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12/04/2010 23:35 | |
Renè Laurentin
DIO ESISTE ECCO LE PROVE
Trinh Xuan Thuan:
come l’astrofisico vede Dio
Astrofisico americano d’origine vietnamita, Trinh Xuan Thuan arriva a Dio seguendo un cammino personale, per mezzo dei suoi calcoli scientifici. L’universo — ci insegna — dà vita a un equilibrio dinamico che sorpassa ogni macchina e qualsivoglia meccanismo, con un grado di autoregolazione di livello completamente inimmaginabile a priori. La scienza può misurarlo e valutarne la perfezione; essa però, non saprebbe creare nulla di simile.
Nel suo libro La mélodie secrète (Fayard, 1988) egli dimostra tutto ciò in modo metodico, seguendo percorsi del tutto nuovi. Utilizzo qui il suo intervento sul «Figaro Magazine», 1991, pp. 142-143, dove riassume sinteticamente la sua posizione in questo modo:
a) L’universo avrebbe potuto avere una, due, tre o quattro, o un’infinità di dimensioni. Ma solo l’universo a tre dimensioni poteva essere duraturo e perfettibile.
b) Allo stesso modo, la concentrazione dell’universo è regolata in modo ottimale. Un mondo più o meno concentrato, non avrebbe permesso la nascita della vita o la presenza dell’uomo. Un mondo più concentrato, infatti, ove pianeti più piccoli avrebbero potuto essere più vicini a un sole più piccolo, non avrebbe condotto a niente. E un mondo meno concentrato, con maggiore distanza fra pianeti più grandi, sarebbe risultato sterile e freddo.
c) E questo, conseguentemente, vale per tutto ciò che compone l’universo.
L’astrofisico americano, tuttavia, ammette che questo ragionamento matematico non è una prova assoluta dell’esistenza di un «Architetto» del mondo, a cui si deve questa straordinaria regolazione. Ma, se si rinuncia a tale ipotesi, si cade in una situazione tanto complicata da essere senza via d’uscita e irrazionale. Stando a Jugh Everett, bisognerebbe immaginare un’infinità di universi paralleli. S’impone dunque una scelta: tra senso e non senso, tra coerenza e incoerenza, fra trasparenza e opacità, fra disperazione e speranza.
Trinh è cosciente dei limiti del mezzo scientifico poiché, se è vero che postula Dio, è pure vero che non lo dimostra né giunge a questi per via matematica. La conoscenza di Dio passa, in ultima analisi, attraverso una libera scelta dell’uomo. L’articolo di Trinh Xuan Thuan è un bel poema scientifico, che nasce dallo stupore di fronte all’«armonia» del cosmo. Per quanto concerne l’universo, egli, superando il disincanto di Monod, perviene felicemente a un re-incanto. Questa non è che una scelta soggettiva. Però, è anche una scelta ragionata e ben fondata: tra il nulla e l’essere, tra il caos e l’ordine che prevale, tra l’assurdo e Dio, fonte di coerenza e di esistenza. Al di fuori di ciò, non c’è che follia e malvagità. Dunque, tale scelta si impone da sé.
Tuttavia, Trinh, di cultura asiatica e buddhista, non giunge a distinguere Dio dall’universo. Rimane impantanato in una prospettiva monistica ove tutto sarebbe Dio, benché i suoi argomenti conducano piuttosto all’ipotesi di un’intelligenza indipendente e personale.
I frateffi Bogdanov (1991):
il realismo scientifico postula Dio
Geniali divulgatori, i fratelli Bogdanov, hanno mostrato — dialogando con le intuizioni del filosofo Jean Guitton — come le più importanti novità scientifiche risultino fatali al materialismo e postulino Dio. Il loro libro4 propone un percorso affascinante, ed è giunto proprio al momento giusto. Nel 1992, in Francia, fu il maggior best-seller, con più di 400.000 copie vendute.
