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QUANTO E' PROBABILE CHE LA SINDONE SIA AUTENTICA ?

Ultimo Aggiornamento: 29/05/2017 10:35
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19/02/2010 23:01
 
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LA SINDONE SECONDO I VANGELI

La Sindone

Che cosa è la Sindone? Secondo la tradizione, la Sindone è il lenzuolo dove fu avvolto, da Giuseppe d'Arimatèa, il corpo di Cristo dopo essere stato deposto dalla croce.
Ripercorriamo questo fatto attraverso la lettura dei Vangeli:

Matteo 27:57..61

<<[57]Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatèa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù. [58]Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato. [59]Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo [60]e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. [61]Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.>>.

Marco 15:42..47

<<[42]Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, [43]Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. [44]Pilato si meravigliò che fosse gia morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. [45]Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. [46]Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. [47]Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.>>

Luca 23:50..56

<<[50]C'era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. [51]Non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. [52]Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. [53]Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. [54]Era il giorno della parascève e gia splendevano le luci del sabato. [55]Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, [56]poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento.>>

Giovanni 19:38..42

<<[38]Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. [39]Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. [40]Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei. [41]Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. [42]Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.>>

I tre vangeli Sinottici specificano che il corpo di Gesù fu avvolto in un lenzuolo, mentre Giovanni da questo per scontato e passa alla fase successiva (e lo avvolsero in "bende") come ben vedremo in seguito... 

Dopo la sepoltura, che cosa accadde? Il Vangelo di Matteo aggiunge un particolare rispetto agli altri tre, particolare che prepara al successivo annuncio della risurrezione.

Matteo 27:62..66

<<[62]Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo: [63]«Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò. [64]Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: E' risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». [65]Pilato disse loro: «Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete». [66]Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.>>.


Il sepolcro "vuoto" (Gv 20: 1..10)


<<[1]
Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. [2]Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». [3]Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. [4]Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. [5]Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. [6]Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, [7]e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. [8]Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. [9]Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. [10]I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.>>

Innanzitutto è bene precisare che la sindone, di cui parlano i Sinottici ed il sudario di Giovanni non sono la solita cosa, ma sono due cose distinte; infatti molti hanno fatto e fanno confusione tra i due al punto di identificarli entrambi come se fossero la medesima cosa. E' sotto l'influsso delle parole evangeliche che sindone e sudario hanno assunto un significato funerario, mentre in realtà altro non erano che:un mero lenzuolo di tela (sindone), ed un comune fazzoletto che serviva per detergere, come dice la parola stessa, il sudore (sudario). Gli ebrei usavano seppellire i morti con le loro vesti, ma nel caso dei condannati a morte le vesti finivano in mano ai soldati, pertanto ci si doveva preoccupare di rivestire il cadavere. A tale scopo Giuseppe d'Arimatea comprò un rotolo di tela di alcuni metri, di cui si servì per ritagliare i pezzi necessari (sindone, sudario, "bende") per ricoprire, avvolgere e legare il corpo di Gesù. L'avvolgimento del cadavere nella sindone era necessario per due motivi: in primo luogo, evitare di toccare direttamente il cadavere così da non incorrere in una grave impurità; in secondo luogo, per una precisazione della Legge ebraica, che imponeva di non lasciare disperdere il sangue dalle ferite di chi fosse morto in modo traumatico. Per l'ebraismo il sangue rappresenta l'uomo stesso: si imponeva di seppellire con il morto anche le zolle di terra su cui qualche goccia fosse caduta.

