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TESTIMONIANZE DI PERSONE SPECIALI

Ultimo Aggiornamento: 02/03/2023 19:58
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26/04/2021 10:55
 
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Aveva un contratto con la Roma, ma ha preferito firmare con Dio


PRIEST,ROMAN,COLLAR


Nove nuovi sacerdoti riceveranno la consacrazione a Roma. Ecco alcune delle loro storie





“Giocavo ad alti livelli, la Roma mi ha chiamato per un provino”, ricorda Samuel Piermarini, 28 anni e grande appassionato di calcio. “Alla fine dell’allenamento, Stramaccioni mi ha chiamato e mi ha detto ‘Piermarini, puoi firmare con noi!’, ma gli ho risposto che non potevo”. Poi è entrato nel seminario romano Redemptoris Mater, e domenica prossima arriverà un altro contratto, questa volta con Dio: l’ordinazione presbiteriale. “Non vedo l’ora!”, ha confessato.


Samuel è uno dei nove sacerdoti che riceveranno la consacrazione da parte di Papa Francesco questa domenica. Si sono formati nei vari seminari di Roma, e tra loro ci sono due latinoamericani, un colombiano e un brasiliano.


Per contratto dovevo recitare il Rosario…


“Quando avevo 15 anni ho iniziato a lavorare per un signore anziano, lo aiutavo con il computer. Nel contratto di lavoro c’era scritto chiaramente che dovevo pregare tutti i giorni con lui e recitare il Rosario. Quello che all’inizio vedevo come un’imposizione è diventato per me una necessità”.


È quanto ha raccontato Mateus Enrique Ataide Da Cruz, 29 anni, nato in Brasile e trasferitosi a Roma sette anni fa per frequentare il Seminario di Nostra Signora del Divino Amore.


Parole simili le ha pronunciate Diego Armando Berrera Parra, 27enne colombiano: “Una volta concluso il baccalaureato in Colombia, ho svolto lavori volontari nel carcere minorile e in una fondazione per tossicodipendenti. Lì è nato il mio desiderio di poter aiutare e servire gli altri per sempre”.


Prima ordinazione dopo la pandemia


 

Papa Francesco, come vescovo di Roma, tornerà a ordinare sacerdoti nella sua diocesi dopo la pausa che ha dovuto compiere a causa della prima ondata di contagi da coronavirus in Italia. Il rito che ricorda il buon pastore che dà la vita per le pecore sarà l’occasione.



Questa domenica, 25 aprile, alle 9.00 il Pontefice presiederà il rito nella basilica di San Pietro nella Messa della quarta Domenica di Pasqua 2021.




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26/04/2021 11:00
 
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Don Davide Banzato ha sentito lo Spirito Santo


Quell’incontro "speciale" è avvenuto per la prima volta durante la Cresima. Un racconto da brividi che fa nel suo nuovo libro autobiografico “Tutto, ma prete mai”



Il sacramento della Cresima ha proiettato Don Davide Banzato in un’altra dimensione: in quel momento, infatti, ha avvertito il primo contatto con lo Spirito Santo. E da lì a poco, la vita dell’adolescente Davide, sarebbe cambiata per sempre.


Il sacerdote della comunità “Nuovi Orizzonti” lo racconta nel suo nuovo libro autobiografico: “Tutto, ma prete mai” (Piemme).


Le sigarette e i primi amori


Don Davide Banzato era adolescente e frequentava le scuole medie. «Durante le scuole medie vivevo alti e bassi come tutti i miei compagni, nella totale confusione di quell’età particolarmente delicata e difficile. Avevo amicizie e passioni che spaziavano dal disegno alla storia, dal calcio al judo, dagli scout all’Azione Cattolica e così via». 


«Era il tempo delle prime sigarette fumate di nascosto», ammette, «e dei primi innamoramenti adolescenziali. In quel periodo avevo completato la mia raccolta di poesie intitolata Passi di bimbo. Un periodo anche romantico caratterizzato da creatività e amore per la poesia, più volte usate per far colpo sulle ragazze». 


“L’attimo fuggente”


«Mi aveva molto appassionato il film L’attimo fuggente con Robin Williams – prosegue Don Davide – Mi ero così immedesimato nella scena finale con quei ragazzi sognatori, ribelli e fedeli al proprio mentore in piedi sui banchi, che ripetevano con orgoglio: “Oh Capitano, mio capitano!”». 



Il giorno della Cresima 



 

In quel periodo c’è stato l’incontro molto “forte” tra Don Davide Banzato e lo Spirito Santo: una sorta di chiamata, verso quella che poi sarà la vocazione vera e propria. 


Il giovanissimo Davide deve ricevere il sacramento della Cresima. Segue il corso, partecipa attivamente alle riunioni. Poi arriva il giorno della cerimonia. «“Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono”. Quando il sacerdote ha segnato la mia fronte con il segno della croce fatto con l’unzione del crisma, ho sentito improvvisamente un fuoco sulla fronte che ha pervaso tutto il mio essere: corpo, anima e mente. Ero talmente sopraffatto e stordito che mi sembrava di svenire». 








Don Davide continuava a pregare


Don Davide continua: «Sono tornato al banco buttandomi in ginocchio, racchiudendomi in una profondissima preghiera del cuore in silenzio. Il mio amico dietro mi strattonava per tornare a scherzare e a ridere. Vedendo che non rispondevo, mi chiedeva che cosa fosse accaduto. Non rispondevo e continuavo a pregare isolandomi da tutto e da tutti, come se fossi in una bolla». 



“Ho iniziato a lacrimare”


Il futuro sacerdote di “Nuovi Orizzonti” era stato «inaspettatamente catapultato in un’altra dimensione. Tra le pagine ilari di quegli anni, nel mio diario di allora si trova scritto: “Quando il “vice”-vescovo mi ha unto con l’olio sacro ho sentito qualcosa di caldo dentro di me e ho iniziato a lacrimare! Sono sicuro di aver ricevuto lo Spirito Santo, però ora sono io che devo scegliere se mettere in atto sì oppure no questo grande dono! Questa grande Persona che è venuta dentro o affianco a me».


Lo Spirito Santo: qualcosa di profondo e unico


Don Davide sostiene che quel giorno «davvero è successo qualcosa che mi trascendeva. Ho avuto la fortuna di “sentire” l’effetto del sacramento della Confermazione. Qualcosa di profondo e unico. Quell’intimità con lo Spirito Santo la ricordo ancora oggi e soprattutto la rivivo quando prego e lo invoco, forte della promessa di Gesù nel Vangelo: “È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Giovanni 16, 7)».


Uno spartiacque verso la scelta del sacerdozio


Quest’episodio, conclude Don Davide, «è stato sicuramente uno spartiacque, preparandomi a una scelta imminente che mai avrei pensato di essere capace di compiere, anche se avrebbe generato un profondo strappo con la mia famiglia, facendomi diventare più velocemente adulto».




