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CRISTIANESIMO E ISLAMISMO A CONFRONTO

Ultimo Aggiornamento: 26/01/2023 15:35
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25/03/2017 16:34
 
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Le grandi differenze tra velo cristiano e islamico



sottomissione donnaHa suscitato consensi e polemiche la scelta del presidente dell’Unione comunità islamiche, Izzedin Elzir, di protestare contro il divieto francese al burkini pubblicando una foto con delle suore cattoliche, in tonaca e velo. Come a dire: loro sì e noi no?


Tema tornato d’attualità dopo l’odierno intervento di Dacia Maraini che, a proposito del burka e del hijab (il velo), commenta: «Quella copertura, anche solo della testa, ha un valore emblematico di negazione e censura. Solo di fronte al marito, ovvero il proprietario di quel corpo, la donna può mostrarsi in tutta la sua completezza»«Sia chiaro», ha aggiunto, «non ho niente contro il velo e chi lo porta, ma non diciamo che si tratta di una libera scelta e che esprime l’autonomia delle donne. Il velo è un segno di sottomissione, che lo si scelga o meno. Anche le suore lo usano, mi si dice, ma appunto, anche in quel caso si tratta di dichiarare l’appartenenza a un ordine religioso».


Non si capisce bene cosa intenda la storica femminista, in ogni caso sarebbe bene chiarire che è un errore paragonare, oggi, il velo cristiano e quello islamico. Per due motivi, sopratutto.


1) Il primo dato è che le suore cristiane aderiscono liberamente ad un ordine religioso che, a volte, tra le altre regole, prevede il coprimento anche del capo. Sono libere, dopo una scelta cosciente e ponderata, di intraprendere questa strada ma anche di abbandonare l’ordine e/o il convento e, se vogliono, sposarsi. Le donne islamiche, al contrario, non appartengono a nessun ordine religioso e non hanno nessuna vera scelta alternativa. E’ sbagliato confondere l’appartenenza ad un ordine religioso con l’appartenenza ad una fede religiosa.


2) L’altra grande differenza è nel significato del velo. Quello delle donne islamiche -così come è concepito oggi- è sottomissione all’uomo, al marito-padrone. Al contrario, come ha spiegato la benedettina Anna Maria Canopi, fondatrice dell’abbazia Mater Ecclesiae nell’isola di San Giulio (Novara), nel monachesimo cristiano indossare il velo simboleggia il «sottrarsi allo sguardo» degli uomini, «per essere sempre sotto lo sguardo di Dio e a lui solo piacere per la purezza e l’intensità dell’amore». Questo, ha spiegato madre Canopi, «non ha nulla di opprimente». Inoltre, il velo, «aiuta la monaca a tenere lo sguardo del cuore più direttamente rivolto a Dio, nella contemplazione del suo volto sempre desiderato e cercato».


In ambito cristiano, dunque, è la donna stessa che sceglie liberamente di intraprendere una vita di dedizione totale a Dio, simboleggiata anche dall’abito stesso previsto dall’ordine religioso a cui chiede di aderire. Non si può confondere questa libera (e liberante!) scelta vocazionale di alcune donne cristiane con un atto di sottomissione all’uomo, come invece avviene per tutte le donne nel mondo islamico.



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