La fede nel Cristo risorto, secondo l'evangelo di  Giovanni, nasce per la prima volta proprio qui, in questo episodio ed esattamente in quel vide e credette. Vedere per credere: è questa la pedagogia usata da Gesù, il quale lascia dei segni, dei segnali che preparano e conducono sulla strada della resurrezione: la pietra ribaltata ed il sepolcro "vuoto" ne sono, appunto, un esempio. Ma che cosa videro i due discepoli ? I versetti che ci descrivono il sepolcro trovato da Pietro e Giovanni presentano un aspetto insieme ordinato e disordinato: sia la sparizione del cadavere che la disposizione delle vesti funerarie trovata, sembrano lanciare un messaggio ambiguo, aperto a tutte le interpretazioni e che non giustifica di certo quel vide e credette

La pietra ribaltata, le vesti funerarie disposte casualmente ed il sepolcro senza cadavere non sono di certo indizi sufficienti per condurre ad un fede fulminea nella resurrezione, espressa da Giovanni, evangelista  e testimone oculare, con quel netto e deciso vide e credette. E questo vale in particolar modo per i discepoli, i quali stavano vivendo, in quelle ore, un profondo sentimento di delusione, di sconfitta, di sgomento e di disperazione per la miserabile ed umiliante fine che aveva fatto il loro Maestro, nel quale avevano riposto ogni speranza e per il quale avevano lasciato tutto. 

Non c'è dubbio: i primi due pellegrini a quello che ormai era il Santo Sepolcro osservarono qualcosa di singolare, d'unico, d'irripetibile e d'estremamente convincente che li portò a credere che Gesù era veramente risorto! Non può essere stato altrimenti. Ma quale mirabile segno lasciato da Gesù ebbero modo di ammirare  e constatare Pietro e Giovanni in quel sepolcro ? 

Matteo 12:38..42

<<[38]Allora alcuni scribi e farisei lo interrogarono: «Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno». Ed egli rispose: [39]«Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta. [40]Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. [41]Quelli di Nìnive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c'è più di Giona! [42]La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall'estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c'è più di Salomone!>>.

Matteo 16:1..4

<<[1]I farisei e i sadducei si avvicinarono per metterlo alla prova e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo. [2]Ma egli rispose: «Quando si fa sera, voi dite: Bel tempo, perché il cielo rosseggia; [3]e al mattino: Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo. Sapete dunque interpretare l'aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi? [4]Una generazione perversa e adultera cerca un segno, ma nessun segno le sarà dato se non il segno di Giona». E lasciatili, se ne andò.>>.

Dopo tutte le guarigioni miracolose operate da Gesù, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani ove Gesù sfama più di 5000 persone, dopo aver resuscitato la figlia di Giairo, dopo aver dato prova di dominare le forze della natura (camminando sull'acqua,  sedando la tempesta...) e dopo aver liberato alcuni indemoniati, gli scribi, i farisei ed i sadducei hanno la sfrontatezza di chiedere un segno spettacolare. Gesù risponde che un segno sarà dato, ma uno ed uno soltanto: la sua resurrezione dai morti. Questa è la prova incontrovertibile che Egli è veramente colui che afferma di essere: il Figlio di Dio, il Messia atteso dai profeti!

Il segno di Giona: Nella tradizione giudaica il profeta Giona era famoso per la sua liberazione miracolosa, ad opera di Dio, dal ventre del pesce che lo aveva inghiottito e nel quale vi era stato tre giorni e tre notti. Gesù vede in Giona chiuso nel ventre del pesce la permanenza di Cristo nel sepolcro. In modo velato Egli annuncia la sua vittoria finale sulla morte, come Giona infatti fu liberato e riuscì nella missione che Dio gli aveva affidato. In un certo senso, sempre per analogia con Giona, Gesù annunzia anche la predicazione futura dei suoi discepoli, in quanto Giona a seguito della sua liberazione và a predicare a Nìinive, città di pagani. Gli abitanti di Nìnive si convertirono, mentre, come Gesù qui predice, i giudei non si convertiranno e la salvezza sarà offerta anche ai pagani.

