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06/03/2014 09:23 | |
Stava Maria dolente
Stava Maria dolente
senza respiro e voce,
mentre pendeva, in Croce,
del mondo il Redentor.
E, nel fatale istante,
crudo, materno affetto,
le lacerava il petto,
le trafiggeva il cuor.
Qual di quell’alma bella
fosse lo strazio indegno,
no, che l’umano ingegno
immaginar non può.
Veder un figlio, un Dio,
che palpita, che muore,
sì barbaro dolore
qual madre mai provò?
Alla funerea scena
chi tiene il pianto a freno
ha un cor di tigre in seno,
o cuore in sen non ha.
Chi può mirare in tante
pene una madre, un figlio,
e non bagnare il ciglio,
e non sentir pietà?
Per cancellare i falli
d’un popol empio, ingrato,
vide Gesù piagato
languire e spasimar,
vide sul monte infame
il figlio suo diletto
chinar la fronte al petto
e l’anima esalar.
O dolce Madre, o pura
sorgente di dolore,
parte del tuo amore
fa’ che mi scenda al cor.
Fa’ che ogni ardor profano
sdegnosamente io sprezzi,
che a sospirar m’avvezzi
sol di celeste ardor.
Le barbare ferite,
prezzo del mio delitto,
dal Figlio tuo trafitto
passino, o Madre, in me.
A me dovuti sono
gli strazi ch’ei soffrì.
Deh! Fa’ che possa anch’io
pianger almen con te.
Teco si strugga in lagrime
quest’anima gemente,
e, se non fu innocente,
terga il suo fallo almen.
Teco alla Croce accanto
star, cara Madre, io voglio,
compagno del cordoglio
che ti divora il sen.
Ah, tu che delle vergini
Regina del ciel t’assidi,
ah, tu, propizia, arridi
ai voti del mio cor.
Del buon Gesù spirante
sul fero tronco esangue,
la Croce, il fiele, il sangue
fa’ ch’io rammento ognor.
Del Salvator rinnova
in me lo scempio atroce;
il sangue, il fiel, la Croce,
tutto provar mi fa’.
Ma, nell’estremo giorno,
quand’ei verrà sdegnato,
rendalo a me placato,
Maria, la tua pietà.
Gesù, che nulla neghi
a chi tua Madre implora,
del mio morir nell’ora
non mi negar mercé.
E quando fia disciolto
dal suo corporeo velo,
fa’ che il mio spirito in cielo
voli a regnar con te.
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