianza degli apostoli è stata tramandata e garantita dalle comunità cristiane.
Quindi l’atto di fede negli apostoli implica necessariamente un atto di fiducia nella Chiesa, per ciò che riguarda la selezione dei testi ufficiali del Cristianesimo, la loro esatta trasmissione e la loro corretta interpretazione lungo i secoli.


3. di prestar fiducia a Gesù,
i cui fatti e detti costituiscono il contenuto della tradizione. In particolare accettare che Gesù sia veramente ciò che ha detto di essere e cioè:

- il Figlio di Dio (Mt 3,17; 16,15-17; 17,5; 26,63-64; Mc 1,11; 14,61-62; Lc 1,32.35; 3,22; 22,70; Gv 1,49; 6,69; 10,36; 11,4.27; 19,7);
- il maestro (Gv 13,13);
- la via, la verità e la vita (Gv 14,6).
Garanzia portata da Gesù per essere creduto: la sua risurrezione (Mt 12,40; Lc 11,29; Gv 2,18-22).

I fatti e i detti di Gesù sono stati tramandati attraverso gli scritti degli apostoli e dei loro immediati ascoltatori. Gesù infatti non ha scritto nulla che, per ora, sia giunto a noi. Quindi l’atto di fede in Gesù implica necessariamente un atto di fiducia negli apostoli.

4. di comportarsi in modo conforme a quanto Gesù ha insegnato;

5. di diventare membro della Chiesa coi sacramenti, in particolare coi sacramenti dell’iniziazione cristiana.

In una frase sintetica si può dire che il cristiano è il discepolo di Cristo, cioè colui che ha deciso di assumere il modo di vivere del maestro che si è scelto liberamente.

CRISTIANO = DISCEPOLO DI CRISTO



Documentazione essenziale

Tutto il Nuovo Testamento è una grande riflessione per dire chi è e come deve comportarsi il cristiano. Ecco, tra i tanti, tre testi significativi:



Primo documento

Atti di apostoli (cap. 2) - anni 61-63

È la conclusione del primo discorso fatto da Pietro a Gerusalemme il giorno di Pentecoste (v. pag. 18-21).

36. «... Con certezza dunque conosca tutta la casa di Israele che e Signore e Cristo fece il Dio questo Gesù che voi crocifiggeste».

37. Avendo ascoltato, ebbero il cuore compunto e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa faremo, uomini fratelli?».

38. Pietro a loro: «Cambiate mentalità e sia battezzato ciascuno di voi nel nome di Gesù Cristo per la remissione dei vostri peccati e riceverete il dono del Santo Spirito.

u Il battesimo (immersione in acqua) era, presso gli ebrei, un rito di purificazione dalle impurità e di manifestazione del pentimento dei propri peccati.
In certi casi era anche il segno con cui una persona dichiarava di voler diventare discepolo di un certo maestro (rabbino) ed il maestro dichiarava di accettarlo. Perciò essere battezzati "nel nome di Gesù Cristo" significava diventare suoi discepoli.
In che direzione "cambiare mentalità"?
Pietro risponde: Accettando Gesù come maestro. Il battesimo ne è il segno.

39. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti i lontani, quanti chiamerà il Signore Dio nostro».

40. Con altre molte parole rendeva testimonianza e li esortava dicendo: «Salvatevi da questa generazione perversa».

41. Quelli dunque che accolsero la sua parola, furono battezzati e aderirono in quel giorno circa tremila persone (lett. anime).

42. Erano poi assidui all’insegnamento degli apostoli, alla comunione (= vita comune), allo spezzamento del pane ed alle preghiere.

u Lo spezzamento del pane con l'articolo indica quasi sicuramente l'eucaristia, la messa.

Dunque, secondo Pietro (o secondo Luca), cristiano è colui che sceglie Gesù come maestro di vita. Diventa perciò «discepolo» di Gesù e lo esprime col battesimo.


Secondo documento


Lettera di Paolo ai Colossesi (cap. 2-3) - anni 61-63

Cap. 2

6. Come dunque riceveste il Cristo Gesù il Signore, in lui camminate,

7. radicati ed edificati in lui e resi certi nella fede come foste ammaestrati, sovrabbondando nel rendimento di grazie.

8. Badate che nessuno sia colui che vi trae in errore mediante la filosofia e vuoto inganno secondo la tradizione degli uomini, secondo i princípi del mondo e non secondo Cristo

Polemica contro una dottrina (filosofia) che alcuni andavano diffondendo a Colosse, la quale poneva tra Dio, gli uomini, molti esseri intermedi (angeli - i princìpi del mondo!) da cui la vita dell’uomo dipendeva:
- in alto, sopra i cieli, stava Dio;
- al di sotto, stavano vari cieli, ognuno dei quali si credeva fosse retto da una potenza angelica (eone). Ultimo di questi esseri, il più vicino all’uomo e quindi il meno perfetto, era il Cristo;
- sulla terra stavano gli uomini;
- sotto terra, in un luogo detto Sheòl, stavano i morti e i demoni.
La ragione del «camminare secondo Cristo» è questa:

9. poiché in lui dall’alto-abita tutta la pienezza della divinità corporalmente,

«dall’alto» è un'espressione ebraica per dire «da Dio», perché, secondo la concezione ebraica, Dio era in alto al di sopra dei cieli ed inoltre il nome di Dio non si doveva pronunciare.