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21/06/2021 14:29
 
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Addio al giornalismo: Fabrizio Gatta, il volto noto di Rai1, diventa sacerdote


conduttore rai 1 diventa prete


Tv2000it | Youtube






Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 15/06/21





Ecco i motivi che hanno spinto il popolare conduttore televisore a cambiare completamente vita e donarsi al Signore


Fabrizio Gatta sarà consacrato sacerdote il 7 dicembre 2021. Molti lo ricorderanno come un volto noto di Rai 1 per quasi vent’anni. E’ passato dalla conduzione di Linea Blu (con Donatella Bianchi), a Linea Verde (prima con Elisa Isoardi e poi Eleonora Daniele), e Unomattina Weekend.


Da qualche anno il giornalista, classe 1963, ha salutato il piccolo schermo per dedicarsi al prossimo, avviando gli studi in teologia e seguendo la strada della vocazione, come riporta Dagospia (14 giugno).


“Qualcosa mi mancava”


“Avevo successo, belle auto, belle donne, non mi mancava nulla. Vivevo un po’ quel senso di onnipotenza che ti dà la notorietà. Ma qualcosa mancava”, aveva dichiarato Fabrizio Gatta al settimanale Credere(2013), che gli chiedeva il motivo della scelta di diventare sacerdote.





La “confessione” al cardinale Vallini 


L’anno successivo, nel 2014, aveva raccontato del suo cambio vita al quotidiano Avvenire: “Indubbiamente, una vocazione adulta va soppesata perché si tratta di formare una persona che la vita ha, di fatto, già plasmato. Per questo, quando mi sono recato dal cardinale Agostino Vallini dissi: ‘Eminenza, io vorrei fare questo cammino. Ho 50 anni, so che è una difficoltà’. Ma lui mi rispose: ‘Caro Fabrizio, chi sono io per dire no allo Spirito Santo che ti manda qui, oggi, da me!’. Mi sono sentito abbracciato. (…) Con Gesù, ci voglio mettere la faccia. Inoltre spero che la mia storia sia di esempio per quei tanti che si vergognano di mettersi il crocifisso al collo, o di dirsi cristiani. Abbiamo bisogno di testimoniare la nostra fede, senza per questo diventare dei fanatici” (Il Fatto Quotidiano, 15 giugno).


 

Il San Matteo di Caravaggio


Nell’ultima intervista rilasciata al Secolo XIX, Fabrizio Gatta ha svelato altri dettagli in merito alla decisione di diventare sacerdote:


“Non ti basta più. Che quello che fai, deve avere un senso. Il successo, i soldi, lo share, l’applauso non ti bastano più. E allora, cerchi di fare del bene. Di impegnarti. Di fare un’adozione a distanza. Cerchi di capire il Mistero. E ti metti in gioco.(…) Non è San Paolo, che poi non è mai caduto da cavallo, sulla via di Damasco. È più la vocazione del San Matteo di Caravaggio. L’uomo con una mano sui soldi colpito da una lama di luce, da cui appare Gesù. San Matteo si indica il petto, come dire: sei sicuro? Vuoi proprio me? È un cammino di lacerazione. Serve un padre spirituale. Rileggi tutta la tua vita…“.


Dalla laurea in teologia al diaconato



Fabrizio Gatta si è avvicinato ai Missionari del Preziosissimo Sangue. Poi ha iniziato a frequentare la Pontificia Università Gregoriana, dove si è laureato in Teologia nel 2019. Dopodiché è stato ordinato diacono nel 2020. E ha iniziato questo percorso nella Chiesa di San Siro a Sanremo, città d’origine della sua famiglia, in cui il bisnonno è stato direttore di un Casinò negli Anni Venti.







Il prossimo passo è il sacerdozio, al quale si sta preparando con grande trepidazione. L’ordinazione è prevista per il 7 dicembre 2021 (dilei.ir, 15 giugno).


 



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28/02/2022 11:30
 
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Era un poliziotto, diventa prete grazie all’adorazione eucaristica



Don Ernesto: da poliziotto a sacerdote - Tv2000it


Tv2000it | Youtube






Era un poliziotto e stava per sposarsi. Tutto cambia quando nella sua parrocchia comincia l'adorazione eucaristica perpetua. Quel giorno la sua vita inizia a cambiare... La storia di Don Ernesto Piraino, oggi sacerdote eremita che ha lasciato la divisa per la tonaca


Èstato recentemente pubblicato dall’editore Herkules Books un libro molto speciale dal titolo: “Dalla divisa alla tonaca – La storia del poliziotto diventato prete”, opera autobiografica di un giovane sacerdote che prima di prendere i voti ha indossato per molti anni l’uniforme della Polizia di Stato.



Don Ernesto: faceva il poliziotto ora è un prete



Sulla rubrica Agorà di Avvenire.it del 24 agosto scorso era comparsa un’intervista che ci aiuta a capire la parabola esistenziale percorsa da quest’uomo, calabrese figlio di emigrati, oggi prete ed eremita nel comune di Belvedere Marittimo in provincia di Cosenza, nella diocesi di San Marco Argentano-Scalea.



Sacerdote eremita



Il suo eremo è una piccola casa con orto a 700 metri di altitudine, una dimora isolata tra i boschi del Pollino da cui si vede il limpido mare che bagna la costa tirrenica. Don Ernesto Piraino ha 42 anni, è entrato in Polizia a 19 e ha preso i voti nel 2017.


Racconta la sua storia ospite della trasmissione Bel tempo si spera su TV2000:





Ha una folta barba scura ed ancora il piglio “operativo” dei tempi in cui era un “inflessibile poliziotto con un senso profondo della giustizia e il desiderio di fare carriera” (Ibidem). 



Storia di una vocazione
Come è avvenuta questa insolita svolta vocazionale?

All’epoca – racconta – lavoravo per l’ufficio volanti della Questura di Messina e abitavo a Scilla. Cresciuto in una famiglia cattolica, avevo un’infarinatura di  fede ma non la vivevo pienamente. Quando la mia parrocchia ha avviato l’adorazione perpetua il mio primo approccio fu determinato dalla curiosità.

(Avvenire)

L’adorazione eucaristica perpetua

È infatti il primo novembre 2006 il momento in cui per la prima volta nasce questa forma di adorazione eucaristica nella chiesa di Maria SS. Immacolata sul promontorio di Scilla.

Qualche mese prima – continua –  mi ero lasciato con la fidanzata dopo una storia di sei anni che era ormai a un passo dal matrimonio. Vivevo una situazione difficile e quel giorno Gesù ha iniziato a cambiare la mia vita. Subito non ho capito cosa stava accadendo, ma da quel momento il richiamo dell’Eucaristia si è mostrato sempre più forte.

(Ibidem)

Era contento, ma mancava sempre qualcosa

Pur continuando la vita di sempre, Gesù diventava sempre più indispensabile, e incredibilmente “dovunque andassi, trovavo l’adorazione eucaristica perpetua” (Avvenire).

