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L'ANIMA UMANA: COSA PUO DIRCI LA SCIENZA.

Ultimo Aggiornamento: 27/09/2018 14:10
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27/09/2018 14:10
 
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«Neuroscienze?
L’uomo e il suo mistero sono a loro inaccessibili».

Neuroscienze e determinismo. Il neuroscienziato italiano Vittorio Gallese, co-scopritore dei neuroni specchio, spiega perché la scienza ha bisogno delle scienze umane per poter parlare dell’essere umano.

 

«La scienza risponde a tutte le domande e dà risposte più attendibili della religione. Lo scopo del mondo è un problema inventato, è una domanda vuota». Così si esprimeva l’anziano zoologo Richard Dawkins nel suo libro più famoso, L’Illusione di Dio. E il predominio della scienza come unica fonte di verità è ancora oggi un dogma sostenuto da tanti, troppi.

Tra i più irriducibili scientisti, almeno per un periodo della sua vita, vi fu il matematico Bertrand Russell, per il quale «qualunque conoscenza sia conseguibile, deve essere conseguita con metodi scientifici; e ciò che la scienza non può scoprire, l’umanità non può conoscere». Una emerita sciocchezza poiché tutte le più alte conoscenze a cui gli esseri umani giungono nella loro vita avvengono al di fuori di un laboratorio ed in assenza di metodi scientifici. Che suo figlio gli voglia bene, che il marito/moglie provi reale affetto e non sia interessato/a all’eredità, che la madre non metta del veleno nella cena, che l’amore esista, che il bene sia desiderato da ognuno per sé ecc., sono tutte conoscenze a cui l’uomo giunge nel corso della sua vita e che si tramutano spesso in certezza morale, senza ovviamente necessità di una prova scientifica. Anzi, paradossalmente assumono un grado di certezza maggiore piuttosto che la composizione delle stelle.

«Se pure tutte le possibili domande della scienza ricevessero una risposta, i problemi della nostra vita non sarebbero nemmeno sfiorati», affermò acutmente Ludwig Wittgenstein (Tractatus logico-philosophicus, 6,52). «In ambito scientifico cresce l’insofferenza per la filosofia», scrisse il filosofo italiano Emanuele Severino, rispondendo ad un amico di Dawkins, il fisico ateista e scientista Lawrence Krauss, autore di Un universo dal nulla, in cui anch’egli considera spazzatura tutto ciò che non si piega alla dimostrazione scientifica. Severino è ironico: «Accade anche, però, che insieme all’insofferenza cresca anche, nella scienza, l’interesse per i problemi che sono sempre stati propri del pensiero filosofico. Relativamente ai quali essa crede di poter andare molto più a fondo».

Ma non può farlo. Non perché non ne è capace o perché è ancora troppo presto, piuttosto perché esulano dal suo campo d’azione. Molti aspetti chiave della vita (come l’etica: ciò che è bene e ciò che è male, e l’estetica: ciò che è bello e ciò che è brutto) si trovano infatti al di fuori del dominio della ricerca scientifica: la scienza può dire che tipo di circostanze porteranno all’estinzione degli orsi polari, o anzi, dell’umanità, ma non ha nulla da dire sul fatto se questo sia un fatto buono o cattivo. Sulla soluzione del tema immigratorio o del terrorismo internazionale il metodo scientifico ha meno risposte di un bambino. Ancora peggio quando gli scienziati provano a spiegare i valori e gli esseri umani, riducendoli in termini di neuroscienze.

Proprio in questi giorni il celebre neuroscienziato italiano, Vittorio Gallese, uno degli scopritori dei neuroni specchio, ha affermato: «Il riduzionismo delle neuroscienze deve fare i conti con la realtà di ciò che significa essere umani. Occorre enfatizzare i temi della relazione e del ruolo costitutivo della socialità nel farci divenire chi siamo e mettere l’accento sulla centralità della nozione di esperienza. Le macchine eseguono computazioni, gli esseri viventi fanno costantemente esperienza del proprio incontro col mondo fisico e con il mondo degli altri. Lo studio della dimensione esperienziale della cognizione sta fortunatamente divenendo uno degli snodi centrali nello studio del cervello-corpo. Le neuroscienze non possono fare a meno di un costante dialogo con le scienze umane, se ambiscono a comprendere la nostra natura senza sacrificare nulla della sua meravigliosa ed enigmatica complessità»(da Il corpo e la mente non hanno confini, Il Corriere La Lettura, 23.9.18).

E, a proposito di neuroni specchio, anche l’altro co-scopritore, Giacomo Rizzolati, ha qualcosa da dire in merito: «Noi scienziati andiamo molto più per approssimazione. Il filosofo cerca di vedere le cose in modo raffinato, trova subito l’errore, dice che non è del tutto convincente, che gli manca questa prova». Così, la filosofia «è molto più precisa della scienza. E’ vero che i dati della scienza sono incontrovertibili, ma il filosofo è molto utile per trovare quali sono i punti deboli nella speculazione successiva ai dati. I dati sono dati, però poi si devono interpretare. Cosa significano? Cosa portano di nuovo come conoscenza? E’ su questo qualcosa di nuovo che il filosofo ti critica e ti mette in discussione, mette in dubbio certe cose, ed è molto utile».

Testimonianze di scienziati mentalmente aperti e realisti, che rispettano la metodologia propria ed importantissima delle scienze empiriche ma senza disprezzare, anzi valorizzando, quelle degli altri saperi, come filosofia e teologia. Ben sapendo che l’essere umano porta in sé una “meravigliosa ed enigmatica complessità”, che impedisce di essere ridotto ai suoi antecedenti biologici o chimici.


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