La Resurrezione di Gesù è un fatto, una realtà: i due discepoli nel sepolcro osservarono il segno tangibile di questo grande miracolo, di questa liberazione dalla schiavitù della morte. Anche le guardie che vigilavano il sepolcro hanno visto quello che Pietro e Giovanni videro nel sepolcro e  lo riferirono ai loro capi. E' questo l'unico segno tangibile che Gesù ha voluto lasciare per tutti, specialmente per i non credenti. Infatti sappiamo che Gesù è apparso ai suoi discepoli diverse volte ed in diversi modi; si è fatto toccare, ha mangiato con loro e li ha ammaestrati, ha quindi dato, a quelli della sua cerchia, molte prove e molti segni di Resurrezione (Atti 1:3). Tuttavia non è apparso ai suoi avversari, non si è mostrato loro risorto, vittorioso, non si è rivendicato... cosa alquanto divina e poco umana, pienamente coerente con la logica evangelica (i pensieri di Dio non sono quelli degli uomini) ed indizio di autenticità dei Vangeli. Non trattandosi dunque di apparizioni, poiché i non amici  non avrebbero avuto diritto, di che cosa si tratta ? E' la prova sensibile, tangibile, visibile, constatabile ed inconfutabile di Resurrezione che Gesù ha voluto lasciare per condurci alla fede.  

Alcuni studiosi molto attenti al problema, tra cui don Antonio Persili e Vittorio Messori, hanno analizzato a fondo i versetti in questione dall'originale greco ed hanno scoperto che i traduttori hanno mal interpretato il passo in questione prendendo dei gravi abbagli e stravolgendo così la traduzione al punto da non far comprendere più quel vide e credette.

Ecco qui di acchito la corretta traduzione dei versetti interessati (Gv 20: 3..8):

<<Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, scorge le fasce distese, ma non entrò. Giunge intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entra nel sepolcro e contempla le fase distese e il sudario, che era sul capo di lui, non disteso con le fasce, ma al contrario avvolto in una posizione unica. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.>>.

Analizziamo le differenze:

Nella traduzione ufficiale viene utilizzato il verbo "vedere" per ben tre volte nel passo in questione, mentre nell'originale greco Giovanni utilizza tre verbi distinti: scorgere, contemplare, vedere (blépei, theçrei, eìden), che esprimono una progressione nella ricognizione del sepolcro e nella presa di coscienza della avvenuta Resurrezione... Si inizia con scorgere, ovvero constatare con perplessità, per poi contemplare, ovvero ammirare, guardare attentamente, esaminare per poi finire con  vedere pienamente, così da comprendere e da credere. Questa scelta precisa dei verbi utilizzati da Giovanni è molto importante poiché ci mostra dei particolari essenziali per la comprensione dell'epilogo e della visione del sepolcro. Nella traduzione ufficiale, questi particolari essenziali si perdono completamente poiché viene utilizzato sempre il verbo vedere, creduto sinonimo.

Anche il sostantivo "bende" viene utilizzato per ben tre volte nel passo in questione, ma in realtà queste sono fasce (originale greco: othònia). Bende erano quelle che legavano il cadavere di Lazzaro e per indicare le quali lo stesso Giovanni utilizza un diverso sostantivo (11:44). Le fasce, erano più alte delle bende. Queste avvolsero tutto il corpo di Gesù fino al collo, escludendo solo la testa. Tale legatura aveva lo scopo di stringere la sindone al corpo che lo avvolgeva e la funzione di impedire quella troppo rapida evaporazione del liquido aromatico che si sarebbe verificata se la sindone fosse stata a contatto diretto con l'aria. Ecco perché Giovanni, giunto al sepolcro per primo, scorse le fasce distese  e non vide il lenzuolo: la sindone era avvolta dalle fasce, ma era intatta, non manomessa, non trafugata. Anche Luca che ci aveva descritto la sepoltura con il lenzuolo (Lc 23:50..56), racconta che Pietro corso al sepolcro vide solo "le bende", cioè le fasce e tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto (Lc 24:12)

Sulla testa invece, già coperta dalla sindone, fu soprapposto il sudario. Questa copertura ulteriore serviva sempre per i medesimi scopi delle fasce, ma in aggiunta aveva la funzione di non lasciare in disordine le piegature del lenzuolo all'altezza del volto, visto che tutto il resto del corpo era ordinatamente fasciato. Probabilmente risultò anche necessaria poiché le ferite al volto e al capo, dovute tra l'altro alla corona di spine, furono fonte di una abbondante emorragia che inzuppò cospicuamente  il lenzuolo di sangue. In realtà anche a Gesù fu applicato, prima della sindone, un'altro sudario che fungeva da mentoniera, ovvero impediva la vista disdicevole della bocca spalancata. E' anche per questo motivo che l'evangelista Giovanni precisa che Pietro ha visto il sudario che stava all'esterno, sul capo di Gesù, e non quello che stava all'interno, intorno al capo di Gesù. 