Gesù, scavando nel suo cuore, ristabilisce un minimo di ordine nell’incertezza esistenziale  seguita al matrimonio mancato, chiedendo unicamente di fidarsi di Lui e lasciarGli un po’ di spazio.

La sua ragazza: se vuoi farti prete basta che me lo dici

Nei 4 anni successivi Ernesto conosce altre donne molto belle ma, pur trovandosi bene con loro, c’era sempre un’insoddisfazione di  fondo che lo pervadeva. Ad un certo punto, la ragazza con cui aveva instaurato un rapporto importante, intuendo ciò che si agitava nel suo animo, arriva a dirgli che se la sua strada era fare il prete doveva semplicemente dirglielo.

Grazie alla maggiore sensibilità tipica delle donne, lei aveva capito prima di lui.

Seminarista e poliziotto

Nel 2010 il grande passo:

Da qualche tempo avevo un padre spirituale e con lui ho parlato di questa chiamata, di questo desiderio crescente di consacrarmi a Dio. Stavo studiando Legge, ho lasciato e ho iniziato gli studi teologici. Nel 2011, a 32 anni, ho cominciato la formazione in seminario. Per qualche tempo ho continuato a fare il poliziotto. Seminarista e poliziotto. Quando sono stato ordinato c’erano tutti i miei colleghi della Polizia ed è stata una festa che non mi sarei mai immaginato.

(Ibidem)

Ieri poliziotto oggi prete eremita

Possiamo trovare un filo rosso che in qualche modo lega il poliziotto di ieri con il prete e l’eremita di oggi?

C’è sempre stato in me un senso profondo di giustizia, che nel tempo si è trasformato in uno sguardo sulla totalità dell’essere umano. Ero un poliziotto inflessibile, poi è arrivata la Misericordia e il mio dovere ho cominciato a farlo guardando il colpevole con un occhio diverso, come un fratello da aiutare, da redimere. (…) È un percorso in cui continuo a fidarmi e a lasciarmi guidare. Ho imparato a vedere il suo Volto nell’Eucaristia, poi nel volto del fratello. L’eremita impara a vederlo in ogni cosa. Il suo Volto mi segue nelle ore di meditazione, nel ministero della confessione, nel tempo dedicato all’accoglienza e alla direzione spirituale… poi, però, vado a ricaricarmi immergendomi nel silenzio e nella solitudine del mio piccolo Tabor.

(Avvenire)

fonte ALETEIA

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17/03/2022 16:26
 
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Il rapper interrompe il concerto
e annuncia la sua conversione

Il rapper Farruko cambia vita e si converte, annunciandolo a sorpresa durante un concerto a Miami. E’ accaduto l’11 febbraio scorso sul palco della FTX Arena. Si è scusato per i suoi testi sulla alla droga e ha invitato i suoi fan ad “accettare Dio” se “volete vivere una vita piena”. 
 

Dal 2021 l’ascesa del rapper portoricano Farruko è stata inarrestabile.

Il brano Pepas lo ha infatti portato al primo posto in cinque classifiche della rivista Billboard, dodici dischi di platino in Spagna e negli Stati Uniti e quarto posto su Hits of the Moment di Spotify.

Prima di allora era già famoso per le sue collaborazioni con artisti di fama internazionale, come Daddy Yankee.

«Se vuoi vivere una vita piena, devi accettare Dio»

Tuttavia, l’11 febbraio scorso durante un suo concerto a Miami alla FTX Arena, dopo le prime note di Pepas, Farruko ha interrotto l’esibizione tra lo stupore generale, si è scusato per i testi di alcune sue canzoni e ha invitato i suoi fan ad “accogliere Dio” nel loro cuore.

«Quando esci di qui, non andare in discoteca. Vai a casa, abbraccia i tuoi figli, abbraccia il tuo partner, abbraccia i tuoi genitori», ha detto rivolgendosi al pubblico. «Sai perché? Perché niente a questo mondo è eterno! E se vuoi salvarti, se vuoi guadagnare te stesso, fratello, se vuoi vivere una vita piena, devi accettare Dio»

Video Player
 
 
Le reazioni dal mondo della musica.

Non capita certo tutti i giorni una testimonianza del genere, soprattutto il rinnegamento del testo della sua hit il cui ritornello recita: «Bebiendo, fumando y jodiendo. To’ el mundo en pastilla’ en la discoteca». Sulle note del brano, il rapper trentenne, il cui vero nome è Carlos Efrén Reyes Rosado, ha annunciato la sua conversione ed il desiderio di “cambiare vita”.

Molti suoi colleghi del settore (reggaeton, trap latino, reggae e dancehall) hanno twittato mostrando stupore ed ammirazione verso Farruko, ma non sono mancate molte critiche.

Il rapper ha risposto comunque di voler rimborsare il biglietto ai partecipanti al concerto che si sono sentiti offesi dal suo “sermone religioso”, come alcuni lo hanno definito.

Dopo il concerto ha postato un altro messaggio su Instagram: «Dio ha avuto tanta misericordia con me ed ora posso sorridere perché mi sta accompagnando affinché cambi in meglio la mia vita. Forse non lo capirete, però lo farete più avanti. Vi voglio bene e non dimenticate che Egli è l’unico che ci può rigenerare. Non dimenticate di pregare per favore».

Il nuovo brano “Gracias” con Pedro Capó.

Pochi giorni fa è uscita Gracias, scritta assieme Pedro Capò, celebre autore di Calma, brano che esplose nel 2020.

In un’intervista Pedro Capò ha rivelato di essersi commosso appena letto il testo, perché sentiva che «stava parlando di me».

Grazie, benedizione e grazie,
perché non perdo mai la fede, non la lascio mai cadere,
e imparo dalla sconfitta quando devo perdere.
Grazie, benedizione e grazie,
tutto ciò che ci accade ha una ragione.

 Chissà se questo impeto di vita vera sarà realmente seguito nel tempo da Farruko, non è facile lasciare tutto per entrare in «quella porta stretta» che conduce alla fede vissuta. Molti ci provano, «pochi sono quelli che la trovano» (Mt 7,13,14).

Certamente, considerando il livello del panorama musicale giovanile, il rapper portoricano può offrire un’alternativa positiva per i milioni di ragazzi che lo seguono.

Non necessariamente perché parla di Dio, ma perché nel suo piccolo canta la possibilità di un cambiamento, di una vita nuova, con altri ideali. Ed in cui la fede è vissuta come una convenienza positiva per se stesso.

 

 


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08/05/2022 11:04
 
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L’ebreo Amos Oz: «Così trovai conforto in Gesù»




Nel libro postumo di Amos Oz, “Gesù e Giuda” (Feltrinelli 2022), la volontà di andare oltre i “pregiudizi” storici dell’ebraismo su Gesù di Nazareth. Leggendo i vangeli comprende finalmente la cultura occidentale, l’arte, la musica e la letteratura. E in Gesù trovò conforto.


 
 
 

Amos Oz è stato uno degli intellettuali più influenti e stimati di Israele, è morto nel 2018.