10.e siate in lui riempiti, lui che è il capo di ogni principato e potestà.





11.In lui anche foste circoncisi con circoncisione non fatta da mano nello svestimento del corpo della carne, nella circoncisione del Cristo.

Paolo aveva intuito che per molti che si convertivano dal paganesimo la circoncisione poteva essere un ostacolo alla fede in Gesù (perché indicava visibilmente l’appartenenza al popolo ebraico che allora era odiato da molti pagani) e perciò non aveva esitato ad eliminarla (e con essa l’osservanza di molta parte della legge mosaica).
Tuttavia nell'Antico Testamento, che è parola di Dio, la promessa di salvezza era stata legata da Dio alla circoncisione: «... e il mio patto sia nella vostra carne come patto perpetuo... il maschio non circonciso... ha violato il mio patto: sia tagliato via dal popolo» (Gen 17,13-14).
La comunità cristiana perciò si trovava in difficoltà nel risolvere questo problema: come si può appartenere al popolo della promessa senza essere circoncisi? Paolo risponde che il cristiano, innestato su Cristo con il battesimo, forma un solo essere con Lui (che è circonciso) e quindi non ha più bisogno di circoncisione propria, ma appartiene al popolo della promessa attraverso la circoncisione del Cristo.

12.Con-sepolti con lui nel battesimo, in lui anche foste con-risuscitati mediante la fede della potenza del Dio che lo destò dai morti;

Ritroviamo qui un’altra formulazione del nucleo centrale del Cristianesimo: il battesimo è il segno della immersione nella morte-risurrezione di Gesù e, accettandolo, il cristiano manifesta di credere nella potenza di Dio che è capace di liberarlo dalla morte (il cristiano è talmente sicuro - fede - della potenza di Dio che vive già da risorto con Gesù).

13. e voi che eravate morti per i peccati e per l’incirconcisione della vostra carne, con-vivificò con lui, (con) donando a voi tutti i peccati,

Coloro che erano fuori dalla salvezza (= morti) sia per i loro peccati, sia per non appartenere al popolo ebraico, Dio ha reso vivi con la stessa vita di Cristo. Come è avvenuto ciò? «Condonando tutti i peccati». Siccome, nella mentalità ebraica, Legge - Peccato (trasgressione della legge) - Morte sono tre realtà strettamente unite (cfr. Gen 2,17), Gesù, vincendo la morte, ha vinto anche il peccato e la legge.



14. avendo stracciato la cambiale a noi avversa - per mezzo (opp. a motivo) delle prescrizioni - quella che era opposta a noi, e l'ha tolta di mezzo inchiodandola alla croce;

La cambiale è la legge mosaica e Paolo vuol dimostrare che la legge (mosaica) è superata e perciò non vincola più il cristiano che ha ormai un altro modello di vita. Ecco il suo ragionamento,
tradotto in linguaggio occidentale:
- Con Mosè l’ebreo ha fatto un patto con Dio (le tavole della legge) e si è impegnato (la cambiale!) ad osservarlo. Segno di questo è la circoncisione.
- Però l’ebreo non è riuscito ad osservare la legge (cfr. At 15,10). Perciò la legge è diventata testimone contro di lui.
- E siccome la trasgressione della legge è peccato e al peccato è associata dalla legge di Mosè la pena di morte, la legge ha condannato l’ebreo a morte (e non solo l'ebreo, ma tutti gli uomini: infatti tutti gli uomini muoiono; cfr. Rom 5).
- Da questa condanna a morte non è stato risparmiato neppure Gesù, quantunque fosse innocente (è risorto!).
- Però la legge mosaica, uccidendo Gesù, si è distrutta. Infatti
• nella legge è scritto che chi uccide un innocente deve essere ucciso (cfr. Deut 19,11-13);
• ma la legge ha ucciso Gesù, che era innocente (risorgendo, ha vinto la morte e quindi ha dimostrato di non essere peccatore);
• quindi la legge deve essere uccisa.

15. avendo (Dio) spogliato i principati e le potestà li espose in franchezza, conducendoli nel trionfo in/con lui (Cristo).

16. Nessuno dunque vi giudichi in cibo e bevanda o in fatto di festa o di neoménia o di sabati

La neoménia era la festa di inizio del mese.

17. (cose) che sono ombre delle future, il corpo invece (è) del Cristo.

Paolo afferma: "Siete liberi da tutte queste sciocchezze (ombra = apparenza)!".
Nessuna prescrizione esterna può dare salvezza all’uomo.

18. Nessuno pronunci sentenze contro di voi compiacendosi in umiltà e culto degli angeli, seguendo le cose che ha visto, invano gonfiandosi col pensiero della sua carne

19. e non afferrandosi al capo (Cristo), dal quale tutto il corpo (Chiesa), che mediante giunture e legami riceve sostentamento e unione, cresce la crescita di Dio.

