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I FONDAMENTI DEL CRISTIANESIMO

Ultimo Aggiornamento: 18/10/2018 14:41
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19/04/2010 23:27
 
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II. Il canone del Nuovo Testamento
(= elenco dei libri ufficiali cristiani)

Sicurezza che nei testi sia contenuto il pensiero di Gesù

1. La formazione del canone

La situazione, nella prima metà del II sec., era la seguente:
a) circolavano nelle comunità
- scritti originali risalenti direttamente o indirettamente agli apostoli,
- copie di tali scritti,
- scritti falsamente attribuiti agli apostoli,
- scritti che non risalivano agli apostoli, ma che godevano quasi della stessa autorità;

b) erano scomparsi o quasi scomparsi i testimoni attendibili, capaci di risolvere le controversie di attribuzione dei testi;

c) stava prendendo vigore il movimento filosofico-teologico dello gnosticismo.

Il termine "gnosi" proviene dal greco e significa conoscenza. Secondo gli gnostici solo la conoscenza può condurre alla salvezza.
* In generale gli gnostici partono dal problema del male nel mondo: Dio non può fare né volere il male - dunque il male non viene da Dio. Esistono due princìpi increati: uno, Dio-spirito, da cui deriva il bene e l'altro, la materia, da cui deriva il male. Questi due princìpi sono in perenne lotta fra di loro.
* Luogo della lotta fra il principio del bene (spirito) e il principio del male (materia) è il cuore dell'uomo, in quanto l'uomo è appunto composto di spirito e di materia.
* Questa penosa situazione in cui l'uomo veniva a trovarsi ha impietosito Dio, il quale ha inviato nel mondo Gesù per operare la salvezza: guidare gli uomini alla vera conoscenza, onde distaccarli dalla materia.
* Gesù, essendo puro spirito (bene), non poteva rivestirsi di un corpo materiale (che è male). Quindi, per venire nel mondo, ha preso solo una parvenza corporea (greco: dokéo = sembro, da cui anche il nome di doceti dato a questi pensatori),


Pensatori gnostici importanti furono Basilide, Carpocrate, Valentino, ma soprattutto Marcione.

Secondo Marcione (verso il 140 d.C.) il messaggio di Gesù, predicato anche da Paolo, era stato il superamento definitivo dell'A.T., di cui nulla andava conservato. Sarebbe stato successivamente alterato in senso giudaizzante, mediante l'introduzione di scritti non autentici e la manipolazione dei testi originari.
Marcione rifiutava perciò in blocco l'A.T. e, quanto ai vangeli, voleva riportarli "alla forma originale", eliminando quello che costituirebbe un'alterazione fatta dopo. In concreto, rifiutava i vangeli secondo Matteo, Marco e Giovanni e sopprimeva in Luca i racconti dell'infanzia e ogni accenno alla reale corporeità di Gesù (in Gesù-spirito, non potevano esserci manifestazioni di corporeità, come crescere, essere stanco, aver paura, soffrire, sudare sangue...).


Marcione fu il primo a fissare una lista di libri a cui attingere quella che, secondo lui, era la genuina dottrina cristiana. La lista comprendeva: il vangelo secondo Luca (nella versione rimaneggiata da lui) e dieci delle lettere di Paolo (escluse le lettere pastorali).

Contro Marcione le comunità cristiane dovettero prendere posizione:
a) stabilendo un elenco «ortodosso» (canone), relativamente fisso, di libri da prendere come norma della genuina fede cristiana: il N.T. (i criteri per questa selezione si trovano più avanti);
b) sulle nuove copie del N.T. che venivano confezionate, affidando ai vescovi il controllo, per essere sicuri che fossero conformi al testo antico 1.

u Il fatto veramente importante è costituito dall’idea della necessità di un canone: le Chiese dovettero riconoscere di non poter più controllare da sole le tradizioni su Gesù che stavano pullulando e andarono perciò alla ricerca di norme o criteri per stabilire quali libri accettare e quali escludere, al fine di conoscere il genuino pensiero cristiano.