Un devoto ebreo affascinato misteriosamente da Gesù di Nazareth, tanto che nel suo ultimo e celebre romanzo, Giuda (Feltrinelli 2014), arriva a scrivere che Giuda sarebbe stato il più fedele dei suoi seguaci, al punto da spingerlo verso Gerusalemme e la crocifissione affinché potesse manifestare a tutti che era figlio di Dio.

Spesso vicino a vincere il Premio Nobel per la letteratura, è in uscita un saggio postumo intitolato Gesù e Giuda (Feltrinelli 2022), a conferma di quanto detto sopra.

 

 

Gesù per gli ebrei: non era cristiano, non fondò nulla.

 

Amos Oz afferma le storiche tesi della religione ebraica nei confronti del cristianesimo, ovvero che Gesù era “solo” un ebreo e non avrebbe inteso fondare una nuova religione. Un argomento al quale abbiamo già risposto nel 2018.

Secondo suo zio Joseph Klausner, ricorda ancora Amos Oz, Gesù non era cristiano perché «non era mai stato battezzato come si deve in una chiesa, mai era andato a confessarsi, non si era mai fatto il segno della croce, non assistette mai a una messa, non celebrò mai una domenica o la Pasqua. Che razza di cristiano poteva essere».

Un argomento un po’ debole se si considera che Gesù fu proprio l’iniziatore del movimento cristiano, proseguito dai suoi discepoli più stretti su suo mandato.

Sarebbe come dire che Charles Darwin non era darwinista perché non si definì mai così oppure che Buddha non era buddhista perché non frequentò mai un tempio buddhista.

 

 

Il libro di Amos Oz: «Nei Vangeli vedo la cultura europea»

 

Amos Oz cerca però di andare oltre suo zio Joseph e chiede che il Nuovo Testamento venga insegnato nelle scuole ebraiche di Israele.

Infatti, scrive, «molto ebrei, passati e presenti, non hanno altro che una vaga -spesso piuttosto superficiale, spesso molto incerta- idea su Gesù».

Lui stesso, rivela Amos Oz, quand’era giovane studente si rese conto che:

«Se non avessi letto il Nuovo Testamento, almeno i Vangeli, non sarei mai stato in grado di capire la maggior parte dell’arte europea; non sarei mai stato in grado di apprezzare nel modo giusto la musica di Johann Sebastian Bach; non sarei mai stato capace di comprendere appieno un romanzo di Dostoevskij. Di conseguenza, per alcune settimane mi rinchiusi nella biblioteca del kibbutz, dove me ne stavo tutto solo a leggere i Vangeli, capitolo per capitolo. Gli altri ragazzi del mio anno passavano la sera giocando a pallacanestro o corteggiando le ragazze. Io ero un disastro in entrambi i campi, così trovai conforto in Gesù».

 

 

Ratzinger: «Le opere della fede testimonianza di verità»

 

Nelle parole di Amos Oz riecheggia la lucida analisi di Benedetto XVI presente nel suo bellissimo libro Perché siamo ancora nella Chiesa (Rizzoli 2008) .

«La Chiesa ha proiettato nella storia un fascio di luce tale da non poter essere ignorato», scrive il Papa emerito.

«Anche l’arte che è nata sotto l’impulso del suo messaggio, e che ancora oggi ci si mostra in opere impareggiabili, diventa una testimonianza di verità: ciò che è stato in grado di esprimersi a simili livelli non può essere soltanto tenebre», spiega.

«La bellezza delle grandi cattedrali, la bellezza della musica che si è sviluppata nell’ambito della fede, la dignità della liturgia della Chiesa, la stessa realtà della festa, che non si può fare da soli ma si può solo accogliere, il ciclo dell’anno liturgico, nel quale convivono l’ieri e l’oggi, il tempo e l’eternità – tutto questo non è a mio avviso una insignificante casualità».

Concludendo con una più che opportuna riflessione: «La bellezza è lo splendore del vero, ha detto Tommaso d’Aquino. Le espressioni nelle quali la fede è stata in grado di tradursi nella storia sono testimonianza della verità che è in essa».

fonte UCCR


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04/08/2022 17:34
 
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Harvard, 17 universitari sono diventati cattolici a Pasqua



La parrocchia di Cambridge (Massachusetts), a fianco dell’Università di Harvard, è colma di giovani studenti e alcuni di loro hanno chiesto ed ottenuto il battesimo a Pasqua. Ecco la storia di cinque di loro, convertitisi grazie all’incontro cristiano e a testimoni autorevoli.


 
 
 

Anche quest’anno migliaia di adulti si sono battezzati nella messa di Pasqua.

Ne avevamo parlato poche settimane prima, recandoci sui siti web di decine di parrocchie in tutto il mondo per conoscere quanti catecumeni avessero finito il loro percorso in vista del battesimo.

Tra di essi vi sono 17 studenti dell’Università di Harvard, che si sono battezzati durante la Veglia Pasquale dello scorso 16 aprile presso la Paul’s Catholic Church di Cambridge (Massachusetts).

Assieme ad altri 14 adulti hanno concluso il percorso di catecumenato e in un’intervista alla CNA hanno raccontato la loro conversione.

 

 

Il cappellano di Harvard: «Con il lockdown molti giovani hanno riflettuto».

 

Percorsi diversi ma tutti diretti nella stessa destinazione: la Paul’s Catholic Church, il cui campanile svetta da secoli su Harvard Square.

Padre Patrick J. Fiorillo, vicario parrocchiale e cappellano universitario dell’Harvard Catholic Center, ha spiegato che «c’è sicuramente un segmento significativo di persone che hanno iniziato a pensare più profondamente alle loro vite e alla loro fede durante il COVID-19. Uscire dal periodo di pandemia ha dato loro l’opportunità di fare il passo successivo e andare avanti».

«La maggior parte delle persone, pur trovandosi in circostanze di vita ordinarie mettono in discussione le vie del mondo e cercano di entrare in contatto con questo desiderio nei loro cuori di qualcosa di più», ha proseguito padre Fiorillo.

«E’ bello vedere che molti giovani continuano a convertirsi al cattolicesimo, e lo fanno in un luogo laico come Cambridge».

 

 

Ecco come sono nate alcune conversioni ad Harvard.

 

Katie Cabrera è una matricola di Harvard di 19 anni, è entusiasta di sperimentare per la prima volta il «potere trasformante di Cristo attraverso il suo corpo e il suo sangue» alla messa della veglia pasquale.

Nativa di Dorchester (Massachusetts), dice di essere stata battezzata da bambina ma di aver abbandonato la Chiesa ma, spiega, «anche se me ne sono andata, ho sempre saputo di credere in Dio. Ho sempre avuto quella fede, ma non sapevo cosa farne. C’era un vuoto che esisteva nel mio cuore». Ha scoperto cosa mancava quando è stata coinvolta con l’Harvard Catholic Center.