L'idea contro cui Paolo combatte: una salvezza che viene all'uomo mediante le opere dell'uomo. Questo modo di vivere umano-carnale dà una certa ebbrezza di dominio su di sé e gonfia l'uomo di orgoglio, di autosufficienza. Ma proprio questa autosufficienza dell'uomo, questo volersi sganciare da Dio è il peccato.


Conseguenze:

20. Se moriste con Cristo agli elementi del mondo, cosa vi lasciate prescrivere come viventi del mondo:

21. "non prendere" e "non gustare" e "non toccare",

Verbi senza complemento oggetto: è sottinteso "cibi".

22. cose che sono tutte verso la corruzione con l’uso, secondo le prescrizioni e insegnamenti degli uomini?

Sembra che questo sia un commento di Paolo da mettere fra parentesi: tutte cose queste che sono destinate a logorarsi col tempo.

23. Le quali cose hanno sì apparenza (lett.: fatti, parole) di sapienza in culto volontario e umiltà e severo trattamento del corpo, non in qualche valore, verso il soddisfacimento della carne.

Queste cose non hanno valore in sé, ma conducono solo verso il soddisfacimento del proprio orgoglio (cfr. Lc 18, la parabola del fariseo che dice: "Ti ringrazio Signore, che non sono come gli altri uomini... io invece...").


Cap. 3

1. Se dunque con-risorgeste col Cristo, cercate le cose in alto,

Ecco il programma della vita cristiana: siccome appartenete al Cristo risorto (dato che siete risorti a vita nuova) avete definitivamente rotto col mondo e allora dovete cercare le cose di Dio (= "in alto").

dove il Cristo è, seduto nella destra di Dio;

Ricorda l'uso dei sovrani orientali di far sedere alla propria destra il figlio primogenito (cfr. Salmo 110,1): Gesù è figlio di Dio.

2. pensate le cose in alto, non quelle sopra la terra.

3. Moriste infatti e la vita vostra è stata nascosta con il Cristo in Dio:

La vita di Dio è già presente, ma ancora non è oggetto di esperienza, ancora non si vede, ma si crede.

4. quando il Cristo si manifesterà, la vita nostra, allora anche voi con lui sarete manifestati nella gloria.

5. Mortificate (lett.: fate morire) dunque le membra quelle sulla terra, fornicazione, impurità, passione, desiderio cattivo e la cupidigia che è idolatria,

6. per le quali cose viene l’ira del Dio;

7. nelle quali anche voi camminaste allorquando vivevate in esse;

8. ma deponete anche voi tutte (queste cose), ira, bramosia, cattiveria, bestemmia, turpiloquio dalla vostra bocca;

9. non ingannatevi gli uni gli altri, essendovi svestiti del vecchio uomo con le sue opere,

10. ed essendovi rivestiti del nuovo,

Richiamo allo spogliarsi dei vestiti prima del battesimo (= rottura definitiva col vecchio modo di vivere) e richiamo al rivestirsi dell’abito nuovo dopo il battesimo (= vivere come Gesù).

quello rinnovato in conoscenza secondo l’immagine di chi lo creò,

secondo l'immagine, il modello di uomo che aveva in mente il Creatore quando lo creò. E questa «immagine» (cfr. Gen 1,26-27: "Facciamo l’uomo ad immagine...") è Gesù, Figlio di Dio, primogenito di tutta la creazione (cfr. Col 1,15-17; Ef 1,3-5). Questo significa che, quando Dio pensò all’uomo, lo pensò come Gesù, che diventa il modello impresso da Dio in ogni uomo e rivelato nella pienezza dei tempi, perché l’uomo potesse diventare volontariamente «giusto», cioè conforme al modello che Dio gli stabilì.

11. dove

in questo progetto che Dio aveva quando creava l'uomo

non c’è greco e giudeo, circoncisione e prepuzio, barbaro, scita, schiavo, libero,

e in Gálati (3,28) aggiunge "maschio e femmina" - il superamento di ogni razzismo!

ma tutto e in tutti Cristo.

Terzo documento


Lettera di Paolo agli Efesini (5,1-21) - anni 61-63

1. Fatevi dunque imitatori del Dio, come figli amati,

Il principio fondamentale della morale cristiana: imitare il Dio fatto conoscere da Gesù,

2. e camminate in carità, come anche il Cristo vi amò e consegnò se stesso in nostro favore quale offerta e vittima al Dio in odore di soavità.

3. Non sia poi neppure nominata fra voi impudicizia e ogni impurità o cupidigia, come si addice a dei santi,

santi = cristiani,

4. e sconcezza e discorso da stolto o scurrilità, cose che non sono convenienti, ma piuttosto rendimento di grazie.

5. Questo infatti sappiate, che ogni impudico o impuro o avido, cioè idolatra, non ha eredità nel regno del Cristo e di Dio.

6. Nessuno vi inganni con vuoti discorsi: infatti, per queste cose viene l’ira del Dio sui figli della disubbidienza.

"Viene", non "verrà" l'ira di Dio: non parla di un castigo futuro che Dio darà per i peccati, ma di un castigo già presente in quanto la persona, col peccato, non si realizza come Dio vuole e quindi fa il suo danno, senza bisogno di altri castighi.