2. I criteri di canonicità

Dai documenti a nostra disposizione (v. oltre) possiamo ricavare che i criteri utilizzati dalle Chiese per stabilire il canone furono principalmente due: ecclesialità ed apostolicità dei libri.
Nel caso poi in cui l'apostolicità non fosse certa, si ricorse al criterio sussidiario della tradizionalità 2. Vediamoli meglio:

a) Ecclesialità
Furono scelti come "ufficiali" i libri che erano accolti e letti nella liturgia da tutte (o quasi) le comunità che li conoscevano.

Furono le comunità che selezionarono i libri del Nuovo Testamento, non attraverso pronunciamenti ufficiali, ma attraverso il «sentire» dei cristiani: in quei libri essi riconoscevano fissata la fede che avevano ricevuto nella predicazione orale ed accettato.


Ma perché i cristiani leggevano questi libri?
Ecco il secondo criterio:

b) Apostolicità

Furono scelti quei libri che si ritenevano prodotti direttamente o indirettamente dagli apostoli (se a torto o a ragione oggi è difficile/impossibile da stabilire: è un atto di fede nelle comunità cristiane dei primi secoli).

«Si può dire che il concetto di "canone", sia derivato in modo diretto da quello di apostolo. L’apostolo ha nella Chiesa una funzione unica, che non si ripete: è un testimone oculare.
Per conseguenza solo gli scritti che hanno per autore un apostolo o un discepolo di un apostolo sono reputati garantire la purezza della testimonianza cristiana» (O. Cullmann, Le Nouveau Testament, Paris 1966; ed. ital. Bologna, 1968, pag. 141-142).

1. Quanto ai vangeli, le comunità hanno accettato quelli che avevano come autori sicuri o apostoli o diretti ascoltatori di apostoli (dopo aver valutato, per questi ultimi, che avessero raccolto bene il loro insegnamento). Per questa ragione furono rifiutati i vangeli apocrifi.

2. Quanto alle lettere, era compito dei destinatari garantire sul mittente. Si noti però che spesso un autore si serviva di uno scrivano-segretario che «metteva in bella» il testo.
È per questa ragione che scritti come la Didaché o la lettera di Clemente di Roma, nonostante fossero dello stesso periodo e sullo stesso argomento dei libri del Nuovo Testamento, non furono accolti tra i libri ufficiali.

Ne consegue che, per le comunità cristiane antiche, norma di fede non erano gli scritti, ma le testimonianze orali apostoliche che si fissarono poi in tali scritti. Valeva il principio:

era canonico (= normativo) solo ciò che era apostolico.

E nel caso in cui l’apostolicità non fosse certa?

Si ricorse al criterio sussidiario della

c) Tradizionalità

Furono scelti quei libri che erano in armonia con la tradizione orale e rifiutati quelli che presentavano la figura di Gesù in modo diverso da quello tradizionale, quello cioè che i cristiani conoscevano bene per averlo ascoltato dalla viva voce degli apostoli e dei loro immediati discepoli.

Questo successe per es. per il vangelo di Pietro come dice questo documento di Eusebio di Cesarea che cita la testimonianza di Serapione:
­_ «Costui (= Serapione) ha composto anche un altro trattato sul vangelo detto secondo Pietro con l’intento di esporre la falsità degli argomenti in esso contenuti, per il bene di alcuni membri della chiesa di Rhossus (in Siria), che a causa dell’opera suddetta furono preda di dottrine non ortodosse. Sarà bene riportare qui alcune frasi del suo scritto per rilevare il suo giudizio su quel libro. Egli scrive:
"Fratelli, noi accettiamo Pietro e gli altri apostoli come Cristo, ma, da uomini prudenti, respingiamo quanto è falsamente scritto sotto il loro nome, ben conoscendo che da loro non abbiamo ricevuto tali cose. Quando, infatti, io fui presso di voi, pensavo aderiste tutti alla retta fede e, non avendo letto il vangelo sotto il nome di Pietro, di cui parlavamo, dissi: Se era questo l’unico motivo del loro turbamento, leggetelo pure! Ma ora, da quanto mi è stato detto, ho compreso che nella loro mente era annidata una eresia: avrò dunque cura di venire nuovamente da voi. A presto, dunque, fratelli.
Voi sapete che genere di eresia era quella di Marcione e come egli si contraddiceva, non comprendendo quanto andava diffondendo, imparerete (la verità) da quanto ho scritto per voi. Ho infatti avuto la possibilità di avere tra le mani proprio questo vangelo da coloro che se ne servono, cioè dai successori di quelli che sono stati i suoi autori, ai quali diamo il nome di doceti, in quanto molte delle loro idee appartengono a questa scuola, di scorrerlo e di constatare che in gran parte ha sul Salvatore un insegnamento giusto, ma alcune cose sono nuove e ne ho tracciato una lista per voi". Questo è quanto si riferisce a Serapione» (Storia Eccles., VI, 12,2-6: PG, 20,545).