Le intuizioni di Jean Guitton, che li aiutava, hanno saputo far comprendere come l’inverosimile storia dell’universo e le sorprese prodotte dal progresso della scienza, conducono, in modo evidente, a un «messaggio segreto». Tale messaggio, richiede un «autore», che ha posto in questo meraviglioso e straordinario universo un’immagine di se stesso (p. 195).
Tuttavia, la prefazione e le conclusioni dei libro — veramente ben fatto — lasciano perplessi.
Certo, si è in sintonia coi loro progetto. Essi, infatti, vogliono superare il conflitto fra quello che chiamano spiritualismo e il materialismo (p. 17), grazie a un realismo a cui, per farla breve, danno il nome di meta-realismo, il quale vuole superare il dualismo tra spirito e materia.
Però: quello che i Bogdanov chiamano spiritualismo, in realtà è piuttosto da intendersi come idealismo.
Lo spiritualismo, infatti, stando al vocabolario filosofico di André Lalande (torno 2, p.793) è «la dottrina secondo cui esistono due sostanze radicalmente distinte per via dei loro attributi, di cui l’uno, lo spirito, ha come carattere peculiare il pensiero e la libertà; mentre l’altro, la materia, ha per carattere peculiare l’estensione e la comunicazione totalmente meccanica del movimento o dell’energia». Dunque lo spiritualismo ammette, senza ombra di dubbio, l’esistenza della materia. Non la nega. Al contrario: si tratta di un realismo che ammette la tensione tra questa e lo spirito.
In realtà, l’opposizione radicale che i fratelli Bogdanov colgono nel loro libro, è quella fra l’idealismo e il materialismo. Dal momento che sono queste due semplificazioni omologhe che si oppongono. L’idealismo rigetta la materia riducendola a spirito. Il materialismo, rigetta lo spirito riducendolo a materia, di cui sarebbe un epifenomeno. Dunque, idealismo e materialismo sono diametralmente opposti. Sembrano anche l’uno antitetico all’altro. Ma, in realtà, sono «due contrari in uno stesso genere», come diceva Aristotele. Così essi stanno l’uno accanto all’altro come due fratelli nemici; o piuttosto, come un padre e un figlio nemici, in quanto il materialismo moderno è nato dall’idealismo. Feuerbach ha costruito il suo materialismo come un realismo, in opposizione a un idealismo che rifiutava la materia. Ma questa reazione, che ha le sue giustificazioni, è stata portata all’eccesso: contro quelli che negavano la materia in nome dello spirito, Feuerbach ha negato lo spirito in nome della materia. Ha semplicemente rivoltato l’idealismo come un calzino, senza cambiarne la struttura di fondo. E Marx ha conservato l’intera dialettica idealista di Hegel: tesi, antitesi, sintesi (borghesia, proletariato, rivoluzione); il che evidenzia la parentela fra questi due filosofi, che stanno l’uno contro l’altro e, contemporaneamente, camminano insieme.
Non è casuale che i fratelli Bogdanov abbiano opposto, non senza mancanza di logica, lo spiritualismo al materialismo, dato che la loro intenzione è senz’altro quella di superare uno spiritualismo che ammette, se non un dualismo, almeno una differenza specifica fra spirito e materia. Come già l’idealismo, essi negano la specificità della materia e ricadono in un’ambigua confusione fra la materia e lo spirito.