7. Non siate dunque solidali con essi:

8. infatti, un tempo eravate tenebra, ora invece (siete) luce ne(l) Signore; camminate come figli di luce

9. - poiché il frutto della luce (consiste) in ogni bontà e giustizia e verità -

10. discernendo ciò che è gradito al Signore,

11. e non siate partecipi delle opere sterili della tenebra, ma anzi piuttosto respingete(le),

12. infatti, è persino turpe dire le cose fatte da essi (= i pagani) di nascosto,

13. mentre tutte le cose cattive sono rese manifeste dalla luce;

14. poiché, tutto ciò che è manifesto è luce. Perciò dice: "Destati, (tu) che dormi, e risorgi dai morti, e il Cristo risplenderà su di te/ti illuminerà".

Forse si tratta di un antico inno battesimale cristiano che Paolo qui ricorda.

15. Badate dunque attentamente a come camminate, non come insipienti, ma come sapienti,

16. riscattando totalmente a vostro vantaggio il tempo favorevole, poiché i giorni sono malvagi.

17. Perciò non siate irragionevoli, ma comprendete ciò che (è) la volontà del Signore.

18. E non ubriacatevi di vino, nel quale c’è dissolutezza, ma siate ripieni di (= lasciatevi riempire da) Spirito,

19. parlando a voi stessi con salmi e inni e canti spirituali, cantando e salmeggiando al Signore con il vostro cuore,

20. rendendo grazie sempre per tutte le cose al Dio e Padre nel nome del Signore nostro Gesù Cristo,

21. sottomettendovi gli uni agli altri in timore di Cristo.


Quarto documento

Lettera di Paolo ai Romani (cap. 14) - anno 57

1. Il problema:

è lecito al cristiano mangiare carni immolate agli idoli?

Alcuni cristiani rispondevano di no con la motivazione: mangiare la carne immolata ad un idolo è fare un'offesa al vero Dio.

Altri rispondevano di sì con la motivazione: gli idoli non esistono e quindi la carne è immolata a nessuno. Mangiarla diventa un atto di fede nell'unico Dio.

Questo problema divideva le prime comunità cristiane soprattutto durante i pasti comunitari (cena del Signore?). Paolo ne parla anche in 1 Cor 8.


La risposta di Paolo:

a) ognuno segua la propria coscienza:

- chi mangia la carne, lo fa per Dio, per dimostrare che l'idolo non è nulla;

- chi non mangia la carne, lo fa per Dio, per non "offenderlo", entrando in comunione con l'idolo;

- i cristiani sono opposti quanto a comportamento, ma convergenti quanto a motivazione: per Dio.

b) il forte di fede rispetti la coscienza del debole: ognuno deve rispondere di sé a Dio.


Cap. 14

1. Il debole di fede accogliete non con critiche di opinioni.

2. Uno crede di (poter) mangiare di tutto, il debole invece mangia (solo) verdura.

La divisione nella comunità era dovuta al fatto che coloro che mangiavano carne disprezzavano quelli che non ne mangiavano; mentre coloro che non ne mangiavano erano scandalizzati nel vedere fratelli di fede che mangiavano di queste carni immolate e li ritenevano peccatori.

Paolo cerca di comporre questa divisione mediante un principio fondamentale: ognuno ha il diritto di essere rispettato nella situazione di fede in cui si trova, perché ciò che accomuna tutti è l’obbedienza all’unico Dio come ognuno è capace di capirne la volontà.

3. Colui che mangia non disprezzi colui che non mangia; colui che non mangia non giudichi (= condanni) colui che mangia: il Dio infatti l’ha accolto.

4. Tu chi sei che giudichi un servo altrui? (dipende) dal suo padrone se sta in piedi o se cade; starà in piedi però, è capace infatti il Signore di tenerlo in piedi.

5. Uno infatti giudica tra giorno e giorno, un altro invece giudica importante ogni giorno: ciascuno nel suo giudizio sia pienamente convinto.

6. Colui che bada al giorno vi bada per il Signore. E colui che mangia, mangia per il Signore, ringrazia infatti il Dio; e colui che non mangia, non mangia per il Signore e ringrazia il Dio.

7. Nessuno infatti di noi vive per se stesso e nessuno per se stesso muore;

8. se infatti viviamo, viviamo per il Signore, se moriamo, moriamo per il Signore. Sia dunque che viviamo sia che moriamo, siamo del Signore.

9. Per questo infatti Cristo morì e rivisse (lett. visse) affinché fosse il Signore e di morti e di vivi.

10. Tu invece, perché giudichi (= condanni) il fratello tuo? O anche tu, perché disprezzi il fratello tuo? Tutti infatti staremo davanti al tribunale di Dio.

11. È scritto infatti: "Per la mia vita, dice il Signore, a me si piegherà ogni ginocchio ed ogni lingua renderà gloria al Dio" (Is 45,23).

«Piegare il ginocchio» era il gesto che si faceva davanti al re, il quale aveva tutti i poteri, compreso il potere giudiziario.