"per terra" nell'originale greco è keìmena, ovvero il participio passato del verbo keìmai, che significa giacere, essere disteso, seduto, steso, orizzontale; si dice di una cosa bassa in opposizione ad una elevata, eretta. Dunque keìmena tà  othònia si deve tradurre con le fasce distese. Giovanni vuole dirci che prima le fasce erano rialzate, poiché all'interno c'era il cadavere di Gesù, mentre adesso le fasce sono distese, abbassate, giacendo nel medesimo posto in cui si trovavano quando contenevano il cadavere di Gesù.

"ma piegato in un luogo a parte" è purtroppo l'infelice traduzione che la CEI adotta per "allà chorìs entetyligménon eis éna tòpon" e che distrugge la mirabile descrizione dell'evangelista, lunga un' intero versetto,  riguardo alla posizione assunta dal sudario che era stato messo sulla testa di Gesù. Innanzi tutto "piegato" risulta essere la traduzione arbitraria del participio greco entetyligménon, mentre la corretta traduzione è avvolto. Infatti  il verbo entylìsso corrisponde ai verbi "avvolgo, involgo, ravvolgo", che deriva a sua volta dal sostantivo entylé che corrisponde a "coperta, accappatoio", quindi ad oggetti che servono per avvolgere e non per piegare. L'avverbio "chorìs" in italiano significa: "separatamente, a parte, in disparte", ma in senso traslato può significare: "differentemente, al contrario". Qui si vuol dare all'avverbio "chorìs" il significato traslato perché la logica della testimonianza consiste nell'opporre la posizione assunta dalle fasce (distese) a quella, diversa, assunta dal sudario (avvolto). "allà" è l'avversativo "ma" che lega con "chorìs", quindi la prima parte (allà chorìs entetyligménon) si deve tradurre con: "ma al contrario avvolto". Le parole greche "eis éna tòpon", stando al senso immediato si traducono con "in un luogo" ed è per questo che la CEI costruisce la frase "in un luogo a parte", utilizzando "chorìs" in senso locale. Tuttavia la parola greca "tòpos" va intesa come "posizione" e non come "luogo", infatti Giovanni impiega l'intero versetto 7 per descriverci questa posizione particolare assunta dal sudario. La preposizione "eis" e l'aggettivo numerale "èna" in italiano significano rispettivamente "in" ed "uno", tuttavia "eis" nel Nuovo Testamento è usato solo raramente come numerale e per lo più significa: "solo, unico, incomparabile, oppure dotato di una validità unica...". Dunque unico è il significato che Giovanni vuole dare ad "éna" e quindi il sudario era avvolto in una posizione unica, nel senso di singolare, eccezionale, irripetibile. Infatti mentre avrebbe dovuto essere disteso sulla pietra con le fasce, era invece rialzato e avvolto, anche se ormai non avvolgeva più nulla. La  posizione del sudario appare unica per eccellenza agli occhi di Pietro e Giovanni, perché è una sfida alla forza di gravità. Concludendo l'analisi delle differenze "eis éna tòpon" va tradotto: "in una posizione unica"

Alla luce di quanto sopra ecco spiegate le ragioni di quell'improvviso e deciso vide e credette, che l'infelice traduzione ufficiale non giustificava, anzi lasciava alquanto increduli...