Sembra dunque questa la vera e definitiva norma di fede del Cristianesimo:
l’insegnamento di Gesù fatto con le parole e con la vita e tramandato dalla tradizione orale delle Chiese.


In sintesi:
L’insegnamento di Gesù diventava dunque la cosa più preziosa, da conservare con somma cura. Necessitava perciò un accurato controllo.
Per questo si andavano a cercare prima i testimoni e poi, morti quelli, i libri che trasmettevano il suo vero insegnamento.

CRITERI DI SCELTA DEI LIBRI "CANONICI"

* ECCLESIALITÀ: LIBRI LETTI IN TUTTE LE CHIESE CHE LI CONOSCEVANO

* APOSTOLICITÀ: perché AVEVANO COME AUTORE DIRETTO O INDIRETTO UN APOSTOLO

* TRADIZIONALITÀ: perché FACEVANO SU GESÙ UN DISCORSO CONFORME ALLA TRADIZIONE ORALE

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Documentazione

La più antica lista di libri "canonici" a noi giunta è il canone muratoriano, un documento di ignoto autore, compilato in un latino grossolano verso il 180 e scoperto nel 1740 da Ludovico Antonio Muratori nella biblioteca ambrosiana di Milano.
Al testo mancano alcune righe d'inizio. Si può tuttavia immaginare che parlasse dei vangeli secondo Matteo e secondo Marco, visto che presenta come terzo il vangelo secondo Luca.