12. Perciò dunque ciascuno di noi renderà ragione di sé al Dio.

13. Non più dunque a vicenda giudichiamoci; ma questo giudicate piuttosto, di non porre inciampo al fratello o scandalo (= pietra che imbroglia il cammino).

14. So e sono persuaso nel Signore Gesù che niente è impuro di per sé; ma per colui che pensa che qualcosa è impuro, per lui (è) impuro.

15. Se infatti per un cibo il fratello tuo è contristato, non cammini certo secondo la carità. Per il cibo tuo non uccidere quello, per lui (lett. per il quale) Cristo morì.

16. Non sia screditato dunque il vostro bene.

17. Il regno del Dio infatti non è cibo, bevanda, ma giustizia e pace e gioia in Spirito santo;

18. colui infatti che in questo serve il Cristo, è gradito al Dio e stimato dagli uomini.

19. Dunque seguiamo le (opere) della pace e le (opere) dell'edificazione reciproca.

20. Non distruggere a causa di un cibo l’opera del Dio.

L’opera del Dio probabilmente è la fede.

Tutte le cose (sono) pure, ma (è) male per l’uomo che mangia per (= nonostante si accorga di causare) inciampo.

Paolo ripete il principio del v. 14 (cfr. Tito 1,15). E sottolinea che il male sta nel motivo per cui si agisce.

21. (È) bello non mangiare carne, né bere vino, né (fare cosa) in cui il fratello tuo cada (o sia scandalizzato o si indebolisca - aggiunta di alcuni manoscritti).

22. La fede (= convinzione?) che hai custodiscila per te stesso davanti al Dio. Felice colui che non giudica se stesso in ciò che approva,

Frase difficile da interpretare. Pensiamo voglia dire: "Felice colui che, avendo accettato per sé il principio della libertà di coscienza, non lo nega poi per il fratello debole di fede, condannandolo", oppure "Felice colui che non condanna se stesso per le cose di cui egli stesso è convinto".

23. Ma colui che è incerto, se mangia, è condannato perché non da fede; tutto ciò che non (deriva) da fede, è peccato.

Fede = buona fede, secondo la maggior parte dei biblisti.



In conclusione,

partendo da un caso particolare, Paolo teorizza il principio della coscienza: ognuno deve imitare Gesù (principio oggettivo della morale cristiana), come è in grado di conoscerlo (principio soggettivo).

Ciò che conta davanti a Dio non è l’azione che si fa, ma il movente.





2. Vita cristiana e leggi esterne

Da quanto detto si vede che il principio della morale cristiana è l’imitazione di Gesù, per amore.

Nella norma di comportamento cristiano non sono comparsi né i Dieci Comandamenti, né alcun’altra legge vecchia o nuova.

Dobbiamo dunque pensare che il cristiano è libero dalla legge?

I vangeli e Paolo (Lc 18,9-14; Gal 2,19; 3,1-25; 5,18; Rom 6,14; 7,4-8; 2 Cor 3,6; At 15,10; ecc.) ci portano a dare una risposta affermativa. Quella legge che aveva collegato il peccato alla morte (Gen 2,17) è stata distrutta dalla morte-risurrezione di un uomo che non aveva peccato.

Un’affermazione così netta a volte meraviglia un po’, soprattutto di fronte ad un insegnamento abbastanza comune che presenta i 10 comandamenti come il cuore della morale cristiana 1. Ma questo non era il pensiero cristiano.

Prove:

1. Gesù ha cambiato vari comandamenti

Dal Discorso della montagna:

- Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio;

ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al Sinedrio: e chi gli dice: pazzo sarà sottoposto al fuoco della Geenna (Mt 5,22).

- Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio;

ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore (Mt 5,28).

2. Paolo insegna il superamento della legge di Mosè

Alcuni testi, fra i molti di Paolo:

- Egli (= Cristo) è infatti la nostra pace, colui che [...] demolì il muro divisorio dello steccato, l’inimicizia, nella sua carne, avendo abrogato la legge dei comandamenti (contenuta) in decreti, per creare in se stesso i due (= ebrei e pagani) in un solo uomo nuovo facendo pace (Ef 2,14-15).

- La legge (di Mosè) divenne (il) nostro pedagogo (= lo schiavo che accompagnava il bambino dal maestro) a Cristo, affinché fossimo giustificati da fede. Essendo venuta la fede non siamo più sotto il pedagogo (Gal 3,24-25).

- Vi allontanaste da Cristo voi che credete di essere giustificati nella legge, siete decaduti dalla grazia... Se poi da spirito siete guidati, non siete sotto la legge» (Gal 5,4.18).

Richiamando l'espressione di Paolo: "La lettera uccide" (2 Cor 3,6), San Tommaso d'Aquino commenta coraggiosamente:

«Sotto il termine lettera si deve comprendere ogni legge esterna all'uomo, anche se fossero i precetti della morale evangelica (S.Th. 1-2, 106,2).

3. Le Chiese hanno cambiato vari comandamenti
Per esempio il divieto di farsi immagini,il riposo al sabato, ecc.

Dunque la morale cristiana si presenta come il superamento di ogni legge esterna all'uomo.