Ricapitolando, ecco dunque cosa osservarono  i due discepoli: videro le fasce che avvolgevano la sindone come svuotate dall'interno, tuttavia intatte, non manomesse, non trafugate, ed il sudario che gli era stato posto sul capo avvolto in una posizione unica, ovvero sempre nella medesima posizione di avvolgimento, anche se ormai non avvolgeva più nulla e quindi era una sfida alla forza di gravità. Da questa visione, Giovanni realizzò che la sparizione del corpo di Gesù non era un fatto stato possibile per mano di uomo e quindi capì che il Signore era veramente risorto e credette. 

In seguito avranno poi guardato la sindone, notando che recava l'immagine del Risorto. Un'antica anfora mozarabica canta: <<Pietro e Giovanni corsero al sepolcro e videro nella Sindone le recenti impronte del Morto che era risuscitato…>>. Tuttavia, come il Vangelo ci ricorda, non avevano capito chiaramente la Scrittura in merito alla resurrezione di Gesù dai morti. La capiranno pienamente in seguito, quando scenderà lo Spirito Santo su di loro a Pentecoste e quando Gesù risorto stesso, spiegherà loro le scritture in merito a Lui, a partire da quella stessa sera, quando apparve in mezzo a loro a porte chiuse (Gv 20:19..29).

La prima indicazione scritta su ciò che avvenne della Sindone dopo il suo ritrovamento nel sepolcro vuoto, la ritroviamo nel "Vangelo degli Ebrei": fu ricevuta in custodia da Pietro. Il Telo sindonico era ricettacolo della più grave impurità religiosa perché usato su un cadavere, insanguinato, e contaminato ritualmente. Tale impurità se la trascinava addosso, diffondendola a chiunque l'avesse toccato. Nella cultura ebraica, la purezza tradizionale aveva un ruolo molto sentito, perciò chi si prese il rischio di conservarlo, lo fece con ogni possibile cautela. Sicuramente fu qualcuno che aveva vissuto quelle ore affettivamente molto vicino all'Ucciso. Chi nel nostro secolo ha scetticamente preteso documentazioni circostanziate sui primissimi anni della sua storia, non ha realisticamente valutato i timori e le tensioni che i suoi custodi si sono trovati a vivere. E' da ricordare inoltre che i cristiani, nei primi secoli, hanno vissuto, per così dire, in clandestinità, poiché perseguitati.

Oggi la Sindone è conservata nel Duomo di Torino, sin dal 1578. Ma vediamo di ripercorrere le principali date della sua storia nel corso dei secoli:

7 Aprile del 30 d.C.

Gesù, calato dalla croce, fu avvolto in un candido lenzuolo e sepolto in una tomba nuova, scavata sulla roccia. La mattina di Pasqua questo lenzuolo viene trovato vuoto. Nell'ambiente ebraico, un lenzuolo che ha avvolto un morto, per di più di un bestemmiatore, è considerato oggetto impuro, dunque da non esporre, perciò resta nascosto.

II° Sec.

Si parla di un Santo Volto di Cristo, su stoffa, venerato ad Edessa, oggi Urfa, Turchia.

525

Durante un restauro, a Edessa viene alla luce un'immagine achiròpita, cioè non fatta da mani umane, detta Mandylion, che significa telo o fazzoletto.

944

Il Mandylion è portato a Costantinopoli. Alla Sindone si ispira la leggenda delle gambe asimmetriche del Crocifisso, che si ritrovano nell'arte curva bizantina e nelle croci russe che hanno il poggiapiedi inclinato.

1147

A Costantinopoli, il re di Francia, Luigi VII, venera la Sindone.

1171

Manuele I Comneno mostra ad Amalrico, re dei Latini di Gerusalemme, le reliquie della passione, tra cui la Sindone.

1204

Robert de Clary, cronista alla IV Crociata, scrive che "tutti i venerdì la Sindone è esposta a Costantinopoli... ma nessuno sa dove sia andata a finire dopo che fu saccheggiata la città". La Sindone è nascosta per timore della scomunica comminata ai ladri di reliquie.

1307

I Templari sono condannati come eretici anche per il culto segreto d'un Volto Santo che pare riprodotto dalla sindone. Uno di loro sì Chiamava Geoffroy de Charny.