_ «... ai quali pure egli (Marco?) fu presente e così ha (es)posto. Il terzo libro dell’evangelo (è quello) secondo Luca. Questo medico, Luca, preso con sé da Paolo come esperto di diritto (o esperto del viaggio, o della dottrina), lo compose dopo l’ascensione di Cristo secondo ciò che egli (Paolo) credeva. Neppure lui però vide il Signore in carne, e perciò cominciò a raccontare così come poteva ottenere (il materiale), dalla nascita di Giovanni.
Il quarto degli evangeli (è quello) di Giovanni, (uno) dei discepoli. Poiché i suoi condiscepoli e vescovi lo esortavano, disse: "Digiunate con me per tre giorni da oggi e ci racconteremo a vicenda ciò che ad ognuno verrà rivelato".
In quella stessa notte fu rivelato ad Andrea, (uno) degli apostoli, che Giovanni doveva mettere tutto per iscritto in nome proprio, mentre tutti (lo) avrebbero esaminato. E perciò, sebbene diversi princìpi siano insegnati nei singoli libri dei vangeli, ciò non costituisce però una differenza per la fede dei credenti, essendo tutte le cose spiegate dall’unico e normativo Spirito: ciò che riguarda nascita, passione, risurrezione, vita sociale con i suoi discepoli, la duplice venuta, dapprima, disprezzato nell’umiltà, che è già avvenuto, la seconda volta, illustre, con potere regale, che deve (ancora) avvenire. Che c’è di strano, dunque, se Giovanni tanto costantemente presenta anche nelle sue lettere delle particolarità, dato che dice di se stesso: "Ciò che abbiamo visto con i nostri occhi e udito con le nostre orecchie e che le nostre mani hanno toccato, queste cose abbiamo scritto a voi" (1 Gv 1,1 ss.). Così non solo egli si professa testimone oculare ed auricolare, ma anche scrittore di tutte le cose mirabili del Signore, per ordine. I fatti poi di tutti gli Apostoli sono scritti in un unico libro. Luca raccoglie per l’ottimo Teofilo le singole cose che sono state fatte in presenza sua e lo fa vedere chiaramente omettendo la passione di Pietro e anche la partenza di Paolo dall’Urbe (= Roma), per la Spagna.
Le lettere di Paolo poi rivelano esse stesse, a chi vuol capire, da che località e in che circostanza sono state inviate. Prima di tutte ai Corinzi, vietando l’eresia dello scisma; poi ai Gálati (vietando) la circoncisione; poi ai Romani (spiega) esattamente l’ordine delle Scritture e che Cristo è il loro principio. Delle quali (lettere) è necessario che parliamo singolarmente. Lo stesso beato apostolo Paolo, in ciò seguendo la regola del suo predecessore Giovanni [cfr. sette lettere di Apoc cap. 2-3: si veda più avanti], scrive nominativamente a sole sette chiese in quest’ordine: ai Corinzi la prima (lettera), agli Efesini la seconda, ai Filippesi la terza, ai Colossesi la quarta, ai Gálati la quinta, ai Tessalonicesi la sesta, ai Romani la settima. Sebbene sia tornato a scrivere ai Corinzi e ai Tessalonicesi per correggerli, si vede che una sola chiesa è diffusa per tutta la terra. Perché anche Giovanni scrive nell’Apocalisse a sette chiese, ma parla a tutte. Ma una a Filémone e una a Tito e due a Timóteo (le scrisse) per affetto e amore. Sono ritenute sacre per l’onore della chiesa cattolica (= universale), per il regolamento della disciplina ecclesiale.
Circola anche una (lettera) ai Laodicesi, un’altra agli Alessandrini, falsificate col nome di Paolo dalla setta di Marcione, e molte altre cose che non possono essere accettate nella chiesa cattolica.
Non conviene che il fiele sia mescolato con il miele. Però una lettera di Giuda e due con la soprascritta "Di Giovanni" sono ricevute nella Chiesa cattolica, come pure la Sapienza scritta in onor suo dagli amici di Salomone.
Riceviamo anche le rivelazioni (Apocalisse) di Giovanni e di Pietro soltanto. Alcuni di noi però non vogliono che questa sia letta nella chiesa (= assemblea).
Il Pastore l’ha scritto poc’anzi, nella nostra città di Roma, Erma, mentre sedeva sulla cattedra della chiesa della città di Roma il vescovo Pio, suo fratello. Perciò conviene che sia letto, però non si può leggere pubblicamente nella chiesa al popolo, né tra i profeti il cui numero è completo, né tra gli apostoli della fine dei tempi».
- Dall’accenno al «poc’anzi» ed al vescovo di Roma Pio (Io) si stabilisce la data del 180 circa per questo documento.
- Dei 27 libri che formeranno poi il Nuovo Testamento, ne vengono citati 23. Non sono citate: una lettera di Giovanni, una di Giacomo, una di Pietro e la lettera agli Ebrei.


3. Le controversie sul canone

Tra il III ed il V sec. abbiamo un periodo di dubbi e di discussioni sui libri che dovrebbero appartenere al canone.

Documentazione
Una testimonianza di Eusebio di Cesarea, dell’anno 318 circa:

_ «Arrivati a questo punto, ci sembra ragionevole ricapitolare (la lista) degli scritti del Nuovo Testamento di cui abbiamo parlato. E, senza alcun dubbio, si deve collocare prima di tutto la santa tetrade (= quaterna), degli evangeli, cui segue il libro degli Atti degli Apostoli. Dopo questo, si debbono citare le lettere di Paolo, a seguito delle quali si deve collocare la prima attribuita a Giovanni e similmente la prima lettera di Pietro. A seguito di queste opere si sistemerà, se si vorrà, l’Apocalisse di Giovanni, su cui esporremo a suo tempo ciò che si pensa. E questo per i libri universalmente accettati.
Tra gli scritti contestati, ma tuttavia riconosciuti dalla maggior parte, c’è la lettera attribuita a Giacomo, quella di Giuda, la seconda lettera di Pietro e le lettere dette seconda e terza di Giovanni, che sono dell’evangelista o di un altro che porta lo stesso nome.
Tra gli apocrifi (lett.: bastardi, spuri), vengono anche collocati il libro degli Atti di Paolo, l’opera intitolata Il Pastore, l’Apocalisse di Pietro e dopo questi la lettera attribuita a Barnaba, i cosiddetti Insegnamenti degli Apostoli (Didaché), poi, come s’è già detto, l’Apocalisse di Giovanni, se si vuole. Qualcuno, come ho già detto, la rifiuta, ma altri la uniscono ai libri universalmente accettati.
Tra questi stessi libri alcuni hanno ancora collocato il Vangelo secondo gli Ebrei, che piace soprattutto a quegli Ebrei che hanno creduto a Cristo.
Pur stando così le cose per i libri contestati, tuttavia abbiamo giudicato necessario farne ugualmente la lista, separando i libri veri, autentici e accettati secondo la tradizione ecclesiastica, dagli altri che, a differenza di quelli, non sono testamentari (= vincolanti), e inoltre contestati, sebbene conosciuti, dalla maggior parte degli scrittori ecclesiastici; affinché possiamo distinguere questi stessi e quelli che, presso gli eretici, sono presentati sotto il nome degli apostoli, sia che si tratti dei vangeli di Pietro, di Tommaso e di Mattia o di altri ancora, o degli Atti di Andrea, di Giovanni o di altri apostoli. Assolutamente nessuno mai tra gli scrittori ecclesiastici ha ritenuto giusto di ritrovare i loro ricordi in una di queste opere.
D’altra parte, il carattere del discorso si allontana dallo stile apostolico; il pensiero e la dottrina che essi contengono sono talmente lontani dalla vera ortodossia da poter chiaramente provare che questi libri sono delle costruzioni di eretici. Perciò non si debbono neppure collocare tra gli apocrifi, ma si debbono rigettare come del tutto assurdi ed empi» (Storia Ecclesiastica, III, 25, 1-7).
- Secondo questo testo, i libri del Nuovo Testamento non ricordati, discussi o rifiutati, sono la lettera agli Ebrei, le lettere di Giacomo e di Giuda, la 2a lettera di Pietro, la 2a e la 3a lettera di Giovanni e l'Apocalisse.



Le controversie sul canone si chiarirono notevolmente già verso la fine del IV secolo:
- in oriente con la 39a lettera pasquale di Atanasio, vescovo di Alessandria (anno 367),
- in occidente col sinodo di Roma del 382.
Vengono accettati come canonici 27 libri ritenuti di origine apostolica.
Alla fine del secolo V, con l'attenuarsi delle dispute cristologiche e trinitarie, i dubbi scomparvero, sia nelle Chiese latine, sia nelle Chiese greche. Perdurarono, invece, nelle Chiese della Siria, dove l'accordo si stabilì all'inizio del secolo VI, con la versione del Nuovo Testamento fatta da Filosseno. Da allora e fino al XV secolo non ci furono più controversie sul canone.
Lutero (sec. XVI) ha ripreso le discussioni, per i suoi motivi teologici, e il Concilio di Trento ha ribadito l'elenco tradizionale dei libri ufficiali.


4. Conclusione

Ritenere che (come faceva Lutero) la "norma di fede" sia la sola Scrittura (in particolare il Nuovo Testamento) senza la tradizione della Chiesa è un circolo vizioso e quindi un errore logico, perché la Bibbia non può fondare se stessa: non è infatti scritto nella Bibbia quali siano i libri della Bibbia.
Per il Nuovo Testamento, è solo la comunità cristiana che può stabilire quali libri sono conformi alla tradizione orale preesistente ai libri stessi.

Infatti il Cristianesimo è sorto verso gli anni 30, mentre i primi libri cristiani sorgono dopo il 50. Quindi per almeno 20 anni il Cristianesimo esisteva già, mentre i libri cristiani non esistevano ancora.

Dunque, il Cristianesimo non può fondarsi sui libri, ma sulla tradizione che poi è stata fissata negli scritti del Nuovo Testamento

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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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