Approfondimento: Funzione delle leggi esterne

Quanto detto potrebbe far pensare che la morale del N.T. sia una morale senza obblighi né sanzioni. Eppure Paolo stesso e tutto il N.T. emanano leggi. Perché? A che servono le leggi nel Cristianesimo?

a) A rivelare al cristiano quando lo Spirito non lo vivifica più

Paolo afferma un principio: "La legge non è stata istituita per i giusti, ma per i peccatori" (1 Tim 1,9).

Se tutti i cristiani fossero giusti non sarebbe necessario obbligarli con le leggi. La legge interviene soltanto per reprimere un disordine già verificatosi.

Esempio: finché i cristiani partecipavano frequentemente alla comunione eucaristica, mai l'autorità ecclesiastica si è sognata di obbligarli a comunicarsi "almeno a Pasqua", e sotto pena di peccato mortale. Quando invece il loro fervore è diminuito, per ricordare loro che non si può sostenere la fede senza darne dei segni, l'autorità della Chiesa latina ha promulgato il precetto della comunione pasquale (anno 1215 - Concilio Lateranense IV).

In realtà, benché obblighi tutti, tale precetto non si dirige al cristiano serio, il quale si comunica a Pasqua, non in virtù del precetto della Chiesa, ma in virtù dell’esigenza interiore che durante tutto l’anno lo muove a comunicarsi ogni domenica, o anche ogni giorno. Il cristiano serio non è sottratto al precetto, ma lo adempirà senza neppure riferirvisi. Qualora invece l'amore di Dio non lo animasse più, la legge starebbe lì a "costringere" il cristiano e così ad ammonirlo che lo Spirito ha cessato di animarlo.

La legge svolgerà per lui la medesima funzione che la legge mosaica svolgeva per l’ebreo. Pedagogo, per condurlo a Cristo, gli permette di prender coscienza del suo stato di peccatore, cioè, di un uomo che lo Spirito non anima più, e lo stimola a ritornare a Cristo con tutto il suo essere.

b) ad aiutare anche la coscienza dei giusti (non a sostituirsi ad essa)

Finché il cristiano dimora nel mondo, non possedendo che le primizie dello Spirito (Rom 8,23; 2 Cor 1,22), si trova in condizione di instabilità e perciò la legge esteriore, norma oggettiva di condotta morale, aiuterà la sua coscienza, così facilmente ottenebrata dalle passioni (Gal 5,17), a distinguere le opere della carne dal frutto dello Spirito e a non "scambiare per cielo il proprio cervello".



Conclusione

Finché il cristiano non acquisterà nella patria - il cielo - la sua piena realizzazione, la sua libertà sarà sempre imperfetta e, accanto all'amore, l’elemento principale, il solo che giustifica, resterà sempre come elemento secondario, la legge, incapace di giustificarlo come era incapace la legge antica, e tuttavia indispensabile ai peccatori e per nulla superflua ai giusti imperfetti, quali si augurano di essere tutti i cristiani. Alla condizione però che questo elemento resti secondario e non tenda insensibilmente ad assumere la funzione di elemento principale, come era accaduto per la legge mosaica: ci si crede giusti perché si osserva tutta la legge (cfr. il fariseo di Luca 18,9-14).

Conseguenze:

a) La violazione puramente esteriore della legge, cioè senza relazione con l'amore verso Dio, non può essere peccato (almeno mortale). Ma anche un’osservanza senza amore è priva di significato.

Il cristiano non trascurerà la lettera, ma si preoccuperà prima di tutto dello spirito.

b) La legge esteriore non proporrà al cristiano un ideale che egli potrebbe accontentarsi di raggiungere (cfr. la domanda a volte fatta: «Fin dove posso arrivare senza fare peccato?»), ma gli porrà un limite, fuori del quale certamente non è cristiano.

Ma superamento della legge non vuol dire abolizione.

La libertà cristiana non è arbitrio.

Si veda al proposito un altro testo di Paolo nella lettera ai Gálati (5,13):

"Voi foste chiamati a libertà, fratelli; soltanto, non usate la libertà a pretesto per la carne (= per vivere secondo il vostro comodo), ma siate servi gli uni agli altri mediante la carità".

Il cristiano perciò non è un immorale od un anarchico, anzi dovrebbe impegnarsi ad osservare le leggi (Rom 13), ma le osserva non perché sono leggi, bensì perché sono giuste. E il metro che il cristiano ha per stabilire se una legge è giusta è l’insegnamento di Gesù.



3. La "legge" di Gesù: l’amore

La legge di Gesù, chiamata da Paolo «legge dello Spirito di vita» (Rom 8,2) è una legge di tipo nuovo, tanto che il termine «legge» le diventa improprio.

La «legge dello Spirito» non si distingue dalla legge mosaica (e da ogni altra legge), in quanto proponga un ideale di vita più elevato, o addirittura - ma questo sarebbe un vero scandalo - offra una salvezza a minor prezzo, come se al giogo pesante della legislazione sinaitica (At 15,10) Gesù avesse sostituito una «morale facile».