1356

Geoffroy de Charny, cavaliere crociato omonimo del precedente, consegna la Sindone, in suo possesso da almeno tre anni, ai canonici di Lirey, presso Troyes, in Francia.

1389

Pierre d’Aricis, vescovo di Troyes, proibisce l’ostensione della Sindone.

1390

Clemente VII, antipapa di Avignone, tratta della Sindone in due Bolle.

1453

Marguerite de Charny, discendente di Geoffroy, cede la Sindone ad Anna di Lusignano, moglie del duca Ludovico di Savoia, che la custodirà a Chambéry.

1506

Papa Giulio II approva l'Ufficiatura della Sindone.

1532

Nella notte fra il 3 e il 4 dicembre, incendio a Chambéry: l'urna della Sindone ha un lato arroventato ed alcune gocce di metallo fuso attraverso i diversi strati ripiegati. Due anni dopo le Clarisse cuciranno i rattoppi oggi visibili.

1535

Per motivi bellici il Lenzuolo è trasferito a Torino e successivamente a Vercelli, Milano, Nizza e di nuovo Vercelli; qui rimane fino al 1561.

1578

Emanuele Filiberto trasferisce la Sindone a Torino, per abbreviare il viaggio a san Carlo Borromeo che vuole venerarla per sciogliere un voto. Ostensioni pubbliche, per particolari celebrazioni di casa Savoia o per i giubilei, si succedono circa ogni 30 anni.

1694

La Sindone è sistemata nella Cappella annessa al Duomo di Torino, eretta da Guarino Guarini. Sebastiano Valfrè rinforza i rammendi.

1706

In giugno la Sindone viene trasferita a Genova a causa dell’assedio di Torino, al termine del quale, in ottobre, viene riportata nel capoluogo piemontese.

1898

Prima fotografia eseguita dall'avvocato Secondo Pia.

1931

Nuove fotografie del fotografo professionista Giuseppe Enrie.

1933

Ostensione per il XIX centenario della Redenzione

1939-1946

Durante la II° guerra mondiale, la Sindone viene nascosta nel Santuario di Montevergine ad Avellino.

1969

Ricognizione di esperti. Prime fotografie a colori di Giovanni Battista Judica Cordiglia.

1973

Il 23 novembre: ostensione televisiva in diretta.

1978

Dal 26 agosto all'8 ottobre: ostensione per il IV centenario del trasferimento della Sindone a Torino, e Congresso internazionale di studio.

1980

Durante la visita a Torino il 13 aprile, il papa Giovanni Paolo II ha modo di venerare la Sindone nel corso di un’ostensione privata.

1983

Il 18 marzo Uberto II di Savoia muore e nel testamento dona la Sindone alla Santa Sede. Per decisione papale, la reliquia resterà a Torino.

1988

Tentativo di datazione col metodo del radiocarbonio, che fa risalire la sindone al Medio Evo, circa 1260-1390.

1992

Il 7 settembre ci fu una ricongiunzione di esperti per studiare come garantire la migliore conservazione.

1993

La Sindone è temporaneamente trasferita dietro l'altar maggiore del Duomo di Torino durante i restauri della Cappella del Guarini.

1995

Lo scienziato russo Dmitri Kouznetsov dimostra sperimentalmente che l'incendio del 1532 ha modificato la quantità di carbonio radioattivo presente nella Sindone. Lo scambio è di grande entità: circa il 25% del totale. Di conseguenza la datazione ottenuta in precedenza è alterata ed in base a questo dato, la nuova datazione può essere ricondotta al I° secolo d.C.

1997

La notte tra l'11-12 aprile un furioso incendio rovina la Cappella del Guarini e l'attiguo palazzo reale. La Sindone viene portata in salvo appena in tempo e sembra proprio che non abbia subito danni.

1998

Dal 18 Aprile al 14 Giugno, ostensione pubblica per il centenario della prima fotografia.

2000

Dal 12 Agosto al 22 Ottobre, ostensione per il Giubileo.

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