Dopo essere arrivata da un’amica alla “festa del gelato” dell’Harvard Catholic Center, «così è iniziato tutto», sentendo anche per lei la chiamata a voler diventare cattolica. «Questo è ciò che ho cercato per tutta la vita».

 

Kent Shi ha invece 25 anni, sulle labbra agnostico e quindi ateo nella vita.

Anche nel suo caso la potenza dell’incontro cristiano ha inciso: invitato da un amico ad una Adorazione Eucaristica, senza nemmeno sapere di cosa si trattasse, rimase turbato e iniziò a partecipare alla Messa a St. Paul ed al programma RCIA (Rito di Iniziazione Cristiana per Adulti) della parrocchia.

 

Per Loren Brown, la scelta di frequentare un’università laica come Harvard si è rivelata “provvidenziale”. Anche lui 25enne, originario di Los Angeles e mai battezzato. Ancora una volta l’opera di testimoni cristiani, come i suoi amici cattolici, ha influito sulla sua messa in discussione della mancanza di impegno per la fede.

Così, durante il lockdown, ha iniziato a leggere alcuni libri da loro consigliati, come le poesie di TS Eliot e le Confessioni di Sant’Agostino che lo hanno «attirato alla fede».

Brown descrive la sua conversione come un processo graduale che è culminato in un altro incontro, quello con un sacerdote. Nell’estate del 2021, infatti, fuori dalla chiesa di St. Paul, ha incontrato padre George Salzmann, cappellano dell’Harvard Catholic Center. «Mi ha chiesto come stavo, cosa stavo studiando e abbiamo subito trovato un interesse comune per sant’Agostino», racconta il giovane. La settimana successiva ha frequentato la sua prima messa domenicale e non ha più smesso.

Brown dice che ora si rende conto che c’era molto di più nel venire ad Harvard, oltre alla semplice specializzazione universitaria. «Quello che volevo da Harvard è completamente cambiato. Invece di un’istruzione che mi prepari per un lavoro o una carriera, ne voglio una che mi formi come essere umano e morale».

 

Verena Kaynig-Fittkau ha invece 42 anni, è arrivata ad Harvard dalla Germania come docente e per fare un post-dottorato in elaborazione di immagini biomediche. Mamma di un bambino, cresciuta come “luterano laica”, a Cambridge ha subito due aborti spontanei che hanno «rotto il mio orgoglio e mi hanno fatto capire che non posso fare le cose da sola».

Con un cuore forse per la prima volta colmo di umiltà, si è ritrovata a guardare un video su YouTube di padre Mike Schmitz, prete cattolico della diocesi di Duluth (Minnesota), “scoprendo” il cattolicesimo. Ha così cercato altri video di sacerdoti, tra cui padre Casey Cole ed il vescovo Robert Barron. Infine ha deciso di partecipare alla messa a St. Paul fissando un appuntamento con padre Fiorillo.

Il cappellano dell’Harvard Catholic Center le ha risposto a ciò che lei chiama «l’elenco di problemi protestanti con il cattolicesimo», è entrata nel programma RCIA tre settimane dopo.

 

 

La potenza dell’incontro con testimoni autentici.

 

Il denominatore comune di queste conversioni, come di quelle che avvengono ogni anno, è l’incontro cristiano.

In uno splendido articolo su l’Osservatore Romano, il filosofo Massimo Borghesi si è domandato giustamente «perché mai un giovane di oggi dovrebbe essere attratto da una posizione che si qualifica solo per un campo ristretto di battaglie etico-culturali.

Effettivamente per molti strati del cattolicesimo, la fede sembra ridursi a contrapposizioni etiche che non scaldano il cuore, come disse Francesco nella sua celebre intervista a la La Civiltà Cattolica.

Le cose cambiano, invece, quando si ripropone la dinamica della Chiesa nei primi secoli: «quella della testimonianza personale e comunitaria», scrive Borghesi, «della partecipazione ad un’esperienza di umanità rinnovata capace di investire la realtà e la storia».

Purtroppo questa dinamica non è all’ordine del giorno e «ciò che difetta al cattolicesimo odierno, anche e soprattutto a quello impegnato, è la categoria di “incontro”. Una categoria che attraversa e supera la distinzione tra destra e sinistra e che consente di andare direttamente al cuore dell’umano».

«Il problema della Chiesa odierna», conclude il filosofo, «è che difetta troppo spesso di pastori, di persone che amano Cristo e condividono la vita di coloro che sono loro affidati. Là dove il pastore è un uomo di Dio che si fa tutto a tutti lì le chiese tornano, miracolosamente piene. L’uomo odierno, il giovane di oggi, non ha perso il senso dell’amore divino».


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31/08/2022 16:32
 
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La conversione folgorante di Brigitte -Bedard., ex cocainomane e atea

Brigitte Bédard, moglie e madre di famiglia, giornalista a Montréal, ha conosciuto una conversione folgorante all’età di 33 anni: in quel punto la sua vita è stata radicalmente trasformata, e l’autrice ne dà testimonianza con trasporto e humour, accennando anche a come la grazia dello Spirito abbia rinnovato la sua vita di coppia.

Non è cosa abituale che si raccolga la testimonianza di una donna la cui vita è stata completamente travolta da Cristo. Dopo lunghi anni errabondi segnati dalla droga, da dipendenze affettive e da una grave depressione, Brigitte Bédard conobbe una conversione folgorante. Da quel momento la donna non ha cessato di testimoniare forte e chiaro che Cristo l’ha liberata.

Aveva cominciato a consumare droga dall’età di 11 anni. Una dipendenza che sarebbe durata 10 anni, al termine dei quali sarebbe caduta in un’altra dipendenza: quella dal sesso e dall’affettività.

Per altri dieci anni sono stata disperata, alla ricerca del mio orientamento sessuale, cercando di spremere un po’ d’amore dal sesso. Certo avevo messo un punto alla droga, all’alcool e anche alla sigaretta, ma collezionavo conquiste amorose…

Lasciarsi amare… da Cristo

Fino al giorno in cui, la testa piena di pensieri suicidarî, su invito di una persona incontrata alla riunione dei Cocainomani Anonimi, si recò a un ritiro nell’abbazia di Saint-Benoît-du-Lac. Lì, l’ex cocainomane, l’atea, la femminista bisessuale che all’epoca era, ha passato tre giorni a travasare la propria bile su un monaco che poi sarebbe diventato il suo padre spirituale.
Visit Malta

Me lo sono mangiato! Per tre giorni! Gli ho vomitato addosso tutta la mia rabbia. E lui mi ha ascoltata senza colpo ferire. Non mi ha parlato di Gesù, è stato Gesù. Ha posto uno sguardo amante su di me. Ha pregato per me. Ha imposto le mani. E lo Spirito mi ha investita dall’alto. Ho compreso di essere figlia amata di Dio, che Gesù era vivo, veramente risorto. È stata una rivelazione.

