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BRANI SCELTI DI S.AGOSTINO

Ultimo Aggiornamento: 19/06/2023 00:52
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05/03/2011 11:42
 
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IL MALE E LA VERITÀ

Sant'Agostino, Confessioni, VII, 12-20.



Allora mi fu chiaro anche che sono buone le cose soggette a corruzione, perché non potrebbero corrompersi né se fossero sommi beni, nè se non fossero beni. Se fossero beni sommi, sarebbero incorruttibili. Se non fossero beni per nulla, non avrebbero in sé nulla di corruttibile. La corruzione è infatti un danno; se la sua opera non consistesse nell'alterare ciò che è buono, non farebbe certo danno. E dunque: o la corruzione non è un danno, il che è impossibile; oppure, ed è cosa certissima, tutte le cose che si corrompono patiscono privazione di valore. Se poi sono private di tutto quanto il bene, allora non potranno esistere più. Se invece esistono senza possibilità di corruzione, allora esistono in una condizione migliore, perché rimangono incorruttibili. Qual cosa può essere più assurda di questa e cioè pretendere che una cosa divenga migliore per aver perduto ogni bene? Dunque la privazione completa di ogni valore equivale alla non esistenza delle cose. Perciò finché sono, sono bene. Dunque tutto ciì che esiste è bene; e il male, di cui cercavo l'origine, non è una sostanza, se fosse tale infatti sarehbe bene. Infatti o sarebbe una sostanza incorruttibile, e allora sarebbe inevitabilmente un grande bene; o sarebbe una sostanza corruttibile, ma allora questa non potrebbe certo corrompersi, senza essere buona. Così vidi e mi fu chiaro che tu hai fatto buone tutte le cose e che non c'è nessuna sostanza che tu non abbia fatto. E poiché non hai fatto tutte le cose uguali, è per questo che esse sono buone singolarmente e sono buone nella loro totalità. Infatti il nostro Dio ha fatto tutte le cose assai buone. Quindi per te il male non esiste affatto; non solo per te, ma neppure per tutto ciò che tu hai creato, perché fuori della tua creazione non esiste cosa che, irrompendo, possa sconvolgere l'ordine che tu vi hai imposto. Tra le parti del creato ve ne sono certo alcune che, per non essere in accordo con alcune altre, sono giudicate cattive, mentre si accordano con altre ancora e perciò sono buone e sono buone in se stesse. Inoltre tutte queste parti che non si accordano fra loro, si accordano poi con la porzione inferiore dell'universo, che noi chiamiamo terra, la quale è provvista di un suo cielo, percorso da nubi e da venti, a lei confacente. Ormai mi guarderò bene dal dire: Potessero non esistere, cose di tal genere! Quand'anche vedessi soltanto queste cose, potrei certo desiderarne di migliori, ma non potrei mancare di lodarti anche per esse.
[...]
E capii per esperienza che non c'è da stupirsi se ad un palato malato il pane stesso, così gradito ad un palato sano, è penoso e se la luce, amabile per gli occhi limpidi, è odiosa per quelli feriti. Così la tua giustizia è sgradita ai cattivi. Tanto più lo sono la vipera ed il vermiciatolo, che tu hai creato buoni, adatti alle parti inferiori del creato. A queste i malvagi si adattano nella misura in cui non ti assomigliano, mentre si accordano alle parti superiori nella misura in cui ti assomigliano. Cercai allora quale mai fosse l'essenza della malvagità e trovai che essa non è una sostanza, bensì la perversione della volontà, che si distoglie dalla sostanza per eccellenza, cioè da te, o Dio, per volgersi alle cose più basse, con le viscere proiettate fonti e il ventre tumefatto.
[...]
Ma allora, dopo la una lettura delle opere dei filosofi platonici, quando ebbi appreso a cercare la verità al di là delle realtà dei corpi, vidi le tue perfezioni invisibili, divenute intelligibili attraverso le cose create e, pur essendone respinto nel mio tentativo, compresi che cosa fosse questa verità che le tenebre dell'anima mia ancora non riti consentivano di contemplare. Ero certo che tu esisti; che tu sei infinito, senza tuttavia spanderti attraverso spazi finiti o infiniti; che tu sei veramente Colui che é, sempre medesimo a te stesso, serva mai diventare un altro, né essere diversamente in qualcuna delle tue parti o in taluno dei tuoi movimenti; che le altre cose procedono tutte quante da te, per
questa sola prova, però decisiva e cioè perché sono. Di tutto questo, io ne ero certo; tuttavia ero ancora troppo debole per godere di te. Cianciavo sì su questi ctrgamenti, come se fossi sapiente; ma se non avessi cercato la via nel Cristo, nostro Salvatore, sarei stato ben presto morente, e non sapiente. Mi aveva preso una smania di sembrare sapiente, pieno com'ero del mio castigo e non ne avevo gli occhi gonfi di pianto e per di più ero tutto orgoglioso della mia scienza. Non avevo infatti ancora quella carità che edifica sul fondamento dell'umiltà, che è Gesù Cristo. Quando mai quei libri me l'avrebbero insegnata? Tuttavia credo che tu abbia voluto ch'io m'imbattessi in quelli, prima di meditare le tue Scritture, perché si imprimessero nella mia memoria le disposizioni da essi lasciatemi, cosicché, quando poi i tuoi libri mi avessero ammansito e sotto il tocco delle tue dita avessi rimarginato le mie ferite, sapessi distinguere e rilevare la differenza che intercorre fra la presunzione e la confessione, fra coloro che vedono la mèta da raggiungere, ma non vedono la strada e la via che invece porta alla patria beata, non solo per vederla, ma pure per abitarla. Se fossi stato istruito fin dall'inizio dalle tue sante Scritture, se avessi assaporato la tua dolcezza, praticandole e se mi fossi imbattuto solo dopo in quelle opere, forse esse mi avrebbero sradicato dal fondamento della pietà. Oppure, se anche avessi perseguito nei sentimenti salutari di cui mi ero imbevuto, mi sarei immaginato che si poteva pur derivarli dal solo studio di quei libri.
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