L’ambiguità tocca il suo culmine nel capitolo 6, intitolato Lo spirito nella materia. Quest’ultima, che consiste essenzialmente in onde di energia, sarebbe, per tale motivo, spirituale. Qui viene seguita una linea nuova e originale che parte dalla materia stessa, nella semplificazione idealista che nega proprio la materia. Per i fratelli Bogdanov (che rimangono in una posizione ambigua), la materia, al limite, sarebbe già spirito, a immagine e somiglianza di Dio Creatore, e lo spirito sembrerebbe emanare dalla materia come il suo supremo compimento. Pur non fornendo adeguata spiegazione in proposito, identificano in modo indebito spirito e materia. Certo, la loro idea, come del resto tutte le idee, ha un fondamento e un nucleo di verità5: materiale e spirituale sono tra loro apparentati per mezzo di un continuo divenire nella durata (con cui sono intimamente implicati), nonché attraverso una reciproca comunicazione e interazione. Non c’è però identità, in quanto le onde materiali posseggono un’energia che si può calcolare. Questa caratteristica, invece, non appartiene per nulla allo spirito. Non è possibile tradurre in numeri la creatività, e neppure la libertà: quella, ad esempio, di Fleming, di Einstein o di Bergson, oppure di san Francesco d’Assisi e di Madre Teresa.
In «Nova et Vetera» (la rivista fondata dal card. Journet, gennaio 1992, pp. 64-70), J. Kaelin arriva a denunciare, nell’opera dei Bogdanov un miasma di gnosticismo, se non di monismo. Ciò, in quanto Dio e l’energia della creazione sembrano essere fusi in una sola realtà: «L’oceano d’energia illimitata, è il Creatore», affermano (pp. 51-52, ecc.). Guitton sfugge senza dubbio a questo rischio, seducente e temibile, verso cui lo spingevano i suoi interlocutori-redattori. Ma, nonostante ciò, questo libro brillante e intelligente, risulta alquanto rovinato da questa ambigua confusione a proposito della materia e dello spirito, che apparenta il meta-realismo dei Bogdanov all’idealismo. Sono dei realisti un po’ come lo era Feuerbach, per legittima reazione. Tuttavia, proprio come lui, cadono anch’essi vittime di una nuova riduzione.., capovolta: Feuerbach riduceva lo spirito a materia; i Bogdanov riducono la materia a spirito.
Bisogna decisamente accettare il realismo integrale, che implica una tensione necessaria tra la realtà materiale (traducibile in numero, calcolabile) e la realtà spirituale (qualitativa) della nostra intelligenza e della nostra libertà, che è capace di amare a immagine di Dio. In questa prospettiva realista, e solo in essa, l’uomo è veramente uomo. La nostra ineluttabile esperienza di uomini ci dice che, quella della scienza come quella del credente, è la costante tensione tra materia e spirito. Lo spirito umano, che possiede la capacità di conoscere, affronta la materia fin dentro la sua carne. Questo accade, poiché essa non sta solamente di fronte a noi come un oggetto esterno, ma sta dentro di noi, che siamo corpo, il quale è il mezzo con cui l’uomo prende coscienza di sé e di tutte le cose. Egli si dibatte nel punto d’intersezione fra la materia (il suo corpo) e Dio (che lo ha creato persona, a sua immagine). Di più: il suo spirito informa e organizza questa materia.
L’uomo, dunque, snatura se stesso quando dimentica uno di questi due poli. Si rinnega, se vuole ridurre se stesso a materia — stando con Marx — o allo spirito —stando con l’idealismo. Non siamo bestie, ma non siamo neppure angeli. Dio ci ha fatto il dono di regnare su un universo materiale, di cui siamo i beneficiari. Ed è per questa via (quella da Lui seguita nell’Incarnazione), che Dio fa di noi i suoi amici e i suoi fratelli: per giungere all’assoluta felicità in Lui. Ma questo, già anticipa quanto poi seguirà.
4- Grascia Bogdanov - Igor Bogdanov - Jean Guitton, Dio e la scienza Bompiani, 1992 (N.d.T.)
5- Riconosciamo la complessità del problema, vista la parentela e la simbiosi dello spirito e della materia, in quanto il corpo umano non è materia, bensì materia informata, unificata, resa dinamica dallo spirito. E questo che rende radicalmente diverso il corpo dal cadavere. Se il cadavere conserva la stessa forma, laddove è preservato dalla corruzione grazie a condizioni favorevoli o alla criogenia (congelamento), esso non è comunque più un corpo, ma un amalgama, un residuo decomposto.
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