A partire da quel giorno, decise «di mettere Dio al centro della sua vita». Madre single di due figli, scoprì l’amicizia, la vita della Chiesa, fece un pellegrinaggio a Roma e prese ad alzarsi tutte le mattine alle 4 per fare un’ora e mezza di preghiera: «Sono dotata di un temperamento integrale!», sottolinea. Qualche anno più tardi, su internet ha incontrato Hugues. Il 30 settembre 2006 si sono sposati e hanno avuto insieme (altri) due figli. Anche Hugues aveva due figli da una prima unione, dunque in totale hanno attualmente sei figli.
Lasciarsi amare… dal marito

Dopo essersi lasciata amare da Cristo, ecco che Brigitte dovette imparare a lasciarsi amare… dal marito. Se all’inizio il loro matrimonio è stato abbastanza fusione, la vita coniugale era ben lungi dall’essere (anche per loro) solo rose e fiori.

Vivevamo un po’ ciascuno per fatti propri, Dio non era al centro delle nostre vite. Non è che perché uno sia cristiano allora non abbia problemi.

Presa nel turbine del suo mestiere, che assorbe molto, non mancava mai di testimoniare della propria conversione, attraversava il Canada per dare conferenze, s’impegnava col marito in diversi compiti ecclesiali. Frattanto il marito lottava contro la pornodipendenza. Hanno attraversato una crisi di coppia che sarebbe durata due anni, e sono stati accompagnati spiritualmente e psicologicamente dalla comunità del Chemin Neuf.

Quel che ha cambiato la nostra vita è stato cominciare a pregare insieme ogni mattina. Un modo di mettere Dio al centro, di rivedere le nostre priorità. E quel che diventava prioritario nella preghiera era la nostra relazione personale con Dio. Fino a che punto doveva arrivare la nostra conversione? Fino al nostro letto! Ma c’erano molti ostacoli, dovuti alle nostre ferite passate, che ci impedivano di vivere una comunione sessuale.

Progressivamente, Brigitte Bédard è arrivata a presentare a Dio, nella sua preghiera personale, le sue difficoltà, le sue paure, le sue frustrazioni. Sapeva che Dio voleva ricostruire la sua vita di coppia – restaurarla. Sapeva che Egli non li giudicava e che li accoglieva dal punto in cui si trovavano. «Questo mi aiutava ad accogliere Hugues lì dove si trovava, ad accoglierlo così com’era».
NTC

In quel momento, una parola di una psicologa li segnò profondamente: «Bisogna prendersi cura della ferita dell’altro». Così la preghiera li aiutava a restare saldi nella pazienza, nella fiducia, nella delicatezza e nella dolcezza.

Dio ci insegnava ad amarci sbarazzandoci di tutte le false idee che ci eravamo fatti. I nostri fallimenti erano lì per insegnarci a costruire l’amore, e la preghiera di coppia ci “obbligava” ad essere in verità.

Un percorso che ancora oggi dà i suoi frutti e di cui lei dà gioiosa testimonianza con le sue trasmissioni tv (La Victoire de l’Amour, su TVA) e nella rivista cattolica Le Verbe, nonché nel suo ultimo libro, Je me suis laissé aimer… Et l’Esprit Saint m’a emportée.
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08/01/2023 22:29
 
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Ex modella di nudo condivide la sua storia di conversione: “Dio mi dà tutto quello di cui ho bisogno”



była modelka Klaudia Tołłoczko


fot. arch. prywatne Klaudii Tołłoczko






Era “impantanata” in peccati gravi, ma poi una malattia e la morte di una persona cara l'hanno portata a Dio





Klaudia Tołłoczko era una modella la cui autostima dipendeva da quanto la gente apprezzasse il suo aspetto. Viveva “impantanata” in peccati gravi, ma poi una malattia e la morte di una persona cara l’hanno portata a Dio. Ho parlato con lei per conoscere il suo percorso di conversione.


Lavorare come modella è il sogno di molte ragazze. Klaudia, tu hai iniziato la tua carriera nell’industria della moda molto presto…


Sì, ho iniziato a fare la modella a 16 anni e ho vissuto di questo fino a quando ne ho avuti 22. Quando andavo alle superiori, i miei amici mi dicevano spesso che ero fotogenica e che avrei dovuto pensare a lavorare come modella, e allora ho deciso di provare. Ho preso parte a un servizio fotografico, poi a un altro. Ho iniziato a ricevere molte offerte per lavori commerciali, che pagavano bene. A meno di vent’anni avevo un account su Instagram seguito da quasi mezzo milione di persone.


Qualche anno fa ti è stata diagnosticata una malattia grave ed estremamente debilitante. I medici non sono riusciti ad aiutarti.






 

Oggi so che se non fosse stato un processo, se Dio mi avesse guarito in un istante, non sarei stata a lungo con Lui. Avrei continuato a peccare, e forse avrei perso la mia possibilità di salvezza e di vita eterna.


La malattia non è stata l’unica sofferenza che mi ha portata a Dio. Non molto tempo dopo che mi ero ammalata è morto mio zio Paul, che per me era come un fratello. Tra noi c’era pochissima differenza di età. Era un uomo giovane e sano, che non si era mai ammalato. Si è addormentato e non si è risvegliato; ha avuto un attacco cardiaco. La sua morte mi ha scosso molto.


Cos’hai provato quando stavi accanto alla bara di tuo zio?


In quel momento mi è passata davanti agli occhi tutta la mia vita. Ho ricordato le parole della Scrittura: “Non sapete né il giorno né l’ora”. All’epoca, anche se stavo cercando di conoscere il Signore Dio, la mia vita non assomigliava a quella di una cristiana convertita. Prendevo scorciatoie, ed ero impantanata in gravi peccati.


Ricordo che dopo la morte di mio zio Paul mi sono inginocchiata e ho gridato: “Spirito Santo, vieni, ho bisogno di te nella mia vita. Senza il Tuo aiuto non sarò in grado di rialzarmi”.


È venuto?


Sì, è venuto e ha capovolto la mia vita di 180°. Ho deciso di realizzare una Confessione generale. Ho scritto su dei fogli i peccati con cui avevo ferito il Signore in tutti quegli anni. Lo Spirito Santo mi ha ricordato anche le offese minori fin dall’infanzia, come aver preso delle monete dal borsellino di mia nonna a sua insaputa. Quella Confessione è stata un ottimo inizio. L’inizio di una splendida avventura con Dio.





Me lo sono lasciato alle spalle. Mi sentivo sottovalutata. La mia autostima dipendeva dal mio aspetto e dall’opinione che gli altri avevano di me. Avevo bisogno di conferme del fatto di essere attraente, ed è per questo che il lavoro da modella era tanto necessario per me. Nutriva la mia fame di essere accettata. Oggi mi guardo come mi guarda Dio, ovvero con amore, con accettazione.


Avevi un fidanzato ricco con cui vivevi in un appartamento lussuoso, facevi vacanze costose e guadagnavi molto. Ti capita a volte di rimpiangere il fatto di aver rinunciato a tutto questo?