La differenza sta nella natura stessa della legge dello Spirito: questa non è un codice di comportamento esteriore, ma un principio di azione interiore, uno "spirito", lo Spirito di Gesù (Rom 8,14-17).

In forza di tale principio, il cristiano non agisce più per un'imposizione esterna (morale da schiavi), ma liberamente, per amore (morale da figli) (1 Gv 3).

L'amore è l'affidarsi a Dio vedendolo come Padre. Ad esso si riconduce tutta la morale cristiana (Rom 13,8-10). Dove c’è quest'amore, non c’è più bisogno di alcuna legge esteriore.

Il Cristianesimo dunque non è una "morale della legge", ma dell'amore.

Una morale della legge porta al "minimismo" morale, che vede Dio come un esattore delle imposte e cerca perciò di "pagargli" il meno possibile, il puro indispensabile "in modo che non si arrabbi".

4. Il peccato

Per il cristiano il peccato è il rifiuto cosciente e volontario di seguire Gesù, così come lo conosce.

Si noti che, secondo l’insegnamento cristiano, il peccato sta nel cuore dell’uomo, è una decisione interiore, non è l’atto esterno.

Documentazione
Disse Gesù: «Non capite che tutto ciò che entra dall’esterno nell’uomo non può contaminarlo, poiché non entra nel suo cuore?... Ciò che esce dall’uomo, quello contamina l’uomo. Dall’interno infatti, dal cuore degli uomini escono i pensieri cattivi, fornicazioni, furti, uccisioni, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, lascivie, occhio cattivo, bestemmia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive escono dall’interno e contaminano l’uomo» (Mc 7,18-23).

Occorre perciò distinguere fra peccato e reato:

- il peccato è l’opposizione lucida alla verità scoperta (opposizione all’ordine morale) ed è una decisione interiore, che può anche non manifestarsi all’esterno attraverso atti;

- il reato è l’agire contro una legge esterna (violazione dell’ordine giuridico) ed è quindi un atto esterno, controllabile e valutabile da altri.

Sono due realtà indipendenti: ci può essere l’una senza l’altra.

Quanto qui viene insegnato non è per nulla rivoluzionario. Tutti i manuali di morale cristiana hanno insegnato ed insegnano

- che la norma prossima dell’agire è la coscienza;

- che perché ci sia peccato ci vuole:

* materia grave (elemento oggettivo)

* piena avvertenza

* deliberato consenso.




APPENDICE


La vita umana alla luce della risurrezione di Gesù

1. Il senso della vita: la risposta della ragione

Ogni uomo si pone il problema del senso della vita e ritiene che una giusta risposta a tale problema lo realizzi completamente, lo renda felice.

Il mezzo primo che l’uomo ha per risolverlo è la sua ragione. Nascono così alcuni princípi di comportamento che costituiscono la morale naturale.

* Ma la sua ragione non è in grado di capire tutto. Perciò non è mai sicuro che la risposta che dà al problema del senso della vita sia una risposta giusta.

Per verificare l’esattezza della sua risposta o farsene suggerire una quando non riesca a trovarla da solo, l’uomo tende ad affidarsi a maestri che ritiene più esperti di lui (insegnanti, psicologi, filosofi, saggi, ...).

Purtroppo però nemmeno le risposte di questi maestri gli garantiscono una sicurezza, perché

- il maestro può non afferrare bene il problema che gli è stato posto;

- non ha un’esperienza completa della vita (per es. non ha ancora fatto l’esperienza della morte);

- i suoi consigli possono essere non del tutto disinteressati.

Inoltre l’uomo sa che un giorno gli si presenterà la morte, distruzione dell’essere e quindi fallimento dell’esistenza. Davanti ad essa egli non ha la possibilità di scegliere come realizzarsi: non si può scegliere di non morire.



2. La risposta cristiana: imitazione di Gesù

Se però l’uomo accetta di credere che Gesù è risorto e decide di fidarsi di lui, molte domande sul senso della vita trovano la loro risposta. Accettare che Gesù sia risorto infatti vuol dire credere che:

1. Egli è quello che aveva detto di essere, cioè il Cristo, il Figlio di Dio, il Maestro unico (Mt 23,8-10; Gv 13,13), la via-verità-vita (Gv 14,6);

2. ha un’esperienza completa della vita, morte compresa;

3. quello che è successo a Lui (la risurrezione), succederà anche a tutti gli altri uomini: se vivono come Lui sarà una risurrezione di vita; se vivono in opposizione a lui una risurrezione di condanna (Gv 6; 2 Cor 4-5; 1 Cor 6,14; ...).

In conclusione, secondo il Cristianesimo, per realizzare la propria vita l’uomo deve imitare Gesù, deve vivere come egli ha insegnato ed è vissuto.

SENSO DELLA VITA? = COMPORTARSI COME GESÙ!