No, perché ho trovato il Signore Dio, e per me questa è la cosa più importante. Dio mi dà tutto quello di cui ho bisogno. Per tre anni ho sentito una voce nel mio cuore che diceva “Seguimi”. Sentivo che era Gesù che mi invitava a seguirlo, ma non sapevo dove andare, e allora ho chiesto: “Signore Gesù, cosa intendi? Dopo tutto, ho già lasciato la moda. Mi sono separata dal mio fidanzato, con cui vivevo nel peccato. Ho già effettuato il discernimento capendo di non essere chiamata alla vita religiosa. Cosa vuoi, Signore?”


La risposta è giunta di recente, durante l’adorazione del Santissimo Sacramento. Il Signore Gesù mi ha mostrato chiaramente che la mia vocazione è l’evangelizzazione. Vuole che parli di Lui ad altre persone, credenti e non credenti, ai senzatetto e alle prostitute, in chiese, orfanotrofi, case di correzione e prigioni. Qualunque cosa faccia, voglio farla per la Sua Gloria.

fonte ALETEIA


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23/01/2023 18:38
 
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Fratel Biagio sentì Dio di notte: “Una forza strana si impossessò di me”



BIAGIO CONTE


Aveva 23 anni, fu sottoposto a visite di psichiatri e psicologi. Ma la svolta per il futuro missionario fu l'incontro con il Signore






A 23 anni il futuro fratel Biagio Conte  scomparso di recente per un cancro al colon – si sentiva un fallito: aveva disturbi dell’alimentazione, aveva fatto delle visite da psicologi e psichiatri per curare il suo stato di inquietudine che lo tormentava. Si sentiva un fallito sia come studente, visto che non aveva completato gli studi, sia come imprenditore, poiché non aveva seguito le orme paterne. Era giunto nel periodo più buio della sua vita.



Il desiderio di incontrare Cristo 



Lo ha raccontato lui stesso nel libro “La città dei poveri” (edizioni Pozzo di Giacobbe). In quel periodo da Palermo si era spostato a Firenze, per poi tornare nuovamente, dopo poche settimane, nel capoluogo siciliano. Biagio Conte non riusciva a star bene da nessuna parte. «Passavo ore in silenzio a guardarmi dentro. Non era mai successo così intensamente. Era bisogno di perdermi tra i pensieri sotto lo sguardo pietoso del Cristo. Cominciavo a cercare in una dimensione diversa le risposte che la società non mi aveva dato. Gesù poteva aiutarmi, ma non sapevo come chiederglielo». 





“Soffrivo per i guasti della società”



Forse questo è stato il primo vero e proprio “contatto” tra fratel Biagio Conte e il Signore. «Nessuno riusciva a curarmi, io non ero malato, soffrivo per i guasti della società. Non era un problema mio, erano i mali del mondo a non lasciarmi in pace. Ero fuori gioco. Avrei digiunato fino alla morte per scuotere le coscienze degli uomini e costringerli a guardarsi attorno».



Il volto che lo ha “salvato”



E’ stesso lui ad ammettere che «mi ha salvato il volto di un Cristo in croce che, da una parete della mia stanza, mi puntava misericordioso e sofferente. Era lì da sempre, e io lo guardavo ora per la prima volta. Nei suoi occhi ho riconosciuto la disperazione dei bambini poveri di Palermo, le ferite del costato trasudavano pene e offese. Ma pure salvezza e riscatto». 





La “prima volta”



A quel punto fratel Biagio Conte maturava la decisione più difficile della sua vita: «Dovevo uscire allo scoperto, era giunto il momento di buttare in faccia alla gente il mio smarrimento. Con un cartello al collo ho girato per la città tutto il giorno. Sul petto oscillava un manifesto con la mia requisitoria. Un pugno nello stomaco contro l’indifferenza, i disastri ambientali, le guerre, la mafia, i caos, la corruzione».






La voglia di “fuga”




 

Le gente era ancora troppo indifferente, nonostante la sua protesta plateale. Allora il futuro missionario chiese a Dio di «indicarmi la strada». Una notte il Signore lo accontentò. Fratel Biagio Conte ebbe come una illuminazione. «Una forza strana si impossessava di me a tradimento», così la definisce questa voglia improvvisa di rompere completamente con la sua vita. In lui c’era una voglia come non l’aveva mai avuta di andare via, di fuggire, di allontanarsi da tutto e tutti. Era la strada indicata dal Signore. 



L’illuminazione: l’incontro con Gesù



Così scrisse una lettera d’addio ai genitori e si avvio verso le montagne palermitane. Vagò per un mese cibandosi di bacche, fave ed erbe selvatiche. Un giorno si sentì male. «Stavo morendo. Ho raccolto le ultime energie e ho pregato Dio di non abbandonarmi se era veramente lui ad avermi spunto fuori di casa. Un calore incredibile ha attraversato il mio corpo, una luce mi ha abbagliato così violentemente da farmi alzare per trovare riparo. Freddo, fame, stanchezza di colpo erano spariti. Stavo bene e potevo ricominciare a camminare. Tutto il mondo mi aveva abbandonato – dice fratel Biagio Conte – ma Gesù era accanto a me. La sua forza aveva cancellato la sofferenza. Mi aveva guarito. Lo so, è difficile crederci, ma è andata proprio così». 



L’inizio di una lunga missione



E’ iniziato in quel momento il percorso da eremita laico di Biagio Conte. Un percorso fatto di incontri, soste, preghiere, conversioni, prima del suo ritorno tra la gente palermitana e l’avvio della più grande missione di solidarietà mai avuta a Palermo: quella di “Speranza e Carità”, dei centri d’accoglienza per i poveri e bisognosi che ogni giorno donano, ancora oggi, un piccolo “bagliore” nella vita di centinaia di persone in difficoltà.   




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23/01/2023 18:42
 
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Il medico agnostico convertito dalla Sindone: «La scienza mi ha riportato a Dio» (VIDEO)



Dottor August Accetta




«Poca scienza allontana da Dio, ma molta riconduce a Lui», sosteneva Louis Pasteur. La storia di questo medico ne è l’emblema vivente.


Il 24 maggio 1998, dopo essersi inginocchiato e aver pregato davanti alla Sacra Sindone a Torino, papa Giovanni Paolo II l’aveva definita «provocazione all’intelligenza». E aveva esortato gli uomini di scienza a indagare su quell’«immagine, che tutti vedono e nessuno per ora può spiegare».


Quello stesso anno un uomo di scienza, un medico, sarebbe volato dagli Stati Uniti a Torino per contemplare in silenzio il lenzuolo nel quale, secondo la tradizione, sarebbe stato avvolto il corpo di Cristo dopo essere stato deposto dalla croce.





August Accetta, questo il nome di quel medico. Per anni il dottor Accetta aveva scrutato con gli occhi dello scienziato la Sindone di Torino. Uno studio intenso, che lo aveva definitivamente convinto che quel lino avesse effettivamente accolto il corpo di Gesù. Davanti quella immagine del volto crocifisso di Cristo, Accetta ormai era andato ben al di là del rapporto con un mero oggetto di studio scientifico. Per lui, medico agnostico, quella della Sindone era diventata una questione personale, un rapporto tra un io e un Tu.


Le evidenze scientifiche a favore dell’autenticità gli risultavano ormai schiaccianti. Ma anche le due ore passate a osservare in silenzio la Sindone accanto ad altri pellegrini rimasti affascinati lo avrebbero segnato per sempre. «È stato travolgente. Le parole non possono descriverlo», ricorda al National Catholic Register.






Un ritorno a casa






Il suo potrebbe essere descritto come un ritorno a casa. Accetta infatti, cresciuto a Huntington Beach nel sud della California, nell’infanzia e nell’adolescenza era stato un attivo frequentatore della parrocchia locale. Ma le cose erano cambiate una volta messo piede al college. All’università si era trovato immerso fino al collo in un ambiente razionalista e agnostico che lo aveva spinto ad abbandonare la fede cattolica, persuadendolo che fede e scienza fossero incompatibili. Più avanti si sposerà e la moglie, una protestante piuttosto radicale con la quale avrà due figli, lo trascinerà ancora più lontano da ogni segno soprannaturale.



 

In tutti questi anni però la Sindone era rimasta un oggetto che stuzzicava la sua curiosità. Ne aveva letto quando ancora era adolescente. E più tardi, negli anni in cui studiava medicina, avrebbe fatto amicizia con un importante studioso della Sindone: Allan Wanger, della Duke Medical School (North Carolina).



Davanti alla Sindone con gli occhi del medico



Naturalmente gli studi personali di Accetta sulla Sacra Sindone si concentravano sulle sue aree di competenza professionale: la medicina, la chimica e la fisica. Come dottore in medicina, ad Accetta l’immagine rimasta impressa sul telo come uno snapshot, un’istantanea della Resurrezione, appariva con ogni evidenza quella di un corpo in stato di rigor mortis, che ancora non aveva iniziato a decomporsi. Un processo che inizia a circa cinque giorni di distanza dalla morte. E anche un segno che quella immagine era in linea con quanto raccontano i Vangeli sulla Resurrezione di Gesù il terzo giorno dopo la crocifissione.


Ma anche altri campi – come quello dell’arte – confortavano la convinzione che poco alla volta stava maturando in lui. Il suo amico esperto di storia dell’arte, l’artista di origine ungherese Isabel Piczek, gli assicurava che quell’immagine non poteva essere stata dipinta da un pittore medievale, come portava a pensare la datazione del carbonio-14. Come fosse apparsa su quel telo era dunque inspiegabile.



A Dio passando per la scienza



Per due anni, tra il 1992 e il 1994, Accetta studierà a fondo la Sindone. E una alla volta le sue domande sulla sua autenticità troveranno una risposta. Quel periodo, racconta, sarà per lui simultaneamente un «processo di crescita» tanto nella conoscenza scientifica che nella fede. Alla fine della sua investigazione capirà che era arrivato il tempo di dedicare nuovamente la sua vita a Cristo. «A differenza di tanti nell’ultimo secolo, la scienza mi ha riportato a Dio», spiega.


Del resto non è stato Louis Pasteur, chimico e fondatore della moderna microbiologia, a dire che «poca scienza allontana da Dio, ma molta riconduce a Lui»? Il caso di Accetta infatti tutto è fuorché un unicum. Diversi altri scienziati, atei, agnostici o non cristiani, hanno finito per convertirsi al cattolicesimo studiando la Sacra Sindone e diventandone ardenti promotori. Lo stesso Allan Wanger, ad esempio, si era convertito dall’ateismo. E almeno uno dei suoi studenti, Joseph Marino, è diventato perfino sacerdote.



La missione della Sindone



Piczek, l’artista (morto nel 2016), aveva parlato di una missione del Lenzuolo che avvolse il corpo di Cristo. «La Sindone sembra avere una grande missione pastorale, causando molte inaspettate conversioni, specialmente tra i giovani».


Ormai convinto che la Sacra Sindone fosse autentica. Accetta doveva sapere quale fosse la vera istituzione fondata da Cristo. A questo lo spingeva spontaneamente la sua vocazione di studioso. Che lo porterà a immergersi questa volta negli studi di teologia e di storia della Chiesa. Quando comincia a accostarsi ai Padri della Chiesa si rende conto di aver trovato le risposte che andava cercando. E confessa di essere stato «felice di trovare Cristo nella Chiesa cattolica. Quando ho cominciato il mio studio non avevo intenzione di ritornarci, ma è lì che mi ha condotto il mio processo di ricerca della verità». Non è un caso, «non è una coincidenza», tiene a sottolineare, che la Sindone sia come stata affidata in custodia alla Chiesa Cattolica.



Un centro per raccontare la storia della Sindone



La Sindone che lo aveva riportato a casa, a quella Chiesa Cattolica abbandonata negli anni universitari, diventerà per lui una ragione di vita. Al punto da spingerlo a creare, nel 1996, il Shroud Center of Southern California: un centro di studi dedicato alla promozione del Sacro Sudario, dove i volontari raccontano ai visitatori la storia della Sindone, così come la scienza e la ricerca che stanno dietro al Lenzuolo. E non manca chi si è sciolto in lacrime dopo uno dei tour guidati personalmente da Accetta.


Uno di questi visitatori, di nome Stephen Shehyn, spiega di essersi sentito come «alla presenza di Nostro Signore, facendo esperienza sia della sua umanità che della sua divinità». Al tempo Shehyn era tornato da poco cattolico e la sua fede, sottolinea, è stata fortemente confermata dal suo studio della Sindone che descrive come «il quinto Vangelo, che ci mette al confronto con la realtà della sofferenza, morte e resurrezione di Cristo». Dopo quella visita, tornerà per diventare un volontario del centro fondato da Accetta, aggiungendo che la sua fede non sarebbe scossa anche se venisse provato che la Sindone è un falso abilmente confezionato.


Nella fede i fatti contano, eccome se contano


Accetta, oggi 64enne, invita a non minimizzare, come fanno diversi cattolici che preferiscono una fede più esperienziale e personale, il peso dei fatti nella vita di fede. Non bisogna dimenticare, dice, che «la Resurrezione di Cristo è un fatto. Le prove della Resurrezione – inclusi i testimoni che avevano visto il Cristo risorto – erano importanti per i primi cristiani».


Non mancano del resto, spiega, i non cattolici profondamente affascinati dal mistero della Sindone. Infine questo medico convertito dall’agnosticismo alla fede cattolica incoraggia «i cattolici, specialmente i sacerdoti, ad accostarsi a questa Sindone con una mente aperta e un cuore amorevole. Lasciate che il Sudario di Gesù vi aiuti a conoscere e a amare sempre più Gesù e il suo Mistero pasquale».




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