È appena il caso di sottolineare che il modo di imitare Gesù non deve essere formale, esteriore, ma sostanziale: si tratta di imitare il suo atteggiamento di spirito. Gesù ha posto dei principi e da essi il cristiano deduce come deve comportarsi concretamente. Non c’è da stupirsi dunque se, partendo dai medesimi principi, un cristiano ricava una certa linea di comportamento e un altro un’altra. L’importante è che ognuno sia in buona fede (Rom 14) ed abbia la volontà di confrontarsi con gli altri cristiani.

Così c’è però il rischio di soggettivismo che consiste nel crearsi un proprio modello-Gesù, addomesticato secondo il comodo di ciascuno. Il cristiano supera questo pericolo attraverso l’accettazione di Gesù come lo presenta la Chiesa.


Ma come è vissuto Gesù?

Dalla predicazione apostolica così come si è depositata nel Nuovo Testamento (unico modo di conoscere gli insegnamenti di Gesù per l’uomo che non l'ha conosciuto), si apprende che Egli ha obbedito sempre e in tutto a Dio fino alla morte (Fil 2,7-11).

La vera realizzazione dell’uomo sta quindi nell’obbedienza a Dio fino all’eventuale distruzione di sé (del proprio egoismo), distruzione peraltro solo apparente, perché proprio dalla distruzione di ciò che è soltanto umano nasce la vita vera, quella non più soggetta alla schiavitù del tempo.



3. Morale umana (naturale)
e morale cristiana (rivelata)

Come si fa a conoscere la volontà di Dio?

Gli apostoli rispondono: Dio ha parlato attraverso la creazione (Rom 1), attraverso l'Antico Testamento e, definitivamente, attraverso la vita e l’insegnamento di Gesù (Ebr 1). L’obbedienza a Dio consiste perciò, per il cristiano, nell’imitare Gesù. Davanti ai problemi che la vita pone ogni giorno, il cristiano si domanda, momento per momento: se Gesù fosse qui ora, al mio posto, come si comporterebbe?

A questa domanda ognuno deve dare la sua risposta, deve cioè comportarsi secondo la conoscenza di Gesù che ha nel momento in cui sta per agire (coscienza cristiana).

Secondo gli apostoli però, questo principio non vale solo per i cristiani, ma vale per ogni uomo, perché Gesù, essendo risorto, è l’uomo come Dio voleva che fosse, il modello di ogni uomo (nuovo e vero Adamo).

Documentazione essenziale

«Come infatti per la disubbidienza dell’unico uomo (Adamo) furono costituiti peccatori i molti (= tutti), così anche per l’obbedienza dell’unico (Gesù) saranno costituiti giusti i molti» (= tutti) (Rom 5,19; 5,12-21).

«Se per un uomo (Adamo) venne la morte, per un uomo (Gesù) c’è anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti saranno vivificati in Cristo» (1 Cor 15,21-22).

«Il Signore non vuole che alcuno perisca, ma che tutti giungano al pentimento» (2 Pt 3,9).

Gesù dunque non è solo maestro e modello di comportamento per i cristiani, ma lo è anche per tutti gli altri uomini (i non cristiani non lo accettano, ma, secondo i cristiani, questo è valido per tutti).


Secondo gli apostoli dunque, il principio fondamentale della morale naturale umana (= valida per tutti gli uomini) si può formulare così:

ogni uomo deve comportarsi secondo la verità che ha scoperto (non si può chiedere che un uomo si comporti secondo una verità che non ha scoperto).

Equivalentemente: ogni uomo deve comportarsi secondo la sua coscienza.

Equivalentemente ancora: ogni uomo si salva (= realizza pienamente se stesso), se agisce in buona fede, convinto di fare bene.

Documentazione

«Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità» (1 Tim 2,4).

«So e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla è impuro di per sé; ma per colui che pensa che qualcosa è impuro, per quello è impuro... tutto ciò che non deriva da fede (va inteso: da buona fede) è peccato» (Rom 14,14.23).

Disse Gesù: «Viene un’ora in cui ognuno che vi ucciderà, crederà di rendere omaggio al Dio. E queste cose faranno, perché non conobbero il Padre, né me» (Gv 16,2-3).

Qual è allora, secondo il Cristianesimo, la differenza fra la morale naturale e quella cristiana, cioè rivelata da Dio attraverso Gesù?

Il principio della morale cristiana si presenta come una specificazione del più generale principio della morale umana:

* Ogni uomo deve comportarsi secondo la verità che ha scoperto (morale naturale umana).

* Il cristiano crede a Gesù che ha detto di essere la verità (cfr. Gv 14,6).

* Quindi il cristiano deve comportarsi secondo Gesù, così come l'ha scoperto (morale cristiana).

Di qui si vede che secondo il Cristianesimo, ci sono due modi di imitare Gesù:

a) implicito = comportarsi secondo la verità scoperta (morale naturale, propria di chi o non conosce Gesù o non ritiene che sia la verità);

b) esplicito = seguire dichiaratamente gli insegnamenti di Gesù, portavoce di Dio (morale rivelata da Dio, propria del cristiano).



Dalla Lettera a Diogneto (150 d.C. circa)

"I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri.

Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria per loro, e ogni patria è straniera.

Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. Dai giudei sono combattuti come stranieri e dai greci perseguitati e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo del loro odio" (5,1-17).



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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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